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- L’obbligo
di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall’art. 907 cod.
civ. - La
presenza di una norma regolamentare che prescriva una distanza tra
fabbricati
con riguardo al confine - Distacco tra le costruzioni - L’usucapione o
la
convenzione, del diritto ad avere vedute verso il fondo vicino. Solo
in presenza di una norma regolamentare che prescriva
una distanza tra fabbricati con riguardo al confine si ponga l’esigenza
di una
equa ripartizione tra proprietari confinanti dell’onere di
salvaguardare una
zona di distacco tra le costruzioni, con la conseguenza che, in assenza
di una
siffatta prescrizione, deve trovare applicazione il principio della
prevenzione, con la conseguente possibilità, per il prevenuto, di
costruire in
aderenza alla fabbrica costruita per prima, se questa sia stata posta
sul
confine o a distanza inferiore alla metà del prescritto distacco tra
fabbricati
(cfr. ex Multis, Cass. n. 5364/ 1997; Cass., n. 10600/ 1999; Cass., n.
13963/
2000). In definitiva deve ritenersi che nessuna ragione osti
all’applicabilità
del principio codicistico della prevenzione nei casi in cui, come
quello in
esame, i rapporti tra vicini siano disciplinati dall’art. 17, comma 1°,
lett.
c), legge n. 675/1967 e che, conseguentemente, il prevenuto abbia, ai
sensi
dell’art. 875 cod. civ., la facoltà di chiedere la comunione forzosa
del muro
del preveniente che si trovi a distanza dal confine inferiore alla metà
della
distanza tra fabbricati prescritta dalla citata norma speciale. Va
precisato,
peraltro, che all’esercizio di tale facoltà non osta la circostanza che
sulla
parete del fabbricato che fronteggia la costruzione dei prevenuti siano
state
eventualmente aperte, iure proprietatis, delle vedute, poichè, come
ritenuto
dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. sent. n. 4384/1982;
sent. n.
5269/ 1985; sent. n. 3859/ 1988), l’obbligo di osservare la distanza
dalle
vedute prescritta dall’art. 907 cod. civ. presuppone che colui che ha
costruito
per primo abbia acquistato, ad es. per usucapione o per convenzione, il
diritto
ad avere vedute verso il fondo vicino. Corte di Cassazione,
Sezioni Unite
Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
- Distanze
legali - L’applicabilità della disciplina codicistica dettata dall’art.
875
cod. civ. in tema di comunione forzosa del muro che non è sul confine -
C.d.
diritto di prevenzione - Le facoltà concessegli dagli artt. 875 e 877
cod. civ.
- Dottrina e giurisprudenza.
In tema
di distanze legali, al fine di escludere l’applicabilità delle
limitazioni,
previste dall’art. 17 della c.d. legge ponte del 6 agosto 1967, n. 765,
è
necessario che il regolamento edilizio provveda direttamente sulle
distanze, in
quanto solo in tal caso viene meno l’esigenza dell’indicata norma
suppletiva,
la cui finalità è di impedire che, in mancanza di norme urbanistiche,
l’attività costruttiva si svolga senza rispetto del decoro edilizio,
dell’igiene e della salubrità indispensabile per l’ordinato sviluppo
del
territorio. Pertanto, qualora il regolamento edilizio sia privo di
disposizioni
sulle distanze legali, devono applicarsi quelle previste dall’art. 17
legge
citata, non già la disciplina dell’art. 873 c.c. Tale condiviso
insegnamento
vale ad escludere, altresì, l’applicabilità della norma di cui all’art.
9 D.M.
n. 1444 del 1968, che, peraltro, non è immediatamente precettiva nei
rapporti
tra privati, poiché nell’imporre determinati limiti edilizi nella
formazione o
revisione degli strumenti urbanistici, si rivolge solo ai comuni /cfr.
