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Nigra nubes incurrebat
romanzo
di
Raffaele Castelli

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Altri libri dello stesso autore:
  1. Solo e pensoso
  2. Una vita in un attimo
  3. Mille giornate belle
  4. La fiera di sant'Antonio
  5. Un sorriso all'orizzonte
  6. Al di là dei suoi pensieri
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  8. La gita
  9. Un uomo nella notte
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  11. Un software per il Paradiso
  12. Un'aquila tra cielo e mare
  13. Vite sghembe
  14. Sinistri scricchiolii nel buio
  15. Le lunghe strade della solitudine
  16. Mosche
  17. Spianare le montagne e riempire i fossi
  18. Il sole è di tutti, però la luna è mia
  19. Nigra nubes incurrebat
  20. Nove passi oltre il muro dei ricordi
  21. Un software per salire al Paradiso
  22. L'ipnotizzatore di anime stanche
  23. Elena dei castelli
  24. Angelillo, l'extraterrestre
  25. Dalla parte del cane
  26. Viaggio nell'immortalità
  27. Architettura e città
  28. Frosolone anni '70
  29. Il linguaggio
  30. Operazione Mare Nostrum
  31. I ragazzi di via Panisperna
  32. La vecchiaia è una brutta bestia
  33. Doppia identità
Nigra nubes incurrebat, (sottotitolo del libro ...e poi, diciotto secoli di oblio), è il diciannovesimo romanzo pubblicato da Raffaele Castelli. 
E' ambientato nella Pompei del 79 dopo Cristo con la sciagura dell'eruzione del Vesuvio. E racconta la vita di un gruppo di amici, spensierati, che non sapevano cosa li attendeva. Con Plinio il Vecchio sullo sfondo che inventava mille cose nuove nella casa dei Vettii e oltre. E una misteriosa polvere nera scoperta dallo studioso. O un altrettanto misterioso Antonio che aiutava negli scavi dell'Ottocento.
Un libro adatto a ogni tipo di pubblico, specialmente ai giovani studenti del liceo che hanno la possibilità di immergersi nella vita di in un mondo poco conosciuto. Il romanzo, a parte le pagine finali sulla tragedia, è allegro e avventuroso, scritto con linguaggio leggero e pulito.
Quindi buona lettura.
Qui c'è un breve riassunto, la quarta di copertina, il sommario, i personaggi e le località del romanzo e le prime delle 318 pagine del libro.
E' possibile acquistarlo, senza spese di spedizione, direttamente via internet cliccando qui.
Tutti i libri, romanzi ma anche saggi, sono elencati nella pagina qui collegata.

 copertina del romanzo NIGRA NUBES INCURREBAT

Ambientazione del romanzo

  • la storia è ambientata, quasi tutta nell'anno 79 dopo Cristo, da giugno ad ottobre, a Pompei;
  • vi è un viaggio nel Sannio, all'epoca, nei paesi di montagna di quelle terre;
  • quindi il romanzo si conclude, nello stesso luogo dove ha avuto inizio, durante gli scavi del milleottocento.

Riassunto

La famiglia dei Vettii era una delle più facoltose di Pompei del 79 dopo Cristo e Vetticulus era il ragazzino che aveva preso questo soprannome simpatico. Passava il tempo spesso nel foro con il suo amico Persicus, come quel giorno che avvenne il fatto del mercato, quando questi fu preso e portato a essere giudicato seduta stante. Allora si presentò un certo Plinio che nessuno conosceva, a difenderlo. Così cominciò l’amicizia del tizio, capo della flotta del Mediterraneo di stanza a Miseno, con la famiglia dei Vettii. Era d’estate.
Poi portò due cagnolini che furono la gioia anche di altri ragazzi, una comitiva che viveva tranquillamente quei giorni, quando ci furono, in agosto, le manifestazioni all’arena e al teatro, tra mille risate e alcuni inconvenienti.
E poi quella polvere nera di cui parlava Plinio, perciò aveva voluto fare un viaggio nel Sannio dove trovò il salnitro, ciò che gli mancava per completare la formula. Una cosa segreta e misteriosa che i ragazzi, in gruppo, scoprirono come fosse conservata sulle pendici del vulcano, dagli schiavi. E Publio fece in modo che chiedessero a una maga, che sapeva prevedere il futuro, per conoscere che cosa potesse succedere. E quella se ne scappò quando vide, nelle interiora della gallina, qualcosa di esagerato e malefico, ma non disse.
Poi davvero avvenne il finimondo, e il terremoto del 62 apparve solo una premonizione di ciò che avrebbe distrutto quelle vite, al completo a seppellirle sotto una coltre di cenere, quando Vetticulus rimase a pregare che lui era cristiano e non sapeva di Persicus, al quale aveva regalato la sua bulla, fino a poco tempo prima. Ora ancora più legati nella storia. Che quello era un loro segreto. E morì scrivendo ciò che vedeva: una nuvola nera che gli correva contro. Quando Giuseppe incontrò casualmente Antonio, notò che c’era in lui qualcosa di speciale, non solo di fisico. Perciò lo volle come aiutante negli scavi archeologici e lì lo turbò ciò che non poteva credere: un mistero lungo diciotto secoli.

