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Argomenti
degli otto libri
Il
De bello Gallico narra
le campagne condotte da Cesare in Gallia tra gli anni 58 e 52 a.C.:
sette
libri per sette anni di guerra.
E'
lo scritto sicuramente
più conosciuto di Gaio Giulio Cesare, uomo politico e scrittore
romano. In origine, era probabilmente intitolato "C. Iulii Caesaris
commentarii
rerum gestarum", mentre il titolo con cui è oggi noto è un'aggiutna
successiva, finalizzata a distinguere questi resoconti da quelli degli
eventi seguenti.
L'opera
si divide in otto
libri:
* I primi
sette, dettati da Cesare ai suoi lungotenenti, partono da una
descrizione
etnico-geografica della Gallia, e si concludono con la narrazione della
battaglia di Alesia.
* L'ottavo
libro, scritto da Aulo Irzio, narra gli epigoni della guerra.
Il
De bello gallico fu redatto
da Cesare come diario di guerra, con chiaro intento apologetico della
propria
condotta, osteggiata a Roma da molta parte del Senato romano.
L'ambizione
e le capacità politiche del condottiero erano infatti eccezionali
e assai temute da una corporazione politica indebolita dal volgere
degli
eventi e dai mali di sempre: corruzione, interesse personale
nell'attività
pubblica e vendette di clan.
La
prima campagna ha lo scopo
di arginare i movimenti migratori verso sud, prima degli Elvezi, poi
dei
Germani di Ariovisto (liber I).
Dopo
la sconfitta di Elvezi
e Germani, la guerra diventa ben presto offensiva: dapprima contro i
Belgi
e i Nervi, popolazione della Gallia belgica (liber II), poi contro i
Veneti
e gli Aquitani, con la conquista di tutti i territori che dal nord
scendono
lungo la costa atlantica fino ai Pirenei (liber III).
Una
volta respinti i Téncteri
e gli Usìpeti Cesare, giudicando completa la pacificazione della
Gallia, compie una rapida puntata oltre il Reno e insegue le
popolazioni
germaniche che si rifugiano nelle foreste dell'interno. Successivamente
tenta anche uno sbarco in Britannia, ma con scarsi risultati (liber
IV).
Cesare
ottiene dei successi
in Britannia l'anno dopo. Intanto ha inizio l'insurrezione gallica
(liber
V). La rivolta è favorita dai Tréviri, popolazione germanica
stanziata tra il Reno e la Mosa.
Cesare
compie un'altra spedizione
oltre il Reno, poi, tornato in Gallia, pone termine alla sollevazione
degli
Eburoni (liber VI). Mentre egli è in Italia per seguire più
da vicino le pericolose vicende politiche che stanno svolgendosi a
Roma,
monta in Gallia la più vasta rivolta antiromana, capeggiata da
Vercingetoríge,
re degli Arveni.
Dopo
duri scontri e alterne
vicende, Cesare assedia infine il nemico ad Alesia, lo sconfigge e lo
fa
prigioniero (liber VII). La conquista della Gallia transalpina, a quel
punto, è compiuta.
Gli
avvenimenti degli ultimi
due anni della guerra gallica (51 - 50) sono narrati nell'VIII libro,
composto
da Aulo Irzio, generale dell'esercito di Cesare: un'opera che collega
gli
avvenimenti della guerra gallica all'inizio della guerra
civile.
Contesto storico
L'azione
si svolge a partire
dall'anno in cui Cesare, governatore delle Gallie e dell'Illiria, si
trova
a dover fronteggiare la decisione presa dalle quattro principali tribù
elvetiche, dimoranti in regioni nell'odierna Svizzera, di divenire
nomadi
a causa di difficoltà contingenti. Cesare contrasta tale iniziativa
per proteggere dai saccheggi la Provenza, già dominata da Roma,
e le popolazioni vicine, indipendenti ma alleate di Roma. Tuttavia il
problema
posto dagli Elvezi è solo la punta di un iceberg: dal nord-est,
alle due rive del Reno, le incursioni dei popoli germani rendono
inquieta
la vita delle popolazioni stanziali nella Gallia Transalpina.
Dalla
lontana Britannia (l'odierna
Inghilterra, sulle cui coste i romani fino a quel tempo non erano mai
sbarcati
se non forse per sporadici contatti commerciali) giungono rinforzi alle
tribù ostili a Roma. Ben presto la guerra dilaga in focolai che
costringono il governatore a spostare di continuo il campo di battaglia
e a farsi prorogare il mandato. Cosa questa che in verità non gli
dispiace affatto, dato che la guerra era, allora come oggi,
un'opportunità
per il vincitore finale, e Cesare non manca certo né di fiducia
in sé stesso né di coraggio, e tanto meno di curiosità
sufficiente a fargli sperimentare nuovi sistemi di battaglia, a
parlamentare
con il capo dei temuti e sconosciuti germani, a raccogliere
informazioni
geografiche ed etnografiche sui territori che deve affrontare, fino a
sbarcare
con un esercito nella sconosciuta Inghilterra.
Il
fantasma della guerra
alle porte di Roma, con il quale l'aristocrazia romana aveva giocato
fin
dai tempi della prima Repubblica (si vedano gli scritti di Livio a
proposito
delle chiamate alle armi nelle guerre contro gli Equi), viene ora usato
da Cesare contro l'aristocrazia stessa. In molte pagine dei Commentarii
si riesce ad intuire un certo tono di divertimento, nel condurre il
gioco
intellettuale del ricatto contro gli uomini del Senato che da Roma
potrebbero
stroncarlo ma non riescono neppure a contrastarne le decisioni con una
semplice revoca del mandato, contro i falsi amici che lo hanno seguito
per meritarne la benevolenza senza avere il coraggio di seguirlo fino
in
fondo nelle sue decisioni.
Si
avverte la tensione vibrante
dei momenti decisionali, resa tollerabile dall'atteggiamento razionale,
di chi vuol conoscere il nemico, la sua personalità, i suoi mezzi
tecnici, le sue abitudini e i punti di forza per evitare passi falsi.
La
fortuna e l'organizzazione poderosa dell'esercito romano fanno il
resto,
e alla fine della lunga campagna la Gallia è completamente sottomessa
a Roma.
Dopo
la battaglia di Alesia
la resistenza dei Galli Transalpini è ridotta a disperati focolai
di rivolta che vengono soffocati con una durezza ignota alle precedenti
fasi belliche. La battaglia di Alesia è per secoli rimasta una pagina
di strategia militare esemplare per il modo con cui venne condotto
l'assedio,
per la sorprendente opera di fortificazione fatta eseguire attorno alla
città sacra della Gallia indipendente da Roma.
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