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Edilizia - Distanza tra le costruzioni, luci, vedute, confini
(Sentenze pronunciate fino all'anno 2002 dalla Cassazione, dal Consiglio di Stato e dal TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
Le pronunce di questa pagina, sono riportate massime dall'anno 1995 all'anno 2002, riguardano i casi di distanze tra le costruzioni. In particolare si parla delle normative di riferimento, delle luci, delle vedute e dei confini. Si riportano alcune sentenze che trattano delle altezze degli edifici, delle distanze tra costruzioni in zona sismica e della larghezza delle strade.

  1. L’obbligo di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall’art. 907 cod. civ.
  2. Distanze legali - L’applicabilità della disciplina codicistica dettata dall’art. 875 cod. civ.
  3. Limitazioni legali della proprietà - Rapporti di vicinato
  4. Distanze legali nelle costruzioni
  5. L’applicabilità del principio di prevenzione nelle distanze legali
  6. Il regime delle distanze nelle costruzioni - Distanza fra fabbricati e distanza di questi dal confine
  7. Il regime delle distanze nelle costruzioni nell’approvazione di nuovi strumenti urbanistici
  8. Strumenti urbanistici - Le costruzioni debbono osservare una distanza minima
  9. Distanze - Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione
  10. Normativa antisismica - Distanze
  11. Costruzioni a confine - Immodificabilità delle norme tecniche di attuazione
  12. Norma sulle distanze in zona sismica - Sistema gerarchico
  13. Distanze - Condono - Strumento urbanistico
  14. Altezza massima degli edifici - Strumenti urbanistici
  15. Edilizia antisismica - Distanze fra le costruzioni
  16. Altezza dei fabbricati - Distanza dagli edifici contrapposti - Zona sismica
  17. Intervalli di isolamento - Larghezza delle strade in zona sismica
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  1. L’obbligo di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall’art. 907 cod. civ. - La presenza di una norma regolamentare che prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine - Distacco tra le costruzioni - L’usucapione o la convenzione, del diritto ad avere vedute verso il fondo vicino. Solo in presenza di una norma regolamentare che prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine si ponga l’esigenza di una equa ripartizione tra proprietari confinanti dell’onere di salvaguardare una zona di distacco tra le costruzioni, con la conseguenza che, in assenza di una siffatta prescrizione, deve trovare applicazione il principio della prevenzione, con la conseguente possibilità, per il prevenuto, di costruire in aderenza alla fabbrica costruita per prima, se questa sia stata posta sul confine o a distanza inferiore alla metà del prescritto distacco tra fabbricati (cfr. ex Multis, Cass. n. 5364/ 1997; Cass., n. 10600/ 1999; Cass., n. 13963/ 2000). In definitiva deve ritenersi che nessuna ragione osti all’applicabilità del principio codicistico della prevenzione nei casi in cui, come quello in esame, i rapporti tra vicini siano disciplinati dall’art. 17, comma 1°, lett. c), legge n. 675/1967 e che, conseguentemente, il prevenuto abbia, ai sensi dell’art. 875 cod. civ., la facoltà di chiedere la comunione forzosa del muro del preveniente che si trovi a distanza dal confine inferiore alla metà della distanza tra fabbricati prescritta dalla citata norma speciale. Va precisato, peraltro, che all’esercizio di tale facoltà non osta la circostanza che sulla parete del fabbricato che fronteggia la costruzione dei prevenuti siano state eventualmente aperte, iure proprietatis, delle vedute, poichè, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. sent. n. 4384/1982; sent. n. 5269/ 1985; sent. n. 3859/ 1988), l’obbligo di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall’art. 907 cod. civ. presuppone che colui che ha costruito per primo abbia acquistato, ad es. per usucapione o per convenzione, il diritto ad avere vedute verso il fondo vicino. Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489  
