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DECRETO MINISTERIALE 30 novembre
1999, n. 557
(Pubblicata in G.U. n. 225,
26 settembre 2000, Serie Generale)
"Regolamento
recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste
ciclabili"
IL
MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI
di concerto con
IL MINISTRO DEI TRASPORTI
E DELLA NAVIGAZIONE
Visto l'articolo 7
della legge 19 ottobre 1998, n. 366, "Norme per il finanziamento della
mobilità ciclistica", che prevede l'adozione con decreto ministeriale
di un regolamento per la definizione delle caratteristiche tecniche delle
piste ciclabili;
Visto l'articolo 17,
commi 3 e 4 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
Visto il decreto del
Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni;
Udito il parere del
Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi
nell'adunanza dell'11 ottobre 1999;
Vista la comunicazione
al Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 17, comma
3, della predetta legge 23 agosto 1988, n. 400 (nota n. 2816 del 27 ottobre
1999);
Adotta
il seguente regolamento:
Capo
I
Linee guida
per la progettazione degli itinerari ciclabili
Art. 1.
Premessa
1.
Nella presente sezione sono individuati le linee guida per la progettazione
degli itinerari ciclabili e gli elementi di qualità delle diverse
parti degli itinerari medesimi. Gli itinerari ciclabili si identificano
con i percorsi stradali utilizzabili dai ciclisti, sia in sede riservata
(pista ciclabile in sede propria o su corsia riservata), sia in sede ad
uso promiscuo con pedoni (percorso pedonale e ciclabile) o con veicoli
a motore (su carreggiata stradale). Dette linee guida sono finalizzate
al raggiungimento degli obiettivi fondamentali di sicurezza e di sostenibilità
ambientale della mobilità: obiettivi che devono essere perseguiti
in maniera organica, valutando di volta in volta le strategie e le proposte
che meglio rispondono agli stessi.
Art. 2.
Finalità
e criteri di progettazione
1.
Le finalità ed i criteri da considerare a livello generale di
pianificazione e dettagliato di progettazione, nella definizione di un
itinerario ciclabile sono:
a)
favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e
pedonale, alternativa all'uso dei veicoli a motore nelle aree urbane e
nei collegamenti con il territorio contermine, che si ritiene possa raggiungersi
delle località interessate, con preminente riferimento alla mobilità
lavorativa, scolastica e turistica;
b)
puntare all'attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità
dell'itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti
e sicuri secondo i risultati di indagini sull'origine e la destinazione
dell'utenza ciclistica;
c)
valutare la redditività dell'investimento con riferimento all'utenza
reale e potenziale ed in relazione all'obiettivo di ridurre il rischio
d'incidentalità ed i livelli di inquinamento atmosferico ed acustico;
d)
verificare l'oggettiva fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari
ciclabili da parte dell'utenza, secondo le diverse fasce d'età e
le diverse esigenze, per le quali è necessario siano verificate
ed ottenute favorevoli condizioni anche plano-altimetriche dei percorsi.
Art. 3.
Strumenti di
pianificazione
1.
Al fine di predisporre interventi coerenti con le finalità ed
i criteri anzidetti gli enti locali si dotano dei seguenti strumenti di
pianificazione e di progettazione:
a)
un piano della rete degli itinerari ciclabili, nel quale siano previsti
gli interventi da realizzare, comprensivo dei dati sui flussi ciclistici,
delle lunghezze dei tracciati, della stima economica di spesa e di una
motivata scala di priorità e di tempi di realizzazione. Il livello
di indagini preliminari e di dettaglio degli elaborati di piano deve essere
adeguato alla estensione dimensionale della rete ciclabile ed alla complessità
del modello di organizzazione della circolazione delle altre componenti
di traffico. Nell'ambito di tale piano è ammessa la possibilità
di considerare itinerari isolati che rispettino comunque le finalità
ed i criteri di progettazione indicati all'articolo 2. Per i comuni che
sono tenuti alla predisposizione del Piano urbano del traffico (PUT), ai
sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285,
il piano della rete ciclabile deve essere inserito in maniera organica,
quale piano di settore, all'interno del PUT, secondo le indicazioni delle
direttive ministeriali pubblicate nel supplemento ordinario n. 77 alla
Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 1995. Per i comuni non tenuti alla predisposizione
del PUT occorre comunque procedere ad una verifica di compatibilità,
soprattutto ai fini della sicurezza, con le altre modalità di trasporto;
b)
i progetti degli itinerari ciclabili, previsti dal piano di cui al punto
a), che prevedano anche, ove necessario, la riqualificazione dello spazio
stradale circostante; in particolare, i progetti devono considerare e prevedere
adeguate soluzioni per favorire la sicurezza della mobilità ciclistica
nei punti di maggior conflitto con i pedoni e i veicoli a motore (intersezioni,
accessi a nodi attrattivi, ecc.).