Sommario
 
 

Invocazione...................................................................................... 7
 
Capitolo 1 – Al macellum................................................................. 9 
Capitolo 2 – Persicus accusato....................................................... 25 
Capitolo 3 – Plinio, il Vecchio......................................................... 39 
Capitolo 4 – A nascondino............................................................. 55 
Capitolo 5 – Costumi...................................................................... 69 
Capitolo 6 – La griglia..................................................................... 85 
Capitolo 7 – La tettoia.................................................................... 99 
Capitolo 8 – Campagna elettorale.............................................. 115 
Capitolo 9 – Delusione................................................................... 129 
Capitolo 10 – Lupanar................................................................... 145 
Capitolo 11 – Caupona................................................................. 161 
Capitolo 12 – La polvere nera....................................................... 177 
Capitolo 13 – Deusdatus il calzolaio............................................. 191 
Capitolo 14 – Pro loco e i giochi nell’arena.................................. 207 
Capitolo 15 – Pizze........................................................................ 223 
Capitolo 16 – Feste di agosto........................................................ 237 
Capitolo 17 – Viaggio nel Sannio ................................................. 251 
Capitolo 18 – Le interiora di galline.............................................. 265 
Capitolo 19 – La catastrofe........................................................... 281  
Capitolo 20 – Giuseppe Fiorelli e l'allievo Antonio........................ 295 

 

Personaggi nominati (in ordine di citazione):    

 
 
