Scrittorisezione di |
(Scheda inviata
dall'autrice)
Voglio descrivere questo libro “Giorni scalzi” usando le parole dei lettori. Questa raccolta di poesie divisa in tre parti-Figlia, Finalmente madre, Donna e quel che rimane- scritta da una donna per le donne, ma non solo, rappresenta l’urlo mai espresso per la morte del figlio diciassettenne avvenuta per incidente stradale nel 1999. È un libro che si legge tutto d’un fiato e poi vorresti non averlo letto per l’intensità delle emozioni che evoca. Un pugno nello stomaco, un balsamo per l’anima. Un libro importante, un travolgente, appassionante e tormentato viaggio, un vorticoso affondare nel dolore puro attraverso versi che sono una vitale sferzata al cuore.La chiave di
lettura si può intuire già dal titolo e nella sinestesia dei giorni
“scalzi”. L’anima della
raccolta, infatti, è tutta nell’infanzia contadina e in una famiglia
contadina,
che tanti sacrifici fece
per i figli. Il paesaggio
lucano, arido, secco e
persino spinoso,-la
mula va, sfidando la forra spaventosa/e già vedo in lontananza le magre
acque
del bilioso…. le zolle polverose solcan dei calanchi/gli zoccoli
poderosi/con
la sferza sui fianchi/delle tue mani callose/… uomo
e bestia un sol animale/saettano veloci su per il crinale-
descritto con versi
scazonti in immagini
forti e inusuali di questi tempi, apre il libro nella sua prima parte e riflette una condizione di
vita severa, dura,
ma nobile per i sentimenti che la nutrirono –ora riposa in pace/sfiorata
dalle tante carezze dell’ultima ora./ A noi mancheranno sempre, madre,/
i
timidi abbracci/ e il ruvido tocco delle tue mani.-e
fa da sfondo alla
seconda parte del libro in cui si parla del dolore
acre per la perdita di Francesco,
il figlio primogenito, nel momento del suo
massimo splendore.
–quella strada maledetta/ ha cambiato volto/ma io vedo ancora lì/il
corpo di mio figlio/che invano strinsi a me/in attesa che si fermassero
le
ore/e il tempo ci riportasse indietro.- E poi la rabbia
per la mancata assunzione di responsabilità, per questa morte, da parte
della
società, E ancora rabbia per l’incuria
e l’abbandono del martoriato
territorio lucano.
–Nel
tufo le tracce di stolti selvaggi…/immenso e snaturato mi trasporta/nel
rupestre
sito, fra sterpi e profumo di timo/nell’antica chiesa stuprata da
vandali/ il
dolore più acre. Con
la seconda parte si penetra un dolore universale ma
personalmente e
profondamente sofferto in cui si ha esitazione ad entrare, quasi fosse
una
profanazione, sebbene sia stato offerto e condiviso con coraggio dopo molti anni
dall’evento luttuoso la cui
elaborazione passa
dalla negazione alla
disperazione alla rabbia-a
te che rubasti la sua vita/a te che
negasti la sua morte/ nell’infinito tempo io chiedo/se temete la
giustizia che
a lui fu negata.-e infine al patteggiamento con la
realtà che traspare
nella terza parte in cui, il
ritorno
alla vita, fatta di corazze istoriate di normalità, e
il riemergere di speranze e sentimenti d’amore,
si riaffacciano insieme all’oggettivazione
che si fa del dolore
nelle cose,
tutto da cogliere nei gesti e nelle mani, quasi che si parlasse di cose
altrui,
e nel contatto rigenerante
con la nuda terra. – Nella terra
chiusa e severa/grembo di artisti ed oratori/poeti e briganti/il sole in agosto inargenta i
calanchi/limpida luce
solcano i falchi/le capre camuse su per le rocce/s’inerpicano lente/…- Lo scoramento per l’incuria in cui versa la splendida città dei sassi da Francesco adottata come sua -lì un tempo mio figlio declamava versi/ascoltava i bisbigli dell’anima/ e respirava i destini di spiriti vetusti/nel silenzio di pace/in attesa che il fato/lo conducesse per sempre/ sull’aspra gravina.- ignaro che troppo presto lo avrebbe legato indissolubilmente a sé fra le rocce e le chiese rupestri che lui tanto amava, si fa protesta per l’ignavia di cittadini e politici che passano e guardano oltre la sofferenza della terra e dell’uomo. – In facce di santi di stonato canto or dipinte/testimoni d’artisti del volgare del mio tempo/in secolare quiete lo sguardo immoto attende/la mano di uomo che oltre il dirupo/ben altri ritocchi ha per la mente.- |
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