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Cedimento verticale di un
pilastro |
La traslazione verticale di un pilastro di una struttura intelaiata in
calcestruzzo armato produce nella tompagnatura lesioni dello stesso tipo
di quelle che si verificano nelle murature convergenti verso l’elemento
verticale.
Naturalmente il quadro fessurativo ha le stesse caratteristiche per
tutti i parametri che convergono verso il pilastro, anche se essi sono
in diversi piani verticali. Nelle travi in c.a. si creano lesioni verticali;
all’intradosso, nelle vicinanze del pilastro che cede, con ampiezze
decrescenti con l’altezza ed all’intradosso, in prossimità degli
elementi verticali che restano fermi, con larghezza crescente verso l’alto.
Le opere in conglomerato cementizio armato presentano, a volte, quadri
fessurativi diffusi solo nei paramenti di tamponature, che assumono aspetti
geometrici che possono disorientare l’osservatore non molto attento e spingerlo
verso diagnosi non esatte.
Alcune fessurazioni derivano dalla diversa deformabilità dei
vari elementi a contatto, per cui la ripetizione di spostamenti relativi,
dovuti alle variazioni delle condizioni di carico o delle escursioni termiche
giornaliere e stagionali, comporta per il fenomeno di fatica la rottura
del materiale di collegamento più fragile, quale tinteggio ed intonaco.
Nei tramezzi disposti su elementi a sbalzo molto deformabili, si verificano
lesioni inclinate di 45° rispetto alla verticale, ed ubicate in corrispondenza
della sezione che, trattenuta dalle strutture in conglomerato, è
immobile nel tempo. A volte, però, queste lesioni assumono aspetto
verticale sia per la rotazione prodotta dalla variabilità dell’abbassamento
dei punti della mensola, nullo sul vincolo e massimo all’estremo libero,
sia per il contrasto prodotto dalla presenza di infissi a forma molto rigida
o dalle stesse strutture portanti.
La deformabilità notevole dei solai o delle travi, particolarmente
quella a spessore, produce quadri fessurativi che assumono aspetti diversi
al variare del rapporto tra la lunhezza e l’altezza.
Quando l’elemento ha una notevole luce, in riferimento all’altezza,
il quadro fessurativo è analogo a quello descritto per cedimento
della parte centrale del terreno di appoggio di una muratura.
Sorgono, cioè, lesioni con linee fessurative inclinate di 45°
rispetto alle verticali ed aventi le normali dirette verso la sezione di
mezzeria dell’elemento orizzontale, la quale presenta il massimo spostamento
verticale. Le aperture, generalmente, hanno forma di scalini con
pedate ed alzate, pari, rispettivamente alle distanze tra due giunti
verticali ed orizzontali.
Ciò perché il dissesto tende ad interessare il materiale
meno resistente, che in questo caso è la malta. A volte si crea
anche il collegamento orizzontale tra le due lesioni inclinate, ed il quadro
fessurativo assume il tipico aspetto parabolico.
Questo fenomeno è generalmente prodotto dalla concentrazione
di carichi dovuta per esempio alla presenza di tavolati paralleli ai travetti
del solaio quando mancano elementi di ripartizione trasversale, quale armatura
o travetto rompitratta.
Se il pannello è vincolato a strutture verticali fisse la cui
distanza relativa è uguale o inferiore all’altezza del tavolato,
lo stesso fenomeno produce quadri fessurativi costituiti da sole aperture
orizzontali.
Queste ultime, spesso ubicate solamente in corrispondenza delle sezioni
di separazione dei due diversi elementi strutturali, presentano ampiezze
variabili con il massimo nella mezzeria della campata ed il minimo nelle
sezioni terminali, in corrispondenza delle quali gli spostamenti relativi
per l’azione dei vincoli, sono molto piccoli o nulli.
La diversa forma del quadro fessurativo è dovuta alla indeformabilità
del pannello murario, che viene sostenuto nella sua posizione iniziale
dalle azioni che si trasmettono attraverso le sezioni di collegamento alle
strutture portanti, ed al contrasto con elementi indeformabili che fanno
comportare il tavolato come un corpo rigido.
