|
Libro primo
Disposizioni generali
TITOLO PRIMO
DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
CAPO PRIMO
DEL GIUDICE
SEZIONE PRIMA
DELLA GIURISDIZIONE E DELLA COMPETENZA IN GENERALE
1. Giurisdizione dei giudici ordinari.
La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è
esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice.
2. Inderogabilità convenzionale della giurisdizione.
(Abrogato).
3. Pendenza di lite davanti a giudice straniero.
(Abrogato).
4. Giurisdizione rispetto allo straniero.
(Abrogato).
5. Momento determinante della giurisdizione e della competenza.
La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge
vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della
domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti
della legge o dello stato medesimo.
6. Inderogabilità convenzionale della competenza.
La competenza non può essere derogata per accordo delle parti,
salvo che nei casi stabiliti dalla legge.
SEZIONE SECONDA
DELLA COMPETENZA PER MATERIA E VALORE
7. Competenza del giudice di pace.
Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni
mobili di valore non superiore a lire cinque milioni, quando dalla legge
non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il giudice di pace è altresì competente per le cause
di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti,
purché il valore della controversia non superi lire trenta milioni.
(Comma terzo: abrogato).
È competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle
distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al
piantamento degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso
dei servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di
immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o
di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino
la normale tollerabilità;
4) (abrogato).
8. Competenza del pretore.
(Abrogato).
9. Competenza del tribunale.
Il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di
competenza di altro giudice.
Il tribunale è altresì esclusivamente competente per
le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato
e alla capacità delle persone e ai diritti onorifici, per la querela
di falso, per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore
indeterminabile.
10. Determinazione del valore.
Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla
domanda a norma delle disposizioni seguenti.
A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la
medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese
e i danni anteriori alla proposizione si sommano col capitale.
11. Cause relative a quote di obbligazione tra più parti.
Se è chiesto da più persone o contro più persone
l’adempimento per quote di un’obbligazione, il valore della causa si determina
dall’intera obbligazione.
12. Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni.
Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità
o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in
base a quella parte del rapporto che è in contestazione.
(Comma secondo: abrogato).
Il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa
attiva da dividersi.
13. Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite.
Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è
controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute
per due anni.
Nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo è controverso,
il valore si determina cumulando venti annualità; nelle cause relative
a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le annualità domandate
fino a un massimo di dieci.
Le regole del comma precedente si applicano anche per determinare il
valore delle cause relative al diritto del concedente.
14. Cause relative a somme di danaro e a beni mobili.
Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si
determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore;
in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza
del giudice adito.
Il convenuto può contestare, ma soltanto nella prima difesa,
il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice decide,
ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti
e senza apposita istruzione.
Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo
rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza
del giudice adito.
15. Cause relative a beni immobili.
Il valore delle cause relative a beni immobili è determinato
moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale
del fabbricato alla data della proposizione della domanda:
per duecento per le cause relative alla proprietà;
per cento per le cause relative all’usufrutto, all’uso, all’abitazione,
alla nuda proprietà e al diritto dell’enfiteuta;
per cinquanta con riferimento al fondo servente per le cause relative
alle servitù.
Il valore delle cause per il regolamento di confini, si desume dal
valore della parte di proprietà controversa, se questa è
determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma seguente.
Se per l’immobile all’atto della proposizione della domanda non risulta
il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore
della causa secondo quanto emerge dagli atti; e se questi non offrono elementi
per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile.
16. Esecuzione forzata.
(Abrogato).
17. Cause relative all’esecuzione forzata.
Il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina
dal credito per cui si procede;
quello delle cause relative alle opposizioni proposte da terzi a norma
dell’articolo 619, dal valore dei beni controversi;
quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione,
dal valore del maggiore dei crediti contestati.
SEZIONE TERZA
DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO
18. Foro generale delle persone fisiche.
Salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice
del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi
sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora.
Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora
nella Repubblica o se la dimora è sconosciuta, è competente
il giudice del luogo in cui risiede l’attore.
19. Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni non
riconosciute.
Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una persona
giuridica, è competente il giudice del luogo dove essa ha sede.
È competente altresì il giudice del luogo dove la persona
giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in
giudizio per l’oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le società non aventi personalità
giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli articoli
36 e seguenti del codice civile hanno sede dove svolgono attività
in modo continuativo.
20. Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione.
Per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente
il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione
dedotta in giudizio.
21. Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie.
Per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause
in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende,
nonché per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza
delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo
al piantamento degli alberi e delle siepi, è competente il giudice
del luogo dove è posto l’immobile o l’azienda. Qualora l’immobile
sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente
il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte
soggetta a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto
a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si
trova una parte dell’immobile.
Per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno
temuto è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto
il fatto denunciato.
22. Foro per le cause ereditarie.
È competente il giudice del luogo dell’aperta successione per
le cause:
1) relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque
altra tra coeredi fino alla divisione;
2) relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle
quote, purché proposte entro un biennio dalla divisione;
3) relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede,
purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio
dall’apertura della successione;
4) contro l’esecutore testamentario, purché proposte entro i
termini indicati nel numero precedente.
Se la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause
suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui è posta
la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi,
del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti.
23. Foro per le cause tra soci e tra condomini.
Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove
ha sede la società; per le cause tra condomini, il giudice del luogo
dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società
o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio
dalla divisione.
24. Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali.
Per le cause relative alla gestione di una tutela o di un’amministrazione
patrimoniale conferita per legge o per provvedimento dell’autorità
è competente il giudice del luogo d’esercizio della tutela o dell’amministrazione.
25. Foro della pubblica amministrazione.
Per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato
è competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza
e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice del
luogo dove ha sede l’ufficio dell’avvocatura dello Stato, nel cui distretto
si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie.
Quando l’amministrazione è convenuta, tale distretto si determina
con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi
l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della
domanda.
26. Foro dell’esecuzione forzata.
Per l’esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente
il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette
all’esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un
solo tribunale, si applica l’articolo 21.
Per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice
del luogo dove risiede il terzo debitore.
Per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è
competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto.
27. Foro relativo alle opposizioni all’esecuzione.
Per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli articoli
615 e 619 è competente il giudice del luogo dell’esecuzione salva
la disposizione dell’articolo 480, terzo comma.
Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi è competente
il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione.
28. Foro stabilito per accordo delle parti.
La competenza per territorio può essere derogata per accordo
delle parti, salvo che per le cause previste nei numeri 1), 2), 3), e 5)
dell’articolo 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla
stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera
di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta
espressamente dalla legge.
29. Forma ed effetti dell’accordo delle parti.
L’accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale deve
riferirsi ad uno o più affari determinati e risultare da atto scritto.
L’accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva
quando ciò non è espressamente stabilito.
30. Foro del domicilio eletto.
Chi ha eletto domicilio a norma dell’articolo 47 del codice civile
può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso.
30-bis. Foro per le cause in cui sono parti i magistrati.
Le cause in cui sono comunque parti magistrati, che secondo le norme
del presente capo sarebbero attribuite alla competenza di un ufficio giudiziario
compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita
le proprie funzioni, sono di competenza del giudice, ugualmente competente
per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello
determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale.
Se nel distretto determinato ai sensi del primo comma il magistrato
è venuto ad esercitare le proprie funzioni successivamente alla
sua chiamata in giudizio, è competente il giudice che ha sede nel
capoluogo del diverso distretto di corte d’appello individuato ai sensi
dell’articolo 11 del codice di procedura penale con riferimento alla nuova
destinazione.
SEZIONE QUARTA
DELLE MODIFICAZIONI DELLA COMPETENZA PER RAGIONE DI CONNESSIONE
31. Cause accessorie.
La domanda accessoria può essere proposta al giudice territorialmente
competente per la domanda principale affinché sia decisa nello stesso
processo, osservata, quanto alla competenza per valore, la disposizione
dell’articolo 10, secondo comma.
(Comma secondo: abrogato).
32. Cause di garanzia.
La domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente
per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo.
Qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi
rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un
termine perentorio per la riassunzione.
33. Cumulo soggettivo.
Le cause contro più persone che a norma degli articoli 18 e
19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse
per l’oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice
del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello
stesso processo.
34. Accertamenti incidentali.
Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti
è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale
che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore,
rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine
perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui.
35. Eccezione di compensazione.
Quando è opposto in compensazione un credito che è contestato
ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda
è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, può
decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione
relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre,
l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti
provvede a norma dell’articolo precedente.
36. Cause riconvenzionali.
Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande
riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall’attore
o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione,
purché non eccedano la sua competenza per materia o valore; altrimenti
applica le disposizioni dei due articoli precedenti.
SEZIONE QUINTA
DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE, DELL’INCOMPETENZA E DELLA LITISPENDENZA
37. Difetto di giurisdizione.
Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della
pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
(Comma secondo: abrogato).
38. Incompetenza.
L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio
nei casi previsti dall’articolo 28 sono rilevate, anche d’ufficio, non
oltre la prima udienza di trattazione.
L’incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti dall’articolo
28, è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta. L’eccezione
si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la
parte ritiene competente. Quando le parti costituite aderiscono a tale
indicazione, la competenza del giudice rimane ferma se la causa è
riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo.
Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della
competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso
necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte
sommarie informazioni.
39. Litispendenza e continenza di cause.
Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello
successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio,
dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione
della causa dal ruolo.
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito
è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice
di questa dichiara con sentenza la continenza e fissa un termine perentorio
entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice.
Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta,
la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui
pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione.
40. Connessione.
Se sono proposte davanti a giudici diversi più cause le quali,
per ragione di connessione, possono essere decise in un solo processo,
il giudice fissa con sentenza alle parti un termine perentorio per la riassunzione
della causa accessoria davanti al giudice della causa principale, e negli
altri casi davanti a quello preventivamente adito.
La connessione non può essere eccepita dalle parti né
rilevata d’ufficio dopo la prima udienza, e la rimessione non può
essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente
proposta non consente l’esauriente trattazione e decisione delle cause
connesse.
Nei casi previsti negli articoli 31, 32, 34, 35 e 36, le cause, cumulativamente
proposte o successivamente riunite, debbono essere trattate e decise col
rito ordinario, salva l’applicazione del solo rito speciale quando una
di tali cause rientri fra quelle indicate negli articoli 409 e 442.
Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti speciali
debbono essere trattate e decise col rito previsto per quella tra esse
in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordine,
col rito previsto per la causa di maggior valore.
Se la causa è stata trattata con un rito diverso da quello divenuto
applicabile ai sensi del terzo comma, il giudice provvede a norma degli
articoli 426, 427 e 439.
Se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa per i motivi
di cui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di competenza
[del pretore o] del tribunale, le relative domande possono essere proposte
innanzi [al pretore o] al tribunale affinché siano decise nello
stesso processo.
Se le cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte davanti
al giudice di pace e [al pretore o] al tribunale, il giudice di pace deve
pronunciare anche d’ufficio la connessione a favore [del pretore o] del
tribunale.
SEZIONE SESTA
DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA
41. Regolamento di giurisdizione.
Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna
parte può chiedere alle sezioni unite della corte di cassazione
che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’articolo 37. L’istanza
si propone con ricorso a norma degli articoli 364 e seguenti, e produce
gli effetti di cui all’articolo 367.
La pubblica amministrazione che non è parte in causa può
chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle sezioni
unite della corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice
ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all’amministrazione
stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza
passata in giudicato.
42. Regolamento necessario di competenza.
La sentenza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli
articoli 39 e 40, non decide il merito della causa e i provvedimenti che
dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 possono
essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza.
43. Regolamento facoltativo di competenza.
La sentenza che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito
può essere impugnata con l’istanza di regolamento di competenza,
oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla competenza
si impugna quella sul merito.
La proposizione dell’impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti
la facoltà di proporre l’istanza di regolamento.
Se l’istanza di regolamento è proposta prima dell’impugnazione
ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a decorrere
dalla comunicazione della sentenza che regola la competenza; se è
proposta dopo, si applica la disposizione dell’articolo 48.
44. Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza.
La sentenza che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l’incompetenza
del giudice che l’ha pronunciata, se non è impugnata con la istanza
di regolamento, rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza
del giudice in essa indicato se la causa è riassunta nei termini
di cui all’articolo 50, salvo che si tratti di incompetenza per materia
o di incompetenza per territorio nei casi previsti nell’articolo 28.
45. Conflitto di competenza.
Quando, in seguito alla sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice
adito per ragione di materia o per territorio nei casi di cui all’articolo
28, la causa nei termini di cui all’articolo 50 è riassunta davanti
ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente,
richiede d’ufficio il regolamento di competenza.
46. Casi di inapplicabilità del regolamento di competenza.
Le disposizioni degli articoli 42 e 43 non si applicano nei giudizi
davanti ai giudici di pace.
47. Procedimento del regolamento di competenza.
L’istanza di regolamento di competenza si propone alla corte di cassazione
con ricorso sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è
costituita personalmente.
Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno aderito
entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della
sentenza che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione dell’impugnazione
ordinaria nel caso previsto nell’articolo 43, secondo comma. L’adesione
delle parti può risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso.
La parte che propone l’istanza, nei cinque giorni successivi all’ultima
notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai cancellieri degli
uffici davanti ai quali pendono i processi che i relativi fascicoli siano
rimessi alla cancelleria della corte di cassazione. Nel termine perentorio
di venti giorni dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria
il ricorso con i documenti necessari.
Il regolamento d’ufficio è richiesto con ordinanza dal giudice,
il quale dispone la rimessione del fascicolo di ufficio alla cancelleria
della corte di cassazione.
Le parti, alle quali è notificato il ricorso o comunicata l’ordinanza
del giudice, possono, nei venti giorni successivi, depositare nella cancelleria
della corte di cassazione scritture difensive e documenti.
48. Sospensione dei processi.
I processi relativamente ai quali è chiesto il regolamento di
competenza sono sospesi dal giorno in cui è presentata l’istanza
al cancelliere a norma dell’articolo precedente o dalla pronuncia dell’ordinanza
che richiede il regolamento.
Il giudice può autorizzare il compimento degli atti che ritiene
urgenti.
49. Sentenza di regolamento di competenza.
Il regolamento è pronunciato con sentenza in camera di consiglio
entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto nell’articolo
47, ultimo comma.
Con la sentenza la corte di cassazione statuisce sulla competenza,
dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo davanti
al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti
in termini affinché provvedano alla loro difesa.
50. Riassunzione della causa.
Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente
avviene nel termine fissato nella sentenza dal giudice e in mancanza in
quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o
della sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice adito, il processo
continua davanti al nuovo giudice.
Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo
si estingue.
SEZIONE SESTA-BIS
DELLA COMPOSIZIONE DEL TRIBUNALE
50-bis. Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale.
Il tribunale giudica in composizione collegiale:
1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l’intervento del pubblico
ministero, salvo che sia altrimenti disposto;
2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle
conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto
16 marzo 1942, n. 267, al decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito
con modificazioni dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e alle altre leggi
speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato
preventivo;
5) nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e
del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità
da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i
direttori generali e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici
e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei
consorzi;
6) nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione
di legittima;
7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117.
Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei
procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti,
salvo che sia altrimenti disposto.
50-ter. Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica.
Fuori dei casi previsti dall’articolo 50-bis, il tribunale giudica
in composizione monocratica.
50-quater. Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale
o monocratica del tribunale.
Le disposizioni di cui agli articoli 50-bis e 50-ter non si considerano
attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante
dalla loro inosservanza si applica l’articolo 161, primo comma.
SEZIONE SETTIMA
DELL’ASTENSIONE, DELLA RICUSAZIONE E DELLA RESPONSABILITÀ DEI
GIUDICI
51. Astensione del giudice.
Il giudice ha l’obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione
di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado
o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale
abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia
o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto
in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro
grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente
tecnico;
5) se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro
di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un
ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una
società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il
giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad
astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione
è chiesta al capo dell’ufficio superiore.
52. Ricusazione del giudice.
Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna
delle parti può proporre la ricusazione mediante ricorso contenente
i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere depositato
in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è
noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o decidere la causa,
e prima dell’inizio della trattazione o discussione di questa nel caso
contrario.
La ricusazione sospende il processo.
53. Giudice competente.
Sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato
un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti
del tribunale o della corte.
La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito
il giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte.
54. Ordinanza sulla ricusazione.
L’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire
quello ricusato.
La ricusazione è dichiarata inammissibile, se non è stata
proposta nelle forme e nei termini fissati nell’articolo 52.
L’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede
sulle spese e condanna la parte o il difensore che l’ha proposta a una
pena pecuniaria non superiore a lire diecimila.
Dell’ordinanza è data notizia dalla cancelleria al giudice e
alle parti, le quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel
termine perentorio di sei mesi.
55. Responsabilità civile del giudice.
(Abrogato).
56. Autorizzazione.
(Abrogato).
CAPO SECONDO
DEL CANCELLIERE E DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO
57. Attività del cancelliere.
Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi previsti
dalla legge, le attività proprie e quelle degli organi giudiziari
e delle parti.
Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato
processo verbale.
Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga
altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione
dopo quella del giudice.
58. Altre attività del cancelliere.
Il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici dei
documenti prodotti, all’iscrizione delle cause a ruolo, alla formazione
del fascicolo d’ufficio e alla conservazione di quelli delle parti, alle
comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal giudice,
nonché alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.
59. Attività dell’ufficiale giudiziario.
L’ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione
dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre
incombenze che la legge gli attribuisce.
60. Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziario.
Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili:
1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono
loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che,
su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o
dal quale sono stati delegati;
2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.
CAPO TERZO
DEL CONSULENTE TECNICO, DEL CUSTODE E DEGLI ALTRI AUSILIARI DEL GIUDICE
61. Consulente tecnico.
Quando è necessario, il giudice può farsi assistere,
per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più
consulenti di particolare competenza tecnica.
La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra
le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni
di attuazione del presente codice.
62. Attività del consulente.
Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice
e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice
gli richiede a norma degli articoli 194 e seguenti, e degli articoli 441
e 463 (1).
———
(1) Vedi ora rispettivamente gli articoli 424 e 445 c.p.c..
63. Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente.
Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare
il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo
di astensione.
Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati
nell’articolo 51.
Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l’ha nominato.
64. Responsabilità del consulente.
Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale
relative ai periti.
In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione
degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a
un anno o con la ammenda fino a lire venti milioni. Si applica l’articolo
35 del codice penale. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei
danni causati alle parti.
65. Custode.
La conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati
sono affidate a un custode, quando la legge non dispone altrimenti.
Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice
dell’esecuzione nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario e in
ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato.
66. Sostituzione del custode.
Il giudice, d’ufficio o su istanza di parte, può disporre in
ogni tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere in ogni
tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per
giusti
motivi.
Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non impugnabile,
dal giudice di cui all’articolo 65, secondo comma.
67. Responsabilità del custode.
Ferme le disposizioni del codice penale, il custode che non esegue
l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena
pecuniaria non superiore a lire ventimila.
Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti,
se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.
68. Altri ausiliari.
Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il
giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere
da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona
idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere
da sé solo.
Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati
atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica.
TITOLO SECONDO
DEL PUBBLICO MINISTERO
69. Azione del pubblico ministero.
Il pubblico ministero esercita l’azione civile nei casi stabiliti dalla
legge.
70. Intervento in causa del pubblico ministero (1).
Il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullità rilevabile
d’ufficio:
1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;
2) nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale
dei coniugi;
3) nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone;
4) (abrogato);
5) negli altri casi previsti dalla legge.
Deve intervenire in ogni causa davanti alla corte di cassazione.
Può infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un
pubblico interesse.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 25 giugno 1996, n. 214 (in
Rivista delle Cancellerie, 1996, 458) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prescrive l’intervento
obbligatorio del pubblico ministero nei giudizi tra genitori naturali che
comportino "provvedimenti relativi ai figli".
71. Comunicazione degli atti processuali al pubblico ministero.
Il giudice, davanti al quale è proposta una delle cause indicate
nel primo comma dell’articolo precedente, ordina la comunicazione degli
atti al pubblico ministero affinché possa intervenire.
Lo stesso ordine il giudice può dare ogni volta che ravvisi
uno dei casi previsti nell’ultimo comma dell’articolo precedente.
72. Poteri del pubblico ministero.
Il pubblico ministero, che interviene nelle cause che avrebbe potuto
proporre, ha gli stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle
forme che la legge stabilisce per queste ultime.
Negli altri casi di intervento previsti nell’articolo 70, tranne che
nelle cause davanti alla corte di cassazione, il pubblico ministero può
produrre documenti, dedurre prove, prendere conclusioni nei limiti delle
domande proposte dalle parti.
Il pubblico ministero può proporre impugnazioni contro le sentenze
relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione personale
dei coniugi.
Lo stesso potere spetta al pubblico ministero contro le sentenze che
dichiarino l’efficacia o l’inefficacia di sentenze straniere relative a
cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi.
Nelle ipotesi prevedute nei commi terzo e quarto, la facoltà
di impugnazione spetta tanto al pubblico ministero presso il giudice che
ha pronunciato la sentenza quanto a quello presso il giudice competente
a decidere sull’impugnazione.
Il termine decorre dalla comunicazione della sentenza a norma dell’articolo
133.
Restano salve le disposizioni dell’articolo 397.
73. Astensione del pubblico ministero.
Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo
civile si applicano le disposizioni del presente codice relative all’astensione
dei giudici, ma non quelle relative alla ricusazione.
74. Responsabilità del pubblico ministero.
(Abrogato).
TITOLO TERZO
DELLE PARTI E DEI DIFENSORI
CAPO PRIMO
DELLE PARTI
75. Capacità processuale (1).
Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio
dei diritti che vi si fanno valere.
Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono
stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo
le norme che regolano la loro capacità.
Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta
a norma della legge o dello statuto.
Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno
in giudizio per mezzo delle persone indicate negli articoli 36 e seguenti
del codice civile.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 16 ottobre 1986, n. 220 (in
Rivista delle Cancellerie, 1987, 45) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede, ove emerga
una situazione di scomparsa del convenuto, l’interruzione del processo
e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero
perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti l’attore
debba riassumere il giudizio.
76. Famiglia Reale.
(Omissis).
77. Rappresentanza del procuratore e dell’institore.
Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non
possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è
stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti
urgenti e per le misure cautelari.
Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non
ha residenza o domicilio nella Repubblica e all’institore.
78. Curatore speciale.
Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza,
e vi sono ragioni d’urgenza, può essere nominato all’incapace, alla
persona giuridica o all’associazione non riconosciuta un curatore speciale
che lo rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta
la rappresentanza o l’assistenza.
Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato,
quando vi è conflitto d’interessi col rappresentante.
79. Istanza di nomina del curatore speciale.
La nomina del curatore speciale di cui all’articolo precedente può
essere in ogni caso chiesta dal pubblico ministero. Può essere chiesta
anche dalla persona che deve essere rappresentata o assistita, sebbene
incapace, nonché dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto
di interessi, dal rappresentante.
Può essere inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa
che vi abbia interesse.
80. Provvedimento di nomina del curatore speciale.
L’istanza per la nomina del curatore speciale si propone al giudice
di pace [, al pretore] o al presidente dell’ufficio giudiziario davanti
al quale s’intende proporre la causa.
Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente
le persone interessate, provvede con decreto. Questo è comunicato
al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti
per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace,
della persona giuridica o dell’associazione non riconosciuta.
81. Sostituzione processuale.
Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può
far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
CAPO SECONDO
DEI DIFENSORI
82. Patrocinio.
Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente
nelle cause il cui valore non eccede lire un milione.
Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col
ministero o con l’assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia,
in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto
emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a
stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti [al pretore,]
al tribunale e alla corte d’appello le parti debbono stare in giudizio
col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla corte
di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo.
83. Procura alle liti.
Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi
deve essere munito di procura.
La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve
essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine
della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta
o d’intervento, del precetto o della domanda d’intervento nell’esecuzione.
In tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere
certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche
se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente
all’atto cui si riferisce.
La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato
grado del processo, quando nell’atto non è espressa volontà
diversa.
84. Poteri del difensore.
Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi
può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti
gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati.
In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione
del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.
85. Revoca e rinuncia alla procura.
La procura può essere sempre revocata e il difensore può
sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti
dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore.
86. Difesa personale della parte.
La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità
necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il
giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro
difensore.
87. Assistenza degli avvocati e del consulente tecnico.
La parte può farsi assistere da uno o più avvocati, e
anche da un consulente tecnico nei casi e con i modi stabiliti nel presente
codice.
CAPO TERZO
DEI DOVERI DELLE PARTI E DEI DIFENSORI
88. Dovere di lealtà e di probità.
Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio
con lealtà e probità.
In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne
alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi.
89. Espressioni sconvenienti od offensive.
Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice,
le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti
od offensive.
Il giudice, in ogni stato dell’istruzione, può disporre con
ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive, e,
con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla
persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale
sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l’oggetto della
causa.
CAPO QUARTO
DELLA RESPONSABILITÀ DELLE PARTI PER LE SPESE E PER I DANNI
PROCESSUALI
90. Onere delle spese.
Salve le disposizioni relative al gratuito patrocinio, nel corso del
processo ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti che
compie e di quelli che chiede, e deve anticiparle per gli altri atti necessari
al processo quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge
o dal giudice.
91. Condanna alle spese.
Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna
la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte
e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento
emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza.
Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in
margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del titolo
esecutivo e del precetto sono liquidate dall’ufficiale giudiziario con
nota in margine all’originale e alla copia notificata.
I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi
con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell’ufficio a
cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario.
92. Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese.
Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente,
può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice,
se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla
soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili,
che, per trasgressione al dovere di cui all’articolo 88, essa ha causato
all’altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi,
il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra
le parti.
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo
che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale
di conciliazione.
93. Distrazione delle spese.
Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella
stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli
altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere
anticipate.
Finché il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli
è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con
le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento,
qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari
e le spese.
94. Condanna di rappresentanti o curatori.
Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che
rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere condannati
personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza,
alle spese dell’intero processo o di singoli atti, anche in solido con
la parte rappresentata o assistita.
95. Spese del processo di esecuzione.
Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti
che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito
l’esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice civile.
96. Responsabilità aggravata.
Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio
con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la
condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida,
anche d’ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato
eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o
iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata,
su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore
o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione
dei danni è fatta a norma del comma precedente.
97. Responsabilità di più soccombenti.
Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna
di esse alle spese ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella
causa. Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune
tra esse, quando hanno interesse comune.
Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei danni,
questa si fa per quote uguali.
98. Cauzione per le spese (1).
Il giudice istruttore [, il pretore] o il giudice di pace, su istanza
del convenuto, può disporre con ordinanza che l’attore non ammesso
al gratuito patrocinio presti cauzione per il rimborso delle spese, quando
vi è fondato timore che l’eventuale condanna possa restare ineseguita.
Se la cauzione non è prestata nel termine stabilito, il processo
si estingue.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 29 novembre 1960, n. 67 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo.
TITOLO QUARTO
DELL’ESERCIZIO DELL’AZIONE
99. Principio della domanda.
Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al
giudice competente.
100. Interesse ad agire.
Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario
avervi interesse.
101. Principio del contraddittorio.
Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può
statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta
non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
102. Litisconsorzio necessario.
Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più
parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse,
il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio
da lui stabilito.
103. Litisconsorzio facoltativo.
Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo,
quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto
o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende,
totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni.
Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella
decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte
le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe
o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al
giudice inferiore le cause di sua competenza.
104. Pluralità di domande contro la stessa parte.
Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più
domande anche non altrimenti connesse, purché sia osservata la norma
dell’articolo 10, secondo comma.
È applicabile la disposizione del secondo comma dell’articolo
precedente.
105. Intervento volontario.
Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per
far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto
relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.
Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna
delle parti, quando vi ha un proprio interesse.
106. Intervento su istanza di parte.
Ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene
comune la causa o dal quale pretende essere garantita.
107. Intervento per ordine del giudice.
Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto
di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l’intervento.
108. Estromissione del garantito.
Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del
garantito, questi può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano,
la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con ordinanza;
ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti
anche contro l’estromesso.
109. Estromissione dell’obbligato.
Se si contende a quale di più parti spetta una prestazione e
l’obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto,
il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta
e, dopo il deposito, può estromettere l’obbligato dal processo.
110. Successione nel processo.
Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo
è proseguito dal successore universale o in suo confronto.
111. Successione a titolo particolare nel diritto controverso.
Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per
atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.
Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte,
il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto.
In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire
o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante
o il successore universale può esserne estromesso.
La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti
anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile
anche da lui, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei mobili e sulla
trascrizione.
TITOLO QUINTO
DEI POTERI DEL GIUDICE
112. Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti
di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono
essere proposte soltanto dalle parti.
113. Pronuncia secondo diritto.
Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto,
salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità.
Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore
non eccede lire due milioni.
114. Pronuncia secondo equità a richiesta di parte.
Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della
causa secondo equità quando esso riguarda diritti disponibili delle
parti e queste gliene fanno concorde richiesta.
115. Disponibilità delle prove.
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento
della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero.
Può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della
decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
116. Valutazione delle prove.
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento,
salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che
le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato
a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno
delle parti stesse nel processo.
117. Interrogatorio non formale delle parti.
Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà
di ordinare la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra
loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono
farsi assistere dai difensori.
118. Ordine d’ispezione di persone e di cose.
Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire
sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono
indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché ciò
possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza
costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e 352
del codice di procedura penale (1).
Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il
giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma
dell’articolo 116, secondo comma.
Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria non
superiore a lire diecimila.
———
(1) Vedi ora gli articoli 200 e seguenti nuovo c.p.p..
119. Imposizione di cauzione.
Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare
l’oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro il quale la
prestazione deve avvenire.
120. Pubblicità della sentenza.
Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può
contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, può
ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto
in uno o più giornali da lui designati.
Se l’inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, può
procedervi la parte a favore della quale è stata disposta, con diritto
a ripetere le spese dall’obbligato.
TITOLO SESTO
DEGLI ATTI PROCESSUALI
CAPO PRIMO
DELLE FORME DEGLI ATTI E DEI PROVVEDIMENTI
SEZIONE PRIMA
DEGLI ATTI IN GENERALE
121. Libertà di forme.
Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate,
possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento
del loro scopo.