1 – Vetticulus, il ragazzino
2 – Vettii, la famiglia di Vetticulus
3 – Persicus, il suo amico
4 – Aulus Vettius Restitutus, Restituto, lo zio di Vetticulus
5 – Aulus Vettius Conviva, Aulo Vettio Conviva, il padre di Vetticulus
6 – Gaius Vettius Persicus, Gaio, il padre di Persicus
7 – Giove, Iuppiter, il mitico
8 – Gesù Cristo
9 – Dio, Iddio
10 – Vespasiano, l’imperatore 
11 – Tiberius, uno schiavo dei Vettii
12 – Tito, il figlio di Vespasiano
13 – Priapo, il mitico del dipinto in casa Vettii
14 – Minerva Medica, la mitica
15 – Vulcano, il mitico
16 – Giunone, la mitica
17 – Nerone, l’imperatore
18 – Gaio Plinio Secondo, il Vecchio, il comandante della flotta tirrenica
19 – I Giganti, i mitici
20 – Plutone, il mitico
21 – Cicero e Cato, i due cuccioli
22 – Clara, la figlia di Tiberius
23 – Appius, un compagno di giochi
24 – Lucius, un compagno di giochi
25 – Marcus, un compagno di giochi
26 – Venere, la mitica
27 – Nettuno, il mitico
28 – Cnaeus, il falegname
29 – Bacco, il mitico
30 – Diana, la mitica
31 – Mercurio, il mitico
32 – Canecchionem, il cercatore d’ori
33 – Maria, la Madonna
34 – Asellina, la proprietaria del thermopolium
35 – Aeglae, una ragazza del thermopolium 
36 – Maria, una ragazza del thermopolium
37 – Smyrna, una ragazza del thermopolium
38 – Marte, il mitico
39 – Africano, il comproprietario del lupanare
40 – Vittore, il comproprietario del lupanare
41 – Flavio, dinastia degli imperatori dell’anfiteatro (Vespasiano e Tito)
42 – Muzio, il muratore
43 – Mario, il pittore
44 – Menandro, il proprietario della casa restaurata
45 – Apollo, il mitico
46 – I Lari, gli dei protettori dei defunti
47 – Myrtis, la donna del lupanare
48 – Giano, il mitico 
49 – Massimo, il padre di Lucius
50 – Ottavia, la cugina di Vetticulus
51 – Siro, il padrone della caupona
52 – Gli Ittiti, un popolo dell’antichità
53 – I Ceii, una famiglia
54 – Achille, il mitico
55 – Il Citarista, il proprietario della villa imperiale
56 – Publio, un compagno di Vetticulus
57 – Romeus, il panettiere
58 – Vitellio, il tizio che deve andare
59 – Septembris, Settembrino, il ragazzo dell’arena
60 – Poppea, Pompea, la donna pubblica
61 – Raphanus, l’attore
62 – Stercus, il vecchietto
63 – Flippo, il barbiere
64 – Cesare, il mitico
65 – Tizio, Caio e Sempronio, i militi
66 – Decimus, il soldato rimasto alla barca
67 – Quintus, un soldato per il viaggio nel Sannio
68 – Servius, un soldato per il viaggio nel Sannio
69 – Spurius, un soldato per il viaggio nel Sannio
70 – Annibale, il mitico
71 – Curdisk, il pastore sannita
72 – Balbus, il fabbro sannita
73 – Sallustio, il proprietario di una casa
74 – Plumbivomum Tormentum, l’oracolo
75 – Orazio, il mitico
76 – Orazio, il tizio di Pompei
77 – Orazio, il pecoraio
78 – Bruto, il figlio adottivo e assassino di Cesare
79 – Virgilio, il mitico
80 – Titus, il figlio di Plumbivomum Tormentum
81 – Plinio, il Giovane, il nipote di Plinio il Vecchio
82 – Rettina, la moglie di Tascio
83 – Tascio, un amico di Plinio il Vecchio
84 – Fortuna, la mitica
85 – Pomponiano, un amico di Plinio il Vecchio
86 – Pasife, un personaggio mitico della casa dei Vettii
87 – Dedalo, un personaggio mitico della casa dei Vettii
88 – Anfione, un personaggio mitico della casa dei Vettii
89 – Zeto, un personaggio mitico della casa dei Vettii
90 – Octavius Quartio, il proprietario di una casa
91 – Stephana, la bambina
92 – Giulio Polibio, il proprietario di una casa
93 – Giuseppe Fiorelli, Giusè, l’archeologo
94 – Antonio, il ragazzo di Pompei
95 – Gennarino, l’operaio degli scavi
96 – Tacito, il mitico  
 

Località e luoghi geografici nominati (in ordine di citazione):
 
1 – Pompei, la città distrutta dell’eruzione del 79 d.C.
2 – Cina 
3 – Roma, la Città Eterna
4 – Oriente 
5 – Forche Caudine, la località della sconfitta dei Romani da parte dei Sanniti
6 – Miseno, una frazione dell’attuale comune di Bacoli in Campania
7 – Tirreno, il mare
8 – Germania
9 – Terra 
10 – Sole 
11 – Stelle 
12 – Mar Rosso
13 – Lazio
14 – Sannio 
15 – Stabia, una città nei pressi dell’attuale Castellammare di Stabia
16 – Africa
17 – Alpi 
18 – Fulsulae, un villaggio del Sannio 
19 – Oltralpe 
20 – Ade, il regno dei morti
21 – Vesuvio, il vulcano
22 – Torre del Greco, una città della Campania
23 – I Campi Elisi, il giardino delle anime virtuose
24 – Napoli 
 