Art. 4.
Ulteriori elementi
per la progettazione
1.
Gli itinerari ciclabili, posti all'interno del centro abitato o di
collegamento con i centri abitati limitrofi, possono comprendere le seguenti
tipologie riportate in ordine decrescente rispetto alla sicurezza che le
stesse offrono per l'utenza ciclistica:
a)
piste ciclabili in sede propria;
b)
piste ciclabili su corsia riservata;
c)
percorsi promiscui pedonali e ciclabili;
d)
percorsi promiscui ciclabili e veicolari.
2.
Gli itinerari ciclabili possono essere utilizzati per esigenze prevalentemente
legate alla mobilità lavorativa e scolastica quale sistema alternativo
di trasporto per la risoluzione - anche se parziale - dei maggiori problemi
di congestione del traffico urbano o per esigenze prevalentemente turistiche
e ricreative.
3.
Per la progettazione degli itinerari ciclabili devono essere tenuti
inoltre presenti, in particolare, i seguenti elementi:
a)
nelle opere di piattaforma stradale: la regolarità delle superfici
ciclabili, gli apprestamenti per le intersezioni a raso e gli eventuali
sottopassi o sovrappassi compresi i loro raccordi, le sistemazioni a verde,
le opere di raccolta delle acque meteoriche anche con eventuali griglie,
purché quest'ultime non determinino difficoltà di transito
per i ciclisti, ecc.;
b)
nella segnaletica stradale: oltre ai tradizionali cartelli (segnaletica
verticale), le strisce (segnaletica orizzontale) e gli impianti semaforici,
le indicazioni degli attraversamenti ciclabili, le colonnine luminose alle
testate degli elementi spartitraffico fisicamente invalicabili, i delineatori
di corsia, ecc.;
c)
nell'illuminazione stradale: gli impianti speciali per la visualizzazione
notturna degli attraversamenti a raso, che devono tener conto delle alberature
esistenti in modo da evitare zone d'ombra, ecc.;
d)
nelle attrezzature: le rastrelliere per la sosta dei velocipedi e, specialmente
sulle piste ad utilizzazione turistica, panchine e zone d'ombra preferibilmente
arboree, fontanelle di acqua potabile ogni 5 km di pista, punti telefonici
od in alternativa indicazione dei punti più vicini, ecc.
4.
Nel capo II del presente regolamento sono definite le norme da rispettare
per la progettazione e la realizzazione delle piste ciclabili, mentre per
i percorsi promiscui, le cui caratteristiche tecniche esulano dalla disciplina
delle presenti norme, vengono fornite unicamente le indicazioni riportate
ai commi 5 e 6.
5.
I percorsi promiscui pedonali e ciclabili, identificabili con la figura
II 92/b del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.
495, sono realizzati, di norma, all'interno di parchi o di zone a traffico
prevalentemente pedonale, nel caso in cui l'ampiezza della carreggiata
o la ridotta entità del traffico ciclistico non richiedano la realizzazione
di specifiche piste ciclabili. I percorsi promiscui pedonali e ciclabili
possono essere altresì realizzati, previa apposizione della suddetta
segnaletica, su parti della strada esterne alla carreggiata, rialzate o
altrimenti delimitate e protette, usualmente destinate ai pedoni, qualora
le stesse parti della strada non abbiano dimensioni sufficienti per la
realizzazione di una pista ciclabile e di un contiguo percorso pedonale
e gli stessi percorsi si rendano necessari per dare continuità alla
rete di itinerari ciclabili programmati. In tali casi, si ritiene opportuno
che la parte della strada che si intende utilizzare quale percorso promiscuo
pedonale e ciclabile abbia:
a)
larghezza adeguatamente incrementata rispetto ai minimi fissati per le
piste ciclabili all'articolo 7;
b)
traffico pedonale ridotto ed assenza di attività attrattrici di
traffico pedonale quali itinerari commerciali, insediamenti ad alta densità
abitativa, ecc.