Cass.,
SS.UU. 1 luglio 1997, n. 5889), sicchè, nell’ipotesi che lo strumento
urbanistico, pur approvato, non provveda in tema di distanze, ipotesi
sostanzialmente equipollente a quella della mancanza dello strumento
urbanistico, resisterà operante il precetto dettato dalla norma
suppletiva di
cui all’art. 17 della legge ponte. È, dunque, con riferimento alla
norma
dettata dall’art. 17 legge n. 765 del 1967 non già con riferimento alla
norma
posta dall’art. 9 D.M. n. 1444 del 1968 che va risolta il problema,
posto dai
motivi in esame, dell’applicabilità della disciplina codicistica
dettata
dall’art. 875 cod. civ. in tema di comunione forzosa del muro che non è
sul
confine e, quindi, di possibilità, per il vicino, di costruire contro
il muro
stesso, problema, la cui soluzione è strettamente connessa alla
soluzione del
problema dell’applicabilità del principio, anch’esso desumibile dalla
disciplina codicistica in tema di distanze tra fabbricati, del c.d.
diritto di
prevenzione, cioè del diritto di colui che tra i confinanti costruisce
per
primo, di costruire sul confine o a distanza inferiore alla metà della
distanza
di legge tra costruzioni finitime ovvero a distanza pari alla metà, si
da
costringere il vicino, che nella prima e nella seconda delle suddette
ipotesi
non intenda esercitare le facoltà concessegli dagli artt. 875 e 877
cod. civ.,
a costruire a distanza tale dalla costruzione del preveniente da
assicurare
comunque il rispetto della distanza di tre metri prescritta dall’art.
873 cod.
civ. o dell’altra, maggiore, mento urbanistico locale. Sul punto in
dottrina ed
in giurisprudenza si registrano due orientamenti: un primo
orientamento, che,
in termini sostanzialmente unitari, da risposta positiva,
all’interrogativo
della compatibilità tra disciplina codicistica e disciplina di cui alla
norma
speciale posta dall’art. 17, comma 1°, lett. c), legge n. 765/ 1967,
ritenedo
che la disciplina codicistica della prevenzione debba comunque trovare
sempre
espressione quando nella norma speciale, non sia dato rinvenire alcun
indice,
esplicito o implicito, di incompatibilità (cfr. Casss., n. 2657/1988;
Cass., n.
5472/1991; Cass., n. 6101/1993; Cass., n. 3257/ 1995; Cass., n. 1201/
1996;
Cass., n- 784/1998); un secondo orientamento, che all’interrogativo da
risposta
negativa, secondo cui l’indice di specialità che rende incompatibile il
principio della prevenzione con l’art. 17, comma 1°, lett. c), della
legge
ponte è rinvenibile nel criterio con cui l’art. 17 fissa la distanza in
assoluto tra gli edifici (la proporzione fra le altezze degli edifici),
criterio che è del tutto estraneo all’art. 873 cod. civ. (che si fonda,
invece,
sul nudo criterio della distanza fra i fabbricati), oppure
nell’implicita
prescrizione di una tassativa distanza di confine, pari alla metà di
quella
complessiva da osservarsi fra i fabbricati (cfr. Cass., n. 1973/ 1988;
Cass.,
n. 8440/1990; Cass., n. 9041/1992; Cass., 6360/1993; Cass., n.
8573/1994;
Cass., n. 716/1998). Queste Sezioni Unite ritengono che la disciplina
positiva
dettata dalla norma speciale di cui all’art, 17, comma 1°, lett. c),
legge
ponte e la necessità di ricordarla con la disciplina codicistica in
tema di
distanze tra fabbricati impongano di preferire il primo orientamento. Corte
di Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza,
n. 11489
- Limitazioni
legali della proprietà - Rapporti di vicinato - Distanze legali nelle
costruzioni - Criterio della prevenzione (costruzione sul confine o con
distacco) - Comunione forzosa del muro allo scopo di costruirvi contro
- Apertura da parte del preveniente di vedute "iure proprietatis" sul
lato della costruzione fronteggiante - Rilevanza - Esclusione.