Principali locuzioni latine (più una greca) e loro significato 
 
1 – Nigra nubes incurrebat: Una nera nuvola correva contro
2 – Macellum: mercato
3 – Ego sum: io sono
4 – Bulla: la borchia appesa al collo dei bambini
5 – Ab Urbe condita: dalla nascita di Roma (dal 753 avanti Cristo)
6 – Melius abundare quam deficere: meglio abbondare che scarseggiare
7 – Pecunia non olet: il denaro non puzza
8 – Amphora: unita di misura dei liquidi (26,265 litri)
9 – Garum: salsa di pesci marinati (parte liquida)
10 – Allec: salsa di pesce (parte solida)
11 – Postero die: domani
12 – Gens: dinastia
13 – Ave: salve
14 – Miserere: abbi pietà
15 – Nomen: nome, la dinastia (la seconda parte del nome di una persona, il nostro cognome)
16 – Lupa: prostituta; lupae: prostitute
17 – Innocens sum: sono innocente
18 – Ultra noli ire: non andare oltre
19 – Iurisconsultus: giureconsulto
20 – Iudex: giudice
21 – Formulas, in iure, apud iudicem: momenti del processo
22 – Praenomen: nome personale (la prima parte del nome di una persona)
23 – Cognomen: soprannome (la terza parte del nome di una persona)
24 – Da mihi factum dabo tibi jus: narrami il fatto e ti darò il diritto
25 – Naturalis historia: Storia naturale (scritto di Plinio)
26 – Extra: al di fuori
27 – Studiosus: Studioso (scritto di Plinio)
28 – Kalendae: il primo giorno del mese 
29 – Cicero ac Cato in foro: Cicerone e Catone (sono) nel foro (nella piazza)
30 – Et sic fecit: e così fece
31 – Sexaginta, viginti, triginta: sessanta, venti, trenta
32 – Qui pro quo: equivoco
33 – Cave canem: attenti al cane
34 – Sextarius: unità di misura dei liquidi (0,546 litri)
35 – Quartarius: unità di misura dei liquidi (0,136 litri)
36 – Umbilicus: ombelico
37 – Cicero pro domo sua: Cicerone a favore della sua casa
38 – Tabernae: botteghe
39 – Congius: unità di misura dei liquidi (3,27 litri)
40 – Gratias: (avere) gratitudini
41 – Odeion: edificio per gare musicali e poetiche
42 – Tunica interior: sottoveste (camicia)
43 – Puls: polenta di farro
44 – Cochlearia: cucchiai
45 – Digitus: dito, unità di misura della lunghezza (1,848 centimetri)
46 – Bis pueri senes: i vecchi sono due volte fanciulli
47 – Vox populi vox dei: voce di popolo voce di Dio (è verità)
48 – Stilus: stilo (arnese per scrivere)
49 – Regula: regolo (strumento di misura lineare)
50 – Urna: unità di misura dei liquidi (13,131 litri, ossia metà amphora)
51 – Lunae dies: lunedì
52 – Thermopolium: rivendita di bevande calde
53 – Gutta cavat lapidem: la goccia scava la pietra
54 – Hemina: unità di misura dei liquidi (0,273 litri)
55 – Martis dies: martedì
56 – Vade retro: vai indietro
57 – Tympanum: tamburo
58 – Iuppiter: Giove
59 – Lectulus ambulatorius: carriola
60 – Sic et simpliciter: così e semplicemente
61 – Lupanar: lupanare, postribolo
62 – Palmus: palmo, unità di misura della lunghezza (7,395 centimetri)
63 – ????? ????? ???: cantami o diva (primo verso greco dell’Iliade)
64 – Hic habitat felicitas: qui abita la felicità
65 – Hic ego puellas multas futui: qui ho fatto l’amore con molte ragazze
66 – Hic ego, cum veni, futui, deinde redei domum: qui, come venni, feci l’amore, poi tornai a casa
67 – Fututa sum hic: sono stata amata qui
68 – Hinc ego nun futui formosam puellam laudatam a multis, sed lutus: da qui ho appena amato una formosa ragazza lodata da molti, ma fangosa
69 – Carpe diem: gusta il giorno
70 – Itinerum: strada 
71 – Scire nefas: sapere è infausto
72 – Caupona: osteria
73 – Cyathus: bicchiere
74 – Sulfur: zolfo
75 – Jentaculum: colazione
76 – Mirabilia quaedam effecimus: abbiamo fatto miracoli
77 – Sculponae: zoccoli di legno
78 – Obtorto collo: controvoglia
79 – Omnia vincit amor: tutto vince l’amore
80 – Pecunia fidens: confidando nel denaro
81 – Talis pater, talis filius: tale il padre, tale il figlio
82 – O tempora! o mores!: che tempi! che costumi!
83 – Siligineus: di farina di prima qualità
84 – Repetita iuvant: le cose ripetute giovano
85 – Pro loco: a vantaggio del luogo
86 – Praeco: banditore
87 – Gratis et amore deorum: per gratitudine e amore degli dei
88 – I Vitelli dei romani sono belli: va o Vitellio al suono di guerra del dio romano
89 – Diabolicus est: è diabolico
90 – Papae!: caspita!
91 – Prandium: pranzo (spuntino consumato in piedi)
92 – Olent: puzzano
93 – Mors tua vita mea: morte tua vita mia
94 – Mutatis mutanda: cambiate le cose che devono essere cambiate
95 – Oleum et operam perdidi: ci ho rimesso l’olio e la fatica
96 – Numera stellas, si potes: conta le stelle, se puoi
97 – Nunc est bibendum: adesso è ora di bere
98 – Odi profanum vulgus: odio il volgo ignorante
99 – Reticula: reticella
100 – Panis et libarius: pane e pasticciere
101– Oryza: riso
102 – Et cum spirito tuo: e con il tuo spirito
103 – Fabula: romanzo
104 – Sol omnium et mea luna: il sole è di tutti, però mia è la luna
105 – Magnum cerasum: grossa ciliegia
106 – Solis dies: domenica (il giorno del sole)
107 – Tonstrina: bottega del barbiere
108 – Barbula: barba
109 – In alto loco: nell’alto luogo
110 – Coram populo: davanti al popolo, (in pubblico)
111 – Malum cydonium: mela cotogna
112 – Integer vitae scelerisque purus: dalla vita integra e privo da colpe
113 – Odi et amo: odio e amo
114 – Quare id faciam, fortasse requiris: perché io lo faccia, ti chiedi
115 – Nescio, sed fieri sentio et excrucior: non so, ma sento che accade e mi struggo
116 – Nitrum: salnitro
117 – Tonsor: barbiere
118 – Duo milia: duemila
119 – Decussis: unità di misura del peso (3,274 chilogrammi)
120 – Talentum: unità di misura del peso (2,618 chilogrammi)
121 – Quadrussis: unità di misura del peso (1,309 chilogrammi)
122 – Sestertius: unità di misura del peso (818,6 grammi)
123 – Dupondius: unità di misura del peso (654,9 grammi)
124 – Quoque tu, Brute, fili mi: anche tu, Bruto, figlio mio
125 – Mantua me genuit: Mantova mi generò
126 – Pater noster, qui es in caelis, sanctificetur nomen tuum: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il nome tuo
127 – Vetticulus Persicusque fratres: Vetticolo e Persico fratelli
128 – Ante diem iii Kalendas November a. D. lxvii30 ottobre 67 d.C. (3° dì dalle calende di novembre)
 
