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Scrivere: Per chi suona la campana di Ernest Hemingway


La lettura del romanzo
Leggere questo libro è stata una faticaccia. Non soltanto per la lentezza con cui l'autore va avanti, anzi, spesso resta sul posto e sul tempo in maniera esagerata. E' stata una fatica anche per la lunghezza delle pagine, i lunghi dialoghi, le tantissime ripetizioni di concetti e di termini, il riprendere l'espressione finale di una frase e riportarla all'inizio della successiva. Un espediente che serve per la retorica ma da usare con il contagocce nella narrativa. Più utile nella poesia, qualora ce ne fosse stata più spesso e meno drammatica.
Manca proprio la poesia sparsa, in tutti i passaggi di questo racconto, la cui trama si potrebbe riferire in poche parole: siamo nella guerra civile di Spagna e un volontario americano arriva fra i guerriglieri sopra una montagna con il compito di far saltare un ponte. Ciò avverrà, ma egli viene ferito da un cavallo imbizzarrito e, probabilmente perché il racconto lo fa supporre, muore sul posto poco dopo.
I lunghissimi dialoghi, nei quali s'indugia su piccoli fatti e particolari inutili all'economia della storia e del messaggio, stremano spesso il lettore, al punto che si guarda quanto sia lungo il capitolo che ciò riguarda, perché la tortura finisca il più presto possibile. Ma ce ne sono alcuni di quattro pagine e altri di quaranta, non tutti dello stesso tenore.
Hemingway usa spesso il colore "bruno", qualche volta l'azzurro e il verde, cosicchè il lettore immagina scene in bianco e nero, in una continua spiegazione intrinseca di come sia da vedere in maniera pessimistica il mondo. In effetti anche nella costruzione faticosissima della psicologia dei personaggi, (alcuni si cominciano a delineare dopo una metà del libro), non esiste una maniera per cui essa si componga direttamente nella mente di chi legge: la psicologia di ognuno va dedotta tramite i pensieri, spesso lunghissimi e persistenti fino alla noia, dei protagonisti stessi. Succede, pertanto, che questo metodo non consente di avere subito di fronte un essere definito. Spesso i personaggi appaiono come attori che cercano di interpretare un ruolo e poco come persone umane di una storia reale. Ci si abitua col trascorrere delle pagine quando ci si affeziona a quattro o cinque di essi e si pensano fatti di carne e ossa.

Giudizio finale
Più che un romanzo, Per chi suona la campana sembra, per gran parte, un saggio politico, dove c'è un'uniformità totale di scrittura. Ciò vale anche per la minima distinzione nelle caratteristiche dei personaggi, almeno nei capitoli iniziali del testo. Si potrebbe parlare di tragedia, come anche il titolo annuncerebbe, ma non ne segue la scansione e manca lo spirito analitico dell'animo umano, qui volto spesso soltanto ai ricordi, come nel caso di Pilar, o ai pensieri contrastanti di Robert.
I nuovi autori i quali volessero leggere il suddetto libro, che pure ebbe successo fin da quando fu pubblicato la prima volta, nel 1940, sappiano che esso non può servire a capire come bisogna scrivere, ossia non deve rappresentare un modello cui riferirsi per la narrativa. E ciò valga per il linguaggio, lo stile e il contenuto. Eccezione fatta per le interessanti similitudini che riescono a spiegare, con fantasia e precisione, le varie situazioni.
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