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Decreto Ministero dei Lavori Pubblici
9 gennaio 1996
NORME TECNICHE PER IL CALCOLO, L’ESECUZIONE
ED IL COLLAUDO DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO, NORMALE E PRECOMPRESSO
E PER LE STRUTTURE METALLICHE
Art. 1.
1. Sono approvate le allegate norme
tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle
strutture in cemento armato, normale
e precompresso e per le strutture metalliche di cui alla
legge 5-11-1971, n. 1086, che si
riportano in allegato al presente decreto e di cui formano parte
integrante.
2. Sono altresì applicabili
le norme tecniche di cui al precedente decreto 14-2-1992 per la
parte concernente le norme di calcolo
e le verifiche col metodo delle tensioni ammissibili e le
relative regole di progettazione
e di esecuzione.
3. E’ consentita l’applicazione
delle norme europee sperimentali Eurocodice 2 -
Progettazione delle strutture di
calcestruzzo, parte 1 - 1, regole generali e regole per gli edifici -
ed Eurocodice 3 - Progettazione
delle strutture di acciaio, parte 1 - 1, regole generali e regole per
gli edifici - nelle rispettive
versioni in lingua italiana, pubblicate a cura dell’UNI (UNI ENV
1992 - 1 - 1, ratificata in data
gennaio 1993 e UNI ENV 1993 - 1 - 1, ratificata in data giugno
1994), come modificate ed integrate
dalle prescrizioni di cui alla parte I, sezione III, ed alla parte
II, sezione III, delle norme tecniche
di cui al primo comma.
Art. 2.
1. L’adozione da parte del progettista,
e sotto sua responsabilità, di uno dei sistemi
normativi indicati rispettivamente
nei commi 1, 2 e 3 dell’art. 1, ne comporta l’applicazione
unitaria ed integrale all’intero
organismo strutturale.
2. L’inosservanza delle norme di
cui all’art. 1 è sanzionata ai sensi della legge 5-11-1971, n.
1086.
Art. 3.
1. Le norme tecniche di cui all’art.
1 devono essere osservate per tutte le opere, se e per quanto, per
la specifica categoria di opere,
non viga diversa regolamentazione.
Art. 4.
1. Le presenti norme entreranno
in vigore quattro mesi dopo la pubblicazione del presente decreto
nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Art. 5.
1. Salvo quanto disposto nell’art.1,
secondo comma, in via transitoria continuano ad applicarsi le
norme di cui al precedente decreto
14-2-1992 per le opere in corso e per le quali sia stata già
presentata la denuncia prevista
dall’art. 4 della legge 5-11-1971, n. 1086, nonchè per le opere
di
cui all’ultimo comma dello stesso
art. 4, per le quali sia stato pubblicato il bando di gara per
l’appalto, ovvero sia intervenuta
la stipulazione del contratto di appalto a trattativa privata.
PARTE GENERALE
Si riportano qui di seguito le
considerazioni generali e comuni alle Parte I, cemento armato
normale e precompresso e Parte
II, acciaio.?2
1. MODALITÀ OPERATIVE
Nell’ambito delle presenti norme
tecniche, possono essere seguite, in alternativa, due diverse
modalità operative di verifica
delle costruzioni, riportate rispettivamente nelle Sezioni II e III
delle Parti I (CA/CAP) e II (Acciaio).
La Sezione II fornisce le indicazioni
da seguire per la verifica delle strutture in cemento
armato normale e precompresso e
in acciaio.
La Sezione III fornisce le indicazioni
per l’uso degli Eurocodici UNI ENV 1992-1-1:
Progettazione di strutture in c.a.
datato gennaio 1993 (EC2) ed UNI ENV 1993-1-1:
Progettazione di strutture in acciaio
datato giugno 1994 (EC3) fornendo altresì specifiche
prescrizioni integrative, sostitutive
e soppressive delle indicazioni contenute nei medesimi
Eurocodici. La Sezione III costituisce
il (DAN) Documento di applicazione nazionale, così
richiamato nei documenti del CEN
(Comitato europeo di normalizzazione).
Al successivo punto 7 si riportano
le prescrizioni circa le azioni di calcolo, che debbono essere
seguite per l’impiego delle Sezioni
II e III delle Parti I e II.
2. SEZIONE I
Nella Sezione I sono riportate
le prescrizioni comuni alle Sezioni II e III. Tali prescrizioni
comuni sostituiscono le corrispondenti
indicazioni riportate nel decreto ministeriale 14-2-
1992.
In particolare valgono le seguenti
indicazioni comuni:
a) per le azioni si farà
riferimento a quanto indicato nelle norme “Criteri generali per la
verifica della sicurezza delle
costruzioni e dei carichi e sovraccarichi” emanate ai sensi
dell’art. 1 della legge 2-2-1974,
n. 64;
b) per i materiali ed i prodotti
si dovranno seguire le indicazioni contenute nel Cap. 2
della Sezione I;
c) per il collaudo statico valgono
le prescrizioni riportate nel Cap. 3 della Sezione I.
3. NORME DI RIFERIMENTO
Le norme europee di riferimento
citate nelle norme UNI ENV 1992-1-1 ed UNI ENV 1993-1-1
non sono al momento per la maggior
parte disponibili, o lo sono soltanto, in alcuni casi, in forma
di norme sperimentali.
Fermo restando l’obbligo di seguire
le prescrizioni delle norme sui materiali esplicitamente
richiamate al punto 3 delle presenti
norme (Cap. 2 della Sezione I), per altre norme citate nelle
norme UNI ENV 1992-1-1 e UNI ENV
1993-1-1 possono adottarsi le norme citate nel presente
decreto, o, in mancanza, le norme
nazionali pertinenti.
4. NORME TECNICHE: METODO DELLE
TENSIONI AMMISSIBILI
Il metodo delle tensioni ammissibili
può essere applicato così come previsto dall’art. 2 del
presente decreto, riferendosi alle
norme tecniche di cui al decreto 14-2-1992, che si debbono in
tal caso applicare integralmente,
salvo per i materiali e prodotti, le azioni e il collaudo statico per i
quali valgono le indicazioni riportate
nella Sezione I del presente decreto, nonchè gli Allegati
per i quali valgono quelli uniti
alle presenti norme tecniche.
In particolare si dovrà
fare riferimento, per quanto concerne le azioni, alle specifiche
prescrizioni contenute nelle norme
tecniche “Criteri generali per la verifica della sicurezza delle
costruzioni e dei carichi e sovraccarichi”
in vigore al momento dell’uso.
5. NORME TECNICHE: ALTRI METODI
DI VERIFICA
Nella progettazione si possono
adottare metodi di verifica e regole di dimensionamento diversi
da quelli contenuti nelle presenti
norme tecniche purchè fondati su ipotesi teoriche e risultati
sperimentali scientificamente comprovati
e purchè sia comprovata una sicurezza non inferiore
a quella qui prescritta.?3
6. INDICAZIONE DELLA NORMA TECNICA
SEGUITA
Negli elaborati di progetto previsti
all’art. 4 punto b) della legge 1086/1971, deve essere indicata
chiaramente la norma tecnica alla
quale si è fatto riferimento.
7. AZIONI DI CALCOLO
Le verifiche debbono essere condotte
nei riguardi degli stati limite di esercizio e degli stati
limite ultimi.
Le azioni sulla costruzione devono
essere cumulate in modo da determinare condizioni di carico
tali da risultare più sfavorevoli
ai fini delle singole verifiche, tenendo conto della probabilità
ridotta di intervento simultaneo
di tutte le azioni con i rispettivi valori più sfavorevoli,
come consentito dalle norme vigenti.
Per gli stati limite ultimi si
adotteranno le combinazioni del tipo:
. i= n
F d = ? g ?G k + ? p ?P k + ? q
?[ Q lk + ? (? oi ?Q ik) ]
. i=2
essendo:
G k il valore caratteristico delle
azioni permanenti;
P k il valore caratteristico della
forza di precompressione;
Q lk il valore caratteristico dell’azione
di base di ogni combinazione;
Q ik i valori caratteristici delle
azioni variabili tra loro indipendenti;
? g = 1,4 (1,0 se il suo contributo
aumenta la sicurezza);
? p = 0,9 (1,2 se il suo contributo
diminuisce la sicurezza);
? q = 1,5 (0 se il suo contributo
aumenta la sicurezza);
? oi = coefficiente di combinazione
allo stato limite ultimo da determinarsi sulla base di
considerazioni statistiche.
Qualora le deformazioni impresse
esercitino una azione significativa sullo stato limite ultimo
considerato se ne deve tener conto
applicando loro un coefficiente di 1,2.
Il contributo delle deformazioni
impresse, non imposte appositamente, deve essere trascurato
se a favore della sicurezza. Per
gli stati limite di esercizio si devono prendere in esame le
combinazioni rare, frequenti e
quasi permanenti con ? g = ? p = ? q = 1, e applicando ai
valori caratteristici delle azioni
variabili adeguati coefficienti ? o ? 1 ? 2 .
In forma convenzionale le combinazioni
possono essere espresse nel modo seguente:
combinazioni rare:
. i= n
F d = G k + P k + Q lk + ? (? oi
?Q ik)
. i=2?4
combinazioni frequenti:
. i= n
F d = G k + P k + ? L1 +Q lk +
? (? 2i ?Q ik)
. i=2
combinazioni quasi permanenti:
. i= n
F d = G k + P k + ? (? 2i ?Q ik)
. i=2
? L1 coefficiente atto a definire
i valori delle azioni assimilabili ai frattili di ordine 0,95
delle distribuzioni dei valori
istantanei;
? 2i coefficiente atto a definire
i valori quasi permanenti delle azioni variabili assimilabili ai
valori medi delle distribuzioni
dei valori istantanei.
In mancanza di informazioni adeguate
si potranno attribuire ai coefficienti ? 0, ? 1 , ? 2 , i valori
seguenti:
PROSPETTO 1
Azione ? 0 ? 1 ? 2
Carichi variabili nei fabbricati
per:
abitazioni 0,7 0,5 0,2
uffici,negozi,scuole,ecc 0,7 0,6
0,3
Autorimesse 0,7 0,7 0,6
Vento, neve 0,7 0,2 0
Parte I CEMENTO ARMATO NORMALE
E PRECOMPRESSO
SIMBOLOGIA
A – Simboli
A area
E modulo di elasticità longitudinale
F azioni in generale (carichi e
deformazioni imposte)
G azioni permanenti; modulo di
elasticità tangenziale
I momento di inerzia
L limite di fatica
M momento flettente
N forza normale; numero di piegamenti
nella prova di?5
piegamento (per armature di precompressione)
P forza di precompressione
Q azioni variabili
S effetto delle azioni (sollecitazione
agente)
T momento torcente
V forza di taglio
b larghezza
c spessore (di ricoprimento)
d diametro (granulometria); altezza
utile
e eccentricità
f resistenza di un materiale
g carico permanente ripartito;
accelerazione di gravità
h altezza totale di una sezione
i raggio di inerzia
j numero di giorni
l lunghezza di un elemento; allungamento
a rottura per
acciaio da c.a.p.
m momento flettente per unità
di lunghezza
n forza normale per unità
di lunghezza; coefficiente di
omogeneizzazione delle armature;
numero
q carico variabile ripartito
r raggio; rilassamento
s scarto quadratico medio
t tempo; momento torcente per unità
di lunghezza
u perimetro
v forza di taglio per unità
di lunghezza o larghezza
w apertura delle fessure
x altezza dell’asse neutro
y altezza del diagramma rettangolare
delle tensioni normali
z braccio delle forze interne
? coefficiente di sicurezza (?
m per i materiali, ? f per le azioni); peso specifico
? coefficiente di variazione
? deformazione
? deformazione
µ coefficiente di attrito
? snellezza
p rapporto geometrico di armatura
? tensione normale
? tensione tangenziale
? coefficiente di deformazione
viscosa
? coefficiente di amplificazione
dei carichi nel carico di punta;
rapporto meccanico di armatura
?diametro di una barra o di un
cavo sommatoria
? sommatoria
B - Indici
b aderenza
c calcestruzzo
d valore di calcolo?6
e limite di elasticità di
un materiale; effettivo; efficace
f forze ed altre azioni; flessione
g carico permanente
i iniziale
h orizzontale
k valore caratteristico
l longitudinale
m valore medio; materiale; momento
flettente
n sforzo normale
p precompressione
q carico variabile
s acciaio; ritiro
r rilassamento; fessurazione
t trazione; torsione
u ultimo (stato limite)
w anima
y snervamento
C - Simboli speciali
?come indice di un simbolo = valore
asintotico
D - Simboli frequenti
Calcestruzzo
f c resistenza cilindrica a compressione
R c resistenza cubica
R cm resistenza media cubica
f cm resistenza media cilindrica
R ck resistenza caratteristica
cubica
f ck resistenza caratteristica
cilindrica
f cd resistenza di calcolo cilindrica
= f ck /? c
f ct resistenza a trazione
f ctk resistenza caratteristica
a trazione
f ctd resistenza di calcolo a trazione
= f ctk /? c
Acciaio per cemento armato
f ? tensione di snervamento
f t tensione di rottura
f ? k tensione caratteristica di
snervamento
f tk tensione caratteristica di
rottura
f (0,2) tensione allo 0,2% di deformazione
residua
f (0,2)k tensione caratteristica
allo 0,2% di deformazione
residua
Acciaio per precompressione
f p ? tensione di snervamento (barre)?7
f p(1) tensione all’1% di deformazione
sotto carico
f p(0,2)tensione allo 0,2% di deformazione
residua
f pt tensione di rottura
f yk tensione caratteristica di
snervamento (barre)
f p(1)k tensione caratteristica
all’1% di deformazione sotto carico
f p(0,2)k tensione caratteristica
allo 0,2% di deformazione residua
f ptk tensione caratteristica di
rottura
Sezione I Prescrizioni generali
e comuni
1. OGGETTO.
Formano oggetto delle presenti
norme tutte le opere di conglomerato cementizio armato
normale e di conglomerato cementizio
armato precompresso, eccettuate quelle per le quali vige
una regolamentazione apposita a
carattere particolare.
I dati sulle azioni da considerare
nei calcoli sono quelli contenuti nelle norme “Criteri generali
per la verifica della sicurezza
delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi” emanate ai sensi
dell’art. 1 della legge 2-2-1974,
n. 64.
Nell’ambito di uno stesso organismo
strutturale non è consentito adottare regole progettuali
ed esecutive provenienti in parte
dalla Sez. II e in parte dalla Sez. III ovvero in parte
derivanti dall’uso del metodo delle
tensioni ammissibili.
Le presenti norme non sono applicabili
ai calcestruzzi confezionati con aggregati leggeri.
Tali calcestruzzi possono essere
impiegati purchè venga garantita, con adeguata
documentazione teorica e sperimentale,
una sicurezza non inferiore a quella prevista dalle
presenti norme.
2. MATERIALI E PRODOTTI.
I materiali ed i prodotti debbono
rispondere ai requisiti indicati nell’Allegato 1.
Potranno inoltre essere impiegati
materiali e prodotti conformi ad una norma armonizzata o ad un
benestare tecnico europeo così
come definiti nella Direttiva 89/106/CEE, ovvero conformi a
specifiche nazionali dei Paesi
della Comunità europea, qualora dette specifiche garantiscano un
livello di sicurezza equivalente
e tale da soddisfare i requisiti essenziali della Direttiva
89/106/CEE. Tale equivalenza sarà
accertata dal Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, sentito il Consiglio
superiore dei lavori pubblici.
2.1. Calcestruzzo.
Per quanto applicabile e non in
contrasto con le presenti norme si potrà fare utile riferimento
alla
UNI 9858 (maggio 1991).
2.1.1. RESISTENZA A COMPRESSIONE
SEMPLICE.
Le presenti norme sono basate sulla
resistenza a compressione misurata su cubi di spigolo 15,
16 o 20 cm. La resistenza a compressione
del calcestruzzo verrà valutata secondo le indicazioni
dell’Allegato 2.
2.1.2. RESISTENZA A TRAZIONE SEMPLICE.
Il valore medio della resistenza
a trazione semplice (assiale) in mancanza di diretta
sperimentazione può essere
assunto pari a:
f ctm = 0,27 3 ?R 2 ck N/mm²?8
I valori caratteristici corrispondenti
ai frattili 5% e 95% possono assumersi rispettivamente
pari a 0,7 f ctm ed 1,3 f ctm
Il valore medio della resistenza
a trazione per flessione si assume, in mancanza di
sperimentazione diretta, pari a:
f ctm = 1,2 f ctm
2.1.3. MODULO ELASTICO.
Per modulo elastico istantaneo,
tangente all’origine, in mancanza di diretta sperimentazione da
eseguirsi secondo la norma UNI
6556 (marzo 1976), si assume in sede di progetto il valore:
E c = 5700 ?R ck (N/mm²)
Tale formula non è applicabile
ai calcestruzzi maturati a vapore. Essa non è da considerarsi
vincolante nell’interpretazione
dei controlli sperimentali delle strutture.
2.1.4. COEFFICIENTE DI POISSON.
Per il coefficiente di Poisson
può adottarsi, a seconda dello stato di sollecitazione, un valore
compreso tra 0 e 0,2.
2.1.5. COEFFICIENTE DI DILATAZIONE
TERMICA.
In mancanza di una determinazione
sperimentale diretta il coefficiente di dilatazione termica
del conglomerato può assumersi
pari a 10x10 -6 °C -1 .
2.1.6. RITIRO.
In mancanza di sperimentazione
diretta e quando non si ricorra ad additivi speciali, si
ammetteranno per il ritiro finale
? cs (t ?, t 0 ) i seguenti valori:
a) Atmosfera con umidità
relativa di circa 75%
t 0 ? ?20 cm ? ?60 cm
1 ÷ 7 giorni 0,26 x 10 -3
0,21 x 10 -3
8 ÷ 60 giorni 0,23 x 10
-3 0,21 x 10 -3
> 60 giorni 0,16 x 10 -3 0,20 x
10 -3
b) Atmosfera con umidità
relativa di circa 55%
t 0 ? ?20 cm ? ?60 cm
1 ÷ 7 giorni 0,43 x 10 -3
0,31 x 10 -3
8 ÷ 60 giorni 0,32 x 10
-3 0,30 x 10 -3
> 60 giorni 0,19 x 10 -3 0,28 x
10 -3
in cui:
t 0 = età conglomerato a
partire dalla quale si considera l’effetto del ritiro;?9
.2 A c
? = dimensione fittizia = -------------
. u
A c = area della sezione del conglomerato;
u = perimetro della sezione di
conglomerato a contatto con l’atmosfera.
Per valori intermedi si interpolerà
linearmente.
Per valutare la caduta di tensione
nelle armature da c.a.p. conseguente al ritiro del calcestruzzo
si terrà conto delle prescrizioni
contenute al punto 4.3.4.8. a).
2.1.7. VISCOSITA’.
In mancanza di sperimentazione
diretta, per il coefficiente finale di viscosità ? (t ?, t 0 ),
di un
conglomerato sottoposto ad una
tensione al più uguale a 0,3 R ckj al tempo t 0 = j di messa in
carico, si ammetteranno i seguenti
valori:
a) Atmosfera con umidità
relativa di circa 75%
T 0 ? ?20 cm ? ?60 cm
3 ÷ 7 giorni 2,7 2,1
8 ÷ 60 giorni 2,2 1,9
> 60 giorni 1,4 1,7
b) Atmosfera con umidità
relativa di circa 55%
T 0 ? ?20 cm ? ?60 cm
3 ÷ 7 giorni 3,8 2,9
8 ÷ 60 giorni 3,0 2,5
> 60 giorni 1,7 2,0
Il significato dei simboli è
riportato al precedente punto 2.1.6.
Per i valori intermedi si interpolerà
linearmente.
Per valutare la caduta di tensione
delle armature da c.a.p conseguente alla viscosità del
calcestruzzo, si terrà conto
delle prescrizioni contenute al punto 4.3.4.8. b).
2.1.8. DURABILITA’.
Al fine di garantire la durabilità
del conglomerato particolarmente in ambiente aggressivo,
così come in presenza di
cicli di gelo e disgelo, è necessario studiarne adeguatamente la
composizione.
Si potrà anche fare riferimento
alla norma UNI 9858 (Maggio 1991) citata al punto 2.1.
2.2. Acciaio da cemento armato
normale.
L’uso di acciai forniti in rotoli
è ammesso per diametri ??14 mm.
Per diametri superiori ne è
ammesso l’uso previa autorizzazione del Servizio tecnico centrale,
sentito il Consiglio superiore
dei lavori pubblici.
2.2.1. ACCERTAMENTO DELLE PROPRIETA’
MECCANICHE.?10
Per l’accertamento delle proprietà
meccaniche vale quanto indicato nelle EN 10002/1ª (marzo
1990), UNI 564 (febbraio 1960)
e UNI 6407 (marzo 1969), salvo indicazioni contrarie o
complementari. Per acciai deformati
a freddo, ivi compresi i rotoli, le proprietà meccaniche si
intendono determinate su provette
mantenute per 30 minuti a 250 °C e successivamente
raffreddate in aria.
In ogni caso, qualora lo snervamento
non sia chiaramente individuabile, si sostituisce f y con
f (0,2) .
2.2.2. ACCIAI IN BARRE TONDE LISCE.
Le barre di acciaio tonde lisce
devono possedere le proprietà indicate nel successivo prospetto
1-I.
PROSPETTO 1-I
TIPO DI ACCIAIO Fe B 22 k Fe B
32 k
Tensione caratteristica di snervamento.…..f
yk N/mm² ?215 ?315
Tensione caratteristica di rottura.….
.f tk N/mm² ?335 ?490
Allungamento A 5% ?24 ?23
Piegamento a 180° su mandrino
avente diametro D 2 ?3 ?
Si devono usare barre di diametro
compreso tra 5 e 30 mm.
2.2.3. ACCIAI IN BARRE AD ADERENZA
MIGLIORATA.
Le barre di acciaio ad aderenza
migliorata si differenziano dalle barre lisce per la particolarità
di
forma atta ad aumentare l’aderenza
al conglomerato cementizio e sono caratterizzate dal
diametro ?della barra tonda equipesante,
calcolato nell’ipotesi che la densità dell’acciaio sia
pari a 7,85 kg/dm 3 .
Le barre ad aderenza migliorata
devono avere diametro:
5 ???30 mm per acciaio Fe B 38
k;
5 ???26 mm per acciaio Fe B 44
k, salvo quanto specificato al punto 2.2.7.
2.2.3.1. Caratteristiche meccaniche
e tecnologiche.
Gli acciai in barre ad aderenza
migliorata devono possedere le caratteristiche indicate nel
prospetto 2-I, valutando le tensioni
di snervamento e di rottura come grandezze caratteristiche
secondo quanto indicato al punto
2.2.8.
La prova di piegamento e raddrizzamento
si esegue alla temperatura di 20±5 °C piegando la
provetta a 90°, mantenendola
poi per 30 minuti in acqua bollente e procedendo, dopo
raffreddamento in aria, al parziale
raddrizzamento per almeno 20°. Dopo la prova il campione
non deve presentare cricche.
PROSPETTO 2-I
TIPO DI ACCIAIO Fe B 38 k Fe B
44 k
Tensione caratteristica di snervamento
f yk N/mm²
Tensione caratteristica di rottura
f tk N/mm²
Allungamento A 5 %
?375
?450
?14
?430
?540
?12
fino a 12 mm Piegamento a 180°
su
mandrino avente diametro D
3 ?4 ??11
oltre 12 mm
fino a 18 mm
6 ?8 ?
oltre 18 mm
fino a 25 mm
8 ?10 ?
Per barre
ad aderenza
migliorata
aventi ?
(*) oltre 25 mm
fino a 30 mm
Piegamento e raddrizzamento
mandrino avente diametro D
10 ?12 ?
--------------
(*) Il diametro ?è quello
della barra tonda liscia equipesante.
Poichè gli acciai, pur rispettando
le limitazioni delle caratteristiche indicate nel prospetto 2-II,
possono presentare valori sensibilmente
diversi, per costruzioni in zona sismica, e, comunque,
quando si opera la ridistribuzione
delle sollecitazioni di cui al punto 4.1. il progettista deve
dichiarare nella relazione sui
materiali i limiti dei rapporti f y /f yk e (f t /f y )medio posti a base
del
calcolo e che dovranno essere soddisfatti
dall’acciaio impiegato.
I limiti precedentemente definiti
saranno controllati nello stabilimento di produzione e si
riferiranno agli stessi campioni
di cui alle prove di qualificazione (Allegato n° 4, punto 1.1).
In tali limiti f y rappresenta
il singolo valore di snervamento, f yk il valore nominale di riferimento
ed f t il singolo valore della
tensione di rottura.
2.2.3.2. Prova di aderenza.
Le barre ed i fili trafilati ad
aderenza migliorata devono superare con esito positivo le prove di
aderenza secondo il metodo “Beam-test”
conformemente a quanto previsto nell’allegato 6;
nell’allegato stesso sono pure
indicate le modalità di controllo del profilo da eseguirsi in
cantiere o in stabilimento.
2.2.4. FILI DI ACCIAIO TRAFILATO
O LAMINATO A FREDDO DI DIAMETRO
COMPRESO FRA 5 E 12 MM.
L’acciaio per fili deve rispondere
alle proprietà indicate nel prospetto 3-I.
PROSPETTO 3-I
Tensione f yk, ovvero f (0,2)k
N/mm² ?390
Tensione caratteristica f tk N/mm²
?440
Allungamento A 10 % ?8
Piegamento a freddo a 180°
su mandrino avente diametro D 2 ?
Per la prova di aderenza vale quanto
precisato al precedente punto 2.2.3.2.
2.2.5. RETI E TRALICCI DI ACCIAIO
ELETTROSALDATI.
Le reti ed i tralicci devono avere
fili elementari di diametro ?compreso tra 5 e 12 mm e devono
rispondere alle caratteristiche
riportate nel prospetto 4-I.
PROSPETTO 4-I
Tensione f yk, ovvero f (0,2)k
N/mm² ?390
Tensione caratteristica f tk N/mm²
?440
?min
Rapporto dei diametri dei fili
dell’ordito --------------
?max
?0,60?12
Allungamento A 10 % ?8
Rapporto f tk/ f yk ?1,10
La tensione di rottura, quella
di snervamento e l’allungamento devono essere determinati con
prova di trazione su campione che
comprenda almeno uno dei nodi saldati.
Il trattamento termico di cui al
punto 2.2.1. non si applica per la determinazione delle proprietà
meccaniche di reti e tralicci di
acciaio elettrosaldato.
Dovrà inoltre essere controllata
la resistenza al distacco offerta dalla saldatura del nodo,
determinata forzando con idoneo
dispositivo il filo trasversale nella direzione di quello maggiore
posto in trazione; tale resistenza
dovrà risultare maggiore di:
0,3 x 400 x A0 [ N ]
Nella quale A0 è l’area
della sezione del filo di diametro maggiore misurata in millimetri
quadrati.
La distanza assiale tra i fili
elementari non deve superare 35 cm.
2.2.6. SALDATURE.
Gli acciai saldabili saranno oggetto
di apposita marchiatura depositata secondo quanto indicato
nel punto 2.2.9., che li differenzia
dagli acciai non saldabili.
Sono proibite le giunzioni mediante
saldatura in opera o fuori opera, nonchè il fissaggio delle
gabbie di armatura tramite punti
di saldatura per tutti i tipi di acciaio per i quali il produttore non
abbia garantito la saldabilità
all’atto del deposito di cui al punto 2.2.9.
Per tali acciai l’analisi chimica
effettuata su colata e l’eventuale analisi chimica di controllo
effettuata sul prodotto finito
dovranno inoltre soddisfare le limitazioni sotto riportate:
MASSIMO CONTENUTO DI ELEMENTI CHIMICI
IN %
Analisi su prodotto Analisi di
colata
carbonio C 0,24 0,22
Fosforo P 0,055 0,050
zolfo S 0,055 0,050
azoto N 0,013 0,012
Carbonio equivalente C eq 0,52
0,50
Il calcolo del carbonio equivalente
C eq sarà effettuato con la seguente formula:
. Mn Cr + Mo + V Ni + Cu
C eq = C + -------- + ------------------
+ -------------
. 6 5 15
in cui i simboli chimici denotano
il contenuto degli elementi stessi espresso in percentuale.
2.2.7. DEROGA ALLE LIMITAZIONI
DIMENSIONALI.
Le limitazioni riguardanti i massimi
diametri ammessi di cui al punto 2.2.3. non si applicano alle
armature ad aderenza migliorata
destinate a strutture in conglomerato cementizio armato di
particolari caratteristiche e dimostrate
esigenze costruttive.
L’impiego di tali armature di maggior
diametro deve essere autorizzato dal Servizio tecnico
centrale del Ministero dei lavori
pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici.?13
2.2.8. CONTROLLI SULLE ARMATURE.
2.2.8.1. Modalità di prelievo
e metodi di prova.
Il prelievo dei campioni e le prove
saranno effettuati secondo la norma UNI 6407-69, salvo
quanto stabilito ai punti 2.2.8.2.,
2.2.8.3. per quanto riguarda la determinazione dei valori
caratteristici f yk o f (0,2)k
e f tk .
2.2.8.2. Controlli in stabilimento.
I produttori di barre lisce e ad
aderenza migliorata, di fili trafilati, di reti e di tralicci elettrosaldati
debbono sottoporre la loro produzione,
presso i propri stabilimenti, a prove di carattere
statistico seguendo le prescrizioni
sotto riportate.
In tale caso i valori caratteristici
f yk o f (0,2)k e f tk e, per barre e fili ad aderenza migliorata l’indice
di aderenza, vengono determinati
secondo le modalità indicate negli allegati 4, 5 e 6.
Ai produttori di acciai di cui
al primo comma è fatto obbligo di tenere depositato presso il
Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale, il catalogo aggiornato della loro
produzione contenente tutti i dati
tecnici previsti dalle presenti norme, ivi compresa l’eventuale
saldabilità di cui al punto
2.2.6. Per la qualificazione della produzione i produttori devono
sottoporsi agli adempimenti qui
di seguito specificati e produrre la documentazione relativa al
Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale che notifica al produttore l’avvenuto
deposito ed accerta la validità
e la rispondenza della documentazione stessa anche
attraverso sopralluoghi, rilasciando
apposito attestato:
1) Dimostrazione dell’idoneità
del processo produttivo:
il tipo di prodotti (tipo, dimensioni,
composizione chimica);
- le condizioni generali della
fabbricazione e dell’approvvigionamento dell’acciaio e del
prodotto intermedio (billette,
vergella);
- la descrizione degli impianti
di produzione;
- l’organizzazione del controllo
interno di qualità con l’indicazione dei responsabili
aziendali;
- il Laboratorio Ufficiale responsabile
delle prove di controllo.
2) Controllo continuo interno di
qualità della produzione condotto su basi statistiche.
3) Verifica periodica della qualità
da parte dei Laboratori Ufficiali.
Ogni 6 mesi i produttori di cui
al primo comma sono tenuti inoltre ad inviare al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, i seguenti documenti:
a) una dichiarazione attestante
la permanenza delle condizioni iniziali di idoneità del processo
produttivo e dell’organizzazione
del controllo interno di qualità o le eventuali modifiche;
b) i risultati dei controlli interni
eseguiti negli ultimi 6 mesi, per ciascun tipo di prodotto, da
cui risulti il quantitativo di
produzione, il numero delle prove e l’elaborazione statistica delle
tensioni di snervamento e di rottura;
c) i risultati dei controlli eseguiti
dal Laboratorio Ufficiale (certificati e loro elaborazione)
nello stesso periodo di cui al
punto b), per le prove meccaniche e chimiche;
d) il controllo della rispondenza
degli indici di aderenza di cui ai punti b) e c) alle
prescrizioni delle presenti norme;
e) la documentazione di conformità
statistica, secondo una metodologia che deve essere
dichiarata, delle tensioni di snervamento
e di rottura di cui ai punti b) e c) tra loro e con le
prescrizioni contenute nelle presenti
norme tecniche.
Il mancato rispetto delle condizioni
sopra indicate, accertato anche attraverso sopralluoghi, può
comportare la decadenza della qualificazione.
Tutte le forniture di acciaio debbono
essere accompagnate da un certificato di Laboratorio
Ufficiale riferentesi al tipo di
armatura di cui trattasi e marchiate secondo quanto prescritto in
2.2.9. La data del certificato
deve essere non anteriore di 3 mesi a quella di spedizione. Tale
periodo può essere prolungato
fino a 6 mesi qualora il produttore abbia comunicato?14
ufficialmente al Laboratorio Ufficiale
incaricato del controllo di avere sospeso la produzione, nel
qual caso il certificato dovrà
essere accompagnato da copia di detta comunicazione. Qualora la
sospensione della produzione si
protragga per oltre 5 mesi, la procedura di qualificazione
dovrà essere ripresa ab
initio.
2.2.8.3. Prodotti provenienti dall’estero.
Gli adempimenti di cui al punto
2.2.8.2. si applicano anche ai prodotti provenienti dall’estero.
Per i prodotti provenienti da Paesi
della Comunità economica europea nei quali sia in vigore
una certificazione di idoneità
tecnica riconosciuta dalle rispettive Autorità competenti, il
produttore potrà, in alternativa
a quanto previsto al primo comma, inoltrare al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale domanda intesa ad ottenere il trattamento
all’equivalenza della procedura
adottata nel Paese di origine depositando contestualmente la
relativa documentazione per i prodotti
da fornire con il corrispondente marchio.
L’equivalenza della procedura di
cui al precedente comma è sancita con decreto del Ministero
dei lavori pubblici, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici.
2.2.8.4. Controlli in cantiere
o nel luogo di lavorazione delle barre.
I controlli sono obbligatori e
devono riferirsi agli stessi gruppi di diametri contemplati nelle
prove a carattere statistico di
cui al punto 2.2.8.2. e allegati 4 e 5 in ragione di 3 spezzoni,
marchiati, di uno stesso diametro,
scelto entro ciascun gruppo di diametri per ciascuna partita
prescelta, semprechè il
marchio e la documentazione di accompagnamento dimostrino la
provenienza del materiale da uno
stesso stabilimento. In caso contrario i controlli devono essere
estesi agli altri diametri della
partita. Le prove si effettuano presso un Laboratorio Ufficiale e
riguardano la resistenza e la duttilità.
I valori caratteristici delle grandezze f y o f (0,2)k e f t si
valutano detraendo dalla media
dei corrispondenti valori, riferiti ad uno stesso diametro,
rispettivamente 10 N/mm² per
f y o f (0,2)k e e 20 N/mm² per f t .
Qualora il risultato non sia conforme
a quello dichiarato dal produttore, il direttore dei lavori
disporrà la ripetizione
della prova su sei ulteriori campioni dello stesso diametro; in tal caso
dalle
medie dei nove valori si detraggono
rispettivamente 20 N/mm² per f y o f (0,2)k e 30 N/mm². Ove
anche da tale accertamento i limiti
dichiarati non risultino rispettati, il controllo deve estendersi,
previo avviso al produttore, a
25 campioni, applicando ai dati ottenuti la formula generale
valida per controlli in stabilimento
(Cfr. Allegati 4 e 5).
L’ulteriore risultato negativo
comporta l’inidoneità della partita e la trasmissione dei risultati
al
produttore, che sarà tenuto
a farli inserire tra i risultati dei controlli statistici della sua
produzione. Analoghe norme si applicano
ai controlli di duttilità, aderenza e distacco al nodo
saldato: un singolo risultato negativo
sul primo prelievo comporta l’esame di sei nuovi spezzoni
dello stesso diametro, un ulteriore
singolo risultato negativo comporta l’inidoneità della
partita.
Inoltre il direttore dei lavori
dovrà comunicare il risultato anomalo sia al Laboratorio Ufficiale
incaricato del controllo in stabilimento
che al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale.
I certificati relativi alle prove
meccaniche degli acciai devono riportare l’indicazione del
marchio identificativo di cui al
successivo punto 2.2.9., rilevato a cura del Laboratorio incaricato
dei controlli, sui campioni da
sottoporre a prove. Ove i campioni fossero sprovvisti di tale
marchio, oppure il marchio non
dovesse rientrare fra quelli depositati presso il Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, dovrà essere riportata specifica annotazione sul
certificato di prova.
2.2.8.5. Tolleranze.
Nei calcoli statici si adottano
di norma le sezioni nominali. Le sezioni effettive non devono
risultare inferiori al 98% di quelle
nominali.?15
Qualora le sezioni effettive risultassero
inferiori a tale limite, nei calcoli statici si adotteranno
le sezioni effettive. Per barre
ad aderenza migliorata non è comunque ammesso superare le
tolleranze indicate nel prospetto
5-I.
PROSPETTO 5-I
Diametro
nominale, mm
5 6 7 8 9 10 12 14 16 18 20
Tolleranza in %
sulla sezione
ammessa per
l’impiego
± 10 ± 10 ±
10 ± 8 ± 8 ± 8 ± 8 ± 6 ± 6 ±
6 ± 6
Diametro
nominale, mm
22 24 25 26 28 30
Tolleranza in %
sulla sezione
ammessa per
l’impiego
± 5 ± 5 ±
5 ± 5 ± 5 ± 5
Nell’elaborazione dei risultati
sperimentali ottenuti in laboratorio si opera comunque sulle
sezioni effettive delle barre lisce
e sulle sezioni delle barre equipesanti per barre e fili trafilati
ad aderenza migliorata.
Per i fili di acciaio trafilati
e per i fili delle reti e dei tralicci la tolleranza sulle sezioni ammesse
per l’impiego è di ±
4% per tutti i diametri.
2.2.9. MARCHIATURA PER IDENTIFICAZIONE.
Tutti i produttori di barre lisce
o ad aderenza migliorata, di fili, di reti e di tralicci devono
procedere ad una marchiatura del
prodotto fornito, dalla quale risulti, in modo inequivocabile, il
riferimento all’Azienda produttrice,
allo Stabilimento, al tipo di acciaio ed alla sua eventuale
saldabilità.
A tali produttori è fatto
obbligo di depositare il “marchio” (nervatura e marchiatura) presso il
Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale.
2.3. Acciaio da cemento armato
precompresso.
2.3.1. GENERALITA’.
Le prescrizioni seguenti si riferiscono
agli acciai per armature da precompressione forniti
sotto forma di:
Filo: prodotto trafilato di sezione
piena che possa fornirsi in rotoli;
Barra: prodotto laminato di sezione
piena che possa fornirsi soltanto in forma di elementi
rettilinei;
Treccia: gruppi di 2 e 3 fili avvolti
ad elica intorno al loro comune asse longitudinale; passo e
senso di avvolgimento dell’elica
sono eguali per tutti i fili della treccia;
Trefolo: gruppi di fili avvolti
ad elica in uno o più strati intorno ad un filo rettilineo disposto
secondo l’asse longitudinale dell’insieme
e completamente ricoperto dagli strati. Il passo ed il senso
di avvolgimento dell’elica sono
eguali per tutti i fili di uno stesso strato.
I fili possono essere lisci, ondulati,
con impronte, tondi o di altre forme; vengono individuati
mediante il diametro nominale o
il diametro nominale equivalente riferito alla sezione circolare
equipesante. Non è consentito
l’uso di fili lisci nelle strutture precompresse ad armature pre-tese.?16
Le barre possono essere lisce,
a filettatura continua o parziale, con risalti; vengono
individuate mediante il diametro
nominale.
2.3.2. COMPOSIZIONE CHIMICA.
Il produttore deve controllare
la composizione chimica e la struttura metallografica al fine di
garantire le proprietà meccaniche
prescritte.
2.3.3. GRANDEZZE GEOMETRICHE E
MECCANICHE. CONTROLLI.
Le grandezze qui di seguito elencate:
?, A, f ptk, f pyk, f (0,2)k, f p(1)k, l, E p , N, ? (180°) ed
eventualmente L e r debbono fare
oggetto di garanzia da parte del produttore ed i
corrispondenti valori garantiti
figurare nel catalogo del produttore stesso.
Il controllo sarà eseguito
secondo le modalità e le prescrizioni indicate nei punti
successivi e nell’Allegato 3.
Pertanto i valori delle grandezze:
?, A, E p saranno confrontati con
quelli che derivano dall’applicazione, ai valori nominali, delle
tolleranze prescritte rispettivamente
ai punti 3.1 e 3.6 dell’Allegato 3;
f ptk, f pyk, f (0,2)k, f p(1)k
ottenuti applicando ai valori singoli di f pt, f py, f (0,2)k, f p(1)k
le
formule di cui ai punti 1. e 2.
dell’Allegato 3, saranno confrontati con i corrispondenti valori
garantiti che figurano nel catalogo
del produttore;
l, N, ? (180°) saranno confrontati
con quelli prescritti rispettivamente ai punti 3.3, 3.8 e 3.9
dell’Allegato 3;
L e r saranno confrontati con i
valori che, eventualmente, figurano nel catalogo del produttore.
Si prenderà inoltre in considerazione
la forma del diagramma sforzi deformazioni.
Le presenti norme prevedono due
forme di controllo:
- controlli obbligatori nello stabilimento
di produzione;
- controlli facoltativi in cantiere
o nel luogo di formatura dei cavi.
I controlli eseguiti in stabilimento
si riferiscono a lotti di fabbricazione. I controlli eseguiti in
cantiere si riferiscono a lotti
di spedizione.
Lotti di spedizione: lotti al massimo
di 30 t, spediti in un’unica volta, costituiti da prodotti
aventi grandezze nominali omogenee
(dimensionali, meccaniche, di formazione).
Lotti di fabbricazione: si riferiscono
a produzione continua, ordinata cronologicamente mediante
apposizione di contrassegni al
prodotto finito (numero di rotolo finito, della bobina di trefolo e del
fascio di barre). Un lotto di fabbricazione
deve avere grandezze nominali omogenee
(dimensionali, meccaniche, di formazione)
ed essere compreso tra 30 e 100 tonnellate.
Il produttore dovrà accompagnare
tutte le spedizioni con un proprio certificato di controllo
riferentesi ad un numero di prove
almeno pari a quello indicato nella colonna 4 della tabella 1
dell’Allegato 3.
Ai produttori di acciaio per c.a.p.
è fatto obbligo di tenere depositato presso il Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, il catalogo aggiornato della produzione, contenente
tutti i dati tecnici secondo le
prescrizioni delle presenti norme.
Per la qualificazione della produzione
i produttori devono sottoporsi agli adempimenti qui di
seguito specificati e produrre
la documentazione relativa al Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale, che
notifica al produttore l’avvenuto deposito ed accerta la validità
e la rispondenza della documentazione
stessa anche attraverso sopralluoghi, rilasciando
apposito attestato:
1) Dimostrazione dell’idoneità
del processo produttivo:
- il tipo di prodotti (tipo, dimensioni,
composizione chimica);?17
- le condizioni generali della
fabbricazione e dell’approvvigionamento dell’acciaio e
del prodotto intermedio (billette,
vergella);
- la descrizione degli impianti
di produzione;
- l’organizzazione del controllo
interno di qualità con l’indicazione dei responsabili
aziendali;
- il Laboratorio Ufficiale responsabile
delle prove di controllo;
2) Controllo continuo interno di
qualità della produzione condotto su basi statistiche;
3) Verifica periodica della qualità
da parte dei Laboratori Ufficiali.
Ogni 6 mesi i produttori sono tenuti
inoltre ad inviare al Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale, i seguenti
documenti:
a) una dichiarazione attestante
la permanenza delle condizioni iniziali di idoneità del processo
produttivo e dell’organizzazione
del controllo interno di qualità o le eventuali modifiche;
b) i risultati dei controlli interni
eseguiti negli ultimi 6 mesi, per ciascun tipo di prodotto, da
cui risulti il quantitativo di
produzione, il numero delle prove e l’elaborazione statistica delle
tensioni limite e di rottura;
c) i risultati dei controlli eseguiti
dal Laboratorio Ufficiale (certificati e loro elaborazione)
nello stesso periodo di cui al
punto b), per le prove meccaniche e chimiche;
d) la documentazione di conformità
statistica, secondo una metodologia che deve essere
dichiarata, delle tensioni limite
e di rottura di cui ai punti b) e c) tra loro e con le prescrizioni
contenute nelle presenti norme
tecniche;
e) il controllo della rispondenza
delle verifiche di rilassamento e di fatica, qualora per
tali grandezze sia stata richiesta
la qualificazione, di cui ai punti b) e c) alle prescrizioni
delle presenti norme.