 

Capitolo 1 – Al macellum  (estratto, per scaricare il primo capitolo intero clicca qui)

Era caldo quel giorno. Gli idi di giugno di Pompei sono sempre così, si diceva nel suo letto Vetticulus, come lo chiamavano e come gli piaceva che fosse il suo nome, della famiglia dei Vettii, di cui andava fiero. E si voltava dall’altra parte che era pur vero di avere un appuntamento con Persicus, suo amico fedele, ma aveva anche voglia di dormire un altro po’. La terza ora, poco oltre, da come lo schiavo che l’aveva avvertito gli stava dicendo, non è che sia la migliore per un ragazzino di undici anni, di svegliarsi e alzarsi, per andare dove poi? Al macellum, come avevano concordato al tramonto del giorno prima. 

«Vetti…culus!» che era il modo di invocarlo per non fare imbestialire lo zio di quello. Nel senso che così pronunciava il nome della famiglia e non si capiva che fosse un vezzeggiativo destinato all’amico. Che nessuno poteva mai credere come ci fosse tanto affetto tra loro. Uno di gente ricca, arricchitasi, per la verità, che non vuol dire la stessa cosa. Persicus era intelligente anche se non sapeva leggere e scrivere, che non era un grosso problema per quelli della sua età, ma non poteva dimenticare come suo papà fosse un uomo libero a metà. Una volta schiavo e proprio di quella casa dove adesso stava urlando la sveglia. 

Qualcuno gridò nei suoi riguardi: «Chi è?» 

«Sono io…» che era solito farsi riconoscere dalla voce, e non occorreva altro. Ma quella volta non fu ben capito. 

«Chi?!...» 

«Io… Persicus» rispose. 

«E che vuoi?» la stessa persona di prima, invisibile dalla strada. 

«Vetti…» e si trattenne a stento dall’aggiungere quel culus che significasse piccolo e bambino. Perciò se la rise. Che lui, invece, era già grande. Quasi. 