  2. Distanze legali - L’applicabilità della disciplina codicistica dettata dall’art. 875 cod. civ. in tema di comunione forzosa del muro che non è sul confine - C.d. diritto di prevenzione - Le facoltà concessegli dagli artt. 875 e 877 cod. civ. - Dottrina e giurisprudenza. In tema di distanze legali, al fine di escludere l’applicabilità delle limitazioni, previste dall’art. 17 della c.d. legge ponte del 6 agosto 1967, n. 765, è necessario che il regolamento edilizio provveda direttamente sulle distanze, in quanto solo in tal caso viene meno l’esigenza dell’indicata norma suppletiva, la cui finalità è di impedire che, in mancanza di norme urbanistiche, l’attività costruttiva si svolga senza rispetto del decoro edilizio, dell’igiene e della salubrità indispensabile per l’ordinato sviluppo del territorio. Pertanto, qualora il regolamento edilizio sia privo di disposizioni sulle distanze legali, devono applicarsi quelle previste dall’art. 17 legge citata, non già la disciplina dell’art. 873 c.c. Tale condiviso insegnamento vale ad escludere, altresì, l’applicabilità della norma di cui all’art. 9 D.M. n. 1444 del 1968, che, peraltro, non è immediatamente precettiva nei rapporti tra privati, poiché nell’imporre determinati limiti edilizi nella formazione o revisione degli strumenti urbanistici, si rivolge solo ai comuni /cfr. Cass., SS.UU. 1 luglio 1997, n. 5889), sicchè, nell’ipotesi che lo strumento urbanistico, pur approvato, non provveda in tema di distanze, ipotesi sostanzialmente equipollente a quella della mancanza dello strumento urbanistico, resisterà operante il precetto dettato dalla norma suppletiva di cui all’art. 17 della legge ponte. È, dunque, con riferimento alla norma dettata dall’art. 17 legge n. 765 del 1967 non già con riferimento alla norma posta dall’art. 9 D.M. n. 1444 del 1968 che va risolta il problema, posto dai motivi in esame, dell’applicabilità della disciplina codicistica dettata dall’art. 875 cod. civ. in tema di comunione forzosa del muro che non è sul confine e, quindi, di possibilità, per il vicino, di costruire contro il muro stesso, problema, la cui soluzione è strettamente connessa alla soluzione del problema dell’applicabilità del principio, anch’esso desumibile dalla disciplina codicistica in tema di distanze tra fabbricati, del c.d. diritto di prevenzione, cioè del diritto di colui che tra i confinanti costruisce per primo, di costruire sul confine o a distanza inferiore alla metà della distanza di legge tra costruzioni finitime ovvero a distanza pari alla metà, si da costringere il vicino, che nella prima e nella seconda delle suddette ipotesi non intenda esercitare le facoltà concessegli dagli artt. 875 e 877 cod. civ., a costruire a distanza tale dalla costruzione del preveniente da assicurare comunque il rispetto della distanza di tre metri prescritta dall’art. 873 cod. civ. o dell’altra, maggiore, mento urbanistico locale. Sul punto in dottrina ed in giurisprudenza si registrano due orientamenti: un primo orientamento, che, in termini sostanzialmente unitari, da risposta positiva, all’interrogativo della compatibilità tra disciplina codicistica e disciplina di cui alla norma speciale posta dall’art. 17, comma 1°, lett. c), legge n. 765/ 1967, ritenedo che la disciplina codicistica della prevenzione debba comunque trovare sempre espressione quando nella norma speciale, non sia dato rinvenire alcun indice, esplicito o implicito, di incompatibilità (cfr. Casss., n. 2657/1988; Cass., n. 5472/1991; Cass., n. 6101/1993; Cass., n. 3257/ 1995; Cass., n. 1201/ 1996; Cass., n- 784/1998); un secondo orientamento, che all’interrogativo da risposta negativa, secondo cui l’indice di specialità che rende incompatibile il principio della prevenzione con l’art. 17, comma 1°, lett. c), della legge ponte è rinvenibile nel criterio con cui l’art. 17 fissa la distanza in assoluto tra gli