Il mancato rispetto delle condizioni
sopra indicate, accertato anche attraverso sopralluoghi, può
comportare la decadenza della qualificazione.
2.3.3.1. Controlli in stabilimento.
I produttori di acciai per armature
da precompressione debbono sottoporre la loro produzione,
presso i propri stabilimenti, a
prove a carattere statistico, seguendo le prescrizioni di cui al
punto 2.3.3.
I produttori dovranno contrassegnare
cronologicamente la loro produzione numerando i lotti di
fabbricazione. Per ciascun lotto
saranno tenuti ad eseguire presso lo stabilimento di produzione
controlli continuativi geometrici
e meccanici dei quali riporteranno i risultati in appositi
registri.
Tutte le forniture di acciaio debbono
essere accompagnate da un certificato di un Laboratorio
Ufficiale riferentesi al tipo di
armatura di cui trattasi e munite di un sigillo sulle legature con il
marchio del produttore, secondo
quanto indicato al punto 2.3.5. La data del certificato deve essere
non anteriore di 3 mesi alla data
di spedizione. Limitatamente alla resistenza a fatica e al
rilassamento il certificato è
utilizzabile se ha data non anteriore di un anno alla data di
spedizione.
Tale periodo può essere
prolungato fino a 6 mesi qualora il produttore abbia comunicato
ufficialmente al laboratorio incaricato
del controllo di avere sospeso la produzione; nel qual caso
il certificato dovrà essere
accompagnato da copia di detta comunicazione.
Qualora la sospensione della produzione
si prolunghi per oltre 5 mesi, la procedura di
qualificazione dovrà essere
ripresa ab initio.
Il certificato può essere
utilizzato senza limitazione di tempo per i lotti cui si riferiscono le
prove
citate nel certificato stesso.
2.3.3.2. Controlli in cantiere
o nel luogo di formazione dei cavi.
Il direttore dei lavori in cantiere
o il tecnico responsabile dell’officina di formazione dei cavi, che
assume a tale riguardo le responsabilità
attribuite dalla legge al direttore dei lavori, deve controllare?18
che si possano individuare in modo
incontrovertibile l’origine e le caratteristiche del
materiale. E’ inoltre responsabilità
del tecnico responsabile dell’officina di formazione dei cavi di
documentare al direttore dei lavori
la provenienza e le caratteristiche ed il marchio del materiale
stesso.
Qualora il direttore dei lavori
o il tecnico responsabile dell’officina di formazione dei cavi
ritenesse di ricontrollare forniture
di acciai che rispondano ai requisiti di cui sopra, valgono
le seguenti norme.
Effettuato un prelievo, in cantiere
o nel luogo di formazione dei cavi, di dieci saggi provenienti
da una stessa fornitura ed appartenenti
ad una stessa categoria si determinano, mediante prove
effettuate presso un Laboratorio
Ufficiale, i corrispondenti valori medi g mn di f pt, f py, f p(0,2),
f p(1), ed i relativi scarti quadratici
medi s n e si controllano inoltre le grandezze Ý, A, N, l, Ep,
? (180°).
I risultati delle prove vengono
considerati compatibili con quelli ottenuti in stabilimento se le
grandezze ?, A, N, l, E p ? (180°)
rispettano le prescrizioni di cui all’Allegato 3, punto 3. e se:
- per le tensioni di rottura f
pt :
g mn ?1,03 f ptk
s n ?0,05 f ptk
- per le grandezze f py, f p(0,2),
f p(1):
{f p(0,2)k
g mn ?1,04 {f p(1)k
{f pyk
{f p(0,2)k
s n ?0,07 {f p(1)k
{f pyk
nelle quali i valori caratteristici
sono quelli garantiti che figurano nel catalogo del produttore.
Se tali diseguaglianze non sono
verificate, o se non sono rispettate le prescrizioni di cui
all’Allegato 3 si ripeteranno,
previo avviso al produttore, le prove su altri 10 saggi.
L’ulteriore risultato negativo
comporta l’inidoneità della partita e la trasmissione dei risultati
al
produttore, che sarà tenuto
a farli inserire tra i risultati dei controlli statistici della sua
produzione.
Inoltre il direttore dei lavori
dovrà comunicare il risultato anomalo sia al Laboratorio Ufficiale
incaricato del controllo in stabilimento
che al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale.
I certificati relativi alle prove
(meccaniche) degli acciai devono riportare l’indicazione del
marchio identificativo di cui al
successivo punto 2.3.5., relativo a cura del Laboratorio incaricato
dei controlli, sui campioni da
sottoporre a prove. Ove i campioni fossero sprovvisti di tale?19
marchio, oppure il marchio non
dovesse rientrare fra quelli depositati presso il Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, dovrà essere riportata specifica annotazione sul
certificato di prova.
2.3.3.3. Prodotti provenienti dall’estero.
Gli adempimenti di cui ai punti
2.3.3.1. e 2.3.3.2. si applicano anche ai prodotti provenienti
dall’estero.
Per i prodotti provenienti da Paesi
della Comunità economica europea nei quali sia in vigore
una certificazione di idoneità
tecnica riconosciuta dalle rispettive Autorità competenti, il
produttore potrà, in alternativa
a quanto previsto al primo comma, inoltrare al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, domanda intesa ad ottenere il riconoscimento
dell’equivalenza della procedura
adottata nel Paese di origine, depositando contestualmente la
relativa documentazione per i prodotti
da fornire con il corrispondente marchio.
L’equivalenza della procedura di
cui al precedente comma è sancita con decreto del Ministero
dei lavori pubblici, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici.
2.3.4. REQUISITI.
Gli acciai possono essere forniti
in rotoli (fili, trecce, trefoli), in bobine (trefoli), in fasci
(barre).
I fili debbono essere forniti in
rotoli di diametro tale che, all’atto dello svolgimento, allungati al
suolo su un tratto di 10 m non
presentino curvatura con freccia superiore a 400 mm; il
produttore deve indicare il diametro
minimo di avvolgimento.
Ciascun rotolo di filo liscio,
ondulato o con impronte dovrà essere esente da saldature.
Sono ammesse le saldature di fili
destinati alla fabbricazione di trecce e di trefoli se effettuate
prima della trafilatura; per trefoli
sono ammesse saldature anche durante l’operazione di
cordatura purchè tali saldature
siano opportunamente distanziate e sfalsate.
2.3.4.1. Condizioni degli acciai
all’atto della posa in opera.
All’atto della posa in opera gli
acciai devono presentarsi privi di ossidazione, corrosione, difetti
superficiali visibili, pieghe.
E’ tollerata un’ossidazione che
scompaia totalmente mediante sfregamento con un panno
asciutto.
Non è ammessa in cantiere
alcuna operazione di raddrizzamento.
2.3.4.2. Prelievo dei saggi.
I saggi destinati ai controlli
non debbono essere avvolti con diametro inferiore a quello della
bobina o rotolo di provenienza.
I saggi debbono essere prelevati
con le lunghezze richieste dal Laboratorio Ufficiale di destinazione
ed in numero sufficiente per eseguire
eventuali prove di controllo successive.
I saggi debbono essere adeguatamente
protetti nel trasporto.
2.3.5. MARCHIATURA PER IDENTIFICAZIONE.
Tutti i produttori di acciaio per
armatura da precompressione debbono munire le loro forniture
di un sigillo nelle legature contenente
il marchio del produttore da cui risulti, in modo
inequivocabile, il riferimento
all’Azienda produttrice, allo Stabilimento, alle caratteristiche
dell’acciaio.
A tali produttori è fatto
obbligo di depositare il “marchio” presso il Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale.
2.3.6. CADUTE DI TENSIONE PER RILASSAMENTO.?20
In assenza di dati sperimentali
afferenti al lotto considerato, la caduta di tensione per rilassamento
a
tempo infinito ?? r ?ad una temperatura
di 20 °C e per una tensione iniziale ? spi = 0,75 f ptk
può assumersi pari ai seguenti
valori:
TIPO DI ARMATURA ?? r ?
Filo trafilato 0,15 ? spi
Treccia 0,20 ? spi
Trefolo 0,18 ? spi
Barra laminata 0,12 ? spi
Si ammette che, al variare della
tensione iniziale, la caduta per rilassamento vari con legge
parabolica e che il relativo diagramma,
tracciato in funzione di ? spi , abbia ordinata nulla e
tangente orizzontale per ? spi
= 0,5 f ptk .
La caduta a tempo infinito può
altresì valutarsi partendo dalla media delle cadute misurate su
almeno due campioni sottoposti
a prove di rilassamento a 120 ore, applicando l’espressione:
?? r ?=?? r 120 +0,03 (? spi -
0,5 f ptk)
(valida per ? spi ?0,5 f ptk )
Si opererà di regola con:
? spi = 0,75 f ptk
e, in mancanza di più precisi
dati sperimentali, si ammetterà che la caduta vari in funzione di
? spi con la suddetta legge parabolica.
Partendo dai risultati di prova a 120 ore non possono
comunque assumersi cadute inferiori
alla metà di quelle indicate nel precedente capoverso.
Per le barre si rispetterà
comunque il limite ? spi ?0,85 f pyk .
Qualora si disponga di prove a
lunga durata, la caduta per rilassamento a tempo infinito
?? r ?= ?? rt + C (?? rt - ?? r1000
)
dove ?? r1000 e ?? rt sono rispettivamente
le cadute per rilassamento di catalogo per 1000 ore
e per tempo t ?2000 ore; C è
un coefficiente dato dalla seguente tabella:
t in ore C
2.000 9
5.000 3
10.000 1,5
Per tenere conto dell’influenza
del valore della tensione iniziale si potrà sia operare per ? spi
=
0,75 fptk ed adottare la legge
di variazione parabolica sopra indicata, sia operare sulle tre
tensioni 0,55 f ptk , 0,65 f ptk
, 0,75 f ptk e dedurne una legge di variazione sperimentale.?21
Il rilassamento di armature che
subiscono un ciclo termico dopo la messa in tensione è opportuno
venga valutato sperimentalmente.
3. COLLAUDO STATICO.
3.1. Prescrizioni generali.
Il collaudo di cui all’art. 7 della
legge 5-11-1971, n. 1086, oltre al controllo del corretto
adempimento delle prescrizioni
formali di cui agli artt. 4, 6 e 9 della medesima legge, nonchè
dell’art. 5 ove il collaudo sia
stato affidato in corso d’opera, dovrà comprendere i seguenti
adempimenti tecnici:
a) ispezione generale dell’opera
nel suo complesso con particolare riguardo a quelle
strutture o parti di strutture
più significative da confrontare con i disegni esecutivi depositati
in
cantiere;
b) esame dei certificati delle
prove sui materiali, articolato: - nell’accertamento del numero dei
prelievi effettuati e della sua
conformità al presente decreto a quanto fissato dagli allegati dello
stesso;
nel controllo che i risultati elaborati
delle prove siano compatibili con i criteri di accettazione
fissati nei sopracitati allegati;
c) esame dei certificati di cui
ai punti 2.2.8.2. e 2.3.3.1.;
d) controllo dei verbali delle
eventuali prove di carico fatte eseguire dal direttore dei lavori;
e) esame dell’impostazione generale
della progettazione strutturale, degli schemi di
calcolo e delle azioni considerate.
Inoltre, nell’ambito della propria
discrezionalità, il collaudatore potrà richiedere:
A) di effettuare quegli accertamenti
utili per formarsi il convincimento della sicurezza
dell’opera, quali:
- prove di carico da eseguirsi
secondo le modalità previste nel successivo punto 3.2.;
- saggi diretti sui conglomerati
con prelievi di campioni e controllo delle armature;
- controlli non distruttivi sulle
strutture;
B) documentazioni integrative di
progetto.
3.2. Prove di carico.
Le prove di carico, ove ritenute
necessarie dal collaudatore, rispetteranno le modalità
sottoindicate, e non potranno avere
luogo prima che sia stata raggiunta la resistenza che
caratterizza la classe di conglomerato
prevista e, in mancanza di precisi accertamenti al
riguardo, non prima di 28 giorni
dalla ultimazione del getto.
Il programma delle prove deve essere
sottoposto al direttore dei lavori ed al progettista e reso
noto al costruttore.
Le prove di carico si devono svolgere
con le modalità indicate dal collaudatore che se ne assume la
piena responsabilità, mentre,
per quanto riguarda la loro materiale attuazione e in particolare per
le eventuali puntellazioni precauzionali,
è responsabile il direttore dei lavori.
I carichi di prova devono essere,
di regola, tali da indurre le sollecitazioni massime di esercizio
per combinazioni rare. In relazione
al tipo della struttura ed alla natura dei carichi le prove
devono essere convenientemente
protratte nel tempo.
L’esito della prova potrà
essere valutato sulla base dei seguenti elementi:
- le deformazioni si accrescano
all’incirca proporzionalmente ai carichi;
- nel corso della prova non si
siano prodotte lesioni, dissesti o deformazioni che compromettano la
sicurezza o la conservazione dell’opera;
- la deformazione residua dopo
la prima applicazione del carico massimo non superi una quota
parte di quella totale commisurata
ai prevedibili assestamenti iniziali di tipo anelastico della
struttura oggetto della prova.
Nel caso invece che tale limite venga superato, prove di carico
successive accertino che la struttura
tenda ad un comportamento elastico;?22
- la deformazione elastica risulti
non maggiore di quella calcolata.
Nel calcolo si terrà conto
di quanto indicato al punto 2.1.3. e della eventuale presenza di
microfessurazioni del calcestruzzo.
Quando le opere siano ultimate
prima della nomina del collaudatore, le prove di carico
possono essere eseguite dal direttore
dei lavori, che ne redige verbale sottoscrivendolo
assieme al costruttore. E’ facoltà
del collaudatore controllare, far ripetere ed integrare le prove
precedentemente eseguite.
Sezione II Calcolo ed esecuzione
4. NORME DI CALCOLO.
4.0. Generalità.
Le verifiche devono essere condotte
sia nei riguardi degli stati limite di esercizio sia nei
riguardi degli stati limite ultimi.
Per tener conto delle incertezze
sui dati disponibili il metodo semi-probabilistico comporta
l’assunzione di valori caratteristici
sia per le resistenze dei materiali che per l’entità delle azioni.
Essi sono: per le resistenze dei
materiali i frattili di ordine 0,05 delle rispettive distribuzioni
statistiche e si indicano con fk;
per le azioni permanenti e la forza di pre-tensione i frattili di
ordine 0,95 ovvero quelli di ordine
0,05 a seconda che i valori rilevanti ai fini della sicurezza
siano quelli più elevati
ovvero quelli pi®u bassi; per le azioni variabili nel tempo i valori
caratteristici sono associati ad
idonei periodi di ritorno delle stesse in relazione al periodo di
vita fissato per la struttura.
I valori caratteristici vengono
poi trasformati in valori di calcolo mediante l’applicazione di
opportuni coefficienti.
Si verifica quindi che gli effetti
delle azioni di calcolo non superino quelli compatibili con lo
stato limite considerato.
Le verifiche di cui ai successivi
punti si applicano al c.a. ordinario, al cemento armato
precompresso ed a quello parzialmente
precompresso.
4.0.1. AZIONI DI CALCOLO.
Si adotteranno le azioni di progetto,
e relative combinazioni, indicate al punto 7 della Parte
Generale.
4.0.2. RESISTENZE DI CALCOLO.
Le resistenze di calcolo f d si
valutano mediante l’espressione
f k
f d = -------
? m
assumendo per il coefficiente ?
m i valori indicati nel prospetto 6-I.
In particolare la resistenza di
calcolo del calcestruzzo fc d risulta pari a:
. f ck R ck · 0,83
f cd = ------- = ------------------
.? c ? c?23
PROSPETTO 6-I
STATI LIMITE ACCIAIO ? s CALCESTRUZZO
? c
ultimi 1,15 1,5 per c.a.p
1,6 per c.a. e c.a. con
precompressione parziale
di esercizio 1,0 1,0
Per spessori minori di 5 cm il
coefficiente ? c va maggiorato del 25%.
4.1. Calcolo delle sollecitazioni.
4.1.1. STRUTTURE COSTITUITE DA
ELEMENTI MONODIMENSIONALI.
La determinazione delle sollecitazioni
nelle strutture iperstatiche può effettuarsi a mezzo
di:
- calcolo non lineare;
- calcolo elastico-lineare senza
ridistribuzioni;
- calcolo elastico-lineare con
ridistribuzioni.
4.1.1.1. Calcolo non lineare.
Il calcolo allo stato limite ultimo
deve essere effettuato per la combinazione di azioni più
sfavorevole. Per tale situazione
si immagina tuttavia convenzionalmente di raggiungere lo stato
limite mediante un unico accrescimento
proporzionale delle azioni applicate.
Le condizioni di compatibilità
si esprimono di regola attribuendo a ciascuna sezione una
legge momenti/curvature, ed integrando
le curvature lungo l’asse degli elementi.
Le leggi momenti/curvature devono
rappresentare in modo adeguato il comportamento a
breve durata di elementi strutturali
supposti costituiti da materiali aventi le resistenze f k introdotte
nel progetto.
Nei casi usuali si potrà
anche procedere concentrando le rotazioni anelastiche nelle sezioni
critiche.
Nel caso di elementi soggetti prevalentemente
a flessione, si possono anche adottare
schematizzazioni trilineari della
legge momenti/rotazioni (M/? ) di ciascuna sezione critica,
rappresentando i tre lati le seguenti
tre fasi:
- fase elastica lineare;
- fase fessurata;
- fase plastica.?24
La rotazione plastica ? pl da supporre
localizzata nella sezione critica, può dedursi dal
precedente diagramma empirico (valido
per sezioni rettangolari od a T), in funzione della
posizione x/d dell’asse neutro
a rottura.
4.1.1.2. Calcolo elastico lineare
senza ridistribuzioni.
Il calcolo elastico lineare può
essere utilizzato sia per gli stati limite di esercizio, sia per lo stato
limite ultimo; in quest’ultimo
caso occorre evitare situazioni di fragilità locale nella struttura.
Ad esempio in elementi come quelli
definiti nel terzo comma del punto 4.1.1.3. il rapporto x/d
non deve, di regola, essere maggiore,
nella sezione critica, di:
. x
---- = 0,45 per calcestruzzo di
resistenza f ck ?35,
. d
. x
---- = 0,35 per calcestruzzo di
resistenza f ck > 35,
. d
a meno di realizzare particolari
disposizioni di armatura (ad esempio confinamento).?25
4.1.1.3. Calcolo elastico lineare
con ridistribuzioni.
Per la progettazione delle strutture
a telaio di caratteristiche correnti si possono
giustificatamente assumere in talune
sezioni dei momenti ? M e ridotti, rispetto ai momenti Me,
derivanti dal calcolo elastico
lineare, a condizione che nelle altre parti della struttura siano
considerate le corrispondenti variazioni
necessarie per garantire l’equilibrio.
Deve essere presa in conto l’eventuale
influenza delle ridistribuzioni dei momenti su tutti gli
aspetti del calcolo. Tali aspetti
includono la flessione, il taglio, l’ancoraggio, le interruzioni
delle armature e la fessurazione.
Nelle travi continue in cui il
rapporto tra due luci adiacenti è inferiore a due, nelle travi di
telai a
nodi fissi e negli elementi soggetti
prevalentemente a flessione una verifica esplicita della
capacità di rotazione delle
zone critiche può essere omessa purchè vengano soddisfatte
le
condizioni sotto riportate:
- in presenza di calcestruzzo di
resistenza non superiore a f ck = 35 N/mm²
. x
? ?0,44 + 1,25 ------
. d
in presenza di calcestruzzo di
resistenza superiore a f ck = 35 N/mm²
. x
? ?0,56 + 1,25 ------
. d
Nei telai cui sono affidate rilevanti
forze orizzontali non è consentita alcuna ridistribuzione senza
controllo con calcolo non lineare.
4.1.2. LASTRE PIANE.
La determinazione delle sollecitazioni
nelle lastre piane soggette prevalentemente a forze
perpendicolari al piano medio può
effettuarsi a mezzo di:
- calcolo non lineare;
- calcolo elastico-lineare senza
ridistribuzioni;
- calcolo elastico-lineare con
ridistribuzioni;
- calcolo elasto-plastico o rigido-plastico.
4.1.2.1. Calcolo non lineare.
Il procedimento di calcolo deve
esprimere le condizioni di compatibilità della deformazione
introducendo idealizzazioni delle
leggi momenti/curvature o momenti/rotazioni che tengano
adeguato conto della fessurazione.
Il calcolo può essere utilizzato
sia per lo stato limite ultimo che per lo stato limite di esercizio.
4.1.2.2. Calcolo elastico lineare
senza ridistribuzioni.
Il calcolo può essere utilizzato
sia per lo stato limite ultimo sia per lo stato limite di esercizio.
4.1.2.3. Calcolo elastico lineare
con ridistribuzioni.
Il calcolo può essere utilizzato
sia per lo stato limite ultimo, sia per lo stato limite di
esercizio.?26
Nelle lastre continue si possono
effettuare ridistribuzioni di momenti, rispetto al calcolo elastico
lineare, fra le sezioni di appoggio
e quelle di campata, nei limiti consentiti in 4.1.1.3., per gli
elementi monodimensionali.
Agli effetti del controllo della
duttilità, nel calcolo di x/d si deve prescindere dalla presenza
di
una eventuale armatura compressa.
4.1.2.4. Calcolo elasto-plastico
o rigido-plastico.
La teoria della plasticità
può essere applicata per la verifica allo stato limite ultimo, sia
per mezzo
dei metodi statici che dei metodi
cinematici.
Sempre per lo stato limite ultimo
deve verificarsi la condizione di duttilità:
. x
---- ?0,25
.d
prescindendo nel calcolo di x dalla
presenza di una eventuale armatura compressa.
Per lo stato limite di esercizio
si devono verificare le condizioni di cui al punto 4.3.1. per la
fessurazione, e al punto 4.3.3.
per le deformazioni; tali verifiche non potranno in nessun caso
essere omesse.
4.2. Verifiche allo stato limite
ultimo.
4.2.1. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE
ULTIMO PER SOLLECITAZIONI CHE
PROVOCANO TENSIONI NORMALI (SFORZO
NORMALE, FLESSIONE SEMPLICE E
COMPOSTA).
4.2.1.1. Ipotesi di base.
Le norme seguenti si applicano
agli elementi con armature aderenti, monodimensionali a
prevalente sviluppo lineare e,
per quanto possibile, agli elementi bidimensionali.
Valgono le seguenti ipotesi:
- conservazione delle sezioni piane;
- deformazione massima del calcestruzzo
compresso pari a -0,0035 nel caso di flessione
semplice e composta con asse neutro
reale, e variabile dal valore predetto a -0,002 quando
l’asse neutro, esterno alla sezione,
tende all’infinito;
- deformazione massima dell’armatura
tesa (contata a partire dalla decompressione del
calcestruzzo se si tratta di armature
di precompressione) +0,01.
4.2.1.2. Sicurezza.
Nei casi di compressione o di pressoflessione,
che non siano determinati da precompressione,
vanno rispettate le seguenti prescrizioni:
a) lo sforzo normale deve risultare
minore di quello calcolato per compressioni centrate con
una maggiorazione del 25% del coefficiente
? c ;
b) in ogni caso, per tenere conto
delle incertezze sul punto di applicazione dei carichi si deve
ipotizzare una eccentricità,
prevista nella direzione più sfavorevole, da sommare a quella
eventuale dei carichi e di entità
pari al maggiore dei due valori h/30 e 20 mm, essendo h la
dimensione nella direzione considerata
per la eccentricità;
c) per elementi snelli, come definiti
in 4.2.4., si devono effettuare le conseguenti verifiche.
4.2.1.3. Diagrammi di calcolo tensioni-deformazioni
del calcestruzzo.?27
Di norma si adotta il diagramma
parabola rettangolo, rappresentato in figura 2-I, definito da
un arco di parabola di secondo
grado passante per l’origine, avente asse parallelo a quello
delle tensioni, e da un segmento
di retta parallelo all’asse delle deformazioni tangente alla parabola
nel punto di sommità. Il
vertice della parabola ha ascissa -0,002, l’estremità del segmento
ha
ascissa -0,0035. L’ordinata massima
del diagramma è pari a 0,85 f cd .
Per la verifica locale delle sezioni,
in alternativa al diagramma parabola rettangolo, la
distribuzione delle compressioni
può essere assunta uniforme con valori:
- 0,85 f cd se la zona compressa
presenta larghezza costante o crescente verso la fibra più
compressa;
- 0,80 f cd se la zona compressa
presenta larghezza decrescente verso la medesima fibra;
sulle seguenti altezze, a partire
dal lembo compresso:
- se x ?h: altezza 0,8 x;
(x - 0,8 h)
se x > h: altezza --------------
?h.
(x - 0,75 h)
Si potranno adottare altri diagrammi
sforzi-deformazioni, a condizione che i risultati che con
questi si ottengono siano in accordo
con quelli derivanti dall’impiego del diagramma parabola
rettangolo, o siano chiaramente
giustificabili.
4.2.1.4. Diagrammi di calcolo tensioni-deformazioni
dell’acciaio.
Il diagramma di calcolo di un acciaio
ordinario o di un acciaio per precompressione si deduce
dal diagramma caratteristico effettuando
un’affinità parallelamente alla tangente all’origine
nel rapporto 1/? s .
4.2.1.5. Cerchiature.
Nelle strutture semplicemente compresse,
armate con ferri longitudinali disposti lungo una
circonferenza e racchiusi da una
spirale di passo non maggiore di 1/5 del diametro del nucleo
cerchiato, la resistenza allo stato
limite ultimo si calcola sommando i contributi della sezione
di calcestruzzo del nucleo, dell’acciaio
longitudinale e di una sezione di armatura fittizia?28
longitudinale di peso uguale a
quello della spirale, maggiorando il coefficiente ? c del 25% come
prescritto al punto 4.2.1.2.
La resistenza globale così
valutata non deve superare il doppio di quella del nucleo.
La sezione di armatura longitudinale
non deve risultare inferiore alla metà di quella
dell’armatura fittizia corrispondente
alla spirale.
4.2.1.6. Armature di precompressione
non aderenti.
Se le armature di precompressione
non sono aderenti al calcestruzzo si deve tener conto
della riduzione di resistenza dovuta
allo scorrimento relativo acciaio-conglomerato.
4.2.2. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE
ULTIMO PER SOLLECITAZIONI
TAGLIANTI.
4.2.2.1. Premessa.
Per le verifiche allo stato limite
ultimo per le sollecitazioni taglianti gli elementi
monodimensionali dotati di armature
longitudinali determinate in base al punto 4.2.1. devono
rispettare le prescrizioni di cui
ai punti successivi.
4.2.2.2. Elementi senza armature
trasversali resistenti a taglio.
E’ consentito l’impiego di elementi
sprovvisti di armature trasversali resistenti a taglio per
solette, piastre e membrature a
comportamento analogo, a condizione che detti elementi abbiano
sufficiente capacità di
ripartire i carichi trasversalmente.
4.2.2.2.1. Verifica del conglomerato.
Il taglio di calcolo non deve superare il valore che, con
riferimento alla resistenza a trazione
di calcolo f ctd , determina la formazione delle fessure
oblique, tenendo conto, oltre che
degli effetti dei carichi, di eventuali stati coattivi che
favoriscano la formazione delle
medesime fessure.
4.2.2.2.2. Verifica dell’armatura
longitudinale. La verifica comporta la traslazione del
diagramma del momento flettente
lungo l’asse longitudinale nel verso che dà luogo ad un
aumento del valore assoluto del
momento flettente.
Le verifiche possono effettuarsi
rispettando la condizione:
V Sdu ?0,25 f ctd ?r (1 + 50 ?
l ) ?b w ?d ??
con il seguente significato dei
simboli:
V sdu = taglio sollecitante di
calcolo allo stato limite ultimo;
f ctd = resistenza a trazione di
calcolo;
r = (1,6-d) con d espressa in metri
e comunque d ?0,60 m;
. A sl
? l = --------- e comunque pl ?0.02
. b ? ?d
b ? = larghezza della membratura
resistente a taglio;
d = altezza utile della sezione;
? = 1 in assenza di sforzo normale;
? = 0 in presenza di un apprezzabile
sforzo normale di trazione;?29
. M o
? = 1 + --------- in presenza di
sforzo di compressione
. M sdu
(o di precompressione); M o è
il momento di decompressione riferito alla fibra estrema della
sezione su cui agisce M sdu ; M
sdu è il momento agente massimo di calcolo nella regione in cui
si
effettua la verifica a taglio,
da assumersi almeno pari a M o ;
A sl = area dell’armatura longitudinale
di trazione ancorata al di là dell’intersezione dell’asse
dell’armatura con una eventuale
fessura a 45° che si inneschi nella sezione considerata
(vedi figura 3-I).
4.2.2.3. Elementi con armature
trasversali resistenti al taglio.
La resistenza allo sforzo di taglio
dell’elemento fessurato si calcola schematizzando la trave come
un traliccio ideale di cui quello
di Ritter-Mörsch rappresenta un modello semplificato. Gli
elementi del traliccio resistenti
a taglio sono le armature trasversali d’anima, funzionanti
come aste di parete, e il conglomerato
sia del corrente compresso che delle bielle d’anima.
Il traliccio è completato
dall’armatura longitudinale.
per l b , lunghezza di ancoraggio,
vedasi punto 5.3.3.
4.2.2.3.1. Verifica del conglomerato.
La verifica consiste nel confrontare il taglio di calcolo
con una espressione cautelativa
della resistenza a compressione delle bielle inclinate.
Nel caso in cui l’anima contenga
barre pre-tese o cavi iniettati di diametro
?> b w /8, si dovrà assumere
nel calcolo la larghezza nominale dell’anima:
b wn = b w - ½ ??
dove ??è calcolato al livello
più sfavorevole.
Per la verifica del conglomerato
compresso in direzione obliqua si potrà imporre:
V sdu ?0,30 f cd ?b w ?d
essendo f cd la resistenza di calcolo
a compressione.
L’espressione del taglio resistente
riportata corrisponde al caso in cui l’armatura trasversale è
costituita da staffe ortogonali
alla linea media (? = 90°).
Se le staffe sono inclinate (45°
?? <90°) il valore di calcolo del taglio resistente può essere
assunto pari a:?30
0,30 f cd ?b w ?d (1+cot ? )
con limite superiore 0,45 f cd
?b w ?d
Nel caso di barre rialzate la maggiorazione
sopra indicata non è lecita.
4.2.2.3.2. Verifica dell’armatura
trasversale d’anima. Il taglio di calcolo deve risultare
inferiore od al limite uguale alla
somma della resistenza della armatura d’anima e del contributo
degli altri elementi del traliccio
ideale. Comunque la resistenza di calcolo dell’armatura d’anima
deve risultare non inferiore alla
metà del taglio di calcolo.
L’armatura trasversale deve essere
tale da verificare:
V Sdu ?V cd + V wd
in cui:
V cd = 0.60 f ctd ?b w ?d ??
. 0,90 d
V wd = A sw ?f ywd ?--------- (sin
? + cos ? )
. s
In tali espressioni ? è
l’inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse della trave,
A sw l’area dell’armatura trasversale
posta all’interasse s, ? è un coefficiente che tiene conto
della presenza di sforzo normale
e che assume i valori:
? = 1 se, in presenza di sforzo
normale di trazione, l’asse neutro taglia la sezione;
? = 0 se, in presenza di sforzo
normale di trazione, l’asse neutro risulta esterno alla sezione;
. M 0
? = (1 + ------- )
. M Sdu
in presenza di sforzo di compressione,
essendo M 0 e M Sdu definiti precedentemente.
Per le barre rialzate resistenti
a taglio è consigliabile limitare la tensione di calcolo a 0,8 f
ywd .
Particolare attenzione deve essere
rivolta al dimensionamento di elementi sottoposti ad azioni di
fatica per i quali può verificarsi
la necessità che la resistenza di taglio di calcolo debba
essere interamente affidata all’armatura
d’anima.
4.2.2.3.3. Verifica dell’armatura
longitudinale. La verifica comporta la traslazione del
diagramma del momento flettente
lungo l’asse longitudinale nel verso che dà luogo ad un
aumento del valore assoluto del
momento flettente.
In altri termini, l’armatura longitudinale
deve essere dimensionata per resistere al momento
sollecitante M Sdu (V) pari a:
M Sdu (V) = M Sdu + V Sdu ·
a 1?31
con: a 1 = 0,9 d (1 - cot ? ) e
comunque: a 1 ?0,2 d
La lunghezza di ancoraggio delle
barre deve essere computata a partire dal diagramma del
momento M Sdu traslato della quantità
a 1 . Le verifiche di cui al precedente capoverso ed ai
punti 4.2.2.3.1. e 4.2.2.3.2. sono
relative ad una inclinazione delle bielle d’anima pari a 45°.
4.2.2.4. Casi particolari.
4.2.2.4.1. Componenti trasversali.
Nel caso di elementi ad altezza variabile o con cavi
inclinati, il taglio di calcolo
viene assunto pari a:
V rd = V d + V md + V pd
dove:
V d = taglio dei carichi esterni
di calcolo;
V md = componenti di taglio dovute
all’inclinazione dei lembi della membratura;
V pd = componente di taglio dovuta
allo sforzo di precompressione di calcolo.
Le componenti V md e V pd dovranno
essere sempre prese in conto se il loro effetto si somma a
quello dei carichi. V md non deve
essere presa in conto se favorevole.
4.2.2.4.2. Carichi in prossimità
degli appoggi. Il taglio all’appoggio determinato da carichi
applicati alla distanza a v ?2d
dall’appoggio stesso si potrà ridurre nel rapporto av/2d, con
l’osservanza delle seguenti prescrizioni:
nel caso di appoggio di estremità,
l’armatura di trazione necessaria nella sezione ove è
applicato il carico più
vicino all’appoggio sia prolungata e ancorata al di là dell’asse
teorico di
appoggio;
nel caso di appoggio intermedio
l’armatura di trazione all’appoggio sia prolungata sin dove
necessario e comunque fino alla
sezione ove è applicato il carico più lontano compreso nella
zona con a v ?2d.
Anche in questo caso con elementi
ad altezza variabile l’eventuale componente V md
favorevole dovuta ai carichi compresi
nel tratto a v va assunta pari a zero.
4.2.2.4.3. Carichi appesi o indiretti.
Se per particolari modalità di applicazione dei carichi
gli sforzi degli elementi tesi
del traliccio risultano incrementati, le armature dovranno essere
all’uopo adeguate.
4.2.2.5. Verifica al punzonamento
di lastre soggette a carichi concentrati.
In corrispondenza dei pilastri
e di carichi concentrati si verificherà la lastra al punzonamento
allo stato limite ultimo.
In mancanza di una apposita armatura,
la forza resistente al punzonamento è assunta pari a:
F = 0,5 ?u ?h ?f ctd
dove:
h è lo spessore della lastra;
u è il perimetro del contorno
ottenuto dal contorno effettivo mediante una ripartizione a 45° fino
al piano medio della lastra;
f ctd è il valore di calcolo
della resistenza a trazione.?32
Nel caso in cui si disponga una
apposita armatura, l’intero sforzo allo stato limite ultimo dovrà
essere affidato all’armatura considerata
lavorante alla sua resistenza di calcolo.
4.2.3. VERIFICHE ALLO STATO LIMITE
ULTIMO PER SOLLECITAZIONI TORCENTI.
4.2.3.1. Premessa.
Le norme che seguono si applicano
agli elementi prismatici sottoposti a torsione semplice o
composta ad armature aderenti che
abbiano sezione piena o cava in cui si possa ipotizzare un
flusso anulare di tensioni tangenziali.
Per tali elementi si assume, come
schema resistente, un traliccio tubolare isostatico in cui gli
sforzi di trazione sono affidati
alle armature longitudinali e trasversali ivi contenute e gli sforzi
di compressione sono affidati alle
bielle di conglomerato.
La sezione anulare fittizia resistente
è definita dai seguenti parametri:
- spessore h s = d e /6 essendo
de il diametro del cerchio massimo inscritto nel poligono p e avente
per vertici i baricentri delle
armature longitudinali;
- B e = area racchiusa dal poligono
p e ;
- u e = lunghezza del perimetro
p e .
Nel caso di sezione reale anulare,
si adotterà lo spessore effettivo se questo risulta minore di
h s .
Nel caso di elementi che non corrispondono
alle ipotesi formulate, quali gli elementi a pareti
sottili a sezione aperta, dovranno
utilizzarsi metodi di calcolo fondati su ipotesi teoriche e
risultati sperimentali chiaramente
comprovati.
La sollecitazione di torsione può
essere trascurata, nel calcolo dello stato limite ultimo,
quando rappresenta una sollecitazione
secondaria e non essenziale all’equilibrio della
struttura.
4.2.3.2. Verifica della resistenza.
Il momento torcente di calcolo
T d deve risultare inferiore o al limite uguale ai valori del
momento torcente resistente corrispondenti
rispettivamente al cedimento della sezione anulare
di calcestruzzo e al cedimento
delle armature costituenti il traliccio.
Per la verifica delle bielle compresse
si può adottare la relazione:?33
. 1
T sdu ?----- f dc ?B e ?h s
. 2
essendo T sdu il momento torcente
sollecitante ultimo.
Per la verifica delle armature
si possono imporre le seguenti condizioni:
Staffe:
. A sw
T sdu ?------ 2 ?B e ?f ywd
. 2
con:
A sw = area della sezione di un
braccio di una staffa;
s = distanza fra due staffe successive;
f ywd = tensione di calcolo delle
staffe.
Armature longitudinali:
. A 1
T sdu ?------ 2 ?B e ?f yld
. u e
con:
A 1 = somma delle aree delle barre
longitudinali;
f yld = tensione di calcolo delle
armature longitudinali.
L’eventuale armatura di precompressione
Ap1 sarà presa in conto con una sezione equivalente:
. f plk
A s1 ?------ ?A p1
. f ylk
Sollecitazioni composte:
a) Torsione, flessione e sforzo
normale.
Le armature longitudinali di torsione
calcolate come sopra indicato si sommano a quelle di
flessione.
Nelle zone compresse possono essere
diminuite proporzionalmente alla risultante di
compressione.
b) Torsione e taglio.
Per la verifica delle bielle compresse
sarà opportuno che risulti:?34
. T sdu V Sdu
--------- + ---------- ?1
.T Rdu V Rsu
nella quale relazione:
. 1
T Rdu = ----- f dc ?B e ?h s
. 2
V rdu = 0,30 f dc ?b w ?d
Il calcolo delle staffe può
effettuarsi separatamente per la torsione e per il taglio avendo posto
V cd = 0; quindi si sommano le
aree delle sezioni.
Le armature longitudinali si possono
calcolare come indicato per la sollecitazione di torsione
semplice.
4.2.4. ELEMENTI SNELLI.
4.2.4.1. Generalità.
Le norme che seguono riguardano
gli effetti del secondo ordine nelle strutture costituite da
elementi monodimensionali, dovuti
a curvature della linea d’asse per pressoflessione. Sono
quindi esclusi gli effetti delle
deformazioni dovute a taglio e torsione ed i fenomeni d’instabilità
locali di pareti sottili e delle
armature.
Nelle verifiche si devono considerare
tutte le direzioni secondo le quali gli effetti del secondo
ordine assumono influenza significativa.
4.2.4.2. Limiti di snellezza.
Vengono considerati “snelli” i
pilastri a sezione costante per i quali la snellezza massima valga:
. l 0 1 + 15p
? = ----- ?60 ------------ = ?
*
. i ?N d /A c
con:
? = coefficiente di snellezza nella
direzione considerata;
l 0 = lunghezza libera di inflessione
rispettiva;
i = raggio di inerzia rispettivo
della sezione di conglomerato;
p = rapporto geometrico dell’armatura
longitudinale complessiva;
A c = sezione di conglomerato (in
mm²);
N d = sforzo normale di calcolo
valutato con le azioni di calcolo di cui al punto 7 della premessa (in
N).?35
Snellezze superiori a 3 ? * sono
da considerare con particolari cautele di progettazione e di
calcolo.
4.2.4.3. Azioni.
Dovranno essere prese in conto
le azioni esterne di calcolo più sfavorevoli quali definite al punto
7 della premessa.
Le combinazioni di carico saranno
distinte in azioni di breve e di lunga durata.
4.2.4.4. Incertezze geometriche.
Per strutture complesse si ipotizza
una inclinazione non intenzionale pari a:
. 1
tg ? = ----- (strutture ad un piano,
ovvero caricate solo in sommità);
. 150
. 1
tg ? = ----- (altre strutture).
. 200
Per colonne singole, in alternativa
a quanto sopra, si ipotizza una eccentricità non intenzionale
della forza assiale, pari a:
. l o
en = ------ (l o espresso in cm)
. 300
e comunque non inferiore a 2 cm.
Tali imperfezioni includono le
eccentricità aggiuntive prescritte per la verifica delle sezioni
a pressoflessione.
4.2.4.5. Deformazioni viscose.
Per la valutazione degli effetti
del secondo ordine dovuti alla deformazione viscosa prodotta dalle
azioni permanenti e quasi permanenti
si attribuiscono a tali azioni i loro valori
caratteristici maggiorati con coefficiente
? n = 1,15.
4.2.4.6. Verifica delle strutture
complesse (telai a nodi spostabili, strutture con sforzo
normale o sezione variabile, ecc.).
La verifica consiste, a seconda
dei casi, nel controllare che non si raggiunga una divergenza
d’equilibrio d’insieme o locale,
e che le sollecitazioni prodotte dalle azioni esterne di calcolo
siano inferiori alle resistenze
ultime delle sezioni.
La verifica del comportamento globale
deve essere seguita da quelle delle singole colonne
tenendo conto delle sollecitazioni
supplementari indotte dagli effetti della deformazione della
struttura.
Per i telai a maglia rettangolare
è ammesso il metodo iterativo P—che sostituisce ai momenti del
secondo ordine quelli prodotti
da forze orizzontali equivalenti di piano.
4.2.4.7. Telai a nodi fissi.
Per i telai che si possono ritenere
a nodi fissi è sufficiente la verifica all’instabilità locale
delle
singole colonne, assumendo la lunghezza
libera pari all’interpiano.
In assenza di una valutazione diretta
più precisa si può ammettere che gli spostamenti
orizzontali dei nodi siano trascurabili
qualora sia verificata la condizione:?36
. N ?0,6 per n ?4
H = ?------
. E c J ?0,2 + 0,1 n per n ?3
essendo:
H = altezza totale del telaio;
Ec J = somma delle rigidezze dei
nuclei di controventamento (circa costante sull’altezza);
N = somma dei carichi verticali
di esercizio per combinazioni rare;
n = numero dei piani.
4.2.4.8. Colonne singole.
Nel calcolo allo stato limite ultimo
di colonne isostatiche a sezione e sforzo normali costanti
possono adottarsi le ulteriori
semplificazioni di cui ai punti 4.2.4.8.1., 4.2.4.8.2. e 4.2.4.8.3.;
esse possono estendersi anche a
colonne per le quali si possa ammettere che la posizione dei punti
di flesso non vari col carico.
Nei pilastri con nodi fissi e distribuzione
lineare di momenti flettenti del primo ordine, si può
verificare la sezione critica con
un momento del primo ordine di calcolo corrispondente a:
M 1d = N d ?c’
con c’= 0,6 c 2 + 0,4 c 1 (?? 0,4
c 2 ?) essendo c 1 e c 2 eccentricità del primo ordine all’estremità
dell’asta
ed ?c 2 ???c1 ?
al quale va sommato il momento
del secondo ordine pari a M 2 = N d ?? essendo ?
definito in 4.2.4.8.1.