Sì, ci pensò due istanti, perché a quattordici anni già aveva altro per la testa e una voglia di passare qualche momento al lupanare. Insomma con una di quelle prostitute che venivano portate spesso a sostituire le precedenti, non distante, verso il centro della città. E si voltò a considerare, che gli occhi vogliono la sua parte e si guardò anche la propria capacità virile mentre sentì un’altra domanda. 

«Chi…» che oggi mi stanno rompendo le scatole, questi. Ritenendo il colloquio di due o più schiavi. Forse non capivano il latino. Ah, ecco. 

«Ego sum…» e non finì che, proprio in quel momento, comparve la sagoma sottile, non altissima, ma prometteva bene, di Vetticulus. 

«Sì, ci sono… avevamo detto alla quarta…» esordì. 

«Alla terza…» rifletté. 

«Quarta…» 

«Terza» per un bel po’ di cammino, che si erano fermati su un muretto nel foro, dove lo spiazzo diceva che fosse meglio sedersi e respirare il cielo limpidissimo di quel mondo. 

«Avete fatto festa ieri sera» chiese e non chiese Persicus, che sapeva già. 

«Festa… per modo di dire…» poi quasi si pentì, che lui c’era abituato da sempre ed era nato tra il grasso che cola, senza pensieri nei riguardi del proprio genitore, o dello zio, uomini d’affari e capaci e ricchi. Perciò. 

«Diciamo… altro che, è vero.» Ed era vero sul serio. 

«Be’… a me, per esempio…» e si rivolse a guardare la faccia dell’altro che era diretta al mostro lassù, illuminato dal sole, quella montagna che aveva tremato qualche tempo prima, ma loro non erano ancora nati, «non piacciono i polli farciti» e si pentì per la seconda volta. In primo luogo che si potesse pensare come il tipo di animale fosse per i poveri e non per sé. E poi di portare il discorso nei pressi del cibo, che era magro di natura. L’amico per circostanze ed eventualità. 

In quanto il proprio padre, un liberto, aveva preso il nome di Vettio, pure lui, generando una confusione inimmaginabile per chi, come loro, gradivano la semplicità della vita. Da Aulus Vettius Restitutus e Aulus Vettius Conviva, i fratelli, aveva prelevato qualcosa, anche loro anticamente dei liberti, perciò generosi verso i propri simili, ed era diventato Gaius Vettius Persicus. Che un po’ somigliava al figlio. 

I ragazzi risero al riguardo e convennero di chiamare, da allora in poi, Gaio il fabbroferraio. E solo Restituto e Conviva, rispettivamente, zio e padre commerciante. 

Per questo a casa dell’uno si mangiava troppo e a casa dell’altro troppo poco. Fortuna che ci fosse quel birbante che aveva sempre qualcosa tra le mani, che pareva un fagottino per i cani, per gli animali, insomma, che si avvicinavano frequentemente quando veniva fuori, a giocare. Nascondino, che era il miglior modo per conoscere quella enorme città, ai piedi del vulcano. 

E lo guardarono di nuovo mentre Vetticulus apriva il pacco e mostrava il companatico. 

«Ma… hai preso… un pollo intero…» meravigliato, ma non esageratamente. 

«E allora? Dovrei vederli buttare invece che mangiarceli… con un amico, in santa pace?» 

«Ma… è presto…» invece era tardi che la sera c’era stata una cena frugale e il pranzo fatto di un panino con i nervetti con aceto, in piedi davanti alla forgia del papà. Comprato nell’osteria di lato alla sua fucina. Che almeno poteva contare in un piccolo locale nero di fumo dove scuoteva i ferri e li arrotondava. Cerchi per i carri che, su quelle pietre grosse delle strade facevano persino scintille nel buio, quando passavano peggio del giorno a spegnere il dolce sonno di chi vuole riposare. 

«Hanno dettato norme per farli andare di notte» difatti aggiunse al riguardo Vetticulus che non sempre dormiva, per il fatto dei rumori. 

«Ma… è presto o no?» riprendendo il discorso di prima.  

No, perché aveva preso tutta la gentilezza di Restituto, di animo cortese e simpatico. Che soleva cantare con tutti e non rispondeva mai male a nessuno. Leggermente meno interessato alle faccende dell’impresa di famiglia. Che facevano di tutto, ma avevano cominciato con le stoffe, prima prodotte e colorate sul posto, poi commercializzate di provenienza asiatica. Addirittura dalla Cina. Le sete. 

