Il termine deriva da un verbo del greco antico che significa letteralmente cambiare nome.
Dal vocabolario della lingua italiana preleviamo la seguente definizione tecnica:

"Figura retorica che consiste nell'adoperare un nome comune o una perifrasi invece di un nome proprio e viceversa."

In questo modo è possibile sostituire a un nome qualcosa che lo ricorda o lo definisca, sia con un solo vocabolo che con un'espressione.
Ecco un esempio di antonomasia mediante la sostituzione del nome proprio con uno comune:

"Il Cavaliere era convinto che, con le sue promesse, avrebbe spostato a suo favore molti voti degli indecisi alle prossime elezioni."

Dove è ormai entrato nell'uso comune chiamare Cavaliere il presidente Silvio Berlusconi.
Un esempio mediante un nome proprio per un nome comune:

"Il ragazzo che era appena arrivato a scuola era un Marcantonio di quelli che non immagini possano esserci alla sua età."

E qui Marcantonio sta a significare un ragazzo alto e robusto.
In quest'altro esempio, invece, si usa una perifrasi per individuare il soggetto:

"La muisca era elegante, dolce, armoniosa e chiara, perciò il suo autore era chiamato cigno di Busseto."

Tutti sanno che il cigno di Busseto fosse Giuseppe Verdi.
L'antonomasia, pertanto, può comprendere altre figure retoriche più ampie come la metonimia e la metafora, oltre la perifrasi di cui si detto, alle quali si rimanda per approfondire i concetti relativi. Si trova spesso nella poesia ma anche nella prosa e nella narrativa in particolare, dove non sempre si possono ripetere, a breve distanza, nomi e vocaboli. Talora serve a raggiungere obiettivi satirici se non del tutto comici.
Qualora desiderassi verificare che cosa sono le figure retoriche e come si possano utilizzare nella narrativa, in un esempio di romanzo che ti aiuti nella stesura del tuo, vai a questa pagina. Se, invece, già hai un manoscritto e ti occorre un'operazione di correzione o di editing, o qualunque altro tipo di consiglio per pubblicarlo, visita questi nostri servizi.

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