In tema di distanze tra fabbricati, l'esercizio
della facoltà del prevenuto di chiedere, ai sensi dell'art. 875 cod.
civ., la
comunione forzosa del muro del preveniente, non situato sul confine,
allo scopo
di fabbricare contro il muro stesso, non è impedito dal fatto che sul
muro che
si vuole rendere comune risultino aperte vedute "iure proprietatis". Corte
di Cassazione, Sezioni Unite Civili -
Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
- Distanze
legali nelle costruzioni - Limitazioni legali della proprietà -
Rapporti di
vicinato - Art. 17 legge "ponte" n. 765 del 1967 - Applicabilità -
Condizioni.
In tema di distanze
legali, perché possa escludersi l'applicabilità della disciplina
dettata in
tema di distanze tra edifici dall'art. 41-quinquies, primo comma,
lettera c),
della legge 17 agosto 1942, n. 1150, aggiunto dall'art. 17 della legge
6 agosto
1967, n. 765, è necessario che lo strumento edilizio locale provveda
direttamente sulle distanze. Corte
di
Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n.
11489
- L’applicabilità
del principio di prevenzione nelle distanze legali del nuovo edificio. Com’è
stato correttamente rimarcato in dottrina,
quel che più rileva è che la distanza tra gli edifici non è prevista
dalla
norma come fissa, essendo, invece, mobile e variabile con riferimento
all’altezza dell’edificio successivo; il che, da un canto, conferma che
il
confine tra i due fondi non assume alcun rilievo nella struttura della
norma,
dall’altro evidenzia, come dato imprescindibile, che la norma, così
com’è
strutturata, presuppone la preesistenza o di un fabbricato, solo
rispetto al
quale, non già rispetto al confine (o anche rispetto al confine), viene
prescritta la distanza minima, da determinarsi in relazione all’altezza
del
nuovo edificio. Ciò, in sostanza, significa che la norma presuppone
l’applicabilità del principio di prevenzione, dal momento che, come si
diceva,
che costruisce per primo non deve rispettare altro limite che non sia
quello
dell’altezza, commisurata alla larghezza dello spazio, pubblico o
privato,
eventualmente antistante al suo edificio, potendo, quindi, scegliere di
costruire anche sul confine. Corte di Cassazione, Sezioni
Unite Civili -
Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
- Il
regime
delle distanze nelle costruzioni - Distanza fra fabbricati e distanza
di questi
dal confine.
Nella
controversia tra privati vengono in rilievo solamente le norme edilizie
comunali che prescrivono l’osservanza di un determinato distacco delle
costruzioni su fondi finitimi calcolato rispetto al confine anziché tra
le
costruzioni stesse, norme dettate a tutela dei reciproci diritti
soggettivi dei
singoli e, quindi, derogabili mediante convenzioni fra privati (che
concretano
veri e propri atti costitutivi di servitù: cfr. Cass. civ., 16 dicembre
1980,
n.6512; Cass. civ., 30 marzo 1983, n.2331). Nella specie, invece, si
tratta
dell’impugnazione di un provvedimento dell’autorità amministrativa
(concessione
edilizia) che ha autorizzato una costruzione in deroga alle norme di
cui al
D.M. 2 aprile 1968, n.1444, aventi carattere pubblicistico e
inderogabile, in
quanto dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di
interessi
generali in materia urbanistica, norme che si riferiscono alla distanza
fra
fabbricati e non alla distanza di questi dal confine (cfr. Cass. civ.,
II, 16
febbraio 1996, n.1201). Il D.M. 2 aprile 1968 cit., infatti, emanato in
forza
dell’art.17 della "legge ponte" trae da
questa la forza di
integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle
costruzioni,
sicché l’inderogabile distanza di dieci metri tra pareti finestrate e
pareti di
edifici antistanti vincola anche i Comuni in sede di formazione e di
revisione
degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione
regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima
(cfr.
