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La zona archeologica
Le
incertezze sulle mura di cinta sannitiche
Quando si parla degli antichi Sanniti ci si perde in una miriade di
problematiche di non facile soluzione. Molte di esse sono dovute alla
mancaza di dati scientifici e di fonti storiche attendibili. Il primo
dei suddetti elementi può essere abbastanza superabile se soltanto si
adoperasse maggiormente lo strumento della datazione di laboratorio dei
reperti. Per far questo esiste non soltanto il metodo del radiocarbonio,
quando si tratta di materiale organico, ma anche altri sistemi come la termoluminescenza
e altri ancora, sempre più sofisticati.
Dunque ci si basa su qualche ipotesi del passato, su alcuni concetti
ritenuti rispettabili e su una gran massa di pregiudizi difficili da
sterminare. Come può essere quello per cui le cinte murarie siano da
attribuire al IV secolo avanti Cristo allorché cominciarono le guerre
sannitiche. Eppure si parla di opere costruire con massi megalitici, grossi
di dimensioni e, ovviamente, pesanti da spostare. Oppure l'altro che
vuole come questi centri non siano stati abitati abitualmente.
Resta però l'incertezza di molti ricercatori, fra di loro tantissimi
che hanno studiato per passione quest'aspetto anche se non sono
archeologi di professione. Quel che desta meraviglia è proprio la
passione con cui si articolano questi ultimi ragionamenti che, molto
spesso, appaiono più logici e organici di quanto asseriscono una parte
di coloro che dovrebbero definire una datazione certa delle numerose
mura di cinta del Sannio antico.
Fra di esse sono presenti quelle della zona archeologica delle Civitelle
di Frosolone, nel Molise. Un laboratorio molto attrezzato per
scandagliare il passato e stabilire una possibile verità.
Il periodo storico e
la funzione primaria
L'ampiezza delle
Civitelle, circa 15 ettari, ma soprattutto lo sviluppo delle sua mura
che, secondo un'ipotesi ricostruttiva delle intere cerchie potrebbe
essere di cinque chilometri, fa intendere immediatamente come si tratti
di un ambiente più complesso di altri del genere. A tale riguardo
si possono immaginare i tempi necessari
per edificare una simile opera di difesa, ammesso che sia soltanto per
il fine di contrastare il nemico durante le guerre sannitiche con Roma.
Ma non solo. L'aspetto tecnico di queste mura parla anche di altro. Di
esse sono ancora in posto, anche se non più della originaria altezza,
ma alcuni tratti si elevano anche fino a tre metri, almeno un cinquanta
per cento della lunghezza di un tempo. Dunque si può leggere
agevolmente la loro storia analizzando i seguenti elementi e cercando
la soluzione più appropriata alle problematiche accennate:
- la lunghezza, oltre alle altre dimensioni, parla di
un tempo molto lungo, certamente secoli, per edificare il tutto;
- si deduce che le mura di cinta non
potevano essere state realizzate nel breve tempo in cui cominciasse e
si combattesse una guerra. Questo errore, molto frequente nelle
ricerche archeologiche è dovuto al pregiudizio della sincronia dei
fatti;
- le tecnologie costruttive sono differenti e, nel
lunghissimo perimetro della zona archeologica, si trovano tratti fatti
con massi appena sbozzati, forse nemmeno, accanto ad altri con massi
lavorati fino a dar loro una forma grossolanamente geometrica.
