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LEGGE ORDINARIA DEL PARLAMENTO N. 97/94
NUOVE DISPOSIZIONI PER LE ZONE MONTANE
NOTE
Art. 12, commi 2 e 3: i commi sono stati dichiarati costituzionalemte
illegittimi dalla Corte costituzionale con sentenza n. 156 del 10.05.1995.
Art. 13, comma 1: il comma, che si omette, sostituisce la lett. b)
all'art. 1, comma 2, D.L. 22 ottobre 1992, n. 415.
Art. 23: si veda il decreto 18 dicembre 1995 "Direttive e criteri per
l'attuazione dell'art.23 della legge 31 gennaio 1994, n.97, recante nuove
disposizioni per le zone montane".
In sede di attuazione si confronti la deliberazione della Giunta Regionale
della propria Regione (ad esempio Emilia Romagna: Deliberazione della Giunta
Regionale 28 febbraio 1995, n. 609).
TESTO
Art. 1. Finalità
della legge.
1. La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane, ai
sensi dell'articolo 44 della Costituzione, rivestono carattere di preminente
interesse nazionale. Ad esse concorrono, per quanto di rispettiva competenza,
lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali.
2. Le disposizioni della presente legge costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le regioni
a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono
alle finalità della presente legge secondo le disposizioni dei rispettivi
statuti e delle relative norme di attuazione.
3. Quando non diversamente specificato, le disposizioni della
presente legge si applicano ai territori delle comunità montane
ridelimitate ai sensi dell'articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
Ai fini della presente legge, per "comuni montani" si intendono "comuni
facenti parte di comunità montane" ovvero "comuni interamente montani
classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e successive
modificazioni" in mancanza della ridelimitazione.
4. Sono interventi speciali per la montagna le azioni organiche
e coordinate dirette allo sviluppo globale della montagna mediante la tutela
e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità
endogene proprie dell'habitat montano. Le azioni riguardano i profili:
a) territoriale, mediante formule di tutela e di promozione
delle risorse ambientali che tengano conto sia del loro valore naturalistico
che delle insopprimibili esigenze di vita civile delle popolazioni residenti,
con particolare riferimento allo sviluppo del sistema dei trasporti e della
viabilità locale;
b) economico, per lo sviluppo delle attività economiche
presenti sui territori montani da considerare aree depresse;
c) sociale, anche mediante la garanzia di adeguati servizi per
la collettività;
d) culturale e delle tradizioni locali.
5. Le regioni e le province autonome concorrono alla tutela
e alla valorizzazione del proprio territorio montano mediante gli interventi
speciali, nel rispetto dell'articolo 4, comma 6, della Carta europea dell'autonomia
locale, di cui alla legge 30 dicembre 1989, n. 439.
6. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì
ai territori compresi nei parchi nazionali montani istituiti ai sensi della
legge 6 dicembre 1991, n. 394.
Art. 2. Fondo
nazionale per la montagna.
1. È istituito presso il Ministero del bilancio e della
programmazione economica il Fondo nazionale per la montagna.
2. Il Fondo è alimentato da trasferimenti comunitari,
dello Stato e di enti pubblici, ed è iscritto in un apposito capitolo
dello stato di previsione del Ministero del bilancio e della programmazione
economica. Le somme provenienti dagli enti pubblici sono versate all'entrata
del bilancio dello Stato per essere riassegnate al suddetto capitolo.
3. Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto
ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli
enti locali. Le risorse sono ripartite fra le regioni e le province autonome
che provvedono ad istituire propri fondi regionali per la montagna, alimentati
anche con stanziamenti a carico dei rispettivi bilanci, con i quali sostenere
gli interventi speciali di cui all'articolo 1.
4. Le regioni e le province autonome disciplinano con propria
legge i criteri relativi all'impiego delle risorse di cui al comma 3.
5. I criteri di ripartizione del Fondo tra le regioni e le province
autonome sono stabiliti con deliberazione del Comitato interministeriale
per la programmazione economica (CIPE), sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione
economica, d'intesa con il Ministro delle risorse agricole, alimentari
e forestali.
