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Legge 3 ottobre 2001, n. 366
(Pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 234 dell'8 ottobre 2001)
"Delega al Governo per la riforma del diritto societario"
____________________
Art. 1.
(Delega)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro
un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più
decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle
società di capitali e cooperative, la disciplina degli illeciti
penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, nonché
nuove norme sulla procedura per la definizione dei procedimenti nelle materie
di cui all’articolo 12.
2. La riforma, nel rispetto ed in coerenza con la
normativa comunitaria e in conformità ai princìpi e ai criteri
direttivi previsti dalla presente legge, realizzerà il necessario
coordinamento con le altre disposizioni vigenti, ivi comprese quelle in
tema di crisi dell’impresa, novellando, ove possibile, le disposizioni
del codice civile.
3. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono
adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive.
4. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi
al Parlamento, perchè sia espresso il parere entro il termine di
sessanta giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine i decreti
sono emanati, anche in mancanza del parere. Qualora detto termine venga
a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto
dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata
di novanta giorni.
5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore
di ciascuno dei decreti legislativi, il Governo può emanare disposizioni
correttive e integrative nel rispetto dei princìpi e dei criteri
direttivi di cui alla presente legge e con la procedura di cui al comma
4.
Art. 2.
(Princìpi generali in materia
di società di capitali)
1. La riforma del sistema delle società di
capitali di cui ai capi V, VI, VII, VIII e IX del titolo V del libro V
del codice civile e alla normativa connessa, è ispirata ai seguenti
princìpi generali:
a) perseguire l’obiettivo
prioritario di favorire la nascita, la crescita e la competitività
delle imprese, anche attraverso il loro accesso ai mercati interni e internazionali
dei capitali;
b) valorizzare il carattere
imprenditoriale delle società e definire con chiarezza e precisione
i compiti e le responsabilità degli organi sociali;
c) semplificare la disciplina
delle società, tenendo conto delle esigenze delle imprese e del
mercato concorrenziale;
d) ampliare gli ambiti dell’autonomia
statutaria, tenendo conto delle esigenze di tutela dei diversi interessi
coinvolti;
e) adeguare la disciplina
dei modelli societari alle esigenze delle imprese, anche in considerazione
della composizione sociale e delle modalità di finanziamento, escludendo
comunque l’introduzione di vincoli automatici in ordine all’adozione di
uno specifico modello societario;
f) nel rispetto dei princìpi
di libertà di iniziativa economica e di libera scelta delle forme
organizzative dell’impresa, prevedere due modelli societari riferiti l’uno
alla società a responsabilità limitata e l’altro alla società
per azioni, ivi compresa la variante della società in accomandita
per azioni, alla quale saranno applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni
in materia di società per azioni;
g) disciplinare forme partecipative
di società in differenti tipi associativi, tenendo conto delle esigenze
di tutela dei soci, dei creditori sociali e dei terzi;
h) disciplinare i gruppi
di società secondo princìpi di trasparenza e di contemperamento
degli interessi coinvolti.
Art. 3.
(Società a responsabilità limitata)
1. La riforma della disciplina della società
a responsabilità limitata è ispirata ai seguenti princìpi
generali:
a) prevedere un autonomo
ed organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio
della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci;
b) prevedere un’ampia autonomia
statutaria;
c) prevedere la libertà
di forme organizzative, nel rispetto del principio di certezza nei rapporti
con i terzi.
2. In particolare, la riforma è ispirata ai
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) semplificare il procedimento
di costituzione, confermando in materia di omologazione i princìpi
di cui all’articolo 32 della legge 24 novembre 2000, n. 340, nonché
eliminando gli adempimenti non necessari, nel rispetto del principio di
certezza nei rapporti con i terzi e di tutela dei creditori sociali precisando
altresì le modalità del controllo notarile in relazione alle
modifiche dell’atto costitutivo;
b) individuare le indicazioni
obbligatorie dell’atto costitutivo e determinare la misura minima del capitale
in coerenza con la funzione economica del modello;
c) dettare una disciplina
dei conferimenti tale da consentire l’acquisizione di ogni elemento utile
per il proficuo svolgimento dell’impresa sociale, a condizione che sia
garantita l’effettiva formazione del capitale sociale; consentire ai soci
di regolare l’incidenza delle rispettive partecipazioni sociali sulla base
di scelte contrattuali;
d) semplificare le procedure
di valutazione dei conferimenti in natura nel rispetto del principio di
certezza del valore a tutela dei terzi;
e) riconoscere ampia autonomia
statutaria riguardo alle strutture organizzative, ai procedimenti decisionali
della società e agli strumenti di tutela degli interessi dei soci,
con particolare riferimento alle azioni di responsabilità;
f) ampliare l’autonomia
statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento
della partecipazione sociale, nonché del recesso, salvaguardando
in ogni caso il principio di tutela dell’integrità del capitale
sociale e gli interessi dei creditori sociali; prevedere, comunque, la
nullità delle clausole di intrasferibilità non collegate
alla possibilità di esercizio del recesso;
g) disciplinare condizioni
e limiti per l’emissione e il collocamento di titoli di debito presso operatori
qualificati, prevedendo il divieto di appello diretto al pubblico risparmio,
restando esclusa in ogni caso la sollecitazione all’investimento in quote
di capitale;
h) stabilire i limiti oltre
i quali è obbligatorio un controllo legale dei conti;
i) prevedere norme inderogabili
in materia di formazione e conservazione del capitale sociale, nonché
in materia di liquidazione che siano idonee a tutelare i creditori sociali
consentendo, nel contempo, una semplificazione delle procedure.