Se risulta c 1 > c’+ ? , dovrà
essere anche verificata la sezione soggetta alla eccentricità c
1
senza effetti del secondo ordine.
4.2.4.8.1. Espressione approssimata
della freccia. Quando la sezione critica del modo di
deformazione del second’ordine
è anche la più sollecitata a flessione nel primo ordine,
si può
impiegare l’espressione seguente
per la freccia massima:
1 l 0 ²
? = ----- ?-------
r l 0
l
con (---) curvatura effettiva della
sezione critica.
r
4.2.4.8.2. Procedimento della colonna
modello. E’ ammesso di valutare gli effetti del
secondo ordine quali si verificano
in una colonna definita “colonna modello”: una colonna
soggetta a sforzo normale costante,
in condizioni per cui sia esatta l’espressione di ? data al punto
4.2.4.8.1.
Detto M Rd il momento resistente
di calcolo della sezione critica si individua M 1Rd , momento
resistente del primo ordine disponibile
per l’assorbimento della sollecitazione di calcolo, là dove?37
la differenza fra l’ordinata della
curva M Rd - 1/r, tracciata per lo sforzo normale agente di
calcolo Nd e quella della retta
rappresentativa dell’effetto del secondo ordine
1 l 0 ²
N d ?--- ?------ raggiunge il suo
massimo valore.
r l0
4.2.4.8.3. Metodo diretto dello
stato di equilibrio. Si controlla che esista uno stato di
deformazione della sezione critica
tale che, detti M i e N i le risultanti di momento flettente e di
sforzo normale dello stato di tensione
corrispondente ed e i l’eccentricità pari a M i
-----
N i ,
risulti:
e i ?e d
N i ?N d
M d
con e d = -----
N d?38
4.3. Verifiche allo stato limite
di esercizio.
4.3.1. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE.
4.3.1.1. Finalità.
Per assicurare la funzionalità
e la durata delle strutture è necessario:
- prefissare uno stato limite di
fessurazione adeguato alle condizioni ambientali e di
sollecitazione nonchè alla
sensibilità delle armature alla corrosione;
- realizzare un sufficiente ricoprimento
delle armature con calcestruzzo di buone qualità e
compattezza;
- tener conto delle esigenze estetiche.
4.3.1.2. Definizione degli stati
limite di fessurazione.
In ordine di severità decrescente
si distinguono i seguenti stati limite:
- stato limite di decompressione
nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, la tensione
normale nella fibra considerata
è pari a zero;
- stato limite di formazione delle
fessure, nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, la
tensione normale di trazione nella
fibra considerata è uguale al frattile inferiore della
resistenza a trazione oppure:
f ctk = 0,7 f ctm
f cfk = 0,7 f cfm
- stato limite di apertura delle
fessure nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, il
valore caratteristico di apertura
della fessura calcolato al livello considerato è pari a un valore
nominale prefissato.
I valori nominali ai quali si riferiscono
le successive prescrizioni sono:
w 1 = 0,1 mm
w 2 = 0,2 mm
w 3 = 0,4 mm
4.3.1.3. Combinazioni di azioni.
Si prendono in considerazione le
seguenti combinazioni (Cfr 4.0.1.):
- azioni quasi permanenti;
- azioni frequenti;
- azioni rare.
4.3.1.4. Condizioni ambientali.
Si individuano i seguenti ambienti
in cui può trovarsi la struttura:
- poco aggressivo, caratterizzato
da umidità relativa non elevata o da umidità relativa elevata
per brevi periodi;
- moderatamente aggressivo, caratterizzato
da elevata umidità relativa in assenza di vapori
corrosivi;
- molto aggressivo, caratterizzato
da presenza di liquidi o di aeriformi particolarmente corrosivi.
4.3.1.5. Sensibilità delle
armature alla corrosione.
Le armature si distinguono in due
gruppi:
- armature sensibili;
- armature poco sensibili.?39
Appartengono al primo gruppo gli
acciai temprati, non rinvenuti, di qualunque diametro e gli
acciai incruditi a freddo soggetti
a tensioni permanenti superiori a 390 N/mm².
Appartengono al secondo gruppo
le altre armature e quelle adeguatamente protette.
Nel caso della precompressione
parziale, i due gruppi di armature sono, in generale, entrambi
presenti (sezione ad armatura mista).
4.3.1.6. Scelta degli stati limite
di fessurazione.
Nel prospetto 7-I sono indicati
i criteri di scelta dello stato limite con riferimento alle esigenze
sopra riportate.
Nel caso della precompressione
parziale è richiesta la verifica allo stato limite di decompressione
per la combinazione di azioni quasi
permanente e la verifica allo stato limite di apertura delle
fessure per le combinazioni di
azioni frequente e rara.
L’impiego della precompressione
parziale, a causa della fessurazione della sezione in
condizioni di servizio, è
soggetto a particolari limitazioni, nel seguito specificate.
PROSPETTO 7-I
ARMATURA
SENSIBILE POCO SENSIBILE
GRUP
PI DI
ESIGE NZE
CONDIZI ONI AMBIEN
TE
COMBINA
ZIONE DI
AZIONI Stato limite w k Stato limite
w k
Frequente Ap. Fessure ?w 2 Ap.
Fessure ?w 3 a Poco
aggressivo
Quasi
permanente
Decomp. O
ap. fessure
?w 1 Ap. Fessure ?w 2
Frequente Ap. Fessure ?w 1 Ap.
Fessure ?w 2 b Moderata
mente
aggressivo Quasi
permanente
Decompres. - Ap. Fessure ?w 1
rara Ap. Fessure
e formaz.
Fessure
?w 1 Ap. Fessure ?w 2 c Molto
aggressivo
Frequente Decomp. - Ap. Fessure
?w 1
W k è definito al punto
4.3.1.7.1.3 w 1 , w 2 , w 3 sono definiti al punto 4.2.4.2.
4.3.1.7. Verifiche allo stato limite
di fessurazione.
4.3.1.7.1. Verifiche allo stato
limite per sollecitazioni che provocano tensioni normali.
4.3.1.7.1.1. Stato limite di decompressione.
Le tensioni sono calcolate in base alle
caratteristiche geometriche e meccaniche
della sezione omogeneizzata non fessurata. (Il
coefficiente di omogeneizzazione
è definito al punto 4.3.4.1.).
Nel caso della precompressione
parziale la sezione deve risultare totalmente compressa per la
combinazione di azioni quasi permanente
e, comunque, per il carico permanente più il 10% dei
carichi variabili disposti nel
modo più sfavorevole.
4.3.1.7.1.2. Stato limite di formazione
delle fessure. Valgono i criteri di calcolo di cui al
punto 4.3.1.7.1.1.?40
4.3.1.7.1.3. Stato limite di apertura
delle fessure. La zona di efficacia dell’armatura è legata
alle condizioni di lavoro dell’elemento
strutturale ed alla sua conformazione.
Il valore caratteristico di apertura
delle fessure nella zona di efficacia delle armature non deve
superare il valore prefissato al
punto 4.3.1.6.
Il valore caratteristico di calcolo
è dato da:
w k = 1,7 w m
in cui w m che rappresenta il valore
medio dell’apertura calcolata in base alla deformazione
media ? sm del tratto s rm pari
alla distanza media fra le fessure, sia:
w m = ? sm ?s rm
I criteri indicati si applicano
anche al calcolo delle aperture delle fessure provocate da stati di
coazione ed alla verifica delle
condizioni di fessurazione dell’anima delle travi alte.
Nel caso della precompressione
parziale, poichè l’armatura è mista, in parte sensibile ed
in parte
poco sensibile, il calcolo dell’ampiezza
delle lesioni si effettua al livello delle armature non
pretese e con la tensione presente
in queste ultime, ma i valori delle ampiezze ammissibili
devono essere quelli relativi alle
armature sensibili secondo quanto prescritto nel prospetto 7-I.
4.3.2. STATO LIMITE DELLE TENSIONI
DI ESERCIZIO.
1) Cemento armato normale.
Tensioni di compressione del calcestruzzo.
Per le strutture o parti di strutture
esposte ad ambiente aggressivo, gruppo c del Prospetto 7-I,
devono essere rispettati i seguenti
limiti per le tensioni di compressione nel calcestruzzo:
- per combinazioni di carico rara:
0,50 f ck ;
per combinazioni di carico quasi
permanente: 0,40 f ck .
Particolare attenzione nella limitazione
delle tensioni in esercizio va rivolta ai casi in cui si
riconosca l’esistenza di una particolare
incertezza del modello strutturale adottato e/o quando
sussista una significativa alternanza
delle sollecitazioni in esercizio nella medesima sezione,
anche se le strutture sono riferite
ai gruppi a o b del Prospetto 7-I.
Del pari particolare attenzione
si deve porre nella limitazione delle tensioni in esercizio per
sollecitazione di pressoflessione
con prevalenza di sforzo normale per la conseguente limitata
duttilità.
Per le strutture o parti di strutture
esposte ad ambiente dei gruppi a, b del Prospetto 7-I, devono
essere rispettati i seguenti limiti
per le tensioni di compressione nel calcestruzzo:
- per combinazione di carico rara:
0,60 f ck ;
- per combinazione di carico quasi
permanente: 0,45 f ck .
Tensioni di trazione nell’acciaio.
Per le armature ordinarie la massima
tensione di trazione sotto la combinazione di carichi rara non
deve superare 0,70 f yk .
2) Cemento armato precompresso.
Le tensioni limite nel calcestruzzo
e nell’acciaio sono riportate al capitolo 4.3.4.
4.3.2.1. Metodi per il calcolo
delle tensioni.
Nel calcolo delle tensioni è
necessario considerare, se del caso, oltre agli effetti dei carichi anche
quelli delle variazioni termiche,
della viscosità, del ritiro, e delle deformazioni imposte aventi
altre origini.?41
Le tensioni debbono essere calcolate
adottando le proprietà geometriche della sezione
corrispondente alla condizione
non fessurata oppure a quella completamente fessurata, a
seconda dei casi.
Deve, di regola, essere assunto
lo stato fessurato se la massima tensione di trazione nel
calcestruzzo calcolata in sezione
non fessurata sotto la combinazione di carico rara supera f ctm .
Quando si adotta una sezione non
fessurata, si considera attiva l’intera sezione di calcestruzzo, e
si considerano in campo elastico
sia a trazione che a compressione il calcestruzzo e
l’acciaio.
Quando si adotta la sezione fessurata,
il calcestruzzo può essere considerato elastico in
compressione, ma incapace di sostenere
alcuna trazione (nel calcolo delle tensioni secondo le
presenti regole non va di norma
tenuto conto - nelle verifiche locali - dell’effetto irrigidente
del calcestruzzo teso dopo fessurazione).
In via semplificativa si può
assumere il comportamento elastico-lineare e per le armature
il coefficiente di omogeneizzazione
con il valore convenzionale n = 15.
4.3.2.3. Fenomeni di fatica: verifica
delle armature.
In presenza di sollecitazioni che
possano indurre fenomeni di fatica, se le tensioni di esercizio
rientrano nella seguente limitazione
2
? min ------- ? max
3
le tensioni limite vengono ridotte
secondo l’espressione:
= ? min
? s = 0.75 ? s ( 1 + 0,5----------)
? max
dove ? s è la tensione limite
dell’armatura in esercizio (v. 4.3.2.).
4.3.3. STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE.
4.3.3.1. Generalità.
La verifica allo stato limite di
deformazione consiste nel controllare che la deformazione sia:
a) compatibile con la funzionalità
dell’opera per tutte le condizioni d’impiego previste;
b) convenientemente limitata in
modo da evitare danni alle sovrastrutture adiacenti.
La deformazione istantanea deve
essere verificata per le combinazioni di azioni rare di cui al
punto 4.3.1.3.
La deformazione a lungo termine
deve essere verificata in presenza dei carichi permanenti e
quasi permanenti.
Il calcolo delle eventuali controfrecce
si effettua in presenza delle sole azioni permanenti e quasi
permanenti, adottando i valori
medi dei parametri caratterizzanti il comportamento dei materiali.
4.3.3.2. Calcolo delle deformazioni.
Il calcolo della deformazione flessionale
si effettua di norma mediante integrazione delle curvature
tenendo conto, se del caso, degli
effetti del ritiro e della viscosità.
Per il calcolo delle deformazioni
flessionali si considera lo stato I non fessurato (sezione
interamente reagente) per tutte
le parti di struttura nelle quali, nelle condizioni di carico
considerate, le tensioni di trazione
non superano la resistenza a trazione; per le altre parti di
struttura si fa riferimento allo
stato II, fessurato, considerando l’effetto irrigidente del
calcestruzzo teso fra le fessure.?42
4.3.3.3. Rapporti di snellezza
limite.
Per travi a sezione rettangolare
o assimilabili e per luci fino a 10 m, qualora la verifica allo stato
limite ultimo sia effettuata con
calcolo non lineare o con calcolo lineare, escludendo quindi il
calcolo rigido plastico, si potrà
omettere la verifica allo stato limite di deformazione purchè i
rapporti l/h (l = luce, h = altezza
totale) risultino inferiori o uguali ai valori di cui al prospetto 8-I.
PROSPETTO 8-I
CONDIZIONI DI VINCOLO l/h
Travi a sbalzo 7
Travi e piastre semplicemente appoggiate
20
Travi continue, piastre incastrate
26
Le indicazioni di cui sopra valgono
anche per le piastre rettangolari, essendo in tal caso l la
luce minore.
Per elementi precompressi i rapporti
del precedente prospetto possono essere moltiplicati per il
fattore 1,3.
Nel caso in cui gli elementi siano
destinati a portare pareti divisorie dovrà altresì essere
verificato il rispetto delle seguenti
condizioni:
l 120
per travi appoggiate --- ?-----
h l
l 150
per travi continue ---- ?-----
h l
(l e h espressi in metri)
4.3.4. NORME SPECIFICHE DI CALCOLO
PER IL CEMENTO ARMATO
PRECOMPRESSO.
4.3.4.1. Generalità.
Il calcolo delle tensioni va effettuato
considerando le combinazioni più sfavorevoli della
precompressione, nei suoi diversi
stadi, e delle diverse condizioni di carico corrispondenti alle
successive fasi di costruzione
e di esercizio per combinazioni rare.
Di norma sono ammesse limitate
tensioni di trazione di origine flessionale per le combinazioni di
esercizio per le combinazioni rare
più sfavorevoli.
E’ ammessa anche la precompressione
parziale, con conseguente parzializzazione della sezione di
conglomerato, con la esclusione
dell’apporto delle tensioni di trazione nel conglomerato in
esercizio per combinazioni rare
e con le limitazioni di cui ai punti successivi.
Nel computo delle caratteristiche
geometriche delle sezioni vanno detratti gli eventuali vuoti
per il passaggio dei cavi, quando
complessivamente superino il 2% della sezione del
conglomerato.
Nelle strutture a cavi non ancora
iniettati si considera come resistente la sezione di conglomerato
depurata dei fori; nelle strutture
a cavi iniettati si può considerare collaborante l’armatura di
precompressione con coefficiente
di omogeneizzazione uguale a 6.?43
I procedimenti di calcolo relativi
alle condizioni di esercizio devono essere condotti nell’ipotesi di
elasticità dei materiali,
valutando peraltro gli effetti delle cadute di tensione per
deformazioni lente.
Quando si eserciti la precompressione
su una struttura vincolata in modo che ne risulti
ostacolata la libera deformazione
va tenuto conto dello stato di sollecitazione derivante dalle
reazioni di iperstaticità.
Nel calcolo delle reazioni iperstatiche
si dovrà generalmente tener conto della variazione che lo
sforzo di pre-tensione subisce
lungo l’asse geometrico per effetto dell’attrito.
Nelle strutture ad armatura post-tesa
la tensione iniziale nella sezione generica viene calcolata
deducendo dalla tensione al martinetto
le perdite per attrito lungo il cavo e per l’eventuale rientro
degli apparecchi di ancoraggio
e scorrimento dei fili bloccati (da non considerarsi nel computo
di ? spi di cui al punto 2.3.6.).
Si dovrà tener conto altresì dell’effetto mutuo fra i cavi
tesi
successivamente indotto dalla deformazione
elastica della struttura. Nelle strutture ad armatura
pre-tesa va considerata la caduta
di tensione per deformazione elastica.
Successivamente si valuteranno
gli effetti delle deformazioni lente:
- ritiro;
- “fluage” del conglomerato;
- rilassamento dell’acciaio.
Le cadute legate alle condizioni
di sollecitazione del conglomerato e dell’acciaio vanno
valutate suddividendo idealmente
la struttura in tronchi e considerando lo stato di tensione ivi
agente nei due materiali.
Nelle strutture eseguite e precompresse
in più fasi le cadute per deformazione lenta vanno
valutate in ciascuna fase, con
riguardo alle caratteristiche geometriche, ai carichi esterni ed
alla precompressione presenti in
tali fasi.
Nelle strutture miste, quando si
eseguono getti successivi, va tenuto conto, almeno in via
approssimata, degli sforzi prodotti
dalla differenza delle deformazioni lente del conglomerato
delle parti solidarizzate.
Nel caso della precompressione
parziale, per la presenza di notevoli quantitativi di armatura
ordinaria si potrà tenere
conto dell’effetto dovuto alla migrazione delle tensioni di compressione
dal conglomerato cementizio alle
armature ordinarie.
Per le strutture staticamente indeterminate,
quando vengono operate variazioni dello schema
strutturale (es. cerniere provvisorie)
va tenuto conto delle variazioni delle reazioni vincolari
conseguenti alle deformazioni lente,
con particolare riferimento all’età dei getti.
La documentazione tecnica relativa
ai tipi degli ancoraggi per armature da c.a.p., dovrà essere
depositata presso il Ministero
dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale, a cura delle ditte
produttrici e dovrà comprovare
la efficienza degli
ancoraggi stessi.
4.3.4.2. Effetti dell’attrito.
Il calcolo degli effetti dell’attrito
si può effettuare come segue: la tensione ? p0 applicata
all’estremità del cavo,
a causa dell’attrito, risulta, alla distanza x, ridotta al valore ? px
dato
dalla relazione:
? px = ? p0 e -f(? +ßx)
nella quale:
f è il coefficiente di attrito
dipendente dalle caratteristiche delle superfici del cavo e
dell’alloggiamento che si trovano
a contatto;
? è la somma dei valori
assoluti delle deviazioni angolari di progetto del cavo comprese nel tratto
di lunghezza x, espresse in radianti;
nel caso di deviazioni altimetriche e planimetriche
concomitanti, i relativi angoli
saranno composti geometricamente;?44
ß rappresenta la deviazione
angolare convenzionale del cavo, espressa in rad/m, che tiene conto
degli inevitabili contatti accidentali
che, anche nel caso di cavo rettilineo correttamente realizzato,
si verificano fra i vari elementi
del cavo, l’alloggiamento e gli eventuali dispositivi distanziatori.
Salvo il caso di determinazione
sperimentale, si adotteranno per f e ß i valori seguenti, validi
nell’ipotesi che le armature siano
prive di ossidazione:
- cavo su calcestruzzo liscio:
f = 0,5;
- cavo in guaina metallica: f =
0,3;
- ß = 0,01 rad/m.
Quando f (? +ß x) risulta
minore di 0,25, per il calcolo di ? px si potrà adottare lo sviluppo
in serie
della formula esponenziale limitato
al secondo termine:
? px = ? p0 [1 - f (? + ß
x)]
Nel caso illustrato in figura si
ha, nell’ambito dell’approssimazione predetta, supponendo
di applicare in A la tensione ?
pA :
? pB = ? pA [1 - f (? 1 + ß
l 1 ) ]
? pC = ? pB (1 - f ß l 2
)
? pD = ? pC (1 - f ß l 3
)
? pE = ? Pd [1 - f (? 2 + ß
l 4 ) ]
Stabilita così la legge
di variazione della tensione lungo il cavo, se ne può dedurre
l’allungamento da ottenere in A
suddividendo il cavo in tronchi, calcolando in ciascun tronco
la tensione media e deducendo il
corrispondente allungamento unitario del diagramma sforzi-allungamenti
dell’acciaio.
L’assestamento iniziale del cavo
deve essere valutato sperimentalmente. In taluni casi,
quando il cavo non venga preventivamente
confezionato, questo effetto può assumere
particolare importanza: la sua
valutazione può essere eseguita iniziando la misura degli
allungamenti a partire da una tensione
sufficientemente elevata ed estrapolando fino all’asse
delle deformazioni la legge sforzi-allungamenti
rilevata a partire da tale prima lettura.
4.3.4.3. Interdipendenza fra ritiro,
viscosità e rilassamento.
Per tener conto dell’influenza
reciproca fra le cadute di tensione per ritiro “fluage” del
calcestruzzo, indicate globalmente
con la notazione ?? ssf e la caduta per rilassamento ?? r ?
valutata secondo le prescrizioni
di cui al punto 2.3.6, quest’ultima può essere ridotta al
valore ?? r ?desunto dalla espressione:?45
2,5 ?? ssf
?’? r ?= ?? r ?(1 - ---------------)
? spi
La riduzione si applica alla sola
frazione del rilassamento che avviene dopo l’applicazione dello
stato di coazione al conglomerato.
Tale avvertenza assume particolare importanza nel caso
di maturazione a vapore.
In nessun caso la caduta per rilassamento
a tempo infinito ?? r ?corrispondente ad una tensione
iniziale pari a 0,75 f ptk e ad
una temperatura di 20 °C potrà essere assunta inferiore a 0,04
? spi Per altri valori della tensione
iniziale vale la legge di variazione parabolica
indicata al punto 2.3.6.
4.3.4.4. Ritaratura.
Tenuto presente quanto stabilito
al punto 6.2.4.2. circa la protezione delle armature, quando si
procede alla ritaratura delle tensioni,
le cadute per ritiro e viscosità del conglomerato e
rilassamento dell’acciaio possono
essere ridotte fino ai seguenti valori:
a) effetto del ritiro e della viscosità
del conglomerato:
?r = 15% per ?t ?60 giorni
b) effetto del rilassamento dell’acciaio:
?r = 30% per ?t ?28 giorni
essendo:
?r = coefficiente di riduzione;
?t = intervallo di ritaratura.
In ogni caso vale la limitazione
di cui al punto 4.3.4.3.
4.3.4.5. Tensioni di esercizio
nel conglomerato.
Le tensioni normali di esercizio
non devono superare a compressione i seguenti valori limite:
a) - in ambienti poco aggressivo
e moderatamente aggressivo (gruppi a, b del Prospetto 7-
I):
- per combinazione di carico rara:
0,60 f ck ;
- combinazione di carico quasi
permanente: 0,45 f ck .
b) - in ambiente molto aggressivo
(gruppo c del Prospetto 7-I):
- per combinazione di carico rara:
0,50 f ck ;
- combinazione di carico quasi
permanente: 0,40 f ck .
Per ambienti poco o moderatamente
aggressivi (gruppi a, b del Prospetto 7-I) sono ammesse
tensioni di trazione in combinazioni
rare al massimo uguali a = 0,07 f ck , a condizione che nella
zona siano disposte armature sussidiarie
di acciaio ad aderenza migliorata, opportunamente
diffuse, in misura tale che il
prodotto della loro sezione complessiva, per il tasso convenzionale di
175 N/mm², corrisponda all’intero
sforzo di trazione calcolato a sezione interamente
reagente.
Per le travi ad armatura pre-tesa
sono ammesse tensioni di trazione in combinazioni rare fino a
0,03 f ck , senza aggiunta di armatura
sussidiaria, purchè l’armatura pre-tesa sia ben diffusa
nelle zone soggette a trazione.?46
Per spessori minori di 5 cm le
tensioni normali limite di esercizio su riportate sono ridotte del
30%.
Non sono ammesse tensioni di trazione
ai lembi nei seguenti casi:
a) quando la fessurazione in esercizio
per combinazioni rare compromette la funzionalità
della struttura;
b) in tutte le strutture sotto
l’azione del solo carico permanente (peso proprio e
sovraccarico permanente), ove il
sovraccarico variabile possa incrementare le trazioni;
c) nelle strutture site in ambiente
aggressivo (gruppo c del Prospetto 7-I);
d) nelle strutture costruite per
conci prefabbricati, nelle quali non si possa
sperimentalmente dimostrare che
il giunto dispone di una resistenza a trazione almeno
equivalente a quella della zona
corrente.
Nel caso della precompressione
parziale le tensioni del conglomerato compresso e delle
armature ordinarie sono calcolate
prescindendo dal contributo a trazione del conglomerato, come
nelle sezioni pressoinflesse di
conglomerato cementizio armato normale.
Non è ammessa precompressione
parziale nei casi a), c) e d) sopra elencati.
4.3.4.6. Tensioni iniziali nel
conglomerato.
All’atto della _ precompressione_le
tensioni non debbono superare a compressione il valore di
? c = 0,60 f ckj essendo f ckj
la resistenza caratteristica a compressione del conglomerato a j
giorni di stagionatura.
Sono ammesse tensioni di trazione
_
? c = 0,10 f ckj fermo restando
l’obbligo specificato al punto 4.3.4.5. di disporre armature
metalliche come ivi indicato, ma
proporzionate al tasso convenzionale massimo di 215
N/mm². Nelle travi ad armature
pretese sono ammesse tensioni di trazione iniziali pari a 0,05 f ckj
senza aggiunta di armatura sussidiaria
purchè l’armatura pre-tesa sia ben diffusa nella zona
soggetta a trazione. Per spessori
minori di 5 cm le tensioni normali iniziali sono ridotte del 30%.
Qualora si ammettano tensioni iniziali
elevate si dovrà considerare il rischio che le contro-frecce
assumano nel tempo valori eccessivi.
In fasi intermedie e transitorie
della costruzione è consentito superare nel conglomerato il limite
a
trazione innanzi stabilito purchè
le fasi successive provochino l’annullamento dello stato di
trazione.
In tali condizioni dovrà
considerarsi la parzializzazione della sezione durante la fase transitoria
predetta e le armature, disposte
come precisato al punto 4.3.4.5., dovranno verificarsi in
conformità alle norme e
prescrizioni valide per le sezioni pressoinflesse di conglomerato
cementizio armato normale. La resistenza
a trazione del conglomerato nelle zone virtualmente
fessurate non potrà tenersi
in conto nelle verifiche a taglio e nella eventuale verifica a
fessurazione.
Nella zona di ancoraggio delle
armature si possono tollerare compressioni locali prodotte dagli
apparecchi di ancoraggio pari a:
f ckj
-------- 1,1
Quando la testata della trave sia
prefabbricata in conglomerato, f ckj rappresenta la
resistenza caratteristica a compressione
del conglomerato della testata medesima. In tal caso si
controllerà inoltre che
la pressione di contatto sotto la testata prefabbricata, valutata
nell’ipotesi di distribuzione uniforme
con diffusione a 45° attraverso la testata, rispetti la
limitazione precedente.?47
Qualora gli apparecchi di ancoraggio
non siano applicati sulla superficie del conglomerato, ma
incassati nel corpo della trave,
nella valutazione della pressione trasmessa si può tener conto
anche della diffusione della forza
per attrito laterale lungo le superfici dell’apparecchio: tale
contributo, tanto maggiore quanto
maggiore è l’aderenza assicurata dalla scabrosità delle
superfici laterali dell’apparecchio,
non dovrà, sotto le migliori condizioni, superare il limite
massimo del 50% dello sforzo totale.
Qualora le zone di influenza di
apparecchi vicini si sovrappongano, le pressioni vanno
sommate.
Verifiche locali dovranno eseguirsi
per gli ancoraggi fissi annegati.
4.3.4.7. Travi a conci.
Nelle travi a conci con giunti
lisci riempiti con malta cementizia il rapporto fra lo sforzo di
taglio e lo sforzo normale non
deve superare in esercizio per le combinazioni rare, in
corrispondenza dei giunti, il valore
0,35. Qualora tale rapporto risulti maggiore di 0,35 le
superfici dei conci contigui debbono
essere munite di apposite dentellature o rese solidali
con l’impiego di adesivi adeguatamente
sperimentati e controllati.
4.3.4.8. Deformazioni lente.
a) Ritiro.
Per il calcolo delle cadute di
tensione, salvo più precise valutazioni (vedi punto 2.1.6.) si
possono adottare i seguenti valori:
0,0003 se la struttura viene precompressa
prima di 14 giorni di stagionatura;
0,00025 se la struttura viene precompressa
dopo 14 giorni di stagionatura.
Per strutture particolarmente sottili
ed ambiente particolarmente secco dovranno
adottarsi valori superiori.
b) Viscosità.
La deformazione lenta sotto carico,
depurata del ritiro, può, salvo più precise valutazioni (vedi
punto 2.1.7.), essere assunta pari
ad almeno 2 volte la deformazione elastica in esercizio per le
combinazioni quasi permanenti,
sempre che la struttura venga sollecitata non prima di 14
giorni di stagionatura.
Se la struttura viene invece sollecitata
entro un tempo minore, la deformazione lenta sotto carico si
assumerà non inferiore a
2,3 volte la deformazione elastica in esercizio per le combinazioni
quasi permanenti.
Se la maturazione del conglomerato
avviene con procedimenti particolari, è ammessa
l’adozione di un minor valore della
deformazione lenta purchè sperimentalmente giustificato.
Il calcolo della caduta di tensione
per viscosità dovrà essere effettuato, con riferimento alla
tensione che, nella sezione considerata,
agisce sulla fibra di conglomerato posta al livello
della armatura.
Nelle travi ad armatura pre-tesa,
nella esecuzione delle quali intercorre sempre un intervallo di
tempo tra la tesatura e l’applicazione
dello sforzo di precompressione al conglomerato, il calcolo
della deformazione elastica del
calcestruzzo, necessario per la successiva valutazione di quella
differita nel tempo, dovrà
basarsi sul valore assunto dalla tensione nell’acciaio al momento della
applicazione dello stato di coazione
al conglomerato, desunto dalla curva sperimentale di
rilassamento determinata in condizioni
simili a quelle presenti in fase esecutiva, ponendo
particolare attenzione all’influenza
sul rilassamento dell’acciaio dell’eventuale
riscaldamento utilizzato per accelerare
l’indurimento del conglomerato.
4.3.4.9. Tensioni limite per gli
acciai da precompresso.
Le tensioni devono essere limitate
ai seguenti valori riferiti a quelli caratteristici garantiti dal
produttore:
- strutture ad armatura post-tesa:?48
? spi ?0,85 f p(0,2)k
fili o trecce }
? spi ?0,85 f ptk
? spi ?0,85 f p(1)k
trefoli }
? spi ?0,85 f ptk
? spi ?0,85 f pyk
barre }
? spi ?0,85 f ptk
Nelle barre sono ammesse sovratensioni
ai lembi del 10%, indotte dalla curvatura. Volendo
conseguire raggi minori di quelli
consentiti dai limiti suddetti si dovranno preformare le barre
mediante piegatura a freddo.
strutture ad armatura pre-tesa:
? spi ?0,90 f p(0,2)k
fili o trecce }
? spi ?0,60 f ptk
? spi ?0,90 f p(1)k
trefoli }
? spi ?0,60 f ptk
Il limite indicato per ? sp è
il massimo di cui è consentita la presa in conto per valutare gli
effetti favorevoli della precompressione
in esercizio; ? spi indica la tensione nell’acciaio
all’atto della precompressione.
A causa dell’attrito, le tensioni
possono tuttavia superare localmente tale limite; di ciò si dovrà
tenere conto là dove gli
effetti della precompressione possano indurre condizioni di lavoro più
severo. Comunque non può
superarsi il valore limite della tensione iniziale ? spi .
4.3.4.10. Tensioni nell’acciaio
pre-teso dovute ai sovraccarichi.
Negli acciai di pre-tensione possono
ammettersi, per effetto dei sovraccarichi, incrementi dei
limiti massimi di tensione di cui
al punto 4.3.4.9. non superiori a 0,06 f ptk .?49
Nel caso della precompressione
parziale gli incrementi di tensione determinati in
corrispondenza dello strato di
armatura presollecitata più lontano dall’asse neutro devono
rispettare le limitazioni che derivano
dalla verifica dell’ampiezza delle fessure e dalla verifica a
fatica.
Sotto l’effetto di quei sovraccarichi
che possono dar luogo ad effetti di fatica per il grande
numero di ripetizioni probabili,
deve sempre sussistere un rapporto di sicurezza 2, fra l’intervallo
di tensione cui l’acciaio è
capace di resistere a fatica e l’intervallo fra la massima e la
minima tensione cui è soggetto
l’acciaio nella struttura (ivi compresi gli eventuali effetti di
curvatura). Il confronto va riferito
ai risultati di prove effettuate assumendo come tensione
media la semisomma di questi ultimi
valori.
Nel caso della precompressione
parziale la verifica a fatica è obbligatoria.
4.4. Verifiche mediante prove su
strutture campione e su modelli.
4.4.1. PROVE SU STRUTTURE O ELEMENTI
CAMPIONE.
Nel caso che la verifica sia riferita
ad esperienze dirette su struttura campione da effettuare
sotto il controllo di un Laboratorio
Ufficiale, su un adeguato numero di elementi, tale da
consentire una convincente elaborazione
statistica dei risultati, e nei quali siano fedelmente
riprodotte le condizioni di carico
e di vincolo, il minimo valore del coefficiente di sicurezza
rispetto alla resistenza sperimentale
a rottura non deve essere inferiore a 2 per carichi di breve
durata mentre il valore medio del
coefficiente di sicurezza non deve essere inferiore a 2,3,
sempre per carichi di breve durata.
Detti coefficienti devono essere opportunamente
incrementati nel caso di azioni
ripetute o protratte nel tempo, a meno che l’effettiva storia di
carico non venga riprodotta nelle
prove. Ove siano da temere fenomeni di instabilità globale e
locale ovvero rotture senza preavviso,
i coefficienti di sicurezza devono essere opportunamente
maggiorati.
Le esperienze devono accertare
che, sotto le combinazioni delle azioni di esercizio, siano rispettate
le esigenze di cui al punto 3,
e che le deformazioni siano conformi a quanto indicato in 4.3.3.;
corrispondentemente l’apertura
massima delle lesioni non dovrà superare l’80% delle ampiezze
limite ammesse in 4.3.1.
Per la produzione di serie in stabilimento
i controlli debbono avere carattere periodico.
4.4.2. PROVE SU MODELLI.
Per strutture di particolare complessità
le ipotesi a base del calcolo potranno essere guidate dai
risultati di prove su modelli.
5. REGOLE PRATICHE DI PROGETTAZIONE.
5.1. Peso proprio del conglomerato.
Il peso proprio del conglomerato
armato, quando il valor effettivo non risulti da
determinazione diretta, deve essere
assunto pari a 25 kN/m 3 .
5.2. Valori massimi e minimi di
R ck .
5.2.1. STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO
NORMALE.
Per strutture armate non è
ammesso l’impiego di conglomerati con:
R ck < 15 N/mm²?50
Nei calcoli statici non potrà
essere presa in conto una resistenza caratteristica superiore a 55
N/mm². Per R ck ?40 N/mm²
si richiedono controlli statistici sia preliminari che in corso
d’impiego, e calcolazioni accurate
delle strutture.
5.2.2. STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO
PRECOMPRESSO.
Non possono essere utilizzati conglomerati
con:
R ck < 30 N/mm²
Nei calcoli statici non può
essere considerata una R ck > 55 N/mm².
Per R ck ?40 N/mm2 si richiedono
controlli statistici sia preliminari che in corso di impiego e
calcolazioni accurate delle strutture.
5.3. Regole specifiche per strutture
in cemento armato normale.
5.3.1. ARMATURA LONGITUDINALE.
Nelle strutture inflesse in elevazione
la percentuale di armatura longitudinale, nella zona tesa,
riferita all’area totale della
sezione di conglomerato, non deve scendere sotto lo 0,15 per barre ad
aderenza migliorata e sotto lo
0,25 per barre lisce. Tale armatura deve essere convenientemente
diffusa.
In presenza di torsione si dovrà
disporre almeno una barra longitudinale per spigolo e
comunque l’interasse fra le barre
medesime non dovrà superare 35 cm.
Alle estremità delle travi
deve essere disposta una armatura inferiore, convenientemente ancorata,
in grado di assorbire, allo stato
limite ultimo, uno sforzo di trazione uguale al taglio.
5.3.2. STAFFE.
Nelle travi si devono prevedere
staffe aventi sezione complessiva non inferiore a A st =
0,10 (1 + 0,15 d/b) b cm²/m
essendo d l’altezza utile della sezione e b lo spessore minimo
dell’anima in cm, con un minimo
di tre staffe al metro e comunque passo non superiore a 0,8
volte l’altezza utile della sezione.
In prossimità di carichi
concentrati o delle zone d’appoggio, per una lunghezza pari all’altezza
utile della sezione da ciascuna
parte del carico concentrato, il passo delle staffe non dovrà
superare il valore 12 ?1 , essendo
?1 il diametro minimo dell’armatura longitudinale.
In presenza di torsione dovranno
disporsi nelle travi staffe aventi sezione complessiva, per metro
lineare, non inferiore a 0,15 b
cm² per staffe ad aderenza migliorata e 0,25 b cm² per staffe
lisce,
essendo b lo spessore minimo dell’anima
misurata in centimetri. Inoltre il passo delle staffe
non dovrà superare 1/8 della
lunghezza della linea media della sezione anulare resistente e
comunque 20 cm.
Le staffe devono essere collegate
da apposite armature longitudinali.
5.3.3. ANCORAGGIO DELLE BARRE.
Le barre tese devono essere prolungate
oltre la sezione nella quale esse sono soggette alla
massima tensione in misura sufficiente
a garantirne l’ancoraggio nell’ipotesi di ripartizione
uniforme delle tensioni tangenziali
di aderenza. Con le stesse modalità si dovrà inoltre verificare
che l’ancoraggio sia garantito
al di là della sezione a partire dalla quale esse non vengono più
prese in conto, con riferimento
alla tensione effettiva ivi agente. I valori della tensione tangenziale
ultima di aderenza f bd applicabili
a barre ancorate in zona di conglomerato compatto
utilmente compressa ai fini dell’ancoraggio
(barre ancorate nella metà inferiore della trave o a?51
non meno di 30 cm dalla superficie
superiore del getto o da una ripresa ed allontanate dal lembo
teso, oppure barre inclinate non
meno di 45° sulle traiettorie di compressione), sono dati dalle
seguenti espressioni:
- per barre lisce:
0,32
f bd = -------- ?R ck (N/mm²)
? c
- per barre ad aderenza migliorata:
f ctk
f bd = 2,25 --------
? c
Nel caso di barre ancorate in condizioni
diverse da quelle sopraindicate, si dovranno
considerare congrue riduzioni (fino
al 50% dei valori indicati).
Le barre tonde lisce devono essere
ancorate con uncini salvo che per barre sicuramente
compresse. Gli uncini devono essere
semicircolari con diametro interno non inferiore a 5
diametri e prolungati oltre il
semicerchio di non meno di 3 diametri.
Agli effetti dell’aderenza gli
uncini così eseguiti possono essere assunti come equivalenti a 20
diametri.
Nelle barre ad aderenza migliorata
è ammessa la omissione degli uncini, ma l’ancoraggio deve
essere in ogni caso pari a 20 diametri
con un minimo di 15 cm. Comunque, se presenti, gli uncini
dovranno avere raggio interno pari
ad almeno a 6 diametri e, ai fini dell’aderenza, essi
possono essere computati nella
effettiva misura del loro sviluppo in asse alla barra.
Particolari cautele devono essere
adottate ove si possono prevedere fenomeni di fatica e di
sollecitazioni ripetute.
5.3.4. PILASTRI.
Nei pilastri soggetti a compressione
centrata od eccentrica deve essere disposta
un’armatura longitudinale di sezione
non minore dello
N sd
0,15---------
f yd ,
dove N sd è la forza normale
di calcolo in esercizio per combinazione di carico rara ed f yd è
la
resistenza di calcolo, e compresa
fra lo 0,3% e il 6% della sezione effettiva. Quest’ultima
limitazione sale al 10% della sezione
effettiva nei tratti di giunzione per ricoprimento. In ogni
caso il numero minimo di barre
longitudinali è quattro per i pilastri a sezione rettangolare o
quadrata e sei per quelli a sezione
circolare.
Il diametro delle barre longitudinali
non deve essere minore di 12 mm.
Deve essere sempre prevista una
staffatura posta ad interasse non maggiore di 15 volte il
diametro minimo delle barre impiegate
per l’armatura longitudinale, con un massimo di 25 cm.
Le staffe devono essere chiuse
e conformate in modo da contrastare efficacemente, lavorando
a trazione, gli spostamenti delle
barre longitudinali verso l’esterno.
Il diametro delle staffe non deve
essere minore di 6 mm e di ¼ del diametro massimo delle
barre longitudinali.
Per pilastri prefabbricati in stabilimento
i diametri minimi delle barre longitudinali e delle
staffe sono rispettivamente ridotti
a 10 ed a 5 mm.?52
Per strutture in c.a. intese come
setti e pareti, di importanza corrente, sottoposte prevalentemente a
sforzo assiale, quando la compressione
media, in combinazione rara, risulti non superiore al
limite seguente:
? cd(media) ?0,27 [1 - 0,03 (25-s)]
f cd
essendo s lo spessore della parete
espresso in cm, si potranno adottare per le armature, da
disporre presso entrambe le facce,
le seguenti limitazioni dimensionali in deroga alle precedenti:
a) diametro minimo delle barre
longitudinali = 8 mm
interasse massimo ?30 cm;
b) diametro minimo delle barre
trasversali = 5 mm
20 Ý longitudinale
interasse massimo ?{
30 cm;
c) elementi di collegamento tra
le due armature disposte su facce parallele: 6 per ogni m²
di parete.
5.3.5. ARMATURE DI RIPARTIZIONE
DELLE SOLETTE.
Nelle solette non calcolate come
piastre, oltre all’armatura principale deve essere adottata
un’armatura secondaria di ripartizione
disposta ortogonalmente.
In ogni caso l’armatura di ripartizione
non deve essere inferiore al 20% di quella principale
necessaria.
5.4. Regole specifiche per strutture
in cemento armato precompresso.
5.4.1. ARMATURA LONGITUDINALE ORDINARIA.
Nelle travi ad armatura post-tesa,
anche in assenza di tensioni di trazione in combinazioni rare, la
percentuale di armatura sussidiaria
longitudinale non dovrà essere inferiore allo 0,1% dell’area
complessiva dell’anima e dell’eventuale
ringrosso dal lato dei cavi.
In presenza di torsione vale la
prescrizione di cui al penultimo comma del punto 5.3.1.
Nel caso della precompressione
parziale, le barre longitudinali di armatura ordinaria, del tipo ad
aderenza migliorata devono essere
disposte nella zona della sezione che risulta parzializzata in
modo da risultare più distanti
dall’asse neutro e pertanto più esterne, rispetto alle armature
ad alto
limite elastico, utilizzate per
imprimere lo stato di coazione artificiale.
5.4.2. STAFFE.
Dovranno disporsi nelle travi staffe
aventi sezione complessiva, per metro lineare, non
inferiore a 0,15 b cm² per
staffe ad aderenza migliorata e 0,25 b cm² per staffe lisce, essendo
b lo spessore minimo dell’anima
misurata in centimetri, con un minimo di tre staffe al metro e
comunque passo non superiore a
0,8 volte l’altezza utile della sezione. In prossimità di carichi
concentrati o delle zone d’appoggio
vale la prescrizione di cui al secondo comma del punto
5.3.2.
In presenza di torsione vale la
prescrizione di cui al terzo comma del punto 5.3.2.
Le staffe debbono essere collegate
da armature longitudinali.
5.5. Nervature con soletta collaborante.
Nel calcolo di nervature solidali
con solette, salvo più accurata determinazione, si può
ammettere, nell’ipotesi di conservazione
delle sezioni piane, come collaborante con la?53
nervatura, da ciascun lato, una
striscia di soletta di larghezza pari alla maggiore fra le
dimensioni seguenti:
un decimo della luce della nervatura;
cinque volte lo spessore della
soletta più una volta la lunghezza dell’eventuale raccordo della
soletta.