6. I criteri di ripartizione tengono conto dell'esigenza della
salvaguardia dell'ambiente con il conseguente sviluppo delle attività
agro-silvo-pastorali eco-compatibili, dell'estensione del territorio montano,
della popolazione residente, anche con riferimento alle classi di età,
alla occupazione ed all'indice di spopolamento, del reddito medio pro capite,
del livello dei servizi e dell'entità dei trasferimenti ordinari
e speciali.
Art.
3. Organizzazioni montane per la gestione di beni agro-silvo-pastorali.
1. Al fine di valorizzare le potenzialità dei beni agro-silvo-pastorali
in proprietà collettiva indivisibile ed inusucapibile, sia sotto
il profilo produttivo, sia sotto quello della tutela ambientale, le regioni
provvedono al riordino della disciplina delle organizzazioni montane, anche
unite in comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni familiari
montane di cui all'articolo 10 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le
regole cadorine di cui al decreto legislativo 3 maggio 1948, n. 1104, e
le associazioni di cui alla legge 4 agosto 1894, n. 397, sulla base dei
seguenti princìpi:
a) alle organizzazioni predette è conferita la personalità
giuridica di diritto privato, secondo modalità stabilite con legge
regionale, previa verifica della sussistenza dei presupposti in ordine
ai nuclei familiari ed agli utenti aventi diritto ed ai beni oggetto della
gestione comunitaria;
b) ferma restando la autonomia statutaria delle organizzazioni,
che determinano con proprie disposizioni i criteri oggettivi di appartenenza
e sono rette anche da antiche laudi e consuetudini, le regioni, sentite
le organizzazioni interessate, disciplinano con proprie disposizioni legislative
i profili relativi ai seguenti punti:
1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso,
di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvo-pastorali,
assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvo-pastorale
compreso l'eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione
dei beni;
2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti
liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul
territorio sede dell'organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo
fissate dalle organizzazioni, anche associate;
3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati,
con annotazioni nel registro dei beni immobili, nonché degli elenchi
e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi
diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali
organizzazioni, singole o associate;
4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni,
comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive
di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva
in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni
stesse, nonché garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche
e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale
e ambientale e per la promozione della cultura locale.
2. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali
previste nel comma 1 continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data
di entrata in vigore della presente legge, in quanto con essa compatibili.
Art.
4. Conservazione dell'integrità dell'azienda agricola.
1. Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi
dell'articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (5), delle porzioni
di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto,
alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all'acquisto
della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte,
alle pertinenze ed agli annessi rustici.
2. Il diritto di cui al comma 1 è acquisito a condizione
che i predetti soggetti dimostrino:
a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi
rustici di imponibile fondiario superiore a lire 500.000, salvo il caso
di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria;
b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto,
in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi,
non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità
lavorativa loro o della loro famiglia;
c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di cui all'articolo
5, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei
anni;
d) di essere iscritti al Servizio contributi agricoli unificati
(SCAU) ai sensi della legge 2 agosto 1990, n. 233, in qualità di
coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale.
3. La disciplina prevista dal presente articolo non si applica
nella provincia autonoma di Bolzano.
Art.
5. Procedura per l'acquisto della proprietà.
1. Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all'articolo
4 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di affitto, notificare
ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la
dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi
dall'avvenuta notificazione della dichiarazione.
2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell'esercizio
del diritto, dal valore agricolo medio determinato ai sensi dell'articolo
4 della legge 26 maggio 1965, n. 590.
3. Qualora i terreni oggetto dell'acquisto siano utilizzati,
prima della scadenza del periodo di cui all'articolo 4, comma 2, lettera
c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti
urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione
del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già
percepito, adeguato secondo l'indice dei prezzi al consumo per l'intera
collettività nazionale rilevato dall'Istituto nazionale di statistica
(ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione
dell'area.
4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli
annessi rustici è determinato, al momento dell'esercizio del diritto,
dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura o dall'organo regionale corrispondente.
