La
sincronia impossibile
La storia
Avviene troppo spesso, leggendo i resoconti di studiosi, di
ricercatori, di archeologi anche di fama, che si analizzino i reperti
e si datino come se fossero libri aperti e scritti in coerenza di
tempo. Quasi che si trattasse di un romanzo che abbia una sua logica
composizione, un inizio, una trama e una conclusione. In questa maniera
tutto ciò che appartiene a un ambito archeologico, oppure a una singola
località oggetto di indagine, sembra che sia stato realizzato in una
situazione ben precisa, probabilmente per essere coerenti con qualche
fonte più o meno attendibile.
A parte il problema proprio
delle fonti storiche, quando non siano di natura scientifica e quando
non abbiano la conferma di esami di laboratorio, se possibile, ci si
chiede come mai un errore sulla sincronia degli eventi sia così
ricorrente. Eppure chi sappia che cosa sia la storia, in generale,
dovrebbe essere cosciente che non tutto ciò che resta è stato composto
nello stesso periodo, se non nello stesso istante.
A tale
proposito ci sono alcune teorie che le cinte murarie sannitiche, così
numerose nell'Italia centro meridionale e proprio nella aree
appenniniche, siano state edificate durante le guerre di quei popoli,
che pertanto si difesero al loro interno, contro Roma. Dunque in un
periodo ben definito. Ma già si è analizzato, in altre pagine, quanto tempo occorresse per costruire simile opere. E sarebbe una critica più che sufficiente per demolire una simile ipotesi.
Il
fatto è che tutto ciò che riguarda la vita dell'uomo sulla terra non è
mai avvenuto in epoche che sembrano tanto ristrette. Le impressioni,
quasi che si esaminasse un corpo organico, sono sempre da escludere se
si riflette non solamente sui tempi per le realizzazioni, ma anche
sulle tecniche adottate. E basta riferirsi alle stelle che vediamo di
notte nel cielo. Sembrano appartenere a un unico piano curvo, si parla
di costellazioni, di legami fra gli astri che la compongono, con forme
anche prestabilite, come se non esistesse la profondità. Questa volta è
di spazio e di tempo.
Tutto
ciò che vediamo è illusorio, partito anni addietro per arrivare, in
immagine, fino a noi. Mentre la verità è che esiste una dimensione
diversa da ciò che appare e le stesse stelle, se osservate di fianco,
sarebbero ben più lontane da come sembrano. Proprio come i ruderi di
un'area archeologica.
La commistura di tecnologia
L'errore sulle datazioni dichiarate in maniera letteraria, senza esami di laboratorio,
come pure oggigiorno sono possibili, relega la ricerca archeologica
dentro uno scrigno chiuso fatto di pregiudizi. In un'altra pagina si
sono elencati numerosi problemi legati alla datazione storica.
Un
primo esame dei reperti, dei ruderi soprattutto, che
riguardanio perciò l'architettura, consente di arrivare a
conclusioni maggiormente attendibili. Si tratta di controllare il tipo
di tecnologia adoperata. Nella stessa area archeologica è facile
trovare opere che mostrino diversi modi di costruire. Non sarebbe
logico che appartenessero allo stesso periodo, soprattutto se si pensa
a quanto lavoro occorse per realizzare i vari elementi strutturali. E
qui è d'obbligo rifarsi alle cinte murarie di alcuni siti del
Sannio.
In particolare nelle Civitelle di Frosolone
sono visibili mura di diversa fattura. Ora si notano massi direttamente
prelevati dal territorio circostante, e trasportati senza alcuna
lavorazione sul posto in cui furono composti in alte pareti, altre
volte massi con qualche forma di lavorazione per adattarli a una
geometria solida maggiormente statica. Nel primo caso gli elementi
lapidei sono di grosse dimensioni, anche di circa un metro cubo,
nel secondo appaionio più piccoli. Ci si chiederebbe come mai, se
i costruttori avessero avuto gli strumenti tecnici per ridurre le
pietre a sagome meglio trasportabili e più velocemente edificabili in
mura di cinta, si dovessero sacrificare a spostare enormi pesi in aree
anche piuttosto impervie.
La risposta è nella differente tecnologia
che corrispondeva a tempi di edificazione diversi. E non di anni o
decenni: di secoli, come secoli occorsero per passare dal bronzo al ferro,
unico materiale in grado di scalfire e sbozzare quelle pietre, siamo
appena dopo il decimo secolo A.C. nel Sannio di allora. Se questa
deduzione non fosse sufficiente a dimostrare l'asincronia degli eventi
dell'epoca, si abbia, data degli studiosi, un'ipotesi alternativa.
Il pregiudizio permane
Il fatto è che esiste poca umiltà in questo tipo di ricerche,
soprattutto quando si tratta di Sanniti e di fortificazioni. Si è
formata una convinzione quasi generale e ogni voce fuori dal coro viene
respinta senza alcuna dimostrazione. Invece il vero studioso dovrebbe
essere sempre pronto a mettere in discussione le ipotesi assunte, fino
a che la scienza non dimostri la bontà di un'idea. Allo stesso modo
questa teoria, appena illustrata sopra, non vuole essere una verità
incontroverbile. Si tratta di un ragionamento tecnico pronto a essere
modificato quando esami di laboratorio sui reperti fossero in grado di
datare diversamente.
Per ora, di fronte a tanta confusione sul tema,
si preferisce seguire la logica della tecnologia e meno le supposizioni
di chi, non sapendo fornire altre spiegazioni, si rifugia nella
sincronia impossibile dei fatti. Un po' come, nel caso della
progettazione di un qualuqnue edificio, fosse sufficiente elaborare una
planimetria che risolva il problema, senza interrogarsi che ce ne
sarebbero innumerevoli ugualmente valide, e forse più.