122. Uso della lingua italiana. Nomina dell’interprete.
In tutto il processo è prescritto l’uso della lingua italiana.
Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il giudice
può nominare un interprete.
Questi, prima di esercitare le sue funzioni, presta giuramento davanti
al giudice di adempiere fedelmente il suo ufficio.
123. Nomina del traduttore.
Quando occorre procedere all’esame di documenti che non sono scritti
in lingua italiana, il giudice può nominare un traduttore, il quale
presta giuramento a norma dell’articolo precedente.
124. Interrogazione del sordo e del muto.
Se nel procedimento deve essere sentito un sordo, un muto o un sordomuto,
le interrogazioni e le risposte possono essere fatte per iscritto.
Quando occorre, il giudice nomina un interprete, il quale presta giuramento
a norma dell’articolo 122, ultimo comma.
125. Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte.
Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la
comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’ufficio giudiziario,
le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l’istanza,
e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere
sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure
dal difensore.
La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in
data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente
alla costituzione della parte rappresentata.
La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge
richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito di mandato
speciale.
126. Contenuto del processo verbale.
Il processo verbale deve contenere l’indicazione delle persone intervenute
e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta
sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività
svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute.
Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono
altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti,
dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo.
Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è
fatta espressa menzione.
SEZIONE SECONDA
DELLE UDIENZE
127. Direzione dell’udienza.
L’udienza è diretta dal giudice singolo o dal presidente del
collegio.
Il giudice che la dirige può fare o prescrivere quanto occorre
affinché la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e proficuo,
regola la discussione, determina i punti sui quali essa deve svolgersi
e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente.
128. Udienza pubblica.
L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità,
ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse,
se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di
buon costume.
Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento dell’ordine
e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.
129. Doveri di chi interviene o assiste all’udienza.
Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o
bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio.
È vietato fare segni di approvazione o di disapprovazione o
cagionare in qualsiasi modo disturbo.
130. Redazione del processo verbale.
Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione
del giudice.
Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede l’udienza
e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza
di parte.
SEZIONE TERZA
DEI PROVVEDIMENTI
131. Forma dei provvedimenti in generale.
La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza
o decreto.
In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in qualsiasi
forma idonea al raggiungimento del loro scopo.
Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale,
il quale deve contenere la menzione dell’unanimità della decisione
o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del
collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su
ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei
componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del
collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato
presso la cancelleria dell’ufficio (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 19 gennaio 1989, n. 18 (in
Rivista delle Cancellerie, 1989, 227) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui dispone che "è
compilato sommario processo verbale" anziché "può, se uno
dei componenti dell’organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario
processo verbale".
132. Contenuto della sentenza.
La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca
l’intestazione "Repubblica Italiana".
Essa deve contenere:
1) l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata;
2) l’indicazione delle parti e dei loro difensori;
3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti;
4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi
in fatto e in diritto della decisione;
5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione
del giudice.
La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta soltanto
dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non può
sottoscrivere per morte o per altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta
dal componente più anziano del collegio, purché prima della
sottoscrizione sia menzionato l’impedimento; se l’estensore non può
sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente
la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione
sia menzionato l’impedimento.
133. Pubblicazione e comunicazione della sentenza.
La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria
del giudice che l’ha pronunciata.
Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e
vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto
contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono
costituite.
134. Forma, contenuto e comunicazione dell’ordinanza.
L’ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata
in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata
fuori dell’udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure
in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice
o, quando questo è collegiale, del presidente.
Il cancelliere comunica alle parti l’ordinanza pronunciata fuori dell’udienza,
salvo che la legge ne prescriva la notificazione.
135. Forma e contenuto del decreto.
Il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale
della parte.
Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce al medesimo.
Quando l’istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo
verbale e il decreto è inserito nello stesso.
Il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta
espressamente dalla legge; è datato ed è sottoscritto dal
giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente.
SEZIONE QUARTA
DELLE COMUNICAZIONI E DELLE NOTIFICAZIONI
136. Comunicazioni.
Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata,
fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico
ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice
e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è
disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che
ne rilascia ricevuta, o è notificato dall’ufficiale giudiziario.
137. Notificazioni.
Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite
dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico
ministero o del cancelliere.
L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al
destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi.
138. Notificazione in mani proprie.
L’ufficiale giudiziario può sempre eseguire la notificazione
mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, ovunque
lo trovi nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario al quale
è addetto.
Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l’ufficiale giudiziario
ne dà atto nella relazione, e la notificazione si considera fatta
in mani proprie.
139. Notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio.
Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione
deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo
nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il
commercio.
Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale
giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta
alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici
anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è
consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio
o l’azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che
accetti di riceverla.
Il portiere o il vicino deve sottoscrivere l’originale, e l’ufficiale
giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione
dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile,
l’atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.
Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si
fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune
di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.
140. Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia.
Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità
o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo
precedente, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune
dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla
porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e
gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
141. Notificazione presso il domiciliatario.
La notificazione degli atti a chi ha eletto domicilio presso una persona
o un ufficio può essere fatta mediante consegna di copia alla persona
o al capo dell’ufficio in qualità di domiciliatario, nel luogo indicato
nell’elezione.
Quando l’elezione di domicilio è stata inserita in un contratto,
la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria, se così
è stato espressamente dichiarato.
La consegna, a norma dell’articolo 138, della copia nelle mani della
persona o del capo dell’ufficio presso i quali si è eletto domicilio,
equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario.
La notificazione non può essere fatta nel domicilio eletto se
è chiesta dal domiciliatario o questi è morto o si è
trasferito fuori della sede indicata nell’elezione di domicilio o è
cessato l’ufficio.
142. Notificazione a persona non residente, né dimorante, né
domiciliata nella Repubblica.
Salvo quanto disposto nel terzo comma, se il destinatario non ha residenza,
dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio o costituito
un procuratore a norma dell’articolo 77, l’atto è notificato mediante
affissione di copia nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale
si procede e mediante spedizione di altra copia al destinatario per mezzo
della posta in piego raccomandato.
Una terza copia è consegnata al pubblico ministero, che ne cura
la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona
alla quale è diretta.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano soltanto nei
casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi
consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del
decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200 (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 3 marzo 1994, n. 69 (in Rivista
delle Cancellerie, 1994, 250) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo comma nella parte in cui non prevede che la notificazione all’estero
del sequestro si perfezioni, ai fini dell’osservanza del prescritto termine,
con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante
dalle convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75, D.P.R. 5 gennaio
1967, n. 200.
143. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti.
Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario
e non vi è il procuratore previsto nell’articolo 77, l’ufficiale
giudiziario esegue la notificazione mediante deposito di copia dell’atto
nella casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota,
in quella del luogo di nascita del destinatario, e mediante affissione
di altra copia nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede.
Se non sono noti né il luogo dell’ultima residenza né
quello di nascita, l’ufficiale giudiziario consegna una copia dell’atto
al pubblico ministero.
Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi dell’articolo
precedente, la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo
a quello in cui sono compiute le formalità prescritte (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 3 marzo 1994, n. 69 (in Rivista
delle Cancellerie, 1994, 250) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo comma nella parte in cui non prevede che la notificazione all’estero
del sequestro si perfezioni, ai fini dell’osservanza del prescritto termine,
con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante
dalle convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75, D.P.R. 5 gennaio
1967, n. 200.
144. Notificazione alle amministrazioni dello Stato.
Per le amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni delle
leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell’avvocatura
dello Stato.
Fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni si fanno
direttamente, presso l’amministrazione destinataria, a chi la rappresenta
nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si procede. Esse si
eseguono mediante consegna di copia nella sede dell’ufficio al titolare
o alle persone indicate nell’articolo seguente.
145. Notificazione alle persone giuridiche.
La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede,
mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata
di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla
sede stessa.
La notificazione alle società non aventi personalità
giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli
articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a norma del comma precedente,
nella sede indicata nell’articolo 19, secondo comma.
Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi
precedenti e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta
l’ente, si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141.
146. Notificazione a militari in attività di servizio.
Se il destinatario è militare in attività di servizio
e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le
disposizioni di cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna una copia
al pubblico ministero, che ne cura l’invio al comandante del corpo al quale
il militare appartiene.
147. Tempo delle notificazioni.
Le notificazioni non possono farsi dal 1° ottobre al 31 marzo prima
delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1° aprile al 30 settembre prima delle
ore 6 e dopo le ore 20.
148. Relazione di notificazione.
L’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante
relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale
e alla copia dell’atto.
La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia
e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure
le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, i motivi
della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità
del destinatario.
149. Notificazione a mezzo del servizio postale.
Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione
può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.
In tal caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione
sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’ufficio
postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego
raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato
all’originale.
150. Notificazione per pubblici proclami.
Quando la notificazione nei modi ordinari è sommamente difficile
per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli
tutti, il capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede [e,
in caso di procedimento davanti al pretore, il presidente del tribunale,
nella cui circoscrizione è posta la pretura,] può autorizzare,
su istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la
notificazione per pubblici proclami.
L’autorizzazione è data con decreto steso in calce all’atto
da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari ai
quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono indicati
i modi che appaiono più opportuni per portare l’atto a conoscenza
degli altri interessati.
In ogni caso, copia dell’atto è depositata nella casa comunale
del luogo in cui ha sede l’ufficio giudiziario davanti al quale si promuove
o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella
Gazzetta ufficiale della Repubblica e nel Foglio degli annunzi legali delle
province dove risiedono i destinatari o si presume che risieda la maggior
parte di essi.
La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che
è prescritto nel presente articolo, l’ufficiale giudiziario deposita
una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività
svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede.
Questa forma di notificazione non è ammessa nei procedimenti
davanti al giudice di pace.
151. Forme di notificazione ordinate dal giudice.
Il giudice può prescrivere, anche d’ufficio, con decreto steso
in calce all’atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da
quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato
con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari
o esigenze di maggiore celerità.
CAPO SECONDO
DEI TERMINI
152. Termini legali e termini giudiziari.
I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti
dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza,
soltanto se la legge lo permette espressamente.
I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge
stessa li dichiari espressamente perentori.
153. Improrogabilità dei termini perentori.
I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno
sull’accordo delle parti.
154. Prorogabilità del termine ordinatorio.
Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare,
anche d’ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza.
La proroga non può avere una durata superiore al termine originario.
Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente
gravi e con provvedimento motivato.
155. Computo dei termini.
Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o
l’ora iniziali.
Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario
comune.
I giorni festivi si computano nel termine.
Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata
di diritto al primo giorno seguente non festivo.
CAPO TERZO
DELLA NULLITÀ DEGLI ATTI
156. Rilevanza della nullità.
Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza
di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è
comminata dalla legge.
Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti
formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto
ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
157. Rilevabilità e sanatoria della nullità.
Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte,
se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito
può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito
stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto
o alla notizia di esso.
La nullità non può essere opposta dalla parte che vi
ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.
158. Nullità derivante dalla costituzione del giudice.
La nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del
giudice o all’intervento del pubblico ministero è insanabile e deve
essere rilevata d’ufficio, salva la disposizione dell’articolo 161.
159. Estensione della nullità.
La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti,
né di quelli successivi che ne sono indipendenti.
La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti
che ne sono indipendenti.
Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia
produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.
160. Nullità della notificazione.
La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni
circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è
incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva
l’applicazione degli articoli 156 e 157.
161. Nullità della sentenza.
La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per
cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo
le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione
del giudice.
162. Pronuncia sulla nullità.
Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia
possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.
Se la nullità degli atti del processo è imputabile al
cancelliere, all’ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col
provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione
a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide
la causa può condannare quest’ultimo al risarcimento dei danni causati
dalla nullità a norma dell’articolo 60, numero 2).
Libro secondo
Del processo di cognizione
TITOLO PRIMO
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE
CAPO PRIMO
DELL’INTRODUZIONE DELLA CAUSA
SEZIONE PRIMA
DELLA CITAZIONE E DELLA COSTITUZIONE DELLE PARTI
163. Contenuto della citazione.
La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario,
con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni
della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima
comparizione delle parti.
L’atto di citazione deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è
proposta;
2) il nome, il cognome e la residenza dell’attore, il nome, il cognome,
la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che
rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto
è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato,
la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione
dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti
le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende
valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura,
qualora questa sia stata già rilasciata;
7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito
al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza
indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’articolo 166, ovvero di
dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire,
nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’articolo
168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini
implica le decadenze di cui all’articolo 167.
L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’articolo 125, è
consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il
quale lo notifica a norma degli articoli 137 e seguenti.
163-bis. Termini per comparire.
Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza
di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di sessanta
giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centoventi
giorni se si trova all’estero.
Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può,
su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce dell’atto originale
e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini
indicati dal primo comma.
Se il termine assegnato dall’attore ecceda il minimo indicato dal primo
comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo,
può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la
misura di quest’ultimo termine, l’udienza per la comparizione delle parti
sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente
provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore,
almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente.
164. Nullità della citazione.
La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente
incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’articolo
163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se
è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito
dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo
163.
Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata
la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone
d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi
e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin
dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita,
il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo
si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo.
La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano
salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia,
se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza
dell’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163, il giudice
fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini.
La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta
assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 3) dell’articolo
163 ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al numero 4) dello stesso
articolo.
Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente,
fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se
il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano
ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla
rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l’udienza
ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 183 e si applica l’articolo 167.
165. Costituzione dell’attore.
L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al
convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini
a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, deve costituirsi in giudizio
a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge,
depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo
contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti
in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza
o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale.
Se la citazione è notificata a più persone, l’originale
della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima
notificazione.
166. Costituzione del convenuto.
Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente
nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza
di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima
nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo
163-bis, ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma
dell’articolo 168-bis, quinto comma, depositando in cancelleria il proprio
fascicolo contenente la comparsa di cui all’articolo 167 con la copia della
citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.
167. Comparsa di risposta.
Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue
difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della
domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti
che offre in comunicazione, formulare le conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali.
Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo
della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità,
fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme
le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione.
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella
stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.
168. Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d’ufficio.
All’atto della costituzione dell’attore o, se questi non si è
costituito, all’atto della costituzione del convenuto, su presentazione
della nota d’iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo
generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, nel
quale inserisce la nota d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione,
delle comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente,
i processi verbali di udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti d’istruzione
e la copia del dispositivo delle sentenze.
168-bis. Designazione del giudice istruttore.
Formato un fascicolo d’ufficio a norma dell’articolo precedente, il
cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale,
con decreto scritto in calce della nota d’iscrizione al ruolo, designa
il giudice istruttore davanti al quale le parti debbono comparire, se non
creda di procedere egli stesso all’istruzione. Nei tribunali divisi in
più sezioni il presidente assegna la causa ad una di esse, e il
presidente di questa provvede nelle stesse forme alla designazione del
giudice istruttore.
La designazione del giudice istruttore deve in ogni caso avvenire non
oltre il secondo giorno successivo alla costituzione della parte più
diligente.
Subito dopo la designazione del giudice istruttore il cancelliere iscrive
la causa sul ruolo della sezione, su quello del giudice istruttore e gli
trasmette il fascicolo.
Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato
non tiene udienza, la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata
all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato.
Il giudice istruttore può differire, con decreto da emettere
entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima
udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere
comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza.
169. Ritiro dei fascicoli di parte.
Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione
di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve
essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga.
Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all’atto
della rimessione della causa al collegio a norma dell’articolo 189, ma
deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa
conclusionale.
170. Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento.
Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni
si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.
È sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto anche
se il procuratore è costituito per più parti.
Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si è costituita
personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto.
Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante
deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio
documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del
visto della parte o del procuratore. Il giudice può prescrivere
per singoli atti che si segua una o altra di queste forme.
171. Ritardata costituzione delle parti.
Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si applicano
le disposizioni dell’articolo 307, primo e secondo comma.
Se una delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente
a lei assegnato, l’altra parte può costituirsi successivamente fino
alla prima udienza, ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui
all’articolo 167.
La parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata
contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell’articolo
291.
SEZIONE SECONDA
DELLA DESIGNAZIONE DEL GIUDICE ISTRUTTORE
172. Istanza per la designazione del giudice istruttore.
(Abrogato).
173. Designazione del giudice istruttore.
(Abrogato).
174. Immutabilità del giudice istruttore.
Il giudice designato è investito di tutta l’istruzione della
causa e della relazione al collegio.
Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio
può essere sostituito con decreto del presidente. La sostituzione
può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il
compimento di singoli atti.
CAPO SECONDO
DELL’ISTRUZIONE DELLA CAUSA
SEZIONE PRIMA
DEI POTERI DEL GIUDICE ISTRUTTORE IN GENERALE
175. Direzione del procedimento.
Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più
sollecito e leale svolgimento del procedimento.
Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti
debbono compiere gli atti processuali.
Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente,
si applica la disposizione dell’articolo 289.
176. Forma dei provvedimenti.
Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga
altrimenti, hanno la forma dell’ordinanza.
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti
presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori
dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni
successivi.
177. Effetti e revoca delle ordinanze.
Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione
della causa.
Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere
sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.
Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate:
1) le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della
quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice
istruttore o dal collegio, quando vi sia l’accordo di tutte le parti;
2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge;
3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo
di reclamo;
4) (abrogato).
178. Controllo del collegio sulle ordinanze.
Le parti, senza bisogno di mezzi d’impugnazione, possono proporre al
collegio, quando la causa è rimessa a questo a norma dell’articolo
189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile.
L’ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice
unico, quando dichiara l’estinzione del processo è impugnabile dalle
parti con reclamo immediato al collegio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni,
decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti
decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima.
Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale
d’udienza, o con ricorso al giudice istruttore.
Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella
stessa udienza, ove le parti lo richiedano, il termine per la comunicazione
di una memoria, e quello successivo per la comunicazione di una replica.
Se il reclamo è proposto con ricorso, questo è comunicato
a mezzo della cancelleria alle altre parti, insieme con decreto, in calce,
del giudice istruttore, che assegna un termine per la comunicazione dell’eventuale
memoria di risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i
quindici giorni successivi.
(Commi sesto, settimo ed ottavo: abrogati).
179. Ordinanze di condanna a pene pecuniarie.
Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a pene pecuniarie previste
nel presente codice sono pronunciate con ordinanza del giudice istruttore.
L’ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell’interessato e previa
contestazione dell’addebito non è impugnabile; altrimenti il cancelliere
la notifica al condannato, il quale, nel termine perentorio di tre giorni,
può proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice che l’ha pronunciata.
Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo con
ordinanza non impugnabile.
Le ordinanze di condanna previste dal presente articolo costituiscono
titolo esecutivo.
SEZIONE SECONDA
DELLA TRATTAZIONE DELLA CAUSA
180. Udienza di prima comparizione e forma della trattazione.
All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice
istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio
e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102,
secondo comma, dall’articolo 164, dall’articolo 167, dall’articolo 182
e dall’articolo 291, primo comma.
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale.
Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni
di comparse a norma dell’ultimo comma dell’articolo 170. In ogni caso fissa
a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto
un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza
per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili
d’ufficio.
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale
si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice
pronuncia in udienza.
181. Mancata comparizione delle parti.
Se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza, il giudice fissa
una udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazione alle
parti costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza,
il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della
causa dal ruolo.
Se l’attore costituito non comparisce alla prima udienza, e il convenuto
non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova
udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’attore.
Se questi non comparisce alla nuova udienza, il giudice, se il convenuto
non chiede che si proceda in assenza di lui, ordina che la causa sia cancellata
dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.
182. Difetto di rappresentanza o di autorizzazione.
Il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della
costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a
mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi.
Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione,
il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione
della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per
il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata
una decadenza.
183. Prima udienza di trattazione.
Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga
liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente,
tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato
motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma
dell’articolo 116.
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore
generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della
causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata
autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o
transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni,
dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi
del secondo comma dell’articolo 116.
Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti
necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene
opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni
che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte
dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato
a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se
l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti
possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni
già formulate.
Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore
a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni
delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte.
Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non
superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove
o modificate dell’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza
delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice
fissa l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184.
184. Deduzioni istruttorie.
Salva l’applicazione dell’articolo 187 il giudice istruttore, se ritiene
che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero,
su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro
il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di
prova, nonché altro termine per l’eventuale indicazione di prova
contraria.
I termini di cui al comma precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna
parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice,
i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi.
184-bis. Rimessione in termini.
La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa
non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa
in termini.
Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.
185. Tentativo di conciliazione.
(Comma primo: abrogato).
Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque
momento dell’istruzione.
Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della
convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.
186. Pronuncia dei provvedimenti.
Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice istruttore,
sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni;
ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni successivi.
186-bis. Ordinanza per il pagamento di somme non contestate.
Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino
al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme
non contestate dalle parti costituite.
L’ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia
in caso di estinzione del processo.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili
di cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma.
186-ter. Istanza di ingiunzione.
Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano
i presupposti di cui all’articolo 633, primo comma, numero 1), e secondo
comma, e di cui all’articolo 634, la parte può chiedere al giudice
istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione
di pagamento o di consegna.
L’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’articolo 641,
ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano
i presupposti di cui all’articolo 642, nonché, ove la controparte
non sia rimasta contumace, quelli di cui all’articolo 648, primo comma.
La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove
la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro
di lei o abbia proposto querela di falso contro l’atto pubblico.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili
di cui agli articoli 177 e 178, primo comma.
Se il processo si estingue l’ordinanza che non ne sia già munita
acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’articolo 653, primo comma.
Se la parte contro cui è pronunciata l’ingiunzione è
contumace, l’ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 644. In tal caso l’ordinanza deve altresì contenere
l’espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine
di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell’articolo
647.
L’ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione
dell’ipoteca giudiziale.
186-quater. Ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione.
Esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte
che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna
o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero
la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta
la prova. Con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali.
L’ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con
la sentenza che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si estingue, l’ordinanza
acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza.
La parte intimata può dichiarare di rinunciare alla pronuncia
della sentenza, con atto notificato all’altra parte e depositato in cancelleria.
Dalla data del deposito dell’atto notificato, l’ordinanza acquista l’efficacia
della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza.
187. Provvedimenti del giudice istruttore.
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione
di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti
davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa
separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo
quando la decisione di essa può definire il giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla
giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può
anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Qualora il collegio provveda a norma dell’articolo 279, secondo comma,
numero 4), i termini di cui all’articolo 184, non concessi prima della
rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza
di parte, nella prima udienza dinanzi a lui.
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.
188. Attività istruttoria del giudice.
Il giudice istruttore provvede all’assunzione dei mezzi di prova e,
esaurita l’istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a
norma dell’articolo seguente.
189. Rimessione al collegio.
Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma
dei primi tre commi dell’articolo 187 o dell’articolo 188, invita le parti
a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio
stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma
dell’articolo 183. Le conclusioni di merito debbono essere interamente
formulate anche nei casi previsti dall’articolo 187, secondo e terzo comma.
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene
a norma dell’articolo 187, secondo e terzo comma.
190. Comparse conclusionali e memorie.
Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine
perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio
e le memorie di replica entro i venti giorni successivi.
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore,
quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più
breve, comunque non inferiore a venti giorni.
190-bis. Decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico.
(Abrogato).
SEZIONE TERZA
DELL’ISTRUZIONE PROBATORIA
§ 1
DELLA NOMINA E DELLE INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO
191. Nomina del consulente tecnico.
Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore,
con l’ordinanza prevista nell’articolo 187, ultimo comma (1), o con altra
successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l’udienza nella quale
questi deve comparire.
Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave
necessità o quando la legge espressamente lo dispone.
———
(1) Vedi ora il quarto comma.
192. Astensione e ricusazione del consulente.
L’ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere,
con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice.
Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che,
obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia
o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza
di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro
istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice
istruttore.
Questi provvede con ordinanza non impugnabile.
193. Giuramento del consulente.
All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente
l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve
il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al
solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.
194. Attività del consulente.
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato
dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria,
le indagini di cui all’articolo 62, da sé solo o insieme col giudice
secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti
alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi
e rilievi.
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da
sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona
e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare
al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.
195. Processo verbale e relazione.
Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono
compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può
anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente
deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le
istanze delle parti.
La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che
il giudice fissa.
196. Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente.
Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione
delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico.
197. Assistenza all’udienza e audizione in camera di consiglio.
Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico
ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo
parere in camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono
chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori.
198. Esame contabile.
Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri,
il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico,
affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti.
Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può
esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia
senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi
verbali o nella relazione di cui all’articolo 195.
199. Processo verbale di conciliazione.
Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione,
che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito
nel fascicolo d’ufficio.
Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo
al processo verbale
200. Mancata conciliazione.
Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i
risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che
deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.
Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella relazione,
possono essere valutate dal giudice a norma dell’articolo 116, secondo
comma.
201. Consulente tecnico di parte.
Il giudice istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna
alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione
ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico.
Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’articolo
194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e
alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del
giudice, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente,
le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.
§ 2
DELL’ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA IN GENERALE
202. Tempo, luogo e modo dell’assunzione.
Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può
assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo
dell’assunzione.
Se questa non si esaurisce nell’udienza fissata, il giudice ne differisce
la prosecuzione ad un giorno prossimo.
203. Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale.
Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del
tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il giudice istruttore
del luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente
del tribunale consenta che vi si trasferisca il giudice stesso.
Nell’ordinanza di delega, il giudice delegante fissa il termine entro
il quale la prova deve assumersi e l’udienza di comparizione delle parti
per la prosecuzione del giudizio.
Il giudice delegato, su istanza della parte interessata, procede all’assunzione
del mezzo di prova e d’ufficio ne rimette il processo verbale al giudice
delegante prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio,
anche se l’assunzione non è esaurita.
Le parti possono rivolgere al giudice delegante, direttamente o a mezzo
del giudice delegato, istanza per la proroga del termine.
204. Rogatorie alle autorità estere e ai consoli italiani.
Le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l’esecuzione
di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica.
Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all’estero,
il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma
della legge consolare.
Per l’assunzione dei mezzi di prova e la prosecuzione del giudizio
il giudice pronuncia i provvedimenti previsti negli ultimi tre commi dell’articolo
precedente.
205. Risoluzione degli incidenti relativi alla prova.
Il giudice che procede all’assunzione dei mezzi di prova, anche se
delegato a norma dell’articolo 203, pronuncia con ordinanza su tutte le
questioni che sorgono nel corso della stessa.
206. Assistenza delle parti all’assunzione.
Le parti possono assistere personalmente all’assunzione dei mezzi di
prova.
207. Processo verbale dell’assunzione.
Dell’assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto
la direzione del giudice.
Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima
persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.
Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni
descrive il contegno della parte e del testimone.
208. Decadenza dall’assunzione.
Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o
proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto
di farla assumere, salvo che l’altra parte presente non ne chieda l’assunzione.
La parte interessata può chiedere nell’udienza successiva al
giudice la revoca dell’ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal
diritto di assumere la prova. Il giudice dispone la revoca con ordinanza,
quando riconosce che la mancata comparizione è stata cagionata da
causa non imputabile alla stessa parte.
209. Chiusura dell’assunzione.
Il giudice istruttore dichiara chiusa l’assunzione quando sono eseguiti
i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui all’articolo precedente,
non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua,
per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione.
§ 3
DELL’ESIBIZIONE DELLE PROVE
210. Ordine di esibizione alla parte o al terzo.
Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma
dell’articolo 118 l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un
terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare
all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra
cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo.
Nell’ordinare l’esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni
circa il tempo, il luogo e il modo dell’esibizione.
Se l’esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso
anticipata dalla parte che ha proposto l’istanza di esibizione.
211. Tutela dei diritti del terzo.
Quando l’esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore
deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l’interesse della
giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di ordinare
l’esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando
alla parte istante un termine per provvedervi.
Il terzo può sempre fare opposizione contro l’ordinanza di esibizione,
intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli.
212. Esibizione di copia del documento e dei libri di commercio.
Il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione dell’originale,
si esibisca una copia anche fotografica o un estratto autentico del documento.
Nell’ordinare l’esibizione di libri di commercio o di registri al fine
di estrarne determinate partite, il giudice, su istanza dell’interessato,
può disporre che siano prodotti estratti, per la formazione dei
quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinché lo
assista.
213. Richiesta d’informazioni alla pubblica amministrazione.
Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può
richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte
relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è
necessario acquisire al processo.
§ 4
DEL RICONOSCIMENTO E DELLA VERIFICAZIONE DELLA SCRITTURA PRIVATA
214. Disconoscimento della scrittura privata.
Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende
disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura
o la propria sottoscrizione.
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere
la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
215. Riconoscimento tacito della scrittura privata.
La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro
la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell’articolo
293, terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla
nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.
Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta
in copia autentica, il giudice istruttore può concedere un termine
per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al numero 2).
216. Istanza di verificazione.
La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne
la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo
o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
L’istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale
con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto
riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore.
217. Custodia della scrittura e provvedimenti istruttori.
Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone
le cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il termine
per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina,
quando occorre, un consulente tecnico e provvede all’ammissione delle altre
prove.
Nel determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il
giudice ammette, in mancanza di accordo delle parti, quelle la cui provenienza
dalla persona che si afferma autrice della scrittura è riconosciuta
oppure accertata per sentenza di giudice o per atto pubblico.
218. Scritture di comparazione presso depositari.
Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari pubblici
o privati e l’asportazione non ne è vietata, il giudice istruttore
può disporne il deposito in cancelleria in un termine da lui fissato.
Se la comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le scritture,
il giudice dà le disposizioni necessarie per le operazioni, che
debbono compiersi in presenza del depositario.
219. Redazione di scritture di comparazione.
Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto
dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico.
Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta
di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere
riconosciuta.
220. Pronuncia del collegio.
Sull’istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio.
Il collegio, nella sentenza che dichiara la scrittura o la sottoscrizione
di mano della parte che l’ha negata, può condannare quest’ultima
a una pena pecuniaria non inferiore a lire quattromila e non superiore
a lire quarantamila.