5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da
parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un
istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando
comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento, dell'avvenuto deposito. Dalla data della notificazione
si acquisisce la proprietà.
6. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi della presente
legge da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale,
si applicano le agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione
e l'arrotondamento della proprietà coltivatrice.
Art. 6. Usucapione
di fondi rustici e trasferimenti immobiliari.
1. All'articolo 2 della legge 10 maggio 1976, n. 346, le parole:
"non supera complessivamente le lire cinquemila" sono sostituite con le
parole: "non supera complessivamente le lire 350.000".
2. All'articolo 5, primo comma, della legge 10 maggio 1976,
n. 346, sono soppresse le parole: "entro il 31 dicembre 1980".
Art. 7. Tutela ambientale.
1. I piani pluriennali di sviluppo socio-economico di cui all'articolo
29, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, hanno come finalità
principale il consolidamento e lo sviluppo delle attività economiche
ed il miglioramento dei servizi; essi inoltre individuano le priorità
di realizzazione degli interventi di salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente
mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale,
l'uso delle risorse idriche, la conservazione del patrimonio monumentale,
dell'edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio rurale e montano,
da porre al servizio dell'uomo a fini di sviluppo civile e sociale.
2. Le previsioni di interventi per la salvaguardia e valorizzazione
dell'ambiente, mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale
e l'uso delle risorse idriche, sono coordinate con i piani di bacino previsti
dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni, e sono
rese coerenti con gli atti di indirizzo e di coordinamento emanati ai sensi
della predetta legge.
3. Allo scopo di riconoscere il servizio svolto dall'agricoltura
di montagna, la legge regionale disciplina la concessione, attraverso le
comunità montane, di contributi fino al 75 per cento del loro costo
per piccole opere ed attività di manutenzione ambientale concernenti
proprietà agro-silvo-pastorali. Possono essere ammessi a contributo
anche gli interventi svolti da imprenditori agricoli a titolo non principale.
Art.
8. Caccia, pesca e prodotti del sottobosco.
1. Nei comuni montani la caccia, la pesca e la raccolta dei
prodotti del sottobosco, che sono parte rilevante dell'economia delle zone
montane, vanno finalizzate:
a) alla tutela dell'ambiente e delle risorse naturali, secondo
i principi di cui all'articolo 1 della legge 6 dicembre 1991, n. 394;
b) all'impiego delle risorse per la creazione di posti di lavoro
anche part time, di attività imprenditoriali locali, di attività
da parte degli addetti al settore agro-silvo-pastorale e da parte dei proprietari
ed utilizzatori dei terreni, anche organizzati in forma cooperativa e consortile.
2. In sede di pianificazione della ripartizione dei territori
per la gestione programmata della caccia ai sensi dell'articolo 14 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157, e di regolamentazione della istituzione
delle aziende faunistico-venatorie ed agri-turistico-venatorie ai sensi
dell'articolo 16 della stessa legge n. 157 del 1992, le regioni acquisiscono
il parere delle comunità montane interessate, che vi provvedono
entro sessanta giorni dalla richiesta.
Art. 9. Forme
di gestione del patrimonio forestale.
1. Le comunità montane, singolarmente o in associazione
tra loro, nell'ambito del proprio territorio e d'intesa con i comuni ed
altri enti interessati, sono tenute a promuovere la gestione del patrimonio
forestale mediante apposite convenzioni tra i proprietari. Possono altresì
promuovere la costituzione di consorzi forestali, anche in forma coattiva
qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie
interessata. Tutte le forme di gestione previste dal presente articolo
possono godere dei benefici previsti dall'articolo 139 del regio decreto
30 dicembre 1923, n. 3267, e successive modificazioni ed integrazioni.
2. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari o forestali
e il Ministero dell'ambiente, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano possono attribuire alle comunità montane e ai comuni
montani finanziamenti per interventi di forestazione o di agricoltura eco-compatibile
nell'ambito del piano forestale nazionale, nonché finanziare le
quote di parte nazionale previste dai regolamenti CEE a completamento delle
erogazioni a carico del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola
(FEOGA) e di programmi comunitari.