Cass. civ., SS.UU., 21 febbraio 1994, n.1645), essendo consentita alla
P.A.
solo la fissazione di distanze superiori (cfr. Cons. St., IV, 13 maggio
1992,
n.511; Cass. civ., 29 ottobre 1994, n.8944; id., 21
febbraio 1994,
n.1645; id. 4 febbraio 1998, n.1132); non può,
pertanto, escludersi la
legittimazione e l’interesse del privato confinante ad impugnare le
norme dello
strumento urbanistico comunale ed i conseguenti atti applicativi nel
momento in
cui in base ad essi sia prevista a favore del vicino costruttore una
consistente deroga alla rigida osservanza delle distanze tra fabbricati
di cui
al D.M. n.1444/68 cit., nella specie attuata, come dedotto dagli
appellati,
tramite la demolizione di un edificio preesistente - una villetta - e
la
ricostruzione al suo posto di un fabbricato di sei piani fuoriterra ad
una
distanza inferiore ai dieci metri prescritti; la deroga, infatti, viene
ritenuta ammissibile unicamente nei casi di demolizione e ricostruzione
in forma
fedele (quantomeno nelle medesime dimensioni esterne), non potendosi
ritenere
sussistente in tal caso una nuova costruzione, ma solo il suo recupero,
con una
serie di interventi assimilabili alla manutenzione straordinaria (cfr.
Cass.
civ., 25 agosto 1989, n.3762). Consiglio Stato, sez. IV, 12
luglio 2002, nn.
3929-3930-3931
- Il
regime
delle distanze nelle costruzioni nell’approvazione di nuovi strumenti
urbanistici o nella revisione di quelli esistenti. Il
D.M. n.1444/68, emanato in base
all’art.41-quinquies L. 17 agosto 1942, n.1150, nel testo modificato
dall’art.17 L. 6 agosto 1967, n.765, con lo stabilire, all’art.9, comma
1 n.2),
il distacco di m.10 tra fabbricati con pareti finestrate, vincola non
solo i
Comuni, tenuti ad adeguarsi a tale norma nell’approvazione di nuovi
strumenti
urbanistici o nella revisione di quelli esistenti, ma è immediatamente
operante
nei confronti dei proprietari frontisti (cfr. Cass. civ., 13 aprile
1999,
n.3624; Cass. civ., 11 giugno 1994, n.5702). Consiglio Stato,
sez. IV, 12
luglio 2002, nn. 3929-3930-3931
- Strumenti
urbanistici - Le costruzioni debbono osservare una distanza minima di
dieci
metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - Altezza -
Tutela
dell’igiene pubblica - Decoro urbanistico.
Infine, occorre dire che, se è vero che l’applicazione dell’art.17
della legge n.765 del 1967 e della disposizione del D.M. n.1444 del
1968,
secondo cui le costruzioni debbono osservare una distanza minima di
dieci metri
tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, sono subordinate
all’inesistenza di strumenti urbanistici anteriori contenenti norme
sulle
distanze (cfr. Cass. civ., SS.UU., 22 novembre 1994, n.9871), tuttavia
gli
strumenti urbanistici (e le relative revisioni) approvati
successivamente
all’entrata in vigore del citato decreto non possono contrastare con le
direttive del decreto stesso (cfr. Cass. civ., II, 24 luglio 2001,
n.10062).
Quanto sopra detto in ordine alle distanze tra costruzioni vale,
analogamente,
anche per le altezze. E, infatti, scopo delle norme regolamentari
concernenti
l’altezza degli edifici non è soltanto la tutela dell’igiene pubblica,
ma,
insieme, quella del decoro e dell’indirizzo urbanistico dell’abitato
(cfr.
Cons. St., V, 20 ottobre 1962, n.767). Consiglio Stato, sez.
IV, 12 luglio
2002, nn. 3929-3930-3931
- Distanze
- Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di
fabbricazione - Normativa applicabile.