In nessun caso la larghezza di
soletta collaborante da ciascun lato può superare la distanza fra
la
sezione in esame e quella in cui
ha termine la soletta, nè la metà della luce fra le nervature.
Per luci
di qualche importanza o comunque
superiori a 5 m, o in presenza di rilevanti carichi concentrati,
sono da prevedere adeguati dispositivi
di ripartizione.
6. NORME DI ESECUZIONE.
6.1. Cemento armato normale.
6.1.1. IMPASTI.
Gli impasti devono essere preparati
e trasportati in modo da escludere pericoli di segregazione
dei componenti o di prematuro inizio
della presa al momento del getto. Il getto deve essere
convenientemente compattato; la
superficie dei getti deve essere mantenuta umida per almeno
tre giorni.
Non si deve mettere in opera il
conglomerato a temperature minori di 0 °C, salvo il ricorso ad
opportune cautele.
6.1.2. GIUNZIONI.
Le giunzioni delle barre in zona
tesa, quando non siano evitabili, si devono realizzare
possibilmente nelle regioni di
minor sollecitazione, in ogni caso devono essere opportunamente
sfalsate.
Le giunzioni di cui sopra possono
effettuarsi mediante:
- saldature eseguite in conformità
alle norme in vigore sulle saldature. Devono essere accertate la
saldabilità degli acciai
da impiegare come indicato al punto 2.2.6. nonchè la compatibilità
fra
metallo e metallo di apporto nelle
posizioni o condizioni operative previste nel progetto
esecutivo;
- manicotto filettato;
- sovrapposizione calcolata in
modo da assicurare l’ancoraggio di ciascuna barra. In ogni caso la
lunghezza di sovrapposizione in
retto deve essere non minore di 20 volte il diametro e la
prosecuzione di ciascuna barra
deve essere deviata verso la zona compressa. La distanza mutua
(interferro) nella sovrapposizione
non deve superare 6 volte il diametro.
E’ consentito l’impiego di manicotti
di tipo speciale, purchè il tipo stesso sia stato
preventivamente approvato dal Consiglio
superiore dei lavori pubblici.
6.1.3. BARRE PIEGATE.
Le barre piegate devono presentare,
nelle piegature, un raccordo circolare di raggio non
minore di 6 volte il diametro.
Gli ancoraggi devono rispondere a quanto prescritto al punto 5.3.3.
Per barre di acciaio incrudito
a freddo le piegature non possono essere effettuate a caldo.
6.1.4. COPRIFERRO ED INTERFERRO.
La superficie dell’armatura resistente,
comprese le staffe, deve distare dalle facce esterne del
conglomerato di almeno 0,8 cm nel
caso di solette, setti e pareti, e di almeno 2 cm nel caso di
travi e pilastri. Tali misure devono
essere aumentate, e rispettivamente portate a 2 cm per le
solette e a 4 cm per le travi ed
i pilastri, in presenza di salsedine marina, di emanazioni nocive,
od in ambiente comunque aggressivo.
Copriferri maggiori possono essere utilizzati in casi
specifici (ad es. opere idrauliche).?54
Le superfici delle barre devono
essere mutuamente distanziate in ogni direzione di almeno una
volta il diametro delle barre medesime
e, in ogni caso, non meno di 2 cm. Si potrà derogare a
quanto sopra raggruppando le barre
a coppie ed aumentando la mutua distanza minima tra le
coppie ad almeno 4 cm.
Per le barre di sezione non circolare
si deve considerare il diametro del cerchio circoscritto.
6.1.5. DISARMO.
Il disarmo deve avvenire per gradi
ed in modo da evitare azioni dinamiche adottando opportuni
provvedimenti.
Il disarmo non deve avvenire prima
che la resistenza del conglomerato abbia raggiunto il
valore necessario in relazione
all’impiego della struttura all’atto del disarmo, tenendo anche
conto delle altre esigenze progettuali
e costruttive; la decisione è lasciata al giudizio del direttore
dei lavori.
6.2. Cemento armato precompresso.
6.2.1. COMPATTAZIONE DEI GETTI.
Il getto deve essere costipato
per mezzo di pervibratori ad ago od a lamina, ovvero con vibratori
esterni, facendo particolare attenzione
a non deteriorare le guaine dei cavi.
6.2.2. SPESSORE DI RICOPRIMENTO
DELLE ARMATURE DI
PRECOMPRESSIONE.
Le superfici esterne dei cavi post-tesi
devono distare dalla superficie del conglomerato non meno
di 25 mm nei casi normali, e non
meno di 35 mm in caso di strutture site all’esterno o in
ambiente aggressivo. Il ricoprimento
delle armature pre-tese non deve essere inferiore a 15 mm
o al diametro massimo dell’inerte
impiegato, e non meno di 25 mm in caso di strutture site
all’esterno o in ambiente aggressivo.
6.2.3. TESTATE DI ANCORAGGIO DELL’ARMATURA
DI PRECOMPRESSIONE. Dietro gli
apparecchi di ancoraggio deve disporsi
una armatura tridirezionale atta ad assorbire, con largo
margine, gli sforzi di trazione
e di taglio derivanti dalla diffusione delle forze concentrate,
ivi comprese le eventuali reazioni
vincolari.
6.2.4. POSA DELLE BARRE, DEI CAVI
E LORO MESSA IN OPERA.
Nel corso dell’operazione di posa
si deve evitare, con particolare cura, di danneggiare
l’acciaio con intaglio, pieghe,
ecc.
Si deve altresì prendere
ogni precauzione per evitare che i fili subiscano danni di corrosione
sia nei depositi di approvvigionamento
sia in opera, fino alla ultimazione della struttura.
All’atto della messa in tiro si
debbono misurare contemporaneamente lo sforzo applicato e
l’allungamento conseguito; i due
dati debbono essere confrontati tenendo presente la forma del
diagramma sforzi allungamenti a
scopo di controllo delle perdite per attrito.
Il posizionamento delle barre e
dei cavi dovrà essere accuratamente controllato prima del
getto.
6.2.4.1. Operazioni di tiro.
Qualora all’atto del tiro si riscontrino
perdite per attrito superiori a quelle previste in progetto,
un’aliquota di queste, fino ad
un massimo del 7% della tensione iniziale, potrà essere
compensata da una maggiore tensione
di carattere temporaneo.
I risultati conseguiti nelle operazioni
di tiro, ossia le letture ai manometri e gli allungamenti
misurati, verranno registrati in
apposite tabelle sulle quali saranno preventivamente indicate le
tensioni iniziali delle armature
e gli allungamenti teorici.?55
Il dispositivo di misura dello
sforzo deve essere possibilmente indipendente dalle apparecchiature
per indurre la pre-tensione.
I manometri debbono essere frequentemente
tarati.
Si deve inoltre effettuare preventivamente
una misura degli attriti che si sviluppano all’interno
del martinetto.
All’atto del tiro si confronteranno
gli allungamenti rilevati con quelli previsti dal calcolo.
Un’insufficienza di allungamento,
rilevando un attrito superiore a quello supposto, richiede la
messa in atto di appositi accorgimenti
innalzando la tensione iniziale fino al massimo
consentito e, all’occorrenza, l’attuazione
di procedimenti particolari, quale lubrificazione che
però non deve alterare la
successiva aderenza tra armatura e malta delle iniezioni.
Un’eccedenza di allungamento, quando
non sia dovuta al cedimento dell’ancoraggio opposto
o all’assestamento iniziale del
cavo, ciò che si deve accertare con particolare attenzione, indica
un
attrito inferiore a quello previsto;
in tal caso si deve ridurre la tensione per evitare che la tensione
finale lungo il cavo sia superiore
a quella ammessa.
6.2.4.2. Protezione dei cavi ed
iniezioni.
Le guaine dei cavi devono essere
assolutamente stagne e le giunzioni devono essere
efficacemente protette.
Alla buona esecuzione delle iniezioni
è affidata la conservazione nel tempo delle strutture
in c.a.p. a cavi e, pertanto, di
seguito vengono fornite apposite indicazioni.
L’iniezione dei cavi scorrevoli
ha due scopi principali:
a) prevenire la corrosione dell’acciaio
di precompressione;
b) fornire un’efficace aderenza
fra l’acciaio ed il conglomerato.
6.2.4.2.1. Caratteristiche della
malta. La malta deve essere fluida e stabile con minimo
ritiro ed adeguata resistenza e
non deve contenere agenti aggressivi. Deve essere composta da
cemento, acqua ed eventuali additivi.
Elementi inerti (ad esempio farina di sabbia) possono
impiegarsi solo per guaine di dimensioni
superiori a 12 cm nel rapporto in peso inerti/cemento <
25%.
Gli additivi non debbono contenere
ioni aggressivi (cloruri, solfati, nitrati, ecc.) e comunque
non produrre un aumento di ritiro.
Possono impiegarsi resine sintetiche
o bitume o altro materiale solo dopo averne dimostrato la
validità mediante idonea
documentazione sperimentale.
La malta deve essere sufficientemente
fluida perchè la si possa correttamente iniettare nei canali. Si
consiglia di controllare la fluidità
della malta accertando che il tempo misurato al cono di
Marsh sia compreso fra 13 e 25
secondi.
La resistenza a trazione per flessione
a 8 giorni deve essere maggiore od eguale a 4 N/mm².
Il tempo d’inizio della presa a
30 °C deve essere superiore a tre ore.
Il rapporto acqua/cemento, da determinare
sperimentalmente per ogni tipo di cemento, deve
essere il minore possibile compatibilmente
con la fluidità richiesta e comunque non deve
superare 0,40 e 0,38 se con additivi,
e inoltre deve essere tale che la quantità d’acqua di
essudamento alla superficie della
pasta, in condizioni di riposo sia inferiore al 2%.
Il ritiro a 28 giorni non deve
superare 2,8 mm/m.
6.2.4.2.2. Operazioni di iniezione.
a) Dopo l’impasto la malta deve
essere mantenuta in movimento continuo. E’ essenziale
che l’impasto sia esente da grumi;
b) immediatamente prima dell’iniezione
di malta, i cavi vanno puliti;
c) l’iniezione deve avvenire con
continuità e senza interruzioni. La pompa deve avere
capacità sufficiente perchè
in cavi di diametro inferiore a 10 cm la velocità della malta sia
compresa fra 6 e 12 m al minuto,
senza che la pressione superi le 1000 kPa (10 atm);?56
d) la pompa deve avere un’efficace
dispositivo per evitare le sovrappressioni;
e) non è ammessa l’iniezione
con aria compressa;
f) quando possibile l’iniezione
si deve effettuare dal più basso ancoraggio o dal più basso
foro del condotto;
g) per condotti di grande diametro
può essere necessario ripetere l’iniezione dopo circa
due ore;
h) la malta che esce dagli sfiati
deve essere analoga a quella alla bocca di immissione e non
contenere bolle d’aria; una volta
chiusi gli sfiati si manterrà una pressione di 500 kPa 5 (atm) fin
tanto che la pressione permane
senza pompare per almeno 1 minuto;
i) la connessione fra l’ugello
del tubo di iniezione ed il condotto deve essere realizzata con
dispositivo meccanico e tale che
non possa aversi entrata d’aria;
l) appena terminata l’iniezione,
bisogna avere cura di evitare perdite di malta dal cavo. I tubi di
iniezione devono essere di conseguenza
colmati di malta, se necessario.
6.2.4.2.3. Condotti.
a) I punti di fissaggio dei condotti
debbono essere frequenti ed evitare un andamento
serpeggiante;
b) ad evitare sacche d’aria devono
essere disposti sfiati nei punti più alti del cavo;
c) i condotti debbono avere forma
regolare, preferibilmente circolare. La loro sezione deve
risultare maggiore di:
. i=n
A o = 2 ? a i (per cavi a fili,
trecce o trefoli)
. i=1
A o = 1,5 a (per sistemi a barra
isolata)
dove a i è l’area del singolo
filo, treccia o trefolo, n il numero di fili, trecce o trefoli costituenti
il cavo ed a l’area della barra
isolata. In ogni caso l’area libera del condotto dovrà risultare
non
minore di 4 cm²;
d) si devono evitare per quanto
possibile brusche deviazioni o cambiamenti di sezione.
6.2.4.2.4. Iniezioni.
a) Fino al momento dell’iniezione
dei cavi occorre proteggere l’armatura dall’ossidazione. Le
iniezioni dovranno essere eseguite
entro 15 giorni a partire dalla messa in tensione, salvo casi
eccezionali di ritaratura nei quali
debbono essere adottati accorgimenti speciali al fine di
evitare che possano iniziare fenomeni
di corrosione;
b) in tempo di gelo, è bene
rinviare le iniezioni, a meno che non siano prese precauzioni
speciali;
c) se si è sicuri che la
temperatura della struttura non scenderà al di sotto di 5 °C
nelle 48
ore seguenti alla iniezione, si
può continuare l’iniezione stessa con una malta antigelo di cui
sia
accertata la non aggressività,
contenente il 6 ÷ 10% di aria occlusa;
d) se può aversi gelo nelle
48 ore seguenti all’iniezione, bisogna riscaldare la struttura e
mantenerla calda almeno per 48
ore, in modo che la temperatura della malta iniettata non scenda
al di sotto di 5 °C;
e) dopo il periodo di gelo bisogna
assicurarsi che i condotti siano completamente liberi da
ghiaccio o brina. E’ vietato il
lavaggio a vapore.
7. NORME COMPLEMENTARI RELATIVE
AI SOLAI.?57
7.0. Generalità e classificazione
solai.
a) Generalità.
Nel presente capitolo sono trattati
i solai realizzati esclusivamente in c.a. o c.a.p. o misti in
c.a. e c.a.p. e blocchi in laterizio
od in altri materiali. Vengono considerati sia i solai eseguiti in
opera che quelli formati dall’associazione
di elementi prefabbricati.
Per tutti i solai valgono le prescrizioni
già date nei capitoli precedenti per le opere in c.a. e c.a.p.
con particolare riguardo alle prescrizioni
relative agli elementi inflessi.
In particolare si dovrà
disporre agli appoggi dei solai un’armatura inferiore incorporata o
aggiuntiva, convenientemente ancorata,
in grado di assorbire uno sforzo di trazione pari al
taglio.
Ad esse devono aggiungersi od integrarsi
le norme complementari indicate nel seguito.
b) Classificazione.
I) Solai in getto pieno: in c.a.
od in c.a.p.
II) Solai misti in c.a., c.a.p.,
e blocchi interposti di alleggerimento collaboranti e non, in
laterizio (vedi 7.1.) od altro
materiale (vedi 7.2.).
III) Solai realizzati dall’associazione
di elementi in c.a. e c.a.p. prefabbricati con unioni e/o
getti di completamento.
Per i solai del tipo I) valgono
integralmente le prescrizioni dei precedenti capitoli e non occorrono
norme aggiuntive.
I solai del tipo II) sono soggetti
anche alle norme complementari riportate nei successivi
paragrafi 7.1. e 7.2.
I solai del tipo III) sono soggetti
anche alle norme complementari riportate in 7.1. e 7.2., in
quanto applicabili, ed a quelle
riportate in 7.3.
7.1. Norme complementari relative
ai solai misti di c.a. e c.a.p. e blocchi forati in
laterizio.
7.1.1. CLASSIFICAZIONE.
I solai misti in cemento armato
normale e precompresso e blocchi forati in laterizio si
distinguono nelle seguenti categorie:
a) solai con blocchi aventi funzione
principale di alleggerimento;
b) solai con blocchi aventi funzione
statica in collaborazione con il conglomerato.
7.1.2. PRESCRIZIONI GENERALI.
I blocchi di cui al punto 7.1.1.b)
devono essere conformati in modo che nel solaio in opera sia
assicurata con continuità
la trasmissione degli sforzi dall’uno all’altro elemento.
Nel caso si richieda al laterizio
il concorso alla resistenza agli sforzi tangenziali, si devono
usare elementi monoblocco disposti
in modo che nelle file adiacenti, comprendenti una
nervatura di conglomerato, i giunti
risultino sfalsati tra loro. In ogni caso, ove sia prevista una
soletta di conglomerato staticamente
integrativa di altra in laterizio, quest’ultima deve avere
forma e finitura tali da assicurare
la solidarietà ai fini della trasmissione degli sforzi
tangenziali.
Per entrambe le categorie il profilo
dei blocchi delimitanti la nervatura di conglomerato da gettarsi
in opera non deve presentare risvolti
che ostacolino il deflusso di calcestruzzo e restringano la
sezione delle nervature stesse
sotto i limiti stabiliti in 7.1.4.5.
7.1.3. REQUISITI DI ACCETTAZIONE
PROVE E CONTROLLI.
7.1.3.1. Spessore delle pareti
e dei setti.?58
Lo spessore delle pareti orizzontali
compresse non deve essere minore di 8 mm, quello delle pareti
perimetrali non minore di 8 mm,
quello dei setti non minore di 7 mm.
Tutte le intersezioni dovranno
essere raccordate con raggio di curvatura, al netto delle
tolleranze, maggiore di 3 mm.
Si devono adottare forme semplici,
caratterizzate da setti rettilinei ed allineati, particolarmente
in direzione orizzontale, con setti
con rapporto spessore/lunghezza il più possibile
uniforme.
Il rapporto fra l’area complessiva
dei fori e l’area lorda delimitata dal perimetro della sezione
del blocco non deve risultare superiore
a 0,6 + 0,625 h, ove h è l’altezza del blocco in metri,
con un massimo del 75%.
7.1.3.2. Caratteristiche fisico-meccaniche.
La resistenza caratteristica a
compressione, determinata secondo le prescrizioni dell’Allegato
7, riferita alla sezione netta
delle pareti e delle costolature deve risultare non minore di:
- 30 N/mm² nella direzione
dei fori;
- 15 N/mm2 nella direzione trasversale
ai fori, nel piano del solaio,
per i blocchi di cui al 7.1.1.b);
e di:
- 15 N/mm² nella direzione
dei fori;
- 5 N/mm2 nella direzione trasversale
ai fori, nel piano del solaio,
per i blocchi di cui al 7.1.1.a).
La resistenza caratteristica a
trazione per flessione determinata secondo l’Allegato 7, deve
essere non minore di:
- 10 N/mm² per i blocchi di
tipo b),
e di:
- 7 N/mm2 per i blocchi tipo a).
In assenza di cassero continuo
inferiore durante la fase di armatura e getto tutti i blocchi
devono resistere ad un carico concentrato,
applicato nel centro della faccia superiore (su
un’area di 5 x 5 cm²) non
inferiore a 1,5 kN. La prova va effettuata secondo le modalità indicate
nell’Allegato 7.
Il modulo elastico del laterizio
non deve essere superiore a: 25 kN/mm².
Il coefficiente di dilatazione
termica lineare del laterizio deve essere:
? ?6 · 10 -6 °C -1
Il valore di dilatazione per umidità
misurato secondo quanto stabilito nell’Allegato 7 deve
essere minore di 4 · 10
-4
7.1.3.3. Integrità dei blocchi.
Speciale cura deve essere rivolta
al controllo dell’integrità dei blocchi con particolare riferimento
alla eventuale presenza di fessurazioni.
7.1.3.4. Controlli di qualità
dei blocchi in laterizio.
La produzione degli elementi laterizi
deve essere controllata mediante prove su blocchi di
produzione corrente certificate
da Laboratori Ufficiali, con frequenza almeno annuale.
7.1.4. PROGETTAZIONE.
7.1.4.1. Verifiche.?59
Le tensioni limite in esercizio
per combinazioni rare nel conglomerato e nelle armature
metalliche sono quelle prescritte
al precedente punto 4.3.2.
Per il laterizio, nei solai di
cui al punto 7.1.1.b), la compressione in esercizio per combinazioni
rare non deve superare 6,5 N/mm²
per gli sforzi agenti nella direzione dei fori, e 4 N/mm² per
sforzi in direzione normale ad
essi, sempre che, in questo secondo caso, il tipo costruttivo lo
giustifichi.
Sono anche ammesse verifiche agli
stati limite fondati su prove di strutture o di elementi
campioni di serie secondo quanto
indicato al punto 4.4.1.
7.1.4.2. Spessore minimo dei solai.
Lo spessore dei solai a portata
unidirezionale che non siano di semplice copertura non deve essere
minore di 1/25 della luce di calcolo
ed in nessun caso minore di 12 cm.
Per i solai costituiti da travetti
precompressi e blocchi interposti il predetto limite può
scendere ad 1/30.
Le deformazioni devono risultare
compatibili con le condizioni di esercizio del solaio e degli
elementi costruttivi ed impiantistici
ad esso collegati.
7.1.4.3. Modulo elastico di calcolo.
Nel calcolo delle reazioni iperstatiche
il modulo di elasticità del laterizio, in mancanza di
determinazioni dirette, può
assumersi pari a 20 kN/mm².
7.1.4.4. Spessore minimo della
soletta.
Nei solai di cui al punto 7.1.1.a)
lo spessore minimo del calcestruzzo della soletta di
conglomerato non deve essere minore
di 4 cm.
Nei solai di cui al punto 7.1.1.b),
può essere omessa la soletta di calcestruzzo e la zona
rinforzata di laterizio, per altro
sempre rasata con calcestruzzo, può essere considerata
collaborante e deve soddisfare
i seguenti requisiti:
possedere spessore non minore di
1/5 dell’altezza, per solai con altezza fino a 25 cm, non minore
di 5 cm per solai con altezza maggiore;
avere area effettiva dei setti
e delle pareti, misurata in qualunque sezione normale alla
direzione dello sforzo di compressione,
non minore del 50% della superficie lorda.
7.1.4.5. Larghezza ed interasse
delle nervature.
La larghezza minima delle nervature
in calcestruzzo per solai con nervature gettate o completate
in opera non deve essere minore
di 1/8 dell’interasse e comunque non inferiore a 8 cm.
Nel caso di produzione di serie
in stabilimento di pannelli di solaio completi controllati come
previsto al punto 7.1.4.1. il predetto
limite minimo potrà scendere a 5 cm.
L’interasse delle nervature non
deve in ogni caso essere maggiore di 15 volte lo spessore
medio della soletta. Il blocco
interposto deve avere dimensione massima inferiore a 52 cm.
Per i solai di categoria b) possono
considerarsi appartenenti alle nervature ai fini del calcolo le
pareti di laterizio formanti cassero,
sempre che sia assicurata l’aderenza fra i due materiali. La
larghezza collaborante va determinata
in conformità al punto 5.5; per produzioni di serie in
stabilimento di pannelli solaio
completi, la larghezza collaborante potrà essere determinata con
la
sperimentazione di cui al punto
4.4.
7.1.4.6. Armatura trasversale.
Per i solai con nervatura gettata
o completata in opera e di luce superiore a 4,50 m o quando sia
sensibile il comportamento a piastra
o quando agiscano carichi concentrati che incidano in
misura considerevole sulle sollecitazioni
di calcolo, si deve prevedere all’estradosso una soletta
gettata in opera di spessore non
inferiore a 4 cm munita di adeguata armatura delle solette o nelle?60
eventuali nervature pari almeno
a 3 ?6 al metro o al 20% di quella longitudinale nell’intradosso
del solaio.
Particolare attenzione deve essere
dedicata alla sicurezza al distacco di parti laterizie,
specialmente in dipendenza di sforzi
trasversali anche di carattere secondario.
In assenza di soletta in calcestruzzo
(solaio rasato) è necessaria l’adozione di almeno una
nervatura trasversale per luci
superiori a 4,5 m. Nel caso di produzione di serie in stabilimento di
pannelli solaio completi, la capacità
di ripartizione trasversale potrà essere garantita anche
a mezzo di altri dispositivi la
cui efficacia è da dimostrarsi con idonee prove sperimentali.
7.1.4.7. Armatura longitudinale.
L’armatura longitudinale deve essere
superiore a:
A s min ?0,07 h cm² al metro
ove h è l’altezza del solaio
espressa in cm.
7.1.4.8. Armatura per il taglio.
Nelle condizioni previste in 4.2.2.2.
può non disporsi armatura per il taglio.
Quando invece occorre far ricorso
ad una armatura per il taglio, non è ammesso tener conto
della collaborazione delle pareti
laterali di laterizio ai fini della valutazione della
sollecitazione tangenziale ? c1
.
7.1.5. ESECUZIONE.
7.1.5.1. Protezione delle armature.
Nei solai, la cui armatura è
collocata entro scanalature, qualunque superficie metallica deve
risultare contornata in ogni direzione
da uno spessore minimo di 5 mm di malta cementizia.
Per armatura collocata entro nervatura,
le dimensioni di questa devono essere tali da consentire il
rispetto dei seguenti limiti:
- distanza netta tra armatura e
blocco ?8 mm;
- distanza netta tra armatura ed
armatura ?10 mm.
7.1.5.2. Bagnatura degli elementi.
Prima di procedere ai getti i laterizi
devono essere convenientemente bagnati.
7.1.5.3. Caratteristiche degli
impasti per elementi prefabbricati.
Devono impiegarsi malte cementizie
con dosature di legante non minori a 450 kg/m3 di
cemento e conglomerati con R ck
?25 N/mm².
7.1.5.4. Blocchi.
Gli elementi con rilevanti difetti
di origine o danneggiati durante la movimentazione dovranno
essere eliminati.
7.1.5.5. Allineamenti e forzature.
Si dovrà curare il corretto
allineamento dei blocchi evitando la forzatura dei blocchi interposti
tra i travetti prefabbricati.
7.1.5.6. Conglomerati per i getti
in opera.
Si dovrà studiare la composizione
del getto in modo da evitare rischi di segregazione o la
formazione di nidi di ghiaia e
per ridurre l’entità delle deformazioni differite.?61
Il diametro massimo degli inerti
impiegati non dovrà superare 1/5 dello spessore minimo delle
nervature nè la distanza
netta minima tra le armature.
Il getto deve essere costipato
in modo da garantire l’avvolgimento delle armature e
l’aderenza sia con i blocchi sia
con eventuali altri elementi prefabbricati.
7.1.5.7. Modalità di getto.
Per rendere efficace quanto indicato
ai punti precedenti occorre con opportuni provvedimenti
eliminare il rischio di arresto
del getto al livello delle armature.
7.1.5.8. Solidarizzazione tra intonaci
e superfici di intradosso.
Qualora si impieghino materiali
d’intonaco cementizi aventi resistenza caratteristica a trazione
superiore ad 1 N/mm² dovranno
adottarsi spessori inferiori ad 1 cm o predisporre armature di
sostegno e diffusione opportunamente
ancorate nelle nervature.
7.1.6. DISPOSIZIONI AGGIUNTIVE
PER I TRAVETTI DI SOLAIO PRECOMPRESSI
PREFABBRICATI PER LA REALIZZAZIONE
DI SOLAI CON BLOCCHI IN
LATERIZIO.
7.1.6.1. Elementi con armatura
pre-tesa.
Per elementi con armatura pre-tesa
è ammessa la deroga all’obbligo di disporre la staffatura
minima prevista al punto 5.4.2.
7.1.6.2. Criteri di calcolo.
Per la sezione in campata, oltre
alle verifiche agli stati limite fondate sul calcolo sono anche
ammesse verifiche fondate su prove
di elementi prefabbricati di serie secondo quanto indicato al
punto 4.4.
Per le strutture parzialmente gettate
in opera può omettersi la staffatura di collegamento quando la
tensione tangenziale media in esercizio
per combinazioni rare tra l’elemento prefabbricato e il
conglomerato gettato in opera risulti
inferiore a 0,3 N/mm² per le superfici di contatto lisce e
0,45 N/mm2 per superfici scabre.
In corrispondenza al lembo superiore
dei travetti sono consentite in esercizio trazioni pari a
f ctm definite al punto 2.1.2.
7.1.6.3. Getti in opera.
I travetti privi di armature a
taglio devono essere integrati sugli appoggi da getti in opera armati
secondo quanto previsto al punto
7.0. a), ultimo capoverso, salvo che per gli elementi di solai
di copertura poggianti su travi
e dotati di adeguata lunghezza di appoggio.
Tali collegamenti, se destinati
ad assicurare continuità strutturale agli appoggi, dovranno
essere verificati secondo le disposizioni
relative al conglomerato cementizio armato normale,
verificando altresì le condizioni
di aderenza fra getti in opera e travetti, secondo i criteri indicati
in 7.1.6.2.
7.2. Norme complementari relative
ai solai misti di c.a. e c.a.p. e blocchi diversi dal
laterizio.
7.2.1. CLASSIFICAZIONE E PRESCRIZIONI
GENERALI.
I blocchi con funzione principale
di alleggerimento, possono essere realizzati anche con
materiali diversi dal laterizio
(calcestruzzo leggero di argilla espansa, calcestruzzo normale
sagomato, materie plastiche, elementi
organici mineralizzati ecc.).
Il materiale dei blocchi deve essere
stabile dimensionalmente.?62
Ai fini statici si distinguono
due categorie di blocchi per solaio:
a) blocchi collaboranti;
b) blocchi non collaboranti.
Salvo contraria indicazione nel
seguito valgono le prescrizioni generali e le prescrizioni di
progettazione e di esecuzione riportate
in 7.1.
7.2.2. BLOCCHI COLLABORANTI.
Devono avere modulo elastico superiore
a 8 kN/mm² ed inferiore a 25 kN/mm².
Devono essere totalmente compatibili
con il conglomerato con cui collaborano sulla base di dati e
caratteristiche dichiarate dal
produttore e verificate dalla Direzione dei lavori. Devono
soddisfare a tutte le caratteristiche
fissate nel paragrafo 7.1. per i blocchi in laterizio di cui al
punto 7.1.1.b).
7.2.3. BLOCCHI NON COLLABORANTI.
Devono avere modulo elastico inferiore
ad 8 kN/mm² e svolgere funzioni di solo alleggerimento.
Solai con blocchi non collaboranti
richiedono necessariamente una soletta di ripartizione, dello
spessore minimo di 4 cm, armata
opportunamente e dimensionata per la flessione trasversale. Il
profilo e le dimensioni dei blocchi
devono essere tali da soddisfare le prescrizioni
dimensionali imposte nel paragrafo
7.1. per i blocchi in laterizio non collaboranti.
7.2.4. RESISTENZA AL PUNZONAMENTO.
In assenza di cassero continuo
inferiore durante la fase di armatura e getto i blocchi di qualunque
tipo devono resistere ad un carico
concentrato, applicato al centro della faccia superiore (su
un’area di 5 x 5 cm²), non
inferiore a 1,5 kN.
La prova va effettuata secondo
le modalità indicate nell’Allegato 7.
7.2.5. VERIFICHE DI RISPONDENZA.
Le caratteristiche dei blocchi
devono essere controllate mediante prove certificate da
Laboratori Ufficiali secondo le
norme dell’Allegato 7, con frequenza almeno annuale.
7.2.6. SPESSORI MINIMI.
Per tutti i solai, così
come per i componenti collaboranti, lo spessore delle singole parti di
calcestruzzo contenenti armature
di acciaio non potrà essere inferiore a 4 cm.
7.3. Norme complementari relative
ai solai realizzati con l’associazione di elementi in
c.a. e c.a.p. prefabbricati con
unioni e/o getti di completamento.
Oltre a quanto indicato nei precedenti
capitoli (vedi paragrafi precedenti 7.0., 7.1. e 7.2. in
quanto applicabili ed in particolare
7.1.6. per elementi precompressi) devono essere tenute
presenti le seguenti norme complementari.
7.3.1. SOLIDARIZZAZIONE TRA GLI
ELEMENTI DI SOLAIO.
Ove si debba garantire il comportamento
del solaio a piastra o a diaframma, è prescritto un
collegamento trasversale discreto
o continuo tra strisce di solaio accostate.
7.3.2. ALTEZZA MINIMA DEL SOLAIO.
L’altezza minima del solaio va
determinata con riferimento alle dimensioni finali di esercizio e
non riguarda le dimensioni degli
elementi componenti nelle fasi di costruzione.
L’altezza minima non può
essere inferiore ad 8 cm.
Nel caso di solaio vincolato in
semplice appoggio monodirezionale, il rapporto tra luce
di calcolo del solaio e spessore
del solaio stesso non deve essere superiore a 25.?63
Per solai costituiti da pannelli
piani, pieni od alleggeriti, prefabbricati precompressi (tipo III),
senza soletta integrativa, in deroga
alla precedente limitazione, il rapporto sopra indicato può
essere portato a 35.
Per i solai continui, in relazione
al grado d’incastro o di continuità realizzato agli estremi, tali
rapporti possono essere incrementati
fino ad un massimo del 20%.
E’ ammessa deroga alle prescrizioni
di cui sopra qualora i calcoli condotti con riferimento al
reale comportamento della struttura
(messa in conto dei comportamenti non lineari,
fessurazione, affidabili modelli
di previsione viscosa, ecc.) anche eventualmente integrati da
idonee sperimentazioni su prototipi,
documentino che l’entità delle frecce istantanee e a lungo
termine non superino i limiti seguenti:
a) freccia istantanea dovuta alle
azioni permanenti G k e a tutte quelle variabili Q ik
1
f ist ?--------
1000
b) freccia a tempo infinito dovuto
alle azioni permanenti G k e ad 1/3 di tutte quelle variabili
Q ik
1
f ??--------
1500
Le deformazioni devono risultare
in ogni caso compatibili con le condizioni di esercizio del solaio
e degli elementi costruttivi ed
impiantistici ad esso collegati.
7.3.3. SOLAI ALVEOLARI.
Per i solai alveolari, per elementi
privi d’armatura passiva d’appoggio, il getto integrativo deve
estendersi all’interno degli alveoli
interessati dall’armatura aggiuntiva per un tratto almeno pari
alla lunghezza di trasferimento
della precompressione. Vale anche quanto indicato al 7.1.6.
7.3.4. SOLAI CON GETTO DI COMPLETAMENTO.
La soletta gettata in opera deve
avere uno spessore non inferiore a 4 cm ed essere dotata di una
armatura di ripartizione a maglia
incrociata.
Sezione III EUROCODICE 2 - UNI
ENV 1992-1-1: criteri e prescrizioni
8. PRESCRIZIONI SPECIFICHE SU SINGOLI
PUNTI DELLA NORMA UNI ENV 1992-
1-1.
L’uso della norma UNI ENV 1992-1-1
Eurocodice 2 Progettazione delle strutture di calcestruzzo
Parte 1-1: Regole generali e regole
per gli edifici, è ammesso purchè vengano seguite le
prescrizioni sostitutive, integrative
o soppressive riportate in questa Sezione, oltre a quanto
riportato nella Sezione I e nella
Parte Generale. Le appendici della norma UNI ENV 1992-1-1
non hanno valore prescrittivo.?64
Per facilità di riferimento
è stata adottata qui di seguito la stessa numerazione dei paragrafi
dell’UNI ENV 1992-1-1. Sono riportati
quei punti nei quali sono state introdotte prescrizioni
sostitutive, integrative o soppressive.
Per le norme complementari relative
ai solai vale quanto riportato nella Sezione II.
2.3.3.1. Fattori di sicurezza parziali
per le azioni su strutture di edifici.
Al paragrafo (8) la formula 2.8(b).
è sostituita dalla seguente:
? ? G, j G k,i ÷ 1,4 ? Q
k,i
i ?1
2.3.3.2. Fattori di sicurezza parziali
per i materiali.
Il Prospetto 2.3 è sostituito
dal seguente:
Prospetto 2.3.
Fattori di sicurezza parziali per
le proprietà dei materiali
Combinazione Calcestruzzo
? c
Acciaio per c.a. o per
precompressione
? s
Fondamentale 1,5 per c.a.p.
1,6 per c.a. e c.a con
precompressione parziale
1,15
Eccezionale
(eccetto sisma)
1,3 1,0
2.5.1.3. Imperfezioni.
Al paragrafo (4) il primo valore
incasellato
1/400
è sostituito con il valore:
1/200.
2.5.2.1. Modelli strutturali per
l’analisi globale.
Il paragrafo (5) si riferisce ai
solai a blocchi per i quali ammette una soletta di soli 40 mm
come il punto 7 Parte I ed all’Allegato
7 del presente decreto ai quali si rimanda.
2.5.3.7.2. Mensole.
Al paragrafo (4) il valore incasellato
0,2 f v
è sostituito con 0,1 F v
.
3.1. Calcestruzzo.
L’intero punto è sostituito
dal punto 2.1. Parte I con i relativi Allegati 1 e 2 del presente
decreto.
3.2. Acciai per armature.
L’intero punto 3.2. è sostituito
dal punto 2.2. Parte I con i relativi Allegati 4, 5, e 6 del presente
decreto. A tale punto ed a tali
allegati si farà riferimento per qualsiasi richiamo dell’UNI ENV
1992-1-1 a proprietà degli
acciai da armatura.?65
Si precisa che gli acciai Feb22K
- 32k - 38k - 44k sono classificabili come acciai
convenzionalmente definiti dall’UNI
ENV 1992-1-1 di “alta duttilità” (H), mentre i fili trafilati,
le reti ed i tralicci sono classificabili
come acciai di “duttilità normale” (N).
3.3. Acciai per precompressione.
L’intero punto è sostituito
dal punto 2.3. Parte I con il relativo Allegato 3 del presente
decreto.
3.4. Dispositivi di precompressione.
Il contenuto di questo punto è
indicativo. Operativamente si rinvia alla Sezione II, punto
4.3.4.1.
4.1.3.3. Copriferro.
Al paragrafo (9) il primo valore
incasellato
75 mm
è sostituito con il valore:
60 mm.
Il Prospetto 4.2. è sostituito
dal seguente:
Prospetto 4.2. Ricoprimenti minimi
delle armature richiesti per calcestruzzi di massa volumica
normale (1)
Classe di esposizione definita
nel Prospetto 4.1.
1 2a 2b 3 4a 4b 5a 5b(3) 5c(4)
Barre
di
armatu
ra
15 20 25 35 35 35 25 30 40 Coprife
rro
minim
o (mm)
(2) Acciai
o da
prec.
20 30 35 40 40 40 35 35 45
Si rammenta di tener presenti le
note (1), (2), (3), (4) riportate nel Prospetto 4.2. e richiamate
nel Prospetto sopra riportato.
Si ricorda inoltre che il punto
4.1.3.3.
P (4) prescrive che “il copriferro
deve essere aumentato, per tener conto della tolleranza, di una
quantità - h che dipende
dal tipo e dalla dimensione dell’elemento strutturale, dal tipo di
costruzione, dal livello di preparazione
professionale in cantiere e di controllo di qualità, e dalla
disposizione delle armature. Il
risultato ottenuto rappresenta il copriferro nominale richiesto che
deve essere specificato sui disegni”.
4.2.3.5.6. Zone di ancoraggio di
elementi pre-tesi.
Il Prospetto 4.7. è sostituito
dal seguente:
Prospetto 4.7. Fattore ß
b da considerare per la lunghezza di trasmissione di trefoli e fili lisci
(*) o
improntati. in relazione alla resistenza
del calcestruzzo al momento del trasferimento
Resistenza reale del calcestruzzo
al
traferimento (N/mm²)
25 30 35 40 45 50?66
Trefoli e fili lisci (*)o
improntati
75 70 65 60 55 50 ß b
Fili nervati 75 70 65 60 55 50
(*) I fili lisci nelle strutture
precompresse ad armature pretese sono esclusi.
4.3.2.3. Elementi che non richiedono
armature a taglio (V Sd ?V Rd1 ).
Il prospetto 4.8. è completato
con i valori di T Rd corrispondenti a ? c = 1,6 con l’aggiunta
di una seconda riga di valori:
Prospetto 4.8.
Valori di T Rd (N/mm²) con
? c =1,5 e 1,6 e per diverse resistenze del calcestruzzo
f ck 12 16 20 25 60 65 40 45 50
? c=1,50 0,18 0,22 0,26 0,60 0,34
0,37 0,41 0,44 0,48
? c= 1,60 0,17 0,21 0,28 0,32 0,35
0,38 0,41 0,45
4.3.2.4.4. Metodo dell’inclinazione
variabile del traliccio.
Al paragrafo (1) la prima limitazione
per ? è sostituita dalla seguente:
1,0 ?cot ? ?2,0
e la seconda, dalla seguente:
1,0 ?cot ? ?2,0
4.3.3.1. Torsione pura
Al paragrafo (6) la limitazione
4.42. per ? è sostituita dalla seguente:
1,0 ?cot ? ?2,0
4.3.4.2.1. Area caricata
Al paragrafo (1), capoverso a),
terzo rigo, il valore incasellato [11d ] è sostituito con il
valore: 10 d.
4.3.5. STATI LIMITE ULTIMI INDOTTI
DA DEFORMAZIONE DELLA STRUTTURA
(INSTABILITA’).
Si segnala che l’estensione della
trattazione dei problemi del secondo ordine a un gran numero di casi particolari
comporta alcune
incompletezze nella definizione
dei limiti di validità di taluni metodi semplificati. Mentre quindi
il testo è da considerarsi
valido per quanto attiene ai principi
generali e alle applicazioni correnti, si raccomanda cautela particolare
nell’applicazione dei
punti: 4.3.5.3.3. (3) - 4.3.5.5.3.
(2) formula (4.62). - 4.3.5.5.3. (4). (6) - 4.3.5.6.4., nonchè nell’uso
della formula (4.69) con
snellezze minori di 35.
4.4.1.1. Considerazioni di base.
L’intero punto è sostituito
dal seguente testo:
P(1) Tensioni di compressione elevate
nel calcestruzzo in presenza di carichi di esercizio
possono favorire la formazione
di fessure longitudinali e determinare o microfessurazioni nel
calcestruzzo o livelli di viscosità
maggiori di quelli previsti. Elevate tensioni nell’acciaio?67
possono condurre a fessure ampie
e permanentemente aperte. Tali fenomeni possono ridurre la
durabilità delle opere.
I valori delle tensioni del calcestruzzo
e dell’acciaio, da confrontare con i corrispondenti valori
limite, debbono tener conto, se
del caso, degli stati coattivi.
(2) Limiti imposti alle tensioni
normali di compressione nelle strutture in c.a.
a) Per le strutture o parti di
strutture esposte ad ambiente di cui alle classi 3 e 4 del Prospetto
4.1. devono essere rispettati i
seguenti limiti per le tensioni di compressione nel calcestruzzo:
- combinazione di carico rara 0,50
f ck ;
- combinazione di carico quasi
permanente 0,40 f ck .
Particolare attenzione nella limitazione
delle tensioni in esercizio va rivolta quando si
riconosca l’esistenza di una particolare
incertezza del modello strutturale adottato, e/o quando
sussista una significativa alternanza
delle sollecitazioni in esercizio nella stessa sezione, anche
se le strutture sono riferite alle
classi 1 o 2 del Prospetto 4.1.
Del pari particolare attenzione
si deve porre nella limitazione delle tensioni in esercizio per
sollecitazione a pressoflessione
con prevalenza di sforzo normale per la conseguente limitata
duttilità.
b) Per le strutture o parti di
strutture esposte ad ambiente di cui alle classi 1 e 2 del Prospetto
4.1. devono essere rispettati i
seguenti limiti per le tensioni di compressione nel calcestruzzo:
tensioni di compressione
combinazione di carico rara 0,60
f ck ;
combinazione di carico quasi permanente
0,45 f ck .
(3) Limiti imposti alle tensioni
normali di compressione nelle strutture in c.a.p.
Per le strutture in c.a.p. debbono
essere rispettati i seguenti limiti per le tensioni di compressione
nel calcestruzzo:
all’atto della precompressione
0,60 f ckj , dove f ckj è il valore caratteristico della resistenza
a
compressione cilindrica del calcestruzzo
all’atto della precompressione;
- in servizio:
a) per le strutture o parti di
strutture esposte ad ambiente di cui alle classi 3 e 4 del Prospetto
4.1.:
- per combinazione di carico rara:
0,50 f ck ;
- per combinazione di carico quasi
permanente: 0,40 f ck ;
b) per le strutture o parti di
strutture esposte ad ambiente di cui alle classi 1 e 2 del Prospetto
4.1.:
- per combinazione di carico rara:
0,60 f ck ;
- per combinazione di carico quasi
permanente: 0,45 f ck .