3. Le comunità montane individuano idonei ambiti territoriali
per la razionale gestione e manutenzione dei boschi e promuovono in tali
ambiti la costituzione di consorzi di miglioramento fondiario ai sensi
degli articoli 71 e seguenti del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215,
ovvero di associazioni di proprietari riconosciute idonee dalle regioni
e volte al rimboschimento, alla tutela ed alla migliore gestione dei propri
boschi.
4. Le comunità montane possono altresì essere
delegate dalle regioni, dalle province e dai comuni alla gestione del relativo
demanio forestale.
5. Alle comunità montane e ai comuni montani, ai consorzi
ed alle associazioni di cui ai commi 1 e 3 possono essere affidati con
legge regionale compiti di manutenzione e conservazione del territorio
a fini agricoli e paesistici, oltre che forestali, ed inoltre di tutela,
assistenza tecnica, monitoraggio e ricomposizione ambientale e sorveglianza
dei boschi di loro competenza. A tal fine detti organismi potranno beneficiare
anche di contributi commisurati agli oneri derivanti dalle suddette attività,
con finalità di interesse generale, assunti mediante apposite convenzioni
pluriennali.
Art. 10.
Autoproduzione e benefici in campo energetico.
1. L'energia elettrica prodotta nei territori montani da piccoli
generatori comunque azionati, quali aerogeneratori, piccoli gruppi elettrogeni,
piccole centraline idro-elettriche, impianti fotovoltaici, con potenza
elettrica non superiore a trenta kilowatt, o da gruppi elettrogeni funzionanti
a gas metano biologico, è esentata dalla relativa imposta erariale
sul consumo.
2. Nei territori montani, in ragione del disagio ambientale,
può essere concessa dal Comitato interministeriale prezzi (CIP)
una riduzione, di cui lo stesso CIP determina la misura percentuale, del
sovrapprezzo termico sui consumi domestici dei residenti e sui consumi
relativi ad attività produttive.
3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano,
le amministrazioni provinciali, le comunità montane ed i comuni
possono elargire contributi a favore dei residenti nei territori montani
per allacciamenti telefonici e per il potenziamento delle linee elettriche
a case sparse e piccoli agglomerati non inclusi nelle zone perimetrate
destinate ad insediamenti residenziali.
Art. 11.
Esercizio associato di funzioni e gestione associata di servizi pubblici.
1. Le comunità montane, anche riunite in consorzio fra
loro o con comuni montani, in attuazione dell'articolo 28, comma 1, della
legge 8 giugno 1990, n. 142, promuovono l'esercizio associato di funzioni
e servizi comunali con particolare riguardo ai settori di:
a) costituzione di strutture tecnico-amministrative di supporto
alle attività istituzionali dei comuni con particolare riferimento
ai compiti di assistenza al territorio;
b) raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani con eventuale
trasformazione in energia;
c) organizzazione del trasporto locale, ed in particolare del
trasporto scolastico;
d) organizzazione del servizio di polizia municipale;
e) realizzazione di strutture di servizio sociale per gli anziani,
capaci di corrispondere ai bisogni della popolazione locale con il preminente
scopo di favorirne la permanenza nei comuni montani;
f) realizzazione di strutture sociali di orientamento e formazione
per i giovani con il preminente scopo di favorirne la permanenza nei territori
montani; g) realizzazione di opere pubbliche d'interesse del territorio
di loro competenza.
2. Per le finalità di cui al comma 1, i comuni montani
possono delegare alle comunità montane i più ampi poteri
per lo svolgimento di funzioni proprie e la gestione di servizi; in particolare,
possono delegarle a contrarre, in loro nome e per loro conto, mutui presso
la Cassa depositi e prestiti o istituti di credito, anche per la realizzazione
di opere igieniche.