Art. 4.
(Società per azioni)
1. La disciplina della società per azioni
è modellata sui princìpi della rilevanza centrale dell’azione,
della circolazione della partecipazione sociale e della possibilità
di ricorso al mercato del capitale di rischio. Essa, garantendo comunque
un equilibrio nella tutela degli interessi dei soci, dei creditori, degli
investitori, dei risparmiatori e dei terzi, prevederà un modello
di base unitario e le ipotesi nelle quali le società saranno soggette
a regole caratterizzate da un maggiore grado di imperatività in
considerazione del ricorso al mercato del capitale di rischio.
2. Per i fini di cui al comma 1 si prevederà:
a) un ampliamento dell’autonomia
statutaria, individuando peraltro limiti e condizioni in presenza dei quali
sono applicabili a società che fanno ricorso al mercato del capitale
di rischio norme inderogabili dirette almeno a:
1) distinguere il controllo sull’amministrazione dal controllo contabile
affidato ad un revisore esterno;
2)
consentire l’azione sociale di responsabilità da parte di una minoranza
dei soci, rappresentativa di una quota congrua del capitale sociale idonea
al fine di evitare l’insorgenza di una eccessiva conflittualità
tra i soci;
3) fissare congrui quorum per le assemblee straordinarie a tutela della
minoranza;
4) prevedere la denunzia al tribunale, da parte dei sindaci o, nei casi
di cui al comma 8, lettera d), numeri 2) e 3), dei componenti di altro
organo di controllo, di gravi irregolarità nell’adempimento dei
doveri degli amministratori;
b) un assetto organizzativo
idoneo a promuovere l’efficienza e la correttezza della gestione dell’impresa
sociale;
c) la determinazione dei
limiti, dell’oggetto e dei tempi del giudizio di omologazione, confermando
i princìpi di cui all’articolo 32 della legge 24 novembre 2000,
n. 340;
d) che nell’atto costitutivo
non sia richiesta l’indicazione della durata della società;
e) che sia consentita la
costituzione della società da parte di un unico socio, prevedendo
adeguate garanzie per i creditori.
3. In particolare, riguardo alla disciplina della
costituzione, la riforma è diretta a:
a) semplificare il procedimento
di costituzione, nel rispetto del principio di certezza e di tutela dei
terzi, indicando il contenuto minimo obbligatorio dell’atto costitutivo;
b) limitare la rilevanza
dei vizi della fase costitutiva.
4. Riguardo alla disciplina del capitale, la riforma
è diretta a:
a) aumentare la misura del
capitale minimo in coerenza con le caratteristiche del modello;
b) consentire che la società
costituisca patrimoni dedicati ad uno specifico affare, determinandone
condizioni, limiti e modalità di rendicontazione, con la possibilità
di emettere strumenti finanziari di partecipazione ad esso; prevedere adeguate
forme di pubblicità; disciplinare il regime di responsabilità
per le obbligazioni riguardanti detti patrimoni e la relativa insolvenza.
5. Riguardo alla disciplina dei conferimenti, la
riforma è diretta a:
a) dettare una disciplina
dei conferimenti tale da consentire l’acquisizione di ogni elemento utile
per il proficuo svolgimento dell’impresa sociale, a condizione che sia
garantita l’effettiva formazione del capitale sociale; consentire ai soci
di regolare l’incidenza delle rispettive partecipazioni sociali sulla base
di scelte contrattuali;
b) semplificare le procedure
di valutazione dei conferimenti in natura, nel rispetto del principio di
certezza del valore a tutela dei terzi.
6. Riguardo alla disciplina delle azioni e delle
obbligazioni, la riforma è diretta a:
a) prevedere la possibilità
di emettere azioni senza indicazione del valore nominale, determinandone
la disciplina conseguente;
b) adeguare la disciplina
della emissione e della circolazione delle azioni alla legislazione speciale
e alle previsioni relative alla dematerializzazione degli strumenti finanziari;
c) prevedere, al fine di
agevolare il ricorso al mercato dei capitali e salve in ogni caso le riserve
di attività previste dalle leggi vigenti, la possibilità,
i limiti e le condizioni di emissione di strumenti finanziari non partecipativi
e partecipativi dotati di diversi diritti patrimoniali e amministrativi;
d) modificare la disciplina
relativa alla emissione di obbligazioni, attenuandone o rimuovendone i
limiti e consentendo all’autonomia statutaria di determinare l’organo competente
e le relative procedure deliberative.