6.
I percorsi ciclabili su carreggiata stradale, in promiscuo con i veicoli
a motore, rappresentano la tipologia di itinerari a maggiore rischio per
l'utenza ciclistica e pertanto gli stessi sono ammessi per dare continuità
alla rete di itinerari prevista dal piano della rete ciclabile, nelle situazioni
in cui non sia possibile, per motivazioni economiche o di insufficienza
degli spazi stradali, realizzare piste ciclabili. Per i suddetti percorsi
è necessario intervenire con idonei provvedimenti (interventi sulla
sede stradale, attraversamenti pedonali rialzati, istituzione delle isole
ambientali previste dalle direttive ministeriali 24 giugno 1995, rallentatori
di velocità - in particolare del tipo ad effetto ottico e con esclusione
dei dossi - ecc.) che comunque puntino alla riduzione dell'elemento di
maggiore pericolosità rappresentato dal differenziale di velocità
tra le due componenti di traffico, costituite dai velocipedi e dai veicoli
a motore.
7.
Al fine di garantire nel tempo l'accessibilità degli itinerari
e la sicurezza della circolazione, le piste ed i percorsi promiscui devono
essere costantemente oggetto di interventi di manutenzione.
Art. 5.
Fattibilità
tecnico-economica
1.
E' opportuno, specialmente per finanziamenti e contributi esterni concessi
all'ente proprietario dell'itinerario ciclabile, che il relativo progetto
sia corredato da analisi di fattibilità tecnico-economica. A tale
analisi concorrono, oltre che il rispetto dei criteri e degli standards
progettuali indicati negli articoli successivi, con particolare riguardo
a quanto prescritto all'articolo 6, comma 6, anche i risultati di specifiche
valutazioni della redditività degli interventi previsti.
2.
In mancanza di metodi di analisi più approfonditi, si può
assumere quale indicatore della redditività dell'investimento il
rapporto "lire investite/ciclisti x km", riferito almeno ai primi due anni
di entrata in esercizio dell'itinerario.
3.
Nel computo delle "lire investite" rientrano tutte le spese per la
realizzazione e l'arredo delle piste o dei percorsi in progetto, comprese
quelle relative agli eventuali rifacimenti di pavimentazioni stradali ed
adeguamenti dell'illuminazione pubblica, del verde stradale e del sistema
di convogliamento delle acque piovane nella rete fognaria esistente, nonché
le spese relative al soddisfacimento della domanda di sosta per i velocipedi.
In tale computo sono, inoltre, da includere le spese di esercizio per le
opere, attrezzature ed arredi previsti, da riferire alla media annuale
dei primi dieci anni di esercizio.
4.
Nel computo dei "ciclisti x km" può farsi riferimento alla percorrenza
annua complessiva nei primi due anni di esercizio dell'itinerario in esame,
a partire dalla intensità di traffico ciclistico prevista per l'ora
ed il giorno di punta nei periodi lavorativi e scolastici sui vari tronchi
in progetto. L'anzidetta previsione di traffico va documentata con l'esposizione
dei flussi ciclistici e veicolari, individuali e collettivi, già
in atto sugli attuali percorsi in promiscuo ricadenti nella fascia di influenza
dell'itinerario in progetto, in modo tale da evidenziare - in particolare
- la quota di traffico ciclistico in atto e quella prevista come trasferimento
dagli altri modi di trasporto.
Capo
II
Principali
standards progettuali per le piste ciclabili
Art. 6.
Definizioni,
tipologia e localizzazione
1.
Pista ciclabile: parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata,
riservata alla circolazione dei velocipedi.
2.