§ 5
DELLA QUERELA DI FALSO
221. Modo di proposizione e contenuto della querela.
La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto
in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finché
la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata
in giudicato.
La querela deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione
degli elementi e delle prove della falsità, e deve essere proposta
personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto
di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d’udienza.
È obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero.
222. Interpello della parte che ha prodotto la scrittura.
Quando è proposta querela di falso in corso di causa, il giudice
istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende
valersene in giudizio. Se la risposta è negativa, il documento non
è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice, che
ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela
nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi istruttori che
ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro assunzione.
223. Processo verbale di deposito del documento.
Nell’udienza in cui è presentata la querela, si forma processo
verbale di deposito nelle mani del cancelliere del documento impugnato.
Il processo verbale è redatto in presenza del pubblico ministero
e delle parti, e deve contenere la descrizione dello stato in cui il documento
si trova, con indicazione delle cancellature, abrasioni, aggiunte, scritture
interlineari e di ogni altra particolarità che vi si riscontra.
Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere appongono
la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che di esso
sia fatta copia fotografica.
224. Sequestro del documento.
Se il documento impugnato di falso si trova presso un depositario,
il giudice istruttore può ordinarne il sequestro con le forme previste
nel codice di procedura penale, dopo di che si redige il processo verbale
di cui all’articolo precedente.
Se non è possibile il deposito del documento in cancelleria,
il giudice dispone le necessarie cautele per la conservazione di esso e
redige il processo verbale alla presenza del depositario, nel luogo dove
il documento si trova.
225. Decisione sulla querela.
Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio.
Il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per
la decisione sulla querela indipendentemente dal merito. In tal caso, su
istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa continui
davanti a sé relativamente a quelle domande che possono essere decise
indipendentemente dal documento impugnato.
226. Contenuto della sentenza.
Il collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina
la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere, sia
fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene
luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena pecuniaria non inferiore
a lire quattromila e non superiore a lire quarantamila.
Con la sentenza che accerta la falsità il collegio, anche d’ufficio,
dà le disposizioni di cui all’articolo 480 del codice di procedura
penale (1).
———
(1) Vedi ora l’articolo 537 nuovo c.p.p..
227. Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela.
L’esecuzione delle sentenze previste nell’articolo precedente non può
aver luogo prima che siano passate in giudicato.
Se non è richiesta dalle parti, l’esecuzione è promossa
dal pubblico ministero a spese del soccombente con l’osservanza, in quanto
applicabili, delle norme dell’articolo 481 del codice di procedura penale
(1).
———
(1) Vedi ora l’articolo 675 nuovo c.p.p..
§ 6
DELLA CONFESSIONE GIUDIZIALE E DELL’INTERROGATORIO FORMALE
228. Confessione giudiziale.
La confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio
formale.
229. Confessione spontanea.
La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto
processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell’articolo
117.
230. Modo dell’interrogatorio.
L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei
modi e termini stabiliti nell’ordinanza che l’ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei
capitoli, a eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il
giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti
opportuni sulle risposte date.
231. Risposta.
La parte interrogata deve rispondere personalmente. Essa non può
servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può consentirle
di valersi di note o appunti, quando deve fare riferimento a nomi o a cifre,
o quando particolari circostanze lo consigliano.
232. Mancata risposta.
Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato
motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può
ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio.
Il giudice istruttore, che riconosce giustificata la mancata presentazione
della parte per rispondere all’interrogatorio, dispone per l’assunzione
di esso anche fuori della sede giudiziaria.
§ 7
DEL GIURAMENTO
233. Deferimento del giuramento decisorio.
Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato
della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all’udienza
dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto
dalla parte.
Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico.
234. Riferimento.
Finché non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte,
alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può
riferirlo all’avversario nei limiti fissati dal codice civile.
235. Irrevocabilità.
La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio, non può
più revocarlo quando l’avversario ha dichiarato di essere pronto
a prestarlo.
236. Caso di revocabilità.
Se nell’ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula
proposta dalla parte, questa può revocarlo.
237. Risoluzione delle contestazioni.
Le contestazioni sorte tra le parti circa l’ammissione del giuramento
decisorio sono decise dal collegio.
L’ordinanza del collegio che ammette il giuramento deve essere notificata
personalmente alla parte.
238. Prestazione (1).
Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte
ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante
sull’importanza religiosa e morale dell’atto e sulle conseguenze penali
delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare.
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: "consapevole
della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli
uomini, giuro...", e continua ripetendo le parole della formula su cui
giura.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 8 ottobre 1996, n. 334 (in
Rivista delle Cancellerie, 1996, 565) ha dichiarato: a) l’illegittimità
costituzionale del primo comma, seconda proposizione, di questo articolo,
limitatamente alle parole "religiosa e"; b) l’illegittimità costituzionale
del secondo comma di questo articolo limitatamente alle parole "davanti
a Dio e agli uomini".
239. Mancata prestazione.
La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non
si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o,
comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all’avversario, soccombe
rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento
è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta
di prestare il giuramento che le è riferito.
Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione
della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell’articolo
232, secondo comma.
240. Deferimento del giuramento suppletorio.
Nelle cause riservate alla decisione collegiale, il giuramento suppletorio
può essere deferito esclusivamente dal collegio.
241. Ammissibilità e contenuto del giuramento d’estimazione.
Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito
dal collegio a una delle parti, soltanto se non è possibile accertare
altrimenti il valore della cosa stessa. In questo caso il collegio deve
anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento
avrà efficacia.
242. Divieto di riferire il giuramento suppletorio.
Il giuramento deferito d’ufficio a una delle parti non può da
questa essere riferito all’altra.
243. Rinvio alle norme sul giuramento decisorio.
Per la prestazione del giuramento deferito d’ufficio si applicano le
disposizioni relative al giuramento decisorio.
§ 8
DELLA PROVA PER TESTIMONI
244. Modo di deduzione.
La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica
delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati,
sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata.
(Commi secondo e terzo: abrogati).
245. Ordinanza di ammissione.
Con l’ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le
liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono
essere sentiti per legge.
La rinuncia fatta da una parte all’audizione dei testimoni da essa
indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non
vi consente.
246. Incapacità a testimoniare.
Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa
un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
247. Divieto di testimoniare (1).
Non possono deporre il coniuge ancorché separato, i parenti
o affini in linea retta e coloro che sono legati a una delle parti da vincoli
di affiliazione, salvo che la causa verta su questioni di stato, di separazione
personale o relative a rapporti di famiglia.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 23 luglio 1974, n. 248 (in
Rivista delle Cancellerie, 1974, 283) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo.
248. Audizione dei minori degli anni quattordici (1).
I minori degli anni quattordici possono essere sentiti solo quando
la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze.
Essi non prestano giuramento.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 11 giugno 1975, n. 139 (in
Rivista delle Cancellerie, 1976, 263) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo.
249. Facoltà d’astensione.
Si applicano all’audizione dei testimoni le disposizioni degli articoli
351 e 352 del codice di procedura penale (1) relative alla facoltà
d’astensione dei testimoni.
———
(1) Vedi ora gli articoli 199 e seguenti nuovo c.p.p..
250. Intimazione ai testimoni.
L’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima
ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel
giorno e nell’ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la
causa nella quale debbono essere sentiti.
251. Giuramento dei testimoni.
I testimoni sono esaminati separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa
e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni
false o reticenti e legge la formula "consapevole della responsabilità
che con il giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di
dire la verità, null’altro che la verità". Quindi il testimone,
in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: "lo giuro" (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 10 ottobre 1979, n. 117 (in
Rivista delle Cancellerie, 1979, 290) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui, dopo le parole "il giudice
istruttore ammonisce il testimone sull’importanza religiosa..." e dopo
le parole "consapevole della responsabilità che con il giuramento
assumete davanti a Dio..." non è contenuto l’inciso "se credente".
Successivamente la Corte con sentenza 5 maggio 1995, n. 149 (in Rivista
delle Cancellerie, 1995, 336) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo comma: a) nella parte in cui prevede che il giudice istruttore
"ammonisce il testimone sull’importanza religiosa, se credente, e morale
del giuramento e sulle", anziché stabilire che il giudice istruttore
"avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità e delle"; b)
nella parte in cui prevede che il giudice istruttore "legge la formula:
"consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete
davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la verità,
null’altro che la verità"", anziché stabilire che il giudice
istruttore "lo invita a rendere la seguente dichiarazione: "consapevole
della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione,
mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto
è a mia conoscenza""; c) nella parte in cui prevede: "quindi il
testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: "lo giuro"".
252. Identificazione dei testimoni.
Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, il
luogo, la data di nascita e la professione, lo invita a dichiarare se ha
rapporti di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna
delle parti, oppure interesse nella causa.
Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del testimone,
e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni
e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell’audizione
del testimone.
253. Interrogazioni e risposte.
Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali
è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d’ufficio
o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i
fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare
direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell’articolo
231.
254. Confronto dei testimoni.
Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni,
il giudice istruttore, su istanza di parte o d’ufficio, può disporre
che essi siano messi a confronto.
255. Mancata comparizione dei testimoni.
Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore
può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento
all’udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo
condanna a una pena pecuniaria non inferiore a lire quattromila e non superiore
a lire diecimila, oltre che alle spese causate dalla mancata presentazione.
Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o
ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il
giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono
situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all’esame il giudice
istruttore del luogo.
256. Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza.
Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza
giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia
detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo
denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale.
257. Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell’esame.
Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti,
ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d’ufficio che
esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni
dei quali ha ritenuto l’audizione superflua a norma dell’articolo 245 o
dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che
siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine
di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi
nel precedente esame.
§ 9
DELLE ISPEZIONI, DELLE RIPRODUZIONI MECCANICHE E DEGLI ESPERIMENTI
258. Ordinanza d’ispezione.
L’ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è
disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il
modo dell’ispezione.
259. Modo dell’ispezione.
All’ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito,
quando occorre, da un consulente tecnico, anche se l’ispezione deve eseguirsi
fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio
gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il giudice
istruttore del luogo a norma dell’articolo 203.
260. Ispezione corporale.
Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all’ispezione
corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico.
All’ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a
garantire il rispetto della persona.
261. Riproduzioni, copie ed esperimenti.
Il giudice istruttore può disporre che siano eseguiti rilievi,
calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e luoghi,
e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono
l’impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato
in un dato modo, il giudice può ordinare di procedere alla riproduzione
del fatto stesso, facendone eventualmente eseguire la rilevazione fotografica
o cinematografica.
Il giudice presiede all’esperimento e, quando occorre, ne affida l’esecuzione
a un esperto che presta giuramento a norma dell’articolo 193.
262. Poteri del giudice istruttore.
Nel corso dell’ispezione o dell’esperimento il giudice istruttore può
sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per
l’esibizione della cosa o per accedere alla località.
Può anche disporre l’accesso in luoghi appartenenti a persone
estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo
in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi.
§ 10
DEL RENDIMENTO DEI CONTI
263. Presentazione e accettazione del conto.
Se il giudice ordina la presentazione di un conto questo deve essere
depositato in cancelleria con i documenti giustificativi, almeno cinque
giorni prima dell’udienza fissata per la discussione di esso.
Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne dà atto
nel processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano dovute.
L’ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo.
264. Impugnazione e discussione.
La parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende
contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il giudice istruttore
fissa un’udienza per tale scopo.
Se le parti, in seguito alla discussione, concordano nel risultato
del conto, il giudice provvede a norma del secondo comma dell’articolo
precedente.
In ogni caso il giudice può disporre, con ordinanza non impugnabile,
il pagamento del sopravanzo che risulta dal conto o dalla discussione dello
stesso.
265. Giuramento.
Il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento
le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta
o rimane contumace. Si applica in tal caso la disposizione dell’articolo
241.
Il collegio può altresì ordinare a chi rende il conto
di asseverare con giuramento le partite per le quali non si può
o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza
giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.
266. Revisione del conto approvato.
La revisione del conto che la parte ha approvato può essere
chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale,
omissione, falsità o duplicazione di partite.
SEZIONE QUARTA
DELL’INTERVENTO DI TERZI E DELLA RIUNIONE DI PROCEDIMENTI
§ 1
DELL’INTERVENTO DI TERZI
267. Costituzione del terzo interveniente.
Per intervenire nel processo a norma dell’articolo 105, il terzo deve
costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa
formata a norma dell’articolo 167 con le copie per le altre parti, i documenti
e la procura.
Il cancelliere dà notizia dell’intervento alle altre parti,
se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza.
268. Termine per l’intervento.
L’intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate
le conclusioni.
Il terzo non può compiere atti che al momento dell’intervento
non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca
volontariamente per l’integrazione necessaria del contraddittorio.
269. Chiamata di un terzo in causa.
Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 106, la
parte provvede mediante citazione a comparire nell’udienza fissata dal
giudice istruttore ai sensi del presente articolo, osservati i termini
dell’articolo 163-bis.
Il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di
decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente
chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo
scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo
163-bis. Il giudice istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede
con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è
comunicato dal cancelliere alle parti costituite. La citazione è
notificata al terzo a cura del convenuto.
Ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di
risposta, sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo,
l’attore deve, a pena di decadenza, chiederne l’autorizzazione al giudice
istruttore nella prima udienza. Il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione,
fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo
nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. La citazione è notificata
al terzo a cura dell’attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione
notificata entro il termine previsto dall’articolo 165, e il terzo deve
costituirsi a norma dell’articolo 166.
Nell’ipotesi prevista dal terzo comma, restano ferme per le parti le
preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma il termine
eventuale di cui all’ultimo comma dell’articolo 183 è fissato dal
giudice istruttore nella udienza di comparizione del terzo, e i termini
di cui all’articolo 184 decorrono con riferimento alla udienza successiva
a quella di comparizione del terzo.
270. Chiamata di un terzo per ordine del giudice.
La chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 107 può
essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per una udienza
che all’uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice
istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della
causa dal ruolo.
271. Costituzione del terzo chiamato (1).
Al terzo si applicano, con riferimento all’udienza per la quale è
citato, le disposizioni degli articoli 166 e 167, primo comma. Se intende
chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne dichiarazione a pena
di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice
ai sensi del terzo comma dell’articolo 269.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 23 luglio 1997, n. 260 (in
Rivista delle Cancellerie, 1997, 559) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede per il
terzo chiamato in causa l’applicazione del secondo comma del precedente
articolo 167.
272. Decisione delle questioni relative all’intervento.
Le questioni relative all’intervento sono decise dal collegio insieme
col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell’articolo
187, secondo comma.
§ 2
DELLA RIUNIONE DEI PROCEDIMENTI
273. Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa.
Se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti
allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, ne ordina la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che
per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra
sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite
le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando
il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire.
274. Riunione di procedimenti relativi a cause connesse.
Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti
allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che
per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti
ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il
quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate
alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione
per i provvedimenti opportuni.
274-bis. Rapporti tra collegio e giudice istruttore in funzione di
giudice unico.
(Abrogato).
CAPO TERZO
DELLA DECISIONE DELLA CAUSA
275. Decisione del collegio.
Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in cancelleria
entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle
memorie di replica di cui all’articolo 190.
Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere
che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo
restando il rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito
delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente
del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di
replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data
dell’udienza di discussione, da tenersi entro sessanta giorni.
Nell’udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa.
Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione; la
sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
276. Deliberazione.
La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio.
Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla
discussione.
Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente
le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio
e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare
è il relatore, quindi l’altro giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non
si forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti
due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa
e quella eventualmente restante, e così successivamente finché
le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo.
La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente
non creda di stenderla egli stesso o affidarla all’altro giudice.
277. Pronuncia sul merito.
Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande
proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso
la causa a norma dell’articolo 187, primo comma, può limitare la
decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia
necessaria un’ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione
è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza.
278. Condanna generica. Provvisionale.
Quando è già accertata la sussistenza di un diritto,
ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta,
il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con
sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza
che il processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza
di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento
di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene
già raggiunta la prova.
279. Forma dei provvedimenti del collegio.
Il collegio quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione
della causa, senza definire il giudizio, pronuncia ordinanza.
Il collegio pronuncia sentenza:
1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione
o di competenza;
2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali
attinenti al processo o questioni preliminari di merito;
3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;
4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1), 2)
e 3), non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per
l’ulteriore istruzione della causa;
5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103,
secondo comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino
a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione
delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero
la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza.
I provvedimenti per l’ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4)
e 5), sono dati con separata ordinanza.
I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque
motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo
che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo
stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti
per le sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive.
Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle
sentenze previste dal numero 4) del secondo comma, il giudice istruttore,
su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell’ordinanza
collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata,
può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la
prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione
del giudizio di appello.
L’ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza.
280. Contenuto e disciplina dell’ordinanza del collegio.
Con la sua ordinanza il collegio fissa l’udienza per la comparizione
delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sé nel caso
previsto nell’articolo seguente.
Il cancelliere inserisce l’ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne
dà tempestiva comunicazione alle parti a norma dell’articolo 176,
secondo comma.
Per effetto dell’ordinanza il giudice istruttore è investito
di tutti i poteri per l’ulteriore trattazione della causa.
281. Rinnovazione di prove davanti al collegio.
Quando ne ravvisa la necessità, il collegio, anche d’ufficio,
può disporre la riassunzione davanti a sé di uno o più
mezzi di prova.
CAPO TERZO-BIS
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
281-bis. Norme applicabili.
Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica si
osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dei capi precedenti,
ove non derogate dalle disposizioni del presente capo.
281-ter. Poteri istruttori del giudice.
Il giudice può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone
i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite
a persone che appaiono in grado di conoscere la verità.
281-quater. Decisione del tribunale in composizione monocratica.
Le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica
sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice designato a norma
dell’articolo 168-bis o dell’articolo 484, secondo comma.
281-quinquies. Decisione a seguito di trattazione scritta o mista.
Il giudice, fatte precisare le conclusioni a norma dell’articolo 189,
dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica
a norma dell’articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria
entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie
di replica.
Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio delle
sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190, fissa l’udienza
di discussione orale non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine
per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata
entro i trenta giorni successivi all’udienza di discussione.
281-sexies. Decisione a seguito di trattazione orale.
Se non dispone a norma dell’articolo 281-quinquies, il giudice, fatte
precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della
causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva
e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del
dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
della decisione.
In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione
da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente
depositata in cancelleria.
CAPO TERZO-TER
DEI RAPPORTI TRA COLLEGIO E GIUDICE MONOCRATICO
281-septies. Rimessione della causa al giudice monocratico.
Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per
la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica,
rimette la causa davanti al giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile
perché provveda, quale giudice monocratico, a norma degli articoli
281-quater, 281-quinquies e 281-sexies.
281-octies. Rimessione della causa al tribunale in composizione collegiale.
Il giudice, quando rileva che una causa, riservata per la decisione
davanti a sé in funzione di giudice monocratico, deve essere decisa
dal tribunale in composizione collegiale, provvede a norma degli articoli
187, 188 e 189.
281-nonies. Connessione.
In caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale
in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale
in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione
e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, a norma dell’articolo 189, al
collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la
separazione a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 5).
CAPO QUARTO
DELL’ESECUTORIETÀ E DELLA NOTIFICAZIONE DELLE SENTENZE
282. Esecuzione provvisoria.
La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra
le parti.
283. Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello.
Il giudice d’appello su istanza di parte, proposta con l’impugnazione
principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende
in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza
impugnata.
284. Concessione o revoca dell’esecuzione provvisoria relativa a sentenze
parziali.
(Abrogato).
285. Modo di notificazione della sentenza.
La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine
per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’articolo 170,
primo e terzo comma.
286. Notificazione nel caso d’interruzione.
Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei
casi previsti nell’articolo 299, la notificazione della sentenza si può
fare, anche a norma dell’articolo 303, secondo comma, a coloro ai quali
spetta stare in giudizio.
Se si è avverato uno dei casi previsti nell’articolo 301, la
notificazione si fa alla parte personalmente.
CAPO QUINTO
DELLA CORREZIONE DELLE SENTENZE E DELLE ORDINANZE
287. Casi di correzione.
Le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le ordinanze
non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso
giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o
in errori materiali o di calcolo.
288. Procedimento di correzione.
Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il
giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da
notificarsi insieme col ricorso a norma dell’articolo 170, primo e terzo
comma, fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a
lui. Sull’istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata
sull’originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla
pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre
parti personalmente.
Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette
nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata
l’ordinanza di correzione.
289. Integrazione dei provvedimenti istruttori.
I provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione dell’udienza
successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti
processuali, possono essere integrati, su istanza di parte o d’ufficio,
entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti
furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se
prescritte.
L’integrazione è disposta dal presidente del collegio nel caso
di provvedimento collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi,
con decreto che è comunicato a tutte le parti a cura del cancelliere.
CAPO SESTO
DEL PROCEDIMENTO IN CONTUMACIA
290. Contumacia dell’attore.
Nel dichiarare la contumacia dell’attore a norma dell’articolo 171,
ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa richiesta, ordina
che sia proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste nell’articolo
187, altrimenti dispone che la causa sia cancellata dal ruolo, e il processo
si estingue.
291. Contumacia del convenuto.
Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un
vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa
all’attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce
ogni decadenza.
Se il convenuto non si costituisce neppure all’udienza fissata a norma
del comma precedente, il giudice provvede a norma dell’articolo 171, ultimo
comma.
Se l’ordine di rinnovazione della citazione di cui al primo comma non
è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo
e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo.
292. Notificazione e comunicazione di atti al contumace (1).
L’ordinanza che ammette l’interrogatorio o il giuramento, e le comparse
contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate
personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa
con ordinanza (2).
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria
e con l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 28 novembre 1986, n. 250 (in
Rivista delle Cancellerie, 1987, 45) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede la notificazione
al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della
scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore
e al conciliatore.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 6 giugno 1989, n. 317 (in
Rivista delle Cancellerie, 1989, 403) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui non prevede la notificazione
al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della
scrittura privata non indicata in atti notificati in precedenza.
293. Costituzione del contumace.
La parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi
in ogni momento del procedimento fino all’udienza in cui la causa è
rimessa al collegio a norma dell’articolo 189.
La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa,
della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all’udienza.
In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere,
nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore,
le scritture contro di lui prodotte.
294. Rimessione in termini.
Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore
di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse,
se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione
gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione
è stata impedita da causa a lui non imputabile.
Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando
occorre, la prova dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione
in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con
ordinanza.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche se il contumace
che si costituisce intende svolgere, senza il consenso delle altre parti,
attività difensive che producono ritardo nella rimessione al collegio
della causa che sia già matura per la decisione rispetto alle parti
già costituite.
CAPO SETTIMO
DELLA SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO
SEZIONE PRIMA
DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO
295. Sospensione necessaria.
Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui
egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui
definizione dipende la decisione della causa.
296. Sospensione su istanza delle parti.
Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre
che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a quattro
mesi.
297. Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione.
Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l’udienza
in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione
entro il termine perentorio di sei mesi [dalla cessazione della causa di
sospensione di cui all’articolo 3 del codice di procedura penale] o dal
passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile
o amministrativa di cui all’articolo 295 (1).
Nell’ipotesi dell’articolo precedente l’istanza deve essere proposta
dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.
L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza,
al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l’udienza, è notificato a
cura dell’istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 4 marzo 1970, n. 34 (in Rivista
delle Cancellerie, 1970, 145) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo comma nella parte in cui dispone la decorrenza del termine utile
per la richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione della
causa di sospensione anziché dalla conoscenza che ne abbiano le
parti del processo sospeso.
298. Effetti della sospensione.
Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento.
La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano
a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di
sospensione o nel decreto di cui all’articolo precedente.
SEZIONE SECONDA
DELL’INTERRUZIONE DEL PROCESSO
299. Morte o perdita della capacità prima della costituzione.
Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al
giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della capacità
di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale
o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto,
salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente,
oppure l’altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini
di cui all’articolo 163-bis.
300. Morte o perdita della capacità della parte costituita o
del contumace (1).
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera
nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore,
questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è
interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione
a norma dell’articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è
interrotto al momento dell’evento.
Se questo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è
interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato
o è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione
di uno dei provvedimenti di cui all’articolo 292.
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera
o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio,
esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell’istruzione.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 16 ottobre 1986, n. 220 (in
Rivista delle Cancellerie, 1987, 45) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede, ove emerga
una situazione di scomparsa del convenuto, l’interruzione del processo
e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero
perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti l’attore
debba riassumere il giudizio.
301. Morte o impedimento del procuratore.
Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo
è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del
procuratore stesso.
In tal caso si applica la disposizione dell’articolo 299.
Non sono cause d’interruzione la revoca della procura o la rinuncia
ad essa.
302. Prosecuzione del processo.
Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per proseguire
il processo può avvenire all’udienza o a norma dell’articolo 166.
Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con
ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale
la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle
altre parti a cura dell’istante.
303. Riassunzione del processo.
Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo precedente,
l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando
quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo.
In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi
della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può
essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo
domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche
ad esse.
Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza
fissata, si procede in sua contumacia.
304. Effetti dell’interruzione.
In caso d’interruzione del processo si applica la disposizione dell’articolo
298.
305. Mancata prosecuzione o riassunzione (1).
Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio
di sei mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 15 dicembre 1967, n. 139 (in
Rivista delle Cancellerie, 1968, 54) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui fa decorrere dalla
data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione
o la sua riassunzione, anche nei casi regolati dal precedente articolo
301. Successivamente la Corte con sentenza 6 luglio 1971, n. 159 (in Rivista
delle Cancellerie, 1971, 232) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo articolo nella parte in cui dispone che il termine utile per
la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi
dei precedenti articoli 299 e 300, terzo comma, decorre dall’interruzione
anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
SEZIONE TERZA
DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
306. Rinuncia agli atti del giudizio.
Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando
questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse
alla prosecuzione. L’accettazione non è efficace se contiene riserve
o condizioni.
Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti
o da loro procuratori speciali, verbalmente all’udienza o con atti sottoscritti
e notificati alle altre parti.
Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara
l’estinzione del processo.
Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso
accordo tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice
istruttore con ordinanza non impugnabile.
307. Estinzione del processo per inattività delle parti.
Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi
costituita entro il termine stabilito dall’articolo 166, ovvero, se, dopo
la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge,
abbia ordinata la cancellazione della causa dal ruolo, il processo, salvo
il disposto del secondo comma dell’articolo 181 e dell’articolo 290, deve
essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di
un anno, che decorre rispettivamente dalla scadenza del termine per la
costituzione del convenuto a norma dell’articolo 166, o dalla data del
provvedimento di cancellazione; altrimenti il processo si estingue.
Il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si estingue
se nessuna delle parti siasi costituita, ovvero se nei casi previsti dalla
legge il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo.
Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e salvo diverse disposizioni
di legge, il processo si estingue altresì qualora le parti alle
quali spetta di rinnovare la citazione, o di proseguire, riassumere o integrare
il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito
dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo.
Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può
essere inferiore ad un mese né superiore a sei.
L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte
interessata prima di ogni altra sua difesa. Essa è dichiarata con
ordinanza del giudice istruttore, ovvero con sentenza del collegio, se
dinanzi a questo venga eccepita.
308. Comunicazione e impugnabilità dell’ordinanza.
L’ordinanza che dichiara l’estinzione è comunicata a cura del
cancelliere se è pronunciata fuori dell’udienza. Contro di essa
è ammesso reclamo nei modi di cui all’articolo 178, commi terzo,
quarto e quinto.
Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge
il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l’accoglie.
309. Mancata comparizione all’udienza.
Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all’udienza,
il giudice provvede a norma del primo comma dell’articolo 181.
310. Effetti dell’estinzione del processo.
L’estinzione del processo non estingue l’azione.
L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze
di merito pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano la competenza.
Le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell’articolo 116,
secondo comma.
Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno
anticipate.
TITOLO SECONDO
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
311. Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale.
Il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che
non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni,
è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale
in composizione monocratica, in quanto applicabili.
312. Poteri istruttori del giudice.
(Abrogato).
313. Querela di falso.
Se è proposta querela di falso, [il pretore o] il giudice di
pace, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione,
sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo
procedimento. Può anche disporre a norma dell’articolo 225, secondo
comma.
314. Decisione a seguito di trattazione scritta.
(Abrogato).
315. Decisione a seguito di discussione orale.
(Abrogato).
316. Forma della domanda.
Davanti al giudice di pace la domanda si propone mediante citazione
a comparire a udienza fissa.
La domanda si può anche proporre verbalmente. Di essa il giudice
di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore, è
notificato con citazione a comparire a udienza fissa.
317. Rappresentanza davanti al giudice di pace.
Davanti al giudice di pace le parti possono farsi rappresentare da
persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato,
salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale.
Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a
conciliare.
318. Contenuto della domanda.
La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l’indicazione
del giudice e delle parti, l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto
(1).
Tra il giorno della notificazione di cui all’articolo 316 e quello
della comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli
previsti dall’articolo 163-bis, ridotti alla metà.
Se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene
udienza, la comparizione è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente
successiva.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 22 aprile 1997, n. 110 (in
Rivista delle Cancellerie, 1997, 259) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui non prevede che l’atto
introduttivo del giudizio dinanzi al giudice di pace debba contenere l’indicazione
della scrittura privata che l’attore offre in comunicazione.
319. Costituzione delle parti.
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o
il processo verbale di cui all’articolo 316 con la relazione della notificazione
e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice
in udienza.
Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto
domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio del giudice di pace, debbono
farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della
costituzione.
320. Trattazione della causa.
Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti
e tenta la conciliazione.
Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell’articolo
185, ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le parti
a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle
domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi
di prova da assumere.
Quando sia reso necessario dalle attività svolte dalle parti
in prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova
udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova.
I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo
di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio.
321. Decisione.
Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione,
invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa.
La sentenza è depositata in cancelleria entro quindici giorni
dalla discussione.
322. Conciliazione in sede non contenziosa.
L’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta
anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo
le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro primo.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce
titolo esecutivo a norma dell’articolo 185, ultimo comma, se la controversia
rientra nella competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata
riconosciuta in giudizio.
TITOLO TERZO
DELLE IMPUGNAZIONI
CAPO PRIMO
DELLE IMPUGNAZIONI IN GENERALE
323. Mezzi di impugnazione.
I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza
nei casi previsti dalla legge, sono: l’appello, il ricorso per cassazione,
la revocazione e l’opposizione di terzo.