edifici (la proporzione fra le altezze degli edifici), criterio che è del tutto estraneo all’art. 873 cod. civ. (che si fonda, invece, sul nudo criterio della distanza fra i fabbricati), oppure nell’implicita prescrizione di una tassativa distanza di confine, pari alla metà di quella complessiva da osservarsi fra i fabbricati (cfr. Cass., n. 1973/ 1988; Cass., n. 8440/1990; Cass., n. 9041/1992; Cass., 6360/1993; Cass., n. 8573/1994; Cass., n. 716/1998). Queste Sezioni Unite ritengono che la disciplina positiva dettata dalla norma speciale di cui all’art, 17, comma 1°, lett. c), legge ponte e la necessità di ricordarla con la disciplina codicistica in tema di distanze tra fabbricati impongano di preferire il primo orientamento. Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
  3. Limitazioni legali della proprietà - Rapporti di vicinato - Distanze legali nelle costruzioni - Criterio della prevenzione (costruzione sul confine o con distacco) - Comunione forzosa del muro allo scopo di costruirvi contro - Apertura da parte del preveniente di vedute "iure proprietatis" sul lato della costruzione fronteggiante - Rilevanza - Esclusione. In tema di distanze tra fabbricati, l'esercizio della facoltà del prevenuto di chiedere, ai sensi dell'art. 875 cod. civ., la comunione forzosa del muro del preveniente, non situato sul confine, allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, non è impedito dal fatto che sul muro che si vuole rendere comune risultino aperte vedute "iure proprietatis". Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
  4. Distanze legali nelle costruzioni - Limitazioni legali della proprietà - Rapporti di vicinato - Art. 17 legge "ponte" n. 765 del 1967 - Applicabilità - Condizioni. In tema di distanze legali, perché possa escludersi l'applicabilità della disciplina dettata in tema di distanze tra edifici dall'art. 41-quinquies, primo comma, lettera c), della legge 17 agosto 1942, n. 1150, aggiunto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, è necessario che lo strumento edilizio locale provveda direttamente sulle distanze. Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
  5. L’applicabilità del principio di prevenzione nelle distanze legali del nuovo edificio. Com’è stato correttamente rimarcato in dottrina, quel che più rileva è che la distanza tra gli edifici non è prevista dalla norma come fissa, essendo, invece, mobile e variabile con riferimento all’altezza dell’edificio successivo; il che, da un canto, conferma che il confine tra i due fondi non assume alcun rilievo nella struttura della norma, dall’altro evidenzia, come dato imprescindibile, che la norma, così com’è strutturata, presuppone la preesistenza o di un fabbricato, solo rispetto al quale, non già rispetto al confine (o anche rispetto al confine), viene prescritta la distanza minima, da determinarsi in relazione all’altezza del nuovo edificio. Ciò, in sostanza, significa che la norma presuppone l’applicabilità del principio di prevenzione, dal momento che, come si diceva, che costruisce per primo non deve rispettare altro limite che non sia quello dell’altezza, commisurata alla larghezza dello spazio, pubblico o privato, eventualmente antistante al suo edificio, potendo, quindi, scegliere di costruire anche sul confine. Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili - Sentenza 1 agosto 2002 sentenza, n. 11489
  6. Il regime delle distanze nelle costruzioni - Distanza fra fabbricati e distanza di questi dal confine. Nella controversia tra privati vengono in rilievo solamente le norme edilizie comunali che prescrivono l’osservanza di un determinato distacco delle costruzioni su fondi finitimi calcolato rispetto al confine anziché tra le costruzioni stesse, norme dettate a tutela dei reciproci diritti soggettivi dei singoli e, quindi, derogabili mediante convenzioni fra privati (che concretano veri e propri atti costitutivi di servitù: cfr. Cass. civ., 16 dicembre 1980, n.6512; Cass. civ., 30 marzo 