Valgono inoltre gli stessi avvertimenti
contenuti nel precedente punto (2).
(4) Limiti per le tensioni di trazione
nell’acciaio:
a) per le armature ordinarie la
massima tensione di trazione sotto la combinazione di
carichi rara non deve superare
0,70 f yk ;
b) per le armature di precompressione,
(tenendo conto, ove occorra, degli stati coattivi),
non si devono superare i seguenti
limiti:
- all’atto della precompressione
valgono i limiti di cui al punto 4.3.4.9. della Parte I del
presente decreto;
- a perdite avvenute, per combinazioni
rare, 0,60 f pk (tenendo conto anche dell’incremento di
tensione dovuto ai carichi).?68
4.4.1.2. Metodi per la verifica
delle tensioni.
L’intero punto è sostituito
dal seguente testo:
P(1) Nella verifica delle tensioni
è necessario considerare, se del caso, oltre agli effetti dei
carichi anche quelli delle variazioni
termiche, della viscosità, del ritiro, e delle
deformazioni imposte aventi altre
origini.
(2) Le tensioni debbono essere
verificate adottando le proprietà geometriche della sezione
corrispondente alla condizione
non fessurata oppure a quella completamente fessurata, a seconda
dei casi.
(3) In generale deve, di regola,
essere assunto lo stato fessurato se la massima tensione di
trazione nel calcestruzzo calcolata
in sezione non fessurata sotto la combinazione di carico rara
supera f ctm (vedere Prospetto
3.1.).
(4) Quando si adotta una sezione
non fessurata, si considera attiva l’intera
sezione di calcestruzzo, e si considerano
in campo elastico sia a trazione che a compressione il
calcestruzzo e l’acciaio.
(5) Quando si adotta la sezione
fessurata, il calcestruzzo può essere considerato elastico in
compressione, ma incapace di sostenere
alcuna trazione (nel calcolo delle tensioni secondo le
presenti regole non va di norma
tenuto conto - nelle verifiche locali - dell’effetto irrigidente
del calcestruzzo teso dopo fessurazione).
(6) In via semplificativa si può
assumere il comportamento elastico-lineare e per le
armature il coefficiente di omogeneizzazione
con il valore convenzionale n = 15.
4.4.2.2. Aree minime di armatura.
Al paragrafo (3), nella definizione
di ? s di cui alla formula [4.78 ], il valore incasellato 100% è
sostituito con il valore 90%.
5.2.2.2. Tensione ultima di aderenza.
Il Prospetto 5.3. è sostituito
dal seguente:
Prospetto 5.3. Valori di calcolo
di f ck (N/mm²) per condizioni di buona aderenza (questi valori
tengono conto di un fattore ? c
pari a 1,6)
f ck 12 16 20 25 30 35 40 45 50
Barre liscie 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2
1,3 1,4 1,5 1,6
Barre ad. migl. con ?
?32 mm reti
elettrosaldate di fili
nervati
1,5 1,8 2,1 2,5 2,8 3,1 3,5 3,8
4,0
5.4.2.1.1. Massima e minima percentuale
di armatura.
Al paragrafo (2) il valore incasellato
[0,04 A c ] è sostituito con il valore: 0,03 A c
5.4.3.2.1. Generalità.?69
Al paragrafo (4) il primo valore
incasellato [1,5 h ?350 mm ] è sostituito con il valore: 2,0 h ?350
mm
ed il secondo valore incasellato
[2,5 h ?400 mm ] è sostituito con il valore:
3,0 h ?400 mm
6.2.2. TOLLERANZE RIGUARDANTI LA
SICUREZZA STRUTTURALE.
La formula 6.2. è sostituita
dalla seguente:
per l = 600 mm; ?l = ±15
mm
7.6.6. CONTROLLI DI CONFORMITA’.
Per quanto concerne i requisiti
dei materiali costituenti il calcestruzzo e i controlli sul
conglomerato valgono gli Allegati
1 e 2 del presente decreto.
Parte II ACCIAIO
SIMBOLOGIA
A - Simboli
A area
E modulo di elasticità longitudinale
F azioni in generale
G azioni permanenti; modulo di
elasticità tangenziale
I momento di inerzia
M momento flettente
N forza normale
Q azioni variabili
S effetto delle azioni (sollecitazione
agente)
T momento torcente; temperatura
V forza di taglio
W modulo di resistenza
a distanza, dimensione geometrica,
larghezza della sezione di gola dei cordoni di saldatura
d diametro
e eccentricità
f resistenza di un materiale
h altezza
i raggio di inerzia
l lunghezza di un elemento
p passo; interasse dei chiodi e
dei bulloni
r raggio
s scarto quadratico medio
t spessore
v spostamento verticale
? coefficiente di dilatazione lineare
termica?70
ß coefficiente caratteristico
di vincolo
? coefficiente di sicurezza nel
metodo degli stati limite ultimi (? m per i materiali, ? f per le
azioni); peso specifico
? coefficiente di variazione
? dilatazione
µ coefficiente di attrito
v coefficiente di Poisson
? snellezza
? tensione normale
? tensione tangenziale
? coefficiente di amplificazione
dei carichi nel carico di punta
? sommatoria
B - Indici
b bullone; chiodo
c compressione
d valore di calcolo
f attrito
g carico permanente
k valore caratteristico
l longitudinale; lineare
m valore medio; materiale; momento
flettente
n sforzo normale
p puntuale
q carico variabile
t trazione; torsione; rottura
u ultimo (stato limite)
w anima
? deformazione
y snervamento
C - Indici speciali
id ideale
red ridotto
res resistente
rif rifollamento
?ortogonale
?? parallelo
D - Simboli ricorrenti
? 1 , ? 2 , ? 3 componenti di tensione
nel riferimento principale
? x , ? y , ? z , T xy , T xyz
componenti di tensione nel riferimento generico
? b , T b tensione normale e tangenziale
nei chiodi e nei bulloni
? id tensione ideale
? c tensione massima sopportabile
da aste compresse in campo elasto-plastico
? rif tensione di rifollamento?71
? ?? ?? , ? ?, ? ?? componenti
di tensione nel riferimento convenzionale riferito al giunto saldato
? t allungamento percentuale a
rottura
f d resistenza di calcolo
f y tensione di snervamento
f t tensione di rottura
A res area resistente
F f forza trasmissibile per attrito
F f, rid forza trasmissibile per
attrito ridotta
N b forza normale di trazione nel
gambo delle viti
Sezione I Prescrizioni generali
e comuni
1. OGGETTO.
Formano oggetto delle presenti
norme le costruzioni di acciaio relative ad opere di ingegneria
civile, eccettuate quelle per le
quali vige una regolamentazione apposita a carattere particolare.
I dati sulle azioni da considerare
nei calcoli sono quelli di cui alle norme tecniche “Criteri
generali per la verifica di sicurezza
delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi”, emanate in
applicazione dell’art. 1 della
legge 2-2-1974, n. 64.
Nell’ambito di una stessa struttura
non è consentito adottare regole progettuali ed esecutive
provenienti parte dalla sez. II
e parte dalla sez. III ovvero in parte derivante dall’uso del metodo
delle tensioni ammissibili.
Nella progettazione si possono
adottare metodi di verifica e regole di dimensionamento diversi
da quelli contenuti nelle presenti
norme tecniche (Sez. II o Sez. III) purchè fondati su ipotesi
teoriche e risultati sperimentali
scientificamente comprovati e purchè venga conseguita una
sicurezza non inferiore a quella
qui prescritta.
Nella progettazione si possono
adottare i metodi di calcolo indicati nella CNR 10011-86
“istruzioni di acciaio - Istruzioni
per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione”
(Bollettino Ufficiale CNR - XXVI
- n. 164 - 1992).
2. MATERIALI E PRODOTTI.
2.0. Generalità.
Le presenti norme prevedono l’impiego
degli acciai denominati Fe 360, Fe 430, Fe 510 dei
quali, ai punti successivi, vengono
precisate le caratteristiche.
E’ consentito l’impiego di tipi
di acciaio diversi da quelli previsti purchè venga garantita alla
costruzione, con adeguata documentazione
teorica e sperimentale, una sicurezza non minore di
quella prevista dalle presenti
norme.
Per l’accertamento delle caratteristiche
meccaniche indicate nel seguito, il prelievo dei saggi, la
posizione nel pezzo da cui essi
devono essere prelevati, la preparazione delle provette e le
modalità di prova saranno
rispondenti alle prescrizioni delle norme UNI EU 18 (dicembre 1980),
UNI 552 (ottobre 1986), UNI EN
10002/1ª (gennaio 1992), UNI EN 10025 (febbraio 1992).
Le presenti norme non riguardano
gli elementi di lamiera grecata ed i profilati formati a
freddo, ivi compresi i profilati
cavi saldati non sottoposti a successive deformazioni o trattamenti
termici; valgono, tuttavia, per
essi, i criteri e le modalità di controllo riportati nell’Allegato
8,
relativamente alle lamiere o nastri
d’origine. Per essi si possono adottare i metodi di calcolo
indicati nella norma CNR 10022-84
“Profilati d’acciaio formati a freddo - Istruzioni per?72
l’impiego nelle costruzioni” (Bollettino
Ufficiale C.N.R. - XXII - n. 126 - 1988) oppure altri
metodi fondati su ipotesi teoriche
e risultati sperimentali chiaramente comprovati.
Potranno inoltre essere impiegati
materiali e prodotti conformi ad una norma armonizzata o ad un
benestare tecnico europeo così
come definiti nella Direttiva 89/106/CEE, ovvero conformi a
specifiche nazionali dei Paesi
della Comunità europea, qualora dette specifiche garantiscano un
livello di sicurezza equivalente
e tale da soddisfare i requisiti essenziali della Direttiva 89/106/CEE.
Tale equivalenza sarà accertata
dal Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale, sentito
il Consiglio superiore dei lavori
pubblici.
2.1. Acciaio laminato.
Gli acciai di uso generale laminati
a caldo, in profilati, barre, larghi piatti, lamiere e profilati
cavi (anche tubi saldati provenienti
da nastro laminato a caldo), dovranno appartenere a uno dei
seguenti tipi:
Fe 360 Fe 430 Fe 510
aventi le caratteristiche meccaniche
indicate al punto 2.1.1. Gli acciai destinati alle strutture
saldate dovranno anche corrispondere
alle prescrizioni del punto 2.3.
2.1.1. CARATTERISTICHE MECCANICHE.
I valori di f t e f y indicati
nei prospetti 1-II e 2-II sono da intendersi come valori caratteristici,
con
frattile di ordine 0,05 (vedasi
Allegato 8).
2.1.1.1. Profilati, barre, larghi
piatti, lamiere.
PROSPETTO 1-II
Simbolo
adottato
Simbolo
UNI
CARATTERISTICA O
PARAMETRO
Fe 360
(1)
Fe 430
(1)
Fe 510
(1)
f t R m tensione (carico unitario)
di rottura a
trazione N/mm²
(2)
?340
?470
(3)
?410
?560
(4)
?490
?630
f y R e tensione (carico unitario)
di
snervamento
(5)
?235
(6)
?275
(7)
?355
B + 20°C ?27 ?27 ?27
C 0°C ?27 ?27 ?27
D - 20°C ?27 ?27 ?27
KV KV resilienza KV [J] (8)
DD - 20°C - - ?40
Allungamento % a rottura (L0=5,65
??A0)
- per lamiere ?24
(9)
?20
(9)
?20
(9)
? t A
Min
- per barre, laminati mercantili,
profilati, larghi piatti
?26
(10)
?22
(10)
?22
(10)
(1) Rientrano in questi tipi di
acciai, oltre agli acciai Fe
360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi
B, C, D e DD della UNI EN 10025 (febbraio 1992), anche altri
tipi di acciai purchè rispondenti
alle caratteristiche indicate in questo prospetto.
(2) Per spessori maggiori di 3
mm fino a 100 mm.?73
(3) Per spessore maggiori di 3
mm fino a 100 mm.
(4) Per spessori maggiori di 3
mm fino a 100 mm.
(5) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm
fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm;
per spessori maggiori di 40 mm
fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm.
(6) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm
fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm;
per spessori maggiori di 40 mm
fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm;
per spessori maggiori di 63 mm
fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm;
per spessori maggiori di 80 mm
fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40 N/mm.
(7) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm
fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm;
per spessori maggiori di 40 mm
fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm;
per spessori maggiori di 63 mm
fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm;
per spessori maggiori di 80 mm
fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40 N/mm.
(8) Per spessori maggiori di 10
mm fino a 100 mm.
(9) Da provette trasversali per
lamiere, nastri e larghi piatti con larghezza _ 600 mm; per
spessori maggiori di 3 mm fino
a 40 mm; per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è
ammessa la riduzione di 1 punto;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 100 mm è ammessa la
riduzione di 2 punti.
(10) Da provette longitudinali
per barre, laminati mercantili, profilati e larghi piatti con
larghezza ¾600 mm; per spessori
maggiori di 3 mm fino a 40 mm; per spessori maggiori di 40
mm fino a 63 mm è ammessa
la riduzione di 1 punto; per spessori maggiori di 63 mm fino a
100 mm è ammessa la riduzione
di 2 punti.
2.1.1.2. Profilati cavi.
PROSPETTO 2-II
Simbolo
adottato
Simbolo
UNI
CARATTERISTICA O
PARAMETRO
Fe 360
(1)
Fe 430
(1)
Fe 510
(1)
f t R m Tensione (carico unitario)
di rottura
a trazione N/mm² ?360 ?430
?510
f y R e Tensione (carico unitario)
di
snervamento
(2)
?235
(2)
?275
(3)
?355
B + 20°C ?27 ?27 ?27
C 0°C ?27 ?27 ?27
KV KV Resilienza KV [J]
D - 20°C ?27 ?27 ?27
? t A
Min
Allungamento % a rottura (L0=5,65
??A0)
?24 ?21 ?20
(1) Rientrano in questi tipi di
acciai, oltre agli acciai Fe
360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi
B, C e D della UNI 7806 (dicembre 1979) e UNI 7810 (dicembre
1979), anche altri tipi di acciai
purchè rispondenti alle caratteristiche indicate in questo prospetto.
(2) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm
fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm.
(3) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori oltre 16 mm fino a
35 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm;
per spessori maggiori di 35 mm
e fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm.?74
2.1.2. CONTROLLI SUI PRODOTTI LAMINATI.
I controlli sui laminati verranno
eseguiti secondo le prescrizioni di cui all’Allegato 8.
2.2. Acciaio per getti.
Per l’esecuzione di parti in getti
delle opere di cui alle presenti istruzioni si devono impiegare
getti di acciaio Fe G 400, Fe G
450, Fe G 520 UNI 3158 (dicembre 1977) o equivalenti.
Quando tali acciai debbano essere
saldati, devono sottostare alle stesse limitazioni di
composizione chimica previste per
gli acciai laminati di resistenza similare (vedi punto 2.3.1.).
2.3. Acciaio per strutture saldate.
2.3.1. COMPOSIZIONE CHIMICA E GRADO
DI DISOSSIDAZIONE DEGLI
ACCIAI.
Acciaio tipo Fe 360 ed Fe 430.
Gli acciai da saldare con elettrodi
rivestiti, oltre a soddisfare le condizioni indicate al punto
2.1., devono avere composizione
chimica contenuta entro i limiti raccomandati dalla UNI 5132
(ottobre 1974) per le varie classi
di qualità degli elettrodi impiegati.
Nel caso di saldature di testa
o d’angolo sul taglio di un laminato, gli acciai, oltre che a
soddisfare i sopraindicati limiti
di analisi, devono essere di tipo semicalmato o calmato, salvo che
vengano impiegati elettrodi rivestiti
corrispondenti alla classe di qualità 4 della UNI 5132 (ottobre
1974).
Gli acciai destinati ad essere
saldati con procedimenti che comportano una forte penetrazione
della zona fusa nel metallo base
devono essere di tipo semicalmato o calmato e debbono avere
composizione chimica, riferita
al prodotto finito (e non alla colata), rispondente alle seguenti
limitazioni:
grado B: C ?0,24% P ?0,055% S ?0,055%
grado C: C ?0,22% P ?0,050% S ?0,050%
grado D: C ?0,22% P ?0,045% S ?0,045%
Acciai tipo Fe 510.
Gli acciai dovranno essere di tipo
calmato o semicalmato; è vietato l’impiego di acciaio
effervescente. L’analisi effettuata
sul prodotto finito deve risultare:
grado B: C ?0,26% Mn ?1,6% Si ?0,60%
P ?0,050% S ?0,050%
grado C: C ?0,24% Mn ?1,6% Si ?0,60%
P ?0,050% S ?0,050%
grado D: C ?0,22% Mn ?1,6% Si ?0,60%
P ?0,045% S ?0,045%
Qualora il tenore di C risulti
inferiore o uguale, per i tre gradi B, C, D, rispettivamente a 0,24%,
0,22% e 0,20% potranno accettarsi
tenori di Mn superiori a 1,6% ma comunque non superiori a
1,7%.
2.3.2. FRAGILITA’ ALLE BASSE TEMPERATURE.
La temperatura minima alla quale
l’acciaio di una struttura saldata può essere utilizzato senza
pericolo di rottura fragile, in
assenza di dati più precisi, deve essere stimata sulla base della
temperatura T alla quale per detto
acciaio può essere garantita una resilienza KV, secondo EN
10045/1ª (gennaio 1992), di
27 J.
La temperatura T deve risultare
minore o uguale a quella minima di servizio per elementi
importanti di strutture saldate
soggetti a trazione con tensione prossima a quella limite aventi
spessori maggiori di 25 mm e forme
tali da produrre sensibili concentrazioni locali di sforzi,?75
saldature di testa o d’angolo non
soggette a controllo, od accentuate deformazioni plastiche di
formatura. A parità di altre
condizioni, via via che diminuisce lo spessore, la temperatura T potrà
innalzarsi a giudizio del progettista
fino ad una temperatura di circa 30 °C maggiore di quella
minima di servizio per spessori
dell’ordine di 10 millimetri.
Un aumento può aver luogo
anche per spessori fino a 25 mm via via che l’importanza
dell’elemento strutturale decresce
o che le altre condizioni si attenuano.
Il progettista, stimata la temperatura
T alla quale la resistenza di 27 J deve essere
assicurata, sceglierà nella
unificazione e nei cataloghi dei produttori l’acciaio soddisfacente
questa condizione.
2.4. Saldature.
2.4.1. PROCEDIMENTI DI SALDATURA.
Possono essere impiegati i seguenti
procedimenti:
- saldatura manuale ad arco con
elettrodi rivestiti;
- saldatura automatica ad arco
sommerso;
- saldatura automatica o semiautomatica
sotto gas protettore (CO2 o sue miscele);
- altro procedimento di saldatura
la cui attitudine a garantire una saldatura pienamente efficiente
deve essere previamente verificata
mediante le prove indicate al successivo punto 2.4.2.
Per la saldatura manuale ad arco
devono essere impiegati elettrodi omologati secondo UNI
5132 (ottobre 1974) adatti al materiale
base:
- per gli acciai Fe 360 ed Fe 430
devono essere impiegati elettrodi del tipo E 44 di classi di
qualità 2, 3 o 4; per spessori
maggiori di 30 mm o temperatura di esercizio minore di 0 °C saranno
ammessi solo elettrodi di classe
4 B;
- per l’acciaio Fe 510 devono essere
impiegati elettrodi del tipo E 52 di classi di qualità 3 B o 4
B; per spessori maggiori di 20
mm o temperature di esercizio minori di 0 °C saranno ammessi
solo elettrodi di classe 4 B.
Per gli altri procedimenti di saldatura
si dovranno impiegare i fili, i flussi (o i gas) e la tecnica
esecutiva usati per le prove preliminari
(di qualifica) di gui al pqnto segqente.
2.4.2. PROVE PRELIMINARI DI QUALIFICA
DEI PROCEDIMENTI DI
SALDATURA.
L’impiego di elettrodi omologati
secondo UNI 5132 (ottobre 1974) esime da ogni prova di
qualifica del procedimento.
Per l’impiego degli altri procedimenti
di saldatura occorre eseguire prove preliminari di qualifica
intese ad accertare:
- l’attitudine ad eseguire i principali
tipi di giunto previsti nella struttura ottenendo giunti corretti
sia per aspetto esterno che per
assenza di sensibili difetti interni, da accertare con prove non
distruttive o con prove di rottura
sul giunto;
- la resistenza a trazione su giunti
testa a testa, mediante provette trasversali al giunto, resistenza
che deve risultare non inferiore
a quella del materiale base;
- la capacità di deformazione
del giunto, mediante provette di piegamento che dovranno potersi
piegare a 180° su mandrino
con diametro pari a 3 volte lo spessore per l’acciaio Fe 360 ed Fe
430 e a 4 volte lo spessore per
l’acciaio Fe 510;
- la resilienza su provette intagliate
a V secondo EN 10045/1ª (gennaio 1992) ricavate
trasversalmente al giunto saldato,
resilienza che verrà verificata a +20 °C se la struttura deve
essere impiegata a temperatura
maggiore o uguale a 0 °C, o a 0 °C nel caso di temperature minori;
nel caso di saldatura ad elettrogas
o elettroscoria tale verifica verrà eseguita anche nella zona del
materiale base adiacente alla zona
fusa dove maggiore è l’alterazione metallurgica per l’alto
apporto termico.?76
I provini per le prove di trazione,
di piegamento, di resilienza ed eventualmente per altre
prove meccaniche, se ritenute necessarie,
verranno ricavati da saggi testa a testa saldati; saranno
scelti allo scopo gli spessori
più significativi della struttura.
2.4.3. CLASSI DELLE SALDATURE.
Per giunti testa a testa, od a
croce od a T, a completa penetrazione, si distinguono due classi di
giunti.
Prima classe. Comprende i giunti
effettuati con elettrodi di qualità 3 o 4 secondo UNI 5132
(ottobre 1974) o con gli altri
procedimenti qualificati di saldatura indicati al punto 2.4.1. e
realizzati con accurata eliminazione
di ogni difetto al vertice prima di effettuare la ripresa o la
seconda saldatura.
Tali giunti debbono inoltre soddisfare
ovunque l’esame radiografico con i risultati richiesti
per il raggruppamento B della UNI
7278 (luglio 1974).
L’aspetto della saldatura dovrà
essere ragionevolmente regolare e non presentare bruschi
disavviamenti col metallo base
specie nei casi di sollecitazione a fatica.
Seconda classe. Comprende i giunti
effettuati con elettrodi di qualità 2, 3 o 4 secondo UNI 5132
(ottobre 1974) o con gli altri
procedimenti qualificati di saldatura indicati al punto 2.4.1. e
realizzati egualmente con eliminazione
dei difetti al vertice prima di effettuare la ripresa o la
seconda saldatura.
Tali giunti devono inoltre soddisfare
l’esame radiografico con i risultati richiesti per il
raggruppamento F della UNI 7278
(luglio 1974).
L’aspetto della saldatura dovrà
essere ragionevolmente regolare e non presentare bruschi
disavviamenti col materiale base.
Per entrambe le classi l’estensione
dei controlli radiografici o eventualmente ultrasonori deve
essere stabilita dal direttore
dei lavori, sentito eventualmente il progettista, in relazione alla
importanza delle giunzioni e alle
precauzioni prese dalla ditta esecutrice, alla posizione di
esecuzione delle saldature e secondo
che siano state eseguite in officina o al montaggio.
Per i giunti a croce o a T, a completa
penetrazione nel caso di spessori t>30 mm, l’esame
radiografico o con ultrasuoni atto
ad accertare gli eventuali difetti interni verrà integrato con
opportuno esame magnetoscopico
sui lembi esterni delle saldature al fine di rilevare la presenza o
meno di cricche da strappo.
Nel caso di giunto a croce sollecitato
normalmente alla lamiera compresa fra le due saldature, dovrà
essere previamente accertato, mediante
ultrasuoni, che detta lamiera nella zona interessata dal
giunto sia esente da sfogliature
o segregazioni accentuate.
I giunti con cordoni d’angolo,
effettuati con elettrodi aventi caratteristiche di qualità 2, 3
o 4 UNI
5132 (ottobre 1974) o con gli altri
procedimenti indicati al punto 2.4.1., devono essere
considerati come appartenenti ad
una unica classe caratterizzata da una ragionevole assenza di
difetti interni e da assenza di
incrinature interne o di cricche da strappo sui lembi dei cordoni. Il
loro controllo verrà di
regola effettuato mediante sistemi magnetici; la sua estensione verrà
stabilita dal direttore dei lavori,
sentito eventualmente il progettista e in base ai fattori esecutivi
già precisati per gli altri
giunti.
2.5. Bulloni.
I bulloni normali [conformi per
le caratteristiche dimensionali alle UNI 5727 (novembre 1988),
UNI 5592 (dicembre 1968) e UNI
5591 (maggio 1965)] e quelli ad alta resistenza (conformi
alle caratteristiche di cui al
prospetto 4-II) devono appartenere alle sottoindicate classi delle UNI
3740, associate nel modo indicato
nel prospetto 3-II.?77
PROSPETTO 3-II
NORMALI AD ALTA RESISTENZA
Vite 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9
dado 4 5 6 8 10
2.6. Bulloni per giunzioni ad attrito.
I bulloni per giunzioni ad attrito
devono essere conformi alle prescrizioni del prospetto 4-II. Viti
e dadi devono essere associati
come indicato nel prospetto 3-II.
PROSPETTO 4-II
ELEMENTO MATERIALE NORMA
Viti 8.8 - 10.9 secondo UNI EN
20898/1
(dicembre 1991)
UNI 5712 (giu. ‘75)
Dadi 8 - 10 secondo UNI 3740/4ª
(ottobre 1985)
UNI 5713 (giu. ‘75)
Rosette Acciaio C 50 UNI 7845 (nov.
‘78)
temprato e rinvenuto HRC 32 ÷
40
UNI 5714 (giu. ‘75)
piastrine Acciaio C 50 UNI 7845
(nov. ‘78)
temprato e rinvenuto HRC 32 ÷
40
UNI 5715 (giu. ‘75)
UNI 5716 (giu. ’75)
2.7. Chiodi.
Per i chiodi da ribadire a caldo
si devono impiegare gli acciai previsti dalla UNI 7356 (dicembre
1974).
3. COLLAUDO STATICO.
3.1. Prescrizioni generali.
Valgono, per quanto applicabili,
le prescrizioni di cui al punto 3.1., Parte I, Sez. I.
3.2. Prove di carico.
Le prove di carico, ove ritenute
necessarie dal collaudatore, rispetteranno le modalità
sottoindicate.
Il programma delle prove deve essere
sottoposto al direttore dei lavori ed al progettista e reso
noto al costruttore.
Le prove di carico si devono svolgere
con le modalità indicate dal collaudatore che se ne assume la
piena responsabilità, mentre,
per quanto riguarda la loro materiale attuazione e in particolare per
le eventuali puntellazioni precauzionali,
è responsabile il direttore dei lavori.
I carichi di prova devono essere,
di regola, tali da indurre le sollecitazioni massime di esercizio
per combinazioni rare. In relazione
al tipo della struttura ed alla natura dei carichi le prove
devono essere convenientemente
protratte nel tempo.
L’esito della prova potrà
essere valutato sulla base dei seguenti elementi:
- le deformazioni si accrescano
all’incirca proporzionalmente ai carichi;
- nel corso della prova non si
siano prodotte lesioni, deformazioni o dissesti che
compromettano la conservazione
o la sicurezza dell’opera;?78
- la deformazione residua dopo
la prima applicazione del carico massimo non superi una quota
parte di quella totale commisurata
ai prevedibili assestamenti iniziali di tipo anelastico della
struttura oggetto della prova.
Nel caso invece che tale limite venga superato, prove di carico
successive accertino che la struttura
tenda ad un comportamento elastico;
- la deformazione elastica risulti
non maggiore di quella calcolata.
Quando le opere siano ultimate
prima della nomina del collaudatore, le prove di carico
possono essere eseguite dal direttore
dei lavori, che ne redige verbale sottoscrivendolo
assieme al costruttore. E’ facoltà
del collaudatore controllare, far ripetere ed integrare le prove
precedentemente eseguite.
Sezione II Calcolo ed esecuzione
4. NORME DI CALCOLO: VERIFICA DI
RESISTENZA.
4.0. Generalità.
Le strutture di acciaio realizzate
con i materiali previsti al precedente punto 3, devono essere
progettate per i carichi definiti
dalle norme in vigore, secondo i metodi della scienza delle
costruzioni e seguendo il metodo
degli stati limite specificato nelle norme tecniche “Criteri
generali per la verifica della
sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi”, emanate in
applicazione dell’art. 1 della
legge 2-2-1974, n. 64.
Il metodo degli stati limite viene
applicato - considerando le azioni di calcolo e le resistenze di
calcolo previste ai punti 4.0.1.
e 4.0.2. - con riferimento o “allo stato limite elastico della
sezione” (punto 4.0.3.1.), oppure,
in alternativa, allo “stato limite di collasso plastico della
struttura” (punto 4.0.3.2.); sono
inoltre obbligatorie le verifiche agli stati limite di esercizio (punto
4.0.4.).
4.0.1 AZIONI DI CALCOLO.
Si adotteranno le azioni di calcolo
e relative combinazioni, indicate al punto 7 delle premesse.
4.0.2. RESISTENZA DI CALCOLO.
La resistenza di calcolo f d è
definita mediante l’espressione:
f y
f d = ------
? m
dove:
f y è il valore dello snervamento
quale risultante dai prospetti 1-II e 2-II e tenendo conto dello
spessore del laminato;
? m è specificato ai successivi
punti 4.0.3.1. e 4.0.3.2.
4.0.3. STATI LIMITE ULTIMI.
4.0.3.1. Stato limite elastico
della sezione.
Si assume che gli effetti delle
azioni di calcolo definite in 4.0.1., prescindendo dai fenomeni di
instabilità (ma comprese
le maggiorazioni per effetti dinamici), non comportino in alcun punto
di ogni sezione il superamento
della deformazione unitaria corrispondente al limite
elastico del materiale. Si assumerà
? m = 1,0.?79
In tal caso è ammesso il
calcolo elastico degli effetti delle azioni di calcolo. Qualora si tenga
conto
di effetti dovuti a stati di presollecitazione
è obbligatoria anche la verifica di cui al punto 4.0.3.2.
con coefficiente ? q = 0,90 per
effetti favorevoli e ? q = 1,2 per quelli sfavorevoli.
Salvo più accurate valutazioni
la verifica delle unioni potrà essere condotta convenzionalmente
nel modo seguente: per la resistenza
di calcolo delle unioni bullonate si potranno adottare i
valori indicati nel prospetto 7-II;
per altre unioni potranno applicarsi le formule ed i
procedimenti indicati in 4.3.,
4.4., 4.5., 4.6. e 4.7.
Si dovrà anche verificare
che siano soddisfatte le verifiche nei confronti dei fenomeni di
instabilità della struttura,
degli elementi strutturali che la compongono e di parti di essi. La
resistenza caratteristica di membrature
soggette a fenomeni di instabilità potrà essere
determinata con i metodi indicati
al punto 5.
4.0.3.2. Stato limite di collasso
plastico della struttura.
Si assume come stato limite ultimo
il collasso per trasformazione della struttura o di una
sua parte in un meccanismo ammettendo
la completa plasticizzazione delle sezioni coinvolte
nella formazione del meccanismo.
Si assumerà nei calcoli ? m = 1,12 e si verificherà che in
corrispondenza delle azioni di
calcolo definite in 4.0.1. non si raggiunga lo stato limite in esame.
Si dovrà garantire che il
meccanismo risultante dai calcoli possa venir raggiunto sia verificando
che nelle zone plasticizzate le
giunzioni abbiano una duttilità sufficiente, sia premunendosi
contro i fenomeni di instabilità
della struttura, degli elementi strutturali che la compongono e di
parti di essi.
Il procedimento qui indicato non
è consentito qualora i fenomeni di fatica divengano
determinanti ai fini del calcolo
della struttura.
4.0.4. STATI LIMITE DI ESERCIZIO.
Per gli stati limite di esercizio
si prenderanno in esame le combinazioni rare, frequenti e quasi
permanenti con ? g = ? q = 1,0,
e applicando ai valori caratteristici delle azioni variabili
adeguati coefficienti riduttivi
? 0 , ? 1 , ? 2 indicati al punto 7 della Parte Generale.
4.1. Materiale base.
4.1.1. STATI MONOASSIALI.
4.1.1.1. Resistenza di calcolo
f d a trazione o compressione per acciaio laminato.
Per le verifiche agli stati limite
ultimi di cui al punto
4.0.3. si assumono, per gli acciai
aventi le caratteristiche meccaniche indicate al punto 2.1.1., i
valori della resistenza di calcolo
f d riportati nel prospetto 5-II.
PROSPETTO 5-II
MATERIALE fd [N/mm²]
t ?40
fd [N/mm²]
t > 40
Fe G 360 235 210
Fe G 430 275 250
Fe G 510 355 315
t=spessore [in mm]?80
4.1.1.2. Resistenza di calcolo
f d a trazione e compressione per pezzi di acciaio fuso UNI
3158 (dicembre 1977).
PROSPETTO 6-II
MATERIALE fd [N/mm²]
t ?40
Fe G 400 180
Fe G 450 225
Fe G 520 255
t=spessore [in mm]
4.1.2. STATI PLURIASSIALI.
Per gli stati piani, i soli per
i quali si possono dare valide indicazioni, si deve verificare che risulti
? id ?f d essendo nel riferimento
generico:
? id = ± ?? x ² + ?
y ² - ? x ? y +3T xy ²)
e nel riferimento principale:
? id = ± ?? i ² + ?
2 ² - ? 1 ? 2
in particolare per ? 1 = 0 (per
esempio nella sollecitazione di flessione accompagnata da taglio):
? id = ± ?? x ² + 3
? xy
2
e nel caso di tensione tangenziale
pura:
? id = ± ? ?3
4.1.3. COSTANTI ELASTICHE.
Per tutti gli acciai considerati
si assumono i seguenti valori delle costanti elastiche:
- modulo di elasticità normale
E = 206000 N/mm²
- modulo di elasticità tangenziale
G = 78400 N/mm²
4.2. Unioni con bulloni.
Le resistenze di calcolo dei bulloni
sono riportate nel prospetto 7-II. ? b e ? b rappresentano i
valori medi delle tensioni nella
sezione.
La tensione di trazione per i bulloni
deve essere valutata mettendo in conto anche gli effetti leva
e le eventuali flessioni parassite.
Ove non si proceda alle valutazioni dell’effetto leva e di
eventuali flessioni parassite,
le tensioni di trazione ? b devono essere incrementate del 25%.
PROSPETTO 7-II
Stato di tensione
Classe vite f t
[N/mm²]
f y
[N/mm²]
f k,N
[N/mm²]
f d,N
[N/mm²]
f d,v
[N/mm²]
4.6 400 240 240 240 170?81
5.6 500 300 300 300 212
6.8 600 480 360 360 255
8.8 800 640 560 560 396
10.9 1000 900 700 700 495
f k,N =è assunto pari al
minore dei due valori f k,N =0,7 f t (f k,N =0,6 f t, per viti di classe
6,8) f k,N =
f y essendo f t ed f y le tensioni
di rottura e di snervamento secondo UNI 3740
f d,N = f k,N = resistenza di calcolo
a trazione
f d,v = f k,N / ?2=resistenza di
calcolo a taglio
Ai fini del calcolo della ? b la
sezione resistente è quella della vite; ai fini del calcolo della
Tb la
sezione resistente è quella
della vite o quella totale del gambo a seconda che il piano di taglio
interessi o non interessi la parte
filettata.
Nel caso di presenza contemporanea
di sforzi normali e di taglio deve risultare:
Tb ? b
[-----------] ² + [-----------]
² ?1
f d,v f d,N
La pressione sul contorno del foro
? rif , alla proiezione diametrale della superficie cilindrica
del chiodo e del bullone, deve
risultare:
? rif ?? fd
essendo:
? = a/d e comunque da assumersi
non superiore a 2,5;
f d la resistenza di calcolo del
materiale costituente gli elementi del giunto (vedi 4.1.1.1.);
a e d definiti limitati al punto
7.2.4.
I bulloni di ogni classe devono
essere convenientemente serrati.
4.3. Unioni a taglio con chiodi.
Per i chiodi di cui al punto 2.7.,
si possono assumere per le resistenze di calcolo i valori riportati
nel prospetto 8-II.
PROSPETTO 8-II
f d,v [N/mm²] Fd,N [N/mm²]
180 75
Di regola i chiodi non devono essere
sollecitati a sforzi di trazione.
Nel caso di combinazioni di taglio
e trazione, si dovra’ verificare che risulti:
Tb ? b?82
[-----------] ² + [-----------]
² ?1
f d, V f d,N
Per la pressione di rifollamento
vale quanto indicato per i bulloni.
4.4. Unioni ad attrito con bulloni.
La forza F f trasmissibile per
attrito da ciascun bullone per ogni piano di contatto tra gli elementi
da collegare, è espressa
dalla relazione:
1
F f = -------- µN b
v f
in cui è da porre:
v f - coefficiente di sicurezza
contro lo slittamento, da assumersi pari a:
1,25 per le verifiche in corrispondenza
degli stati limite di esercizio (sempre
obbligatorie);
1,00 per le verifiche in corrispondenza
degli stati limite ultimi (quando questo tipo
di verifica è esplicitamente
richiesto nelle prescrizioni di progetto);
µ - coefficiente di attrito
da assumersi pari a:
0,45 per superfici trattate come
indicato al punto 7.10.2.;
0,30 per superfici non particolarmente
trattate, e comunque
nelle giunzioni effettuate in opera;
N b - forza di trazione nel gambo
della vite.
La pressione convenzionale sulle
pareti dei fori non deve superare il valore . di
2,5 fd.
In un giunto per attrito i bulloni
ad alta resistenza possono trasmettere anche una forza assiale di
trazione N. In questo caso, semprechè
non concorrano flessioni parassite apprezzabili nel
bullone, il valore della forza
ancora trasmissibile dal bullone per attrito si riduce a:
N
F f, red = F f ( 1 - ------)
N b
La forza N nel bullone non può
in nessun caso superare il valore 0,8 N b .
I bulloni di ciascuna classe debbono
in ogni caso essere serrati con coppia tale da provocare
una forza di trazione Nb nel gambo
della vite pari a:
N b = 0,8 f y A res
essendo A res l’area della sezione
resistente della vite e f y la tensione di snervamento, su vite
(prospetto 7-II), valutate secondo
UNI EN 20898/1 (dicembre 1991).
4.5. Unioni saldate.
4.5.1. GIUNTI TESTA A TESTA OD
A T A COMPLETA PENETRAZIONE.?83
Per il calcolo delle tensioni derivanti
da trazioni o compressioni normali all’asse della
saldatura o da azioni di taglio,
deve essere considerata come sezione resistente la sezione
longitudinale della saldatura stessa;
agli effetti del calcolo essa avrà lunghezza pari a quella intera
della saldatura e larghezza pari
al minore dei due spessori collegati, misurato in vicinanza della
saldatura per i giunti di testa
e allo spessore dell’elemento completamente penetrato nel caso di
giunti a T (vedere figura 1-II).
Per il calcolo delle tensioni derivanti
da trazioni o compressioni parallele all’asse della
saldatura, deve essere considerata
come sezione resistente quella del pezzo saldato ricavata
normalmente al predetto asse (cioè
quella del materiale base più il materiale d’apporto).
Per trazioni o compressioni normali
all’asse del cordone la tensione nella saldatura non deve
superare 0,85 f d per giunti testa
a testa di II classe ed f d per gli altri giunti.
Per sollecitazioni composte deve
risultare:
f d (I classe)
? id = ???² + ?||² -
????||+3 ? ² ?{
0,85 f d (II classe)
dove:
??è la tensione di trazione
o compressione normale alla sezione longitudinale della saldatura;
?||la tensione di trazione o compressione
parallela all’asse della saldatura;
? è la tensione tangenziale
nella sezione longitudinale della saldatura.
4.5.2. GIUNTI A CORDONI D’ANGOLO.
Si assume come sezione resistente
la sezione di gola del cordone, cui si attribuisce larghezza
pari all’altezza “a ” del triangolo
isoscele iscritto nella sezione trasversale del cordone e l’intera
lunghezza “l” del cordone stesso,
a meno che questo non abbia estremità difettose (fig. 2-II).
Della tensione totale agente sulla
sezione di gola, ribaltata su uno dei piani d’attacco, si
considerano le componenti: normale
??= (trasversale) o tangenziale ??= (trasversale) e ?||
(parallela).
Per la verifica, i valori assoluti
delle predette componenti dovranno soddisfare le limitazioni:
0,85 f d per acciaio Fe 360?84
?? ?² + ? ?² + ?||²
?{
0,70 f d per acciaio Fe 430 ed
Fe 510
f d per acciaio Fe 360
? ? ??? + ? ? ?? ?{
0,85 f d per acciaio Fe 430 ed
Fe 510
con ovvie semplificazioni quando
due soltanto o una sola delle componenti siano diverse da
zero.
Si ritengono non influenti sul
dimensionamento eventuali tensioni normali ?||sulla sezione
trasversale del cordone (fig. 2-II).
4.6. Unioni per contatto.
E’ ammesso l’impiego di unioni
per contatto nel caso di membrature semplicemente
compresse, purchè, con adeguata
lavorazione meccanica, venga assicurato il combaciamento
delle superfici del giunto.
La tensione di compressione deve
risultare minore o uguale a f d .
In corrispondenza dei giunti ai
piani intermedi o delle piastre di base, le colonne degli edifici
possono essere collegate per contatto.
In ogni caso debbono essere sempre previsti collegamenti
chiodati, bullonati o saldati in
grado di assicurare una corretta posizione mutua tra le parti da
collegare. Le unioni per contatto
non debbono distare dagli orizzontamenti di piano più di 1/5
dell’interpiano.?85
Per le altre membrature compresse,
i collegamenti debbono non solo assicurare una corretta
posizione delle parti da collegare,
ma essere anche dimensionati in modo da poter sopportare il
50% delle azioni di calcolo.
In ogni caso i collegamenti di
cui sopra devono essere proporzionati in modo da sopportare
ogni eventuale azione di trazione
che si determini sovrapponendo agli effetti delle azioni laterali
sulla struttura il 75% degli sforzi
di compressione dovuti ai soli carichi permanenti.
4.7. Apparecchi di appoggio fissi
o scorrevoli.
Tutti gli elementi degli apparecchi
di appoggio, in particolare le piastre, devono essere
proporzionati per gli sforzi, normali,
di flessione e taglio, cui sono sottoposti.
Se l’apparecchio di appoggio deve
consentire le dilatazioni termiche, nel relativo calcolo si
assumerà il coefficiente
di dilatazione lineare ? = 12 · 10 -6 °C -1 .
Le parti degli apparecchi di appoggio
che trasmettono pressioni localizzate per contatto saranno
eseguite con acciaio fuso tipo
Fe G 520 UNI 3158 (dicembre 1977) o fucinato, oppure
mediante saldatura di elementi
laminati di acciaio.
Le pressioni di contatto, calcolate
a mezzo delle formule di Hertz, devono risultare:
per contatto lineare: ? l ?4 f
d
per contatto puntuale: ? p ?5,5
f d
Nel caso in cui la localizzazione
della reazione d’appoggio venga ottenuta mediante piastre
piane la pressione media di contatto
superficiale deve risultare:
? s ?1,35 f d
4.8. Indebolimento delle sezioni.
4.8.1. UNIONI A TAGLIO CON CHIODI
O CON BULLONI.
Per le verifiche di resistenza
il calcolo delle tensioni di trazione si effettua con riferimento
all’area netta, detratta cioè
l’area dei fori. L’area netta è quella minima corrispondente o alla
sezione retta o al profilo spezzato.