324. Cosa giudicata formale.
Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più
soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né
a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai
numeri 4) e 5) dell’articolo 395.
325. Termini per le impugnazioni.
Il termine per proporre l’appello, la revocazione e l’opposizione di
terzo di cui all’articolo 404, secondo comma, è di trenta giorni.
È anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione
e l’opposizione di terzo sopra menzionata contro la sentenza delle corti
di appello.
Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di giorni
sessanta.
326. Decorrenza dei termini.
I termini stabiliti nell’articolo precedente sono perentori e decorrono
dalla notificazione della sentenza, tranne per i casi previsti nei numeri
1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395 e negli articoli 397 e 404, secondo comma,
riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto
il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato
il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero
6) dell’articolo 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della
sentenza.
Nel caso previsto nell’articolo 332, l’impugnazione proposta contro
una parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine
per proporla contro le altri parti.
327. Decadenza dall’impugnazione.
Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione
e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4) e 5) dell’articolo
395 non possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della
sentenza.
Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra
di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione
o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione
degli atti di cui all’articolo 292.
328. Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta (1).
Se, durante la decorrenza del termine di cui all’articolo 325, sopravviene
alcuno degli eventi previsti nell’articolo 299, il termine stesso è
interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della
sentenza è rinnovata.
Tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente
e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto.
Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno
degli eventi previsti nell’articolo 299, il termine di cui all’articolo
precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno
dell’evento.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 3 marzo 1986, n. 41 (in Rivista
delle Cancellerie, 1986, 284) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo articolo nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione
del termine di cui al precedente articolo 325 la morte, la radiazione e
la sospensione dall’albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso
del termine stesso.
329. Acquiescenza totale o parziale.
Salvi i casi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395, l’acquiescenza
risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà
di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità.
L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza
non impugnate.
330. Luogo di notificazione dell’impugnazione.
Se nell’atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato
la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che
l’ha pronunciata, l’impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato;
altrimenti si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza
dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio.
L’impugnazione può essere notificata nei luoghi sopra menzionati
collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la
notificazione della sentenza.
Quando manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio
e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione,
se è ancora ammessa dalla legge, si notifica personalmente a norma
degli articoli 137 e seguenti.
331. Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili.
Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile
o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti
di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando
il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è
necessario, l’udienza di comparizione.
L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti
provvede all’integrazione nel termine fissato.
332. Notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili.
Se l’impugnazione di una sentenza pronunciata in cause scindibili è
stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di alcuna
di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre, in confronto
delle quali l’impugnazione non è preclusa o esclusa, fissando il
termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario,
l’udienza di comparizione.
Se la notificazione ordinata dal giudice non avviene, il processo rimane
sospeso fino a che non siano decorsi i termini previsti negli articoli
325 e 327, primo comma.
333. Impugnazioni incidentali.
Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli
articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni
in via incidentale nello stesso processo.
334. Impugnazioni incidentali tardive.
Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle
chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’articolo 331, possono
proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso
il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
In tal caso, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile,
l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia.
335. Riunione delle impugnazioni separate.
Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza
debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo.
336. Effetti della riforma o della cassazione.
La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della
sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata.
La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti
e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata.
337. Sospensione dell’esecuzione e dei processi.
L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione
di essa, salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407.
Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso
processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata.
338. Effetti dell’estinzione del procedimento di impugnazione.
L’estinzione del procedimento di appello o di revocazione nei casi
previsti nei numeri 4) e 5) dell’articolo 395 fa passare in giudicato la
sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con
provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto.
CAPO SECONDO
DELL’APPELLO
339. Appellabilità delle sentenze.
Possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo
grado, purché l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo
delle parti a norma dell’articolo 360, secondo comma.
È inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo
equità a norma dell’articolo 114.
Sono altresì inappellabili le sentenze del giudice di pace pronunciate
secondo equità.
340. Riserva facoltativa d’appello contro sentenze non definitive.
Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e dal numero 4) del secondo
comma dell’articolo 279, l’appello può essere differito, qualora
la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine
per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice
istruttore successiva alla comunicazione della sentenza stessa.
Quando sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, l’appello
deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce
il giudizio o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte,
contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non può più farsi, e se già fatta rimane
priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle altre
parti sia proposto immediatamente appello.
341. Giudice dell’appello.
L’appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si
propone rispettivamente al tribunale ed alla corte di appello nella cui
circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
342. Forma dell’appello.
L’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria
dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione nonché le indicazioni
prescritte nell’articolo 163.
Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione
devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo
163-bis.
343. Modo e termine dell’appello incidentale.
L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa
di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell’articolo
166.
Se l’interesse a proporre l’appello incidentale sorge dall’impugnazione
proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello
si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione
stessa.
344. Intervento in appello.
Nel giudizio d’appello è ammesso soltanto l’intervento dei terzi
che potrebbero proporre opposizione a norma dell’articolo 404.
345. Domande ed eccezioni nuove.
Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte,
debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia domandarsi
gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata,
nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.
Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche
d’ufficio.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li
ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la
parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado
per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento
decisorio.
346. Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte.
Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado,
che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
347. Forme e termini della costituzione in appello.
La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per
i procedimenti davanti al tribunale.
L’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza
appellata.
Il cancelliere provvede a norma dell’articolo 168 e richiede la trasmissione
del fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice di primo grado.
348. Improcedibilità dell’appello.
L’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante
non si costituisce in termini.
Se l’appellante non compare alla prima udienza, benché si sia
anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia
la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà
comunicazione all’appellante. Se anche alla nuova udienza l’appellante
non compare, l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio.
349. Nomina dell’istruttore.
(Abrogato).
350. Trattazione.
Davanti alla corte di appello la trattazione dell’appello è
collegiale; davanti al tribunale l’appello è trattato e deciso dal
giudice monocratico.
Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare
costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l’integrazione di esso
o la notificazione prevista dall’articolo 332, oppure dispone che si rinnovi
la notificazione dell’atto di appello.
Nella stessa udienza il giudice dichiara la contumacia dell’appellato,
provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza
e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione
personale delle parti.
351. Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria.
Sull’istanza prevista dall’articolo 283 il giudice provvede con ordinanza
nella prima udienza.
La parte può, con ricorso al giudice, chiedere che la decisione
sulla sospensione sia pronunciata prima dell’udienza di comparizione. Davanti
alla corte di appello il ricorso è presentato al presidente del
collegio.
Il presidente del collegio o il tribunale, con decreto in calce al
ricorso, ordina la comparizione delle parti in camera di consiglio, rispettivamente,
davanti al collegio o davanti a sé. Con lo stesso decreto, se ricorrono
giusti motivi di urgenza, può disporre provvisoriamente l’immediata
sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza;
in tal caso, all’udienza in camera di consiglio il collegio o il tribunale
conferma, modifica o revoca il decreto con ordinanza non impugnabile.
352. Decisione.
Esaurita l’attività prevista negli articoli 350 e 351, il giudice,
ove non provveda a norma dell’articolo 356, invita le parti a precisare
le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle
memorie di replica a norma dell’articolo 190; la sentenza è depositata
in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il
deposito delle memorie di replica.
Se l’appello è proposto alla corte di appello, ciascuna delle
parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia
discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il
rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito delle difese
scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente della corte
alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data
dell’udienza di discussione da tenersi entro sessanta giorni; con lo stesso
decreto designa il relatore.
La discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza
è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Se l’appello è proposto al tribunale, il giudice, quando una
delle parti lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali
a norma dell’articolo 190 e fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta
giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime;
la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni
successivi.
353. Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o di
competenza.
Il giudice d’appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando
che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo
giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti al primo
giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di sei
mesi dalla notificazione della sentenza.
Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione,
il termine è interrotto.
(Comma quarto: abrogato).
354. Rimessione al primo giudice per altri motivi.
Fuori dei casi previsti nell’articolo precedente, il giudice d’appello
non può rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari
nulla la notificazione della citazione introduttiva, oppure riconosca che
nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio
o non doveva essere estromessa una parte, ovvero dichiari la nullità
della sentenza di primo grado a norma dell’articolo 161, secondo comma.
Il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice anche nel caso
di riforma della sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo
a norma e nelle forme dell’articolo 308.
Nei casi di rimessione al primo giudice previsti nei commi precedenti,
si applicano le disposizioni dell’articolo 353.
Se il giudice d’appello dichiara la nullità di altri atti compiuti
in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a norma
dell’articolo 356.
355. Provvedimenti sulla querela di falso.
Se nel giudizio di appello è proposta querela di falso, il giudice,
quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione della
causa, sospende con ordinanza il giudizio e fissa alle parti un termine
perentorio entro il quale debbono riassumere la causa di falso davanti
al tribunale.
356. Ammissione e assunzione di prove.
Ferma l’applicabilità della norma di cui al numero 4) del secondo
comma dell’articolo 279, il giudice d’appello, se dispone l’assunzione
di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già
avvenuta in primo grado o comunque dà disposizioni per effetto delle
quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede a
norma degli articoli 191 e seguenti.
Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze
previste dal numero 4) del secondo comma dell’articolo 279, il giudice
d’appello non può disporre nuove prove riguardo alle domande e alle
questioni, rispetto alle quali il giudice di primo grado, non definendo
il giudizio, abbia disposto, con separata ordinanza, la prosecuzione dell’istruzione.
357. Reclamo contro ordinanze.
(Abrogato).
358. Non riproponibilità di appello dichiarato inammissibile
o improcedibile.
L’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere
riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge.
359. Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale.
Nei procedimenti d’appello davanti alla corte o al tribunale si osservano,
in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado
davanti al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del
presente capo.
(Comma secondo: abrogato).
CAPO TERZO
DEL RICORSO PER CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNABILI E DEI RICORSI
360. Sentenze impugnabili e motivi di ricorso.
Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono
essere impugnate con ricorso per cassazione:
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è
prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto;
4) per nullità della sentenza o del procedimento;
5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile
di ufficio.
Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una
sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere
l’appello; ma in tal caso l’impugnazione può proporsi soltanto per
violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
361. Riserva facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive.
Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e dal numero 4) del secondo
comma dell’articolo 279, il ricorso per cassazione può essere differito,
qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro
il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la
prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa.
Qualora sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, il ricorso
deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce
il giudizio, o con quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte,
contro altra sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non può farsi, e se già fatta rimane priva
di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia
proposto immediatamente ricorso.
362. Altri casi di ricorso.
Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di
cui all’articolo 325, secondo comma, le decisioni in grado di appello o
in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione
del giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:
1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali,
o tra questi e i giudici ordinari;
2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione
e il giudice ordinario.
363. Ricorso nell’interesse della legge.
Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi
hanno rinunciato, il procuratore generale presso la corte di cassazione
può proporre ricorso per chiedere che sia cassata la sentenza nell’interesse
della legge.
In tal caso le parti non possono giovarsi della cassazione della sentenza.
364. Deposito per il caso di soccombenza.
(Abrogato).
365. Sottoscrizione del ricorso.
Il ricorso è diretto alla corte e sottoscritto, a pena d’inammissibilità,
da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale.
366. Contenuto del ricorso.
Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità:
1) l’indicazione delle parti;
2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;
3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa;
4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione
delle norme di diritto su cui si fondano;
5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel
caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto.
Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni
gli sono fatte presso la cancelleria della corte di cassazione.
Nel caso previsto nell’articolo 360, secondo comma, l’accordo delle
parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti
o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato
da unirsi al ricorso stesso.
367. Sospensione del processo di merito.
Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell’articolo
41, primo comma, è depositata, dopo la notificazione alle altri
parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa, il quale
sospende il processo se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile
o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice
istruttore o il collegio provvede con ordinanza.
Se la corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario,
le parti devono riassumere il processo entro il termine perentorio di sei
mesi dalla comunicazione della sentenza.
368. Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto.
Nel caso previsto nell’articolo 41, secondo comma, la richiesta per
la decisione della corte di cassazione è fatta dal prefetto con
decreto motivato.
Il decreto è notificato, su richiesta del prefetto, alle parti
e al procuratore della Repubblica presso il tribunale, se la causa pende
davanti a questo [o davanti a un pretore], oppure al procuratore generale
presso la corte d’appello, se pende davanti alla corte.
Il pubblico ministero comunica il decreto del prefetto al capo dell’ufficio
giudiziario davanti al quale pende la causa. Questi sospende il procedimento
con decreto che è notificato alle parti a cura del pubblico ministero
entro dieci giorni dalla sua pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta.
La corte di cassazione è investita della questione di giurisdizione
con ricorso a cura della parte più diligente, nel termine perentorio
di trenta giorni dalla notificazione del decreto.
Si applica la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo precedente.
369. Deposito del ricorso.
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a
pena di improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima
notificazione alle parti contro le quali è proposto.
Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità:
1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio;
2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la
relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei
casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti
dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai numeri 1) e 2) dell’articolo
362;
3) la procura speciale, se questa è conferita con atto separato;
4) gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda.
Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato
la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione
alla cancelleria della corte di cassazione del fascicolo d’ufficio; tale
richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di
visto, e deve essere depositata insieme col ricorso.
370. Controricorso.
La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire,
deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio
eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito
del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare
memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.
Al controricorso si applicano le norme degli articoli 365 e 366, in
quanto è possibile.
Il controricorso è depositato nella cancelleria della corte
entro venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i documenti
e con la procura speciale, se conferita con atto separato.
371. Ricorso incidentale.
La parte di cui all’articolo precedente deve proporre con l’atto contenente
il controricorso l’eventuale ricorso incidentale contro la stessa sentenza.
La parte alla quale è stato notificato il ricorso per integrazione
a norma degli articoli 331 e 332 deve proporre l’eventuale ricorso incidentale
nel termine di quaranta giorni dalla notificazione, con atto notificato
al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del ricorso
principale.
Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli articoli
365, 366 e 369.
Per resistere al ricorso incidentale può essere notificato un
controricorso a norma dell’articolo precedente.
Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della
decisione impugnata, non è necessario che la depositi anche il ricorrente
per incidente.
371-bis. Deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio.
Qualora la corte abbia ordinato l’integrazione del contraddittorio,
assegnando alle parti un termine perentorio per provvedervi, il ricorso
notificato, contenente nell’intestazione le parole "atto di integrazione
del contraddittorio", deve essere depositato nella cancelleria della corte
stessa, a pena di improcedibilità, entro venti giorni dalla scadenza
del termine assegnato.
372. Produzione di altri documenti.
Non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei
precedenti gradi del processo, tranne di quelli che riguardano la nullità
della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso.
Il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità può
avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma
deve essere notificato, mediante elenco, alle altre parti.
373. Sospensione dell’esecuzione.
Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza.
Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può,
su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile
danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa
o che sia prestata congrua cauzione.
L’istanza si propone con ricorso al giudice di pace, al tribunale in
composizione monocratica o al presidente del collegio, il quale, con decreto
in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti rispettivamente
dinanzi a sé o al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso
e del decreto sono notificate al procuratore dell’altra parte, ovvero alla
parte stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero di difensore
o non si sia costituita nel giudizio definito con la sentenza impugnata.
Con lo stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza, può essere
disposta provvisoriamente l’immediata sospensione dell’esecuzione.
SEZIONE SECONDA
DEL PROCEDIMENTO E DEI PROVVEDIMENTI
374. Pronuncia a sezioni unite.
La corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel numero 1)
dell’articolo 360 e nell’articolo 362.
Inoltre il primo presidente può disporre che la corte pronunci
a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già
decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano
una questione di massima di particolare importanza.
In tutti gli altri casi la corte pronuncia a sezione semplice.
375. Pronuncia in camera di consiglio.
Oltre che per il caso di regolamento di competenza la corte, sia a
sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio
con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio,
riconosce di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale
e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza
dei motivi previsti nell’articolo 360, ordinare l’integrazione del contraddittorio
o la notificazione di cui all’articolo 332, oppure dichiarare l’estinzione
del processo per avvenuta rinuncia.
La corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente,
rinvia la causa alla pubblica udienza.
Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti
giorni prima dell’adunanza della corte in camera di consiglio agli avvocati
delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie entro il
termine di cui all’articolo 378.
376. Assegnazione dei ricorsi alle sezioni.
I ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici
dal primo presidente.
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso
assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente
istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell’udienza
di discussione del ricorso.
All’udienza della sezione semplice, la rimessione può essere
disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, con
ordinanza inserita nel processo verbale.
377. Fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
Il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere,
fissa l’udienza o l’adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore
per i ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle
sezioni semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione.
Dell’udienza è data comunicazione dal cancelliere agli avvocati
delle parti almeno venti giorni prima.
378. Deposito di memorie di parte.
Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre
cinque giorni prima dell’udienza.
379. Discussione.
All’udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione
del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto,
se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del
controricorso.
Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere
le loro difese.
Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate.
Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella
stessa udienza presentare alla corte brevi osservazioni per iscritto sulle
conclusioni del pubblico ministero.
380. Deliberazione della sentenza.
La corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa seduta,
la sentenza in camera di consiglio.
Si applica alla deliberazione della corte la disposizione dell’articolo
276.
381. Provvedimento sul deposito.
(Abrogato).
382. Decisione delle questioni di giurisdizione e di competenza.
La corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su
questa, determinando, quando occorre, il giudice competente.
Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce
su questa.
Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e
ogni altro giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente
provvede in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere
proposta o il processo proseguito.
383. Cassazione con rinvio.
La corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati
nell’articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari
a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.
Nel caso previsto nell’articolo 360, secondo comma, la causa può
essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello
al quale le parti hanno rinunciato.
La corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado
per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al
primo giudice, rinvia la causa a quest’ultimo.
384. Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa
nel merito.
La corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione
di norme di diritto, enuncia il principio di diritto al quale il giudice
di rinvio deve uniformarsi ovvero decide la causa nel merito qualora non
siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in
diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la
corte si limita a correggere la motivazione.
385. Provvedimenti sulle spese.
La corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.
Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza,
provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa
o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza
cassata.
Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese
del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.
386. Effetti della decisione sulla giurisdizione.
La decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto
della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni
sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda.
387. Non riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile
o improcedibile.
Il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile non può
essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla
legge.
388. Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito.
Copia del dispositivo della sentenza è trasmessa dal cancelliere
della corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata,
affinché ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima.
389. Domande conseguenti alla cassazione.
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra
conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio
e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la
sentenza cassata.
390. Rinuncia.
La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale
finché non sia cominciata la relazione all’udienza, o sia notificata
la richiesta del pubblico ministero di cui all’articolo 375.
La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo
avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale
a tale effetto.
L’atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato
agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.
391. Pronuncia sulla rinuncia.
Sulla rinuncia la corte provvede con sentenza quando deve decidere
altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza.
L’ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il
rinunciante alle spese.
L’ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo.
La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito
le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato
speciale.
391-bis. Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze
della corte di cassazione (1).
Se la sentenza pronunciata dalla corte di cassazione è affetta
da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’articolo 287 ovvero da errore
di fatto ai sensi dell’articolo 395, numero 4), la parte interessata può
chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli
365 e seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni
dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione
della sentenza stessa.
Sul ricorso la corte pronuncia in camera di consiglio a norma dell’articolo
375.
La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della corte
di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata
con ricorso per cassazione respinto.
In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della corte
di cassazione non è ammessa la sospensione dell’esecuzione della
sentenza passata in giudicato, né è sospeso il giudizio di
rinvio o il termine per riassumerlo.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 18 aprile 1996, n. 119 (in
Rivista delle Cancellerie, 1996, 254) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui prevede un termine
per la proposizione dell’istanza di correzione degli errori materiali delle
sentenze della Corte di cassazione.
SEZIONE TERZA
DEL GIUDIZIO DI RINVIO
392. Riassunzione della causa.
La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può
essere fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione
della sentenza della corte di cassazione.
La riassunzione si fa con citazione, la quale è notificata personalmente
a norma degli articoli 137 e seguenti.
393. Estinzione del processo.
Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all’articolo
precedente, o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione
del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue; ma la sentenza della
corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo
processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda.
394. Procedimento in sede di rinvio.
In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento
davanti al giudice al quale la corte ha rinviato la causa. In ogni caso
deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel
procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio,
ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel
giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità
delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.
CAPO QUARTO
DELLA REVOCAZIONE
395. Casi di revocazione.
Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono
essere impugnate per revocazione:
1) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra
(1);
2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque
dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava
essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti
decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di
forza maggiore o per fatto dell’avversario;
4) se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante
dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la
decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità
è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza
di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto
nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto
controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare (2);
5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra
le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato
sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato
con sentenza passata in giudicato.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo numero nella
parte in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida
di sfratto per morosità che siano l’effetto del dolo di una delle
parti in danno dell’altra.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17 (in
Rivista delle Cancellerie, 1986, 183) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo numero nella parte in cui non prevede la revocazione
di sentenze della Corte di cassazione rese sui ricorsi basati sul numero
4) del precedente articolo 360 e affette dall’errore del presente numero
4). Successivamente la Corte con sentenza 20 dicembre 1989, n. 558 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale di questo numero nella parte in cui
non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti
di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza
o per mancata opposizione dell’intimato. Inoltre con sentenza 31 gennaio
1991, n. 36 (in Rivista delle Cancellerie, 1991, 155) la stessa Corte ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo numero nella
parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione
per errore di fatto nella lettura di atti del processo sottoposto al suo
esame.
396. Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il termine
per l’appello.
Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello
possono essere impugnate per revocazione nei casi dei numeri 1), 2), 3)
e 6) dell’articolo precedente, purché la scoperta del dolo o della
falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza
di cui al numero 6) siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.
Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso
del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno
dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.
397. Revocazione proponibile dal pubblico ministero.
Nelle cause in cui l’intervento del pubblico ministero è obbligatorio
a norma dell’articolo 70, primo comma, le sentenze previste nei due articoli
precedenti possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero:
1) quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia
stato sentito;
2) quando la sentenza è l’effetto della collusione posta in
opera dalle parti per frodare la legge.
398. Proposizione della domanda.
La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice
che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La citazione deve indicare, a pena di inammissibilità, il motivo
della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui
ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395, del giorno della scoperta
o dell’accertamento del dolo o della falsità, o del recupero dei
documenti.
La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura
speciale.
La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre
il ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice
davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può
sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia
pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata
la revocazione proposta.
399. Deposito della citazione e della risposta.
Se la revocazione è proposta davanti al tribunale o alla corte
d’appello, la citazione deve essere depositata a pena di improcedibilità,
entro venti giorni dalla notificazione, nella cancelleria del giudice adito
insieme con la copia autentica della sentenza impugnata.
Le altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito
in cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni.
Se la revocazione è proposta davanti al giudice di pace il deposito
e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma
dell’articolo 319.
400. Procedimento.
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento
davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.
401. Sospensione dell’esecuzione.
Il giudice della revocazione può pronunciare, su istanza di
parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’articolo
373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
402. Decisione.
Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito
della causa e dispone l’eventuale restituzione di ciò che siasi
conseguito con la sentenza revocata.
Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover
disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza, la revocazione
della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti all’istruttore.
403. Impugnazione della sentenza di revocazione.
Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata
nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i mezzi d’impugnazione ai quali era originariamente
soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
CAPO QUINTO
DELL’OPPOSIZIONE DI TERZO
404. Casi di opposizione di terzo (1).
Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in
giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica
i suoi diritti (2).
Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione
alla sentenza, quando è l’effetto di dolo o collusione a loro danno.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 7 giugno 1984, n. 167 (in
Rivista delle Cancellerie, 1984, 235) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non ammette l’opposizione
di terzo avverso l’ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione,
emanata per la mancata comparizione dell’intimato o per la mancata opposizione
dell’intimato pur comparso. Successivamente la Corte con sentenza 22 ottobre
1985, n. 237 (in Rivista delle Cancellerie, 1986, 59) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non ammette l’opposizione
di terzo avverso l’ordinanza di sfratto per morosità. Inoltre con
sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105 (in Rivista delle Cancellerie, 1989,
228) la stessa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo articolo nella parte in cui non ammette opposizione di terzo
avverso l’ordinanza con la quale il pretore dispone l’affrancazione del
fondo ex articolo 4, legge 22 luglio 1966, n. 607.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 26 maggio 1995, n. 192 (in
Rivista delle Cancellerie, 1995, 336) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui non ammette l’opposizione
di terzo avverso l’ordinanza di convalida di licenza per finita locazione.
405. Domanda di opposizione.
L’opposizione è proposta davanti allo stesso giudice che ha
pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento
davanti a lui.
La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all’articolo
163, anche l’indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del secondo
comma dell’articolo precedente, l’indicazione del giorno in cui il terzo
è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e della relativa
prova.
406. Procedimento.
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento
davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.
407. Sospensione dell’esecuzione.
Il giudice dell’opposizione può pronunciare, su istanza di parte
inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’articolo 373,
con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
408. Decisione.
Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o
la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l’opponente al pagamento
di una pena pecuniaria di lire quattromila se la sentenza impugnata è
del giudice di pace, [di lire quattromila se è del pretore,] di
lire quattromila se è del tribunale e di lire quattromila in ogni
altro caso.
TITOLO QUARTO
NORME PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO
CAPO PRIMO
DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO
SEZIONE PRIMA
DISPOSIZIONI GENERALI
409. Controversie individuali di lavoro.
Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative
a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio
di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione
agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti
da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate
agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti
di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa
e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attività economica;
5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti
di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad
altro giudice.
410. Tentativo obbligatorio di conciliazione.
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti
dall’articolo 409, e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione
previste dai contratti e accordi collettivi, deve promuovere, anche tramite
l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo
di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo
i criteri di cui all’articolo 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione
interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione
e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni
termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della
controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre
dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell’ufficio provinciale del lavoro
e della massima occupazione è istituita in ogni provincia, presso
l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione
provinciale di conciliazione composta dal direttore dell’ufficio stesso
o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti
effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti
effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse
modalità e con la medesima composizione di cui al precedente comma,
anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della
massima occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano
il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal
direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione
o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente
terzo comma.
In ogni caso per la validità della riunione è necessaria
la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di
lavoro e di uno dei lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata
presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore
dell’ufficio provinciale del lavoro certifica l’impossibilità di
procedere al tentativo di conciliazione.
410-bis. Termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione.
Il tentativo di conciliazione, anche se nelle forme previste dai contratti
e accordi collettivi, deve essere espletato entro sessanta giorni dalla
presentazione della richiesta.
Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si
considera comunque espletato ai fini dell’articolo 412-bis.
411. Processo verbale di conciliazione.
Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere
sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha esperito
il tentativo, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle
parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.
Il processo verbale è depositato a cura delle parti o dell’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria del
tribunale nella cui circoscrizione è stato formato. Il giudice,
su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale
del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale,
il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso
l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di
una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore,
o un suo delegato, accertatane l’autenticità, provvede a depositarlo
nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato
redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità
formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
412. Verbale di mancata conciliazione.
Se la conciliazione non riesce, si forma processo verbale con l’indicazione
delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti possono indicare la
soluzione anche parziale sulla quale concordano, precisando, quando è
possibile, l’ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest’ultimo
caso il processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate
le disposizioni di cui all’articolo 411.
L’ufficio provinciale del lavoro rilascia alla parte copia del verbale
entro cinque giorni dalla richiesta.
Le disposizioni del primo comma si applicano anche al tentativo di
conciliazione in sede sindacale.
Delle risultanze del verbale di cui al primo comma il giudice tiene
conto in sede di decisione sulle spese del successivo giudizio.
412-bis. Procedibilità della domanda.
L’espletamento del tentativo di conciliazione costituisce condizione
di procedibilità della domanda.
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto nella memoria
difensiva di cui all’articolo 416 e può essere rilevata d’ufficio
dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo 420.
Il giudice, ove rilevi che non è stato promosso il tentativo
di conciliazione ovvero che la domanda giudiziale è stata presentata
prima dei sessanta giorni dalla promozione del tentativo stesso, sospende
il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni
per promuovere il tentativo di conciliazione.
Trascorso il termine di cui al primo comma dell’articolo 410-bis, il
processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta
giorni.
Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice
dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica
la disposizione di cui all’articolo 308.
Il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non preclude
la concessione dei provvedimenti speciali d’urgenza e di quelli cautelari
previsti nel capo III del titolo I del libro IV.
412-ter. Arbitrato irrituale previsto dai contratti collettivi.
Se il tentativo di conciliazione non riesce o comunque è decorso
il termine previsto per l’espletamento, le parti possono concordare di
deferire ad arbitri la risoluzione della controversia, anche tramite l’organizzazione
sindacale alla quale aderiscono o abbiano conferito mandato, se i contratti
o accordi collettivi nazionali di lavoro prevedono tale facoltà
e stabiliscono:
a) le modalità della richiesta di devoluzione della controversia
al collegio arbitrale e il termine entro il quale l’altra parte può
aderirvi;
b) la composizione del collegio arbitrale e la procedura per la nomina
del presidente e dei componenti;
c) le forme e i modi di espletamento dell’eventuale istruttoria;
d) il termine entro il quale il collegio deve emettere il lodo, dandone
comunicazione alle parti interessate;
e) i criteri per la liquidazione dei compensi agli arbitri.
I contratti e accordi collettivi possono, altresì, prevedere
l’istituzione di collegi o camere arbitrali stabili, composti e distribuiti
sul territorio secondo criteri stabiliti in sede di contrattazione nazionale.
Nella pronuncia del lodo arbitrale si applica l’articolo 429, terzo
comma, del codice di procedura civile.
Salva diversa previsione della contrattazione collettiva, per la liquidazione
delle spese della procedura arbitrale si applicano altresì gli articoli
91, primo comma, e 92 del codice di procedura civile.
412-quater. Impugnazione ed esecutività del lodo arbitrale.
Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale
decide in unico grado il tribunale, in funzione del giudice del lavoro,
della circoscrizione in cui è la sede dell’arbitrato. Il ricorso
è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione
del lodo.
Trascorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per
iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è
stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria
del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato.
Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità
formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.
(Comma terzo: abrogato).
SEZIONE SECONDA
DEL PROCEDIMENTO
§ 1
DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
413. Giudice competente.
Le controversie previste dall’articolo 409 sono in primo grado di competenza
del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione
è sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza
alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava
la sua opera al momento della fine del rapporto.
Tale competenza permane dopo il trasferimento dell’azienda o la cessazione
di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro
sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3)
dell’articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova
il domicilio dell’agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare
degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell’articolo
409.
Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti
di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice
nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è
addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto.
Nelle controversie nelle quali è parte una amministrazione dello
Stato non si applicano le disposizioni dell’articolo 6 del regio decreto
30 ottobre 1933, n. 1611.
Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti,
si applicano quelle dell’articolo 18.
Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.
414. Forma della domanda.
La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1) l’indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto
del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il
cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente
o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta
o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché
la sede del ricorrente o del convenuto;
3) la determinazione dell’oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si
fonda la domanda con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente
intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.
415. Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell’udienza.
Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente
insieme con i documenti in esso indicati.
Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con
decreto, l’udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire
personalmente.
Tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza di discussione non
devono decorrere più di sessanta giorni.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve
essere notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro dieci giorni
dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall’articolo
417.
Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di
discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Il termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta giorni
e quello di cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso
in cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all’estero.
Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, il
ricorso è notificato direttamente presso l’amministrazione destinataria
ai sensi dell’articolo 144, secondo comma. Per le amministrazioni statali
o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio,
si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione
presso gli uffici dell’avvocatura dello Stato competente per territorio.
416. Costituzione del convenuto.
Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza,
dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede
il giudice adito.
La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria
di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di
decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali
e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera
precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati
dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in
fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi
di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che
deve contestualmente depositare.
417. Costituzione e difesa personali delle parti.
In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente
quando il valore della causa non eccede le lire duecentocinquantamila.
La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle
forme di cui all’articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all’articolo
416 con elezione di domicilio nell’ambito del territorio della Repubblica.
Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice
che ne fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell’udienza
devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della
cancelleria entro i termini di cui all’articolo 415.
Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto
o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.
417-bis. Difesa delle pubbliche amministrazioni.
Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente
al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio
avvalendosi direttamente di propri dipendenti.
Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della
rappresentanza e difesa in giudizio, la disposizione di cui al comma precedente
si applica salvo che l’avvocatura dello Stato competente per territorio,
ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi
economici, determini di assumere direttamente la trattazione della causa
dandone immediata comunicazione ai competenti uffici dell’amministrazione
interessata, nonché al Dipartimento della funzione pubblica, anche
per l’eventuale emanazione di direttive agli uffici per la gestione del
contenzioso del lavoro. In ogni altro caso l’avvocatura dello Stato trasmette
immediatamente, e comunque non oltre sette giorni dalla notifica degli
atti introduttivi, gli atti stessi ai competenti uffici dell’amministrazione
interessata per gli adempimenti di cui al comma precedente.
Gli enti locali, anche al fine di realizzare economie di gestione,
possono utilizzare le strutture dell’amministrazione civile del Ministero
dell’interno, alle quali conferiscono mandato nei limiti di cui al primo
comma.
418. Notificazione della domanda riconvenzionale.
Il convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale
a norma del secondo comma dell’articolo 416 deve, con istanza contenuta
nella stessa memoria a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima,
chiedere al giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma
dell’articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto
per la fissazione dell’udienza.
Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l’udienza di discussione
non devono decorrere più di cinquanta giorni.
Il decreto che fissa l’udienza deve essere notificato all’attore, a
cura dell’ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni
dalla data in cui è stato pronunciato.
Tra la data di notificazione all’attore del decreto pronunciato a norma
del primo comma e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere
un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all’estero
il termine di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni,
e quello di cui al comma precedente è elevato a trentacinque giorni.
419. Intervento volontario (1).
Salvo che sia effettuato per l’integrazione necessaria del contraddittorio,
l’intervento del terzo ai sensi dell’articolo 105 non può aver luogo
oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità
previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 29 giugno 1983, n. 193 (in
Rivista delle Cancellerie, 1983, 242) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi
intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare
— con il rispetto del termine di cui al quinto comma del precedente articolo
415 (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcuna
delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all’estero) — una nuova
udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie
depositare memoria, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati
alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell’interveniente,
e che sia notificato a quest’ultimo il provvedimento di fissazione della
nuova udienza.
420. Udienza di discussione della causa.
Nell’udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga
liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione della lite. La mancata
comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce
comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti
possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e
conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice.
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore
generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della
causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata
autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o
transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni,
dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice
ai fini della decisione.
Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura
per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o
alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire
il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza
anche non definitiva dando lettura del dispositivo.
Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle
parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene
che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell’udienza, per la
loro immediata assunzione.
Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre
dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi,
un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell’udienza
di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.
Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto
comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano
necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine
perentorio di cinque giorni. Nell’udienza fissata a norma del precedente
comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti
dalla controparte e provvede alla loro assunzione.
L’assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza
o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali
immediatamente successivi.
Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma,
106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque
giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso
introduttivo e l’atto di costituzione del convenuto, osservati i termini
di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell’articolo 415. Il termine massimo
entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del
provvedimento di fissazione.
Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell’udienza
fissata, depositando la propria memoria a norma dell’articolo 416.
A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l’ufficio.
Le udienze di mero rinvio sono vietate.
421. Poteri istruttori del giudice.
Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità
degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine
per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.
Può altresì disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione
di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile,
ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni
e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate
dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell’articolo precedente.
Dispone, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro, purché
necessario al fine dell’accertamento dei fatti, e dispone altresì,
se ne ravvisa l’utilità, l’esame dei testimoni sul luogo stesso.
Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione,
per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone
che siano incapaci di testimoniare a norma dell’articolo 246 o a cui sia
vietato a norma dell’articolo 247.
422. Registrazione su nastro.
Il giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione
da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni
di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti.
423. Ordinanze per il pagamento di somme.
Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone
con ordinanza il pagamento delle somme non contestate.
Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza
del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo
provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità
per cui ritiene già raggiunta la prova.
Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo.
L’ordinanza di cui al secondo comma è revocabile con la sentenza
che decide la causa.
424. Assistenza del consulente tecnico.
Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi
momento, nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali,
a norma dell’articolo 61. A tal fine il giudice può disporre ai
sensi del sesto comma dell’articolo 420.
Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente
ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale,
salvo quanto previsto dal precedente articolo 422.
Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice
fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando
la trattazione ad altra udienza.
425. Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali.
Su istanza di parte, l’associazione sindacale indicata dalla stessa
ha facoltà di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante,
informazioni e osservazioni orali o scritte.
Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo
di lavoro ove sia stato disposto l’accesso ai sensi del terzo comma dell’articolo
421.
A tal fine, il giudice può disporre ai sensi del sesto comma
dell’articolo 420.
Il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo
dei contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare
nella causa.
426. Passaggio dal rito ordinario al rito speciale.
Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie
riguarda uno dei rapporti previsti dall’articolo 409, fissa con ordinanza
l’udienza di cui all’articolo 420 e il termine perentorio entro il quale
le parti dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi
mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.
Nell’udienza come sopra fissata, provvede a norma degli articoli che
precedono.
427. Passaggio dal rito speciale al rito ordinario.
Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite
dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall’articolo
409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti
siano messi in regola con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette
con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non
superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno
l’efficacia consentita dalle norme ordinarie.
428. Incompetenza del giudice.
Quando una causa relativa ai rapporti di cui all’articolo 409 sia stata
proposta a giudice incompetente, l’incompetenza può essere eccepita
dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all’articolo 416
ovvero rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza di cui all’articolo
420.
Quando l’incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma
precedente, il giudice rimette la causa al tribunale in funzione di giudice
del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni
per la riassunzione con rito speciale.
429. Pronuncia della sentenza.
Nell’udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le
conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio
dando lettura del dispositivo.
Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede
alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di
note difensive, rinviando la causa all’udienza immediatamente successiva
alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della
sentenza.
Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme
di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi
nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore
per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento
della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.
430. Deposito della sentenza.
La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni
dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle
parti.
431. Esecutorietà della sentenza.
Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti
derivanti dai rapporti di cui all’articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.
All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo,
in pendenza del termine per il deposito della sentenza.
Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile
che l’esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra
parte gravissimo danno.
La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere
anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata
fino alla somma di lire cinquecentomila.
Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro
sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli
282 e 283.
Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile
che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi
motivi.
432. Valutazione equitativa delle prestazioni.
Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma
dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa.
§ 2
DELLE IMPUGNAZIONI
433. Giudice d’appello.
L’appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle
controversie previste nell’articolo 409 deve essere proposto con ricorso
davanti alla corte di appello territorialmente competente in funzione di
giudice del lavoro.
Ove l’esecuzione sia iniziata prima della notificazione della sentenza,
l’appello può essere proposto con riserva dei motivi che dovranno
essere presentati nel termine di cui all’articolo 434.
434. Deposito del ricorso in appello.
Il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi
specifici dell’impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dall’articolo
414.
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di
appello entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure
entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi
all’estero.
435. Decreto del presidente.
Il presidente della corte di appello entro cinque giorni dalla data
di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta
giorni dalla data medesima, l’udienza di discussione dinanzi al collegio.
L’appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto,
provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato (1).
Tra la data di notificazione all’appellato e quella dell’udienza di
discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi
all’estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente,
a ottanta e sessanta giorni.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 14 gennaio 1977, n. 15 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma nella
parte in cui non dispone che l’avvenuto deposito del decreto presidenziale
di fissazione dell’udienza di discussione sia comunicato all’appellante
e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione all’appellato.
436. Costituzione dell’appellato e appello incidentale.
L’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza.
La costituzione dell’appellato si effettua mediante deposito in cancelleria
del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta
dettagliata esposizione di tutte le sue difese.
Se propone appello incidentale, l’appellato deve esporre nella stessa
memoria i motivi specifici su cui fonda l’impugnazione. L’appello incidentale
deve essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione,
da notificarsi, a cura dell’appellato, alla controparte almeno dieci giorni
prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo precedente.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo
416.
437. Udienza di discussione.
Nell’udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa.
Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando
lettura del dispositivo nella stessa udienza.
Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi
mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio,
anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della
causa. È salva la facoltà delle parti di deferire il giuramento
decisorio in qualsiasi momento della causa.
Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni,
l’udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata
la sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza può
adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423.
Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell’articolo
429.
438. Deposito della sentenza di appello.
Il deposito della sentenza di appello è effettuato con l’osservanza
delle norme di cui all’articolo 430.
Si applica il disposto del secondo comma dell’articolo 431.
439. Cambiamento del rito in appello.
La corte di appello, se ritiene che il procedimento in primo grado
non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli
426 e 427.
440. Appellabilità delle sentenze.
Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di
valore non superiore a lire cinquantamila.
441. Consulente tecnico in appello.
Il collegio, nell’udienza di cui al primo comma dell’articolo 437,
può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da
fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può
adottare i provvedimenti di cui all’articolo 423.
Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni
prima della nuova udienza.
CAPO SECONDO
DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA OBBLIGATORIE
442. Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie
(1).
Nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall’applicazione
delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro,
le malattie professionali, gli assegni familiari nonché ogni altra
forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni
di cui al capo primo di questo titolo.
Anche per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi
di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi
si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 12 aprile 1991, n. 156 (in
Rivista delle Cancellerie, 1991, 434) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede che il
giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di
denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare,
oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente
subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando
l’indice dei prezzi calcolato dall’ISTAT per la scala mobile nel settore
dell’industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza
dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilità
dell’istituto o ente debitore per il ritardo dell’adempimento. Successivamente
la Corte con sentenza 27 aprile 1993, n. 196 (in Rivista delle Cancellerie,
1993, 338) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo
articolo nella parte in cui non prevede, quando il giudice pronuncia sentenza
di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni
di assistenza sociale obbligatoria, il medesimo trattamento dei crediti
relativi a prestazioni di previdenza sociale in ordine agli interessi legali
e al risarcimento del maggior danno sofferto dal titolare per la diminuzione
di valore del suo credito.
443. Rilevanza del procedimento amministrativo.
La domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza
obbligatorie di cui al primo comma dell’articolo 442 non è procedibile
se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali
per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi
fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi
centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso
amministrativo.
Se il giudice nella prima udienza di discussione rileva l’improcedibilità
della domanda a norma del comma precedente, sospende il giudizio e fissa
all’attore un termine perentorio di sessanta giorni per la presentazione
del ricorso in sede amministrativa.
Il processo deve essere riassunto, a cura dell’attore, nel termine
perentorio di centottanta giorni che decorre dalla cessazione della causa
della sospensione.
444. Giudice competente.
Le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie
indicate nell’articolo 442 sono di competenza del tribunale, in funzione
di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione ha la residenza l’attore.
Se la controversia in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali
riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla pesca marittima,
è competente il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del
luogo in cui ha sede l’ufficio del porto di iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione
delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi, è competente
il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede
l’ufficio dell’ente.
445. Consulente tecnico.
Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni
previdenziali o assistenziali che richiedano accertamenti tecnici, il giudice
nomina uno o più consulenti tecnici scelti in appositi albi, ai
sensi dell’articolo 424.
Nei casi di particolare complessità il termine di cui all’articolo
424 può essere prorogato fino a sessanta giorni.
446. Istituti di patronato e di assistenza sociale.
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti,
possono, su istanza dell’assistito, in ogni grado del giudizio, rendere
informazioni e osservazioni orali o scritte nella forma di cui all’articolo
425.
447. Esecuzione provvisoria.
Le sentenze pronunciate nei giudizi relativi alle controversie di cui
all’articolo 442 sono provvisoriamente esecutive.
Si applica il disposto dell’articolo 431.
447-bis. Norme applicabili alle controversie in materia di locazione,
di comodato e di affitto.
Le controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani
e quelle di affitto di aziende sono disciplinate dagli articoli 414, 415,
416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma, 422, 423, primo e terzo comma,
424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e secondo comma, 430, 433, 434, 435,
436, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto applicabili.
Sono nulle le clausole di deroga alla competenza.
Il giudice può disporre d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ispezione
della cosa e l’ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento
decisorio, nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che
orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti.
Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive.
All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo
in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d’appello
può disporre con ordinanza non impugnabile che l’efficacia esecutiva
o l’esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all’altra
parte gravissimo danno.
448. - 473.
(Abrogati).
Libro terzo
Del processo di esecuzione
TITOLO PRIMO
DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO
474. Titolo esecutivo.
L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù
di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente
efficacia esecutiva;
2) le cambiali, nonché gli altri titoli di credito e gli atti
ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia;
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato
dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro
in essi contenute.
475. Spedizione in forma esecutiva.
Le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria
e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere
come titolo per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula
esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.
La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto
alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata
l’obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona
alla quale è spedita.
La spedizione in forma esecutiva consiste nell’intestazione "Repubblica
italiana - In nome della legge" e nell’apposizione da parte del cancelliere
o notaio o altro pubblico ufficiale, sull’originale o sulla copia, della
seguente formula:
"Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti
e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico
ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica
di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti".
476. Altre copie in forma esecutiva.
Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia
in forma esecutiva alla stessa parte.
Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di
provvedimento, con ricorso al capo dell’ufficio che lo ha pronunciato,
e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione
l’atto fu formato.
Sull’istanza si provvede con decreto.
Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene
alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena
pecuniaria non superiore a lire diecimila, con decreto del capo dell’ufficio
o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma.
477. Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi.
Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi,
ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni
dalla notificazione del titolo.
Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi
collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto.
478. Prestazione della cauzione.
Se l’efficacia del titolo esecutivo è subordinata a cauzione,
non si può iniziare l’esecuzione forzata finché quella non
sia stata prestata. Della prestazione si fa constare con annotazione in
calce o in margine al titolo spedito in forma esecutiva, o con atto separato
che deve essere unito al titolo.
479. Notificazione del titolo esecutivo e del precetto.
Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere
preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte
personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; ma, se esso è
costituito da una sentenza, la notificazione, entro l’anno dalla pubblicazione,
può essere fatta a norma dell’articolo 170.
Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo
ed essere notificato insieme con questo, purché la notificazione
sia fatta alla parte personalmente.
480. Forma del precetto.
Il precetto consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante
dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva
l’autorizzazione di cui all’articolo 482, con l’avvertimento che, in mancanza,
si procederà a esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere a pena di nullità l’indicazione delle
parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è
fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando
è richiesta dalla legge. In quest’ultimo caso l’ufficiale giudiziario,
prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato
che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale.
Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o
l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il
giudice competente per l’esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto
si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato,
e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del
giudice stesso.
Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’articolo 125 e notificato
alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
481. Cessazione dell’efficacia del precetto.
Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla
sua notificazione non è iniziata l’esecuzione.
Se contro il precetto è proposta opposizione, il termine rimane
sospeso e riprende a decorrere a norma dell’articolo 627.
482. Termine ad adempiere.
Non si può iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso
il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi
dieci giorni dalla notificazione di esso; ma il presidente del tribunale
competente per l’esecuzione o un giudice da lui delegato, se vi è
pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, con
cauzione o senza. L’autorizzazione è data con decreto scritto in
calce al precetto e trascritto a cura dell’ufficiale giudiziario nella
copia da notificarsi.
TITOLO SECONDO
DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA
CAPO PRIMO
DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE
SEZIONE PRIMA
DEI MODI E DELLE FORME DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE
483. Cumulo dei mezzi di espropriazione.
Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di
espropriazione forzata previsti dalla legge, ma, su opposizione del debitore,
il giudice dell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare
l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello
che il giudice stesso determina.
Se è iniziata anche l’esecuzione immobiliare, l’ordinanza è
pronunciata dal giudice di quest’ultima.
484. Giudice dell’esecuzione.
L’espropriazione è diretta da un giudice.
La nomina del giudice dell’esecuzione è fatta dal presidente
del tribunale, su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo entro
due giorni dalla sua formazione.
(Comma terzo: abrogato).
Si applicano al giudice dell’esecuzione le disposizioni degli articoli
174 e 175.
485. Audizione degli interessati.
Quando la legge richiede o il giudice ritiene necessario che le parti
ed eventualmente altri interessati siano sentiti, il giudice stesso fissa
con decreto l’udienza alla quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti,
il debitore ed eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti
a lui.
Il decreto è comunicato dal cancelliere.
Se risulta o appare probabile che alcuna delle parti non sia comparsa
per cause indipendenti dalla sua volontà, il giudice dell’esecuzione
fissa una nuova udienza della quale il cancelliere dà comunicazione
alla parte non comparsa.
486. Forma delle domande e delle istanze.
Le domande e le istanze che si propongono al giudice dell’esecuzione,
se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono
all’udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi.
487. Forma dei provvedimenti del giudice.
Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice
dell’esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere dal giudice
stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione.
Per le ordinanze del giudice dell’esecuzione si osservano le disposizioni
degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e quella dell’articolo
186.
488. Fascicolo dell’esecuzione.
Il cancelliere forma per ogni procedimento d’espropriazione un fascicolo,
nel quale sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere
e dall’ufficiale giudiziario, e gli atti e documenti depositati dalle parti
e dagli eventuali interessati.
Il [pretore o il] presidente del tribunale competente per l’esecuzione
o il giudice dell’esecuzione stessa può autorizzare il creditore
a depositare, in luogo dell’originale, una copia autentica del titolo esecutivo,
con obbligo di presentare l’originale a ogni richiesta del giudice.
489. Luogo delle notificazioni e delle comunicazioni.
Le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti si fanno
nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell’atto di precetto;
quelle ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel domicilio
eletto nella domanda d’intervento.
In mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio
le notificazioni possono farsi presso la cancelleria del giudice competente
per l’esecuzione.
490. Pubblicità degli avvisi.
Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica
notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il
pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio
giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo.
In caso d’espropriazione immobiliare il medesimo avviso è inserito
nel Foglio degli annunzi legali della provincia in cui ha sede lo stesso
ufficio giudiziario.
Il giudice può anche disporre che l’avviso sia inserito una
o più volte in determinati giornali e, quando occorre, che sia divulgato
con le forme della pubblicità commerciale.
SEZIONE SECONDA
DEL PIGNORAMENTO
491. Inizio dell’espropriazione.
Salva l’ipotesi prevista nell’articolo 502, l’espropriazione forzata
si inizia col pignoramento.
492. Forma del pignoramento.
Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento
consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di
astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito
esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i
frutti di essi.
Quando la legge richiede che l’ufficiale giudiziario nel compiere il
pignoramento sia munito del titolo esecutivo, [il pretore o] il presidente
del tribunale competente per l’esecuzione può concedere al creditore
l’autorizzazione prevista nell’articolo 488, secondo comma.
493. Pignoramenti su istanza di più creditori.
Più creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo
bene.
Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può
essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori.
Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito
ad altri in unico processo.
494. Pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario.
Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani
dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle
spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.
All’atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma
versata.
Può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando
nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di
pignoramento, una somma di denaro eguale all’importo del credito o dei
crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi.
495. Conversione del pignoramento.
In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore può
chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro
pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante
e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e
delle spese.
Unitamente all’istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena
di inammissibilità, una somma non inferiore ad un quinto dell’importo
del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti
dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti
i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma
è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato
dal giudice.
La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza
dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta
giorni dal deposito dell’istanza di conversione.
Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice
con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati
motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine
massimo di nove mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata
degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto,
al tasso legale.
Qualora il debitore ometta il versamento dell’importo determinato dal
giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre quindici
giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma,
le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell’esecuzione,
su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di
titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi.
Con l’ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che
le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata
vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento
con il versamento dell’intera somma.
L’istanza può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità.
496. Riduzione del pignoramento.
Su istanza del debitore o anche d’ufficio, quando il valore dei beni
pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti di cui
all’articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e
i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento.
497. Cessazione dell’efficacia del pignoramento.
Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi
novanta giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita.
SEZIONE TERZA
DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
498. Avviso ai creditori iscritti.
Debbono essere avvertiti dell’espropriazione i creditori che sui beni
pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri.
A tal fine è notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore
pignorante ed entro cinque giorni dal pignoramento, un avviso contenente
l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede,
del titolo e delle cose pignorate.
In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può
provvedere sull’istanza di assegnazione o di vendita.
499. Intervento.
Oltre i creditori indicati nell’articolo precedente, possono intervenire
nell’esecuzione gli altri creditori, ancorché non privilegiati.
Il ricorso deve contenere l’indicazione del credito e quella del titolo
di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata
e la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in
cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione.
500. Effetti dell’intervento.
L’intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della
somma ricavata, e, secondo le disposizioni contenute nei capi seguenti,
può anche dare diritto a partecipare all’espropriazione del bene
pignorato e a provocarne i singoli atti.
SEZIONE QUARTA
DELLA VENDITA E DELL’ASSEGNAZIONE
501. Termine dilatorio dal pignoramento.
L’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può
essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento, tranne che
per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l’assegnazione
o la vendita immediata.
502. Termine per l’assegnazione o la vendita del pegno.
Salve le disposizioni speciali del codice civile, per l’espropriazione
delle cose date in pegno e dei mobili soggetti ad ipoteca si seguono le
norme del presente codice, ma l’assegnazione o la vendita può essere
chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento.
In tal caso il termine per l’istanza di assegnazione o di vendita decorre
dalla notificazione del precetto.
503. Modi della vendita forzata.
La vendita forzata può farsi con incanto o senza, secondo le
forme previste nei capi seguenti.
504. Cessazione della vendita forzata.
Se la vendita è fatta in più volte o in più lotti,
deve cessare quando il prezzo già ottenuto raggiunge l’importo delle
spese e dei crediti menzionati nell’articolo 495, primo comma.
505. Assegnazione.
Il creditore pignorante può chiedere l’assegnazione dei beni
pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi seguenti.
Se sono intervenuti altri creditori, l’assegnazione può essere
chiesta a vantaggio di uno solo o di più, d’accordo fra tutti.
506. Valore minimo per l’assegnazione.
L’assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore
alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore
a quello dell’offerente.
Se il valore eccede quello indicato nel comma precedente, sull’eccedenza
concorrono l’offerente e gli altri creditori, osservate le cause di prelazione
che li assistono.
507. Forma dell’assegnazione.
L’assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell’esecuzione
contenente l’indicazione dell’assegnatario, del creditore pignorante, di
quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo proprietario,
del bene assegnato e del prezzo di assegnazione.
508. Assunzione di debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario.
Nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o
da ipoteca, l’aggiudicatario o assegnatario, con l’autorizzazione del giudice
dell’esecuzione, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario
l’assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando il
debitore.
In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve
menzionare l’assunzione del debito.
SEZIONE QUINTA
DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
509. Composizione della somma ricavata.
La somma da distribuire è formata da quanto proviene a titolo
di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento
delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell’aggiudicatario.
510. Distribuzione della somma ricavata.
Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri
creditori, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore
del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale,
interessi e spese.
In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita
tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti,
con riguardo alle cause legittime di prelazione.
Il residuo della somma ricavata è consegnato al debitore o al
terzo che ha subito l’espropriazione.
511. Domanda di sostituzione.
I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono
chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a norma dell’articolo
499, secondo comma.
Il giudice dell’esecuzione provvede alla distribuzione anche nei loro
confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare
la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti.
512. Risoluzione delle controversie.
Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti
o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa
la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza
di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione provvede all’istruzione
della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti
al giudice competente a norma dell’articolo 17, fissando un termine perentorio
per la riassunzione.
Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla
distribuzione della parte della somma ricavata non controversa.
CAPO SECONDO
DELL’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE
SEZIONE PRIMA
DEL PIGNORAMENTO
513. Ricerca delle cose da pignorare.
L’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto,
può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli
altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona
del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro.
Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere
la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone
che disturbano l’esecuzione del pignoramento, l’ufficiale giudiziario provvede
secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l’assistenza della
forza pubblica.
Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, su ricorso
del creditore, può autorizzare con decreto l’ufficiale giudiziario
a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti
al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre.
In ogni caso l’ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento,
secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il terzo
possessore consente di esibirgli.
514. Cose mobili assolutamente impignorabili.
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di
legge, non si possono pignorare:
1) le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto;
2) l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per
la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba,
i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se
a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente
ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore
ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi
i mobili, meno i letti di rilevante valore economico, anche per accertato
pregio artistico o di antiquariato;
3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento
del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente;
4) gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio
della professione, dell’arte o del mestiere del debitore;
5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare
per l’adempimento di un pubblico servizio;
6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in genere gli
scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte
di una collezione.
515. Cose mobili relativamente impignorabili.
Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e
la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente dall’immobile
soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il giudice dell’esecuzione,
su istanza del debitore e sentito il creditore, può escludere dal
pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose suindicate
che sono di uso necessario per la coltura del fondo, o può anche
permetterne l’uso, sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro
conservazione e ricostituzione.
Le stesse disposizioni il giudice dell’esecuzione può dare relativamente
alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del
fondo.
516. Cose pignorabili in particolari circostanze di tempo.
I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere
pignorati separatamente dall’immobile a cui accedono, se non nelle ultime
sei settimane anteriori al tempo ordinario della loro maturazione, tranne
che il creditore pignorante si assuma le maggiori spese della custodia.
I bachi da seta possono essere pignorati solo quando sono nella maggior
parte sui rami per formare il bozzolo.
517. Scelta delle cose da pignorare.
Il pignoramento, quando non v’è pregiudizio per il creditore,
deve essere eseguito preferibilmente sulle cose indicate dal debitore.
In ogni caso l’ufficiale giudiziario deve preferire il danaro contante,
gli oggetti preziosi e i titoli di credito che ritiene di sicura realizzazione.
518. Forma del pignoramento.
L’ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale,
nel quale dà atto dell’ingiunzione di cui all’articolo 492 e descrive
le cose pignorate, determinandone approssimativamente il valore, con l’assistenza,
quando occorre, di uno stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade
su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo o su bachi da seta,
l’ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l’ubicazione.
Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario fa relazione delle disposizioni
date per conservare le cose pignorate.
Se il debitore non è presente, l’ufficiale giudiziario rivolge
l’ingiunzione alle persone indicate nell’articolo 139, secondo comma, e
consegna loro un avviso dell’ingiunzione stessa per il debitore. In mancanza
di dette persone affigge l’avviso alla porta dell’immobile in cui ha eseguito
il pignoramento.
Il processo verbale col titolo esecutivo e il precetto deve essere
depositato in cancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delle
operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione.
519. Tempo del pignoramento.
Il pignoramento non può essere eseguito nei giorni festivi,
né fuori delle ore indicate nell’articolo 147, salvo che ne sia
data autorizzazione dal presidente del tribunale o da un giudice da lui
delegato.
Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte può essere proseguito
fino al suo compimento.
520. Custodia dei mobili pignorati.
L’ufficiale giudiziario consegna al cancelliere del tribunale il danaro,
i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il
danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi
giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi
nei modi che il giudice dell’esecuzione determina.
Per la conservazione delle altre cose l’ufficiale giudiziario provvede
trasportandole in un luogo di pubblico deposito o affidandole a un custode.
521. Nomina e obblighi del custode.
Non possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge senza
il consenso del debitore, né il debitore o le persone della sua
famiglia che convivono con lui senza il consenso del creditore.
Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua
nomina.
Al fine della conservazione delle cose pignorate, l’ufficiale giudiziario
autorizza il custode a lasciarle nell’immobile appartenente al debitore
o a trasportarle altrove.
Il custode non può usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione
del giudice dell’esecuzione e deve rendere il conto a norma dell’articolo
593.
522. Compenso del custode.
Il custode non ha diritto a compenso se non l’ha chiesto e se non gli
è stato riconosciuto dall’ufficiale giudiziario all’atto della nomina.
Nessun compenso può attribuirsi alle persone indicate nel primo
comma dell’articolo precedente.
523. Unione di pignoramenti.
L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già iniziato
da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui.
Essi redigono unico processo verbale.