1983, n.2331). Nella specie, invece, si tratta dell’impugnazione di un provvedimento dell’autorità amministrativa (concessione edilizia) che ha autorizzato una costruzione in deroga alle norme di cui al D.M. 2 aprile 1968, n.1444, aventi carattere pubblicistico e inderogabile, in quanto dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali in materia urbanistica, norme che si riferiscono alla distanza fra fabbricati e non alla distanza di questi dal confine (cfr. Cass. civ., II, 16 febbraio 1996, n.1201). Il D.M. 2 aprile 1968 cit., infatti, emanato in forza dell’art.17 della "legge ponte" trae da questa la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché l’inderogabile distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima (cfr. Cass. civ., SS.UU., 21 febbraio 1994, n.1645), essendo consentita alla P.A. solo la fissazione di distanze superiori (cfr. Cons. St., IV, 13 maggio 1992, n.511; Cass. civ., 29 ottobre 1994, n.8944; id., 21 febbraio 1994, n.1645; id. 4 febbraio 1998, n.1132); non può, pertanto, escludersi la legittimazione e l’interesse del privato confinante ad impugnare le norme dello strumento urbanistico comunale ed i conseguenti atti applicativi nel momento in cui in base ad essi sia prevista a favore del vicino costruttore una consistente deroga alla rigida osservanza delle distanze tra fabbricati di cui al D.M. n.1444/68 cit., nella specie attuata, come dedotto dagli appellati, tramite la demolizione di un edificio preesistente - una villetta - e la ricostruzione al suo posto di un fabbricato di sei piani fuoriterra ad una distanza inferiore ai dieci metri prescritti; la deroga, infatti, viene ritenuta ammissibile unicamente nei casi di demolizione e ricostruzione in forma fedele (quantomeno nelle medesime dimensioni esterne), non potendosi ritenere sussistente in tal caso una nuova costruzione, ma solo il suo recupero, con una serie di interventi assimilabili alla manutenzione straordinaria (cfr. Cass. civ., 25 agosto 1989, n.3762). Consiglio Stato, sez. IV, 12 luglio 2002, nn. 3929-3930-3931
  7. Il regime delle distanze nelle costruzioni nell’approvazione di nuovi strumenti urbanistici o nella revisione di quelli esistenti. Il D.M. n.1444/68, emanato in base all’art.41-quinquies L. 17 agosto 1942, n.1150, nel testo modificato dall’art.17 L. 6 agosto 1967, n.765, con lo stabilire, all’art.9, comma 1 n.2), il distacco di m.10 tra fabbricati con pareti finestrate, vincola non solo i Comuni, tenuti ad adeguarsi a tale norma nell’approvazione di nuovi strumenti urbanistici o nella revisione di quelli esistenti, ma è immediatamente operante nei confronti dei proprietari frontisti (cfr. Cass. civ., 13 aprile 1999, n.3624; Cass. civ., 11 giugno 1994, n.5702). Consiglio Stato, sez. IV, 12 luglio 2002, nn. 3929-3930-3931
  8. Strumenti urbanistici - Le costruzioni debbono osservare una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - Altezza - Tutela dell’igiene pubblica - Decoro urbanistico. Infine, occorre dire che, se è vero che l’applicazione dell’art.17 della legge n.765 del 1967 e della disposizione del D.M. n.1444 del 1968, secondo cui le costruzioni debbono osservare una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, sono subordinate all’inesistenza di strumenti urbanistici anteriori contenenti norme sulle distanze (cfr. Cass. civ., SS.UU., 22 novembre 1994, n.9871), tuttavia gli strumenti urbanistici (e le relative revisioni) approvati successivamente all’entrata in vigore del citato decreto non possono contrastare con le direttive del decreto stesso (cfr. Cass. civ., II, 24 luglio 2001, n.10062). Quanto sopra detto in ordine alle distanze tra costruzioni vale, analogamente, anche per le altezze. E, infatti, scopo delle norme regolamentari concernenti l’altezza degli edifici non è soltanto la tutela dell’igiene pubblica, ma, insieme, quella del decoro e dell’indirizzo urbanistico dell’abitato (cfr. Cons. St., V, 20 ottobre 1962, n.767). Consiglio Stato, sez. IV, 12 luglio 2002, nn. 3929-3930-3931
