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L'errore di usare c'ho con l'apostrofo
Nella lingua parlata molto spesso ci sono delle elisioni, dei troncamenti e dei modi di dire rapidi che non bisogna riportare, identici, nel linguaggio scritto. Uno di questi casi è il tipico modo di esprimere la particella ci prima di un verbo che inizia per vocale o per h. Prendiamo l'esempio maggiormente adoperato negli scritti e riferito al verbo avere: "C'ho due esami da sostenere nello stesso giorno." Se è vero che qui non è elegante scrivere ci ho due esami, bisogna anche osservare che la particella ci sia del tutto inutile e sgradita. Quindi si può scrivere, molto meglio, in questa maniera la stessa frase: "Ho due esami da sostenere nello stesso giorno." Quando, invece, la medesima particella sia utile, allora vediamo come comportarsi. Questa è la frase non del tutto elegante e da evitare: "C'avevamo creduto ma era tutta una bugia." Meglio scrivere, per esempio: "Avevamo creduto nel suo racconto ma era tutta una bugia." La spiegazione di non dover usare la particella ci con l'apostrofo, pronominale o avverbiale, in tutti questi casi è presto detta. Difatti il suono della consonante c è duplice. Lo abbiamo duro e gutturale come in casa oppure dolce come in cerniera. Succede che nell'espressione c'ho potremmo leggerlo proprio con il suono gutturale che diventerebbe, come pronuncia, co, considerato che l'acca è muta. Così pure c'abbiamo che potrebbe essere letto come cabbiamo, oppure c'avete come cavete. Pertanto in tali situazioni è bene trasformare la frase usando direttamente la particella ci, oppure modificando l'espressione, come nell'esempio precedente. Diverso è il caso in cui ci sia un verbo che inizi con una vocale i oppure e. Difatti, in questo caso, la particella ci non crea alcun equivoco come vediamo nel seguente esempio: "C'indusse a seguirlo lungo un ripido viottolo di montagna." Non c'è possibilità di leggere diversamente da: "Ci indusse a seguirlo lungo un ripido viottolo di montagna." Oppure nella frase con verbo che inizia per e: "C'eravamo lasciati dopo una bellissima storia d'amore." Espressione ben più elegante, e senza possibilità di equivoci nella lettura, di quest'altra soluzione: "Ci eravamo lasciati dopo una bellissima storia d'amore." Dunque una facile regola da ricordare quando si scrive un libro è di non utilizzare elisioni in presenza di suoni che possono creare equivoci nella lettura. Non importa che dal contesto o dal modo di parlare si capisca di che si tratti. La lingua va conservata pulita senza contaminazioni e un autore di manoscritti è sempre all'avanguardia nel lungo processo di modificazioni del linguaggio. Ma senza farlo diventare caotico e privo di coerenza e logica: basta ragionarci sopra. Qualora ti piacesse avere un esempio di romanzo, che ti aiuti nella stesura del tuo, vai a questa pagina. Se, invece, già hai un manoscritto e ti occorre un'operazione di correzione o di editing, o ti servono altri consigli, visita questi servizi. Torna all'indice di scrivere. |