7. Riguardo alla disciplina dell’assemblea e dei
patti parasociali, la riforma è diretta a:
a) semplificare, anche con
adeguato spazio all’autonomia statutaria, il procedimento assembleare anche
relativamente alle forme di pubblicità e di controllo, agli adempimenti
per la partecipazione, alle modalità di discussione e di voto;
b) disciplinare i vizi delle
deliberazioni in modo da contemperare le esigenze di tutela dei soci e
quelle di funzionalità e certezza dell’attività sociale,
individuando le ipotesi di invalidità, i soggetti legittimati alla
impugnativa e i termini per la sua proposizione, anche prevedendo possibilità
di modifica e integrazione delle deliberazioni assunte, e l’eventuale adozione
di strumenti di tutela diversi dalla invalidità;
c) prevedere una disciplina
dei patti parasociali, concernenti le società per azioni o le società
che le controllano, che ne limiti a cinque anni la durata temporale massima
e, per le società di cui al comma 2, lettera a), ne assicuri il
necessario grado di trasparenza attraverso forme adeguate di pubblicità;
d) determinare, anche con
adeguato spazio all’autonomia statutaria e salve le disposizioni di leggi
speciali, i quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea, in relazione
all’oggetto della deliberazione, in modo da bilanciare la tutela degli
azionisti e le esigenze di funzionamento dell’organo assembleare, lasciando
all’autonomia statutaria di stabilire il numero delle convocazioni.
8. Riguardo alla disciplina dell’amministrazione
e dei controlli sull’amministrazione, la riforma è diretta a:
a) attribuire all’autonomia
statutaria un adeguato spazio con riferimento all’articolazione interna
dell’organo amministrativo, al suo funzionamento, alla circolazione delle
informazioni tra i suoi componenti e gli organi e soggetti deputati al
controllo; precisare contenuti e limiti delle deleghe a singoli amministratori
o comitati esecutivi;
b) riconoscere, quando non
prevista da leggi speciali, la possibilità che gli statuti prevedano
particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza
per la nomina alla carica;
c) definire le competenze
dell’organo amministrativo con riferimento all’esclusiva responsabilità
di gestione dell’impresa sociale;
d) prevedere che le società
per azioni possano scegliere tra i seguenti modelli di amministrazione
e controllo:
1)
il sistema vigente che prevede un organo di amministrazione, formato da
uno o più componenti, e un collegio sindacale;
2)
un sistema che preveda la presenza di un consiglio di gestione e di un
consiglio di sorveglianza eletto dall’assemblea; al consiglio di sorveglianza
spettano competenze in materia di controllo sulla gestione sociale, di
approvazione del bilancio, di nomina e revoca dei consiglieri di gestione,
nonché di deliberazione ed esercizio dell’azione di responsabilità
nei confronti di questi;
3) un sistema che preveda la presenza di un consiglio di amministrazione,
all’interno del quale sia istituito un comitato preposto al controllo interno
sulla gestione, composto in maggioranza da amministratori non esecutivi
in possesso di requisiti di indipendenza, al quale devono essere assicurati
adeguati poteri di informazione e di ispezione. Nella definizione dei requisiti
di indipendenza, il Governo favorirà lo sviluppo di codici di comportamento
e di forme di autoregolazione;
e) prevedere che, in mancanza
di diversa scelta statutaria, si applichi la disciplina di cui alla lettera
d), numero 1);
f) prevedere che, con riferimento
alle fattispecie di cui alla lettera d), numeri 2) e 3), siano assicurate,
anche per le società che non si avvalgono della revisione contabile,
forme di controllo dei conti, avvalendosi di soggetti individuati secondo
i criteri di nomina previsti dalla normativa vigente per il collegio sindacale;
g) disciplinare i doveri
di fedeltà dei componenti dell’organo amministrativo, in particolare
con riferimento alle situazioni di conflitto di interesse e precisare che
essi sono tenuti ad agire in modo informato.
9. Riguardo alla disciplina delle modificazioni statutarie,
la riforma è diretta a:
a) semplificare le procedure
e i controlli, con facoltà per l’autonomia statutaria di demandare
alla competenza dell’organo amministrativo modifiche statutarie attinenti
alla struttura gestionale della società che non incidono sulle posizioni
soggettive dei soci;
b) rivedere la disciplina
dell’aumento di capitale, del diritto di opzione e del sovrapprezzo, prevedendo
comunque adeguati controlli interni sulla congruità del prezzo di
emissione delle azioni e consentendo, con la precisazione di limiti temporali,
la delega agli amministratori per escludere il diritto di opzione, opportunamente
differenziando la disciplina a seconda che la società abbia o meno
titoli negoziati nei mercati regolamentati;
c) semplificare la disciplina
della riduzione del capitale; eventualmente ampliare le ipotesi di riduzione
reale del capitale determinandone le condizioni al fine esclusivo della
tutela dei creditori;
d) rivedere la disciplina
del recesso, prevedendo che lo statuto possa introdurre ulteriori fattispecie
di recesso a tutela del socio dissenziente, anche per il caso di proroga
della durata della società; individuare in proposito criteri di
calcolo del valore di rimborso adeguati alla tutela del recedente, salvaguardando
in ogni caso l’integrità del capitale sociale e gli interessi dei
creditori sociali.