524. Pignoramento successivo.
L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già compiuto,
ne dà atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente
pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare
nel processo verbale che non ve ne sono.
Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel
fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è
compiuto anteriormente all’udienza prevista nell’articolo 525, secondo
comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita
dei beni pignorati nella ipotesi prevista nel terzo comma dell’articolo
525. In tale caso il cancelliere ne dà notizia al creditore primo
pignorante e l’esecuzione si svolge in unico processo.
Il pignoramento successivo, se è compiuto dopo l’udienza di
cui sopra ovvero dopo la presentazione del ricorso predetto, ha gli effetti
di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento.
Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato processo.
SEZIONE SECONDA
DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
525. Condizione e tempo dell’intervento.
Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei
confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile.
Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l’intervento deve avere
luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita
o per l’assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia
al creditore pignorante.
Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell’articolo
518, non superi lire dieci milioni, l’intervento di cui al comma precedente
deve avere luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista
dall’articolo 529.
526. Facoltà dei creditori intervenuti.
I creditori intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma
dell’articolo precedente partecipano all’espropriazione dei mobili pignorati
e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
527. Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione.
Ai creditori intervenuti a norma dell’articolo 525, secondo e terzo
comma, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all’udienza
o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi
alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l’esistenza di altri beni
del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento
se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese
necessarie per l’estensione.
Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle
indicazioni loro fatte o non rispondono all’invito entro il termine di
dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito
in sede di distribuzione.
528. Intervento tardivo.
I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata
nell’articolo 525, secondo comma, ovvero oltre la data di presentazione
del ricorso per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell’ipotesi
prevista nell’articolo 525, terzo comma, ma prima del provvedimento di
distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata
che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di
quelli intervenuti in precedenza.
I creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate,
anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione
della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione.
SEZIONE TERZA
DELL’ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA
529. Istanza di assegnazione o di vendita.
Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante
e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere
la distribuzione del danaro e la vendita di tutti gli altri beni.
Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta dal
listino di borsa o di mercato possono chiedere anche l’assegnazione.
Al ricorso si deve unire il certificato d’iscrizione dei privilegi
gravanti sui mobili pignorati.
530. Provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della
vendita.
Sull’istanza di cui all’articolo precedente il giudice dell’esecuzione
fissa l’udienza per l’audizione delle parti.
All’udienza le parti possono fare osservazioni circa l’assegnazione
e circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre,
a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già
decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle
parti comparse, il giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza l’assegnazione
o la vendita.
Se vi sono opposizioni il giudice dell’esecuzione le decide con sentenza
e dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita.
Qualora ricorra l’ipotesi prevista dal terzo comma dell’articolo 525,
e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso,
il giudice dell’esecuzione provvederà con decreto per l’assegnazione
o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti,
ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto
dal terzo comma dell’articolo 525.
531. Vendita di frutti pendenti o di speciali beni mobili.
La vendita di frutti pendenti non può essere disposta se non
per il tempo della loro maturazione, salvo diverse consuetudini locali.
La vendita dei bachi da seta non può essere fatta prima che
siano in bozzoli.
Delle cose indicate nell’articolo 515 il giudice dell’esecuzione può
differire la vendita per il periodo che ritiene necessario a soddisfare
le esigenze dell’azienda agraria.
532. Vendita a mezzo di commissionario.
Quando lo ritiene opportuno, il giudice dell’esecuzione può
disporre che le cose pignorate siano affidate a un commissionario, affinché
proceda alla vendita.
Nello stesso provvedimento il giudice dell’esecuzione, sentito quando
occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo
globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita,
e può imporre al commissionario una cauzione.
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, la
vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato.
533. Obblighi del commissionario.
Il commissionario non può vendere se non per contanti. Egli
è tenuto in ogni caso a documentare le operazioni di vendita mediante
certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei quali
deve essere consegnato al cancelliere col prezzo ricavato dalla vendita,
nel termine stabilito dal giudice dell’esecuzione nel suo provvedimento.
Qualora la vendita senza incanto non avvenga nel termine di un mese
dal provvedimento di autorizzazione, il commissionario, salvo che il termine
sia prorogato su istanza di tutti i creditori intervenuti, deve riconsegnare
i beni, affinché siano venduti all’incanto.
Il compenso al commissionario è stabilito dal giudice dell’esecuzione
con decreto.
534. Vendita all’incanto.
Quando la vendita deve essere fatta ai pubblici incanti, il giudice
dell’esecuzione, col provvedimento di cui all’articolo 530, stabilisce
il giorno, l’ora e il luogo in cui deve eseguirsi, e ne affida l’esecuzione
al cancelliere o all’ufficiale giudiziario o a un istituto all’uopo autorizzato.
Nello stesso provvedimento il giudice dell’esecuzione può disporre
che, oltre alla pubblicità prevista dal primo comma dell’articolo
490, sia data anche una pubblicità straordinaria a norma del comma
terzo dello stesso articolo.
534-bis. Delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto.
Il [pretore] (1), con il provvedimento di cui all’articolo 530, può,
sentiti gli interessati, delegare a un notaio avente sede nel circondario
il compimento delle operazioni di vendita con incanto di beni mobili iscritti
nei pubblici registri. La delega e gli atti conseguenti sono regolati dalle
disposizioni di cui all’articolo 591-bis, in quanto compatibili con le
previsioni della presente sezione.
———
(1) Ora "giudice dell’esecuzione" a decorrere dal 2 giugno 1999.
534-ter. Ricorso al giudice dell’esecuzione.
Quando, nel corso delle operazioni di vendita con incanto, insorgono
difficoltà il notaio delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione,
il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre
reclamo avverso il predetto decreto ed avverso gli atti del notaio con
ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso
non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo
gravi motivi, disponga la sospensione.
Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617.
535. Prezzo base dell’incanto.
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il
prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente alla
vendita.
In ogni altro caso il giudice dell’esecuzione, nel provvedimento di
cui all’articolo 530, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo
di apertura dell’incanto o autorizza, se le circostanze lo consigliano,
la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo.
536. Trasporto e ricognizione delle cose da vendere.
Chi è incaricato della vendita fa trasportare, quando occorre,
le cose pignorate nel luogo stabilito per l’incanto, e può richiedere
l’intervento della forza pubblica.
In ogni caso, prima di addivenire agli incanti deve fare, in concorso
col custode, la ricognizione degli oggetti da vendersi, confrontandoli
con la descrizione contenuta nel processo verbale di pignoramento.
537. Modo dell’incanto.
Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo
la convenienza, per il prezzo base di cui all’articolo 535. L’aggiudicazione
al maggiore offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione
del prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta.
Se la vendita non può compiersi nel giorno stabilito, è
continuata nel primo giorno seguente non festivo.
Dell’incanto si redige processo verbale, che si deposita immediatamente
nella cancelleria.
538. Nuovo incanto.
Quando una cosa messa all’incanto resta invenduta, il cancelliere ne
dà notizia alle parti.
Se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l’assegnazione
per il prezzo fissato a norma dell’articolo 535, secondo comma, il giudice
dell’esecuzione ordina un nuovo incanto nel quale è ammessa qualsiasi
offerta.
539. Vendita o assegnazione degli oggetti d’oro e d’argento.
Gli oggetti d’oro e d’argento non possono in nessun caso essere venduti
per un prezzo inferiore al valore intrinseco.
Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori.
540. Pagamento del prezzo e rivendita.
La vendita all’incanto si fa per contanti.
Se il prezzo non è pagato, si procede immediatamente a nuovo
incanto, a spese e sotto la responsabilità dell’aggiudicatario inadempiente.
La somma ricavata dalla vendita è immediatamente consegnata
al cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi giudiziari.
SEZIONE QUARTA
DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
541. Distribuzione amichevole.
Se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma ricavata
secondo un piano concordato, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore,
provvede in conformità.
542. Distribuzione giudiziale.
Se i creditori non raggiungono l’accordo di cui all’articolo precedente
o il giudice dell’esecuzione non l’approva, ognuno di essi può chiedere
che si proceda alla distribuzione della somma ricavata.
Il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, distribuisce la somma
ricavata a norma degli articoli 510 e seguenti e ordina il pagamento delle
singole quote.
CAPO TERZO
DELL’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI
SEZIONE PRIMA
DEL PIGNORAMENTO E DELL’INTERVENTO
543. Forma del pignoramento.
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore
che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente
al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti.
L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo
492:
1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo
e del precetto;
2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute
e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice;
3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune
in cui ha sede il tribunale competente;
4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice
dell’esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché questi
faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente
alla dichiarazione e agli atti ulteriori.
Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine
previsto nell’articolo 501.
L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto,
è tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria
del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488.
In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto
che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della
costituzione prevista nell’articolo 314.
544. Pegno o ipoteca a garanzia del credito pignorato.
Se il credito pignorato è garantito da pegno, s’intima a chi
detiene la cosa data in pegno di non eseguirne la riconsegna senza ordine
di giudice.
Se il credito pignorato è garantito da ipoteca, l’atto di pignoramento
deve essere annotato nei libri fondiari.
545. Crediti impignorabili.
Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause
di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale
o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata
mediante decreto.
Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di
grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure
sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione,
da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.
Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di
altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese
quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti
alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un
giudice da lui delegato.
Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i
tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura
per ogni altro credito.
Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente
non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme
predette.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali
disposizioni di legge.
546. Obblighi del terzo.
Dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto nell’articolo
543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da
lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode.
547. Dichiarazione del terzo.
Con dichiarazione all’udienza il terzo, personalmente o a mezzo di
mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è
debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento
o la consegna.
Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti
presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante
nel termine perentorio fissato dal giudice.
548. Mancata o contestata dichiarazione del terzo.
Se il terzo non compare all’udienza stabilita o, comparendo, rifiuta
di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni,
il giudice, su istanza di parte, provvede all’istruzione della causa a
norma del libro secondo.
Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio
di primo grado, può essere applicata nei suoi confronti la disposizione
dell’articolo 232, primo comma.
549. Accertamento dell’obbligo del terzo.
Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all’articolo precedente,
il giudice, se accerta l’esistenza del diritto del debitore nei confronti
del terzo, fissa alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del
processo esecutivo.
550. Pluralità di pignoramenti.
Il terzo deve indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso
di lui.
Se altri pignoramenti sono eseguiti dopo che il terzo abbia fatto la
sua dichiarazione, egli può limitarsi a richiamare la dichiarazione
precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 524, secondo e terzo comma.
551. Intervento.
L’intervento di altri creditori è regolato a norma degli articoli
525 e seguenti.
Agli effetti di cui all’articolo 526 l’intervento non deve avere luogo
oltre la prima udienza di comparizione delle parti.
SEZIONE SECONDA
DELL’ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA
552. Assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo.
Se il terzo si dichiara o è dichiarato possessore di cose appartenenti
al debitore, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, provvede per
l’assegnazione o la vendita delle cose mobili a norma degli articoli 529
e seguenti, o per l’assegnazione dei crediti a norma dell’articolo seguente.
553. Assegnazione e vendita di crediti.
Se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore di somme esigibili
immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni, il giudice
dell’esecuzione le assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti.
Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o
si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori non
ne chiedono d’accordo l’assegnazione, si applicano le regole richiamate
nell’articolo precedente per la vendita di cose mobili.
Il valore delle rendite perpetue e dei censi, quando sono assegnati
ai creditori, deve essere ragguagliato in ragione di cento lire di capitale
per cinque lire di rendita.
554. Pegno o ipoteca a garanzia del credito assegnato.
Se il credito assegnato o venduto è garantito da pegno, il giudice
dell’esecuzione dispone che la cosa data in pegno sia affidata all’assegnatario
o aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa, sentite le
parti.
Se il credito assegnato o venduto è garantito da ipoteca, il
provvedimento di assegnazione o l’atto di vendita va annotato nei libri
fondiari.
CAPO QUARTO
DELL’ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE
SEZIONE PRIMA
DEL PIGNORAMENTO
555. Forma del pignoramento.
Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al debitore
e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si indicano esattamente,
con gli estremi richiesti dal codice civile per l’individuazione dell’immobile
ipotecato, i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a
esecuzione, e gli si fa l’ingiunzione prevista nell’articolo 492.
Immediatamente dopo la notificazione l’ufficiale giudiziario consegna
copia autentica dell’atto con le note di trascrizione al competente conservatore
dei registri immobiliari, che trascrive l’atto e gli restituisce una delle
note.
Le attività previste nel comma precedente possono essere compiute
anche dal creditore pignorante, al quale l’ufficiale giudiziario, se richiesto,
deve consegnare gli atti di cui sopra.
556. Espropriazione di mobili insieme con immobili.
Il creditore può fare pignorare insieme coll’immobile anche
i mobili che lo arredano, quando appare opportuno che l’espropriazione
avvenga unitamente.
In tal caso l’ufficiale giudiziario forma atti separati per l’immobile
e per i mobili, ma li deposita insieme nella cancelleria del tribunale.
557. Deposito dell’atto di pignoramento.
L’ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare
immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione
l’atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli
dal conservatore dei registri immobiliari.
Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto
entro cinque giorni dal pignoramento e, nell’ipotesi di cui all’articolo
555, ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore
dei registri immobiliari.
Il cancelliere al momento del deposito dell’atto di pignoramento forma
il fascicolo dell’esecuzione.
558. Limitazione dell’espropriazione.
Se un creditore ipotecario estende il pignoramento a immobili non ipotecati
a suo favore, il giudice dell’esecuzione può applicare il disposto
dell’articolo 496, oppure può sospenderne la vendita fino al compimento
di quella relativa agli immobili ipotecati.
559. Custodia dei beni pignorati.
Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati
e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto
a compenso.
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto,
il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode
una persona diversa dallo stesso debitore.
560. Modo della custodia.
Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a
norma dell’articolo 593.
Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato
se non sono autorizzati dal giudice dell’esecuzione.
Con l’autorizzazione del giudice il debitore può continuare
ad abitare nell’immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari
a lui e alla sua famiglia.
Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento,
il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite,
nei limiti dello stretto necessario.
561. Pignoramento successivo.
Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto
di pignoramento trova che sugli stessi beni è stato eseguito un
altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce.
L’atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell’articolo
557 è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato
in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente
all’udienza prevista nell’articolo 563, secondo comma. In tale caso l’esecuzione
si svolge in unico processo.
Se il pignoramento successivo è compiuto dopo l’udienza di cui
sopra, si applica l’articolo 524, ultimo comma.
562. Inefficacia del pignoramento e cancellazione della trascrizione.
Se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine previsto
nell’articolo 497, il giudice dell’esecuzione con l’ordinanza di cui all’articolo
630 dispone che sia cancellata la trascrizione.
Il conservatore dei registri immobiliari provvede alla cancellazione
su presentazione dell’ordinanza.
SEZIONE SECONDA
DELL’INTERVENTO DEI CREDITORI
563. Condizioni e tempo dell’intervento.
Possono intervenire a norma dell’articolo 499 tutti coloro che nei
confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine
o a condizione.
Per gli effetti di cui all’articolo seguente l’intervento deve avere
luogo non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita.
564. Facoltà dei creditori intervenuti.
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell’articolo precedente
partecipano all’espropriazione dell’immobile pignorato e, se muniti di
titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
565. Intervento tardivo.
I creditori chirografari che intervengono oltre l’udienza indicata
nell’articolo 563, secondo comma, ma prima di quella prevista nell’articolo
596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata
che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di
quelli intervenuti in precedenza e a norma dell’articolo seguente.
566. Intervento dei creditori iscritti e privilegiati.
I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l’udienza
indicata nell’articolo 563, secondo comma, ma prima di quella prevista
nell’articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in
ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo
esecutivo, possono provocare atti dell’espropriazione.
SEZIONE TERZA
DELLA VENDITA E DELL’ASSEGNAZIONE
§ 1
DISPOSIZIONI GENERALI
567. Istanza di vendita.
Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante
e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere
la vendita dell’immobile pignorato.
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta
giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del
catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica
di cui all’articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, di data non
anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati
delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato; tale documentazione
può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze
delle visure catastali e dei registri immobiliari.
La documentazione di cui al secondo comma può essere allegata
anche a cura di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo.
Qualora non sia depositata nei termini prescritti la documentazione
di cui al secondo comma, ovvero il certificato notarile sostitutivo della
stessa, il giudice dell’esecuzione pronuncia ad istanza del debitore o
di ogni altra parte interessata o anche d’ufficio l’ordinanza di estinzione
della procedura esecutiva di cui all’articolo 630, secondo comma, disponendo
che sia cancellata la trascrizione del pignoramento. Si applica l’articolo
562, secondo comma.
568. Determinazione del valore dell’immobile.
Agli effetti dell’espropriazione il valore dell’immobile si determina
a norma dell’articolo 15, primo comma.
Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti indicati, si
determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma dell’articolo
13, ultimo comma.
Se il bene non è soggetto a tributo diretto verso lo Stato o
se per qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore determinato a
norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente inadeguato, il valore
è determinato dal giudice stesso sulla base degli elementi forniti
dalle parti e di quelli che gli può fornire un esperto da lui nominato.
569. Provvedimento per l’autorizzazione della vendita.
Sull’istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione fissa
l’udienza per l’audizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo
498 che non siano intervenuti.
All’udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le
modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza,
le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal
diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle
parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, la quale si
fa a norma degli articoli seguenti, se egli non ritiene opportuno che si
svolga col sistema dell’incanto.
Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi
il giudice dell’esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale
essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita
o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all’articolo 498 che non
sono comparsi.
§ 2
VENDITA SENZA INCANTO
570. Avviso della vendita.
Dell’ordine di vendita è dato dal cancelliere, a norma dell’articolo
490, pubblico avviso contenente l’indicazione del debitore, degli estremi
previsti nell’articolo 555 e del valore dell’immobile determinato a norma
dell’articolo 568, con l’avvertimento che maggiori informazioni possono
essere fornite dalla cancelleria del tribunale.
571. Offerte d’acquisto.
Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l’acquisto
dell’immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche
a norma dell’articolo 579, ultimo comma. L’offerente deve presentare nella
cancelleria dichiarazione contenente l’indicazione del prezzo, del tempo
e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta.
Se un termine più lungo non è fissato dall’offerente, l’offerta
non può essere revocata prima di venti giorni.
L’offerta non è efficace se è inferiore al prezzo determinato
a norma dell’articolo 568 e se l’offerente non presta cauzione in misura
non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
572. Deliberazione sull’offerta.
Sull’offerta il giudice dell’esecuzione sente le parti e i creditori
iscritti non intervenuti.
Se l’offerta non supera di almeno un quarto il valore dell’immobile
determinato a norma dell’articolo 568, è sufficiente il dissenso
di un creditore intervenuto a farla respingere.
Se supera questo limite, il giudice può fare luogo alla vendita,
quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore
vendita all’incanto.
Si applica anche in questo caso la disposizione dell’articolo 577.
573. Gara tra gli offerenti.
Se vi sono più offerte, il giudice dell’esecuzione convoca gli
offerenti e li invita a una gara sull’offerta più alta.
Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesioni degli
offerenti, il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore
offerente oppure ordinare l’incanto.
574. Provvedimenti relativi alla vendita.
Il giudice dell’esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con
decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione
del decreto, entro il quale il versamento deve farsi, e, quando questo
è avvenuto, pronuncia il decreto previsto nell’articolo 586.
Si applica anche a questa forma di vendita la disposizione dell’articolo
583.
Se il prezzo non è depositato a norma del decreto di cui al
primo comma, il giudice provvede a norma dell’articolo 587.
575. Termine delle offerte senza incanto.
Se il decreto di cui al primo comma dell’articolo precedente non è
pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell’avviso previsto nell’articolo
570, il giudice dell’esecuzione ordina l’incanto.
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il
giudice può prorogare tale termine fino a quattro mesi.
§ 3
VENDITA CON INCANTO
576. Contenuto del provvedimento che dispone la vendita.
Il giudice dell’esecuzione, quando ordina l’incanto, stabilisce, sentito
quando occorre un esperto:
1) se la vendita si deve fare in uno o più lotti;
2) il prezzo base dell’incanto determinato a norma dell’articolo 568;
3) il giorno e l’ora dell’incanto;
4) il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità
e l’incanto, nonché le eventuali forme di pubblicità straordinaria
a norma dell’articolo 490, ultimo comma;
5) l’ammontare della cauzione e il termine entro il quale deve essere
prestata dagli offerenti;
6) la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte;
7) il termine, non superiore a sessanta giorni dall’aggiudicazione,
entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità del
deposito.
L’ordinanza è pubblicata a cura del cancelliere.
577. Indivisibilità dei fondi.
La divisione in lotti non può essere disposta se l’immobile
costituisce un’unità colturale o se il frazionamento ne potrebbe
impedire la razionale coltivazione.
578. Delega a compiere la vendita.
Se una parte dei beni pignorati è situata nella circoscrizione
di altro tribunale, con l’ordinanza che dispone la vendita il giudice dell’esecuzione
può stabilire che l’incanto avvenga, per quella parte, davanti al
tribunale del luogo in cui è situata.
In tale caso, copia dell’ordinanza è trasmessa dal cancelliere
al presidente del tribunale delegato, il quale nomina un giudice per l’esecuzione
della vendita.
579. Persone ammesse agli incanti.
Salvo quanto è disposto nell’articolo seguente, ognuno, eccetto
il debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto.
Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario
munito di procura speciale.
I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare.
580. Prestazione della cauzione.
Per offrire all’incanto è necessario avere prestato la cauzione
a norma dell’ordinanza di cui all’articolo 576 e avere depositato in cancelleria
l’ammontare approssimativo delle spese di vendita.
Se l’offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito
per le spese gli vengono restituiti dopo la chiusura dell’incanto.
581. Modalità dell’incanto.
L’incanto ha luogo davanti al giudice dell’esecuzione, nella sala delle
udienze pubbliche.
Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l’offerta
precedente nella misura indicata nelle condizioni di vendita.
Allorché siano trascorsi tre minuti dall’ultima offerta senza
che ne segua un’altra maggiore, l’immobile è aggiudicato all’ultimo
offerente.
Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando essa
è superata da un’altra, anche se poi questa è dichiarata
nulla.
582. Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio dell’aggiudicatario.
L’aggiudicatario deve dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio
nel comune in cui ha sede il giudice che ha proceduto alla vendita. In
mancanza le notificazioni e comunicazioni possono essergli fatte presso
la cancelleria del giudice stesso.
583. Aggiudicazione per persona da nominare.
Il procuratore legale, che è rimasto aggiudicatario per persona
da nominare, deve dichiarare in cancelleria nei tre giorni dall’incanto
il nome della persona per la quale ha fatto l’offerta, depositando il mandato.
In mancanza, l’aggiudicazione diviene definitiva al nome del procuratore.
584. Offerte dopo l’incanto.
Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte d’acquisto
entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto
non supera di un sesto quello raggiunto nell’incanto.
Tali offerte si fanno a norma dell’articolo 571 e, prima di procedere
alla gara di cui all’articolo 573, il cancelliere dà pubblico avviso
dell’offerta più alta a norma dell’articolo 570.
585. Versamento del prezzo.
L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati
dall’ordinanza che dispone la vendita a norma dell’articolo 576, e consegnare
al cancelliere il documento comprovante l’avvenuto versamento.
Se l’immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario
o l’aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito
da ipoteca, il giudice dell’esecuzione può limitare, con suo decreto,
il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione
degli altri creditori che potranno risultare capienti.
586. Trasferimento del bene espropriato.
Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione può
sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente
inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce
all’aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta
nell’ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le
trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime
non si riferiscono a obbligazioni assuntesi dall’aggiudicatario a norma
dell’articolo 508.
Il decreto contiene altresì l’ingiunzione al debitore o al custode
di rilasciare l’immobile venduto.
Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri
fondiari e titolo esecutivo per il rilascio.
587. Inadempienza dell’aggiudicatario.
Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice
dell’esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell’aggiudicatario,
pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone
un nuovo incanto.
Per il nuovo incanto si procede a norma degli articoli 576 e seguenti.
Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta
inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente
è tenuto al pagamento della differenza.
588. Esito negativo dell’incanto.
Se la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte, ogni
creditore nel termine di dieci giorni può fare istanza di assegnazione
a norma dell’articolo seguente.
589. Istanza di assegnazione.
L’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di
una somma non inferiore a quella prevista nell’articolo 506 e al prezzo
determinato a norma dell’articolo 568.
590. Provvedimento di assegnazione.
Decorsi dieci giorni da quello dell’incanto andato deserto, il giudice
dell’esecuzione dispone l’audizione delle parti e dei creditori iscritti
non intervenuti.
All’udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede
su di esse, fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare
l’eventuale conguaglio.
Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento
a norma dell’articolo 586.
591. Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto.
All’udienza di cui all’articolo precedente il giudice dell’esecuzione,
se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, dispone
l’amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure
ordina che si proceda a nuovo incanto.
In quest’ultimo caso il giudice può stabilire diverse condizioni
di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base
inferiore di un quinto a quello precedente.
591-bis. Delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto.
Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza con la quale provvede sull’istanza
di vendita ai sensi dell’articolo 569, può, sentiti gli interessati,
delegare ad un notaio avente sede nel circondario il compimento delle operazioni
di vendita con incanto, di cui agli articoli 576 e seguenti.
Il notaio delegato provvede:
1) alla determinazione del valore dell’immobile a norma dell’articolo
568, terzo comma, anche tramite l’ausilio di un esperto nominato dal giudice;
2) ad autorizzare l’assunzione dei debiti da parte dell’aggiudicatario
o dell’assegnatario a norma dell’articolo 508;
3) sulle offerte dopo l’incanto a norma dell’articolo 584 e sul versamento
del prezzo nella ipotesi di cui all’articolo 585, secondo comma;
4) alla fissazione degli ulteriori incanti o sulla istanza di assegnazione,
ai sensi degli articoli 587, 590 e 591;
5) alla esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione
e voltura catastale del decreto di trasferimento, alla comunicazione dello
stesso a pubbliche amministrazioni negli stessi casi previsti per le comunicazioni
di atti volontari di trasferimento nonché all’espletamento delle
formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e
delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento pronunciato
dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 586;
6) a ricevere o autenticare la dichiarazione di nomina di cui all’articolo
583;
7) alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione
al giudice dell’esecuzione che, dopo avervi apportato le eventuali variazioni,
provvede ai sensi dell’articolo 596.
In caso di delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto,
il notaio provvede alla redazione dell’avviso avente il contenuto di cui
all’articolo 576, primo comma, alla sua notificazione ai creditori di cui
all’articolo 498, non intervenuti, nonché a tutti gli altri adempimenti
previsti dagli articoli 576 e seguenti. Nell’avviso va specificato che
tutte le attività, che, a norma degli articoli 576 e seguenti, debbono
essere compiute in cancelleria o davanti al giudice dell’esecuzione o dal
cancelliere o dal giudice dell’esecuzione, sono effettuate dal notaio delegato
presso il suo studio ovvero nel luogo da lui indicato.
L’avviso deve inoltre contenere l’indicazione della destinazione urbanistica
del terreno risultante dal certificato di destinazione urbanistica di cui
all’articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nonché le notizie
di cui agli articoli 17 e 40 della citata legge n. 47 del 1985; in caso
di insufficienza di tali notizie, tale da determinare le nullità
di cui all’articolo 17, primo comma, ovvero all’articolo 40, secondo comma,
della citata legge n. 47 del 1985, ne va fatta menzione nell’avviso con
avvertenza che l’aggiudicatario potrà, ricorrendone i presupposti,
avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 17, quinto comma, ed all’articolo
40, sesto comma, della medesima legge n. 47 del 1985.
Il notaio provvede altresì alla redazione del verbale d’incanto,
che deve contenere le circostanze di luogo e di tempo nelle quali l’incanto
si svolge, le generalità delle persone ammesse all’incanto, la descrizione
delle attività svolte, la dichiarazione dell’aggiudicazione provvisoria
con l’identificazione dell’aggiudicatario.
Il verbale è sottoscritto esclusivamente dal notaio ed allo
stesso non deve essere allegata la procura speciale di cui all’articolo
579, secondo comma.
Se il prezzo non è stato versato nel termine, il notaio ne dà
tempestivo avviso al giudice, trasmettendogli il fascicolo.
Avvenuto il versamento del prezzo ai sensi degli articoli 585 e 590,
terzo comma, il notaio predispone il decreto di trasferimento e trasmette
senza indugio al giudice dell’esecuzione il fascicolo; al decreto deve
essere allegato il certificato di destinazione urbanistica di cui all’articolo
18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che conserva validità per
un anno dal suo rilascio, o, in caso di scadenza, altro certificato sostitutivo;
nel decreto va pure fatta menzione della situazione urbanistica dell’immobile
risultante dalla documentazione acquisita nel fascicolo processuale. Analogamente
il notaio provvede alla trasmissione del fascicolo nel caso in cui non
faccia luogo all’assegnazione o ad ulteriori incanti ai sensi dell’articolo
591.
Le somme versate dall’aggiudicatario sono depositate presso un istituto
di credito indicato dal giudice.
I provvedimenti di cui all’articolo 586 restano riservati al giudice
dell’esecuzione anche in caso di delega al notaio delle operazioni di vendita
con incanto.
591-ter. Ricorso al giudice dell’esecuzione.
Quando, nel corso delle operazioni di vendita con incanto, insorgono
difficoltà, il notaio delegato può rivolgersi al giudice
dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati
possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso
gli atti del notaio delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale
provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita
salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione.
Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617.
SEZIONE QUARTA
DELL’AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA
592. Nomina dell’amministratore giudiziario.
L’amministrazione giudiziaria dell’immobile è disposta per un
tempo non superiore a tre anni e affidata a uno o più creditori
o a un istituto all’uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti
i creditori vi consentono.
All’amministratore si applica il disposto degli articoli 65 e seguenti.
593. Rendiconto.
L’amministratore, nel termine fissato dal giudice dell’esecuzione,
e in ogni caso alla fine di ciascun trimestre, deve presentare in cancelleria
il conto della sua gestione e depositare le rendite disponibili nei modi
stabiliti dal giudice.
Al termine della gestione l’amministratore deve presentare il rendiconto
finale.
I conti parziali e quello finale debbono essere approvati dal giudice.
Questi, con ordinanza non impugnabile, risolve le contestazioni che sorgono
in merito ad essi, applicando le disposizioni degli articoli 263 e seguenti.
