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Scrivere: la punteggiatura, riprodurre il linguaggio verbale

Punteggiatura
Ogni scrittore sa bene che la punteggiatura è uno dei più importanti strumenti a disposizione che lui ha per rendere comprensibile il testo. Per il semplice fatto che il linguaggio scritto è ben diverso dal parlato. In questo caso ci aiutano le mani, i gesti, i movimenti della bocca e degli occhi, i muscoli facciali, tutto il corpo, oltre che la modulazione della voce e i suoni. In un certo senso è come se dovessimo raccontare, a parole, una musica. Sarà mai possibile? Ci vorrebbe un preciso codice.
Nel linguaggio scritto abbiamo pochi mezzi per farci capire, oltre le parole. Ci serviamo della punteggiatura per indicare le soste del pensiero, oltre che del fiato. Per consentire al lettore di pensare, di riflettere sul significato della frase, sulla comprensione dell'intero periodo. Perciò i punti.
Non bisogna abbondare per non disturbare la scorrevolezza del tutto. Si devono inserire punti fermi almeno ogni cinque o sei righi. Ricordo un romanzo che mi fu dato da leggere che cominciava con un periodo lungo una decina di righi. Già verso la metà non ricordavo la proposizione principale, a tre quarti mi ero perso, alla fine chiusi. Certo. Già era chiaro che la scrittrice, si trattava di una donna, avesse uno stile che non poteva piacere a un comune lettore.
Ci sono autori famosi che scrivono periodi lunghissimi. Ma spesso lo fanno per scelta e comunque usando opportuni accorgimenti, non incidentali dentro altre incidentali che diventa un labirinto di concetti. No! Solo per aggiungere fatti, uno dietro l'altro, a una descrizione che non si deve fermare con un punto. Talora anche il Manzoni fa nella maniera. Ma usa interrompere il pensiero con molti punti e virgole.
Dunque si adoperi la virgola spesso, per far rifiatare il lettore, una breve pausa, (proviamo durante una nostra stessa lettura di ciò che abbiamo prodotto), e il punto per terminare il periodo. Specialmente nel romanzo che non ha bisogno di lunghi ed estenuanti ragionamenti. Poi si passi a capo.
Questo è un altro modo per interrompere il discorso e ricominciare con altri personaggi o con altre descrizioni o riflessioni. Ma anche per continuare con un differente ragionamento sullo stesso argomento. Uno stile che dipende dallo scrittore.
I due punti servono a spiegare ciò che è detto prima. I punti interrogativi ed esclamativi, specie nel dialogo, per ravvivare la discussione. Come i tre puntini sospensivi che simboleggiano una interruzione di chi vuole e non vuole dire. Si usino nei dialoghi e non altrove, che saprebbero di dubbio dello scrittore.
Dico spesso che il linguaggio scritto è equivoco, (aggiungo anche che sia ridicolo, ma lo spiegheremo altrove): se non ci si aiuta con la punteggiatura, addio comunicazione.
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