Art. 5.
(Società cooperative)
1. La riforma della disciplina delle società
cooperative di cui al titolo VI del libro V del codice civile e alla normativa
connessa è ispirata ai princìpi generali previsti dall’articolo
2, in quanto compatibili, nonché ai seguenti princìpi generali:
a) assicurare il perseguimento
della funzione sociale delle cooperative, nonché dello scopo mutualistico
da parte dei soci cooperatori;
b) definire la cooperazione
costituzionalmente riconosciuta, con riferimento alle società che,
in possesso dei requisiti richiamati dall’articolo 14 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, svolgono la propria attività
prevalentemente in favore dei soci o che comunque si avvalgono, nello svolgimento
della propria attività, prevalentemente delle prestazioni lavorative
dei soci, e renderla riconoscibile da parte dei terzi;
c) disciplinare la cooperazione
costituzionalmente riconosciuta, conformemente ai princìpi della
disciplina vigente, favorendo il perseguimento dello scopo mutualistico
e valorizzandone i relativi istituti;
d) favorire la partecipazione
dei soci cooperatori alle deliberazioni assembleari e rafforzare gli strumenti
di controllo interno sulla gestione;
e) riservare l’applicazione
delle disposizioni fiscali di carattere agevolativo alle società
cooperative costituzionalmente riconosciute;
f) disciplinare la figura
del gruppo cooperativo quale insieme formato da più società
cooperative, anche appartenenti a differenti categorie, con la previsione
che lo stesso, esercitando poteri ed emanando disposizioni vincolanti per
le cooperative che ne fanno parte, configuri una gestione unitaria;
g) prevedere che alle società
cooperative si applichino, in quanto compatibili con la disciplina loro
specificamente dedicata, le norme dettate rispettivamente per la società
per azioni e per la società a responsabilità limitata a seconda
delle caratteristiche dell’impresa cooperativa e della sua capacità
di coinvolgere un elevato numero di soggetti.
2. In particolare, la riforma delle società
cooperative diverse da quelle di cui al comma 1, lettera b), è ispirata
ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che le norme
dettate per le società per azioni si applichino, in quanto compatibili,
alle società cooperative a cui partecipano soci finanziatori o che
emettono obbligazioni. La disciplina dovrà assicurare ai soci finanziatori
adeguata tutela, sia sul piano patrimoniale sia su quello amministrativo,
nella salvaguardia degli scopi mutualistici perseguiti dai soci cooperatori.
In questa prospettiva disciplinare il diritto agli utili dei soci cooperatori
e dei soci finanziatori e i limiti alla distribuzione delle riserve, nonché
il ristorno a favore dei soci cooperatori, riservando i più ampi
spazi possibili all’autonomia statutaria;
b) prevedere, al fine di
incentivare il ricorso al mercato dei capitali, salve in ogni caso la specificità
dello scopo mutualistico e le riserve di attività previste dalle
leggi vigenti, la possibilità, i limiti e le condizioni di emissione
di strumenti finanziari, partecipativi e non partecipativi, dotati di diversi
diritti patrimoniali e amministrativi;
c) prevedere norme che favoriscano
l’apertura della compagine sociale e la partecipazione dei soci alle deliberazioni
assembleari, anche attraverso la valorizzazione delle assemblee separate
e un ampliamento della possibilità di delegare l’esercizio del diritto
di voto, sia pure nei limiti imposti dalla struttura della società
cooperativa e dallo scopo mutualistico;
d) prevedere che gli statuti
stabiliscano limiti al cumulo degli incarichi e alla rieleggibilità
per gli amministratori, consentendo che gli stessi possano essere anche
non soci;
e) consentire che la regola
generale del voto capitario possa subire deroghe in considerazione dell’interesse
mutualistico del socio cooperatore e della natura del socio finanziatore;
f) prevedere la possibilità
per le società cooperative di trasformarsi, con procedimenti semplificati,
in società lucrative, fermo il disposto di cui all’articolo 17 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente l’obbligo di devolvere il patrimonio
in essere alla data di trasformazione, dedotti il capitale versato e rivalutato,
ed i dividendi non ancora distribuiti, ai fondi mutualistici di cui all’articolo
11, comma 5, della legge 31 gennaio 1992, n. 59;
g) prevedere anche per le
cooperative il controllo giudiziario disciplinato dall’articolo 2409 del
codice civile, salvo quanto previsto dall’articolo 70, comma 7, del testo
unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo
1º settembre 1993, n. 385.
