Potere
Nella lingua ci sono diverse trappole che lo scrittore deve conoscere per essere chiaro, inequivoco e piacevole da leggere. In questa pagina esaminiamo la parola potere. Parola perché già ci sono delle distinzioni: essa vale sia come verbo sia come vocabolo.
Pensiamo al verbo e al modo di usarlo.
"Si può bere?"
Una domanda apparentemente semplice e senza alcuna difficoltà di comprensione. Ma ne siamo sicuri? Cominciamo con il vocabolario:

1. avere la possibilità, la facoltà, il diritto, il permesso (seguito da un infinito espresso o sottinteso);
2. essere possibile, probabile, desiderabile, lecito, consentito;
3. disporre dei mezzi necessari (seguito da un infinito specialmente sottinteso);
4. avere forza, vigore efficacia;
5. ricorre in alcune locuzioni come a più non posso e non poterne più.
   

Ecco quanti significati può, appunto, assumere.
Ma torniamo alla domanda iniziale. Se non ci si spiega meglio, la risposta può prendere una delle seguenti principali forme:

1. "Sì, l'acqua è potabile."
2. "Sì, è a disposizione."
3. "Aspetta che sei sudato."

Dunque, a seconda del resto del dialogo lo scrittore deve considerare il diverso significato del verbo potere, per non incorrere in una troppo generica frase. Il lettore, se non è così, si stanca e tenta di abbandonare perché non gli è consentito di entrare nella logica di chi scrive. Perciò, sempre tornando alla domanda di cui sopra, è molto più pulito arricchire il dialogo con parole del tipo:
"Sono assetato ma non so se quest'acqua è potabile. La sento fresca, chiacchierina, lucente e bella... Tu che ne dici, me la posso bere?"
Oppure:
"Mamma ho sete. Lo so che sono sudato... posso bere?"
Frasi più lunghe come argomentazioni ma molto più efficaci, almeno per la chiarezza del discorso. A parte lo stile.
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