594. Assegnazione delle rendite.
Durante il corso dell’amministrazione giudiziaria, il giudice dell’esecuzione
può disporre che le rendite riscosse siano assegnate ai creditori
secondo le norme degli articoli 596 e seguenti.
595. Cessazione dell’amministrazione giudiziaria.
In ogni momento il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti
può chiedere che il giudice dell’esecuzione, sentite le altre parti,
proceda a nuovo incanto o all’assegnazione dell’immobile. Durante l’amministrazione
giudiziaria ognuno può fare offerta d’acquisto a norma degli articoli
571 e seguenti.
L’amministrazione cessa, e deve essere ordinato un nuovo incanto, quando
viene a scadere il termine previsto nell’ordinanza di cui all’articolo
592, tranne che il giudice, su richiesta di tutte le parti, non ritenga
di poter concedere una o più proroghe che non prolunghino complessivamente
l’amministrazione oltre i tre anni.
SEZIONE QUINTA
DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
596. Formazione del progetto di distribuzione.
Se non si può provvedere a norma dell’articolo 510, primo comma,
il giudice dell’esecuzione, non più tardi di trenta giorni dal versamento
del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente
la graduazione dei creditori che vi partecipano e lo deposita in cancelleria
affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando
l’udienza per la loro audizione.
Tra la comunicazione dell’invito e l’udienza debbono intercorrere almeno
dieci giorni.
597. Mancata comparizione.
La mancata comparizione alla prima udienza e in quella fissata a norma
dell’articolo 485, ultimo comma, importa approvazione del progetto per
gli effetti di cui all’articolo seguente.
598. Approvazione del progetto.
Se il progetto è approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte
le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell’esecuzione
ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione
dell’articolo 512.
CAPO QUINTO
DELL’ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI
599. Pignoramento.
Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari
sono obbligati verso il creditore.
In tal caso del pignoramento è notificato avviso, a cura del
creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è
fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose
comuni senza ordine di giudice.
600. Convocazione dei comproprietari.
Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei
comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è
possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore.
Se la separazione non è possibile, può ordinare la vendita
della quota indivisa o disporre che si proceda alla divisione a norma del
codice civile.
601. Divisione.
Se si deve procedere alla divisione, l’esecuzione è sospesa
finché sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra
le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all’articolo
627.
Avvenuta la divisione, la vendita o l’assegnazione dei beni attribuiti
al debitore ha luogo secondo le norme contenute nei capi precedenti.
CAPO SESTO
DELL’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO
602. Modo dell’espropriazione.
Quando oggetto dell’espropriazione è un bene gravato da pegno
o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da
parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni
contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli
che seguono.
603. Notificazione del titolo esecutivo e del precetto.
Il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al
terzo.
Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo
che si intende espropriare.
604. Disposizioni particolari.
Il pignoramento e in generale gli atti d’espropriazione si compiono
nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative
al debitore, tranne il divieto di cui all’articolo 579, primo comma.
Ogni volta che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il debitore,
è sentito anche il terzo.
TITOLO TERZO
DELL’ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO
605. Precetto per consegna o rilascio.
Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili
deve contenere, oltre le indicazioni di cui all’articolo 480, anche la
descrizione sommaria dei beni stessi.
Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del
rilascio, l’intimazione va fatta con riferimento a tale termine.
606. Modo della consegna.
Decorso il termine indicato nel precetto, l’ufficiale giudiziario,
munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le
cose si trovano e le ricerca a norma dell’articolo 513; quindi ne fa consegna
alla parte istante o a persona da lei designata.
607. Cose pignorate.
Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può
avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante
opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti.
608. Modo del rilascio.
L’ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte,
che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà.
Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale giudiziario, munito del
titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo
uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’articolo 513, immette
la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile,
del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di
riconoscere il nuovo possessore.
609. Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione.
Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta
al rilascio e che non debbono essere consegnate, l’ufficiale giudiziario,
se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporne la
custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle,
o il trasporto in altro luogo.
Se le cose sono pignorate o sequestrate, l’ufficiale giudiziario dà
immediatamente notizia dell’avvenuto rilascio al creditore su istanza del
quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell’esecuzione
per l’eventuale sostituzione del custode.
610. Provvedimenti temporanei.
Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono
dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’esecuzione,
anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti.
611. Spese dell’esecuzione.
Nel processo verbale l’ufficiale giudiziario specifica tutte le spese
anticipate dalla parte istante.
La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell’esecuzione
con decreto che costituisce titolo esecutivo.
TITOLO QUARTO
DELL’ESECUZIONE FORZATA DI OBBLIGHI DI FARE E DI NON FARE
612. Provvedimento.
Chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna
per violazione di un obbligo di fare, o di non fare dopo la notificazione
del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell’esecuzione che
siano determinate le modalità dell’esecuzione.
Il giudice dell’esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella
sua ordinanza designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione
e le persone che debbono provvedere al compimento dell’opera non eseguita
o alla distruzione di quella compiuta.
613. Difficoltà sorte nel corso dell’esecuzione.
L’ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica
e deve chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per
eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell’esecuzione. Il
giudice dell’esecuzione provvede con decreto.
614. Rimborso delle spese.
Al termine dell’esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta
al giudice dell’esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall’ufficiale
giudiziario, con domanda di decreto d’ingiunzione.
Il giudice dell’esecuzione, quando riconosce giustificate le spese
denunciate, provvede con decreto a norma dell’articolo 642.
TITOLO QUINTO
DELLE OPPOSIZIONI
CAPO PRIMO
DELLE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEL TERZO ASSOGGETTATO ALL’ESECUZIONE
SEZIONE PRIMA
DELLE OPPOSIZIONI ALL’ESECUZIONE
615. Forma dell’opposizione.
Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione
forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione
al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore
e per territorio a norma dell’articolo 27.
Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma
precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono
con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa. Questi fissa con decreto
l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine
perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
616. Provvedimenti del giudice dell’esecuzione.
Se competente per la causa è l’ufficio giudiziario al quale
appartiene il giudice dell’esecuzione, questi provvede all’istruzione a
norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti rimette le parti davanti
all’ufficio giudiziario competente per valore, assegnando un termine perentorio
per la riassunzione della causa.
SEZIONE SECONDA
DELLE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI
617. Forma dell’opposizione.
Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo
e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti
al giudice indicato nell’articolo 480, terzo comma, con atto di citazione
da notificarsi nel termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione
del titolo esecutivo o del precetto.
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile
proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione
del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si
propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio
di cinque giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo
esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono
compiuti.
618. Provvedimenti del giudice dell’esecuzione.
Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione
delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione
del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, i provvedimenti
opportuni.
All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili
e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti all’istruzione della causa,
che è poi decisa [dal collegio] con sentenza non impugnabile.
Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma
dell’articolo precedente, primo comma.
SEZIONE TERZA
OPPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO, DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA
618-bis. Procedimento.
Per le materie trattate nei capi I e II del titolo IV del libro secondo,
le opposizioni all’esecuzione e gli atti esecutivi sono disciplinate dalle
norme previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili.
Resta ferma la competenza del giudice dell’esecuzione nei casi previsti
dal secondo comma dell’articolo 615 e dal secondo comma dell’articolo 617.
CAPO SECONDO
DELLE OPPOSIZIONI DI TERZI
619. Forma dell’opposizione.
Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale
sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice
dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei
beni.
Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti
davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso
e del decreto.
Se all’udienza le parti non raggiungono un accordo, il giudice, quando
è competente l’ufficio giudiziario al quale appartiene, provvede
all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti
fissa all’opponente un termine perentorio per la riassunzione della causa
davanti all’ufficio giudiziario competente per valore.
620. Opposizione tardiva.
Se in seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita dei
beni mobili o se l’opposizione è proposta dopo la vendita stessa,
i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata.
621. Limiti della prova testimoniale.
Il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto
sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne
che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione
o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
622. Opposizione della moglie del debitore (1).
L’opposizione non può essere proposta dalla moglie convivente
col debitore, relativamente ai beni mobili pignorati nella casa di lui,
tranne che per i beni dotali o per i beni che essa provi, con atto di data
certa, esserle appartenuti prima del matrimonio o esserle pervenuti per
donazione o successione a causa di morte.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 15 dicembre 1967, n. 143 (in
Rivista delle Cancellerie, 1968, 54) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo.
TITOLO SESTO
DELLA SOSPENSIONE E DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
CAPO PRIMO
DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO
623. Limiti della sospensione.
Salvo che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti
al quale è impugnato il titolo esecutivo, l’esecuzione forzata non
può essere sospesa che con provvedimento del giudice dell’esecuzione.
624. Sospensione per opposizione all’esecuzione.
Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli
615, secondo comma, e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi
motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza.
Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della
somma ricavata quando sorge una delle controversie previste nell’articolo
512.
625. Procedimento.
Sull’istanza per la sospensione del processo di cui all’articolo precedente,
il giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza, sentite le parti.
Nei casi urgenti, il giudice può disporre la sospensione con
decreto, nel quale fissa l’udienza di comparizione delle parti. All’udienza
provvede con ordinanza.
626. Effetti della sospensione.
Quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può
essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione.
627. Riassunzione.
Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine
perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non più
tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado
o dalla comunicazione della sentenza d’appello che rigetta l’opposizione.
628. Sospensione del termine di efficacia del pignoramento.
L’opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del termine
previsto nell’articolo 497.
CAPO SECONDO
DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
629. Rinuncia.
Il processo si estingue se, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione,
il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo
rinunciano agli atti.
Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti
i creditori concorrenti.
In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell’articolo 306.
630. Inattività delle parti.
Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo
esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono
nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice.
L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte
interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto dell’articolo
successivo. L’estinzione è dichiarata con ordinanza del giudice
dell’esecuzione, la quale è comunicata a cura del cancelliere, se
è pronunciata fuori dell’udienza.
Contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione ovvero rigetta l’eccezione
relativa è ammesso reclamo con l’osservanza delle forme di cui all’articolo
178, terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio
con sentenza (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 17 dicembre 1981, n. 195 (in
Rivista delle Cancellerie, 1982, 45) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui non estende, in relazione
al precedente articolo 629, il reclamo previsto dall’ultimo comma del presente
articolo 630, all’ordinanza del giudice dell’esecuzione dichiarativa dell’estinzione
del processo esecutivo per rinuncia agli atti.
631. Mancata comparizione all’udienza.
Se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta
all’udienza, il giudice dell’esecuzione fissa una udienza successiva di
cui il cancelliere dà comunicazione alle parti.
Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice dichiara
con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo.
Si applica l’ultimo comma dell’articolo precedente.
632. Effetti dell’estinzione del processo.
Con l’ordinanza che pronuncia l’estinzione è disposta sempre
la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Con la medesima ordinanza
il giudice dell’esecuzione provvede alla liquidazione delle spese sostenute
dalle parti, se richiesto, e alla liquidazione dei compensi spettanti all’eventuale
delegato ai sensi dell’articolo 591-bis.
Se l’estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell’aggiudicazione
o dell’assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti; se avviene
dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione, la somma ricavata è consegnata
al debitore.
Avvenuta l’estinzione del processo, il custode rende al debitore il
conto, che è discusso e chiuso davanti al giudice dell’esecuzione.
Si applica la disposizione dell’articolo 310, ultimo comma.
Libro quarto
Dei procedimenti speciali
TITOLO PRIMO
DEI PROCEDIMENTI SOMMARI
CAPO PRIMO
DEL PROCEDIMENTO D’INGIUNZIONE
633. Condizioni di ammissibilità.
Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro
o di una determinata quantità di cose fungibili o di chi ha diritto
alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia
ingiunzione di pagamento o di consegna:
1) se del diritto fatto valere si dà prova scritta;
2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali
o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali
giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di
un processo;
3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai
notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti
una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente
approvata.
L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende
da una controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente
offra elementi atti a far presumere l’adempimento della controprestazione
o l’avveramento della condizione.
L’ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione
all’intimato di cui all’articolo 643 deve avvenire fuori della Repubblica
o dei territori soggetti alla sovranità italiana.
634. Prova scritta.
Sono prove scritte idonee a norma del numero 1) dell’articolo precedente
le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi,
anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile.
Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché
per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un’attività
commerciale, anche a persone che non esercitano tale attività, sono
altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture
contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché
bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché
gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi
tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite
per tali scritture.
635. Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici.
Per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o
vigilanza dello Stato, sono prove idonee anche i libri o registri della
pubblica amministrazione, quando un funzionario all’uopo autorizzato o
un notaio ne attesta la regolare tenuta a norma delle leggi e dei regolamenti.
Restano salve le disposizioni delle leggi sulla riscossione delle entrate
patrimoniali dello Stato e degli enti o istituti sopra indicati.
Per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti di previdenza
e di assistenza dei contributi relativi ai rapporti indicati nell’articolo
459 (1), sono altresì prove idonee gli accertamenti eseguiti dall’ispettorato
del lavoro e dai funzionari degli enti.
———
(1) Vedi ora l’articolo 442 c.p.c..
636. Parcella delle spese e prestazioni.
Nei casi previsti nei numeri 2) e 3) dell’articolo 633, la domanda
deve essere accompagnata dalla parcella delle spese e prestazioni, munita
della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente
associazione professionale. Il parere non occorre se l’ammontare delle
spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie.
Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell’articolo 640, deve
attenersi al parere nei limiti della somma domandata, salva la correzione
degli errori materiali.
637. Giudice competente.
Per l’ingiunzione è competente il giudice di pace o, in composizione
monocratica, il tribunale che sarebbe competente per la domanda proposta
in via ordinaria.
Per i crediti previsti nel numero 2) dell’articolo 633 è competente
anche l’ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito
si riferisce.
Gli avvocati o i notai possono altresì proporre domanda d’ingiunzione
contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo ove
ha sede il consiglio dell’ordine al cui albo sono iscritti o il consiglio
notarile dal quale dipendono.
638. Forma della domanda e deposito.
La domanda d’ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i
requisiti indicati nell’articolo 125, l’indicazione delle prove che si
producono. Il ricorso deve contenere altresì l’indicazione del procuratore
del ricorrente oppure, quando è ammessa la costituzione di persona,
la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune dove
ha sede il giudice adito.
Se manca l’indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza
o l’elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente possono essere
fatte presso la cancelleria.
Il ricorso è depositato in cancelleria insieme con i documenti
che si allegano; questi non possono essere ritirati fino alla scadenza
del termine stabilito nel decreto d’ingiunzione a norma dell’articolo 641.
639. Ricorso per consegna di cose fungibili.
Quando la domanda riguarda la consegna di una determinata quantità
di cose fungibili, il ricorrente deve dichiarare la somma di danaro che
è disposto ad accettare in mancanza della prestazione in natura,
a definitiva liberazione dell’altra parte. Il giudice, se ritiene la somma
dichiarata non proporzionata, prima di pronunciare sulla domanda può
invitare il ricorrente a produrre un certificato della Camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura.
640. Rigetto della domanda.
Il giudice, se ritiene insufficientemente giustificata la domanda,
dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a
provvedere alla prova.
Se il ricorrente non risponde all’invito o non ritira il ricorso oppure
se la domanda non è accoglibile, il giudice la rigetta con decreto
motivato.
Tale decreto non pregiudica la riproposizione della domanda, anche
in via ordinaria.
641. Accoglimento della domanda.
Se esistono le condizioni previste nell’articolo 633, il giudice, con
decreto motivato, ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare
la cosa o la quantità di cose chieste o invece di queste la somma
di cui all’articolo 639 nel termine di quaranta giorni, con l’espresso
avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione
a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà
a esecuzione forzata.
Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto
sino a dieci giorni oppure aumentato sino a sessanta. [Se l’intimato risiede
nelle province libiche o in territori soggetti alla sovranità italiana,
il termine non può essere minore di trenta, né maggiore di
centoventi giorni].
Nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno
già efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni, il giudice
liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 31 dicembre 1986, n. 303 (in
Rivista delle Cancellerie, 1987, 96) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma, limitatamente alle parole "eccetto per
quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva
secondo le vigenti disposizioni".
642. Esecuzione provvisoria.
Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno
circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da
notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza
del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione,
autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando
il termine ai soli effetti dell’opposizione.
L’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è
pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice può imporre
al ricorrente una cauzione.
In tali casi il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza
l’osservanza del termine di cui all’articolo 482.
643. Notificazione del decreto.
L’originale del ricorso e del decreto rimane depositato in cancelleria.
Il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma
degli articoli 137 e seguenti.
La notificazione determina la pendenza della lite.
644. Mancata notificazione del decreto.
Il decreto d’ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione
non sia eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se deve
avvenire nel territorio della Repubblica [escluse le province libiche],
e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta.
645. Opposizione.
L’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene
il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al
ricorrente nei luoghi di cui all’articolo 638. Contemporaneamente l’ufficiale
giudiziario deve notificare avviso dell’opposizione al cancelliere affinché
ne prenda nota sull’originale del decreto.
In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del
procedimento ordinario davanti al giudice adito; ma i termini di comparizione
sono ridotti a metà.
646. Opposizione ai decreti riguardanti crediti di lavoro.
Quando il decreto è stato pronunciato per crediti dipendenti
da rapporti individuali di lavoro, entro cinque giorni dalla notificazione
l’atto di opposizione deve essere denunciato a norma dell’articolo 430
all’associazione sindacale legalmente riconosciuta alla quale appartiene
l’opponente.
In tale caso il termine per la comparizione in giudizio decorre dalla
scadenza del ventesimo giorno successivo a quello della notificazione dell’opposizione.
Durante il corso del termine stabilito per il tentativo di conciliazione,
l’opponente può chiedere con ricorso al giudice la sospensione dell’esecuzione
provvisoria del decreto. Il giudice provvede con decreto, che, in caso
di accoglimento dell’istanza, deve essere notificato alla controparte.
647. Esecutorietà per mancata opposizione o per mancata attività
dell’opponente.
Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure
l’opponente non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il
decreto, su istanza anche verbale del ricorrente, lo dichiara esecutivo.
Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione,
quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza
del decreto.
Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente
articolo, l’opposizione non può essere più proposta né
proseguita, salvo il disposto dell’articolo 650, e la cauzione eventualmente
prestata è liberata.
648. Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione.
Il giudice istruttore, se l’opposizione non è fondata su prova
scritta o di pronta soluzione, può concedere, con ordinanza non
impugnabile, l’esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già
stata concessa a norma dell’articolo 642.
Deve in ogni caso concederla, se la parte che l’ha chiesta offre cauzione
per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 4 maggio 1984, n. 137 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui
dispone che nel giudizio di opposizione il giudice istruttore, se la parte
che ha chiesto l’esecuzione provvisoria del decreto di ingiunzione offre
cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni, debba
e non già possa concederla solo dopo aver delibato gli elementi
probatori di cui al primo comma, e la corrispondenza della offerta cauzione
all’entità degli oggetti indicati nel secondo comma di questo stesso
articolo.
649. Sospensione dell’esecuzione provvisoria.
Il giudice istruttore, su istanza dell’opponente, quando ricorrono
gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’esecuzione
provvisoria del decreto concesso a norma dell’articolo 642.
650. Opposizione tardiva.
L’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine
fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza
per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza
maggiore (1).
In questo caso l’esecutorietà può essere sospesa a norma
dell’articolo precedente.
L’opposizione non è più ammessa decorsi dieci giorni
dal primo atto di esecuzione.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 20 maggio 1976, n. 120 (in
Rivista delle Cancellerie, 1976, 163) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui non consente l’opposizione
tardiva dell’intimato che, pur avendo avuto conoscenza del decreto ingiuntivo,
non abbia potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione
entro il termine fissato nel decreto.
651. Deposito per il caso di soccombenza.
(Abrogato).
652. Conciliazione.
Se nel giudizio di opposizione le parti si conciliano, il giudice,
con ordinanza non impugnabile, dichiara o conferma l’esecutorietà
del decreto, oppure riduce la somma o la quantità a quella stabilita
dalle parti. In quest’ultimo caso, rimane ferma la validità degli
atti esecutivi compiuti e dell’ipoteca iscritta, fino a concorrenza della
somma o quantità ridotta. Della riduzione deve effettuarsi apposita
annotazione nei registri immobiliari.
653. Rigetto o accoglimento parziale dell’opposizione.
Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato
o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza
l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito,
acquista efficacia esecutiva.
Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo
è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione
già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti
della somma o della quantità ridotta.
Con la sentenza che rigetta totalmente o in parte l’opposizione avverso
il decreto ingiuntivo emesso sulla base dei titoli aventi efficacia esecutiva
in base alle vigenti disposizioni, il giudice liquida anche le spese e
gli onorari del decreto ingiuntivo (1).
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 31 dicembre 1986, n. 303 (in
Rivista delle Cancellerie, 1987, 96) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma.
654. Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione.
L’esecutorietà non disposta con la sentenza o con l’ordinanza
di cui all’articolo precedente è conferita con decreto del giudice
che ha pronunciato l’ingiunzione scritto in calce all’originale del decreto
di ingiunzione.
Ai fini dell’esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto
esecutivo; ma nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha
disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula.
655. Iscrizione d’ipoteca.
I decreti dichiarati esecutivi a norma degli articoli 642, 647 e 648,
e quelli rispetto ai quali è rigettata l’opposizione costituiscono
titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.
656. Impugnazioni.
Il decreto d’ingiunzione, divenuto esecutivo a norma dell’articolo
647, può impugnarsi per revocazione nei casi indicati nei numeri
1), 2), 5) e 6) dell’articolo 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti
nell’articolo 404, secondo comma.
CAPO SECONDO
DEL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO
657. Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione.
Il locatore o il concedente può intimare al conduttore, all’affittuario
coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza per finita locazione,
prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la
convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge
o dagli usi locali.
Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione
per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del
contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è
esclusa la tacita riconduzione.
658. Intimazione di sfratto per morosità.
Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità
stabilite nell’articolo precedente anche in caso di mancato pagamento del
canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione
di pagamento per i canoni scaduti.
Se il canone consiste in derrate, il locatore deve dichiarare a norma
dell’articolo 639 la somma che è disposto ad accettare in sostituzione.
659. Rapporto di locazione d’opera.
Se il godimento di un immobile è il corrispettivo anche parziale
di una prestazione d’opera, l’intimazione di licenza o di sfratto con la
contestuale citazione per la convalida, a norma degli articoli precedenti,
può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi
causa.
660. Forma dell’intimazione.
Le intimazioni di licenza o di sfratto indicate negli articoli precedenti
debbono essere notificate a norma degli articoli 137 e seguenti, esclusa
la notificazione al domicilio eletto.
Il locatore deve dichiarare nell’atto la propria residenza o eleggere
domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito, altrimenti l’opposizione
prevista nell’articolo 668 e qualsiasi altro atto del giudizio possono
essergli notificati presso la cancelleria.
La citazione per la convalida, redatta a norma dell’articolo 125, in
luogo dell’invito e dell’avvertimento al convenuto previsti nell’articolo
163, terzo comma, numero 7), deve contenere, con l’invito a comparire nell’udienza
indicata, l’avvertimento che se non comparisce o, comparendo, non si oppone,
il giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell’articolo 663.
Tra il giorno della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza
debbono intercorrere termini liberi non minori di venti giorni. Nelle cause
che richiedono pronta spedizione il giudice può, su istanza dell’intimante,
con decreto motivato, scritto in calce all’originale e alle copie dell’intimazione,
abbreviare fino alla metà i termini di comparizione.
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria l’intimazione
con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta, oppure presentando
tali atti al giudice in udienza.
Ai fini dell’opposizione e del compimento delle attività previste
negli articoli da 663 a 666, è sufficiente la comparizione personale
dell’intimato.
Se l’intimazione non è stata notificata in mani proprie, l’ufficiale
giudiziario deve spedire avviso all’intimato dell’effettuata notificazione
a mezzo di lettera raccomandata, e allegare all’originale dell’atto la
ricevuta di spedizione.
661. Giudice competente.
Quando si intima la licenza o lo sfratto, la citazione a comparire
deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale del luogo in cui si trova
la cosa locata.
662. Mancata comparizione del locatore.
Gli effetti dell’intimazione cessano, se il locatore non comparisce
all’udienza fissata nell’atto di citazione.
663. Mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato.
Se l’intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice
convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla
citazione l’apposizione su di essa della formula esecutiva; ma il giudice
deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile
che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non
sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore.
Nel caso che l’intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto
dopo trenta giorni dalla data dell’apposizione.
Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone,
la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore
o del suo procuratore che la morosità persiste. In tal caso il giudice
può ordinare al locatore di prestare una cauzione.
664. Pagamento di canoni.
Nel caso previsto nell’articolo 658, il giudice adito pronuncia separato
decreto di ingiunzione per l’ammontare dei canoni scaduti e da scadere
fino all’esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all’intimazione.
Il decreto è steso in calce ad una copia dell’atto di intimazione
presentata dall’istante, da conservarsi in cancelleria.
Il decreto è immediatamente esecutivo, ma contro di esso può
essere proposta opposizione a norma del capo precedente. L’opposizione
non toglie efficacia all’avvenuta risoluzione del contratto.
665. Opposizione, provvedimenti del giudice.
Se l’intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta,
il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in
contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva
delle eccezioni del convenuto.
L’ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere
subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese.
(Comma terzo: abrogato).
666. Contestazione sull’ammontare dei canoni.
Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e
il convenuto nega la propria morosità contestando l’ammontare della
somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento
della somma non controversa e concedere all’uopo al convenuto un termine
non superiore a venti giorni.
Se il conduttore non ottempera all’ordine di pagamento, il giudice
convalida l’intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell’articolo 658,
pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
667. Mutamento del rito.
Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666, il giudizio
prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di
rito ai sensi dell’articolo 426.
668. Opposizione dopo la convalida.
Se l’intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata
in assenza dell’intimato, questi può farvi opposizione provando
di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della
notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (1).
Se sono decorsi dieci giorni dall’esecuzione, l’opposizione non è
più ammessa, e la cauzione, prestata a norma dell’articolo 663,
secondo comma (2), è liberata.
L’opposizione si propone davanti al tribunale nelle forme prescritte
per l’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
L’opposizione non sospende il processo esecutivo, ma il giudice, con
ordinanza non impugnabile, può disporne la sospensione per gravi
motivi, imponendo, quando lo ritiene opportuno, una cauzione all’opponente.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 18 maggio 1972, n. 89 (in
Rivista delle Cancellerie, 1972, 189) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma limitatamente alla parte in cui non consente
la tardiva opposizione dell’intimato che, pur avendo avuto conoscenza della
citazione, non sia potuto comparire all’udienza per caso fortuito o forza
maggiore.
(2) Vedi ora il terzo comma.
669. Giudizio separato per il pagamento di canoni.
Se nel caso previsto nell’articolo 658 il locatore non chiede il pagamento
dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia
impregiudicata ogni questione sui canoni stessi.
CAPO TERZO
DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI
SEZIONE PRIMA
DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI IN GENERALE
669-bis. Forma della domanda.
La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria del
giudice competente.
669-ter. Competenza anteriore alla causa.
Prima dell’inizio della causa di merito la domanda si propone al giudice
competente a conoscere del merito.
Se competente per la causa di merito è il giudice di pace, la
domanda si propone al tribunale.
Se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa
di merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per
materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento
cautelare.
A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo
d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale [o al
pretore dirigente] il quale designa il magistrato cui è affidata
la trattazione del procedimento.
669-quater. Competenza in corso di causa.
Quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere
proposta al giudice della stessa.
Se la causa pende davanti al tribunale la domanda si propone all’istruttore
oppure, se questi non è ancora designato o il giudizio è
sospeso o interrotto, al presidente, il quale provvede ai sensi dell’ultimo
comma dell’articolo 669-ter.
Se la causa pende davanti al giudice di pace, la domanda si propone
al tribunale.
In pendenza dei termini per proporre l’impugnazione la domanda si propone
al giudice che ha pronunciato la sentenza.
Se la causa pende davanti al giudice straniero, e il giudice italiano
non è competente a conoscere la causa di merito, si applica il terzo
comma dell’articolo 669-ter.
Il terzo comma dell’articolo 669-ter si applica altresì nel
caso in cui l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel
processo penale, salva l’applicazione del comma secondo dell’articolo 316
del codice di procedura penale.
669-quinquies. Competenza in caso di clausola compromissoria, di compromesso
o di pendenza del giudizio arbitrale.
Se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è
compromessa in arbitri o se è pendente il giudizio arbitrale, la
domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere
del merito.
669-sexies. Procedimento.
Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale
al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli
atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini
del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all’accoglimento
o al rigetto della domanda.
Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione
del provvedimento, provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie
informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione
delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici
giorni assegnando all’istante un termine perentorio non superiore a otto
giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il
giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati
con decreto.
Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero, i termini
di cui al comma precedente sono triplicati.
669-septies. Provvedimento negativo.
L’ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda.
L’ordinanza di rigetto non preclude la riproposizione dell’istanza per
il provvedimento cautelare quando si verifichino mutamenti delle circostanze
o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.
Se l’ordinanza di incompetenza o di rigetto è pronunciata prima
dell’inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente
sulle spese del procedimento cautelare.
La condanna alle spese è immediatamente esecutiva ed è
opponibile ai sensi degli articoli 645 e seguenti in quanto applicabili,
nel termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia dell’ordinanza se
avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione.
669-octies. Provvedimento di accoglimento.
L’ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima
dell’inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non
superiore a trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito, salva l’applicazione
dell’ultimo comma dell’articolo 669-novies.
In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa
di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di trenta giorni.
Il termine decorre dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza
o altrimenti dalla sua comunicazione.
Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla
giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento
in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di
mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di
conciliazione, decorsi trenta giorni.
Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola
compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve
notificare all’altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di
promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per
quanto le spetta, alla nomina degli arbitri.
669-novies. Inefficacia del provvedimento cautelare.
Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio
di cui all’articolo 669-octies, ovvero se successivamente al suo inizio
si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia.