3. Sono esclusi dall’ambito di applicazione delle
disposizioni di cui al presente articolo i consorzi agrari, nonché
le banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della
cooperazione bancaria in genere, ai quali continuano ad applicarsi le norme
vigenti salva l’emanazione di norme di mero coordinamento che non incidano
su profili di carattere sostanziale della relativa disciplina.
Art. 6.
(Disciplina del bilancio)
1. La revisione della disciplina del bilancio è
ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) eliminare le interferenze
prodotte nel bilancio dalla normativa fiscale sul reddito di impresa anche
attraverso la modifica della relativa disciplina e stabilire le modalità
con le quali, nel rispetto del principio di competenza, occorre tenere
conto degli effetti della fiscalità differita;
b) prevedere una regolamentazione
delle poste del patrimonio netto che ne assicuri una chiara e precisa disciplina
in ordine alla loro formazione e al loro utilizzo;
c) dettare una specifica
disciplina in relazione al trattamento delle operazioni denominate in valuta,
degli strumenti finanziari derivati, dei pronti contro termine, delle operazioni
di locazione finanziaria e delle altre operazioni finanziarie;
d) prevedere le condizioni
in presenza delle quali le società, in considerazione della loro
vocazione internazionale e del carattere finanziario, possono utilizzare
per il bilancio consolidato princìpi contabili riconosciuti internazionalmente;
e) ampliare le ipotesi in
cui è ammesso il ricorso ad uno schema abbreviato di bilancio e
la redazione di un conto economico semplificato;
f) armonizzare con le innovazioni
di cui alle lettere precedenti la disciplina fiscale sul reddito di impresa
e fissare opportune disposizioni transitorie per il trattamento delle operazioni
in corso alla data di entrata in vigore di tali innovazioni.
Art. 7.
(Trasformazione, fusione, scissione)
1. La riforma della disciplina della trasformazione,
fusione e scissione è ispirata ai seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) semplificare e precisare
il procedimento, nel rispetto, per quanto concerne le società di
capitali, delle direttive comunitarie;
b) disciplinare possibilità,
condizioni e limiti delle trasformazioni e delle fusioni eterogenee;
c) disciplinare i criteri
di formazione del primo bilancio successivo alle operazioni di fusione
e di scissione;
d) prevedere che le fusioni
tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire
il controllo dell’altra, non comportano violazione del divieto di acquisto
e di sottoscrizione di azioni proprie, di cui, rispettivamente, agli articoli
2357 e 2357-quater del codice civile, e del divieto di accordare prestiti
e di fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie,
di cui all’articolo 2358 del codice civile;
e) introdurre disposizioni
dirette a semplificare e favorire la trasformazione delle società
di persone in società di capitali.
Art. 8.
(Scioglimento e liquidazione)
1. La riforma della disciplina dello scioglimento
e della liquidazione delle società di capitali e cooperative è
ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) accelerare e semplificare
le procedure, con particolare riguardo a quelle relative all’accertamento
delle cause di scioglimento e al procedimento di nomina giudiziale dei
liquidatori; disciplinare gli effetti della cancellazione della società
dal registro delle imprese, il regime della responsabilità per debiti
non soddisfatti, e delle sopravvenienze attive e passive;
b) disciplinare le condizioni,
i limiti e le modalità per la conservazione dell’eventuale valore
dell’impresa, anche prevedendo, nella salvaguardia degli interessi dei
soci, possibilità e procedure per la revoca dello stato di liquidazione;
disciplinare i poteri e i doveri degli amministratori e dei liquidatori
con particolare riguardo al compimento di nuove operazioni;
c) disciplinare la redazione
dei bilanci nella fase di liquidazione sulla base di criteri adeguati alle
loro specifiche finalità.
Art. 9.
(Cancellazione)
1. La riforma in materia di cancellazione è
ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) semplificare e precisare
il procedimento attraverso il quale è possibile, in presenza di
determinate e concorrenti circostanze, cancellare le società di
capitali dal registro delle imprese;
b) prevedere forme di pubblicità
della cancellazione dal registro delle imprese.
Art. 10.
(Gruppi)
1. La riforma in materia di gruppi è ispirata
ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere una disciplina
del gruppo secondo princìpi di trasparenza e tale da assicurare
che l’attività di direzione e di coordinamento contemperi adeguatamente
l’interesse del gruppo, delle società controllate e dei soci di
minoranza di queste ultime;
b) prevedere che le decisioni
conseguenti ad una valutazione dell’interesse del gruppo siano motivate;
c) prevedere forme di pubblicità
dell’appartenenza al gruppo;
d) individuare i casi nei
quali riconoscere adeguate forme di tutela al socio al momento dell’ingresso
e dell’uscita della società dal gruppo, ed eventualmente il diritto
di recesso quando non sussistono le condizioni per l’obbligo di offerta
pubblica di acquisto.
Art. 11.
(Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società
commerciali)
1. La riforma della disciplina penale delle società
commerciali e delle materie connesse è ispirata ai seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) prevedere i seguenti reati
e illeciti amministrativi:
1) falsità in bilancio, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni
sociali previste dalla legge, consistente nel fatto degli amministratori,
direttori generali, sindaci e liquidatori i quali, nei bilanci, nelle relazioni
o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge dirette ai soci
o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché
oggetto di valutazioni, idonei ad indurre in errore i destinatari sulla
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o
del gruppo al quale essa appartiene, con l’intenzione di ingannare i soci
o il pubblico, ovvero omettono con la stessa intenzione informazioni sulla
situazione medesima, la cui comunicazione è imposta dalla legge;
precisare che la condotta posta in essere deve essere rivolta a conseguire
per sé o per altri un ingiusto profitto; precisare altresì
che le informazioni false od omesse devono essere rilevanti e tali da alterare
sensibilmente la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale
o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene,
anche attraverso la previsione di soglie quantitative; estendere la punibilità
al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati
dalla società per conto di terzi; prevedere autonome figure di reato
a seconda che la condotta posta in essere abbia o non abbia cagionato un
danno patrimoniale ai soci o ai creditori, e di conseguenza: 1.1) quando
la condotta non abbia cagionato un danno patrimoniale ai soci o ai creditori
la pena dell’arresto fino a un anno e sei mesi; 1.2) quando la condotta
abbia cagionato un danno patrimoniale ai soci o ai creditori: 1.2.1) la
pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la procedibilità
a querela nel caso di società non soggette alle disposizioni della
parte IV, titolo III, capo II, del testo unico delle disposizioni in materia
di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58; 1.2.2) la pena della reclusione da uno a quattro anni e la
procedibilità d’ufficio nel caso di società soggette alle
disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del citato testo unico
di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58; regolare i rapporti
della fattispecie con i delitti tributari in materia di dichiarazione;
prevedere idonei parametri per i casi di valutazioni estimative;
2)
falso in prospetto, consistente nel fatto di chi, nei prospetti richiesti
ai fini della sollecitazione all’investimento o dell’ammissione alla quotazione
nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione
delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con la consapevolezza
della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto,
espone false informazioni idonee ad indurre in errore od occulta dati o
notizie con la medesima intenzione; precisare che la condotta posta in
essere deve essere rivolta a conseguire per sé o per altri un ingiusto
profitto; precisare che la condotta deve essere idonea a trarre in inganno
i destinatari del prospetto; prevedere sanzioni differenziate a seconda
che la condotta posta in essere abbia o non abbia cagionato un danno patrimoniale
ai destinatari e di conseguenza: 2.1) la pena dell’arresto fino ad un anno
quando la condotta non abbia cagionato un danno patrimoniale ai destinatari;
2.2) la pena della reclusione da uno a tre anni quando la condotta abbia
cagionato un danno patrimoniale ai destinatari;
3) falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società
di revisione, consistente nel fatto dei responsabili della revisione, i
quali, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza
della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni,
attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione
economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto
sottoposto a revisione; precisare che la condotta posta in essere deve
essere rivolta a conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto;
precisare che la condotta deve essere idonea a trarre in inganno i destinatari
sulla predetta situazione; prevedere sanzioni differenziate a seconda che
la condotta posta in essere abbia o non abbia cagionato un danno patrimoniale
ai destinatari e di conseguenza: 3.1) la pena dell’arresto fino ad un anno
quando la condotta non abbia cagionato un danno patrimoniale ai destinatari;
3.2) la pena della reclusione da un anno a quattro anni quando la condotta
abbia cagionato un danno patrimoniale ai destinatari;
4) impedito controllo, consistente nel fatto degli amministratori che impediscono
od ostacolano, mediante occultamento di documenti od altri idonei artifici,
lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente
attribuite ai soci, ad altri organi sociali ovvero alle società
di revisione; prevedere la sanzione amministrativa fino a lire venti milioni;
nell’ipotesi in cui ne derivi un danno ai soci prevedere la pena della
reclusione fino ad un anno e la procedibilità a querela;
5) omessa esecuzione di denunce, comunicazioni o depositi, consistente
nel fatto di chi, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni delle
quali è investito nell’ambito di una società o di un consorzio,
omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi
presso il registro delle imprese; prevedere la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire quattrocentomila a lire quattro milioni, aumentata di
un terzo nel caso di omesso deposito dei bilanci;
6) formazione fittizia del capitale, consistente nel fatto degli amministratori
e dei soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente
il capitale della società mediante attribuzione di azioni o quote
sociali per somma inferiore al loro valore nominale, sottoscrizione reciproca
di azioni o quote, rilevante sopravvalutazione dei conferimenti di beni
in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso
di trasformazione; prevedere la pena della reclusione fino ad un anno;
7) indebita restituzione dei conferimenti, consistente nel fatto degli
amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale
sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li
liberano dall’obbligo di eseguirli; prevedere la pena della reclusione
fino ad un anno;
8) illegale ripartizione degli utili e delle riserve, consistente nel fatto
degli amministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente
conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve,
anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite;
prevedere la pena dell’arresto fino ad un anno. La ricostituzione degli
utili o delle riserve prima del termine previsto per l’approvazione del
bilancio estingue il reato;
9) illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società
controllante, consistente nel fatto degli amministratori che acquistano
o sottoscrivono azioni o quote sociali o della società controllante,
cagionando una lesione all’integrità del capitale sociale e delle
riserve non distribuibili per legge; prevedere la pena della reclusione
fino ad un anno. Se il capitale sociale o le riserve sono ricostituiti
prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio
in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato
è estinto;
10) operazioni in pregiudizio dei creditori, consistente nel fatto degli
amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela
dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con
altra società o scissioni, cagionando danno ai creditori; prevedere
la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la procedibilità
a querela; prevedere che il risarcimento del danno ai creditori prima del
giudizio estingue il reato;
11) indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, consistente
nel fatto dei liquidatori, i quali, ripartendo beni sociali tra i soci
prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme
necessarie a soddisfarli, cagionano un danno ai creditori; prevedere la
pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la procedibilità
a querela; prevedere che il risarcimento del danno ai creditori prima del
giudizio estingue il reato;
12) infedeltà patrimoniale, consistente nel fatto degli amministratori,
direttori generali e liquidatori, i quali, in una situazione di conflitto
di interessi, compiendo o concorrendo a deliberare atti di disposizione
dei beni sociali al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto
profitto, ovvero altro vantaggio, intenzionalmente cagionano un danno patrimoniale
alla società; estendere la punibilità al caso in cui il fatto
sia commesso in relazione a beni posseduti od amministrati dalla società
per conto di terzi, cagionando a questi ultimi un danno patrimoniale; specificare
che non si considera ingiusto il profitto della società collegata
o del gruppo, se esso è compensato da vantaggi, anche se soltanto
ragionevolmente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza
al gruppo; prevedere la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e
la procedibilità a querela;
13) comportamento infedele, consistente nel fatto degli amministratori,
direttori generali, sindaci, liquidatori e responsabili della revisione,
i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono
od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio,
se ne deriva nocumento per la società; prevedere la pena della reclusione
fino a tre anni; estendere la punibilità a chi dà o promette
l’utilità; prevedere la procedibilità a querela;
14) indebita influenza sull’assemblea, consistente nel fatto di chi, con
atti simulati o con frode, determina la maggioranza in assemblea, allo
scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto; prevedere
la pena della reclusione da sei mesi a tre anni;
15) omessa convocazione dell’assemblea, consistente nel fatto degli amministratori
e dei sindaci, i quali omettono di convocare l’assemblea nei casi in cui
vi sono obbligati per legge o per statuto; determinare, qualora la legge
o lo statuto non prevedano uno specifico termine per la convocazione, il
momento nel quale l’illecito si realizza; prevedere la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni, aumentata di un terzo
se l’obbligo di convocazione consegue a perdite o ad una legittima richiesta
dei soci;
16) aggiotaggio, consistente nel fatto di chi diffonde notizie false ovvero
pone in essere operazioni simulate o altri artifici, concretamente idonei
a cagionare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari,
ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento del pubblico
nella stabilità patrimoniale di banche o gruppi bancari; prevedere
la pena della reclusione da uno a cinque anni;
b) armonizzare e coordinare
le ipotesi sanzionatorie riguardanti falsità nelle comunicazioni
alle autorità pubbliche di vigilanza, ostacolo allo svolgimento
delle relative funzioni e omesse comunicazioni alle autorità medesime
da parte di amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di
società, enti o soggetti sottoposti per legge alla vigilanza di
tali autorità, anche mediante la formulazione di fattispecie a carattere
generale; coordinare, altresì, le ipotesi sanzionatorie previste
dai numeri 6), 7), 8) e 9) della lettera a) con la nuova disciplina del
capitale sociale, delle riserve e delle azioni introdotta in attuazione
della presente legge, eventualmente estendendo le ipotesi stesse a condotte
omologhe che, in violazione di disposizioni di legge, ledano i predetti
beni;
c) abrogare la fattispecie
della divulgazione di notizie sociali riservate, prevista dall’articolo
2622 del codice civile, introducendo una circostanza aggravante del reato
di rivelazione di segreto professionale, previsto dall’articolo 622 del
codice penale, qualora il fatto sia commesso da amministratori, direttori
generali, sindaci o liquidatori o da chi svolge la revisione contabile
della società; abrogare altresì le fattispecie speciali relative
agli amministratori giudiziari ed ai commissari governativi, nonché
quella del mendacio bancario, prevista dall’articolo 137, comma 1, del
testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto
legislativo 1º settembre 1993, n. 385;
d) prevedere una circostanza
attenuante dei reati di cui alle lettere a) e b) qualora il fatto abbia