3. I comuni e le comunità montane, nelle materie che
richiedono una pluralità di pareri anche di più enti, adottano
appropriate procedure di semplificazione dell'azione amministrativa ai
sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Art. 12. Servizi. Usi
civici.
1. Alle comunità montane si applicano gli articoli 22,
23, 24, 25 e 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2. Nei comuni montani i decreti di espropriazione per opere
pubbliche o di pubblica utilità per le quali i soggetti espropriati
abbiano ottenuto, ove necessario, l'autorizzazione di cui all'articolo
7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e quella del Ministero dell'ambiente,
determinano la cessazione degli usi civici eventualmente gravanti sui beni
oggetto di espropriazione.
3. Il diritto a compensi, eventualmente spettanti ai fruitori
degli usi civici sui beni espropriati, determinati dal Commissario agli
usi civici, è fatto valere sull'indennità di espropriazione.
Art.
13. Interventi per lo sviluppo di attività produttive.
1. [...].
2. La normativa di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n.
786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44,
e successive modificazioni, concernente misure per la promozione e lo sviluppo
dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa
anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle
delimitazioni di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi
nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
6 marzo 1978, n. 218.
3. I criteri e le procedure applicative per l'estensione di
cui al comma 2, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere
di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tal
fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro del
bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano.
4. Salvo quanto previsto dai commi 1, 2 e 3 del presente articolo,
le regioni e la Cassa per la formazione della piccola proprietà
contadina, istituita con decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121, al fine
di favorire l'accesso dei giovani alle attività agricole, agevolano
le operazioni di acquisto di terreni proposte dai coltivatori diretti di
età compresa tra i diciotto e i quaranta anni, residenti in comuni
montani, nonché dalle cooperative agricole di cui all'articolo 16
della legge 14 agosto 1971, n. 817, che hanno sede in comuni montani e
nelle quali la compagine dei soci cooperatori sia composta per almeno il
40 per cento da giovani di età compresa tra i diciotto e i quarant'anni
residenti in comuni montani, dando ad essi preferenza, sino alla concorrenza
del 30 per cento, nella ripartizione rispettivamente dei fondi destinati
alla formazione della proprietà coltivatrice e delle disponibilità
finanziarie annuali.
Art.
14. Decentramento di attività e servizi.
1. Il CIPE e le regioni emanano direttive di indirizzo tendenti
a sollecitare e vincolare la pubblica amministrazione a decentrare nei
comuni montani attività e servizi dei quali non è indispensabile
la presenza in aree metropolitane, quali istituti di ricerca, laboratori,
università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive,
ospedali specializzati, case di cura ed assistenza, disponendo gli stanziamenti
finanziari necessari.
Art. 15. Tutela
dei prodotti tipici.
1. Al fine di tutelare l'originalità del patrimonio storico-culturale
dei territori montani, attraverso la valorizzazione dei loro prodotti protetti
con "denominazione di origine" o "indicazione geografica" ai sensi del
regolamento CEE n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, è
istituito presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali,
avvalendosi delle relative strutture, l'Albo dei prodotti di montagna,
autorizzati a fregiarsi della menzione aggiuntiva "prodotto nella montagna
italiana", da attribuirsi, sentite le comunità montane interessate,
alle sole produzioni agroalimentari originate nei comuni montani sia per
quanto riguarda la fabbricazione che la provenienza della materia prima.
2. Le produzioni di cui al comma 1 possono fregiarsi della menzione
aggiuntiva anche se aggregate a più vasti comprensori di consorzi
di tutela.
3. Il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali
disciplina, con proprio decreto, i criteri e le modalità per l'iscrizione
all'Albo e per l'uso della menzione "prodotto nella montagna italiana".
4. Con decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari
e forestali, di concerto con il Ministro del tesoro, viene determinato
l'ammontare dei diritti annuali di segreteria idonei a garantire la copertura
dei costi di funzionamento dell'Albo e da versare all'entrata del bilancio
dello Stato.
Art.
