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Copia
di
atti pubblici - Equivalenza dell’originale.
È corretto il richiamo sia all’art. 2714 c.c., sia
agli artt. 7 e 14 della L. 4 gennaio 1968, n. 15. La prima delle dette
disposizioni infatti recita “le copie degli atti pubblici …..fanno fede
come
l’originale”, mentre la legge del 1968 precisa ancora che le “copie
autentiche
ottenute ai sensi dell’art. 14 possono essere validamente prodotte in
luogo
degli originali…” ed ancora che “l’autenticazione può essere fatta dal
pubblico
ufficiale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato
l’originale…”
affermando così la perfetta equivalenza dell’originale con la sua copia
dichiarata
conforme nelle forme previste dal codice di rito. Consiglio
di Stato Sent.
del 3/10/2001, n. 5202
- Il
diritto
di accesso alle informazioni in materia ambientale - La legittimazione
soggettiva del richiedente - Non è necessario l’indicazione dello
specifico
interesse dell’associazione il D.lgs. 39/97 attribuisce “a chiunque”,
senza
limitazioni di ordine soggettivo l’accesso - L’indagine ermeneutica.
È applicabile alla fattispecie una disciplina, quella
contenuta nel D.lgs. 24 febbraio 1997, n. 39, che si discosta da quella
generale
contenuta nel capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, soprattutto per
quel
che concerne la legittimazione soggettiva del richiedente, stabilendo
che “le
autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibili le informazioni
relative
all’ambiente a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba
dimostrare
il proprio interesse” (articolo 3 D.lgs. 39/97). A tale riguardo,
l’indagine
ermeneutica è agevolata dall’articolo 2 del D.lgs. 39/97, secondo il
quale “si
intende per «informazioni relative all'ambiente», qualsiasi
informazione
disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di
dati
riguardante lo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della fauna,
della
flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché le attività,
comprese
quelle nocive, o le misure che incidono o possono incidere
negativamente sulle
predette componenti ambientali e le attività o le misure destinate a
tutelarle,
ivi compresi le misure amministrative e i programmi di gestione
dell'ambiente. TAR
della Liguria, sezione prima, 12 luglio 2002 n. 836
- Inoppugnabilità
dei verbali che non hanno acquistato valore di atti amministrativi.
- Non può ritenersi atto impugnabile
quello riferito ad un verbale dei VV.UU. relativo alla effettuazione
delle mere
operazioni di rilevazione della mancata demolizione o rimozione delle
opere di
cui dovevasi attuare la demolizione giacché le stesse operazioni
tecniche non
possono acquistare valore di atto amministrativo, suscettibile di
impugnazione,
sino a quando non sia emesso, da parte delle competenti autorità
amministrative, nell’esercizio delle attribuzioni loro devolute dalla
legge, un
ulteriore atto che faccia proprie le rilevazioni dei Vigili Urbani. T.A.R.
Lazio Sezione II Ter 02.05.2001 n. 3590
- Termine
per
impugnare - Ricorso al criterio della piena conoscenza dell’atto -
Termini di
decadenza - Decorrenza del termine.
- A norma dell’art. 21 della legge n. 1034 del 1971,
affinché possa farsi ricorso al criterio della piena conoscenza
dell’atto, ai
fini della decorrenza del termine per impugnare, occorre che si tratti
di un
atto soggetto a notificazione, e tale obbligo sussiste nei confronti
dei
soggetti che siano direttamente contemplati dall’atto (Cons. St., Sez.
V, 27
gennaio 2000, n. 383). Nella specie i ricorrenti hanno fatto valere, ai
fini
della legittimazione all’impugnazione, la loro posizione qualificata
rispetto
agli altri cittadini del Comune, derivante dalla residenza nella zona
in cui si
sarebbe realizzata la discarica, ma nessuna diversa e maggiormente
lesiva
incidenza su beni di loro appartenenza. Tale posizione abilita bensì il
soggetto all’impugnazione di un provvedimento che ritiene lesivo della
posizione medesima ma non lo esonera dal rispetto dei termini di
decadenza,
che, per coloro che non sono nominativamente contemplati nell’atto
decorrono
dall’ultimo giorno della pubblicazione nell’albo pretorio (Sez. VI, 19
giugno
2000, n. 3463). Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 25
marzo 2002, n. 1689
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Variante
al piano regolatore - Lottizzazione - Necessità di motivazione
specifica. - Per
quanto il Comune non sia tenuto, nell’esercizio dello jus variandi in
materia urbanistica, ad una specifica ed analitica motivazione a
corredo delle
scelte innovative relative alle singole zone, l’osservanza dei principi
generali dell’ordinamento giuridico, e, in particolare, dei canoni di
buona
amministrazione e di tutela dell’affidamento impongono una diversa
considerazione in ordine alla motivazione nel caso in cui la variante
sia limitata
ad un terreno determinato ovvero, vada ad incidere in senso
sacrificativo su
aspettative assistite da una peculiare tutela o da uno speciale
affidamento,
quali quelle derivanti da un piano di lottizzazione debitamente
approvato e
convenzionato.
In tali ultime ipotesi l’incisione sulla posizione giuridica del
privato -
costituitasi con l’avallo e la collaborazione dell’amministrazione -
assume
nella sostanza le fattezze della revoca unilaterale della pregressa
convenzione
ed abbisogna, per conseguenza, di una circostanziata motivazione sulle
particolari ragioni di pubblico interesse, arricchita da una congrua
comparazione tra gli interessi in conflitto. Consiglio
di Stato, sez. giurisdizionale 14.01.2002, n. 173
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