«A proposito…» il figlio del fabbro, «devo bere. Ci mettono tanta di quella frutta che…» ed era già lontano, aveva poggiato il pollo tra le gambe dell’amico, con il suo bel tovagliolo bianco di cotone ed era corso alla fontanella. Senza spiegazioni. Forse non gli piacevano, neanche a lui, gli accostamenti di sapori. 

Ne aveva mangiato comunque un quarto quando era tornato, sempre correndo, con il muso bagnato e con il dorso della mano che si detergeva. Si era anche sparso acqua sui capelli, un ciuffo che gli scendeva lungo la fronte, diversamente da Vetticulus che aveva tutto tagliato e dondolava, in attesa, la sua bulla, il ciondolo al petto. Con le mani che il sole cominciava a far sudare la pelle. 

«A proposito…» appena tornò l’altro ed ebbe il suo pollo sulle ginocchia, che era bello grosso e capace di sfamare una famiglia di parecchie bocche, «mi vado a inumidire le labbra» pure lui, e corse nella stessa direzione, a un angolo del foro, dove avevano messo una colonna con un enorme recipiente di piombo in cima e giù un rubinetto per lavarsi le mani e il viso. Con una vasca quadrata di pietra che bisognava poggiare la mano sul dorso di lato per arrivare a bere e proprio lì, la pietra, si era consumata, si era generato un incavo, ma liscio che sorrise, Vetticulus. Perché, ma non l’aveva detto, a casa non aveva provveduto, per fare prima. 

Persicus, nel frattempo pensava. Al padre, unico superstite che non esistevano altri figli e nemmeno la moglie. Solo e al lavoro, che era solito svegliarsi con il sorgere del sole. Ovvero molto prima, ma solo per prepararsi le cose da fare, che erano sempre faticose e per accendere la forgia dove infilare i suoi ferri da sagomare. E con l’arrivo dell’estate sudava come un maiale che non vuole fare una brutta fine, come uno di quei muratori che stavano davanti a lui, adesso, a sistemare i templi rovinati dal terremoto recente. E che fosse il caso di portare quel ben di Giove a lui, alla bottega.  

«La terra ha tremato per colpa di quello» disse appena si sedette Vetticulus, e indicò con lo sguardo il monte che si stagliava addosso a Pompei, «nell’anno 815 ab Urbe condita.» Specificò che sapeva quando avevano costruito Roma. E si riempì la bocca di quel nome sacro, la Città, con la iniziale maiuscola, unica, sola, grandiosa, Eterna. E ci mise un’altra maiuscola, che «melius abundare quam deficere» aggiunse a completamento del pensiero. 

Che nessuno sapesse, e nemmeno il suo caro amico, quanto conteggiasse la storia da un altro evento. Perché erano nel 79 dopo Cristo. Ma guai a farlo intendere a chi non vuole. Rischiava la morte per crocifissione. Forse. Non era sicuro, data la sua giovane età. Perciò aveva usato altri calcoli e l’altro aveva annuito. 

«Che ne dici? Sarà meglio che porti questo volatile…» lo osservò attentamente, ricco di albicocche e miele, nutriente per chi ha bisogno di energia, «a mio padre?» 

Ci aveva eliminato la pelle e uno spicchio di zampa, che pareva quella di una bestia di grosse proporzioni, probabilmente per la sua fame, sempre presente, perciò magrissimo. E anche per la sua ritrosia che Vetticulus gli avrebbe donato chissà che cosa per farlo stare bene, in salute. Eppure non è facile che puoi toccare sentimenti nascosti e far apparire una specie di elemosina ciò che invece era un dono. E ci pensava mentre percorrevano tutto il lungo lato del foro, con gli operai che salivano e scendeva dalle impalcature di legno, altissime, per i piani superiori, tutti crollati nel 62, ora non è che non si può nemmeno ricordare il sacrificio di un uomo, il suo Dio. 