La pista ciclabile può essere realizzata:
a)
in sede propria, ad unico o doppio senso di marcia, qualora la sua sede
sia fisicamente separata da quella relativa ai veicoli a motore ed ai pedoni,
attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente invalicabili;
b)
su corsia riservata, ricavata dalla carreggiata stradale, ad unico senso
di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli
a motore ed ubicata di norma in destra rispetto a quest'ultima corsia,
qualora l'elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia
di delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia;
c)
su corsia riservata, ricavata dal marciapiede, ad unico o doppio senso
di marcia, qualora l'ampiezza ne consenta la realizzazione senza pregiudizio
per la circolazione dei pedoni e sia ubicata sul lato adiacente alla carreggiata
stradale.
3.
Possono comunque sussistere piste ciclabili formate da due corsie riservate
contigue nei seguenti casi:
a)
sulle strade pedonali, qualora l'intensità del traffico ciclistico
in rapporto a quello pedonale ne richieda la realizzazione; in tale caso
si tratta di corsie di opposto senso di marcia ubicate in genere al centro
della strada;
b)
sulla carreggiata stradale, qualora l'intensità del traffico ciclistico
ne richieda la realizzazione; in tale caso si tratta di corsie ciclabili
nello stesso senso di marcia ubicate sempre in destra rispetto alla contigua
corsia destinata ai veicoli a motore. Tale soluzione è obbligatoria
quando sussistono condizioni di particolare intensità del traffico
ciclistico ed il suo flusso risulti superiore a 1.200 unità/ora,
per almeno due periodi di punta non inferiori a quindici minuti nell'arco
delle ventiquattro ore.
4.
Salvo casi particolari, per i quali occorre fornire specifica dimostrazione
di validità tecnica della loro adozione ai fini della sicurezza
stradale, specialmente con riferimento alla conflittualità su aree
di intersezione, non è consentita la realizzazione di piste ciclabili
a doppio senso di marcia con corsie ubicate entrambe sullo stesso lato
della piattaforma stradale.
5.
In area urbana la circolazione ciclistica va indirizzata prevalentemente
su strade locali e, laddove sia previsto che si svolga con una consistente
intensità su strade della rete principale, la stessa va adeguatamente
protetta attraverso la realizzazione di piste ciclabili.
6.
In generale e con riferimento specifico alla tipologia delle strade
indicata nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è da osservare
che:
a)
sulle autostrade, extraurbane ed urbane, e sulle strade extraurbane principali,
la circolazione ciclistica è vietata, ai sensi dell'articolo 175
del suddetto decreto legislativo, e da indirizzare sulle relative strade
di servizio;
b)
sulle strade extraurbane secondarie e sulle strade urbane di scorrimento
le piste ciclabili - ove occorrano - devono essere realizzate in sede propria,
salvo i casi nei quali i relativi percorsi protetti siano attuati sui marciapiedi;
c)
sulle strade urbane di quartiere e sulle strade locali extraurbane, le
piste ciclabili possono essere realizzate oltre che in sede propria, anche
su corsie riservate;
d)
sulle strade locali urbane, le piste ciclabili - ove occorrano - devono
essere sempre realizzate su corsie riservate.
Art. 7.
Larghezza delle
corsie e degli spartitraffico
1.
Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei velocipedi, nonché
dello spazio per l'equilibrio e di un opportuno franco laterale libero
da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce
di margine, è pari ad 1,50 m; tale larghezza è riducibile
ad 1,25 m nel caso in cui si tratti di due corsie contigue, dello stesso
od opposto senso di marcia, per una larghezza complessiva minima pari a
2,50 m.
2.
Per le piste ciclabili in sede propria e per quelle su corsie riservate,
la larghezza della corsia ciclabile può essere eccezionalmente ridotta
fino ad 1,00 m, sempreché questo valore venga protratto per una
limitata lunghezza dell'itinerario ciclabile e tale circostanza sia opportunamente
segnalata.
3.
Le larghezze di cui ai commi precedenti rappresentano i minimi inderogabili
per le piste sulle quali è prevista la circolazione solo di velocipedi
a due ruote. Per le piste sulle quali è ammessa la circolazione
di velocipedi a tre o più ruote, le suddette dimensioni devono essere
opportunamente adeguate tenendo conto dei limiti dimensionali dei velocipedi
fissati dall'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
4.