  9. Distanze - Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione - Normativa applicabile. Nei Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione,"la distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all’altezza di ciascun fronte dell’edificio da costruire" (comma 1, lettera c) e che "In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili... di distanza tra i fabbricati" (comma 8), da definire con apposito decreto (comma 9), poi approvato con D.M. n. 1444 del 1968. (Nella sentenza di primo grado si è affermato di concordare con la premessa posta dal Comune, sulla esistenza di un vuoto normativo, ma non con la conseguenza dell’applicazione dell’articolo 873 del codice civile, essendosi giudicato che "nel sistema della gerarchia delle fonti, la normativa applicabile nel caso di specie non è più l’articolo 873 del codice civile... bensì proprio il D.M. 1444/68, il quale è stato emesso in esecuzione del citato art. 41quinquies L. 1150/42 e ripete dal rango della stessa legge delegante la forza di integrare l’art. 873 c.c."). La giurisprudenza, a tal proposito, ha precisato che "l’applicabilità delle limitazioni disposte, in materia di distanze fra costruzioni, dall’articolo 41 quinquies della legge urbanistica, per i comuni sprovvisti di piani regolatori e programmi di fabbricazione, riguarda anche i comuni dotati di regolamento edilizio che non contenga prescrizioni sulle distanze" (Cass. civ. Sez. Un., 22 novembre 1994, n. 9871) e che in tal caso si applica l’articolo 873 c.c. soltanto se tale norma sia richiamata dal "regolamento in termini generici" (Cass. civ. sez. II, 3 febbraio 1999, n. 886). Consiglio di Stato, Sez. V Sentenza 23 maggio 2000 n. 2983
  10. Normativa antisismica - Distanze. Le disposizioni relative alle distanze tra edifici contenute nella normativa antisismica di cui alla legge n.1684 del 1962 riguardano le costruzioni nelle zone di nuova espansione urbanistica, e non quelle nei centri abitati preesistenti, nei quali, in assenza di una diversa normativa urbanistica locale, trovano applicazione le norme del codice civile (incluse le disposizioni dell'art.879 c.c.). Cassazione civile, 11 febbraio 2000, n.1531
  11. Costruzioni a confine - Immodificabilità delle norme tecniche di attuazione del P.r.g. da parte delle successive norme dei piani particolareggiati.  L'obbligo di  osservare  per le costruzioni dal confine, la distanza  stabilita  dalle norme  tecniche di attuazione di un piano regolatore  generale non  modificabile o  inapplicabile  da  o per successive  norme di  piani particolareggiati, è immediatamente  precettivo, e la violazione è tutelabile, dal  vicino  leso  nel godimento  del proprio fondo, anche con l'azione di  manutenzione.   Cassazione civile sez. II, 25 marzo 1998, n. 3147
  12. Norma sulle distanze in zona sismica - Sistema gerarchico. La norma di cui all'art.6 della legge n.1684 del 1962 (larghezza degli intervalli di isolamento tra edifici in zone sismiche) è volta a disciplinare le sole costruzioni nelle zone di nuova espansione urbanistica, mentre in relazione all'attività edificatoria nei vecchi centri abitati, deve ritenersi applicabile la disciplina normativa di cui al successivo art.17 della stessa legge, che prevede un sistema sostitutivo "gerarchicamente" articolato, dapprima attraverso il riferimento alle prescrizioni dettate dai piani regolatori o dai regolamenti edilizi comunali, poi, in difetto di tali strumenti urbanistici, alle direttive preventivamente richieste dal comune al competente provveditorato regionale alle opere pubbliche (e da questo impartite con riferimento agli allineamenti, alle larghezze stradali, agli intervalli di isolamento ed alle altezze), ed ancora, in ulteriore mancanza, alle norme comuni del codice civile in materia di distanze tra costruzioni. Cassazione civile, 8 settembre 1997, n.8715 