La verifica a flessione delle travi
sarà effettuata in generale tenendo conto del momento d’inerzia
della sezione con la detrazione
degli eventuali fori. Il calcolo di norma sarà eseguito deducendo
dal momento d’inerzia della sezione
lorda il momento d’inerzia delle aree dei fori rispetto
all’asse baricentrico della stessa
sezione lorda.
Per le verifiche di stabilità
di cui al successivo punto 5 e per la determinazione di qualunque
parametro dipendente dalla deformabilità,
si devono considerare, invece, le sezioni lorde, senza
alcuna detrazione dei fori per
i collegamenti.
4.8.2. UNIONI AD ATTRITO.
La detrazione dei fori dalla sezione
deve essere effettuata soltanto se il giunto è sollecitato a
trazione.
La verifica della sezione indebolita
si effettua per un carico pari al 60% di quello trasmesso per
attrito dai bulloni che hanno l’asse
nella sezione stessa, oltre al carico totale trasmesso dai bulloni
che precedono.
4.8.3. VERIFICA DEI PROFILATI PARTICOLARI.
I profilati ad L o a T collegati
su un’ala o a U collegati sull’anima, potranno essere verificati
tenendo conto dell’effetto di ridistribuzione
plastica delle tensioni dovute alla eventuale
eccentricità del collegamento.
Ciò può essere fatto assumendo come sezione resistente a
trazione
una adeguata aliquota della sezione
trasversale netta.?86
4.9. Norme particolari per elementi
inflessi.
Le frecce degli elementi delle
strutture edilizie devono essere contenute quanto è necessario perchè
non derivino danni alle opere complementari
in genere ed in particolare alle murature di
tamponamento e ai relativi intonaci.
Ai fini del calcolo si assumono
le combinazioni rare per gli stati limite di servizio; in tali
combinazioni i valori delle azioni
della neve e delle pressioni del vento possono essere ridotti
al 70%. Indicativamente la freccia
y, in rapporto alla luce l, deve rispettare almeno i limiti seguenti:
per le travi di solai, per il solo
sovraccarico, y/l ?1/400;
per le travi caricate direttamente
da muri o da pilastri o anche, in assenza di provvedimenti
cautelativi particolari, da tramezzi,
per il carico permanente ed il sovraccarico, y/l ?1/500;
per gli arcarecci o gli elementi
inflessi dell’orditura minuta delle coperture, per il carico
permanente ed il sovraccarico,
y/l ?1/200.
Per gli sbalzi i limiti precedenti
possono essere riferiti a una lunghezza l pari a due volte la
lunghezza dello sbalzo stesso.
Ove l’entità delle deformazioni
lo richieda, dovranno essere previste controfrecce adeguate.
Le frecce teoriche orizzontali
degli edifici multipiani alti, dovute all’azione statica del vento, non
devono essere maggiori di 1/500
dell’altezza totale dell’edificio.
Le travi a sostegno di murature
di tamponamento in strutture intelaiate possono calcolarsi
ammettendo che il muro, comportandosi
ad arco, si scarichi in parte direttamente sugli appoggi.
Le travi suddette sono così
soggette a flessione, per effetto del carico della parte di muro
sottostante all’intradosso dell’arco,
ed a trazione, per effetto della spinta dell’arco stesso.
In via di approssimazione si può
ritenere che l’arco abbia freccia pari a 1/2 della luce.
4.10. Fenomeni di fatica.
Si deve tener conto dei fenomeni
di fatica per le strutture o gli elementi che si prevedono soggetti
nel corso della loro vita ad un
numero di cicli di sollecitazione maggiore di 10 4
In tale caso la verifica di resistenza
deve essere effettuata negli stati limite di esercizio, adottando
?? ammissibile adeguato; a tale
riguardo si possono adottare le prescrizioni indicate dalle CNR
10011/86 “Costruzioni di acciaio.
Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la
manutenzione”, oppure altri criteri
fondati su risultati sperimentali di sicura validità.
5. NORME DI CALCOLO: VERIFICA DI
STABILITA’.
5.0. Generalità.
Oltre alle verifiche di resistenza
previste dal precedente punto 4, che in nessun caso potranno
essere omesse, devono essere eseguite
le verifiche necessarie ad accertare la sicurezza della
costruzione, o delle singole membrature,
nei confronti di possibili fenomeni di instabilità.
Le verifiche verranno condotte
tenendo conto degli eventuali effetti dinamici, ma senza
considerare le riduzioni delle
tensioni ammissibili ai fenomeni di fatica.
La determinazione delle tensioni
in corrispondenza delle quali possono insorgere eventuali
fenomeni di instabilità,
sarà condotta o adottando i metodi di calcolo indicati dalle norme
CNR
10011/86, oppure altri metodi fondati
su ipotesi teoriche e risultati sperimentali chiaramente
comprovati.
5.1. Aste compresse.
Si definisce lunghezza d’inflessione
la lunghezza l 0 = ßl da sostituire nel calcolo alla lunghezza l
dell’asta quale risulta nello schema
strutturale. Il coefficiente ß deve essere valutato tenendo
conto delle effettive condizioni
di vincolo dell’asta nel piano di flessione considerato.
5.1.1. COEFFICIENTE DI VINCOLO.?87
Nelle condizioni di vincolo elementari,
per la flessione nel piano considerato, si assumono i
valori seguenti:
ß = 1,0 se i vincoli dell’asta
possono assimilarsi a cerniere;
ß = 0,7 se i vincoli possono
assimilarsi ad incastri;
ß = 0,8 se un vincolo è
assimilabile all’incastro ed uno alla cerniera;
ß = 2,0 se l’asta è
vincolata ad un solo estremo con incastro
perfetto; in tal caso l è
la distanza tra la sezione incastrata e quella di applicazione del carico.
5.1.2. ASTE DI STRUTTURE RETICOLARI.
Per le aste facenti parti di strutture
reticolari si adottano i seguenti criteri:
aste di corrente di travi reticolari
piane. Per valutare la lunghezza d’inflessione nel piano della
travatura si pone ß = 1,
per la lunghezza d’inflessione nel piano normale a quello della
travatura, si assume ancora ß
= 1 se esistono alle estremità dell’asta ritegni trasversali
adeguatamente rigidi; per ritegni
elasticamente cedevoli, si dovrà effettuare una verifica apposita;
aste di parete. Per la lunghezza
d’inflessione nel piano della parete, si assumerà:
l red
ß = --------
l
comunque non minore di 0,8, essendo
l red la distanza tra i baricentri delle bullonature, delle
chiodature o delle saldature di
attacco alle estremità.
Se, all’incrocio tra un’asta compressa
e una tesa, l’attacco tra le due aste ha una resistenza non
minore di 1/5 di quella dell’attacco
di estremità dell’asta compressa, il punto di incrocio potrà
considerarsi impedito di spostarsi
nel piano della parete; in ogni caso però la lunghezza da
considerare non dovrà essere
minore di l 0 = 0,5 l. Per l’inflessione nel piano normale a quello
della parete i coefficienti ß
vanno determinati mediante metodi di calcolo che tengono conto
delle azioni presenti nella coppia
di aste. In favore di sicurezza si possono assumere quelli
indicati al punto 5.1.1.
5.1.3. COLONNE.
Per le colonne dei fabbricati,
provviste di ritegni trasversali rigidi in corrispondenza dei piani, tali
cioè da impedire gli spostamenti
orizzontali dei nodi, si assume ß = 1.
Per il tronco più basso
la lunghezza l deve essere valutata a partire dalla piastra di appoggio.
L’eventuale presenza di pannelli
a tutt’altezza sufficientemente rigidi e robusti potrà
essere considerata nella determinazione
della lunghezza d’inflessione delle colonne di
fabbricati civili ed industriali,
qualora si provveda a rendere solidali tra loro i pannelli e le
colonne.
5.1.4. SNELLEZZA.
Si definisce snellezza di un’asta
prismatica in un suo piano principale di inerzia, il rapporto ? =
l 0 /i dove:
l 0 è la lunghezza di inflessione
nel piano principale considerato, dipendente, come
specificato nel punto 5.1., dalle
modalità di vincolo alle estremità dell’asta;
i è il raggio d’inerzia
della sezione trasversale, giacente nello stesso piano principale in cui
si
valuta l 0 .
La snellezza non deve superare
il valore 200 per le membrature principali e 250 per quelle
secondarie; in presenza di azioni
dinamiche rilevanti i suddetti valori vengono limitati
rispettivamente a 150 e a 200.?88
5.1.5. VERIFICA.
La verifica di sicurezza di un’asta
si effettuerà nell’ipotesi che la sezione trasversale sia
uniformemente compressa.
Dovrà essere:
? ?? c dove:
N c
? c = -------
A
è la tensione critica corrispondente
alla forza N c , che provoca il collasso elastoplastico per
inflessione dell’asta nel piano
che si considera;
N
? = -------
A
è la tensione assiale di
compressione media nella sezione della membratura corrispondente al carico
assiale N di calcolo.
5.1.6. COEFFICIENTE DI MAGGIORAZIONE
DELLA FORZA ASSIALE.
In conformità a quanto disposto
al punto 5.1.5., la verifica di sicurezza di un’asta compressa potrà
effettuarsi nella ipotesi che la
sezione trasversale sia compressa da una forza N maggiorata del
coefficiente ? = f y /? c .
Dovrà cioè essere:
? N
----- ?f d
A
I coefficienti ? , dipendenti dal
tipo di sezione oltrechè dal tipo di acciaio dell’asta, si desumono
da appositi diagrammi o tabellazioni;
si possono adottare a tale riguardo le indicazioni della
norma CNR 10011/86, oppure altre
prescrizioni, fondate su ipotesi teoriche e risultati
sperimentali chiaramente comprovati.
5.1.7. RAPPORTI DI LARGHEZZA-SPESSORE
DEGLI ELEMENTI IN PARETE
SOTTILE DELLE ASTE COMPRESSE.
Per evitare fenomeni locali d’imbozzamento,
dovranno essere opportunamente limitati i
rapporti larghezza-spessore degli
elementi in parete sottile di aste compresse, in funzione della
forma chiusa o aperta della sezione
trasversale, della presenza o meno di irrigidimenti lungo i
bordi delle pareti e del tipo di
acciaio impiegato.
Per le sezioni aperte dotate di
pareti sottili con bordi egualmente o diversamente irrigiditi,
dovrà essere inoltre controllata
l’efficacia degli irrigidimenti in relazione ai rapporti
larghezza-spessore adottati.
5.2. Travi inflesse a parete piena.
5.2.1. STABILITA’ ALL’IMBOZZAMENTO
DELLE PARTI COMPRESSE DI?89
TRAVI INFLESSE.
Quando non si proceda ad un preciso
calcolo specifico, le dimensioni delle parti sottili
uniformemente compresse devono
soddisfare le limitazioni valide per analoghe parti di aste
compresse, come indicato al punto
5.1.7.
5.2.2. STABILITA’ LATERALE DELLE
TRAVI INFLESSE (SICUREZZA ALLO
SVERGOLAMENTO).
Per la verifica di una trave inflessa
deve risultare:
? ?? c essendo:
? la massima tensione al lembo
compresso,
M c
? c = -------
W
con M c momento massimo calcolato
per la condizione critica di carico, tenuto conto del
comportamento elastoplastico della
sezione e W modulo di resistenza relativo al lembo compresso.
5.3. Aste pressoinflesse.
Nel caso di aste soggette ad azioni
assiali di compressione N e a momento flettente M, bisognerà
tener conto della riduzione della
capacità portante dell’asta a compressione a causa degli effetti
flettenti. Tale valutazione sarà
fatta mediante formule di interazione basate su metodi di
calcolo o sperimentali comprovati.
Se il momento flettente varia lungo
l’asta, la verifica potrà effettuarsi introducendo nella
formula il momento flettente, costante
lungo l’asta, equivalente ai fini della verifica di
stabilità.
5.4. Archi.
Le strutture ad arco devono essere
progettate con appropriati metodi analitici; la stabilità globale
deve essere garantita con un rapporto
tra i carichi corrispondenti alle predette instabilità ed i
carichi corrispondenti alla condizione
di calcolo per le verifiche agli stati limite ultimi non
minore di 1,6.
5.5. Telai.
Nelle strutture intelaiate la stabilità
delle singole membrature deve essere verificata in
conformità a quanto indicato
nei punti 5.1., 5.2. e 5.3., tenendo ben presenti le condizioni di
vincolo e di sollecitazione.
5.5.1. TELAI A NODI FISSI.
Nei telai in cui la stabilità
laterale è assicurata dal contrasto di controventamenti adeguati,
la
lunghezza di inflessione dei piedritti,
in mancanza di un’analisi rigorosa, sarà assunta pari alla
loro altezza.
5.5.2. TELAI A NODI SPOSTABILI.
a) Telai monopiano.
Se la stabilità laterale
è affidata unicamente alla rigidezza flessionale dei piedritti e
dei traversi,
rigidamente connessi fra loro,
la lunghezza di inflessione delle membrature va determinata
mediante apposito esame. La lunghezza
di inflessione dei ritti sarà assunta comunque non minore?90
della loro altezza qualora siano
incastrati al piede, e al doppio della loro altezza se incernierati
alla base.
b) Telai multipiano.
La stabilità globale deve
essere garantita con un rapporto tra i carichi corrispondenti alla predetta
instabilità ed i carichi
corrispondenti alla condizione di calcolo per le verifiche agli stati limite
ultimi non minore di 1,6.
La stabilità globale può
essere saggiata indirettamente controllando che la struttura sia capace
di sopportare l’azione delle forze
orizzontali pari a 1/80 dei carichi permanenti e sovraccarichi
supposte agenti contemporaneamente
ai massimi carichi di progetto, per le verifiche agli stati
limite ultimi, vento escluso.
La freccia orizzontale corrispondente
deve essere minore di 1/330 della altezza totale del telaio.
5.6. Stabilità dell’anima
di elementi strutturali a parete piena.
5.6.1. VERIFICA ALL’IMBOZZAMENTO.
I pannelli d’anima di elementi
strutturali a parete piena devono essere verificati
all’imbozzamento e, localmente,
in corrispondenza di eventuali carichi concentrati applicati fra
gli irrigidimenti.
In particolare, nelle verifiche
all’imbozzamento, dovrà essere:
? id ?? c
dove:
? c è la tensione normale
critica di confronto corrispondente alla condizione di carico
assegnata;
? id è la tensione normale
ideale equivalente valutata con riferimento alla massima tensione
normale di compressione e ad una
tensione tangenziale media.
Laddove esistano adeguate riserve
di resistenza in fase post-critica, si potrà tenerne conto
aumentando giustificatamente il
valore della tensione normale di confronto ? c .
5.6.2. CONTROLLO DEGLI IRRIGIDIMENTI.
La verifica di cui al punto 5.6.1.
deve essere integrata da un controllo degli irrigidimenti
trasversali e longitudinali dell’anima
al fine di garantire l’efficienza statica dell’insieme.
Gli irrigidimenti verticali in
corrispondenza degli appoggi e dei carichi concentrati in genere
devono essere verificati al carico
di punta per l’intera azione localizzata.
6. VERIFICHE MEDIANTE PROVE SU
STRUTTURE CAMPIONE E SU MODELLI.
6.1. Prove su strutture o elementi
campione.
Nel caso che la verifica sia riferita
ad esperienze dirette su struttura campione da effettuare
sotto il controllo di un Laboratorio
Ufficiale, su un adeguato numero di elementi, tale da
consentire una convincente elaborazione
statistica dei risultati, e nei quali siano fedelmente te
riprodotte le condizioni di carico
e di vincolo, il minimo valore del coefficiente di sicurezza delle
azioni di progetto agli stati limite
ultimi rispetto alla resistenza sperimentale a rottura non
deve essere inferiore a 1,33, mentre
il valore medio del coefficiente di sicurezza non deve
essere inferiore a 1,53. Detti
coefficienti devono essere opportunamente incrementati nel
caso di azioni ripetute, a meno
che l’effettiva storia di carico non venga riprodotta nelle prove. Ove
siano da temere fenomeni di instabilità
globale e locale, ovvero rotture senza preavviso, i
coefficienti di sicurezza devono
essere opportunamente maggiorati.?91
6.2. Prove su modelli.
Per strutture di particolare complessità,
le ipotesi a base del calcolo potranno essere guidate dai
risultati di prove su modelli.
7. REGOLE PRATICHE DI PROGETTAZIONE
ED ESECUZIONE.
7.1. Composizione degli elementi
strutturali.
7.1.1. SPESSORI LIMITE.
E’ vietato l’uso di profilati con
spessore t<4 mm. Una deroga a tale norma, fino ad uno
spessore t = 3 mm, è consentita
per opere sicuramente protette contro la corrosione, quali per
esempio tubi chiusi alle estremità
e profilati zincati, od opere non esposte agli agenti atmosferici.
Le limitazioni di cui sopra non
riguardano ovviamente elementi di lamiera grecata e profili
sagomati a freddo in genere per
i quali occorre fare riferimento ad altre prescrizioni costruttive e
di calcolo.
7.1.2. IMPIEGO DEI FERRI PIATTI.
L’impiego di piatti o larghi piatti,
in luogo di lamiere, per anime e relativi coprigiunti delle travi
a parete piena, e in genere per
gli elementi in lastra soggetti a stati di tensione biassiali
appartenenti a membrature aventi
funzione statica non secondaria, è ammesso soltanto se i
requisiti di accettazione prescritti
per il materiale (in particolare quelli relativi alle prove di
piegamento a freddo e resilienza)
siano verificati anche nella direzione normale a quella di
laminazione.
7.1.3. VARIAZIONI DI SEZIONE.
Le eventuali variazioni di sezione
di una stessa membratura devono essere il più possibile
graduali, soprattutto in presenza
di fenomeni di fatica. Di regola sono da evitarsi le pieghe
brusche. In ogni caso si dovrà
tener conto degli effetti dell’eccentricità.
Nelle lamiere o piatti appartenenti
a membrature principali e nelle piastre di attacco le
concentrazioni di sforzo in corrispondenza
di angoli vivi rientranti debbono essere evitate
mediante raccordi i cui raggi saranno
indicati nei disegni di progetto.
7.1.4. GIUNTI DI TIPO MISTO.
In uno stesso giunto è vietato
l’impiego di differenti metodi di collegamento di forza (ad
esempio saldatura e bullonatura
o chiodatura), a meno che uno solo di essi sia in grado di
sopportare l’intero sforzo.
7.2. Unioni chiodate.
7.2.1. CHIODI E FORI NORMALI.
I chiodi da impiegarsi si suddividono
nelle categorie appresso elencate, ciascuna con
l’indicazione della UNI cui devono
corrispondere:
- chiodi a testa tonda stretta,
secondo UNI 136 (marzo 1931);
- chiodi a testa svasata piana,
secondo UNI 139 (marzo 1931);
- chiodi a testa svasata con calotta,
secondo UNI 140 (marzo 1931).
I fori devono corrispondere alla
UNI 141 (marzo 1931).
7.2.2. DIAMETRI NORMALI.
Di regola si devono impiegare chiodi
dei seguenti diametri nominali:
d = 10, 13, 16, 19, 22, 25 mm;
e, ordinatamente, fori dei diametri:?92
d1 = 10,5, 14, 17, 20, 23, 26 mm.
Nei disegni si devono contraddistinguere
con opportune convenzioni i chiodi dei vari
diametri. Nei calcoli si assume
il diametro d 1 , tanto per verifica di resistenza della chiodatura,
quanto per valutare l’indebolimento
degli elementi chiodati.
7.2.3. SCELTA DEI CHIODI IN RELAZIONE
AGLI SPESSORI DA UNIRE.
In relazione allo spessore complessivo
t da chiodare si impiegano:
chiodi a testa tonda ed a testa
svasata piana, per t/d ?4,5;
chiodi a testa svasata con calotta,
per 4,5 < t/d ?6,5.
7.2.4. INTERASSE DEI CHIODI E DISTANZA
DAI MARGINI.
In rapporto al diametro d dei chiodi,
ovvero al più piccolo t1 tra gli spessori collegati dai chiodi,
devono essere soddisfatte le limitazioni
seguenti:
per le file prossime ai bordi:
10 ?p/d ?3
3 ?a/d ?1,5
3 ?a 1 /d ?1,5
15 per gli elementi compressi
p/t 1 ?{25 per gli elementi tesi
a/t 1
}?6 (?9 se il margine è
irrigidito)
a 1 /t 1
dove:
p è la distanza tra centro
e centro di chiodi contigui;
a è la distanza dal centro
di un chiodo al margine degli elementi da collegare ad esso più
vicino
nella direzione dello sforzo;
a 1 è la distanza come la
precedente a, ma ortogonale alla direzione dello sforzo;
/t 1 è il minore degli spessori
degli elementi collegati.
Quando si tratti di opere non esposte
alle intemperie, le ultime due limitazioni possono essere
sostituite dalle seguenti:
a/t 1
}?12
a 1 /t 1
Deroghe eventuali alle prescrizioni
di cui al presente punto 7.2.4. debbono essere
comprovate da adeguate giustificazioni
teoriche e sperimentali.
7.3. Unioni con bulloni normali.
7.3.1. BULLONI.?93
La lunghezza del tratto non filettato
del gambo del bullone deve essere in generale maggiore di
quella della parti da serrare e
si deve sempre far uso di rosette. E’ tollerato tuttavia che non più
di
mezza spira del filetto rimanga
compresa nel foro. Qualora resti compreso nel foro un tratto
filettato se ne dovrà tenere
adeguato conto nelle verifiche di resistenza.
In presenza di vibrazioni o inversioni
di sforzo, si devono impiegare controdadi oppure rosette
elastiche, tali da impedire l’allentamento
del dado. Per bulloni con viti 8.8 e 10.9 è
sufficiente l’adeguato serraggio.
7.3.2. DIAMETRI NORMALI.
Di regola si devono impiegare bulloni
dei seguenti diametri:
d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24,
27 mm.
I fori devono avere diametro uguale
a quello del bullone maggiorato di 1 mm fino al diametro
20 mm e di 1,5 mm oltre il diametro
20 mm, quando è ammissibile un assestamento sotto carico
del giunto.
Quando tale assestamento non è
ammesso, il giuoco complessivo tra diametro del bullone e
diametro del foro non dovrà
superare 0,3 mm, ivi comprese le tolleranze.
Nei disegni si devono contraddistinguere
con opportune convenzioni i bulloni dei vari
diametri e devono essere precisati
i giuochi foro-bullone.
7.3.3. INTERASSE DEI BULLONI E
DISTANZA DAI MARGINI.
Vale quanto specificato al punto
7.2.4.
7.4. Unioni ad attrito.
7.4.1. BULLONI.
Nelle unioni ad attrito si impiegano
bulloni ad alta resistenza di cui al punto 2.6. Il gambo può
essere filettato per tutta la lunghezza.
Le rosette, disposte una sotto
il dado e una sotto la testa, devono avere uno smusso a 45° in un
orlo interno ed identico smusso
sul corrispondente orlo esterno. Nel montaggio lo smusso deve
essere rivolto verso la testa della
vite o verso il dado. I bulloni, i dadi e le rosette devono
portare, in rilievo impresso, il
marchio di fabbrica e la classificazione secondo la citata UNI 3740.
7.4.2. DIAMETRI NORMALI.
Di regola si devono impiegare bulloni
dei seguenti diametri:
d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24,
27 mm e fori di diametro pari a quello del bullone maggiorato di 1,5
mm fino al diametro 24 mm e di
2 mm per il diametro 27 mm. Nei disegni devono essere distinti
con opportune convenzioni i bulloni
dei vari diametri.
7.4.3. INTERASSE DEI BULLONI E
DISTANZA DAI MARGINI.
Vale quanto specificato al punto
7.2.4.
7.5. Unioni saldate.
A tutti gli elementi strutturali
saldati devono essere applicate le prescrizioni di cui al punto
7.1.3.
Per gli attacchi d’estremità
di aste sollecitate da forza normale, realizzati soltanto con
cordoni d’angolo paralleli all’asse
di sollecitazione, la lunghezza minima dei cordoni stessi deve
essere pari a 15 volte lo spessore.
L’impiego di saldature entro fori
o intagli deve essere considerato eccezionale: qualora detti
fori o intagli debbano essere usati,
il loro contorno non dovrà presentare punti angolosi, nè
raggi
di curvatura minori di metà
della dimensione minima dell’intaglio.?94
I giunti testa a testa di maggior
importanza appartenenti a membrature tese esposte a temperature
minori di 0 °C devono essere
previsti con saldatura di I classe (punto 2.4.3.).
La saldatura a tratti non è
ammessa che per cordoni d’angolo.
Nei giunti a croce o a T a completa
penetrazione dovrà essere
previsto un graduale allargamento
della saldatura (vedere figura 3-II), la cui larghezza dovrà
essere almeno pari a 1,3 volte
lo spessore t in corrispondenza della lamiera su cui viene a
intestarsi.
7.6. Travi a parete piena e reticolari.
7.6.1. TRAVI CHIODATE.
Nel proporzionamento delle chiodature
che uniscono all’anima i cantonali del corrente caricato, si
deve tener conto del contributo
di sollecitazione di eventuali carichi direttamente applicati al
corrente stesso. Se tali carichi
sono concentrati ed il corrente è sprovvisto di piattabande, si
provvederà a diffonderli
con piastra di ripartizione.
Le interruzioni degli elementi
costituenti le travi devono essere convenientemente distanziate e
singolarmente provviste di coprigiunto.
La coincidenza trasversale di più interruzioni non è
ammessa neanche per coprigiunto
adeguato alla sezione interrotta, eccettuato il caso di giunti di
montaggio. I coprigiunti destinati
a ricostituire l’intera sezione dell’anima devono estendersi
all’intera altezza di essa.
Nelle travi con pacchetti di piattabande
distribuite con il criterio di ottenere l’uniforme
resistenza a flessione, ciascuna
piattabanda deve essere attaccata al pacchetto esternamente alla
zona dove ne è necessario
il contributo; il prolungamento di ogni piattabanda oltre la sezione in
cui il momento flettente massimo
eguaglia quello resistente, deve essere sufficiente per consentire?95
la disposizione di almeno due file
di chiodi, la prima delle quali può essere disposta in
corrispondenza della sezione suddetta.
7.6.2. TRAVI SALDATE.
Quando le piattabande sono più
di una per ciascun corrente si potranno unire tra loro con
cordoni d’angolo laterali lungo
i bordi, purchè abbiano larghezza non maggiore di 30 volte
lo spessore.
L’interruzione di ciascuna piattabanda
deve avvenire esternamente alla zona dove ne è
necessario il contributo, prolungandosi
per un tratto pari almeno alla metà della propria
larghezza. In corrispondenza della
sezione terminale di ogni singolo tronco di piattabanda si
deve eseguire un cordone d’angolo
di chiusura che abbia altezza di gola pari almeno alla metà
dello spessore della piattabanda
stessa e sezione dissimmetrica col lato più lungo nella direzione
della piattabanda. Inoltre, in
presenza di fenomeni di fatica, la piattabanda deve essere raccordata
al cordone con opportuna rastremazione.
7.6.3. NERVATURE DELL’ANIMA.
Le nervature di irrigidimento dell’anima
in corrispondenza degli appoggi della trave o delle
sezioni in cui sono applicati carichi
concentrati devono essere, di regola, disposte
simmetricamente rispetto all’anima
e verificate a carico di punta per l’intera azione localizzata.
Potrà a tali effetti considerarsi
collaborante con l’irrigidimento una porzione d’anima di
larghezza non superiore a 12 volte
lo spessore dell’anima, da entrambe le parti adiacenti alle
nervature stesse.
Per la lunghezza d’inflessione
dovrà assumersi un valore commisurato alle effettive condizioni
di vincolo dell’irrigidimento ed
in ogni caso non inferiore ai ¾ dell’altezza dell’anima.
I rapporti larghezza-spessore delle
nervature di irrigidimento dell’anima devono soddisfare le
limitazioni previste al punto 5.1.7.
Le nervature di irrigidimento di
travi composte saldate devono essere collegate all’anima mediante
cordoni di saldatura sottili e,
di regola, continui.
Nel caso si adottino cordoni discontinui,
la lunghezza dei tratti non saldati dovrà essere
inferiore a 12 volte lo spessore
dell’anima, e, in ogni caso, a 25 cm; inoltre nelle travi soggette a
fatica si verificherà che
la tensione longitudinale nell’anima non superi quella ammissibile a
fatica per le disposizioni corrispondenti.
7.6.4. TRAVI RETICOLARI.
Gli assi baricentrici delle aste
devono di regola coincidere con gli assi dello schema
reticolare; tale avvertenza è
particolarmente importante per le strutture sollecitate a fatica. La
coincidenza predetta per le aste
di strutture chiodate o bullonate costituite da cantonali può
essere osservata per gli assi di
chiodatura e bullonatura anzichè per gli assi baricentrici.
Il baricentro della sezione resistente
del collegamento ai nodi deve cadere, di regola, sull’asse
geometrico dell’asta. Ove tale
condizione non sia conseguibile, dovrà essere considerato, nel
calcolo del collegamento, il momento
dovuto all’eccentricità tra baricentro del collegamento e
asse baricentrico dell’asta.
Nei correnti a sezione variabile
gli elementi, che via via si richiedono in aumento della sezione
resistente, devono avere lunghezza
tale da essere pienamente efficienti là ove ne è necessario
il contributo.
7.7. Piastre od apparecchi di appoggio.
7.7.1. BASI DI COLONNE.?96
Le piastre di appoggio e le relative
eventuali costolature devono essere proporzionate in modo
da assicurare una ripartizione
approssimativamente lineare della pressione sul cuscinetto
sottostante.
I bulloni di ancoraggio devono
essere collocati a conveniente distanza dalle superfici che limitano
lateralmente la fondazione. La
lunghezza degli ancoraggi è quella prescritta al punto 5.3.3. della
Parte 1ª, quando non si faccia
ricorso a traverse d’ancoraggio o dispositivi analoghi.
7.7.2. APPOGGI METALLICI (FISSI
E SCORREVOLI).
Di regola, per gli appoggi scorrevoli,
non sono da impiegare più di due rulli o segmenti di rullo;
se i rulli sono due occorrerà
sovrapporre ad essi un bilanciere che assicuri l’equipartizione del
carico. Il movimento di traslazione
dei rulli deve essere guidato in modo opportuno, dispositivi di
arresto devono essere previsti
dove il caso lo richieda. Le parti degli apparecchi che trasmettono
pressioni per contatto possono
essere di acciaio fuso, oppure ottenute per saldatura di laminati
di acciaio. Le superfici di contatto
devono essere lavorate con macchina utensile.
7.7.3. APPOGGI DI GOMMA.
Per questo tipo di appoggi valgono
le istruzioni di cui alla norma CNR 10018/87 (Bollettino
Ufficiale C.N.R. - XXVI - n. 161
- 1992).
7.8. Marchiatura dei materiali.
I materiali debbono essere identificabili
mediante apposito contrassegno o marchiatura, specie
per quanto riguarda il tipo di
acciaio impiegato.
7.9. Lavorazioni.
Nelle lavorazioni debbono essere
osservate tutte le prescrizioni indicate nel progetto.
7.10. Modalità esecutive
per le unioni.
7.10.1. UNIONI CHIODATE.
Le teste ottenute con la ribaditura
devono risultare ben centrate sul fusto, ben nutrite alle
loro basi, prive di scepolature
e ben combacianti con la superficie dei pezzi. Dovranno poi essere
liberate dalle bavature mediante
scalpello curvo, senza intaccare i ferri chiodati.
Le teste di materiale diverso dall’acciaio
Fe 360 ed Fe 430 UNI 7356 (dicembre 1974) porteranno
in rilievo in sommità, sopra
una zona piana, un marchio caratterizzante la qualità del materiale.
Il controstampo dovrà essere
piazzato in modo da lasciare sussistere detto marchio dopo la
ribaditura.
7.10.2. UNIONI AD ATTRITO.
Le superfici di contatto al montaggio
si devono presentare pulite, prive cioè di olio, vernice,
scaglie di laminazione, macchie
di grasso.
La pulitura deve, di norma, essere
eseguita con sabbiatura al metallo bianco; è ammessa la
semplice pulizia meccanica delle
superfici a contatto per giunzioni montate in opera, purchè
vengano completamente eliminati
tutti i prodotti della corrosione e tutte le impurità della
superficie metallica. Le giunzioni
calcolate con
µ = 0,45 debbono comunque
essere sabbiate al metallo bianco.
I bulloni, i dadi e le rosette
dovranno corrispondere a quanto prescritto al punto 7.4.1.
Nei giunti flangiati dovranno essere
particolarmente curati la planarità ed il parallelismo delle
superfici di contatto.?97
Per il serraggio dei bulloni si
devono usare chiavi dinamometriche a mano, con o senza
meccanismo limitatore della coppia
applicata, o chiavi pneumatiche con limitatore della coppia
applicata; tutte peraltro devono
essere tali da garantire una precisione non minore di ±5%.
Il valore della coppia di serraggio,
da applicare sul dado o sulla testa del bullone, deve essere
quella indicata nel punto 4.4.
Per verificare l’efficienza dei
giunti serrati, il controllo della coppia torcente applicata può
essere
effettuato in uno dei seguenti
modi:
a) si misura con chiave dinamometrica
la coppia richiesta per far ruotare ulteriormente di 10°
il dado;
b) dopo aver marcato dado e bullone
per identificare la loro posizione relativa, il dado deve
essere prima allentato con una
rotazione almeno pari a 60° e poi riserrato, controllando se
l’applicazione della coppia prescritta
riporta il dado nella posizione originale.
Se in un giunto anche un solo bullone
non risponde alle prescrizioni circa il serraggio, tutti i
bulloni del giunto devono essere
controllati.
7.10.3. UNIONI SALDATE.
Sia in officina sia in cantiere,
le saldature da effettuare con elettrodi rivestiti devono essere eseguite
da saldatori che abbiano superato,
per la relativa qualifica, le prove richieste dalla UNI 4634
(dicembre 1960).
Per le costruzioni tubolari si
farà riferimento alla UNI 4633 (dicembre 1960) per i giunti di testa.
Le saldature da effettuare con
altri procedimenti devono essere eseguite da operai
sufficientemente addestrati all’uso
delle apparecchiature relative ed al rispetto delle condizioni
operative stabilite in sede di
qualifica del procedimento.
I lembi, al momento della saldatura,
devono essere regolari, lisci ed esenti da incrostazioni,
ruggine, scaglie, grassi, vernici,
irregolarità locali ed umidità.
Il disallineamento dei lembi deve
essere non maggiore di 1/8 dello spessore con un massimo di
1,5 mm; nel caso di saldatura manuale
ripresa al vertice, si potrà tollerare un disallineamento di
entità doppia.
Nei giunti di testa ed in quelli
a T a completa penetrazione effettuati con saldatura manuale, il
vertice della saldatura deve essere
sempre asportato, per la profondità richiesta per
raggiungere il metallo perfettamente
sano, a mezzo di scalpellatura, smerigliatura, od altro
adeguato sistema, prima di effettuare
la seconda saldatura (nel caso di saldature effettuate dai due
lati) o la ripresa.
Qualora ciò non sia assolutamente
possibile, si deve fare ricorso alla preparazione a V con
piatto di sostegno che è,
peraltro, sconsigliata nel caso di strutture sollecitate a fatica od alla
saldatura effettuata da saldatori
speciali secondo la citata UNI 4634 o, nel caso di strutture
tubolari, di classe TT secondo
la citata UNI 4633.
7.10.4. UNIONI PER CONTATTO.
Le superfici di contatto devono
essere convenientemente piane ed ortogonali all’asse delle
membrature collegate.
Le membrature senza flange di estremità
devono avere le superfici di contatto segate o, se
occorre, lavorate con la piallatrice,
la fresatrice o la molatrice.
Per le membrature munite di flange
di estremità si dovranno distinguere i seguenti casi:
a) per flange di spessore inferiore
o uguale a 50 mm è sufficiente la spianatura alla pressa
o con sistema equivalente;
b) per flange di spessore compreso
tra i 50 ed i 100 mm, quando non sia possibile una accurata
spianatura alla pressa, è
necessario procedere alla piallatura o alla fresatura delle superfici di
appoggio;
c) per flange di spessore maggiore
di 100 mm le superfici di contatto devono sempre essere
lavorate alla pialla o alla fresa.?98
Nel caso particolare delle piastre
di base delle colonne si distingueranno i due casi seguenti:
a) per basi senza livellamento
con malta occorre, sia per la piastra della colonna che per
l’eventuale contropiastra di fondazione,
un accurato spianamento alla pressa e preferibilmente la
piallatura o la fresatura;
b) per basi livellate con malta
non occorre lavorazione particolare delle piastre di base.
7.10.5. PRESCRIZIONI PARTICOLARI.
Quando le superfici comprendenti
lo spessore da bullonare per una giunzione di forza non
abbiano giacitura ortogonale agli
assi dei fori, i bulloni devono essere piazzati con interposte
rosette cuneiformi, tali da garantire
un assetto corretto della testa e del dado e da consentire un
serraggio normale.
7.11. Verniciatura e zincatura.
Gli elementi delle strutture in
acciaio, a meno che siano di comprovata resistenza alla corrosione,
dovranno essere idoneamente protetti
tenendo conto del tipo di acciaio, della sua posizione nella
struttura e dell’ambiente nel quale
è collocato.
Devono essere particolarmente protetti
gli elementi dei giunti ad attrito, in modo da impedire
qualsiasi infiltrazione all’interno
del giunto.
Il progettista prescriverà
il tipo e le modalità di applicazione della protezione, che potrà
essere di pitturazione o di zincatura
a caldo.
Gli elementi destinati ad essere
incorporati in getti di conglomerato cementizio non dovranno
essere pitturati: potranno essere
invece zincati a caldo.
7.12. Appoggio delle piastre di
base.
E’ necessario curare che la piastra
di base degli apparecchi di appoggio delle colonne appoggi per
tutta la sua superficie sulla sottostruttura
attraverso un letto di malta.
Sezione III Eurocodice 3: ENV-1993-1-1:
criteri e prescrizioni
8. PRESCRIZIONI SPECIFICHE SU SINGOLI
PUNTI DELLA NORMA UNI ENV
1993-1-1.
L’uso della Norma UNI ENV 1993-1-1:
Eurocodice 3 Progettazione delle strutture di acciaio
Parte 1-1 Regole generali e regole
per gli edifici, è ammesso purchè vengano seguite le
prescrizioni sostitutive, integrative
o soppressive riportate in questa Sezione.
Per facilità di riferimento
è stata adottata qui di seguito la stessa numerazione della norma
ENV
1993-1-1. Sono riportati quei punti
nei quali sono state introdotte prescrizioni sostitutive,
integrative o soppressive.
Le appendici della norma UNI EN
1993-1-1 non hanno valore prescrittivo.
I valori dei coefficienti incasellati
da adottare per le applicazioni di UNI ENV 1993-1-1 sono
indicati nel Prospetto 8-I.
PROSPETTO 8-I?99
VALORI INCASELLAT
I
2.3.3.1 Fattore riduttivo ? 0,70
??0 Sezioni di classe 1-2-3 1,05
??1 Sezioni di classe 4 1,05
??1 Fenomeni di instabilità
1,05
5.1.1.
Coeff. Parziale di
sicurezza per il
materiale
??2 Resistenza sezioni nette 1,20
?? b Bulloni 1,35
?? r Chiodi 1,35
?? p Perni 1,35
Saldature d’angolo 1,35
Saldature I° classe 1,05
6.1.1.
Coeff. parziale di
sicurezza per i
collegamenti ?? w
Saldature II° classe 1,20
?? s.ult Stato limite ultimo 1,25
?? s.ser Stato limite di servizio
1,25
6.5.8.1 Coeff. parziale di
sicurezza per
scorrimento unioni
ad attrito ?? s.ult Stato limite
ultimo con
fori maggiorati o asolati
1,50
9.3.2. Coeff. parziale di
sicurezza per i
carichi di fatica
?? f Carico a fatica 1,00
9.3.4. Coeff. parziale di
sicurezza per la
resistenza a fatica
?? f Resistenza a fatica 1,00
? C1 Non saldate 1,00 C2.5 Coeff.
parziale per
fragilità ? C2 Come saldate
1,50
K1 Coeff. parziale di
sicurezza per
resistenza dei
collegamenti
? Mj 1,10
Per le applicazioni della norma
UNI ENV 1993-1-1 (indicata nel seguito con la sigla EC 3) i valori
delle azioni da considerare nel
calcolo e le loro combinazioni devono essere conformi alle
prescrizioni dei punti 2. e 7.
della Parte Generale del presente decreto.
Nel seguito si forniscono le integrazioni
e le sostituzioni ai punti di EC 3, che vengono riportate
con la medesima numerazione adottata
in EC 3.
2. PRINCIPI DI PROGETTAZIONE.
2.4. Durabilità.
Dopo il comma (2) di EC 3 si inserisce
il seguente comma (3).
(3) Devono essere prese accurate
precauzioni per evitare gli effetti della corrosione. In
assenza di specifiche misure si
applicano le cautele di cui al punto 7.1.1. (Spessori limite) della
Parte Seconda del presente decreto
ministeriale.
Si richiama l’attenzione degli
utilizzatori di EC 3 sugli spessori minimi (4 mm) per le strutture
saldate [punto 6.6.1. comma (2)
capoverso 3 di EC 3].?100
3. MATERIALI.
3.2. Acciaio strutturale.
3.2.1. SCOPO.
3.2.2. PROPRIETA’ DEI MATERIALI
PER ACCIAI LAMINATI A CALDO.
Al punto 3.2.1. comma (1) ed al
punto 3.2.2.1. di EC 3 si sostituisce tutto quanto contenuto nei
paragrafi:
2.0. Generalità;
2.1. Acciaio laminato;
2.2. Acciaio per getti;
2.3. Acciaio per strutture saldate,
della Parte Seconda del presente decreto.
3.2.2.3. Tenacità.
La tabella 3.2. di EC 3 si riferisce
agli spessori massimi impiegabili quando il controllo della
tenacità è effettuato
mediante le prove di resilienza Charpy V specificate nelle note a margine
della tabella stessa. Si possono
impiegare spessori maggiori soltanto ricorrendo alle verifiche di
tenacità prescritte al punto
3.2.2.3.
La tabella 3.2. di EC 3 è
ricavata per particolari strutturali mediamente impegnati ed importanti
(condizioni S1, S2, R1 e C2); per
altri casi si deve fare riferimento all’Annesso C. Ad esempio
per particolari strutturali impegnati
severamente (per stati di sforzo pluriassiali o deformazioni
plastiche importanti) si deve fare
riferimento alle condizioni di servizio S3.
Comunque, in relazione al disposto
del punto 2.3.2. della Parte Seconda del presente decreto,
l’impiego degli acciai di grado
B in condizioni di servizio S2 (tabella 3.2. di EC 3) è escluso
per
temperature di servizio inferiori
a -10 °C.
In relazione al disposto del punto
2.3.2. della Parte Seconda del presente decreto per tutti i gradi di
acciaio, nelle condizioni di servizio
S2, con temperatura di servizio inferiore di oltre 30 °C
rispetto a quella per cui è
garantita la resilienza di 27J [-10 °C per grado B, -30 °C per
grado C e -50
°C per grado D], non è
consentito l’impiego di spessori superiori a 10 mm.
4. STATI LIMITE DI SERVIZIO.
4.2. Controllo degli spostamenti.
4.2.1. REQUISITI.
Dopo il comma (5) di EC 3 si inserisce
il seguente comma (6).
(6) Qualora non vengano assunte
particolari precauzioni progettuali e costruttive, la snellezza
non deve superare i valori di cui
al punto 5.1.4. della Parte Seconda del presente decreto.
5. STATO LIMITE ULTIMO.
5.2. Calcolo delle forze interne
e dei momenti.
