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Le mura megalitiche di Santa Maria dei Vignali nel comune di Pescolanciano, nel Molise
 

Santa Maria dei Vignali

Le mura

Il sito è perfettamente visibile dalla località Caselle di Civitaova del Sannio, dove esiste un'altra cinta muraria che, come vedremo, è del tutto simile. La possibilità di comunicare fra i due luoghi è una prova di come l'epoca delle due costruzioni fosse la medesima. Inoltre anche qui, a Pescolanciano, siamo in un'area montana e ancora lungo il tratturo che portava e, tuttora collega, le terre Abruzzo e del Molise con la Puglia.
I massi sono delle solite dimensioni che vanno da un quarto di metro cubo fino al metro cubo. Quindi un peso che parte da oltre 600 kg e raggiunge anche le due tonnellate e mezzo. Le altezze dei resti arrivano ai due metri e la lunghezza, anche se a tratti, raggiunge i cento metri circa.
Si osservino bene le immagini seguenti.

immagine delle mura di Santa Maria dei Vignali, nella Pentria

Resti delle mura megalitiche di Santa Maria dei Vignali, nel comune di Pescolanciano
(immagine prelevata dal sito http://iserniaprovincia.altervista.org)

Ed ora confrontiamo questa con un'altra fotografia, quella relativa alle mura delle Caselle di Civitanova del Sannio, non più lontana di quattro o cinque chilometri in linea d'aria. Sono evidenti le analogia e le similitudini. Come pure è chiara la tecnologia. Si tratta di massi prelevati dal suolo come si trovavano, senza alcuna lavorazione se non qualche minima sbozzatura.

un altro tratto di muro della cinta di Caselle

Mura di Caselle, nel comune di Civitanova del Sannio.

La tecnologia poligonale?

Ciò che più appare strano, di fronte a questi reperti, è la testardaggine di alcuni ricercatori e studiosi che continuano a usare un aggettivo che nulla a che fare con questi casi. Non è chiaro, difatti, dove possano essere i poligoni che farebbe definire tali antichissime mura "poligonali". Forse per evitare di commettere gli errori degli archeologi dell'ottocento che datavano più secondo l'istinto che secondo la scienza?
Ma si commetterebbe un errore uguale e più pericoloso perché al giorno d'oggi si conoscono altre metodiche di datazione e si sono fatti passi in avanti nella ricerca storica. Per esempio era risaputo che Livio, come Strabone, come Plinio il Vecchio, tutti bravi a descrivere le loro epoche fossero incappati in gravi inattendibilità nel trattare del passato? Essi vissero, a cavallo fra il primo secolo avanti Cristo e il successivo, dopo Cristo. Come e da chi appresero ciò che successe nel IV secolo a.C. quando cominciarono le guerre sannitiche? E prima ancora? Il buio.
Non ancora c'era il famoso testo Samnium and the Samnites di Edward Togo Salmon a farcelo notare. Dunque che si guardino tutti gli indizi disponibili, non solamente qualcuno, senza pregiudizio. Si chiamino con il loro nome le cose che appaiono e non si dica più che siamo di fronte a opere poligonali
Queste mura furono costruite da popoli che abitavano sulle montagne del Molise, ma anche nelle aree limitrofe, forse prima degli stessi Sanniti. Perciò non conoscevano affatto il ferro che è datato a partire dal X secolo avanti Cristo. Non si capisce per quale motivo, altrimenti, avrebbero dovuto faticare per spostare e cercare di mettere in equilibrio pietre dalle dimensioni enormi e senza forma geometrica con pochi e inadatti strumenti di lavoro. E ciò si ripete in tantissime zone, anche distanti fra loro, tutte abitate dai Sabelli.
Se avessero potuto scalfire almeno un paio di superfici, e parliamo di ferro, (ma potrebbe essere anche con attrezzi di bronzo, nel cui caso la datazione andrebbe spostata ancora più indietro, di secoli), avrebbero lavorato molto meno e avrebbero anche potuto meglio curare la manutenzione. Perché anche questo bisogna mettere in conto: la possibilità di intervenire in caso di necessaità a sistemare la costruzione. Massi tondeggianti, di mura di difesa, sarebbero caduti rovinosamente nel caso che, non soltanto per un terremoto, un evento esterno li avesse scossi.

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