  13. Distanze - Condono - Strumento urbanistico. Le distanze sono stabilite da fonti secondarie (quale il piano regolatore) non è consentito alle parti di derogare alla normativa speciale e l'eventuale condono edilizio ottenuto, in quanto intercorrente soltanto tra il privato costruttore e la p.a. non priva il vicino (che è terzo) del potere di pretendere l'osservanza della distanza stabilita dallo strumento urbanistico" Cassazione civile, sez. II, 28 dicembre 1999, n. 14600; Cassazione civile, 2 dicembre 1995, n. 12489
  14. Altezza massima degli edifici - Strumenti urbanitsici. Laddove lo strumento urbanistico comunale prescriva che, in una certa zona di piano, l'altezza massima degli edifici di nuova costruzione non possa superare la media dell'altezza di quelli preesistenti circostanti, tale media non può che limitarsi ai soli edifici limitrofi a quello costruendo, a rischio altrimenti di svuotare la norma urbanistica di qualunque significato, mentre essa è appunto preordinata ad evitare che fabbricati contigui o vicini presentino altezze marcatamente differenti, considerato, peraltro, che l'assetto edilizio mira a rendere omogenei gli assetti costruttivi rientranti in zone di limitata estensione. Consiglio Stato sez. V, 21 ottobre 1995, n. 1448
  15. Edilizia antisismica - Distanze fra le costruzioni. Anche nella disciplina dell'edilizia antisismica contenuta negli artt. 6 e 8 della legge 26 novembre 1962 n.1684 è integralmente accolto il principio della prevenzione espresso negli artt. 875 e 877 con la conseguenza che nelle zone in cui si applica l'art.8 della legge predetta il proprietario di un fondo non ancora edificato non ha diritto di opporsi alla costruzione eretta nel fondo del vicino a meno di m.3 di distanza dal confine comune, dovendo in tal caso, qualora voglia costruire, arretrarsi fino a lasciare il prescritto intervallo di isolamento di m.6 ovvero erigere la propria fabbrica in aderenza a quella preesistente. Cass. Sez. II, sent. n. 5278 del 13-05-1995


  16. Altezza dei fabbricati - Distanza dagli edifici contrapposti - Zona sismica. La norma dell'art. 8 comma 3 l. 25 novembre 1962 n. 1684, in materia di costruzioni nelle zone sismiche, determinando l'altezza dei fabbricati in funzione della distanza dagli edifici contrapposti, è integrativa delle disposizioni del codice civile sulle distanze nelle costruzioni con conseguente applicabilità del disposto dell'art. 872 comma 2 c.c.; pertanto, se un fabbricato viene edificato ad un'altezza superiore a quella massima consentita a norma del citato art. 8 dal rapporto tra altezza e larghezza dell'intervallo, si ha violazione della prescrizione che per tale costruzione impone una distanza maggiore e il giudice può ordinare la demolizione e l'arretramento dell'edificio sino al rispetto della distanza correlativa alla sua altezza. Cassazione civile, sez. II, 13 agosto 1980, n. 4926 (conforme - Cassazione civile, sez. II, 07 gennaio 1984, n. 97)


  17. Intervalli di isolamento - Larghezza delle strade in zona sismica. In materia di costruzioni nelle zone sismiche, ai sensi dell'art. 8, comma 8, della l. 25 novembre 1962 n. 1684 - secondo cui "le amministrazioni comunali debbono prescrivere, nei loro regolamenti edilizi, le larghezze delle strade e degli intervalli di isolamento in misura non inferiore a quelle minime consentite dalle presenti norme" - gli strumenti urbanistici delle località sismiche ben possono determinare i distacchi considerando come termini di riferimento i confini dei fondi, a prescindere dall'esistenza o sopravvenienza di fabbricati sul fondo vicino, con conseguente deroga al criterio generale della prevenzione riportato anche in detta legge (comma 7 dell'art. 8 citato); in tal caso, le disposizioni (locali) che impongono i distacchi dai confini sono integrative di quelle del codice civile sui rapporti di vicinato (distanze) e comportano, se violate, la possibilità di agire per la riduzione in pristino. Cassazione civile , sez. II, 06 agosto 1983, n. 5278


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