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libri dello stesso autore:
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e pensoso
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scricchiolii nel buio
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nubes incurrebat
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passi oltre il muro dei ricordi
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di anime stanche
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e città
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anni '70
- Il linguaggio
- Operazione Mare Nostrum
- I ragazzi di
via Panisperna
- La vecchiaia
è una brutta bestia
- Doppia
identità
Solo
e pensoso, (sottotitolo del libro Storia
di un'avventura), è il primo romanzo pubblicato da
Raffaele
Castelli.
E' la storia di un giovane professionista che si trova a vivere
un'avventura
particolare. Succede una sera d'inverno, e poi un calvario, quasi un
film ricco di azione, di cui scoprirà
l'origine solo alla fine. Ma le situazioni descritte sono gustose,
diversamente
da quanto potrebbe apparire dal tipo di racconto.
La narrazione è
in prima persona per rendere più vivi i fatti e far partecipare
il lettore con maggiore interesse. Il romanzo è adattoa tutti, in
particolare a chi gradisce storie surreali e con sorpresa finale che
possa giustificare l'apparente stranezza delle situazioni.
Molte pagine sono comiche, altre ricche di sentimento che
fanno riflettere sulla nostra, a volte incomprensibile, esistenza
terrena.
Quindi
buona lettura.
In
questa pagna
c'è un breve riassunto,
la quarta di copertina, il sommario e le prime delle 352 pagine del
romanzo.
E'
possibile acquistarlo, senza spese di spedizione, direttamente via
internet cliccando
qui.
Tutti i libri, romanzi ma anche saggi, sono
elencati nella pagina qui
collegata.
Ambientazione
del romanzo
- la storia è ambientata in un
paese di montagna (anche se non nominato è Frosolone nel Molise) del
sud Italia, ai nostri giorni;
- Il protagonista ricorda
fatti e circostanze di anni addietro avvenuti nello stesso luogo;
- il viaggio in
bicicletta si svolge nei dintorni dello stesso posto, in località che
possono essere individuate nei comuni di Civitanova del Sannio,
Pescolanciano, Carpinone, Macchiagodena, nel Molise.
Riassunto
Il
viaggio surreale di un uomo
che resta solo, in un mondo deserto, dopo una bufera di neve. Rivive il
suo passato tra l’allegria di mille personaggi del suo paese, un luogo
incantato sospeso in mezzo a fatti reali e fantasie, dove non ha senso
l’invidia, la gelosia, la cattiveria. E tra mille racconti di un tempo,
che gli pare si sia fermato, comici e incredibili.
Poi
la compagnia e l’amicizia,
quando incontra due esseri senza storia, appartenenti ad altre epoche,
remote e vicine, simboli della condizione umana. E il sorriso permane
sul
suo volto, anche quando, in un finale tutto da scoprire per il lettore,
si trova di fronte ad un bivio: quale sia la verità.
Il
romanzo, strutturato su
eventi realmente accaduti, mantiene il lettore con il fiato sospeso
fino
all’ultima pagina, tra momenti di intenso sentimento e altri di ilarità
irrefrenabile. Da gustare con la passione di chi crede che tutto possa
accadere una volta nella vita di ciascuno.
Sommario
Capitolo
1 – La tranquilla vita di paese
Capitolo
2 – La mia nuova
casa
Capitolo
3 – Due stelline
nel giardino del Paradiso
Capitolo
4 – Una sera d’inverno
Capitolo
5 – Solo e pensoso
Capitolo
6 – Gli uccellini
Capitolo
7 – La nuova vita
con Briscola
Capitolo
8 – Le scarpe per
il morto
Capitolo
9 – Viaggio in provincia
Capitolo
10 – L’esibizione
canora
Capitolo
11 – La rondinella
Capitolo
12 – Il campeggio
Capitolo
13 – Mia sorella
Stella
Capitolo
14 – Le gite con
Piera
Capitolo
15 – In cerca di
qualcuno
Capitolo
16 – Vit e Res
Capitolo
17 – Due nuovi amici
Capitolo
18 – Personaggi
particolari
Capitolo
19 – Il ritorno
Capitolo
20 – Mi tagliarono
la lunga barba
Capitolo
1 – La tranquilla vita di paese (estratto, per scaricare il
primo capitolo intero clicca qui)
Da
quando mi ero trasferito da Roma avevo fatto notevoli progressi
nell’integrarmi
nella tranquilla vita di paese, anzi ne ero molto contento, soprattutto
perché con internet avevo mantenuto molti legami con tutte le mie
precedenti conoscenze.
In
realtà ero stanchissimo delle file interminabili, necessarie dovunque,
non tanto per il tempo spesso assurdo, speso anche per riscuotere un
vaglia
o inviare una raccomandata, ma soprattutto perché non vedevo quando
tali fastidi potessero finire una volta per tutte. Mi sentivo sprecato
ad aspettare, avvertivo che la vita mi scivolava mentre avrei potuto
fare
cose molto più importanti e utili per me e per gli altri.
Fu
questa persistente idea che, dentro, iniziò a corrodermi a tal punto
che neanche a tarda sera riuscivo tanto più facilmente a prendere
sonno. A dire il vero avevo sempre sofferto un po’ di insonnia, come
quella
notte che ce ne andammo con Orlando e Peppe, due miei cari amici
studenti
di scenografia, in giro per le piazze di Roma. Quando li facevo crepare
dal ridere perché urlavo, come i venditori di frutta, nello spazio
echeggiante di piazza Vittorio e altrove. All’epoca il traffico era
molto
minore di adesso e si poteva circolare a piedi con una certa
tranquillità,
anche con il buio, senza temere praticamente nulla.
