I Sanniti e la tecnologia nelle costruzioni
Le fasi secondo Lugli
Secondo l'archeologo Giuseppe Lugli, professore universitario romano,
morto nel 1967, si possono distinguere quattro fasi nella tecnologia
costruttiva delle mura megalitiche.
Questa
catalogazione, molto interessante e intelligente, adatta soprattutto a
stabilire un nesso cronologico tra ciò che si può scoprire negli scavi
e il periodo storico, è la seguente:
- la prima maniera riguarda le opere realizzate
sovrapponendo semplicemente i blocchi di pietra grezzi, come trovati in natura o
appena sbozzati;
- la seconda maniera appare leggermente più articolata in quanto esiste
l’inserimento di zeppe di pietre più piccole tra un interstizio e
l’altro per bloccare i massi superiori. Lugli parla anche di un tentativo di levigare le superfici esterne;
- la
terza maniera costituisce una svolta tecnica in quanto i blocchi
presentano le forme perfettamente geometriche come veri e propri
poligoni. I lati sono diritti e combacianti con quelli di altri massi e
le superfici esterne delle mura sono levigate;
- la quarta maniera è quella fase in cui i blocchi sono lavorati a forma di parallelepipedi
quadrangolari, sempre giustapposti a secco, come nelle altre fasi costruttive.
Si possono aggiungere le considerazioni che seguono per meglio capire il modo di costruire le mura di cinta dei Sanniti:
- se
è vero che esiste una fase in cui i massi sono prelevati dalla natura,
senza alcuna lavorazione, se non occasionale e appena abbozzata,
bisogna aggiungere che in principio i Sanniti utilizzavano anche
le rocce esistenti lungo il percorso, inglobandole per chiudere
con maggior rapidità ed efficacia l'area di loro interesse (per
esempio nella località Caselle di Civitanova del Sannio);
- la
seconda fase individuata dal Lugli potrebbe essere meno importante di
quanto non appaia perché le zeppe servivano in ogni caso per mantenere
in equilibrio le grosse pietre non squadrate. Seppure oggi le zeppe non
si vedono fra i resti di mura di cinta, è perché esse sono
cadute, qualora, come è molto probabile per ragioni di tecnica, siano
state inserite dopo aver poggiato il masso sul sottostante. Difatti il
loro equlibrio era instabile e il materiale non elastico. Questo è
anche il motivo per cui grandi pietre, con i terremoti succedutesi nel
tempo, sono rotolati a valle. Come è accaduto meno per le opere
veramente poligonali e con maggiore superficie di appoggio;
- la
terza fase, fatta di pietre a forma di poligoni con i lati combacianti,
esiste in casi molto più vicini nel tempo, a dimostrazione che le altre
erano di secoli precedenti (vedi il muro di cinta del teatro di
Petrabbondante);
- la quarta fase, fatta di massi squadrati,
appare senza dubbio relativa al momento in cui i Sanniti avevano la
possibilità di adoperare attrezzi di ferro.
I periodi delle costruzioni
Si deduce, dal discorso tecnico del professor Lugli e dalle
considerazioni aggiunte, che i periodi storici in cui le singole mura
megalitiche furono costruite è molto diverso, secondo i casi. Non
bisogna, tuttavia, pensare che sia possibile un riferimento che valga
sempre e comunque. I popoli vicini, che potevano non avere
contatti don i Sanniti, costruivano, forse, già con tecniche di fasi
successive. Per esempio si può ritenere che nel basso Lazio fosse stata
avviata una metologia che nella Pentria era sconosciuta per svariate
ragioni. Non ultima che l'agricoltura e l'allevamento sono sempre stati
più fiorenti laddove il clima è migliore. E ciò regala tempo da
dedicare ad altro. Questa è anche una spiegazione che portò, già nel
2500 avanti Cristo, gli Egizi a costruire le piramidi, con massi
megalitici, squadrati e posti in opera fino ad altezze di 150 metri dal
suolo. Pertanto nessuna meraviglia se la storia dell'uomo si sia
evoluta differentemente fra popoli diversi.
Non così se il raffronto
è fatto fra villaggi appartenenti a genti che potevano comunicare, a
breve distanza e nella stessa area geografica, come avvenne nella
Pentria, appunto. E a questa regione in special modo ci si riferisce quando si tenta
una datazione secondo i criteri suesposti.
Il discorso è ripreso e
approfondito in altre pagine di questa sezione di archeologia sannitica,
tuttavia appare logico che chi costruiva con massi appena prelevati
dalla natura e posizionati dove servivano a chiudere una zona, (fase
numero uno), viveva in un periodo in cui nei villaggi vicini non
si potesse già costruire operando un abbozzo di lavorazione delle
pietre. Come non era possibile che fossero contemporanee mura
megalitiche fatte di pietre squadrate rispetto ad altre mura di massi
senza alcuna forma geometrica.
Infine si può pensare pure che, nei
medesimi luoghi, le cinte murarie siano state costruite in periodi
molto differenti, durati secoli. Soprattutto quando sono visibili le
tecnologie costruttive appartenenti alle diverse fasi proposte da
Lugli. Se è anche vero che, sulle montagne molisane, c'era poco tempo
da dedicare alla raffinatezza tecnologica di un'architettura.