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Le avventure di Peter Pan
di James Matthew Barrie
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 Questo ci porta a un pomeriggio in cui i Giardini erano bianchi di neve, e c’era il ghiaccio sul Laghetto Rotondo, non abbastanza spesso da poterci pattinare sopra, ma almeno pronto da rompere con un lancio di pietre, cosa che molti bambini allegramente stavano facendo. Appena giunti, Tony e la sorella vollero andare direttamente al Laghetto, ma la loro bambinaia indiana disse che prima dovevano fare una bella passeggiata, e mentre lo diceva gettò uno guardo al cartello degli orari per vedere che ora chiudevano quella sera i Giardini. C’era scritto alle cinque e mezzo. Povera bambinaia! E' una di quelle che ridono sempre perché ci sono tanti bambini bianchi al mondo, ma non avrebbe riso tanto quel giorno!  

Bene, percorsero la Piccola Passeggiata avanti e indietro; quando ritornarono davanti al cartello dell’orario, la bambinaia fu sorpresa di vedere che adesso l’ora di chiusura era alle cinque. Lei non era al corrente degli astuti espedienti delle fate, e cosi non si accorse (come fecero invece subito Maimie e Tony) che le fate avevano cambiato l’ora perché quella sera ci sarebbe stato un ballo. La poverina disse che ora c’era solo il tempo di andare fino sulla cima della Gobba e ritorno, e mentre i bambini le trotterellavano al fianco, non poteva certo indovinare quello che agitava i loro piccoli petti. Quella era proprio l’occasione ideale per assistere a un ballo di fate. Tony sentì che non avrebbe mai potuto sperare in un’occasione migliore.  

E lo sentì perché Maimie cosi chiaramente lo sentì per lui. Gli occhi ansiosi di lei posero la domanda: ”E’ per oggi?”. Egli rimase senza fiato e fece cenno di si. Maimie lascio scivolare la sua mano in quella di Tony; la sua bruciava, quella di lui era gelata. Con grande gentilezza lei si tolse la sciarpa e gliela dette, dicendogli sottovoce, "nel caso avessi freddo”. La sua faccia era raggiante, quella di Tony molto cupa.  

Mentre tornavano indietro dalla cima della Gobba lui le bisbiglio, ho paura che la bambinaia mi veda, non sarà facile farlo.  

Maimie l’ammiro più che mai perché aveva paura solo della bambinaia, quando c’erano cosi tanti terrori sconosciuti da provare e disse ad alta voce,”Tony, facciamo una corsa fino al cancello?” e in un bisbiglio,”cosi puoi nasconderti”, e si misero a correre.  

Tony riusciva sempre a staccarla facilmente, ma lei non lo aveva mai visto correre alla velocità di quel giorno, ed era certa che corresse così per poter avere più tempo per nascondersi. ”Bravo, bravo!” gridavano i suoi occhi doloranti, ma ecco il tremendo shock. Il suo eroe, una volta arrivato al cancello, invece di nascondersi, era scappato fuori! A quello spettacolo penoso Maimie si fermò sbigottita, come se d’un tratto avesse perduto tutti i suoi tesori più cari, e non poté neanche piangere per lo sdegno, in un impeto di protesta contro tutti i codardi piagnucolosi, corse al Pozzo di San Govone e si nascose al posto di Tony. Quando la bambinaia arrivò al cancello e vide Tony lontano, pensò che l’altra sua sorvegliata fosse con lui e passò oltre. Il crepuscolo calo lentamente sui giardini e uscirono centinaia di persone, compresa l’ultima, l’eterna ritardataria, ma Maimie non vide nessuno. Aveva chiuso gli occhi con forza e lacrime accorate glieli tenevano incollati. Quando li aprì, qualche cosa di gelido le sali su per le gambe e le braccia e le cadde nel cuore. Fu l’immobilità dei Giardini. Poi senti un clang, poi da un’altra parte clang, ancora clang, e poi un clang lontano. Era la chiusura dei cancelli. Si era appena spenta l’eco dell’ultimo clang che Maimie udì distintamente una voce che diceva, ”cosi va bene”. Aveva un suono legnoso e sembrava venire dall’alto. La bambina fece appena in tempo a guardar su e vide un olmo che si sgranchiva le braccia e sbadigliava,  

Era sul punto di dire,”non avevo mai saputo che gli alberi parlassero”, quando una voce metallica che sembrava venire dal secchio del pozzo, disse all’olmo,”sarà freddino lassù” e l’olmo rispose, a non tanto, ma ci si intorpidisce a stare per tanto tempo su una gamba sola”. Poi aprì e chiuse con energia le braccia proprio come fanno i vetturini prima di avviar la carrozza. Maimie fu proprio sorpresa nel vedere che molti altri alberi facevano la stessa cosa, e si andò a nascondere nella piccola passeggiata. Si rannicchiò sotto un agrifoglio di Minorca che scrollo le spalle ma non sembrò accorgersi di lei.  

Maimie non aveva affatto freddo. Indossava un cappottino rossiccio e aveva il cappuccio che le lasciava scoperto soltanto il visino grazioso e i riccioli. Tutto il resto del suo corpicino era nascosto in fondo in fondo a cosi tanti indumenti caldi che aveva piuttosto l’aspetto di una palla. Il suo giro di vita arrivava forse a un metro.  

C’era un gran movimento lungo la Piccola Passeggiata dove Maimie arrivò in tempo per vedere una magnolia e un albero dei rosari attraversare il recinto e incamminarsi per una bella passeggiata. Si muovevano senza dubbio un po’ come a scatti, ma era perché usavano le grucce. Un sambuco attraversa zoppicando la passeggiata e si fermò a chiacchierare con alcuni giovani cotogni, e tutti avevano le loro grucce. Le grucce erano i bastoni che sono legati agli alberi giovani e agli arbusti. Erano oggetti familiari agli occhi di Maimie ma fino a quella notte non aveva mai saputo a cosa servissero.  

Gettò un’occhiata furtiva alla passeggiata e vide la prima fata. Era una fata-monello che correva lungo la passeggiata, per chiudere i salici piangenti. Faceva in questo modo: schiacciava una molla nei tronchi ed essi si chiudevano come ombrelli ricoprendo di neve le piccole piante che erano li sotto. «Oh, impertinente di un ragazzaccio!” grido Maimie indignata, perché sapeva che cosa vuol dire sentirsi sgocciolare sulle orecchie un ombrello.