Scrittorisezione di |
Il termine
deriva da un verbo latino che significa, letteralmente, tacere.
Dal vocabolario della lingua italiana prendiamo questa definizione: "Figura retorica consistente nell'interrompere il discorso lasciando però intendere ciò che non si dice." La reticenza si chiama anche aposiopesi oppure sospensione. In genere ciò avviene con i puntini sospensivi. Come a voler far partecipare lo stesso lettore alla conclusione del ragionamento e intensificare l'attenzione sulla verità nascosta o non riferita. La figura retorica della reticenza è usata nella poesia e nella narrativa. Molto meno, se non affatto, nella saggistica dove non è opportuno lasciare intendere ciò che bisogna, invece, sostenere chiaramente. Spesso è adoperata nelle recitazioni dove si vuole tacere qualche parola poco gradevole e far proseguire mentalmente l'ascoltatore, fino a suscitare il riso. Ecco un esempio di reticenza: "Il carattere di Vincenzo era di quelli che piacciono ai giovani, per la sua loquacità, la capacità di inserire battute di spirito nelle discussioni e la generosità nell'offrire. Era un tipo che si definisce buono e caro, ma..." Ossia, se Vincenzo perde la pazienza, diventa ben altro da quanto asserito inizialmente, come è facile immaginare. A ogni modo si consiglia di adoperare poco la reticenza nella narrativa, specialmente con i casi di puntini sospensivi, perché non offre al lettore l'impressione che l'autore sappia come concludere il discorso. E voglia far partecipare a ciò chi legge, per motivi diversi da quelli che riguardano l'espressività del racconto. E molto spesso, difatti, è la verità. Qualora desiderassi verificare che cosa sono le figure retoriche e come si possano utilizzare nella narrativa, in un esempio di romanzo che ti aiuti nella stesura del tuo, vai a questa pagina. Se, invece, già hai un manoscritto e ti occorre un'operazione di correzione o di editing, o qualunque altro tipo di consiglio per pubblicarlo, visita questi nostri servizi. Torna all'indice delle figure retoriche. |