Addirittura ci sono massi quasi del tutto squadrati posti più in basso
e, sopra di essi, massi giganteschi senza alcuna lavorazione;
- si deduce che l'opera sia stata portata avanti nel
tempo, da quando non esistevano attrezzi per lavorare degnamente la
pietra (antecedente il primo millennio avanti Cristo) al periodo in cui
si conoscevano scalpelli di ferro, (a partire dal nono o ottavo secolo
a.C.). Non sarebbe logico, diversamente, adoperare materiale privo di
forma, pesantissimo e di difficile collocazione in opera, anche se con
l'aiuto di zeppe e, forse, di malta fatta di fango, quando c'era la
possibilità di trasformarlo in conci più piccoli. Alcuni massi, posti
all'altezza delle fondazioni, mostrano evidenti segni di scalpello con
punta rispettivamente da 1 da 3 e da 5 centimetri. Dunque i Sanniti, da
un certo momento in poi, avevano attrezzi di vario uso e non sarebbe
comprensibile come mai non li avessero adoperati sempre se non con la
spiegazione che si costruì in epoche diverse;
- le cinte murarie sono spesso concentriche, in alcuni
casi chiudono gli spazi fra due diversi perimetri;
- questo apparente dilemma si spiega con il fatto che
l'opera di costruzione durò nel tempo, a rafforzare quanto già detto, e
si allargò l'area, (non diversamente da come avviene nelle città di
oggi), con l'aumento della popolazione. Ciò significa pure che non si
trattò, almeno in questa occasione delle Civitelle, di recinti per
animali ma di spazi urbani, destinati ad accogliere la gente anche se
ad altitudine di 1200 metri sul mare. In questo modo si spiega anche
come mai massi non lavorati siano posti sopra altri lavorati. Difatti,
quelli provenivano da cinte più interne scomposte dopo
l'allargarmento dell'area;
- la zona archeologica mostra, pur nell'asprezza dell'area di montagna, diversi reperti anche
all'interno delle cinta, come mattoni, embrici, parti di recipienti di
terracotta e anche qualche moneta databile al terzo secolo a.C. oppure
resti di lavorazioni di metalli. Inoltre sono visibili vari accumuli,
qualche pozzo o cisterna, fondazioni di edifici, svariati
mucchi di pietre anche lavorate a scalpello;
- basta questo per dimostrare che si vivesse nella
località tutti i giorni e non soltanto in alcuni periodi dell'anno,
oppure quando lo richiedesse la necessità di difesa militare. Del resto
sarebe difficile immaginare tali opere edilizie quando l'età media dei
maschi era di soli 39 anni e delle femmine ancora meno. I resti di
embrici testimoniano, ancora una volta, che vi fossero costruzioni con
tetti. Molto stranamente si può pensare che potrebbero essere riservate
a ospitare pecore e mucche, se non persone;
- una costruzione di mura in
notevole discesa, che funge anche da muro di sostegno delle
terre, scende a valle dal centro delel Civitelle. Per essa si è
ipotizzato che fosse una strada giacché va a finire nella fondovalle;
- seppure si tratta di un'ipotesi, essa è avvalorata
dalle dimostrazioni fornite nell'apposita pagina dedicata. In tal caso
ci sarebbe una ulteriore dimostrazione della funzione primaria di
centro abitato, regolarmente collegato con i terreni a valle per ogni
tipo di rapida comunicazione con il resto del territorio pentro. Non avrebbe senso
costruire una strada se si dovevano condurre in montana solamente gli
animali da allevamento. Per essi sarebbero bastati i sentieri;
- gli scavi archeologici nella zona tuttoggi, luglio
2014, non ancora sono iniziati, tuttavia si spera di poterli cominciare
al più presto per conoscere la verità di quel mondo lontano;
- non bisogna avere in testa una convinzione e
scavare per dimostrarla. La realtà non dipende dall'intuito di un
ricercatiore, quanto da tutto ciò che si compone nel mosaico dei fatti
storici, anche se il risultato potrebbe non piacere. Sarebbe
un utile consiglio per la conoscenza e la cultura.
La
funzione secondaria
Le recinzioni dei Sanniti, per quel che ci sono rimaste,
avevano anche una funzione secondaria, quella che non è legata all'uso
dell'architettura e dell'urbanistica. Perciò
si potrebbe approfondire il discorso anche sulla psicologia di tali
grandi opere, bastarebbe ricordare le piramidi egizie del terzo
millennio a.C., oppure si potrebbe scandagliare il significato
simbolico dei massi così giganteschi, anche oltre uno o due metri cubi, ma ciò non
modifica la qualità della funzione primaria abitativa di cui si è
parlato.
Il fatto è che sui Sanniti esiste molto poco, come non ci sono scritti
di quell'epoca se non alcune incisioni su pietra o su bronzo. Il
vocabolario che si conosce è fatto di poche centinaia di termini, le prime testimonianze
risalgono a quando Atene aveva già trattati filosofici. Mondi
che appaiono così vicini oppure è necessario riscrivere buona parte della storia di
questo antico popolo italico.
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