Letteratura
sezione di
www.softwareparadiso.it
software, servizi, informazioni sull'edilizia e la casa
 
A un vincitore nel pallone
 
Poesia piuttosto lunga del Leopardi. Ancora una volta si nota il verbo rimembrar (già presente in altre sue liriche come A silvia e Alla luna).  
La composizione è meno semplice di altre in quanto le frasi sono più lunghe e costruite in modo più intricato. 
Sono evidenti i ricordi della cultura classica.
 
Altre pagine inerenti sul sito
 

 A un vincitore nel pallone 

Di gloria il viso e la gioconda voce, 
garzon bennato, apprendi, 
e quanto al femminile ozio sovrasti 
la sudata virtude. Attendi attendi, 
magnanimo campion (s'alla veloce 
piena degli anni il tuo valor contrasti 
la spoglia di tuo nome), attendi e il core 
movi ad alto desio. Te l'echeggiante 
arena e il circo, e te fremendo appella 
ai fatti illustri il popolar favore; 
te rigoglioso dell'età novella 
oggi la patria cara 
gli antichi esempi a rinnovar prepara. 
Del barbarico sangue in Maratona 
non colorò la destra 
quei che gli atleti ignudi e il campo eleo, 
che stupido mirò l'ardua palestra, 
né la palma beata e la corona 
d'emula brama il punse. E nell'Alfeo 
forse le chiome polverose e i fianchi 
delle cavalle vincitrici asterse 
tal che le greche insegne e il greco acciaro 
guidò de' Medi fuggitivi e stanchi 
nelle pallide torme; onde sonaro 
di sconsolato grido 
l'alto sen dell'Eufrate e il servo lido. 
Vano dirai quel che disserra e scote 
della virtù nativa 
le riposte faville? e che del fioco 
spirto vital negli egri petti avviva 
il caduco fervor? Le meste rote 
da poi che Febo instiga, altro che gioco 
son l'opre de' mortali? ed è men vano 
della menzogna il vero? A noi di lieti 
inganni e di felici ombre soccorse 
natura stessa: e là dove l'insano 
costume ai forti errori esca non porse, 
negli ozi oscuri e nudi 
mutò la gente i gloriosi studi. 
Tempo forse verrà ch'alle ruine 
delle italiche moli 
insultino gli armenti, e che l'aratro 
sentano i sette colli; e pochi Soli 
forse fien volti, e le città latine 
abiterà la cauta volpe, e l'atro 
bosco mormorerà fra le alte mura; 
se la funesta delle patrie cose 
obblivion dalle perverse menti 
non isgombrano i fati, e la matura 
clade non torce dalle abbiette genti 
il ciel fatto cortese 
dal rimembrar delle passate imprese. 
Alla patria infelice, o buon garzone, 
Sopravviver ti doglia. 
Chiaro per lei stato saresti allora 
che del serto fulgea, di ch'ella è spoglia, 
nostra colpa e fatal. Passò stagione; 
che nullo di tal madre oggi s'onora: 
ma per te stesso al polo ergi la mente. 
nostra vita a che val? solo a spregiarla: 
beata allor che ne' perigli avvolta, 
se stessa obblia, né delle putri e lente 
ore il danno misura e il flutto ascolta; 
beata allor che il piede 
spinto al varco leteo, più grata riede. 

(Giacomo Leopardi 19° secolo)