16. Agevolazioni per i piccoli imprenditori commerciali.
1. Per i comuni montani con meno di 1.000 abitanti e per i centri
abitati con meno di 500 abitanti ricompresi negli altri comuni montani
ed individuati dalle rispettive regioni, la determinazione del reddito
d'impresa per attività commerciali e per i pubblici esercizi con
giro di affari assoggettato all'imposta sul valore aggiunto (IVA), nell'anno
precedente, inferiore a lire 60.000.000 può avvenire, per gli anni
di imposta successivi, sulla base di un concordato con gli uffici dell'amministrazione
finanziaria. In tal caso le imprese stesse sono esonerate dalla tenuta
di ogni documentazione contabile e di ogni certificazione fiscale.
2. Per le imprese di cui al comma 1, gli orari di apertura e
chiusura, le chiusure domenicali e festive, nonché le tabelle merceologiche
sono definite con apposito regolamento approvato dal consiglio comunale.
Art. 17. Incentivi
alle pluriattività.
1. I coltivatori diretti, singoli od associati, i quali conducono
aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle vigenti disposizioni
di legge possono assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati,
impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo
230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine
ed attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione
e manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di
costruzione di piste forestali, di arginature, di sistemazione idraulica,
di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi,
per importi non superiori a lire 30.000.000 per ogni anno.
2. Le cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo-forestale
che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività
nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto,
esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale
e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere
in affidamento dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico,
in deroga alle vigenti disposizioni di legge ed anche tramite apposite
convenzioni, l'esecuzione di lavori e di servizi attinenti alla difesa
e alla valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio, quali la forestazione,
il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica, a condizione che
l'importo dei lavori o servizi non sia superiore a lire 300.000.000 per
anno.
3. Le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali e relative
pertinenze destinate all'esercizio dell'attività agrituristica di
cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, svolta in territori montani, sono
assimilate alle costruzioni rurali di cui all'articolo 39 del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
Art. 18. Assunzioni
a tempo parziale.
1. Le imprese e i datori di lavoro aventi sedi ed operanti nei
comuni montani, in deroga alle norme sul collocamento della mano d'opera,
possono assumere senza oneri previdenziali, a tempo parziale, ai sensi
dell'articolo 5 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito,
con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, o in forma stagionale,
coltivatori diretti residenti negli stessi comuni, iscritti allo SCAU.
2. I coltivatori diretti di cui al comma 1 conserveranno detta
qualifica ad ogni fine ed effetto e manterranno l'iscrizione allo SCAU
in deroga a quanto previsto dal secondo e terzo comma dell'articolo 2 della
legge 9 gennaio 1963, n. 9, sempre che risiedano sul fondo e prestino opera
manuale abitualmente nell'azienda agricola.
3. I coltivatori diretti di cui al comma 1, in deroga alle vigenti
disposizioni, non maturano il diritto a miglioramenti previdenziali e assicurativi
nelle forme di tutela già in godimento per le attività di
lavoro autonomo. Non maturano altresì alcun diritto previdenziale
nei settori di appartenenza delle imprese e dei datori di lavoro che si
avvalgono della loro opera.
Art.
19. Incentivi per l'insediamento in zone montane.
1. Al fine di favorire il riequilibrio insediativo ed il recupero
dei centri abitati montani, le regioni possono predisporre incentivi finanziari
e premi di insediamento a favore di coloro che trasferiscono la propria
residenza e dimora abituale e la propria attività economica, impegnandosi
a non modificarla per un decennio, da un comune non montano ad un comune
montano. Gli incentivi ed i premi di insediamento possono essere attribuiti
a titolo di concorso per le spese di trasferimento, nonché di acquisto,
ristrutturazione o costruzione di immobili da destinarsi a prima abitazione.
Gli stessi benefici possono essere attribuiti ai già residenti.
Le regioni individuano, sentite le comunità montane, i comuni montani
con meno di 5.000 abitanti ai quali sono riservati i suddetti benefici,
in ragione del patrimonio abitativo, della dotazione di servizi e dell'andamento
demografico.
