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Sentenze e massime: Rendite degli immobili industriali
(Cass.civile sentenza 5717 del 5 maggio 2000)
 Parti e argomenti della scheda: 
Si riporta un interessante commento relativo a una sentenza della cassazione sulle rendite degli immobili industriali. Occorre spiegare, motivandola adeguatamente, la stima, per la trasparenza degli accertamenti degli uffici UTE (Ufficio Tecnico Erariale, il catasto).

Obbligo della motivazione 
Ricorso contro la rendita 
La discrezionalità tecnica 
Nuovi adempimenti degli uffici 
Aspetti formali 
Aspetto estimale 
Aspetto operativo
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 Una sentenza della Cassazione che si rivolge agli UTE i quali devono "spiegare" le rendite di immobili industriali. La stima diretta deve essere motivata. Gli uffici dovranno adeguarsi alla trasparenza. I cittadini, in caso contrario, possono vincere il ricorso alla commissione tributaria. Ecco il commento:

Per attribuire la rendita agli immobili "speciali" la motivazione diventa un obbligo. Almeno se l’amministrazione finanziaria vorrà seguire la sentenza della Cassazione civile, sezione tributaria, 5717 del 5 maggio 2000, che inverte la tendenza sugli accertamenti catastali relativi agli immobili iscritti nelle categorie D, in precedenza difficilmente impugnabili per carenza di elementi tecnici ed estimali forniti con la notifica. 

Ricorso contro la rendita. Per contestare una rendita catastale il contribuente deve infatti indicare nel ricorso, ai sensi degli articoli 74 e 75 del Dpr 1142/49, le unità immobiliari che, a parità di caratteristiche e destinazione, risultano censite in una classe o categoria diversa, come stabilito dalla Cassazione con la sentenza 4085 del 3 aprile 1992. Tale criterio risulta pacifico e condivisibile, per le unità immobiliari censite nei gruppi ordinari (A, B, C), per le quali la rendita viene attribuita per comparazione con le cosiddette "unità tipo", vagliate e convalidate dalle Commissioni tributarie. Ma nel caso delle unità dei gruppi speciali e particolari (D ed E), la cui rendita viene determinata con stima diretta (articolo 30 del Dpr 1142/49), il disposto degli articoli 74 e 75 appare improprio, in quanto in questa ipotesi non sussistono elementi comparativi di riferimento, passati al vaglio dalle Commissioni censuarie; perciò la rendita viene definita dagli uffici con procedure estimali autonome, che finora non erano comunicate ai contribuenti ma solo alle Commissioni tributarie, su richiesta specifica del presidente. 

La discrezionalità tecnica. La sentenza della Cassazione stabilisce un criterio di trasparenza, perché la rendita catastale non può definirsi un provvedimento in cui l’ufficio "esercita una discrezionalità amministrativa", ma di fatto "esercita una discrezionalità tecnica e valutativa", per cui integra un atto di accertamento che deve essere motivato nelle forme e nei modi, come tutti gli accertamenti fiscali. Si conferma così lo stesso principio contenuto nella sentenza 4509 del 10 aprile 1992 (in «Guida normativa» 93 del 30 maggio). 

Nuovi adempimenti degli uffici. Nel campo censuario la sentenza comporta una radicale modifica delle procedure per la notifica degli atti catastali relativi alle unità dei gruppi D ed E, che di fatto dovranno contenere anche la copia della stima censuaria, con tutti gli elementi dimensionali ed estimali utilizzati per la determinazione della rendita. Tale circostanza comporta per l’amministrazione la necessità di coniugare i diversi aspetti formali, estimali e procedurali, che attualmente spesso risultano difformemente applicati dagli uffici, per la mancata emanazione dell’Istruzione sulle stime censuarie, preannunciata nel paragrafo 16 dell’Istruzione provvisoria del Nceu (Dm 13 dicembre 1961). 

In particolare, la motivazione della sentenza richiede il chiarimento di alcuni aspetti formali, tecnici e procedurali, da indicare (si suppone) in un foglio aggiuntivo, allegato alla notifica del foglio di partita, per la comunicazione degli elementi tecnici utilizzati nelle stime censuarie di ogni tipologia di immobili, speciali e particolari. 

L’aspetto più importante è ovviamente quello estimale, per cui nella comunicazione dovrebbe essere indicato il criterio di stima seguito per la valutazione degli immobili d’impresa o di servizi (D, E), congruente con la dottrina estimale (stima per comparazione o per riproduzione), ma anche con le pratiche di mercato in continua evoluzione, come quelle relative agli immobili commerciali (stima a valore di produzione), oltre al valore unitario attribuito. 

Infine, sotto l’aspetto operativo, dovrebbe essere indicato il tasso di rendita applicato al valore globale dell’immobile per determinare la rendita, che oggi è definito dagli uffici in modo autonomo e assai diversificato, nonostante che il Dm 14 dicembre 1991 preveda la capitalizzazione al 2% (coefficiente 50); circostanza, questa, che è causa del maggior numero di impugnazioni in atto per queste categorie. 


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