Oppure
come quell’altra volta quando, con altri amici, iniziammo dopo il
tramonto,
d’inverno, un viaggio verso le antiche città della Toscana. E tutta
la notte visitammo Siena e Firenze dove, per giunta, fummo investiti ad
un incrocio da una Jaguar che ci sfondò una fiancata. Ma quello,
l’altro autista, aveva ragione perché proveniva da destra. Precedenza.
Il sonno e la stanchezza, probabilmente,giocarono un brutto scherzo a
Franco
che guidava la nostra autovettura.
Insomma,
da quando mi ero sposato credevo che le cose potessero cambiare, ma la
vita di città era per me diventata insostenibile. Poi avevo dalla
mia parte una grande opportunità fornitami dal maestoso sviluppo
che stava avendo internet nel mondo dell’informatica.
E
difatti fin dall’epoca dell’università mi ero interessato agli
elaboratori
elettronici, quando c’erano le schede perforate e il lettore di schede.
Oltre alle enormi stampanti che emettevano lunghi e quasi indecifrabili
elaborati, scritti su fogli grandi che non entravano mai in nessuna
cartellina.
Avevo avuto una grande passione, allora, e mi era rimasta anche dopo la
laurea in architettura. Tanto che avevo iniziato a redigere programmi
in
linguaggi più adatti ai personal computers, quelli che erano stati
progettati nel frattempo e che erano diventati molto comuni in tutte le
case.
Avevo
iniziato con i software delle mie esercitazioni universitarie e poi,
mano
a mano, avevo approntato un lungo catalogo di programmi: ne vendevo la
licenza via internet e le cose andavano bene, al punto che quasi non mi
interessava più di fare l’architetto puro. Già, altro che
puro! Compromessi, a dire poco. Certo che ci voleva sempre la
preparazione
fornitami dal corso di laurea per studiare i pacchetti applicativi,
così
li chiamavano. Ma usavo molto la mia fantasia naturale dopo avermi
studiato
il problema da risolvere. Questo significava che potevo vivere dovunque
perché non ero legato ad un determinato posto per ricevere i clienti:
quelli visitavano le pagine del mio sito e mi scrivevano delle email
per
gli acquisti o per informazioni. Mi pagavano con bonifico bancario, con
vaglia postale o con carta di credito.
Avevo
approntato tre siti, prima per gioco quasi, su spazi web gratuiti, poi
avevo comprato un mio dominio e vi avevo fatto confluire tutte le
pagine
precedenti: quelle dedicate alla musica, le altre alle informazioni
sull’edilizia
e infine quelle dei software da me prodotti. All’inizio non ci credevo
tanto, ma con il passare degli anni e con lo sviluppo della rete ero
arrivato
a ottenere quasi trentamila visitatori in un giorno. Avevo scoperto
anche
la pubblicità e potevo vivere onestamente anche solo con i proventi
dell’affitto a terzi degli spazi sulle mie pagine. Insomma mandavo
avanti
la famiglia che per allora, quando risiedevo ancora a Roma, era
composta
di sole due persone: la mia consorte e io.
Mia
moglie era una studentessa universitaria anche lei di architettura.
L’avevo
conosciuta a valle Giulia quando, verso la fine dell’anno accademico,
in
estate, era giunta ad assistere a degli esami di composizione
architettonica
e stava lì tra gli altri, poche persone per la verità. L’avevo
notata per la sua magrezza, ma con belle forme di donna, la sua
dolcezza
dei lineamenti e il suo sguardo sincero e pulito. Era vestita di una
specie
di camice lungo e quasi trasparente che non le donava come meritavano
le
sue fattezze femminili, ma che aveva un suo fascino. Tanto per
spiegare,
come un tempo vestivano gli hippye, ma lei non lo era anche se, forse,
c’era qualche simpatia.
Eravamo
rimasti soli noi due a sentire relazioni e vedere disegni che non si
capiva
che fossero. Anzi, fino a quel punto, a dire il vero, non avevo capito
quasi nulla della facoltà di architettura e dei suoi insegnamenti,
tanto che avevo deciso di abbandonare. Poi arrivò Piera, la mia
futura moglie, e tutto cambiò.
Ci
sposammo che lei ancora non si era laureata, invece io avevo dato la
tesi
a luglio di quell’anno. Osservava trepidante, allora, credo più
per il desiderio di diventare la mia donna ufficiale che per quel pezzo
di carta che doveva cambiare la nostra vita. Difatti Piera non completò
gli studi. Aveva sostenuto una metà degli esami necessari e con
me studiava anche con passione, ma mi accudiva troppo e questo le
toglieva
tempo e forza per fare due cose contemporaneamente. Mi diceva che una
volta
sposati avrebbe trovato la calma per mettersi sotto e laurearsi. Poi le
dissi che bastavo io per tirare avanti.
A
me interessava che lei fosse vicino alla famiglia, ai figli, alla casa.
Sognavamo di farci una bella villa in una zona di campagna, con verde
intorno,
alberi, anche animali, frutta, orto e tutto il resto per una vera e
propria
vita agreste. Tutto questo a Roma non si poteva avverare, e non solo
per
le difficoltà economiche determinate dalla mancanza di lavoro o
dalla impossibilità di trovarne per un giovane architetto. Anche
questo mi aveva spinto verso la produzione di software: non avevo mai
chiesto
niente a nessuno per la mia testardaggine di dover essere capace di
andare
avanti con le mie forze e senza dover ringraziare, o peggio, altri.
...
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