Ma come si fa a dirlo a chi è immerso nelle ricchezze della vita, chi non ha occhi per vedere, o si sente a posto con la propria coscienza e tutto funziona a dovere? E non può capire chi non sa se mangia il giorno dopo, se muore, se il tetto è sfondato e non ha sesterzi per ripararlo? No, perché questi erano quasi dei segreti che non era giusto accollare sulle spalle degli altri. Si viveva. Con il lavoro di ferraio, con il martello e l’incudine che produceva ciò che serviva, il minimo indispensabile. E qualche giorno al mese si poteva anche dedicare a sistemare le tegole. Una ogni tanto, si comprava e si sostituiva alla vecchia crepata, fino ad accomodare il tutto. Ma, facendo bene i conti, ci sarebbe voluta una vita. Senza esagerare. Una mezza. 

«Giovanotto!» fece Gaio appena vide i due, ma la cosa era rivolta al piccolo, che suo figlio, già in età lavorativa, aveva poca voglia di dedicarsi alla forgiatura.  

La verità era che si era scottato una volta quando aveva afferrato il cerchio, lo vedeva spento, gli sembrava freddo, era scuro, non rovente e quasi trasparente. Ma non sapeva e gli era rimasto il marchio nella manina destra. Anzi, quello attaccato come se fosse di colla di pesce. E friggeva, come quando si marchiano le bestie. Lo aveva visto fare a suo padre che non si dedicava solo ai carretti. A tutto ciò che servisse per il lavoro. Anche strumenti vari, magari con i materiali vecchi che lui di nuovo fondeva. E dove avesse imparato tanto, non aveva mai detto. Nell’Oriente. Si esprimeva e basta. Ed era sufficiente, che Persicus figlio non voleva conoscere il resto. 

Perciò lui non rispose, solo un mezzo sorriso che aveva tra le mani una sorpresa. Magari da riscaldare sul fuoco che lì c’era anche una graticola su cui si arrostiva di tutto. E l’igiene? Aveva obiettato dopo Vetticulus quando gli sguardi dei due s’incontrarono, furono allegri allora, si quasi baciarono, si fusero e si forgiarono a formare una vera e propria famiglia. 

«No, ragazzo» adesso era diventato leggermente più piccolo dal giovanotto di prima, «il fuoco distrugge tutto…» una specie di profezia. Che era verità conclamata.  

«Sì, ma anche la carne… la sporca, sennò…» 

«Non ti preoccupare… le fiamme disinfettano…» rise, alzò con uno spiedo di sua proprietà e fattura quell’animale morto, lo osservò attentamente, che ci avrebbe anche mangiato la sera, con il figlio, data l’abbondanza di dimensione, e aggiunse che «poi ci soffio sopra e tutto va via, quello che non è buono…» ci rise di nuovo su. Baciò con le labbra affumicate di già la testa del padroncino, come lo riteneva ancora, lo ringraziò con un appena accennato inchino, disse di andare via per la ragione dell’olio bruciato e la puzza che scaturiva. Ebbe come risposta che non faceva niente, che volevano vedere se lo mangiasse davvero, in parte, però. Rispose che aveva un certo appetito arretrato, ebbe come osservazione che fosse giusto nutrirsi. Lui ringraziò di nuovo e addentò. Ma non prima di aver chiesto se ne avessero voluto un pezzo, loro. 

«Grazie a te, Gaio, per la tua umanità» ed era vero, perché, a fronte di un carattere riservato e apparentemente duro, quello aveva una favilla di cortesia nel suo cuore. Così si espresse non il figlio quando i due se ne tornarono in direzione del foro. Unico posto spazioso e pianeggiante della città, (a parte l’area antistante l’anfiteatro, ma lontano), e dove la dimensione facesse respirare.  

Persicus era quasi un piede più alto di Vetticulus. Ma questi ancora si doveva sviluppare che era sulle soglie della gioventù e stava salendo a vista d’occhio, che si segnava dove arrivava quasi giornalmente su una colonna di casa sua. La stessa che uno schiavo che non si faceva i fatti suoi andava a lavare su ordine dello zio Restituto. Il quale amava l’ordine e la pulizia e pareva che dirigesse il fratello maggiore che dirigeva gli affari. Un fatto che non si capiva del tutto come funzionasse, ma doveva andare egregiamente se era vero che quelli ammucchiavano denari in enorme quantità. 
Tanto è vero che aveva sentito a tavola dei discorsi sulle prossime votazioni di luglio, per amministrare la città. Che è sempre un bene rimanere dentro le cose pubbliche, che i tintori, loro schiavi, avevano preso pure delle multe salate dopo le costruzioni di Vespasiano. I cessi da dove prelevare l’urina per far venire bene i colori delle stoffe. E che è? 

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