5.2.4. CONSIDERAZIONE DELLE IMPERFEZIONI.
5.2.4.2. Metodo di applicazione.
Si sostituisce il comma (4) del
punto 5.2.4.2. di EC 3 con il testo seguente.?101
(4) Gli effetti delle imperfezioni
delle membrature (vedere punto 5.2.4.5.) possono essere
trascurati durante lo svolgimento
della analisi globale qualora si utilizzino le imperfezioni
geometriche equivalenti del telaio
definite al successivo punto 5.2.4.3.; nei casi in cui si adottano
nell’analisi le imperfezioni geometriche
massime ammesse per il telaio (di cui al punto 7.7. di EC
3) devono essere messe in conto
anche le imperfezioni equivalenti delle membrature (definite
nella fig. 5.5.1. di EC 3).
5.2.6. STABILITA’ DEI TELAI.
5.2.6.2. Analisi elastica dei telai
a nodi spostabili.
Si sostituisce il comma (4) del
punto 5.2.6.2. di EC 3 con il testo seguente.
(4) Nei casi in cui il rapporto
V sd / V cr risulta maggiore di 0.25 gli effetti del secondo
ordine dovranno essere inclusi
direttamente nell’analisi globale e non è consentito l’uso dei
metodi indiretti di cui al precedente
comma (1).
Si sostituisce il comma (8) dello
stesso punto 5.2.6.2. di EC 3 con il testo seguente.
(8) Qualora per il calcolo delle
colonne si usi l’analisi elastica del primo ordine con lunghezze
di libera inflessione nel piano
calcolate tenendo conto degli spostamenti laterali, i momenti
prodotti dagli spostamenti laterali
nelle travi, nelle colonne e nei collegamenti trave-colonna
devono essere amplificati almeno
di 1,2 salvo che sia dimostrata l’idoneità di un valore
inferiore attraverso una adeguata
analisi.
6. COLLEGAMENTI SOGGETTI A CARICHI
STATICI.
6.6. Collegamenti saldati.
6.6.1. GENERALITA’.
Al punto 6.6.1. comma (1) di EC
3 si deve intendere aggiunto tutto quanto contenuto nel
paragrafo 2.4. (Saldature) della
Parte Seconda del presente decreto.
Ulteriori indicazioni per quanto
riguarda la scelta dei materiali di apporto e le precauzioni per
evitare l’insorgere di cricche
a freddo in zona termicamente alterata o in saldatura si possono
reperire ai punti 2.5.1. e 9.9.4.
della CNR 10011/86 (Bollettino Ufficiale C.N.R. - XXVI - n.
164 - 1992).
Ulteriori indicazioni per quanto
riguarda le prove di qualifica dei procedimenti di saldatura si
possono reperire al punto 2.5.2.
della CNR 10011/86.
Ulteriori indicazioni per la definizione
delle classi delle saldature, per quanto riguarda
l’estensione dei controlli non
distruttivi ed i criteri di accettabilità dei difetti si possono
reperire
al punto 2.5.3. della CNR 10011/86.
Si modifica nel modo seguente il
punto 6.6.1. di EC 3 comma (2), titolo secondo, procedimento
136:
- 136 - saldatura ad arco con filo
animato (con gas di protezione inerte o attivo).
6.6.2. GEOMETRIA E DIMENSIONI.
6.6.2.2. Saldature a cordoni d’angolo.
Il comma (4) del punto 6.6.2.2.
di EC 3 deve intendersi prescrittivo per saldature fortemente
tese e/o soggette a sensibili fenomeni
di fatica o a corrosione atmosferica o di altro tipo (non
“regola applicativa” dunque, ma
“principio”).
6.6.2.5. Saldature entro fori od
intagli.?102
Questo tipo di saldatura non è
ammesso per giunti fortemente sollecitati a trazione e/o soggetti a
fenomeni di fatica.
6.6.2.6. Saldature entro scanalature.
Questo tipo di saldatura non è
ammesso per giunti fortemente sollecitati a trazione e/o soggetti a
fenomeni di fatica.
6.6.5. RESISTENZA DI PROGETTO DI
SALDATURE A CORDONI D’ANGOLO.
6.6.5.1. Lunghezza efficace.
Il comma (1) del punto 6.6.5.1.
di EC 3 deve essere integrato nel modo seguente.
La lunghezza efficace sarà
assunta pari a quella reale del cordone, purchè questo non abbia
estremità palesemente mancanti
o difettose.
Il comma (5) del punto 6.6.5.1.
di EC 3 si applica ai giunti lunghi a sovrapposizione.
6.6.5.2. Altezza di gola.
Si sostituisce il comma (4) del
punto 6.6.5.2. di EC 3 con il testo seguente.
(4) La altezza effettiva di gola
è quella teorica incrementata del 50% della penetrazione minima
rilevata su non meno di tre macrografie,
ricavate da saggi di certificazione del procedimento o da
specifici giunti di prova (almeno
un giunto avente lunghezza < 500 mm; tre macrografie ricavate
una in mezzeria, due a 50 mm dalle
estremità).
6.6.6. RESISTENZA DI PROGETTO DI
SALDATURE DI TESTA.
6.6.6.1. Saldature di testa a piena
penetrazione.
Si introducono i seguenti commi
(2) e (3) del punto 6.6.6.1. di EC 3.
(2) Si deve adottare ? mw = 1,05
per i giunti di I classe e ? mw = 1,20 per i giunti di II classe.
(3) Tra le eventuali azioni correttive,
che devono essere concordate con il progettista e con
il direttore dei lavori, a seguito
di mancanza di penetrazione rilevata con i controlli, è ammesso
anche il declassamento a parziale
penetrazione di giunti indicati dal progettista a piena
penetrazione.
In ogni caso i controlli devono
escludere la presenza di difetti, eccedenti i limiti di difettosità
relativi alla II classe, diversi
dalla mancanza di penetrazione.
La valutazione dell’altezza di
gola dei cordoni conseguente al declassamento può effettuarsi sulla
base sia di controlli non distruttivi
(ultrasuoni), sia di controlli semidistruttivi
(macrografie di estremità
o sondaggi di mola), sia della preparazione dei lembi.
6.6.6.2. Saldature di testa a parziale
penetrazione.
La fig. 6.6.8. di EC 3 (relativa
alle altezze di gola da considerare) è soppressa.
Si sostituisce il comma (4) del
punto 6.6.6.2. di EC 3 con il testo seguente.
(4) Adottando le preparazioni dei
lembi per parziale penetrazione indicate nella UNI 11001
(gennaio 1962) l’altezza di gola
può essere considerata pari alla profondità della
preparazione. In caso di preparazioni
diverse, e comunque quando si voglia tener conto della
penetrazione, verrà adottato
il criterio di cui al comma (4) del punto 6.6.5.2.
6.6.6.3. Giunti di testa a T.
Al comma (1) del punto 6.6.6.3.
di EC 3 si aggiungono le seguenti prescrizioni.
L’entità della mancanza
di penetrazione viene così stabilita:
- pari alla spalla usando le preparazioni
per parziale penetrazione di cui alla UNI 11001 (punto
9.2.5.);?103
- pari alla spalla diminuita del
50% della penetrazione, quando si ritenga tener conto di
quest’ultima e comunque nel caso
di uso di preparazioni diverse da quelle della UNI 11001 [i
criteri per la valutazione della
penetrazione sono quelli di cui al comma (4) del punto 6.6.5.2. di
EC 3 modificato in questo decreto].
I giunti saranno sottoposti a controllo
ultrasonoro con i criteri per i giunti di II classe; è
ammessa una mancanza di penetrazione
continua dell’ordine di 3 mm; non sono ammesse
mancanze di fusione al vertice.
Per le verifiche di resistenza
si adotta ? mw = 1,20 come per i giunti testa - testa a piena
penetrazione di II classe.
Si sostituisce il comma (2) del
punto 6.6.6.3. di EC 3 con il testo seguente.
(2) La resistenza di un giunto
di testa a T che non soddisfa i requisiti di cui al precedente comma
(1) dovrà essere determinata
come per una saldatura a cordoni d’angolo.
L’altezza di gola dei cordoni verrà
considerata pari a:
- quella teorica, usando le preparazioni
per parziale penetrazione di cui alla UNI 11001 (punto
9.2.5.);
- quella rilevata nelle sezioni
macrografiche, con i criteri di cui al comma 4 del punto 6.6.5.2. (nel
caso di preparazioni diverse da
quelle previste dalla UNI 11001 e comunque quando si voglia
tener conto della penetrazione).
Anche i giunti a T a parziale penetrazione
con preparazione da un solo lato si verificano
come i cordoni d’angolo, indipendentemente
dalla entità della mancanza di penetrazione.
La figura 6.6.9. di EC 3 viene
modificata come in allegato.
? nom.1 + ? nom.2 ?t
c nom. ?t/5 oppure c nom. ?3 mm
Giunto a T di testa a parziale
penetrazione calcolabile come un giunto testa-testa a piena
penetrazione [la mancanza di penetrazione
nominale cnom è indicata a titolo di esempio,
dovendosi applicare per la sua
determinazione quanto specificato al comma (1) del punto 6.6.6.3].?104
7Si sostituisce il comma (3) del
punto 6.6.6.3. di EC 3 con il testo seguente.
(3) I giunti a T a piena penetrazione
si verificano con criteri identici a quelli indicati per i
giunti testa - testa a piena penetrazione
(punto 6.6.6.1.).
7. FABBRICAZIONE E MONTAGGIO.
E’ da intendersi che il disposto
del Cap. 3 “Collaudo Statico” della Parte Seconda del
presente decreto non è sostitutiva
del punto 7.8. Controlli e Prove.
7.5. Collegamenti bullonati.
7.5.1. FORI.
Al comma (1) del punto 7.5.1. di
EC 3 si deve aggiungere la seguente prescrizione.
E’ sempre escluso l’impiego della
fiamma nella lavorazione dei fori.
7.5.6. SERRAGGIO DEI BULLONI.
Si introduce il seguente comma
(4) del punto 7.5.6. di EC 3.
(4) Per il controllo del serraggio
dei bulloni precaricati si applica il punto 7.10.2. Parte
Seconda del presente decreto.
7.5.7. SUPERFICI DI CONTATTO RESISTENTI
ALLO SCORRIMENTO.?105
Si applicano, ad integrazione del
comma (1), le indicazioni del punto 7.10.2. Parte Seconda del
presente decreto circa le modalità
di preparazione delle superfici di contatto.
7.6. Collegamenti saldati.
Questo paragrafo deve essere integrato
con le indicazioni di cui ai punti 7.5. e 7.10.3. Parte
Seconda del presente decreto.
Ulteriori precisazioni sono riportate
al punto 9.2 della CNR 10011/86 (che riguarda le regole
pratiche di progettazione ed esecuzione
delle unioni saldate) ed al punto 9.3.2. della CNR
10011/86 .
Parte III MANUFATTI PREFABBRICATI
PRODOTTI IN SERIE
(in conglomerato normale e precompresso,
misti in laterizio e cemento armato e metallici)
La documentazione da depositarsi
ai sensi dell’art. 9, punti a), b), c), d) della legge 5-11-1971,
n. 1086 dovrà dimostrare
la completa corrispondenza dei manufatti prefabbricati alle
prescrizioni di cui alle presenti
norme.
La relazione dovrà essere
firmata da un tecnico a ciò abilitato, il quale assume con ciò
le
responsabilità stabilite
dalla legge per il progettista.
I manufatti prefabbricati dovranno
essere costruiti sotto la direzione di un tecnico a ciò abilitato,
che per essi assume le responsabilità
stabilite dalla legge per il direttore dei lavori. A cura di detto
tecnico dovranno essere eseguiti
i prelievi di materiali, le prove ed i controlli di produzione
sui manufatti finiti con le modalità
e la periodicità previste dalle presenti Norme. I certificati
delle prove saranno conservati
dal produttore. Ai sensi dell’art. 9 della legge 5-11-1971, n. 1086,
ogni fornitura di manufatti prefabbricati
dovrà essere accompagnata da apposite istruzioni nelle
quali vengono esposte le modalità
di trasporto e montaggio, nonchè le caratteristiche ed i limiti
di impiego dei manufatti stessi.
Ogni fornitura di manufatti prefabbricati
dovrà inoltre essere accompagnata, anche da un
certificato di origine firmato
dal produttore, il quale con ciò assume per i manufatti stessi le
responsabilità che la legge
attribuisce al costruttore, e dal tecnico responsabile della produzione
previsto al terzo comma. Il certificato
dovrà garantire la rispondenza del manufatto alle
caratteristiche di cui alla documentazione
depositata al Ministero dei LL.PP., e portare
l’indicazione del tecnico che ne
risulta, come sopra detto, progettista.
In presenza delle condizioni sopra
elencate, i manufatti prefabbricati potranno essere accettati
senza ulteriori esami o controlli.
Copia del certificato d’origine
dovrà essere allegato alla relazione del direttore dei lavori di
cui
all’art. 6 della legge 5-11-1971,
n. 1086.
Il deposito ha validità
triennale.
Parte IV COSTRUZIONI COMPOSTE DA
ELEMENTI IN METALLI DIVERSI
DALL’ACCIAIO
Le costruzioni composte da elementi
strutturali in metalli diversi dall’acciaio - le quali hanno
limitata applicazione nelle opere
cui fa riferimento la legge 5-11-1971, n. 1086 - dovranno
essere progettate, eseguite e montate
seguendo tutte le indicazioni di ordine generale indicate nelle
norme per le costruzioni in acciaio.?106
Deve essere peraltro provato dal
progettista, caso per caso, che le strutture posseggano un
grado di sicurezza adeguato all’affidabilità
dei materiali e delle tecnologie e comunque non
inferiore a quello richiesto dalle
Norme per le costruzioni in acciaio.
Parte V NORME PER TRAVI COMPOSTE
“ACCIAIO - CALCESTRUZZO”
1. OGGETTO.
Sono oggetto delle presenti norme
le strutture costituite da una o più travi di acciaio a parete
piena e da una soletta di estradosso
di calcestruzzo armato normale o precompresso. La
soletta di calcestruzzo e la membratura
di acciaio sono rese collaboranti mediante connettori
che assicurano il funzionamento
dell’insieme come unico elemento resistente.
2. MATERIALI: QUALITA’ E PROVE.
2.1. Materiali delle solette di
c.a. normale o precompresso.
Per i materiali delle solette in
c.a. normale o precompresso valgono le prescrizioni del punto 2
della Parte Prima delle presenti
norme tecniche.
2.2. Acciai degli elementi strutturali
in carpenteria.
Per gli acciai degli elementi strutturali
in carpenteria valgono le prescrizioni del punto 2
della Parte Seconda delle presenti
norme tecniche.
2.3. Acciai dei connettori.
Per gli acciai impiegati per i
connettori devono essere rispettate le norme di cui al punto 2.3.
della Parte Seconda quando i processi
di saldatura adottati corrispondono a quelli previsti nel
citato punto 2.3.
Quando invece vengono impiegati
per i collegamenti dei connettori procedimenti automatici
di saldatura senza metallo di apporto,
per l’acciaio dei connettori devono essere rispettate
ulteriori limitazioni nella composizione
chimica al fine di garantire al collegamento
adeguate proprietà di resistenza,
resilienza e duttilità.
A tale riguardo si possono adottare
criteri fondati su risultati sperimentali di sicura validità.
3. NORME DI VERIFICA DELLA SICUREZZA.
3.0.1. AZIONI E RESISTENZE DI CALCOLO.
Per le azioni di calcolo vale quanto
prescritto al punto 7 della Parte generale delle presenti
norme.
Per le resistenze di calcolo si
rinvia ai punti 4.0.2. della Parte Prima e 4.0.2. della Parte Seconda
delle stesse norme.
3.0.2. CALCOLO DELLE SOLLECITAZIONI.
I diagrammi di inviluppo dei momenti
flettenti, delle azioni taglianti e di quelle normali,
derivanti dalla totalità
delle combinazioni di carico possono essere determinati mediante analisi
elastica e facendo riferimento
in generale alla rigidezza globale della sezione composta, calcolata
nell’ipotesi che il calcestruzzo
sia esente da fessure sia longitudinalmente che trasversalmente e
trascurando di norma il contributo
dell’armatura.
Nel calcolo si terrà conto
in particolare di:
- effetti primari e secondari dovuti
alla viscosità ed al ritiro del calcestruzzo;?107
- effetti primari e secondari dovuti
alla precompressione ed alle distorsioni imposte in fase di
costruzione;
- sequenze delle modalità
di costruzione e dell’applicazione dei carichi.
Sono ammesse limitate ridistribuzioni
dei momenti qualora siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
- i carichi siano di natura prevalentemente
statica;
- le sezioni siano di tipo compatto;
- le sezioni abbiano comportamento
di tipo duttile.
Per strutture di tipo corrente
il coefficiente di riduzione può essere assunto pari a 0,75; per
strutture
più impegnative il valore
assunto per detto coefficiente, comunque non minore di 0,75, deve
essere adeguatamente giustificato.
3.0.3. VERIFICHE.
Per le verifiche agli stati limite
ultimi e di esercizio si possono adottare criteri fondati su studi o
normative di sicura validità.
4. METODI DI CALCOLO, REGOLE DI
PROGETTAZIONE E MODALITA’
ESECUTIVE. CONNETTORI.
In proposito si possono adottare
criteri fondati su studi o normative di sicura validità.
Allegato 1 REQUISITI DEI MATERIALI
1. Leganti.
Nelle opere oggetto delle presenti
norme devono impiegarsi esclusivamente i leganti idraulici
definiti come cementi dalle disposizioni
vigenti in materia (legge 26-5-1965, n. 595), con
esclusione del cemento alluminoso.
L’impiego dei cementi di tipo C è limitato ai calcestruzzi
per sbarramenti di ritenuta.
2. Inerti.
Gli inerti, naturali o di frantumazione,
devono essere costituiti da elementi non gelivi e non
friabili, privi di sostanze organiche,
limose ed argillose, di gesso, ecc., in proporzioni nocive
all’indurimento del conglomerato
od alla conservazione delle armature.
La ghiaia o il pietrisco devono
avere dimensioni massime commisurate alle caratteristiche
geometriche della carpenteria del
getto ed all’ingombro delle armature.
3. Acqua.
L’acqua per gli impasti deve essere
limpida, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in
percentuali dannose e non essere
aggressiva.
4. Armatura.
Non si devono porre in opera armature
eccessivamente ossidate, corrose, recanti difetti
superficiali, che ne menomino la
resistenza o ricoperte da sostanze che possano ridurne
sensibilmente l’aderenza al conglomerato.
5. Impasti.
La distribuzione granulometrica
degli inerti, il tipo di cemento e la consistenza dell’impasto,
devono essere adeguati alla particolare
destinazione del getto, ed al procedimento di posa in
opera del conglomerato.?108
Il quantitativo d’acqua deve essere
il minimo necessario a consentire una buona lavorabilità del
conglomerato tenendo conto anche
dell’acqua contenuta negli inerti.
Partendo dagli elementi già
fissati il rapporto acqua-cemento, e pertanto il dosaggio del
cemento, dovrà essere scelto
in relazione alla resistenza richiesta per il conglomerato.
L’impiego degli additivi dovrà
essere subordinato all’accertamento dell’assenza di ogni
pericolo di aggressività.
L’impasto deve essere fatto con
mezzi idonei ed il dosaggio dei componenti eseguito con modalità
atte a garantire la costanza del
proporzionamento previsto in sede di progetto.
Allegato 2 CONTROLLI SUL CONGLOMERATO
1. Resistenza caratteristica.
Agli effetti delle presenti norme
un conglomerato viene individuato tramite la resistenza
caratteristica a compressione.
La resistenza caratteristica è
definita come la resistenza a compressione al di sotto della quale si
può attendere di trovare
il 5% della popolazione di tutte le misure di resistenza.
Nelle presenti norme, a meno di
indicazione contraria, la “resistenza caratteristica” designa
quella dedotta dalle prove a compressione
a 28 giorni su cubi preparati e confezionati come al
punto 3.
La resistenza caratteristica richiesta
dal conglomerato R ck dovrà essere indicata dal progettista
delle opere.
Il conglomerato per il getto delle
strutture di un’opera o di parte di essa si considera omogeneo
se la miscela viene confezionata
con componenti aventi essenzialmente le stesse
caratteristiche di qualità
e se i rapporti quantitativi tra i componenti, le attrezzature e le
modalità di confezione rimangono
praticamente invariati.
2. Controlli di qualità
del conglomerato.
Il controllo di qualità
del conglomerato ha lo scopo di accertare che il conglomerato
realizzato abbia la resistenza
caratteristica non inferiore a quella richiesta dal progetto.
Il controllo si articola nelle
seguenti fasi:
a) Studio preliminare di qualificazione.
Serve per determinare, prima dell’inizio
delle opere, la resistenza del conglomerato.
Dovrà essere verificato
che il conglomerato abbia resistenza caratteristica non inferiore a quella
richiesta dal progetto.
b) Controllo di accettazione.
Riguarda il controllo del conglomerato
durante l’esecuzione delle opere.
c) Prove complementari.
Sono prove da eseguire, ove necessario,
a completamento delle precedenti prove.
3. Prelievo dei campioni.
Un prelievo consiste nel prelevare
dagli impasti, al momento della posa in opera nei casseri, il
calcestruzzo necessario per la
confezione di un gruppo di due provini.
La media delle resistenze a compressione
dei due provini di un prelievo rappresenta la “Resistenza
di prelievo”, che costituisce il
valore mediante il quale vengono eseguiti i controlli del
conglomerato.
E’ obbligo del Direttore dei lavori
prescrivere ulteriori prelievi rispetto al numero minimo, di
cui ai successivi paragrafi, tutte
le volte che variazioni di qualità dei costituenti dell’impasto
possano far presumere una variazione
di qualità del calcestruzzo stesso.?109
Per la preparazione e la stagionatura
dei provini di conglomerato vale quanto indicato nella
UNI 6127 (settembre 1980); in particolare
per la stagionatura vale quanto indicato nel punto
4.1.1. di detta norma.
Per la forma e le dimensioni dei
provini di calcestruzzo e le relative casseforme, vale quanto
indicato nelle norme UNI 6130/1ª
(settembre 1980) e UNI 6130/2ª (settembre 1980)
limitatamente ai provini per le
prove di resistenza a compressione.
Circa il procedimento da seguire
per la determinazione della resistenza a compressione dei
provini di calcestruzzo vale quanto
indicato nella UNI 6132 (febbraio 1972).
4. Valutazione preliminare della
resistenza.
Prima dell’inizio di una produzione
di serie o della costruzione di un’opera, il costruttore
deve valutare la resistenza caratteristica
per ciascuna miscela omogenea di conglomerato.
Tale valutazione può essere
effettuata sulla base delle esperienze acquisite o di valutazioni
statistiche, o dell’uno e dell’altro
criterio.
Il costruttore resta comunque responsabile
della valutazione effettuata, che sarà controllata come
al paragrafo seguente.
5. Controllo di accettazione.
Il controllo di accettazione viene
eseguito di regola secondo le indicazioni di cui al punto 5.1.
Per costruzioni con più
di 1500 m3 di getto di miscela omogenea si possono adottare, in alternativa,
le indicazioni di cui al punto
5.2.
5.1. CONTROLLO TIPO A.
Ogni controllo di accettazione
è rappresentato da tre prelievi, ciascuno dei quali eseguito su
un
massimo di 100 m3 di getto di miscela
omogenea. Risulta quindi un controllo di accettazione
ogni 300 m3 massimo di getto.
Per ogni giorno di getto va comunque
effettuato almeno un prelievo.
Siano R1, R2, R3 le tre resistenze
di prelievo, con:
R 1 ?R 2 ?R 3
Il controllo è positivo
ed il quantitativo di conglomerato accettato se risultano verificate
entrambe le diseguaglianze.
R m ?R ck + 3,5 (N/mm²)
R 1 ?R ck - 3,5 (N/mm²)
in cui:
R 1 + R 2 + R 3
R m = -----------------
3
Nelle costruzioni con meno di 100
m 3 di getto di miscela omogenea, fermo restando l’obbligo
di almeno 3 prelievi e del rispetto
delle limitazioni di cui sopra, è consentito derogare
dall’obbligo di prelievo giornaliero.
5.2. CONTROLLO TIPO B.
Nelle costruzioni con più
di 1500 m 3 di miscela omogenea è ammesso il controllo di
accettazione di tipo statistico.?110
Il controllo è riferito
ad una definita miscela omogenea e va eseguito con frequenza non minore
di un controllo ogni 1500 m 3 di
conglomerato.
Per ogni giorno di getto di miscela
omogenea va effettuato almeno un prelievo, e
complessivamente almeno 15 prelievi
sui 1500 m 3 .
Il controllo è positivo
ed il quantitativo di conglomerato accettato, se risultano verificate
entrambe le diseguaglianze:
R m ?R ck + 1,4 s
R 1 ?R ck - 3,5 (N/mm²)
essendo R m la resistenza media
dei 15 o più prelievi, R1 il valore minore dei 15 o più prelievi
ed s lo scarto quadratico medio.
5.3. PRESCRIZIONI COMUNI PER ENTRAMBI
I CRITERI DI CONTROLLO.
Il prelievo dei provini per il
controllo di accettazione va eseguito alla presenza del Direttore dei
lavori o di un tecnico di sua fiducia.
Il Direttore dei lavori dovrà
inoltre curare, mediante sigle, etichettature indelebili, ecc., che i
provini inviati per le prove ai
Laboratori Ufficiali siano effettivamente quelli prelevati alla
presenza sua o del tecnico di sua
fiducia.
La domanda di prove al Laboratorio
Ufficiale dovrà essere sottoscritta dal Direttore dei lavori
e dovrà contenere precise
indicazioni sulla posizione delle strutture interessate da ciascun
prelievo.
Se una prescrizione del “controllo
di accettazione” non risulta rispettata, occorre procedere:
- ad un controllo teorico e/o sperimentale
della sicurezza della struttura interessata dal
quantitativo di conglomerato non
conforme, sulla base della resistenza ridotta del
conglomerato, ovvero ad una verifica
delle caratteristiche del conglomerato messo in opera
mediante le prove complementari
ove esistessero, o con prelievo di provini del calcestruzzo
indurito messo in opera (es. carotaggi)
o con l’impiego di altri mezzi d’indagine. Ove ciò non
fosse possibile, ovvero i risultati
di tale indagine non risultassero tranquillizzanti si potrà:
- dequalificare l’opera, eseguire
lavori di consolidamento ovvero demolire l’opera stessa.
I “controlli di accettazione” sono
assolutamente obbligatori ed il Collaudatore è tenuto a
controllarne la validità;
ove ciò non fosse, il Collaudatore è obbligato a far eseguire
delle
prove che attestino le caratteristiche
del conglomerato, seguendo la stessa procedura che si
applica quando non risultino rispettati
i limiti fissati dai “controlli di accettazione”.
La procedura prevista è
integralmente estesa alla produzione di serie in stabilimento.
Essa dovrà essere documentata
dal Responsabile della produzione che assume la responsabilità
del rispetto delle norme.
6. Prove complementari.
Sono prove che si eseguono al fine
di stimare la resistenza del conglomerato ad una età
corrispondente a particolari fasi
di costruzione (precompressione, messa in opera) o
condizioni particolari di utilizzo
(temperature eccezionali, ecc.).
Il procedimento di controllo è
uguale a quello dei controlli di accettazione.
Tali prove non potranno però
essere sostitutive dei “controlli di accettazione” che vanno riferiti
a provini confezionati e maturati
secondo le prescrizioni del punto 3.
Potranno servire al Direttore dei
lavori od al Collaudatore per dare un giudizio del conglomerato
ove questo non rispetti il “controllo
di accettazione”.?111
Allegato 3 CONTROLLI SU ACCIAI
DA PRECOMPRESSO
1. Controlli in cantiere.
Il campione è costituito
da almeno 10 saggi prelevati da altrettanti rotoli, bobine o fasci. Se
il
numero dei rotoli, bobine o fasci
costituenti il lotto è inferiore a 10, da alcuni rotoli o bobine
verranno prelevati due saggi, uno
da ciascuna estremità. Per le barre verranno prelevati due saggi
da due barre diverse dello stesso
fascio.
Ogni saggio deve recare contrassegni
atti ad individuare il lotto ed il rotolo, bobina o fascio di
provenienza.
I saggi vengono utilizzati per
l’esecuzione delle prove nel numero minimo indicato nella
colonna 4 della tabella 1.
Indicando con n il numero dei saggi
prelevati i corrispondenti valori caratteristici di f pt , f y , f p(0,2)
,
f p(1) sono dati dalla formula:
(A) g kn = g mn - k ?s n
ove:
. i=n
(B) ? gi
. i=1
. g mn = ----------
. n
è la media degli n valori
di gi trovati, e
(C) .
i=n
? (g i – g mn)2
. i=1
. s n = ?------------------------
n -1
è lo scarto quadratico medio,
ed il coefficiente k assume, in funzione di n, i valori riportati nel
Prospetto I dell’Allegato 8. Qualora
lo scarto quadratico medio calcolato a mezzo della formula
(C) risulti inferiore al 2% del
corrispondente valore medio, lo scarto da prendere in conto
nella formula (A) dovrà
essere uguale a 0,02 g mn .
2. Controlli in stabilimento.
La documentazione riguardante le
prove di qualificazione deve essere riferita ad una produzione
consecutiva relativa ad un periodo
di tempo di almeno sei mesi.
2.1. PROVE DI QUALIFICAZIONE.
Presso lo stabilimento di produzione
vengono prelevate senza preavviso, da parte del Laboratorio
Ufficiale, serie di 50 saggi, 5
per lotto, da 10 lotti di fabbricazione diversi. I 10 lotti di
fabbricazione presi in esame per
le prove di qualificazione debbono essere costituiti da prodotti?112
della medesima forma ed avere la
stessa resistenza nominale, ma non necessariamente lo
stesso diametro e la stessa caratteristica
di formazione. Gli acciai debbono essere raggruppati in
categorie nel catalogo del produttore
ai fini della relativa qualificazione.
I 5 saggi di ogni singolo lotto
vengono prelevati da differenti fasci, rotoli o bobine. Ogni saggio
deve recare contrassegni atti ad
individuare il lotto ed il rotolo, la bobina o il fascio di
provenienza.
Sulla serie di 50 saggi vengono
determinate le grandezze ?, f pt , l, f py , f p(0,2) , f p(1) E p , N
ovvero ? (180°) (cfr. tabella
1) sotto il controllo di un Laboratorio Ufficiale. Le relative prove
possono venire eseguite presso
il laboratorio dello stabilimento di produzione, previo controllo
della taratura delle macchine di
prova; ove ciò non fosse possibile, verranno eseguite presso
un Laboratorio Ufficiale.
Le grandezze L e r sono determinate
su saggi provenienti da 5 e 4 lotti rispettivamente, in numero
di 3 saggi per ogni lotto, come
indicato nella tabella 1.
Le prove di fatica non sono indispensabili
per la qualificazione dell’armatura. Tuttavia
le caratteristiche di resistenza
a fatica, se previste, devono essere garantite dal Produttore e
verificate dal Laboratorio Ufficiale.
Le prove di fatica sono indispensabili
nel caso della precompressione parziale e nel c.a.p.
quando l’acciaio è destinato
a sopportare oscillazioni di tensione superiori a 60 N/mmq.
I valori caratteristici f ptk ,
f pyk , f p(0,2)k , f p(1)k vengono determinati come segue: indicando con
n il numero dei saggi prelevati,
i corrispondenti valori caratteristici g kn sono dati da:
(A’) g kn = g mn - k ?s n
ove:
. i=n
(B’) ? gi
. i=1
. g mn = ----------
. n
è la media degli n valori
di gi trovati, e
(C’) .
i=n
. ? (g i – g mn)2
. i=1
. s n = ?------------------------
. n -1
è lo scarto quadratico medio,
ed il coefficiente k assume, in funzione di n, i valori riportati nel
Prospetto I dell’Allegato 8.
2.2. PROVE DI VERIFICA DELLA QUALITA’.?113
Vengono effettuati controlli saltuari,
a cura di un Laboratorio Ufficiale, su un campione costituito
da 5 saggi provenienti da un lotto
per ogni categoria di armatura. Il controllo verte su un
minimo di sei lotti ogni trimestre
da sottoporre a prelievo in non meno di tre sopralluoghi. Su tali
saggi il Laboratorio Ufficiale
determina le grandezze ?, f pt , l, f py , f p(0,2) , f p(1) E p , N ovvero
? (180°).
Per la grandezza r i controlli
si effettuano una volta al trimestre e per la grandezza L i controlli
si effettuano una volta al semestre,
per entrambe su 3 saggi provenienti dallo stesso lotto per
ogni categoria di armatura.
Per la determinazione dei valori
caratteristici f ptk , f pyk , f p(0,2)k , f p(1)k i corrispondenti risultati
vanno introdotti nelle precedenti
espressioni (A’), (B’) e (C’) le quali vanno sempre riferite a 10
serie di 5 saggi corrispondenti
alla stessa categoria di armatura, da aggiornarsi ad ogni prelievo
aggiungendo la nuova serie ed eliminando
la prima in ordine di tempo.
Se i valori caratteristici f ptk
, f pyk , f p(0,2)k , f p(1)k non rispettano la garanzia di cui al catalogo
del produttore, la produzione viene
declassata attribuendole i valori caratteristici trovati.
Se gli scarti quadratici medi risultano
superiori al 3% del valore medio per f pt , e/o al 4% per
f py , f p(0,2) , f p(1) il controllo
si intende sospeso e la procedura ripresa ab initio.
Se in un rotolo, bobina o fascio
le grandezze ?, A, E p , l, N o ? (180°) ed i rapporti f py /f pt ,
f p(0,2) /f pt , f p(1) / f pt
non rispettano quanto indicato al successivo punto 3 e nel catalogo del
produttore, si ripetono le prove
su un nuovo prelievo che sostituisce il precedente a tutti gli
effetti.
Anche ai fini del rilassamento
i risultati delle prove debbono essere conformi ai dati di catalogo
del produttore. Se tale condizione
non è soddisfatta si effettueranno tre nuove prove ed i relativi
risultati devono essere contenuti
entro il suddetto limite. Ove i valori riscontrati delle
grandezze sopra indicate risultino
inferiori a quelli di catalogo, il Laboratorio Ufficiale incaricato
del controllo sospenderà
le verifiche della qualità dandone comunicazione al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale e ripeterà la qualificazione dopo che il produttore
avrà ovviato alle cause
che avevano dato luogo al risultato insoddisfacente.
2.3. CONTROLLI SU SINGOLI LOTTI
DI FABBRICAZIONE.
Negli stabilimenti soggetti a controlli
sistematici di cui al presente punto 2, i produttori potranno
richiedere di sottoporsi a controlli,
eseguiti a cura di un Laboratorio Ufficiale, su singoli lotti di
fabbricazione (massima massa del
lotto = 100 t) di quei prodotti che, per ragioni di
produzione, non possono ancora
rispettare le condizioni minime quantitative per qualificarsi. Le
prove da effettuare sono quelle
di cui al punto 1 del presente Allegato 3.
3. Determinazione delle proprietà
e tolleranze.
3.1. DIAMETRO E SEZIONE.
L’area della sezione di fili con
impronte, trecce e trefoli si valuta come somma delle aree dei
singoli fili oppure per pesata
nell’ipotesi che la densità dell’acciaio sia pari a 7,85 kg/dm 3
.
La misura delle dimensioni trasversali
nei fili con impronta non deve essere effettuata in
corrispondenza delle impronte stesse.
Sui valori nominali sono ammesse
le seguenti tolleranze:
DIAMETRI APPARENTI SEZIONI
fili -1% +1% -2% +2%
barre -1% +2% -2% +4%?114
trecce e trefoli -2% +3%
Nei calcoli statici si adotteranno,
di norma, le sezioni nominali se le sezioni effettive non
risultano inferiori al 98% di quelle
nominali.
Le tolleranze dimensionali vanno
controllate confrontando il valore nominale con la media delle
misure effettuate su tutti i saggi
di ciascun prelievo. Qualora la tolleranza sulla sezione superi
±2%, il certificato di verifica
deve riportare il diametro effettivo al quale si riferisce la
elaborazione.
I valori delle grandezze ?e A dovranno
figurare nei certificati di qualificazione e di
verifica.
3.2. TENSIONE DI ROTTURA f pt .
La determinazione si effettua per
mezzo della prova a trazione su barre secondo EN 10002/1ª
(marzo 1990), su fili secondo UNI
5292 (giugno 1979) e su trecce o trefoli secondo UNI 3171
(aprile 1985).
3.3. ALLUNGAMENTO A ROTTURA.
Per barre e fili la determinazione
viene eseguita per accostamento dopo rottura
rispettivamente secondo EN 10002/1ª
(marzo 1990) e UNI 5292 (giugno 1979).
La base di misura, delimitata in
modo da non indebolire la provetta, sarà:
50 mm per ?< 5 mm
10 ?
}per ??5 mm
11,3 ?A
L’allungamento percentuale corrispondente
dovrà risultare non inferiore a (3 + 0,4 ?) (con ?in
mm) per i fili con ?< 5 mm,
non inferiore al 5% per i fili con ??5 mm, al 7% per le barre.
Per le trecce e i trefoli la determinazione
si effettua all’istante della rottura con una prova a
trazione, condotta secondo la UNI
3171 (aprile 1985), su base rispettivamente di 200 mm per le
trecce e di 600 mm per i trefoli.
L’allungamento così misurato deve risultare non inferiore al
3,5%. La prova deve essere ripetuta
se la rottura si produce esternamente al tratto di misura
qualora l’allungamento risulti
inferiore al limite sopraindicato.
3.4. LIMITI ALLO 0,2%.
Il valore del limite convenzionale
f p(0,2) si ricava dal corrispondente diagramma sforzi-deformazioni,
ottenuto con prove a trazione eseguite
secondo UNI 5292 (giugno 1979) per i fili
e secondo UNI 3171 (aprile 1985)
per le trecce o con procedimenti equivalenti.
I singoli valori unitari devono
essere riferiti alle corrispondenti sezioni iniziali.
Il valore del limite 0,2% deve
risultare compreso tra l’80% ed il 95% del corrispondente valore
della tensione di rottura f pt
.
3.5. TENSIONE DI SNERVAMENTO.
Il valore della tensione di snervamento
f py si ricava dal corrispondente diagramma sforzi-deformazioni
ottenuto con la prova a trazione
eseguita secondo EN 10002/1ª (marzo 1990). Esso?115
deve risultare compreso tra il
75% ed il 95% del corrispondente valore della tensione di rottura
f pt . Qualora lo snervamento non
sia chiaramente individuabile si sostituisce f py con f p(0,2) .
3.6. MODULO DI ELASTICITA’.
Il modulo apparente di elasticità
è inteso come rapporto fra la tensione media e l’allungamento
corrispondente, valutato per l’intervallo
di tensione (0,1 ÷ 0,4) f pt .
Sono tollerati scarti del ±7%
rispetto al valore garantito.
3.7. TENSIONE ALL’1%.
La tensione corrispondente all’1%
di deformazione totale deve risultare compresa tra l’80% ed il
95% del corrispondente valore della
tensione di rottura f pt .
3.8. PROVA DI PIEGAMENTO ALTERNATO.
La prova di piegamento alternato
si esegue su fili aventi ??8 mm secondo la UNI 5294 (ottobre
1978) con rulli di diametro pari
a 4 ?.
Il numero dei piegamenti alterni
a rottura non deve risultare inferiore a 4 per i fili lisci e a 3 per i
fili ondulati o con impronte.
3.9. PROVA DI PIEGAMENTO.
La prova di piegamento si esegue
su fili aventi ??8 mm e su barre secondo la UNI 564
(febbraio 1960).
L’angolo di piegamento deve essere
di 180° e il diametro del mandrino deve essere pari a:
5 ?per i fili;
6 ?per le barre con ??26 mm;
8 ?per le barre con ?> 26 mm.
3.10. RESISTENZA A FATICA.
La prova viene condotta secondo
la UNI 3964 (maggio 1985) con sollecitazione assiale a ciclo
pulsante, facendo oscillare la
tensione fra una tensione superiore ? 1 e una tensione inferiore ? 2 .
Il
risultato della prova è
ritenuto soddisfacente se la provetta sopporta, senza rompersi, almeno
due milioni di cicli. La frequenza
di prova deve rimanere compresa fra 200 e 2500 cicli/min. Come
alternativa a tale procedimento
è possibile determinare sperimentalmente l’ampiezza limite di
fatica L a 2 · 10 6 cicli,
in funzione della tensione media ? m .
3.11. RILASSAMENTO A TEMPERATURA
ORDINARIA.
3.11.1. Condizioni di prova.
Si determina il diagramma della
caduta di tensione a lunghezza costante ed a temperatura T = 20
± 1 °C a partire dalla
tensione iniziale e per la durata stabilita.
3.11.2. Caratteristiche della provetta.
La provetta deve essere sollecitata
per un tratto non inferiore a 100 cm; in conseguenza la
lunghezza del saggio deve essere
almeno 125 cm per tener conto degli organi di afferraggio.
Nella zona sollecitata la provetta
non deve subire alcuna lavorazione nè pulitura.
3.11.3. Carico iniziale.
La tensione iniziale deve essere
applicata con velocità pari a 200 ± 50 N/mm² al minuto
e
mantenuta per 2 minuti ±
2 secondi prima dell’inizio della misura.
Quando le necessità operative
lo richiedano, è ammessa una pre-tensione inferiore al 40% della
tensione iniziale ed al 30% di
quella di rottura (determinata su una provetta contigua).?116
Il carico iniziale deve avere precisione
± 1% quando inferiore a 100 tonnellate; ± 2% quando
superiore.
3.11.4. Precisione della misura.
La caduta di sforzo (rilassamento)
va misurata con precisione ± 5%; pertanto il principio di
funzionamento dell’apparato, la
sensibilità dei singoli strumenti rilevatori, la posizione di
questi, ecc. debbono essere tali
da garantire detta precisione.?117
Controllo in stabilimento
Qualifica Verifica
Simbolo Caratteristich
e
Unità di
misura
Num
ero di
prove ogget
to del
certifi cato del produ ttore
Contr ollo in cantie re N. prove
per lotto di produ zione
N
lotti
di
produ
zione
N.
prove
di
lotto
per produ zione
N. lotti
produzione
N.
prove di lotto per produ zione
?
Diametro mm 10 10 10 5 6 al trimestre
i almeno tre
visite
5
A Area della
sezione
mm 2 10 10 10 5 “ 5
fptk Tensione di
rottura
N/ mm 2 10 10 10 5 “ 5
f pyk Carico di
snervamento
N/ mm 2 10 10 10 5 “ 5
f p(0,1)k Carico limite
allo 0,1%
N/ mm 2 2 2 10 5 “ 5
f p(0,2)k Carico limite
allo 0,2%
N/ mm 2 10 10 10 5 “ 5
f p(1)k Tensione 1%
sotto carico
N/ mm 2 10 10 10 5 “ 5
l Allungament
o a rottura
% 10 10 10 5 “ 5
E p
Modulo elastico appar.
N/ mm 2 2 2 10 5 “ 5
N Numero di
pieg. Alterni
- 10 10 10 5 “ 5
? (180°) Prova di
piegamento
- 10 10 10 5 “ 5
L Limite di
fatica
N/ mm 2 1 (1) (*) 5 3 (3) 1 al
semestre 3 (4)
r Rilassament
o
% 3 (2) (*) 4 3 (5) 1 al trimestre
3(6)
- Diagramma
sforzi-deformazioni
- 2 2 10 5 6 al trimestre
in almeno tre
visite
5
(*) Secondo prescrizione del Direttore
dei lavori.
(1) Dato di catalogo riferito alle
tensioni estreme 0,57 f ptk (f ptk valore della tensione di
rottura) o, preferibilmente, al
limite di tensione media 0,63 f ptk
(2) Dati di catalogo riferiti preferibilmente
alle tensioni iniziali 0,55 f ptk ; 0,65 f ptk ; 0,75 f ptk
e ad una durata di prova non inferiore
a 1000 ore.?118
(3) Prove da eseguire tra le tensioni
estreme 0,57 f ptk e 0,69 f ptk o preferibilmente,
determinazione del limite di fatica
con tensione media 0,63 f ptk .
