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Quelle che sono
Nella lingua parlata, soprattutto nel gergo dei politici, che devono pensare e chiedono tempo a sé stessi durante il discorso con una pausa, si usa a sproposito e inutilmente l'espressione "quelle che sono...". Lo stesso ragionamento vale per "quelli che sono" oppure, al singolare, per "quello che è" e, al femminile, per "quella che è". Ecco una frase tipica del genere: "Mi riferisco a quelle che sono le regole della nostra associazione." Sarebbe molto meglio esprimersi nel seguente modo: "Mi riferisco alle regole della nostra associazione." Ossia, vanno eliminate le espressioni che non servono a nulla se non a infastidire chi legge o chi ascolta. Anche per chi parla, sarebbe più opportuno sostare con la voce e pensare quell'attimo durante il quale, invece, si crede di trovare le parole da dire. Per uno scrittore, l'espressione di cui stiamo discutendo è assolutamente da non utilizzare. Non appare nemmeno nelle forme dialettali ed è un modo di parlare che dovrebbe essere abbandonato da tutti. A parte la logica, che vuole ci sia economia di tempo e di spazio per fare un identico ragionamento, qui si tratta proprio di pulizia, giacché non siamo di fronte nemmeno a un giro di parole per spiegare: soltanto una vera e propria inutilità del linguaggio. Non è un caso che tale modo di esprimersi sia tipico dei politici, cioè di coloro che, troppo spesso, vendono chiacchiere e, al di là di un concetto, mostrano soltanto il vuoto. Come si potrebbe accettare tutto ciò in un libro che sia un saggio o un romanzo? Qualora ti piacesse avere un esempio di romanzo, che ti aiuti nella stesura del tuo, vai a questa pagina. Se, invece, già hai un manoscritto e ti occorre un'operazione di correzione o di editing, o ti servono altri consigli, visita questi servizi. Torna all'indice di scrivere. |