La larghezza dello spartitraffico fisicamente invalicabile che separa
la pista ciclabile in sede propria dalla carreggiata destinata ai veicoli
a motore, non deve essere inferiore a 0,50 m.
Art. 8.
Velocità
di progetto e caratteristiche plano-altimetriche
1.
La velocità di progetto, a cui correlare in particolare le distanze
di arresto e quindi le lunghezze di visuale libera, deve essere definita
per ciascun tronco delle piste ciclabili, tenuto conto che i ciclisti in
pianura procedono in genere ad una velocità di 20-25 km/h e che
in discesa con pendenza del 5% possono raggiungere velocità anche
superiori a 40 km/h.
2.
Nella valutazione delle distanze di arresto si deve tenere conto di
un tempo di percezione e decisione variabile tra un minimo, pari ad un
secondo, per le situazioni urbane, ed un massimo di 2,5 secondi per le
situazioni extraurbane, nonché di un coefficiente di aderenza longitudinale
da relazionare al tipo di pavimentazione adottata e, comunque, non superiore
a 0,35.
3.
Nel caso di realizzazione di piste ciclabili in sede propria, indipendenti
dalle sedi viarie destinate ad altri tipi di utenza stradale, la pendenza
longitudinale delle singole livellette non può generalmente superare
il 5%, fatta eccezione per le rampe degli attraversamenti ciclabili a livelli
sfalsati, per i quali può adottarsi una pendenza massima fino al
10%. Ai fini dell'ampia fruibilità delle piste ciclabili da parte
della relativa utenza, la pendenza longitudinale media delle piste medesime,
valutata su basi chilometriche, non deve superare il 2% salvo deroghe documentate
da parte del progettista e purché sia in ogni caso garantita la
piena fruibilità da parte dell'utenza prevista.
4.
I valori di pendenza longitudinale massima (media e puntuale) esposti
al comma 3 devono essere utilizzati anche come riferimento sostanziale
per l'individuazione dei percorsi di piste ciclabili da realizzare su strade
destinate prevalentemente al traffico veicolare o in adiacenza alle stesse,
in concomitanza ai criteri progettuali esposti all'articolo 6, comma 6.
5.
I raggi di curvatura orizzontale lungo il tracciato delle piste ciclabili
devono essere commisurati alla velocità di progetto prevista e,
in genere, devono risultare superiori a 5,00 m (misurati dal ciglio interno
della pista); eccezionalmente, in aree di intersezione ed in punti particolarmente
vincolati, detti raggi di curvatura possono essere ridotti a 3,00 m, purché
venga rispettata la distanza di visuale libera e la curva venga opportunamente
segnalata, specialmente nel caso e nel senso di marcia rispetto al quale
essa risulti preceduta da una livelletta in discesa.
6.
Il sovralzo in curva deve essere commisurato alla velocità di
progetto ed al raggio di curvatura adottato, tenuto conto sia di un adeguato
coefficiente di aderenza trasversale, sia del fatto che per il corretto
drenaggio delle acque superficiali è sufficiente una pendenza trasversale
pari al 2%, con riferimento a pavimentazioni stradali con strato di usura
in conglomerato bituminoso.
7.
Ferme restando le limitazioni valide per tutti i veicoli, comprese
quelle inerenti a particolari zone di aree urbane (ad esempio zone con
limite di velocità di 30 km/h), specifiche limitazioni di velocità,
per singoli tronchi di piste ciclabili, dovranno essere adottate in tutti
quei casi in cui le caratteristiche plano-altimetriche del tracciato possono
indurre situazioni di pericolo per i ciclisti, specialmente se sia risultato
impossibile rispettare i criteri e gli standards progettuali precedentemente
indicati (per strettoie, curve a raggio minimo precedute da livellette
in discesa, ecc.).
Art. 9.
Attraversamenti
ciclabili
1.