La deformabilità delle strutture portanti orizzontali produce
spesso anche la rottura dei tramezzi per schiacciamento dei materiali;
il fenomeno può assumere forme geometriche diverse, in funzione
della data di osservazione del quadro fessurativo e della ampiezza dello
stato tensionale.
Lesioni orizzontali con espulsioni locali e multiple, del tinteggio e dell’intonaco
e della malta tra le pietre, tipiche dell’inizio del dissesto, e fratture
verticali multiple corrispondenti a sollecitazioni più elevate.
Questo quadro fessurativo è prodotto dalle deformazioni, di
tipo lento o viscoso, degli elementi orizzontali in conglomerato cementizio
dovute all’azione continua dei carichi fissi; il fenomeno si verifica però
solo quando vengono costruiti prima i tramezzi al di sotto delle strutture
portanti e successivamente quelli superiori, o quando i tramezzi sono sigillati
prima che si sia sviluppata la maggior parte degli spostamenti verticali
dell’elemento orizzontale. In questo caso per effetto delle deformazioni
la struttura portante si appoggia
sul tramezzo inferiore, che diventa un appoggio continuo, e il suo
modello statico coincide con quello della trave su mezzo elastico, per
cui si verifica un trasferimento dei carichi esterni al tavolato con l’insorgenza
di sforzi di compressione nel materiale costituente il
tramezzo. Il fenomeno può assumere, come in genere si verifica,
aspetti più ampi ai piani più bassi perché la trasmigrazione
dei carichi inizia dai piani più alti, ed aumenta di intensità
a mano a mano che si scende ai piani bassi, per il risentimento dei pesi
delle opere a quota più alta.
Altro quadro fessurativo prodotto da eccessiva velocità di realizzazione
e sigillatura dei tramezzi, si presenta con lesioni verticali ed orizzontali
nelle sezioni di collegamento dei pannelli murari con le strutture in conglomerato
cementizio. Esso è prodotto dal ritiro della malta che collega le
pietre.
Qualora si presenti un quadro fessurativo nelle strutture in c.a. (travi,
travetti di solaio, pilastri), si deve tenere sempre presente che la lesione
nel calcestruzzo si manifesta in genere per carenza di ferro o, comunque,
per danni all’armatura (ad esempio per ossidazio-
ne della stessa). In particolare, per carenza di ferro, si intende
che la sezione resistente della struttura non sia sufficientemente armata
per difetto di progettazione o di esecuzione, ovvero per l’insorgere di
carichi eccezionali.
Per eliminare i danni presenti e futuri in un edificio dissestato bisogna
intervenire sulle cause. Ciò è possibile solo dopo averle
comprese con certezza e, pertanto, solo dopo un'attenta analisi. La diagnosi
successiva genererà la fase progettuale e il tutto non può
costituire un processo frettoloso e superficiale. Ciò vale soprattutto
negli edifici in cemento armato dove gli elementi strutturali hanno una
forma esterna, ma una rigidezza ed una resistenza non uniforme internamente.
In questo ha un ruolo il tipo di calcestruzzo utilizzato, la quantità
di ferro ed anche il modo in cui è stata realizzata l'opera. Dunque
è necessaria una maggiore cautela ed uno studio più approfondito:
non sempre sono di aiuto i disegni esecutivi perchè molto spesso
non corrispondono fedelmente a ciò che è stato poi effettivamente
costruito.
Il consolidamento sarà valido e realizzato tecnicamente solo
se il problema viene affrontato alla radice eliminando o contrastando le
cause perturbatrici. Qualora si agisca solo sulle lesioni e sulle fratture,
saranno sistemati per un pò di tempo gli effetti ma il malanno che
li aveva generati rimarrà ancora in piena attività.
Un tecnico esperto e preparato non farà mai solo interventi
di cosmesi esterna: egli realizzerà le opere indispensabili alla
vita della struttura. |
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