(4) Prove da eseguire tra le tensioni
estreme 0,57 f ptk e 0,69 f ptk .
(5) Prova da eseguire preferibilmente
per le tensioni iniziali 0,55 f ptk ; 0,69 f ptk ; 0,75 f ptk .
Durata di prova ?2000 ore per un
lotto, ?120 ore per gli altri 3 lotti.
(6) Prova da eseguire preferibilmente
per le tensioni iniziali 0,55 f ptk ; 0,65 f ptk ; 0,75 f ptk , per
una durata di prova ?120 ore.
Allegato 4 CONTROLLI DI BARRE E
DI FILI DI ACCIAIO TRAFILATO
Per i controlli in stabilimento
si applicano le modalità sotto riportate.
1. Controlli sistematici.
1.1. PROVE DI QUALIFICAZIONE.
La documentazione riguardante le
prove di qualificazione deve essere riferita ad una produzione
consecutiva relativa ad un periodo
di tempo di almeno sei mesi.
Prelievo senza preavviso, presso
lo stabilimento di produzione, da parte del Laboratorio Ufficiale,
di serie di 25 saggi, ricavati
da cinque diverse colate o lotti di fabbricazione, cinque per ogni
colata o lotto di fabbricazione.
L’operazione viene ripetuta su tre diametri diversi, scelti nei tre
gruppi di diametri: da 5 a 10 mm;
da 12 a 18 mm; oltre 18 mm; i fili di acciaio trafilato di diametro
compreso fra 5 e 12 mm costituiscono
un unico gruppo.
Limitatamente alle barre ad aderenza
migliorata è lasciata facoltà di considerare come gruppi
a
sè stanti le armature prodotte
in rotolo, con le stesse modalità di suddivisione dei diametri.
I fili
trafilati e le barre prodotte in
rotolo sono da considerarsi acciai deformati a freddo (cfr. Parte I,
punto 2.2.1.) in quanto impiegati
previa raddrizzatura meccanica.
Sui campioni vengono determinati,
a cura del Laboratorio Ufficiale, i valori delle tensioni di
snervamento e rottura f y e f t
, l’allungamento A ed effettuate le prove di piegamento.
Indicando con:
. i=n
(A) ? fyi
. i=1
. f ymn = ----------
. n
. i=n
. ? fti
. i=1
. f tmn = ----------
. n?119
le medie dei valori delle tensioni
di snervamento e di rottura con:
(B) .
i=n
. ? (f yi – f ymn)2
. i=1
. s yn = ?------------------------
. n -1
. i=n
. ? (f ti – f tmn)2
. i=1
. s tn = ?------------------------
. n -1
gli scarti quadratici medi corrispondenti,
si procede al calcolo delle tensioni caratteristiche di
snervamento e rottura definite
dalle espressioni:
(C) f yk = f ymn - k ?s yn
f tk = f tmn - k ?s tn
dove n, numero dei saggi considerati,
è nel presente caso pari a 25. Per gli stessi campioni verranno
altresì annotati i valori
dei rapporti f yi / f yk e calcolata la
. i=n f ti
media ? -----
. i=1 f yi
----------------------
n
come indicato al punto 2.2.3.1.
della Parte I.
Qualora il produttore lo richieda,
è data facoltà di non avvalersi della suddivisione in gruppi
di
diametri. In tale caso le prove
di qualificazione verteranno su 75 saggi, prelevati da 15 diverse
colate o lotti di fabbricazione,
cinque per ogni colata o lotto di fabbricazione, indipendentemente
dal diametro, e nelle suddette
formule (A), (B), (C) si porrà n = 75.?120
In ogni caso il coefficiente k
assume, in funzione di n, i valori riportati nel Prospetto I
dell’Allegato 8.
Su almeno un saggio per colata
o lotto di fabbricazione sarà calcolato il valore dell’indice di
aderenza di cui all’Allegato 6
limitatamente alle barre ed ai fili trafilati ad aderenza
migliorata.
Qualora uno dei campioni sottoposti
a prova di qualificazione non soddisfi i requisiti di duttilità
di
cui ai Prospetti 2-I e 3-I della
Parte I, rispettivamente per le barre e per i fili di acciaio trafilato,
il
prelievo relativo al diametro di
cui trattasi va ripetuto, il nuovo prelievo sostituisce a tutti gli
effetti quello precedente. Un ulteriore
risultato negativo comporta la ripetizione della prova di
qualificazione.
1.2. PROVE DI VERIFICA DELLA QUALITA’.
Effettuazione di controlli saltuari,
a cura del Laboratorio Ufficiale, ad intervalli non superiori ad
un mese, prelevando tre serie di
5 campioni, costituite ognuna da cinque barre o fili di uno stesso
diametro scelto entro ciascuno
dei gruppi di diametri suddetti, e provenienti da una stessa colata o
fili. Su tali serie il laboratorio
effettua le prove di resistenza e di duttilità. I corrispondenti
risultati delle prove di snervamento
e rottura vengono introdotti nelle quattro precedenti
espressioni (A) e (B), le quali
vengono sempre riferite a cinque serie di cinque saggi, facenti
parte dello stesso gruppo di diametri,
da aggiornarsi ad ogni prelievo, aggiungendo la nuova serie
ed eliminando la prima in ordine
di tempo. I nuovi valori delle medie e degli scarti quadratici
così ottenuti vengono quindi
introdotti nelle espressioni (C) per la determinazione delle
nuove tensioni, caratteristiche,
sostitutive delle precedenti (ponendo n = 25).
Per gli stessi campioni vengono
altresì annotati i valori dei rapporti f yi / f yk e calcolata la
i=n
media ? f ti/ f yi
i=1
come indicato al punto 2.2.3.1.
della Parte I.
Qualora il produttore non si avvalga
della suddivisione in gruppi di diametri, i controlli saltuari
verteranno su 15 saggi, prelevati
da tre diverse colate, 5 per ogni colata o lotto di
fabbricazione, indipendentemente
dal diametro. I corrispondenti risultati delle prove di
snervamento e rottura vengono introdotti
nelle espressioni (A) e (B), le quali vengono sempre
riferite a quindici serie di cinque
saggi, da aggiornarsi ad ogni prelievo, aggiungendo le tre
nuove colate o lotti di fabbricazione
ed eliminando le prime tre in ordine del tempo. I nuovi
valori delle medie e degli scarti
quadratici così ottenuti vengono quindi introdotti nelle
espressioni (C) per la determinazione
delle nuove tensioni caratteristiche sostitutive delle
precedenti (ponendo n = 75).
Ove i valori caratteristici riscontrati
risultino inferiori ai minimi di cui al prospetto 2-I Parte I, il
Laboratorio Ufficiale incaricato
del controllo sospenderà le verifiche della qualità dandone
comunicazione al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e ripeterà la
qualificazione dopo che il produttore
avrà ovviato alle cause che avevano dato luogo al
risultato insoddisfacente.
Qualora uno dei campioni sottoposti
a prova di verifica della qualità non soddisfi i requisiti di
duttilità di cui ai Prospetti
2-I e 3-I della Parte I, rispettivamente per le barre e per i fili di acciaio
trafilato, il prelievo relativo
al diametro di cui trattasi va ripetuto. Il nuovo prelievo
sostituisce quello precedente a
tutti gli effetti. Un ulteriore risultato negativo comporta la
ripetizione della qualificazione.
Le tolleranze dimensionali di cui
al punto 2.2.8.5. della Parte I vanno riferite alla media delle
misure effettuate su tutti i saggi
di ciascuna colata o lotto di fabbricazione. Qualora la?121
tolleranza sulla sezione superi
± 2%, il certificato di verifica deve riportare i diametri medi
effettivi.
Su almeno un saggio per colata
o lotto di fabbricazione sarà calcolato il valore dell’indice di
cui all’Allegato 6, limitatamente
alle barre ed ai fili trafilati ad aderenza migliorata.
1.3. CONTRASSEGNI DEGLI ACCIAI:
PRELIEVI, MODALITA’ DI PROVA.
Gli acciai devono essere marchiati
come indicato in 2.2.9. Parte I.
I prelevamenti in stabilimento
di cui ai punti 1.1. e 1.2. saranno effettuati, ove possibile, dalla
linea di produzione.
Le relative prove sui saggi prelevati
potranno essere effettuate dai tecnici del Laboratorio
Ufficiale anche presso lo stabilimento,
semprechè le attrezzature disponibili siano ritenute idonee
ad esclusivo insindacabile giudizio
del Laboratorio Ufficiale stesso, e possibilmente in
presenza di un rappresentante del
produttore.
2. Controlli su singole colate
o lotti di fabbricazione.
I produttori potranno richiedere,
di loro iniziativa, di sottoporsi a controlli su singole colate o
lotti di fabbricazione, eseguiti
a cura di un Laboratorio Ufficiale. Le colate o lotti di fabbricazione
sottoposti a controllo dovranno
essere cronologicamente ordinati nel quadro della
produzione globale. I controlli
consisteranno nel prelievo, per ogni colata e lotto di fabbricazione
e per ciascun gruppo di diametri
da essi ricavato, di un numero n di saggi, non inferiore a dieci,
sui quali si effettueranno le prove
previste dal terzo comma del punto 1.1. Le tensioni
caratteristiche di snervamento
e rottura verranno calcolate a mezzo delle espressioni (A), (B) e
(C) nelle quali n è il numero
dei saggi prelevati dalla colata.
Le colate o i lotti di fabbricazione
ai quali, sulla base di tale controllo specifico, si vogliano
attribuire proprietà meccaniche
superiori a quelle desunte dal controllo sistematico della
produzione, dovranno essere contraddistinte
a mezzo di legatura sigillata, munita di etichetta
metallica sulla quale figurino
il numero della colata ed il valore della tensione garantita dal
produttore ed accertato dal Laboratorio
Ufficiale.
Allegato 5 CONTROLLI DI RETI E
TRALICCI ELETTROSALDATI CON FILI LISCI O
NERVATI DI ACCIAIO TRAFILATO DI
DIAMETRO COMPRESO FRA 5 E 12 MM
Per i controlli in stabilimento
si applicano le modalità sotto riportate.
1. Controlli sistematici.
1.1. PROVE DI QUALIFICAZIONE.
La documentazione riguardante le
prove di qualificazione deve essere riferita ad una produzione
consecutiva relativa ad un periodo
di tempo di almeno sei mesi.
Prelievo senza preavviso, presso
lo stabilimento di produzione, da parte di un Laboratorio
Ufficiale, in almeno quattro sopralluoghi
di serie di 80 saggi, ricavati da 40 diversi pannelli, 2
per ogni elemento.
Ogni saggio deve consentire due
prove: quella di trazione su uno spezzone di filo comprendente
almeno un nodo saldato e quella
di resistenza al distacco della saldatura.
Su tali campioni vengono determinati,
a cura del Laboratorio Ufficiale, i valori delle tensioni di
snervamento e rottura f(0,2) e
ft l’allungamento A10 ed effettuata la prova di resistenza al
distacco.
Indicando con:?122
. i=n
. ? f(0,2)i
. i=1
f (2,2)mn = ----------
n
. i=n
. ? fti
. i=1
f tmn = -------------
n
le medie dei valori delle tensioni
di snervamento e di rottura con:
(B) .
i=n
. ? (f (0,2)i – f (0,2)mn)2
. i=1
s (0,2)n = ?----------------------------------
n -1
. i=n
. ? (f ti – f tmn)2
. i=1
s tn = ?----------------------------------
n -1
gli scarti quadratici medi corrispondenti,
si procede al calcolo delle tensioni caratteristiche di
snervamento e rottura definite
dalle espressioni:
(C) f (0,2)k = f (0,2)mn - k ?s
(0,2)n
f tk = f tmn - k ?s tn
dove n, numero dei saggi considerati,
è nel presente caso pari a 80, ed il coefficiente k assume,
in funzione di n, i valori riportati
nel Prospetto I dell’Allegato 8.?123
Qualora uno dei campioni sottoposti
a prove di qualificazione non soddisfi i requisiti di cui al
Prospetto 4-I della Parte I relativamente
ai valori di allungamento o resistenza al distacco, il
prelievo relativo all’elemento
di cui trattasi va ripetuto su un altro elemento della stessa partita.
Il
nuovo prelievo sostituisce quello
precedente a tutti gli effetti. Un ulteriore risultato negativo
comporta la ripetizione delle prove
di qualificazione.
1.2. PROVE DI VERIFICA DELLA QUALITA’.
Effettuazioni di controlli saltuari,
a cura del Laboratorio Ufficiale, ad intervalli non superiori ad
un mese, su serie di 20 saggi,
ricavati da 10 diversi elementi, 2 per ogni elemento.
Sulla serie il laboratorio effettua
la prova di trazione e di distacco. I corrispondenti risultati
vengono aggiunti a quelli dei prelievi
precedenti dopo aver eliminato la prima serie in ordine di
tempo.
Si determineranno così le
nuove tensioni caratteristiche sostitutive delle precedenti sempre
ponendo n = 80.
Ove i valori caratteristici riscontrati
risultino inferiori ai minimi di cui al Prospetto 4-I Parte I, il
Laboratorio Ufficiale incaricato
del controllo sospenderà le verifiche della qualità dandone
comunicazione al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e ripeterà la
qualificazione dopo che il produttore
avrà ovviato alle cause che avevano dato luogo al
risultato insoddisfacente.
Qualora uno dei campioni sottoposti
a prove di verifica non soddisfi i requisiti di cui al
Prospetto 4-I della Parte I relativamente
ai valori di allungamento o resistenza al distacco, il
prelievo relativo all’elemento
di cui trattasi va ripetuto su un altro elemento della stessa partita.
Il
nuovo prelievo sostituisce a tutti
gli effetti quello precedente. In caso di ulteriore risultato
negativo, il Laboratorio Ufficiale
incaricato del controllo sospenderà le verifiche della
qualità dandone comunicazione
al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e
ripeterà la qualificazione
dopo che il produttore avrà ovviato alle cause che avevano dato
luogo al risultato insoddisfacente.
1.3. CONTRASSEGNI DELLE RETI E
TRALICCI CONTROLLATI IN
STABILIMENTO: PRELIEVI, MODALITA’
DI PROVA.
Le reti ed i tralicci saranno realizzati
mediante fili controllati in stabilimento contraddistinti
mediante marchio sul filo nervato,
come previsto al punto 2.2.9. della Parte 1ª.
Qualora il filo venga prodotto
nello stesso stabilimento, il controllo della rete o del traliccio
comprende il controllo del filo.
Il marchio di identificazione della
rete e del traliccio prodotti con fili provenienti da altro
stabilimento è costituito
da sigilli o etichettature indelebili.
I prelevamenti in stabilimento,
di cui ai punti 1.1. e 2., saranno effettuati, ove possibile, dalla
linea di produzione.
Le relative prove sui saggi prelevati
potranno essere effettuate dai tecnici del Laboratorio
Ufficiale, anche presso lo stabilimento,
semprechè le attrezzature disponibili siano ritenute idonee
ad esclusivo insindacabile giudizio
del Laboratorio Ufficiale medesimo, e possibilmente
in presenza di un rappresentante
del produttore.
2. Controlli sui singoli lotti
di fabbricazione.
Si definiscono lotti di fabbricazione
partite ottenute con produzione continua comprese fra 30
e 100 tonnellate.
Negli stabilimenti soggetti ai
controlli sistematici, di cui al precedente punto 1., i produttori
potranno sottoporre a controlli
singoli lotti di fabbricazione a cura di un Laboratorio Ufficiale. I
controlli consisteranno nel prelievo
per ogni lotto di un numero n di saggi, non inferiore a venti e
ricavati da almeno dieci diversi
elementi, sui quali si effettueranno le prove previste dal secondo
comma del punto 1.1.?124
Le tensioni caratteristiche di
snervamento e rottura verranno calcolate a mezzo delle espressioni
(A), (B) e (C) nelle quali n è
il numero dei saggi prelevati.
I singoli lotti ai quali, sulla
base di tale controllo specifico, si vogliano attribuire proprietà
meccaniche superiori a quelle desunte
dal controllo sistematico della produzione, dovranno essere
contraddistinti a mezzo di legatura
sigillata, munita di etichetta metallica sulla quale figurino gli
estremi della partita e il valore
della tensione ammissibile garantito dal produttore ed accertato
dal Laboratorio Ufficiale.
Allegato 6 CONTROLLI DELL’ADERENZA
Le barre devono superare con esito
positivo prove di aderenza secondo il metodo Beamtest da
eseguirsi presso un Laboratorio
Ufficiale con le modalità specificate nella CNR-UNI 10020
(gennaio 1971). La tensione di
aderenza Td valutata secondo la CNR-UNI 10020 (gennaio 1971)
verrà riferita ad una resistenza
nominale del conglomerato di 27 N/mm², mediante
l’applicazione della seguente formula
di correzione, valida nell’intervallo:
22 ?R c ?32 (N/mm²)
? c = ? d - (R c - 27) ?0,2 (N/mm²)
essendo:
? c la tensione di aderenza corretta;
? d la tensione di aderenza rilevata
sperimentalmente;
R c la resistenza del conglomerato
all’atto della prova.
Nel certificato di prova devono
essere descritte le caratteristiche geometriche della
sezione e delle nervature.
Le prove devono essere estese ad
almeno tre diametri scelti come segue:
uno nell’intervallo 5 ???10 mm;
uno nell’intervallo 12 ???18 mm;
uno pari al diametro massimo.
Non è richiesta la ripetizione
delle prove di aderenza, per le singole partite, quando se ne possa
determinare la rispondenza nei
riguardi delle caratteristiche e delle misure geometriche, con
riferimento alla serie di barre
che hanno superato le prove stesse con esito positivo.
Le tensioni tangenziali di aderenza
? m e ? r , desunte dalla prova, come media dei risultati
ottenuti sperimentando almeno quattro
travi per ogni diametro, devono soddisfare le condizioni
seguenti:
? m ???m = 8 - 0,12 ?[ = 80 - 1,2
?]
? r ???r = 13 - 0,19 ?[= 130 -
1,9 ?]
? m, ??m , ? r, ??r , sono espressi
in N/mm² e ?è espresso in mm.
Per accertare la rispondenza delle
singole partite nei riguardi delle proprietà di aderenza, si
calcolerà per un numero
significativo di barre il valore dell’indice di aderenza I R definito
dall’espressione:?125
2 a m l R cos (90° - ß)
I R = ------------------------
? ?n C
confrontando quindi il valore medio
di I R con il corrispondente I R (L) valutato sulle barre provate
in laboratorio.
La partita è ritenuta idonea
se è verificata almeno una delle due seguenti ineguaglianze (A)
e
(B): (A)
I R ??m
------- ?---------
I R (L) ? m
(B)
I R ?0,048 per ??6 mm
I R ?0,055 per 6 mm <??8 mm
I R ?0,060 per 8 mm <??12 mm
I R ?0,065 per ?> 12 mm
essendo:
??m = valore limite di Tm quale
sopra definito per il diametro considerato;
? m, ? r = valori desunti dalle
prove di laboratorio;
?n = diametro nominale della barra;
c = interasse delle nervature;
a m = altezza media delle nervature;
ß = inclinazione delle nervature
sull’asse della barra espressa in gradi;
l R = lunghezza delle nervature;
I R = valore di I R determinato
sulle barre della fornitura considerata;
I R (L) = valore di I R determinato
sulle barre provate in laboratorio.
Qualora il profilo comporti particolarità
di forma non contemplate nella definizione di I R
(ad esempio nocciolo non circolare),
l’ineguaglianza (A) dovrà essere verificata per i soli
risalti o nervature.
Allegato 7 CONTROLLI SUI LATERIZI
a) Valutazione dei dati di prova.
Tutte le caratteristiche meccaniche
di seguito specificate dovranno essere determinate presso un
Laboratorio Ufficiale su un insieme
di un minimo di campioni a cui possa applicarsi il metodo
sotto riportato.
Nel caso in cui venga effettuata
la prova su almeno 30 campioni la resistenza caratteristica viene
ricavata mediante la seguente formula:?126
f k = f m - 1,64 s
nella quale è:
f m = la media aritmetica delle
resistenze unitarie dei campioni;
s = lo scarto quadratico medio.
Nel caso in cui il numero n dei
campioni sia compreso tra 10 e 29 il coefficiente moltiplicatore di s
assumerà convenzionalmente
i valori k di cui alla seguente tabella.
n 10 12 16 20 25
k 2,13 2,06 1,98 1,93 1,88
In entrambi i casi qualora il valore
s calcolato risultasse inferiore a 0,08 f m si dovrà introdurre
nella formula questo ultimo valore.
Nel caso infine in cui la prova
venga effettuata su un numero di campioni compreso fra 6 e 9 la
resistenza caratteristica viene
assunta pari al minimo dei seguenti due valori:
a) 0,7 f m - 2 (N/mm²);
b) il valore minimo della resistenza
unitaria del singolo campione.
Per le caratteristiche fisiche
(coefficiente di dilatazione termica e valore di dilatazione per
umidità) si intende invece
che tutti i campioni provati debbano dare valori rispettanti i limiti
indicati nella normativa (punto
7.1.3.2. della Parte I).
b) Metodi di prova.
1) Le resistenze in direzione dei
fori di cui al punto 7.1.3.2. dovranno essere determinate
mediante prove a compressione.
Il carico dovrà agire nella
direzione dei fori e la dimensione del provino, misurata secondo tale
direzione, dovrà essere
pari all’altezza (dimensione dell’elemento in direzione perpendicolare
al
piano della struttura) del blocco,
o superarla al massimo del 60%. Se necessario, si procederà al
taglio del blocco stesso.
Qualora si operi su blocchi la
cui larghezza ecceda i 40 cm, ciascun elemento verrà suddiviso in
due parti eguali e simmetriche
mediante un taglio parallelo alla direzione dei fori; le porzioni in
aggetto dei setti dovranno essere
eliminate. La resistenza del blocco si otterrà mediando i risultati
ottenuti dalle prove sui due semiblocchi.
Le facce normali alla direzione
del carico, se non preventivamente spianate con una
smerigliatrice, dovranno essere
corrette con un foglio di piombo dello spessore di 1 mm interposto
tra il piatto della pressa e la
faccia del blocco.
2) Per la verifica della resistenza
in direzione trasversale ai fori si procederà mediante lo
schiacciamento di campioni costituiti
da coppie di laterizi associati sui lati da una malta di gesso
di spianatura (prova siamese) dello
spessore massimo di 2 cm.
Il carico agirà in direzione
ortogonale ai fori e le modalità della campionatura saranno simili
a
quelle riportate nel precedente
punto 1).
3) La determinazione del valore
del modulo elastico del laterizio avverrà nel corso delle
prove di cui in b) 1. procedendo
al carico e scarico successivo del sistema passando dal 20 al 40%
del valore minimo presuntivo di
rottura, leggendo le deformazioni medie del sistema (nella fase
di scarico) tramite 4 flessimetri
disposti sugli spigoli della piastra di prova.
4) La resistenza a trazione per
flessione verrà determinata su campioni, ricavati dai blocchi
mediante opportuno taglio, di dimensioni
minime di 30 x 120 x spessore, in millimetri.
5) Le prove di punzonamento di
cui al punto 7.1.3.2. dovranno avvenire secondo le
seguenti modalità di prova.?127
Il blocco viene posato orizzontalmente
su due appoggi costituiti da due tondi in acciaio, del
diametro di 20 mm, con modalità
analoghe a quelle che si verificano nel corso della posa in
opera prima del getto del calcestruzzo.
Il carico viene applicato interponendo
una piastra di legno duro avente le dimensioni di 5 x 5
cm in mezzeria.
Il carico viene fatto crescere
progressivamente fino a rottura. 6) Il coefficiente di dilatazione lineare
verrà determinato per un
salto termico tra 70 °C e 20 °C in ambiente con UR 25% a 70 °C
su
almeno 3 campioni di dimensioni
minime come descritto nel punto 4. Si assumerà come valore
di riferimento il minore dei valori
trovati.
7) Il valore di dilatazione per
umidità verrà misurato su almeno 4 campioni di dimensioni
minime come descritte nel punto
4. La misura avverrà con le seguenti modalità.
Essiccare i provini per 24 ore
a 70 °C; raffreddarli a 20 °C e 65% UR; eseguire due misure a
distanza di 3 ore; immergere i
provini in acqua a 20 °C per 90 giorni; togliere, asciugare e
condizionare i provini a 20 °C
e 65% UR per 3 ore; eseguire due misure a distanza di 3 ore.
L’inizio della prova dovrà
avvenire di regola entro 30 giorni dall’ultimazione del processo
produttivo del laterizio.
Il valore di riferimento si ottiene
come media dei tre valori minori ottenuti avendo quindi escluso
il valore massimo.
Allegato 8 CONTROLLI SU ACCIAIO
DA COSTRUZIONE
1. Generalità.
Tutti i prodotti debbono essere
sottoposti a prove di qualificazione secondo le modalità del
successivo punto 2.
La qualificazione deve essere riferita
separatamente ad ogni singolo stabilimento produttore
dell’Azienda fornitrice.
I prodotti assoggettabili al procedimento
di qualificazione sono, suddivisi per gamma
merceologica, i seguenti:
- laminati mercantili, travi ad
ali parallele del tipo IPE e HE, travi a I e profilati a U;
- lamiere e nastri, travi saldate
e profilati aperti saldati;
- profilati cavi circolari, quadrati
o rettangolari senza saldature o saldati.
L’impiego di acciai diversi dai
tipi Fe 360, Fe 430 ed Fe 510, quali ad esempio acciai ad alta
resistenza, acciai inossidabili,
microlegati, speciali, è ammesso con le condizioni indicate al
secondo capoverso del punto 2.0
della Parte II.
Gli adempimenti di cui al successivo
punto 2 si applicano anche ai prodotti provenienti dall’estero.
Per prodotti provenienti da Paesi
della Comunità economica europea nei quali sia in vigore
una certificazione di idoneità
tecnica riconosciuta dalle rispettive Autorità competenti,
l’Azienda produttiva potrà,
in alternativa a quanto previsto al primo comma, inoltrare al
Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale domanda intesa ad ottenere il
riconoscimento dell’equivalenza
della procedura adottata nel Paese di origine, depositando
contestualmente la relativa documentazione
per i prodotti da fornire con il corrispondente
marchio.
L’equivalenza della procedura di
cui al comma precedente è sancita con decreto del Ministero
dei lavori pubblici sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici.
2. Modalità di qualificazione.?128
I produttori per qualificare la
loro produzione devono sottoporsi agli adempimenti qui di
seguito specificati, e produrre
la documentazione relativa al Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale, che
ne cura il deposito:
- dimostrazione dell’idoneità
del processo produttivo;
- controllo continuo interno di
qualità della produzione condotto su basi probabilistiche;
- verifica periodica della qualità
da parte dei Laboratori Ufficiali.
Sono prodotti qualificabili sia
quelli raggruppabili per colata che quelli per lotti di produzione (1).
Ai fini delle prove di qualificazione
e di controllo (vedere punto 2.2.), i prodotti nell’ambito di
ciascuna gamma merceologica di
cui al punto 1., sono raggruppabili per gamme di spessori così
come definito nelle norme UNI EN
10025 (febbraio 1992), UNI 7806 (dicembre 1979) e UNI
7810 (dicembre 1979).
Sempre agli stessi fini, sono raggruppabili
anche i diversi gradi di acciai (B, C, D, DD; vedere
Parte II, prospetti 1-II e 2-II),
semprechè siano garantite per tutti le caratteristiche del grado
superiore del raggruppamento.
Tutte le forniture debbono essere
accompagnate da apposita documentazione (vedere punto
2.5.).
-------------------
(1) Un lotto di produzione è
costituito da un quantitativo di 40 t, o frazione residua, per ogni
profilo, qualità e gamma
di spessore, senza alcun riferimento alle colate che sono state
utilizzate per la loro fabbricazione.
Per quanto riguarda i profilati cavi, il lotto di produzione
corrisponde all’unità di
collaudo come definita dalle norme UNI 7086 e 7810 (dicembre 1979) in
base al numero dei pezzi.
2.1. DIMOSTRAZIONE DELL’IDONEITA’
DEL PROCESSO PRODUTTIVO.
Il produttore, limitatamente alle
gamme merceologiche indicate al punto 1., e per ogni singolo
stabilimento, dovrà presentare
apposita documentazione al Ministero dei lavori pubblici, Servizio
tecnico centrale, che notifica
al produttore l’avvenuto deposito ed accerta la validità e la
rispondenza della documentazione
stessa anche attraverso sopralluoghi, rilasciando apposito
attestato, precisando:
- il tipo di prodotti (dimensioni
e qualità);
- le condizioni generali della
fabbricazione o dell’approvvigionamento dell’acciaio o del
prodotto intermedio;
- la descrizione degli impianti
di laminazione;
- le modalità di marchiatura
che consentono l’individuazione del prodotto da effettuarsi secondo
le procedure del punto 2.5.;
- l’organizzazione del controllo
interno di qualità;
- i responsabili aziendali incaricati
della firma dei certificati;
- il Laboratorio Ufficiale responsabile
delle prove di controllo;
- dichiarazione che il servizio
di controllo interno delle qualità sovraintende ai controlli di
produzione e che esso è
indipendente dai servizi di produzione.
Prospetto 1
n k n k
10 2,91 40 2,13
11 2,82 45 2,09
12 2,74 50 2,07
13 2,67 60 2,02
14 2,61 70 1,99
15 2,57 80 1,97?129
16 2,52 90 1,94
17 2,49 100 1,93
18 2,45 150 1,87
19 2,42 200 1,84
20 2,40 250 1,81
22 2,35 300 1,80
24 2,31 400 1,78
25 2,29 500 1,76
30 2,22 1000 1,73
35 2,17 ?1,64
Il produttore deve inoltre produrre
una idonea documentazione sulle caratteristiche chimiche e
meccaniche riscontrate per quelle
qualità e per quei prodotti che intende qualificare.
La documentazione deve essere riferita
ad una produzione consecutiva relativa ad un periodo
di tempo di almeno sei mesi e ad
un quantitativo di prodotti tale da fornire un quadro
statisticamente significativo della
produzione stessa e comunque
o ?2.000 t oppure ad un numero
di colate o di lotti ?25.
Tale documentazione di prova deve
basarsi sui dati sperimentali rilevati dal produttore, integrati
dai dati di certificati di Laboratori
Ufficiali, incaricati dal produttore stesso; le prove del
Laboratorio Ufficiale devono riferirsi
a ciascun tipo di prodotto, inteso individuato da gamma
merceologica, classe di spessore
e qualità di acciaio, ed essere relative al rilievo dei valori
caratteristici; per ciascun tipo
verranno eseguite almeno 30 prove su saggi appositamente prelevati.
La documentazione del complesso
delle prove meccaniche deve essere elaborata in forma
statistica calcolando, per lo snervamento
e la resistenza a rottura, il valore medio, lo scarto
quadratico medio e il relativo
valore caratteristico delle corrispondenti distribuzioni di
frequenza.
Il valore caratteristico è
il frattile di ordine 0,05 della rispettiva distribuzione statistica
calcolato mediante l’espressione:
f k = f m - k ?s
dove:
f m = media aritmetica degli n
risultati sperimentali;
s = scarto quadratico medio degli
stessi;
k = fattore funzione del numero
di risultati sperimentali associato alla percentuale della
popolazione pari al 95% e alla
formulazione di rischio del tipo 1 - ? con ? = 5% con protezione
unilaterale (prospetto I).
I singoli risultati sperimentali
ed i valori caratteristici così calcolati devono rispettare le
limitazioni riportate nei citati
prospetti 1-II e 2-II per le tensioni di snervamento e di rottura
mentre per l’allungamento percentuale
e la resilienza vale il criterio del minimo tabellare.
Il Ministero, ricevuta la documentazione,
darà atto al produttore dell’avvenuto deposito.
2.2. CONTROLLO CONTINUO DELLA QUALITA’
DELLA PRODUZIONE.
Il servizio di controllo interno
della qualità dello stabilimento produttore deve predisporre
un’accurata procedura atta a mantenere
sotto controllo con continuità tutto il ciclo produttivo.
In particolare, per quanto riguarda
i prodotti finiti, deve procedere ad un rilevazione di tutte le
caratteristiche chimiche e meccaniche
previste ai punti 2.1. e 2.3. della Parte Seconda.?130
La rilevazione dei dati di cui
sopra deve essere ordinata cronologicamente su appositi registri
distinti per qualità, per
prodotto (o gruppi di prodotti come sopra indicato) e per gamme di
spessori, come specificato nella
norma di prodotto.
Per ogni colata, o per ogni lotto
di produzione, contraddistinti dal proprio numero di
riferimento, viene prelevato dal
prodotto finito un saggio per colata e comunque un saggio ogni 80
t oppure un saggio per lotto e
comunque un saggio ogni 40 t o frazione; per quanto riguarda i
profilati cavi, il lotto di produzione
è definito dalle relative norme UNI di prodotto, in base al
numero dei pezzi.
Dai saggi di cui sopra verranno
ricavati i provini per la determinazione delle caratteristiche
chimiche e meccaniche previste
dalle norme UNI EN 10025 (febbraio 1992), UNI 7806 (dicembre
1979) e UNI 7810 (dicembre 1979),
rilevando il quantitativo in tonnellate di prodotto finito cui la
prova si riferisce.
Per quanto concerne f y e f t ,
i dati singoli raccolti, suddivisi per qualità e prodotti (secondo
le
gamme dimensionali) vengono riportati
su idonei diagrammi per consentire di valutare
statisticamente nel tempo i risultati
della produzione rispetto alle prescrizioni delle presenti
norme tecniche.
I restanti dati relativi alle caratteristiche
chimiche, di resilienza e di allungamento vengono
raccolti in tabelle e conservati,
dopo averne verificato la rispondenza alle norme EN 10025
(marzo 1990), 7806 (dicembre 1979)
e UNI 7810 (dicembre 1979) per quanto concerne le
caratteristiche chimiche e alle
prescrizioni di cui ai prospetti 1-II e 2-II, per quanto concerne
resilienza e allungamento.
E’ cura e responsabilità
del produttore individuare, a livello di colata o di lotto di produzione,
gli
eventuali risultati anomali che
portano fuori limiti la produzione e di provvedere ad ovviarne le
cause. I diagrammi sopra indicati
devono riportare gli eventuali dati anomali.
I prodotti non conformi devono
essere deviati ad altri impieghi, previa punzonatura di
annullamento, e tenendone esplicita
nota nei registri.
La documentazione raccolta presso
il controllo interno di qualità dello stabilimento produttore
deve essere conservata a cura del
produttore.
Lo stabilimento produttore è
autorizzato alla spedizione del prodotto che dovrà essere
marchiato in conformità
a quanto precisato nella documentazione di deposito al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, accompagnato dal certificato di collaudo interno
(vedere punto 2.6.) firmato dal
responsabile del servizio di controllo di qualità riportante gli
estremi della certificazione di
deposito rilasciata dal Ministero.
2.3. VERIFICA PERIODICA DELLA QUALITA’
DA PARTE DEI LABORATORI
UFFICIALI.
Il Laboratorio Ufficiale, incaricato
a ciò dal produttore, effettuerà periodicamente a sua
discrezione, almeno ogni sei mesi,
una visita presso lo stabilimento produttore nel corso della
quale su tre tipi di prodotto,
scelti di volta in volta tra qualità di acciaio, gamma merceologica
e
classe di spessore, effettuerà
per ciascun tipo (o presso il laboratorio del produttore o presso il
Laboratorio Ufficiale stesso) non
meno di 30 prove a trazione su provette ricavate sia da saggi
prelevati direttamente dai prodotti
sia da saggi appositamente accantonati dal produttore in numero
di almeno 2 per colata o lotto
di produzione, relativa alla produzione intercorsa dalla visita
precedente.
Inoltre il laboratorio effettuerà
le altre prove previste (resilienza e analisi chimiche)
sperimentando su provini ricavati
da 3 campioni per ciascun tipo sopraddetto.
Il Laboratorio Ufficiale elaborerà
in forma statistica i risultati delle prove di trazione per
ciascuno dei tre gruppi, utilizzando
per il controllo di accettazione l’espressione f m - 1,25 · s
?del corrispondente valore di cui
al prospetto 1-II e 2-II della Parte Seconda. Inoltre verrà
controllato che i singoli risultati
sperimentali per le tensioni di snervamento e di rottura rispettino
le limitazioni riportate nei prospetti
1-II e 2-II e che i coefficienti di variazione percentuale?131
dello snervamento (rapporto tra
scarto quadratico medio e media aritmetica) risultino inferiori
rispettivamente al 9% per l’acciaio
Fe 360, all’8% per l’acciaio Fe 430 e al 7% per l’acciaio Fe
510.
Infine si controllerà che
siano rispettati i valori minimi prescritti per la resilienza e quelli
massimi per le analisi chimiche.
Nel caso che i risultati delle
prove siano tali per cui viene accertato che i limiti prescritti non
siano rispettati, vengono prelevati
altri saggi (nello stesso numero) e ripetute le prove.
Ove i risultati delle prove, dopo
ripetizione, fossero ancora insoddisfacenti, il laboratorio ufficiale
incaricato del controllo sospenderà
le verifiche della qualità dandone comunicazione al
Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale e ripeterà la qualificazione dopo che
il
produttore avrà ovviato
alle cause che avevano dato luogo al risultato insoddisfacente.
Per quanto concerne le prove di
verifica periodica della qualità per gli acciai di cui al punto
1., quarto capoverso del presente
allegato, con snervamento o resistenza inferiori al tipo Fe 360,
si utilizza un coefficiente di
variazione pari a 9%. Per gli acciai con caratteristiche comprese tra i
tipi Fe 360 ed Fe 510 si utilizza
un coefficiente di variazione pari all’8%. Per gli acciai con
snervamento o rottura superiore
al tipo Fe 510 si utilizza un coefficiente di variazione pari al
6%.
Per tali acciai la qualificazione
è ammessa anche nel caso di produzione non continua nell’ultimo
semestre ed anche nei casi in cui
i quantitativi minimi previsti non siano rispettati, permanendo
tutte le altre regole relative
alla qualificazione.
Una volta l’anno il produttore
è tenuto ad inviare al Ministero dei lavori pubblici, Servizio
tecnico centrale, la seguente documentazione:
a) una dichiarazione attestante
la permanenza delle condizioni iniziali di idoneità del processo
produttivo e dell’organizzazione
del controllo interno di qualità, o le eventuali modifiche;
b) le tabelle contenenti i singoli
risultati dei controlli eseguiti in merito alle caratteristiche
meccaniche e chimiche;
c) l’elaborazione statistica dei
controlli interni eseguiti nell’ultimo anno, per ciascun tipo di
prodotto, da cui risulti il quantitativo
di produzione e il numero delle prove;
d) i risultati dei controlli eseguiti
dal Laboratorio Ufficiale (certificati e loro elaborazione)
per le prove meccaniche e chimiche;
e) la dichiarazione che attesta
la conformità statistica, secondo una metodologia che deve
essere dichiarata, delle verifiche
di cui ai punti c) e d) con le prescrizioni di cui ai prospetti 1-II e
2-II della Parte Seconda e la dichiarazione
di rispetto delle prescrizioni relative alla resilienza,
allungamento e analisi chimica.
Il mancato rispetto delle sopra
indicate condizioni, accertato anche attraverso sopralluoghi, può
comportare la decadenza della qualificazione.
2.4. CONTROLLI SU SINGOLE COLATE.
Negli stabilimenti soggetti a controlli
sistematici di cui al precedente punto 2.3., i produttori
potranno richiedere di loro iniziativa
di sottoporsi a controlli, eseguiti a cura di un
Laboratorio Ufficiale, su singole
colate di quei prodotti che, per ragioni produttive, non possono
ancora rispettare le condizioni
quantitative minime (vedere punto 2.1.) per qualificarsi.
Le prove da effettuare sono quelle
relative alle UNI EN 10025 (febbraio 1992), UNI 7810
(dicembre 1979) e UNI 7806 (dicembre
1979) ed i valori da rispettare sono quelli di cui ai
prospetti 1-II e 2-II della Parte
II.
2.5. MARCHIATURA PER IDENTIFICAZIONE.
Il produttore deve procedere ad
una marchiatura del prodotto fornito dalla quale risulti in modo
inequivocabile il riferimento dell’azienda
produttrice, allo stabilimento, al tipo di acciaio e al
grado qualitativo.?132
Considerata la diversa natura,
forma e dimensione dei prodotti, le caratteristiche degli impianti per
la loro fabbricazione, nonchè
la possibilità di fornitura sia in pezzi singoli sia in fasci, differenti
potranno essere i sistemi di marchiatura
adottati, quali ad esempio l’impressione sui cilindri di
laminazione, la punzonatura a caldo
e a freddo, la stampigliatura a vernice, la targhettatura, la
sigillatura dei fasci e altri.
Tenendo presente che l’elemento
determinante della marchiatura è costituito dalla sua
inalterabilità nel tempo,
dalla impossibilità di manomissione, il produttore deve rispettare
le
modalità di marchiatura
denunciate nella sua documentazione presentata al Ministero dei
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, come precisato al punto 2.1. e deve comunicare
tempestivamente eventuali modifiche
apportate.
La mancata marchiatura e la sua
illeggibilità anche parziale rende il prodotto non impiegabile.
Qualora, sia presso gli utilizzatori,
sia presso i commercianti, l’unità marchiata (pezzo
singolo o fascio) venga scorporata,
per cui una parte, o il tutto, viene a perdere l’originale
marchiatura del produttore è
responsabilità sia degli utilizzatori sia dei commercianti
documentare la provenienza del
materiale e gli estremi del deposito del marchio presso il
Ministero dei lavori pubblici,
Servizio tecnico centrale.
2.6. DOCUMENTAZIONE DI ACCOMPAGNAMENTO
DELLE FORNITURE.
Il produttore è tenuto ad
accompagnare ogni fornitura con:
- certificato di collaudo secondo
UNI EN 10204 (dicembre 1992);
- dichiarazione che il prodotto
è qualificato ai sensi delle presenti norme tecniche, e di aver
soddisfatto tutte le relative prescrizioni,
riportando gli estremi del marchio e unendo copia del
relativo certificato del Laboratorio
Ufficiale.
3. Controlli in officina o in cantiere.
Il controllo in officina di fabbricazione
o in cantiere sarà effettuato dal direttore dei lavori o, in
sua mancanza all’atto delle lavorazioni,
dal tecnico responsabile della fabbricazione, che assume
a tale riguardo le responsabilità
attribuite dalla legge al direttore dei lavori. In questo secondo
caso la relativa documentazione
sarà trasmessa al direttore dei lavori prima della messa in opera.
La frequenza dei prelievi è
stabilita dal direttore dei lavori o, in sua mancanza all’atto della
lavorazione, dal tecnico responsabile
della fabbricazione, in relazione all’importanza
dell’opera.
I dati sperimentali ottenuti dovranno
soddisfare le prescrizioni di cui ai prospetti 1-II e 2-II
della parte 2ª per quanto
concerne l’allungamento e la resilienza, nonchè delle norme UNI
EN
10025 (febbraio 1992), UNI 7810
(dicembre 1979) e 7806 (dicembre 1979) per le caratteristiche
chimiche.
Ogni singolo valore della tensione
di snervamento e di rottura
non dovrà risultare inferiore
ai limiti tabellari (prospetti 1-II e
2-II) per più di
Fe 360 Fe 430 Fe 510
Tensioni di rottura a trazione
N/mm² 15 18 22
Tensioni di snervamento N/mm²
10 12 15
I certificati relativi alle prove
(meccaniche) degli acciai devono riportare l’indicazione del
marchio identificativo di cui al
precedente punto 2.5., rilevato a cura del Laboratorio incaricato
dei controlli, sui campioni da
sottoporre a prove. Ove i campioni fossero sprovvisti di tale
marchio, oppure il marchio non
dovesse rientrare fra quelli depositati presso il Ministero dei?133
lavori pubblici, Servizio tecnico
centrale, dovrà essere riportata specifica annotazione sul
certificato di prova. |
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