Gli attraversamenti delle carreggiate stradali effettuati con piste
ciclabili devono essere realizzati con le stesse modalità degli
attraversamenti pedonali, tenendo conto di comportamenti dell'utenza analoghi
a quelli dei pedoni, e con i dovuti adattamenti richiesti dall'utenza ciclistica
(ad esempio per la larghezza delle eventuali isole rompitratta per attraversamenti
da effettuare in più tempi).
2.
Per gli attraversamenti a raso, in aree di intersezione ad uso promiscuo
con i veicoli a motore ed i pedoni, le piste ciclabili su corsia riservata
devono in genere affiancarsi al lato interno degli attraversamenti pedonali,
in modo tale da istituire per i ciclisti la circolazione a rotatoria con
senso unico antiorario sull'intersezione medesima.
3.
Per gli attraversamenti a livelli sfalsati riservati ai ciclisti (piste
ciclabili in sede propria) va in genere preferita la soluzione in sottopasso,
rispetto a quella in sovrappasso, assicurando che la pendenza longitudinale
massima delle rampe non superi il 10% e vengano realizzate, nel caso di
sovrappasso, barriere protettive laterali di altezza non inferiore ad 1,50
m.
Art. 10.
Segnaletica
stradale
1.
Ferma restando l'applicazione delle disposizioni relative alla segnaletica
stradale previste dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e dal
decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive
modificazioni, le piste ciclabili devono essere provviste della specifica
segnaletica verticale di cui ai commi 9 e 10 dell'articolo 122 del suddetto
decreto del Presidente della Repubblica all'inizio ed alla fine del loro
percorso, dopo ogni interruzione e dopo ogni intersezione.
2.
Le piste ciclabili devono essere provviste di appositi simboli e scritte
orizzontali che ne distinguano l'uso specialistico, anche se la pavimentazione
delle stesse è contraddistinta nel colore da quella delle contigue
parti di sede stradale destinate ai veicoli a motore ed ai pedoni. Analogamente
deve essere segnalato, con apposite frecce direzionali sulla pavimentazione,
ogni cambio di direzione della pista.
Art. 11.
Aree di parcheggio
1.
Ogni progetto di pista ciclabile deve essere corredato dall'individuazione
dei luoghi e delle opere ed attrezzature necessarie a soddisfare la domanda
di sosta per i velocipedi ed eventuali altre esigenze legate allo sviluppo
della mobilità ciclistica, senza che si abbiano intralci alla circolazione
stradale, specialmente dei pedoni. L'individuazione in questione si riferisce,
in particolare, sia ai poli attrattori di traffico sia ai nodi di interscambio
modale.
2.
Nei nuovi parcheggi per autovetture ubicati in contiguità alle
piste ciclabili, debbono essere previste superfici adeguate da destinare
alla sosta dei velocipedi.
Art. 12.
Superfici ciclabili
1.
Sulle piste ciclabili deve essere curata al massimo la regolarità
delle superfici per garantire condizioni di agevole transito ai ciclisti,
specialmente con riferimento alle pavimentazioni realizzate con elementi
autobloccanti.
2.
Sulle piste ciclabili non è consentita la presenza di griglie
di raccolta delle acque con elementi principali paralleli all'asse delle
piste stesse, né con elementi trasversali tali da determinare difficoltà
di transito ai ciclisti.
Capo
III
Disposizioni
transitorie
Art. 13.
Ambito di applicazione
1.
Le norme di cui al presente regolamento non si applicano per le opere
il cui progetto definitivo sia approvato entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente regolamento.Il presente decreto, munito
del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque
spetti di osservarlo e di farlo osservare.
N O
T E:
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato
e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione
delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con
D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura
delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio.
Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- Il testo dell'art. 7 della
legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante: "Norme per il finanziamento della
mobilita' ciclistica" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 ottobre
1998, n. 248, e' il seguente:
"Art. 7. - 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, con decreto del Ministro dei lavori pubblici,
di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, e' emanato
un regolamento con il quale sono definite le caratteristiche tecniche delle
piste ciclabili".
- Il testo dell'art. 17, commi
3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante: "Disciplina dell'attivita'
di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri",
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 novembre 1988, n. 214, e' il
seguente:
"3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate
al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali
regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di
apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi
debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima
della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali
ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento
, sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto
ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale".