Art. 20. Collaborazione
tra soggetti istituzionali.
1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle
rispettive competenze, collaborano nel realizzare un equilibrato sviluppo
territoriale dell'offerta di scuola materna e dell'obbligo nei comuni montani,
mediante la conclusione di accordi di programma.
2. Agli accordi di programma di cui al comma 1 si applicano,
in quanto compatibili o non espressamente derogate, le disposizioni di
cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
3. Gli accordi di programma di cui al comma 1 sono attuati,
a livello provinciale, previa intesa tra l'autorità scolastica provinciale
e gli enti locali delegati.
Art. 21. Scuola dell'obbligo.
1. Nei comuni montani con meno di 5.000 abitanti possono essere
costituiti istituti comprensivi di scuola materna, elementare e secondaria
di primo grado, cui è assegnato personale direttivo della scuola
elementare e della scuola media secondo criteri e modalità stabiliti
con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione.
Art. 22.
Riorganizzazione degli uffici e dei servizi dello Stato.
1. Gli uffici statali esistenti nei comuni montani possono essere
accorpati previo parere dei loro sindaci e dei presidenti delle comunità
montane.
2. I provvedimenti adottati in contrasto con i pareri resi ai
sensi del comma 1 devono contenere le ragioni che hanno indotto a discostarsene.
Art. 23.
Deroghe in materia di trasporti.
1. Per i comuni montani con meno di 5.000 abitanti e per i centri
abitati con meno di 500 abitanti ricompresi negli altri comuni montani
ed individuati dalle rispettive regioni, per i quali non sia possibile
organizzare servizi di trasporto secondo le norme vigenti, le regioni autorizzano
l'organizzazione e la gestione, da parte dei comuni stessi, del trasporto
di persone e di merci di prima necessità, con particolari modalità
stabilite con apposito regolamento approvato dal consiglio comunale.
Art. 24. Informatica
e telematica.
1. Le comunità montane possono operare quali sportelli
dei cittadini per superare le difficoltà di comunicazione tra le
varie strutture e servizi territoriali.
A tal fine, le amministrazioni pubbliche ed i soggetti che gestiscono
pubblici servizi sono tenuti a consentire loro l'accesso gratuito a tutte
le informazioni ed i servizi non coperti da segreto.
2. L'autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione,
sentita l'Unione nazionale comuni comunità ed enti montani (UNCEM),
predispone le possibili forme di reciproca collaborazione e consultazione.
3. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali,
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, istituisce, nell'ambito
del proprio sistema telematico, gli opportuni collegamenti dei servizi
d'interesse delle aree montane, con le comunità, i comuni montani
e l'UNCEM.
4. Il Ministro del bilancio e della programmazione economica,
entro il 30 settembre di ciascun anno, sentita l'UNCEM, presenta al Parlamento
la relazione annuale sullo stato della montagna, con particolare riferimento
all'attuazione della presente legge ed al quadro delle risorse da destinare
al settore da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, nei rispettivi bilanci, su fondi propri o derivanti da programmi
comunitari, al fine di conseguire gli obiettivi della politica nazionale
della montagna.
Art. 25. Onere finanziario.
1. All'onere, ivi comprese le minori entrate, derivante dall'applicazione
della presente legge, ad eccezione di quanto previsto nell'articolo 2,
valutato in lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1994, 1995 e 1996,
si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto,
ai fini del bilancio triennale 1994-1996, al capitolo 9001 dello stato
di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1994, all'uopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro quanto all'anno
1994 e quello relativo al Ministero delle risorse agricole, alimentari
e forestali quanto agli anni 1995 e 1996.
2. Il Fondo nazionale per la montagna è istituito nell'ambito
del Fondo di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile
1993, n. 96, del quale verrà vincolata una quota per le finalità
della presente legge con decreto del Ministro del bilancio e della programmazione
economica, d'intesa con il Ministro del tesoro. In attesa della riforma
della finanza regionale, le risorse erogate dal Fondo sono attribuite esclusivamente
alle regioni a statuto ordinario.
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
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