La cinta
muraria megalitica dei Sanniti
Come identificare le mura
Si usa impropriamente la definizione di mura poligonali
per identificare i resti dei recinti dei villaggi dei Sanniti. Quasi
che le pietre, visibilmente non squadrate nei reperti più antichi e
soltanto saltuariamente o come un abbozzo, in quelle parti più recenti,
avessero forme di poligoni, almeno nella faccia principale, quella a
vista. Eppure non esiste un solo masso che possa essere circoscritto
geometricamente da una figura che si chiami poligono. Se è vero che
essa è una figura con più lati.
Quindi
è uno sproposito e un
errore definire le mura sannite come mura poligonali. Non è affatto
vero e fuorviante per chi non le conosce. Tali tipologie costruttive,
le mura poligonali, sono, per esempio, quelle della zona
archeologica di Alatri, nel frusinate. Oppure quelle che
riguardano l'analemma, il muro di contenimento della cavea nel teatro
di Pietrabbondante, nel Molise.
Ma anche un altro
modo di chiamare queste cinte murarie è poco tecnico. Forse vale per
capirsi con chi non è appassionato di archeologia oppure per rendere il
concetto in maniera pittoresca, ma è altrettanto errato del precedente.
Si tratta della definizione di mura
ciclopiche.
Attingendo concetti che appartengono alla mitologia greca. Ma noi siamo
un popolo che ha una lunga storia alle spalle. E questi sistemi di
comunicazione dovrebbero essere aboliti, a cominciare dalle scuole.
Come chiamare le cinte murarie dei Sanniti?
Semplice: mura
megalitiche.
Il problema della
costruzione
Molto
più interessante della definizione è il problema che riguarda le
modalità costruttive di questi enormi esempi di edifici difensivi.
In
primo luogo sono a secco, i massi sono solamente poggiati l'uno
sull'altro e, considerando la dimensione degli stessi,
qualche volta dell'ordine di uno o due metri cubi, come
qualche
esempio nelle Civitelle di Frosolone e nelle Caselle di Civitanova del
Sannio, si deve dedurre anche il peso che raggiunge, talora, varie
tonnellate. Come facevano a usare tali pietre popoli che potevano
contare sulla forza delle braccia e su quella dei muli?
Le zone
aspre di montagna e le difficoltà di spostamenti dei massi, non
lavorati e perciò reperiti sul posto ma non a brevissima distanza da
dove servivano, rendevano le operazioni molto più pesante. La logica ci
dice che usassero un sistema di leve di legno e corde ben tirate da
gruppi di persone per evitare rotolamenti verso il basso. Poi
un
lunghissimio lavoro di posizionamento, assicurato dalla terra sparsa
sul concio inferiore e da altre piccole pietre per bloccare il
dondolio.
Il ragionanento, però, serve a far riflettere su
quanto tempo occorresse per costruire una cinta muraria, alta vari
metri, profonda due o tre e lunga qualche chilometro.
Ed è
più che sufficiente per cancellare dalla coerenza di un ricercatore
archeologo l'ipotesi che i Sanniti avessero costruito tutto ciò per
difendersi dai Romani nel periodo delle guerre sannitiche. Ossia che le
cinte murarie di massi megalitici appartengano al quarto, se non al
terzo, secolo avanti Cristo.
Avremo modo di approfondire in altre pagine questa analisi.