- Per l'argomento del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, vedasi nelle note all'art. 3.
- Per l'argomento del decreto
del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, vedasi nelle
note all'art. 4.
Note all'art. 3:
- Il testo dell'art. 36 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante: "Nuovo codice della
strada", pubblicato nel supplemento ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale
del 18 maggio 1992, e' il seguente:
"Art. 36 (Piani urbani del traffico e piani del traffico
per la viabilita' extraurbana). - 1. Ai comuni, con popolazione residente
superiore a trentamila abitanti, e' fatto obbligo dell'adozione del piano
urbano del traffico.
2. All'obbligo di cui al comma 1 sono tenuti ad adempiere
i comuni con popolazione residente inferiore a trentamila abitanti i quali
registrino, anche in periodi dell'anno, una particolare affluenza turistica,
risultino interessati da elevati fenomeni di pendolarismo o siano, comunque,
impegnati per altre particolari ragioni alla soluzione di rilevanti problematiche
derivanti da congestione della circolazione stradale. L'elenco dei comuni
interessati viene predisposto dalla regione e pubblicato, a cura del Ministero
dei lavori pubblici, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
3. Le province provvedono all'adozione di piani del traffico
per la viabilita' extraurbana d'intesa con gli altri enti proprietari delle
strade interessate. La legge regionale puo' provvedere, ai sensi dell'art.
19 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che alla redazione del piano urbano
del traffico delle aree, indicate all'art. 142, che alla redazione del
piano urbano del traffico delle aree, indicate all'art. 17 della stessa,
provvedano gli organi della citta' metropolitana.
4. I piani di traffico sono finalizzati ad ottenere il
miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale,
la riduzione, degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio
energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani
di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorita'
e i tempi di attuazione degli interventi. Il piano urbano del traffico
prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici, su base informatica
di regolamentazione e controllo del traffico, nonche' di verifica del rallentamento
della velocita' e di dissuasione della sosta, al fine anche di consentire
modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendano necessarie
in relazione agli obiettivi da perseguire.
5. Il piano urbano del traffico viene aggiornato ogni
due anni. Il sindaco o il sindaco metropolitano, ove ricorrano le condizioni
di cui al comma 3, sono tenuti a darne comunicazione al Ministero dei lavori
pubblici per l'inserimento nel sistema informativo previsto dall'art. 226,
comma 2. Allo stesso adempimento e' tenuto il presidente della provincia
quando sia data attuazione alla disposizione di cui al comma 3.
6. La redazione dei piani di traffico deve essere predisposta
nel rispetto delle direttive emanate dal Ministro dei lavori pubblici di
concerto con il Ministro dell'ambiente e il Ministro per i problemi delle
aree urbane, sulla base delle indicazioni formulate dal Comitato interministeriale
per la programmazione economica nel trasporto. Il piano urbano del traffico
viene adeguato agli obiettivi generali della programmazione economico-sociale
e territoriale fissati dalla regione ai sensi dell'art. 3, comma 4, della
legge 8 giugno 1990, n. 142.
7. Per il perseguimento dei fini di cui ai commi 1 e
2 e anche per consentire la integrata attuazione di quanto-previsto dal
comma 3, le autorita' indicate dall'art. 27, comma 3, della legge 8 giugno
1990, n. 142, convocano una conferenza tra i rappresentanti delle amministrazioni,
anche statali, interessate.
8. E' istituito, presso il Ministero dei lavori pubblici,
l'albo degli esperti in materia di piani di traffico, formato mediante
concorsi biennali per titoli. Il bando di concorso e' approvato con decreto
del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'universita'
e della ricerca scientifica e tecnologica.
9. A partire dalla data di formazione dell'albo degli
esperti di cui al comma 8 e' fatto obbligo di conferire l'incarico della
redazione dei piani di traffico, oltre che a tecnici specializzati appartenenti
al proprio ufficio tecnico del traffico, agli esperti specializzati inclusi
nell'albo stesso.