Nei
Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di
fabbricazione,"la
distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all’altezza di
ciascun
fronte dell’edificio da costruire" (comma 1, lettera c) e che "In
tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici
o della
revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti
inderogabili...
di distanza tra i fabbricati" (comma 8), da definire con apposito
decreto
(comma 9), poi approvato con D.M. n. 1444 del 1968. (Nella sentenza di
primo
grado si è affermato di concordare con la premessa posta dal Comune,
sulla
esistenza di un vuoto normativo, ma non con la conseguenza
dell’applicazione
dell’articolo 873 del codice civile, essendosi giudicato che "nel
sistema
della gerarchia delle fonti, la normativa applicabile nel caso di
specie non è
più l’articolo 873 del codice civile... bensì proprio il D.M. 1444/68,
il quale
è stato emesso in esecuzione del citato art. 41quinquies L. 1150/42 e
ripete
dal rango della stessa legge delegante la forza di integrare l’art. 873
c.c."). La giurisprudenza, a tal proposito, ha precisato che
"l’applicabilità delle limitazioni disposte, in materia di distanze fra
costruzioni, dall’articolo 41 quinquies della legge
urbanistica, per i
comuni sprovvisti di piani regolatori e programmi di fabbricazione,
riguarda
anche i comuni dotati di regolamento edilizio che non contenga
prescrizioni
sulle distanze" (Cass. civ. Sez. Un., 22 novembre 1994, n. 9871) e che
in
tal caso si applica l’articolo 873 c.c. soltanto se tale norma sia
richiamata
dal "regolamento in termini generici" (Cass. civ. sez. II, 3 febbraio
1999, n. 886). Consiglio di Stato, Sez. V Sentenza 23 maggio
2000 n. 2983
- Normativa
antisismica - Distanze. Le disposizioni relative alle
distanze tra edifici contenute nella normativa antisismica di cui alla
legge n.1684 del 1962 riguardano le costruzioni nelle zone di nuova
espansione urbanistica, e non quelle nei centri abitati preesistenti,
nei quali, in assenza di una diversa normativa urbanistica locale,
trovano applicazione le norme del codice civile (incluse le
disposizioni dell'art.879 c.c.). Cassazione civile, 11
febbraio 2000, n.1531
- Costruzioni
a confine - Immodificabilità delle norme
tecniche di attuazione del P.r.g. da parte delle successive norme dei
piani
particolareggiati. L'obbligo
di osservare per le costruzioni dal
confine, la
distanza stabilita dalle norme
tecniche di attuazione di un piano regolatore generale non
modificabile o
inapplicabile
da o
per successive norme
di piani
particolareggiati, è
immediatamente precettivo,
e la
violazione è tutelabile, dal vicino leso
nel godimento
del proprio fondo,
anche con l'azione di manutenzione. Cassazione
civile sez. II, 25 marzo 1998,
n. 3147
- Norma
sulle distanze in zona sismica - Sistema gerarchico. La
norma di cui all'art.6 della legge n.1684 del 1962 (larghezza degli
intervalli di isolamento tra edifici in zone sismiche) è volta a
disciplinare le sole costruzioni nelle zone di nuova espansione
urbanistica, mentre in relazione all'attività edificatoria nei vecchi
centri abitati, deve ritenersi applicabile la disciplina
normativa
di cui al successivo art.17 della stessa legge, che prevede un
sistema sostitutivo "gerarchicamente" articolato, dapprima attraverso
il riferimento alle prescrizioni dettate dai piani regolatori o dai
regolamenti edilizi comunali, poi, in difetto di tali
strumenti urbanistici, alle direttive preventivamente
richieste
dal comune al competente provveditorato regionale alle opere pubbliche
(e da questo impartite con riferimento agli allineamenti, alle
larghezze stradali, agli intervalli di isolamento ed alle altezze), ed
ancora, in ulteriore mancanza, alle norme comuni del codice civile in
materia di distanze tra costruzioni. Cassazione civile, 8
settembre 1997, n.8715
- Distanze -
Condono - Strumento
urbanistico. Le distanze sono stabilite da fonti
secondarie
(quale il piano regolatore) non è consentito alle parti di derogare
alla normativa speciale e l'eventuale condono edilizio ottenuto, in
quanto
intercorrente soltanto tra il privato costruttore e la p.a. non priva
il
vicino (che è terzo) del potere di pretendere l'osservanza della
distanza stabilita dallo strumento urbanistico" Cassazione civile, sez.