cagionato un’offesa di particolare tenuità;
e) prevedere che, qualora
l’autore della condotta punita sia individuato mediante una qualifica o
la titolarità di una funzione prevista dalla legge civile, al soggetto
formalmente investito della qualifica o titolare della funzione è
equiparato, oltre a chi è tenuto a svolgere la stessa funzione,
diversamente qualificata, anche chi, in assenza di formale investitura,
esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti
alla qualifica o alla funzione; stabilire altresì che, fuori dei
casi di applicazione delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali
contro la pubblica amministrazione, le disposizioni sanzionatorie relative
agli amministratori si applichino anche a coloro che sono legalmente incaricati
dall’autorità giudiziaria o dall’autorità pubblica di vigilanza
di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti
per conto di terzi;
f) prevedere che, in caso
di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per i
reati indicati nelle lettere a) e b), sia disposta la confisca del prodotto
o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo; prevedere
che quando non sia possibile l’individuazione o l’apprensione dei beni,
la misura abbia ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente;
g) riformulare le norme
sui reati fallimentari che richiamano reati societari, prevedendo che la
pena si applichi alle sole condotte integrative di reati societari che
abbiano cagionato o concorso a cagionare il dissesto della società;
h) prevedere, nel rispetto
dei princìpi e criteri direttivi contenuti nella legge 29 settembre
2000, n. 300, e nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, una specifica
disciplina della responsabilità amministrativa delle società
nel caso in cui un reato tra quelli indicati nelle lettere a) e b) sia
commesso, nell’interesse della società, da amministratori, direttori
generali o liquidatori o da persone sottoposte alla vigilanza di questi
ultimi, qualora il fatto non si sarebbe realizzato se essi avessero vigilato
in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica;
i) abrogare le disposizioni
del titolo XI del libro V del codice civile e le altre disposizioni incompatibili
con quelle introdotte in attuazione del presente articolo; coordinare e
armonizzare con queste ultime le norme sanzionatorie vigenti al fine di
evitare duplicazioni o disparità di trattamento rispetto a fattispecie
di identico valore, anche mediante l’abrogazione, la riformulazione o l’accorpamento
delle norme stesse, individuando altresì la loro più opportuna
collocazione; prevedere norme transitorie per i procedimenti penali pendenti;
l) prevedere che la competenza
sia sempre del tribunale in composizione collegiale.
Art. 12.
(Nuove norme di procedura)
1. Il Governo è inoltre delegato ad emanare
norme che, senza modifiche della competenza per territorio e per materia,
siano dirette ad assicurare una più rapida ed efficace definizione
di procedimenti nelle seguenti materie:
a) diritto societario, comprese
le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali
ed ai patti parasociali;
b) materie disciplinate dal
testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria,
di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni,
e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui
al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
2. Per il perseguimento delle finalità e nelle
materie di cui al comma 1, il Governo è delegato a dettare regole
processuali, che in particolare possano prevedere:
a) la concentrazione del
procedimento e la riduzione dei termini processuali;
b) l’attribuzione di tutte
le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione
collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione
della natura degli interessi coinvolti;
c) la mera facoltatività
della successiva instaurazione della causa di merito dopo l’emanazione
di un provvedimento emesso all’esito di un procedimento sommario cautelare
in relazione alle controversie nelle materie di cui al comma 1, con la
conseguente definitività degli effetti prodotti da detti provvedimenti,
ancorché gli stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalità diverse;
d) un giudizio sommario
non cautelare, improntato a particolare celerità ma con il rispetto
del principio del contraddittorio, che conduca alla emanazione di un provvedimento
esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato;
e) la possibilità
per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone
espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine
per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la
causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto
dell’atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione
sulle spese di lite;
f) uno o più procedimenti
camerali, anche mediante la modifica degli articoli 737 e seguenti del
codice di procedura civile ed in estensione delle ipotesi attualmente previste
che, senza compromettere la rapidità di tali procedimenti, assicurino
il rispetto dei princìpi del giusto processo;
g) forme di comunicazione
periodica dei tempi medi di durata dei diversi tipi di procedimento di
cui alle lettere precedenti trattati dai tribunali, dalle corti di appello
e dalla Corte di cassazione.
3. Il Governo può altresi prevedere la possibilità
che gli statuti delle società commerciali contengano clausole compromissorie,
anche in deroga agli articoli 806 e 808 del codice di procedura civile,
per tutte o alcune tra le controversie societarie di cui al comma 1. Nel
caso che la controversia concerna questioni che non possono formare oggetto
di transazione, la clausola compromissoria dovrà riferirsi ad un
arbitrato secondo diritto, restando escluso il giudizio di equità,
ed il lodo sarà impugnabile anche per violazione di legge.
4. Il Governo è delegato a prevedere forme
di conciliazione delle controversie civili in materia societaria anche
dinanzi ad organismi istituiti da enti privati, che diano garanzie di serietà
ed efficienza e che siano iscritti in un apposito registro tenuto presso
il Ministero della giustizia. |
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