10. I comuni e gli enti inadempienti sono invitati su
segnalazione del prefetto dal Ministero dei lavori pubblici a provvedere,
entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede alla
esecuzione d'ufficio del piano ed alla sua realizzazione".
- Il decreto interministeriale recante: "Direttive per
la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani di traffico (art.
36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo codice della strada)"
e' stato pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del
24 giugno 1995, n. 146.
Note all'art. 4:
- Per la figura n. 92/b si
veda negli allegati al Titolo II del decreto del Presidente della Repubblica
16 dicembre 1992, n. 495, recante: "Regolamento di esecuzione e di attuazione
del Nuovo codice della strada", pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 1992, n. 303.
- Per le direttive ministeriali
24 giugno 1995 si veda nelle note all'art. 3.
Note all'art. 6:
- Il testo dell'art. 175,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante: "Nuovo
codice della strada", pubblicato nel supplemento ordinario n. 114 alla
Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1992, e' il seguente:
"2. E' vietata la circolazione dei seguenti veicoli sulle
autostrade e sulle strade di cui al comma 1:
a) velocipedi, ciclomotori, motocicli di cilindrata inferiore
a 150 cc se a motore termico e motocarrozzette di cilindrata inferiore
a 250 cc se a motore termico;
b) altri motoveicoli di massa a vuoto fino a 400 kg o
di massa complessiva fino a 1300 kg;
c) veicoli non muniti di pneumatici;
d) macchine agricole e macchine operatrici;
e) veicoli con carico disordinato e non solidamente assicurato
o sporgendo oltre i limiti consentiti;
f) veicoli a tenuta non stagna e con carico scoperto,
se trasportano materie suscettibili di dispersione;
g) veicoli il cui carico o dimensioni superino i limiti
previsti dagli articoli 61 e 62, ad eccezione dei casi previsti dall'art.
10;
h) veicoli le cui condizioni di uso, equipaggiamento
e gommatura possono costituite pericolo per la circolazione;
i) veicoli con carico non opportunamente sistemato e
fissato".
Note all'art. 7:
- Il testo dell'art. 50 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, recante: "Nuovo codice della strada", pubblicato nel supplemento
ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1992, e' il seguente:
"Art. 50. - 1. I velocipedi sono i veicoli con due o
piu' ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo
di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano
sul veicolo.
2. I velocipedi non possono superare 1,30 m di larghezza,
3 m di lunghezza e 2,20 m di altezza".
Note all'art. 10:
- Il testo dell'art. 122,
commi 9 e 10, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992,
n. 495, recante: "Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo codice
della strada", pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
del 28 dicembre 1992, n. 303, cosi' come modificato dal decreto del Presidente
della Repubblica 16 settembre 1996, n. 610, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 1996, n. 284, e' il seguente:
"9. I segnali di circolazione riservata a determinate categorie
di utenti il cui simbolo e' in essi contenuto indicano che la strada o
parte di essa e' riservata alla sola categoria di utenti prevista mentre
e' vietata alle altre. Tali segnali sono:
a) il segnale percorso pedonale (fig. II.88) che deve
essere posto all'inizio di un viale, di un itinerario o di un percorso
riservato ai soli pedoni da impiegare solo quando non risulta evidente
la destinazione al transito pedonale;
b) il segnale pista ciclabile (fig. II.90) che deve essere
posto all'inizio di una pista, di una corsia o di un itinerario riservato
alla circolazione dei velocipedi. Deve essere ripetuto dopo ogni interruzione
o dopo le intersezioni;
c) il segnale pista ciclabile contigua al marciapiede
(fig. II.92/a) e percorso pedonale ciclabile (fig. II.92/b) che deve essere
posto all'inizio di un percorso riservato ai pedoni e alla circolazione
dei velocipedi e deve essere ripetuto dopo ogni interruzione o dopo le
intersezioni;
d) il segnale percorso riservato ai quadrupedi da soma
o da sella (fig. II.94) che deve essere posto all'inizio di una pista o
di un passaggio particolare.
10. La fine dell'obbligo dei segnali di cui al comma
9 deve essere indicata con analogo segnale barrato obliquamente da una
fascia rossa (figure II.89, II.91 - II.93/a - II.93/b - II.95". |
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