II, 28 dicembre 1999, n. 14600; Cassazione
civile, 2 dicembre 1995, n. 12489
- Altezza
massima degli edifici - Strumenti urbanitsici.
Laddove lo strumento urbanistico comunale prescriva che, in una certa
zona di piano, l'altezza massima degli edifici di nuova costruzione non
possa superare la media dell'altezza di quelli preesistenti
circostanti, tale media non può che limitarsi ai soli edifici limitrofi
a quello costruendo, a rischio altrimenti di svuotare la norma
urbanistica di qualunque significato, mentre essa è appunto preordinata
ad evitare che fabbricati contigui o vicini presentino altezze
marcatamente differenti, considerato, peraltro, che l'assetto edilizio
mira a rendere omogenei gli assetti costruttivi rientranti in zone di
limitata estensione. Consiglio
Stato sez. V, 21 ottobre 1995, n. 1448
-
Edilizia
antisismica - Distanze fra le costruzioni. Anche
nella disciplina dell'edilizia antisismica contenuta negli artt. 6
e 8 della legge 26 novembre 1962 n.1684 è integralmente accolto il
principio
della prevenzione espresso negli artt. 875 e 877 con la conseguenza che
nelle
zone in cui si applica l'art.8 della legge predetta il proprietario di
un
fondo non ancora edificato non ha diritto di opporsi alla costruzione
eretta
nel fondo del vicino a meno di m.3 di distanza dal confine comune,
dovendo in
tal caso, qualora voglia costruire, arretrarsi fino a lasciare il
prescritto
intervallo di isolamento di m.6 ovvero erigere la propria fabbrica in
aderenza
a quella preesistente. Cass.
Sez. II, sent. n. 5278 del 13-05-1995
-
Altezza
dei fabbricati - Distanza dagli edifici contrapposti - Zona sismica.
La norma dell'art. 8 comma 3 l. 25 novembre 1962 n. 1684, in materia di
costruzioni nelle zone sismiche, determinando l'altezza dei fabbricati in funzione della
distanza dagli edifici contrapposti, è integrativa delle disposizioni
del codice civile sulle distanze nelle costruzioni con conseguente
applicabilità del disposto dell'art. 872 comma 2 c.c.; pertanto, se un
fabbricato viene edificato ad un'altezza superiore a quella massima
consentita a norma del citato art. 8 dal rapporto tra altezza e
larghezza dell'intervallo, si ha violazione della prescrizione che per
tale costruzione impone una distanza maggiore e il giudice può ordinare
la demolizione e l'arretramento dell'edificio sino al rispetto della
distanza correlativa alla sua altezza. Cassazione civile, sez. II, 13
agosto 1980, n. 4926 (conforme - Cassazione civile, sez. II, 07 gennaio
1984, n. 97)
-
Intervalli
di isolamento - Larghezza delle strade in zona sismica. In
materia di costruzioni nelle zone sismiche, ai sensi dell'art. 8, comma
8, della l. 25 novembre 1962 n. 1684 - secondo cui "le amministrazioni
comunali debbono prescrivere, nei loro regolamenti edilizi, le larghezze delle strade
e degli intervalli di isolamento in misura non inferiore a quelle
minime consentite dalle presenti norme" - gli strumenti urbanistici
delle località sismiche ben possono determinare i distacchi
considerando come termini di riferimento i confini dei fondi, a
prescindere dall'esistenza o sopravvenienza di fabbricati sul fondo
vicino, con conseguente deroga al criterio generale della prevenzione
riportato anche in detta legge (comma 7 dell'art. 8 citato); in tal
caso, le disposizioni (locali) che impongono i distacchi dai confini
sono integrative di quelle del codice civile sui rapporti di vicinato
(distanze) e comportano, se violate, la possibilità di agire per la
riduzione in pristino. Cassazione
civile , sez. II, 06 agosto 1983, n. 5278
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