In entrambi i casi, il giudice che ha emesso il provvedimento, su ricorso
della parte interessata, convocate le parti con decreto in calce al ricorso,
dichiara, se non c’è contestazione, con ordinanza avente efficacia
esecutiva, che il provvedimento è divenuto inefficace e dà
le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente. In
caso di contestazione l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice
che ha emesso il provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente
esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti
di cui all’articolo 669-decies.
Il provvedimento cautelare perde altresì efficacia se non è
stata versata la cauzione di cui all’articolo 669-undecies, ovvero se con
sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente
il diritto a cautela del quale era stato concesso. In tal caso i provvedimenti
di cui al comma precedente sono pronunciati nella stessa sentenza o, in
mancanza, con ordinanza a seguito di ricorso al giudice che ha emesso il
provvedimento.
Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice
straniero o ad arbitrato italiano o estero, il provvedimento cautelare,
oltre che nei casi previsti nel primo e nel terzo comma, perde altresì
efficacia:
1) se la parte che l’aveva richiesto non presenta domanda di esecutorietà
in Italia della sentenza straniera o del lodo arbitrale entro i termini
eventualmente previsti a pena di decadenza dalla legge o dalle convenzioni
internazionali;
2) se sono pronunciati sentenza straniera, anche non passata in giudicato,
o lodo arbitrale che dichiarino inesistente il diritto per il quale il
provvedimento era stato concesso. Per la dichiarazione di inefficacia del
provvedimento cautelare e per le disposizioni di ripristino si applica
il secondo comma del presente articolo.
669-decies. Revoca e modifica.
Nel corso dell’istruzione il giudice istruttore della causa di merito
può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il
provvedimento cautelare anche se emesso anteriormente alla causa se si
verificano mutamenti nelle circostanze.
Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice
straniero o ad arbitrato, ovvero se l’azione civile è stata esercitata
o trasferita nel processo penale, i provvedimenti previsti dal presente
articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento
cautelare.
669-undecies. Cauzione.
Con il provvedimento di accoglimento o di conferma ovvero con il provvedimento
di modifica il giudice può imporre all’istante, valutata ogni circostanza,
una cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni.
669-duodecies. Attuazione.
Salvo quanto disposto dagli articoli 677 e seguenti in ordine ai sequestri,
l’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avviene
nelle forme degli articoli 491 e seguenti in quanto compatibili, mentre
l’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna,
rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che ha
emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità
di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà
con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra questione
va proposta nel giudizio di merito
669-terdecies. Reclamo contro i provvedimenti cautelari (1).
Contro l’ordinanza con la quale, prima dell’inizio o nel corso della
causa di merito, sia stato concesso un provvedimento cautelare è
ammesso reclamo nei termini previsti dall’articolo 739, secondo comma.
Il reclamo [contro i provvedimenti del pretore si propone al tribunale,
quello] contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone
al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato
il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è
stato emesso dalla corte d’appello, il reclamo si propone ad altra sezione
della stessa corte o, in mancanza, alla corte d’appello più vicina.
Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738.
Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni
dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma,
modifica o revoca il provvedimento cautelare.
Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento; tuttavia il
presidente del tribunale o della corte investiti del reclamo, quando per
motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre
con ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione o subordinarla
alla prestazione di congrua cauzione.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 23 giugno 1994, n. 253 (in
Rivista delle Cancellerie, 1994, 432) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non ammette il reclamo
ivi previsto, anche avverso l’ordinanza con cui sia stata rigettata la
domanda di provvedimento cautelare.
669-quaterdecies. Ambito di applicazione.
Le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti
previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonché, in quanto
compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile
e dalle leggi speciali. L’articolo 669-septies si applica altresì
ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla sezione IV di
questo capo.
SEZIONE SECONDA
DEL SEQUESTRO
670. Sequestro giudiziario.
Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario:
1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di
beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso,
ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione
temporanea;
2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra
cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso
il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno
provvedere alla loro custodia temporanea.
671. Sequestro conservativo.
Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere
la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo
di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute,
nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento.
672. Sequestro anteriore alla causa.
(Abrogato).
673. Sequestro in corso di causa.
(Abrogato).
674. Cauzione.
(Abrogato).
675. Termine d’efficacia del provvedimento.
Il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non
è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia.
676. Custodia nel caso di sequestro giudiziario.
Nel disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode,
stabilisce i criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate
e le particolari cautele idonee a rendere più sicura la custodia
e a impedire la divulgazione dei segreti.
Il giudice può nominare custode quello dei contendenti che offre
maggiori garanzie e dà cauzione.
Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti previsti
negli articoli 521, 522 e 560.
677. Esecuzione del sequestro giudiziario.
Il sequestro giudiziario si esegue a norma degli articoli 605 e seguenti,
in quanto applicabili, omessa la notificazione del precetto per consegna
o rilascio nonché la comunicazione di cui all’articolo 608, primo
comma.
L’articolo 608, primo comma, è applicabile se il custode sia
persona diversa dal detentore.
Il giudice, col provvedimento di autorizzazione del sequestro o successivamente,
può ordinare al terzo detentore del bene sequestrato di esibirlo
o di consentire l’immediata immissione in possesso del custode.
Al terzo si applica la disposizione dell’articolo 211.
678. Esecuzione del sequestro conservativo sui mobili.
Il sequestro conservativo sui mobili e sui crediti si esegue secondo
le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi.
In quest’ultimo caso il sequestrante deve, con l’atto di sequestro, citare
il terzo a comparire davanti al tribunale del luogo di residenza del terzo
stesso per rendere la dichiarazione di cui all’articolo 547. Il giudizio
sulle controversie relative all’accertamento dell’obbligo del terzo è
sospeso fino all’esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda
l’immediato accertamento dei propri obblighi.
Se il credito è munito di privilegio sugli oggetti da sequestrare,
il giudice può provvedere nei confronti del terzo detentore, a norma
del secondo comma dell’articolo precedente.
Si applica l’articolo 610 se nel corso della esecuzione del sequestro
sorgono difficoltà che non ammettono dilazione.
679. Esecuzione del sequestro conservativo sugli immobili.
Il sequestro conservativo sugli immobili si esegue con la trascrizione
del provvedimento presso l’ufficio del conservatore dei registri immobiliari
del luogo in cui i beni sono situati.
Per la custodia dell’immobile si applica la disposizione dell’articolo
559.
680. Convalida del sequestro autorizzato anteriormente alla causa.
(Abrogato).
681. Convalida del sequestro autorizzato in corso di causa.
(Abrogato).
682. Decisione separata sulla convalida.
(Abrogato).
683. Inefficacia del sequestro.
(Abrogato).
684. Revoca del sequestro.
Il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza
non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea
cauzione per l’ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per
le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate.
685. Vendita delle cose deteriorabili.
In caso di pericolo di deteriorazione delle cose che formano oggetto
del sequestro, il giudice, con lo stesso provvedimento di concessione o
con altro successivo, può ordinarne la vendita nei modi stabiliti
per le cose pignorate.
Il prezzo ricavato dalla vendita rimane sequestrato in luogo delle
cose vendute.
686. Conversione del sequestro conservativo in pignoramento.
Il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in
cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva.
Se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di
altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione
della somma ricavata.
687. Casi speciali di sequestro.
Il giudice può ordinare il sequestro delle somme o delle cose
che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore
per la sua liberazione, quando è controverso l’obbligo o il modo
del pagamento o della consegna, o l’idoneità della cosa offerta.
SEZIONE TERZA
DEI PROCEDIMENTI DI DENUNCIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO
688. Forma dell’istanza.
La denuncia di nuova opera o di danno temuto si propone con ricorso
al giudice competente a norma dell’articolo 21.
Quando vi è causa pendente per il merito, la denuncia si propone
a norma dell’articolo 669-quater.
689. Provvedimenti immediati.
(Abrogato).
690. Pronuncia sui provvedimenti immediati.
(Abrogato).
691. Contravvenzione al divieto del giudice.
Se la parte alla quale è fatto divieto di compiere l’atto dannoso
o di mutare lo stato di fatto contravviene all’ordine, il giudice, su ricorso
della parte interessata, può disporre con ordinanza che le cose
siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore.
SEZIONE QUARTA
DEI PROCEDIMENTI DI ISTRUZIONE PREVENTIVA
692. Assunzione di testimoni.
Chi ha fondato motivo di temere che siano per mancare uno o più
testimoni, le cui deposizioni possono essere necessarie in una causa da
proporre, può chiedere che ne sia ordinata l’audizione a futura
memoria.
693. Istanza.
L’istanza si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente
per la causa di merito.
In caso d’eccezionale urgenza, l’istanza può anche proporsi
al tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta.
Il ricorso deve contenere l’indicazione dei motivi dell’urgenza e dei
fatti sui quali debbono essere interrogati i testimoni, e l’esposizione
sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata.
694. Ordine di comparizione.
Il presidente del tribunale [, il pretore] o il giudice di pace fissa,
con decreto, l’udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio
per la notificazione del decreto.
695. Ammissione del mezzo di prova.
Il presidente del tribunale [, il pretore] o il giudice di pace, assunte,
quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile
e, se ammette l’esame testimoniale, fissa l’udienza per l’assunzione e
designa il giudice che deve procedervi.
696. Accertamento tecnico e ispezione giudiziale.
Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi
o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma
degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico
o un’ispezione giudiziale (1).
Il presidente del tribunale [, il pretore] o il giudice di pace provvede
nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto applicabili,
nomina il consulente tecnico e fissa la data dell’inizio delle operazioni.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 22 ottobre 1990, n. 471 (in
Rivista delle Cancellerie, 1991, 59) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui non consente di disporre
accertamento tecnico o ispezione giudiziale sulla persona dell’istante.
Successivamente la Corte con sentenza 19 luglio 1996, n. 257 (in Rivista
delle Cancellerie, 1996, 457) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo comma nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre
accertamento tecnico o ispezione giudiziale anche sulla persona nei cui
confronti l’istanza è proposta, dopo averne acquisito il consenso.
697. Provvedimenti in caso di eccezionale urgenza.
In caso di eccezionale urgenza, il presidente del tribunale [, il pretore]
o il giudice di pace può pronunciare i provvedimenti indicati negli
articoli 694 e 695 con decreto, dispensando il ricorrente dalla notificazione
alle altre parti; in tal caso può nominare un procuratore, che intervenga
per le parti non presenti all’assunzione della prova.
Non oltre il giorno successivo, a cura del cancelliere, deve essere
fatta notificazione immediata del decreto alle parti non presenti all’assunzione.
698. Assunzione ed efficacia delle prove preventive.
Nell’assunzione preventiva dei mezzi di prova si applicano, in quanto
possibile, gli articoli 191 e seguenti.
L’assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni
relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce
la loro rinnovazione nel giudizio di merito.
I processi verbali delle prove non possono essere prodotti, né
richiamati, né riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima
che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso.
699. Istruzione preventiva in corso di causa.
L’istanza di istruzione preventiva può anche essere proposta
in corso di causa e durante l’interruzione o la sospensione del giudizio.
Il giudice provvede con ordinanza.
SEZIONE QUINTA
DEI PROVVEDIMENTI D’URGENZA
700. Condizioni per la concessione.
Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi
ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere
il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio
imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i
provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più
idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.
701. Competenza.
(Abrogato).
702. Procedimento.
(Abrogato).
CAPO QUARTO
DEI PROCEDIMENTI POSSESSORI
703. Domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso.
Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono
con ricorso al giudice competente a norma dell’articolo 21.
Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti.
704. Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio.
Ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante
la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al giudice
di quest’ultimo.
La reintegrazione del possesso può essere tuttavia domandata
al giudice competente a norma dell’articolo 703, il quale dà i provvedimenti
temporanei indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio.
705. Divieto di proporre giudizio petitorio.
Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio
petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione
non sia stata eseguita (1).
Il convenuto può tuttavia proporre il giudizio petitorio quando
dimostra che l’esecuzione del provvedimento possessorio non può
compiersi per fatto dell’attore.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 3 febbraio 1992, n. 25 (in
Rivista delle Cancellerie, 1992, 160) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui subordina la proposizione
del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria
e all’esecuzione della decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne
un pregiudizio irreparabile al convenuto.
TITOLO SECONDO
DEI PROCEDIMENTI IN MATERIA DI FAMIGLIA E DI STATO DELLE PERSONE
CAPO PRIMO
DELLA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI
706. Forma della domanda.
La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo
in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso contenente
l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata.
Il presidente fissa con decreto il giorno della comparizione dei coniugi
davanti a sé e il termine per la notificazione del ricorso e del
decreto.
707. Comparizione personale delle parti.
I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente senza
assistenza di difensore (1).
Se il ricorrente non si presenta, la domanda non ha effetto.
Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare
un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del
ricorso e del decreto gli sia rinnovata.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 30 giugno 1971, n. 151 (in
Rivista delle Cancellerie, 1971, 231) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente
davanti al presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione,
è inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori.
708. Tentativo di conciliazione, provvedimenti del presidente (1).
Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente,
procurando di conciliarli.
Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale
della conciliazione.
Se il coniuge convenuto non comparisce o la conciliazione non riesce,
il presidente, anche d’ufficio, dà con ordinanza i provvedimenti
temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e
della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione
delle parti davanti a questo.
Se si verificano mutamenti nelle circostanze, l’ordinanza del presidente
può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma
dell’articolo 177.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 30 giugno 1971, n. 151 (in
Rivista delle Cancellerie, 1971, 231) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui ai coniugi comparsi
personalmente davanti al presidente del tribunale, e in caso di mancata
conciliazione, è inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori.
709. Notificazione della fissazione dell’udienza.
L’ordinanza con la quale il presidente fissa l’udienza di comparizione
davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell’attore al
convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell’ordinanza
stessa, ed è comunicata al pubblico ministero.
710. Modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione
dei coniugi (1).
Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in
camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi
e la prole conseguenti la separazione.
Il tribunale, sentite le parti, provvede alla eventuale ammissione
di mezzi istruttori e può delegare per l’assunzione uno dei suoi
componenti.
Ove il procedimento non possa essere immediatamente definito, il tribunale
può adottare provvedimenti provvisori e può ulteriormente
modificarne il contenuto nel corso del procedimento.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 9 novembre 1992, n. 416 (in
Rivista delle Cancellerie, 1993, 65) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede la partecipazione
del pubblico ministero per la modifica dei provvedimenti riguardanti la
prole.
711. Separazione consensuale.
Nel caso di separazione consensuale previsto nell’articolo 158 del
codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli
nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato
nell’articolo 708.
Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica
l’articolo 706, ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale
del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti
i coniugi stessi e la prole.
La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del
tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del presidente.
Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma
dell’articolo precedente.
CAPO SECONDO
DELL’INTERDIZIONE E DELL’INABILITAZIONE
712. Forma della domanda.
La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso
diretto al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della quale
è proposta ha residenza o domicilio.
Nel ricorso debbono essere esposti i fatti sui quali la domanda è
fondata e debbono essere indicati il nome e il cognome e la residenza del
coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo
grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell’interdicendo o dell’inabilitando.
713. Provvedimenti del presidente.
Il presidente ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero.
Quando questi gliene fa richiesta, può con decreto rigettare senz’altro
la domanda; altrimenti nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di
comparizione davanti a lui del ricorrente, dell’interdicendo o dell’inabilitando
e delle altre persone indicate nel ricorso, le cui informazioni ritenga
utili (1).
Il ricorso e il decreto sono notificati a cura del ricorrente, entro
il termine fissato nel decreto stesso, alle persone indicate nel comma
precedente; il decreto è comunicato al pubblico ministero.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 5 luglio 1968, n. 87 (in Rivista
delle Cancellerie, 1968, 231) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
di questo comma nella parte in cui permette al tribunale di rigettare senz’altro,
e cioè senza istituire contraddittorio con la parte istante, la
domanda di interdizione o di inabilitazione ove il pubblico ministero ne
faccia richiesta.
714. Istruzione preliminare.
All’udienza, il giudice istruttore, con l’intervento del pubblico ministero,
procede all’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando, sente il parere
delle altre persone citate, interrogandole sulle circostanze che ritiene
rilevanti ai fini della decisione e può disporre anche d’ufficio
l’assunzione di ulteriori informazioni, esercitando tutti i poteri istruttori
previsti nell’articolo 419 del codice civile.
715. Impedimento a comparire dell’interdicendo o dell’inabilitando.
Se per legittimo impedimento l’interdicendo o l’inabilitando non può
presentarsi davanti al giudice istruttore, questi, con l’intervento del
pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo dove si trova.
716. Capacità processuale dell’interdicendo e dell’inabilitando.
L’interdicendo e l’inabilitando possono stare in giudizio e compiere
da soli tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, anche
quando è stato nominato il tutore o il curatore provvisorio previsto
negli articoli 419 e 420 del codice civile.
717. Nomina del tutore e del curatore provvisorio.
Il tutore o il curatore provvisorio di cui all’articolo precedente
è nominato, anche d’ufficio, con decreto del giudice istruttore.
Finché non sia pronunciata la sentenza sulla domanda d’interdizione
o d’inabilitazione, lo stesso giudice istruttore può revocare la
nomina, anche d’ufficio.
718. Legittimazione all’impugnazione.
La sentenza che provvede sulla domanda d’interdizione o d’inabilitazione
può essere impugnata da tutti coloro che avrebbero avuto diritto
di proporre la domanda, anche se non parteciparono al giudizio, e dal tutore
o curatore nominato con la stessa sentenza.
719. Termine per l’impugnazione.
Il termine per l’impugnazione decorre per tutte le persone indicate
nell’articolo precedente dalla notificazione della sentenza, fatta nelle
forme ordinarie a tutti coloro che parteciparono al giudizio.
Se è stato nominato un tutore o curatore provvisorio, l’atto
di impugnazione deve essere notificato anche a lui.
720. Revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione.
Per la revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione si osservano
le norme stabilite per la pronuncia di esse.
Coloro che avevano diritto di promuovere l’interdizione e l’inabilitazione
possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda, e
possono altresì impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio di
revoca, anche se non parteciparono al giudizio.
CAPO TERZO
DISPOSIZIONI RELATIVE ALL’ASSENZA E ALLA DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
721. Provvedimenti conservativi nell’interesse dello scomparso.
I provvedimenti indicati nell’articolo 48 del codice civile sono pronunciati
dal tribunale in camera di consiglio, su ricorso degli interessati, sentito
il pubblico ministero.
722. Domanda per dichiarazione d’assenza.
La domanda per dichiarazione d’assenza si propone con ricorso, nel
quale debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza dei presunti
successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore
o rappresentante legale.
723. Fissazione dell’udienza di comparizione.
Il presidente del tribunale fissa con decreto l’udienza per la comparizione
davanti a sé o ad un giudice da lui designato del ricorrente e di
tutte le persone indicate nel ricorso a norma dell’articolo precedente,
e stabilisce il termine entro il quale la notificazione deve essere fatta
a cura del ricorrente. Può anche ordinare che il decreto sia pubblicato
in uno o più giornali.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero.
724. Procedimento.
Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che ritiene
rilevanti, assume, quando occorre, ulteriori informazioni e quindi riferisce
in camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia
con sentenza.
725. Immissione in possesso temporaneo.
Il tribunale provvede in camera di consiglio sulle domande per apertura
di atti di ultima volontà e per immissione nel possesso temporaneo
dei beni dell’assente, quando sono proposte da coloro che sarebbero eredi
legittimi.
Se la domanda è proposta da altri interessati, il giudizio si
svolge nelle forme ordinarie in contraddittorio di coloro che sarebbero
eredi legittimi.
Con lo stesso provvedimento col quale viene ordinata l’immissione nel
possesso temporaneo, sono determinate la cauzione o le altre cautele previste
nell’articolo 50, ultimo comma, del codice civile, e sono date le disposizioni
opportune per la conservazione delle rendite riservate all’assente a norma
dell’articolo 53 dello stesso codice.
726. Domanda per dichiarazione di morte presunta.
La domanda per dichiarazione di morte presunta si propone con ricorso,
nel quale debbono essere indicati il nome, cognome e domicilio dei presunti
successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore
o rappresentante legale e di tutte le altre persone, che, a notizia del
ricorrente, perderebbero diritti o sarebbero gravate da obbligazioni, per
effetto della morte dello scomparso.
727. Pubblicazione della domanda.
Il presidente del tribunale nomina un giudice a norma dell’articolo
723 e ordina che a cura del ricorrente la domanda, entro il termine che
egli stesso fissa, sia inserita per estratto, due volte consecutive a distanza
di dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e in due giornali,
con invito a chiunque abbia notizie dello scomparso di farle pervenire
al tribunale entro sei mesi dall’ultima pubblicazione.
Se tutte le inserzioni non vengono eseguite entro il termine fissato,
la domanda s’intende abbandonata.
Il presidente del tribunale può anche disporre altri mezzi di
pubblicità.
728. Comparizione.
Decorsi sei mesi dalla data dell’ultima pubblicazione, il giudice,
su istanza del ricorrente, fissa con decreto l’udienza di comparizione
davanti a sé del ricorrente e delle persone indicate nel ricorso
a norma dell’articolo 726 e il termine per la notificazione del ricorso
e del decreto a cura del ricorrente.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero.
Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che ritiene
rilevanti; può disporre che siano assunte ulteriori informazioni,
e quindi riferisce in camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale,
che questo pronuncia con sentenza.
729. Pubblicazione della sentenza.
La sentenza che dichiara l’assenza o la morte presunta deve essere
inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e in due
giornali indicati nella sentenza stessa. Il tribunale può anche
disporre altri mezzi di pubblicità.
Le inserzioni possono essere eseguite a cura di qualsiasi interessato
e valgono come notificazione. Copia della sentenza (1) e dei giornali nei
quali è stato pubblicato l’estratto deve essere depositata nella
cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza, per l’annotazione
sull’originale.
———
(1) Si legga "Gazzetta Ufficiale".
730. Esecuzione.
La sentenza che dichiara l’assenza o la morte presunta non può
essere eseguita prima che sia passata in giudicato e che sia compiuta l’annotazione
di cui all’articolo precedente.
731. Comunicazione all’ufficio di stato civile.
Il cancelliere dà notizia, a norma dell’articolo 133, secondo
comma, all’ufficio dello stato civile competente della sentenza di dichiarazione
di morte presunta.
CAPO QUARTO
DISPOSIZIONI RELATIVE AI MINORI, AGLI INTERDETTI E AGLI INABILITATI
732. Provvedimenti su parere del giudice tutelare.
I provvedimenti relativi ai minori, agli interdetti e agli inabilitati
sono pronunciati dal tribunale in camera di consiglio, salvo che la legge
disponga altrimenti.
Quando il tribunale deve pronunciare un provvedimento nell’interesse
di minori, interdetti o inabilitati sentito il parere del giudice tutelare,
il parere stesso deve essere prodotto dal ricorrente insieme col ricorso.
Qualora non sia prodotto, il presidente provvede a richiederlo d’ufficio.
733. Vendita di beni.
Se, nell’autorizzare la vendita di beni di minori, interdetti o inabilitati,
il tribunale stabilisce che essa deve farsi ai pubblici incanti, designa
per procedervi un ufficiale giudiziario del tribunale del luogo in cui
si trovano i beni mobili, oppure un cancelliere dello stesso tribunale
o un notaio del luogo in cui si trovano i beni immobili.
L’ufficiale designato per la vendita procede all’incanto con l’osservanza
delle norme degli articoli 534 e seguenti, in quanto applicabili, e premesse
le forme di pubblicità ordinate dal tribunale.
734. Esito negativo dell’incanto.
Se al primo incanto non è fatta offerta superiore o uguale al
prezzo fissato dal tribunale a norma dell’articolo 376, primo comma, del
codice civile, l’ufficiale designato ne dà atto nel processo verbale
e trasmette copia di questo al tribunale che ha autorizzato la vendita.
Il tribunale, se non crede di revocare l’autorizzazione o disporre
una nuova vendita su prezzo base inferiore, autorizza la vendita a trattative
private.
CAPO QUINTO
DEI RAPPORTI PATRIMONIALI TRA I CONIUGI
735. Sostituzione dell’amministratore del patrimonio familiare.
La sostituzione dell’amministratore del patrimonio familiare può
essere chiesta, nel caso previsto nell’articolo 174 del codice civile,
dall’altro coniuge o da uno dei prossimi congiunti, o dal pubblico ministero,
e, nel caso previsto nell’articolo 176, da uno dei figli maggiorenni o
emancipati, da un prossimo congiunto o dal pubblico ministero.
736. Procedimento.
La domanda per i provvedimenti previsti nell’articolo precedente si
propone con ricorso.
Il presidente del tribunale fissa con decreto un giorno per la comparizione
degli interessati davanti a sé o a un giudice da lui designato e
stabilisce il termine per la notificazione del ricorso e del decreto.
Dopo l’audizione delle parti, il presidente o il giudice designato
assume le informazioni che crede opportune e quindi riferisce sulla domanda
al tribunale, che decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.
CAPO SESTO
DISPOSIZIONI COMUNI AI PROCEDIMENTI IN CAMERA DI CONSIGLIO
737. Forma della domanda e del provvedimento.
I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio,
si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno forma di decreto
motivato, salvo che la legge disponga altrimenti.
738. Procedimento.
Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che
riferisce in camera di consiglio.
Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui previamente
comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al provvedimento
del presidente.
Il giudice può assumere informazioni.
739. Reclami delle parti (1).
Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo
con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro
i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado
si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello, che pronuncia
anch’essa in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni
dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola
parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più
parti.
Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo
contro i decreti della corte d’appello e contro quelli del tribunale pronunciati
in sede di reclamo.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 27 giugno 1986, n. 156 (in
Rivista delle Cancellerie, 1986, 286) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui, disciplinando il
reclamo avverso i decreti del giudice delegato, fa decorrere il termine
per il reclamo dal deposito del decreto in cancelleria, anziché
dalla comunicazione eseguita con il rispetto delle vigenti disposizioni
procedurali.
740. Reclami del pubblico ministero.
Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione, può
proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e contro quelli
del tribunale per i quali è necessario il suo parere.
741. Efficacia dei provvedimenti (1).
I decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui
agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo.
Se vi sono ragioni d’urgenza, il giudice può tuttavia disporre
che il decreto abbia efficacia immediata.
———
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 27 giugno 1986, n. 156 (in
Rivista delle Cancellerie, 1986, 286) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui, disciplinando il
reclamo avverso i decreti del giudice delegato, fa decorrere il termine
per il reclamo dal deposito del decreto in cancelleria, anziché
dalla comunicazione eseguita con il rispetto delle vigenti disposizioni
procedurali.
742. Revocabilità dei provvedimenti.
I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano
salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni
anteriori alla modificazione o alla revoca.
742-bis. Ambito di applicazione degli articoli precedenti.
Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i procedimenti
in camera di consiglio, ancorché non regolati dai capi precedenti
o che non riguardino materia di famiglia o di stato delle persone.
TITOLO TERZO
DELLA COPIA E DELLA COLLAZIONE DI ATTI PUBBLICI
743. Copie degli atti.
Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti
che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorché l’istante
o i suoi autori non siano stati parte nell’atto, sotto pena dei danni e
delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di
registro e bollo.
La copia d’un testamento pubblico non può essere spedita durante
la vita del testatore, tranne che a sua istanza, della quale si fa menzione
nella copia.
744. Copie o estratti da pubblici registri.
I cancellieri e i depositari di pubblici registri sono tenuti, eccettuati
i casi determinati dalla legge, a spedire a chiunque ne faccia istanza
le copie e gli estratti degli atti giudiziari da essi detenuti, sotto pena
dei danni e delle spese.
745. Rifiuto o ritardo nel rilascio.
Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei cancellieri o dei depositari
di cui all’articolo precedente, l’istante può ricorrere al giudice
di pace, [al pretore, o] al presidente del tribunale o della corte presso
cui il cancelliere o depositario esercita le sue funzioni.
Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei pubblici depositari di
cui all’articolo 743, l’istante può ricorrere al presidente del
tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni.
Il presidente [, il pretore] o il giudice di pace provvede con decreto,
sentito il pubblico ufficiale.
746. Collazione di copie.
Chi ha ottenuto la copia di un atto pubblico a norma dell’articolo
743 ha diritto di collazionarla con l’originale in presenza del depositario.
Se questi si rifiuta, può ricorrere al tribunale nella cui circoscrizione
nel quale il depositario esercita le sue funzioni. Il giudice, sentito
il depositario, dà con decreto le disposizioni opportune per la
collazione e può eseguirla egli stesso recandosi nell’ufficio del
depositario.
TITOLO QUARTO
DEI PROCEDIMENTI RELATIVI ALL’APERTURA DELLE SUCCESSIONI
CAPO PRIMO
DISPOSIZIONI GENERALI
747. Autorizzazione alla vendita dei beni ereditari.
L’autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso diretto
[per i mobili al pretore e per gli immobili] al tribunale del luogo in
cui si è aperta la successione.
Nel caso in cui i beni appartengano a incapaci deve essere sentito
il giudice tutelare.
Il giudice provvede sul ricorso con decreto, contro il quale è
ammesso reclamo a norma dell’articolo 739.
Se l’istanza di autorizzazione a vendere riguarda l’oggetto d’un legato
di specie, il ricorso deve essere notificato al legatario.
748. Forma della vendita.
La vendita dei beni ereditari deve compiersi nelle forme previste per
la vendita dei beni dei minori.
Il giudice, quando occorre, fissa le modalità per la conservazione
e il reimpiego del prezzo ricavato.
749. Procedimento per la fissazione dei termini.
L’istanza per fissazione di un termine entro il quale una persona deve
emettere una dichiarazione o compiere un determinato atto, se non è
proposta nel corso di un giudizio, si propone con ricorso al tribunale
del luogo in cui si è aperta la successione.
Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione del ricorrente
e della persona alla quale il termine deve essere imposto e stabilisce
il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati,
a cura del ricorrente, alla persona stessa.
Il giudice provvede con ordinanza, contro la quale è ammesso
reclamo al tribunale in composizione collegiale a norma dell’articolo 739.
Il collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emesso
il provvedimento reclamato, provvede con ordinanza non impugnabile in camera
di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma precedente.
Le stesse forme si osservano per chiedere la proroga di un termine
stabilito dalla legge. La proroga del termine stabilito dal giudice si
chiede al giudice stesso.
750. Provvedimenti del presidente del tribunale relativi alle cauzioni
e agli esecutori testamentari.
L’istanza per l’imposizione di una cauzione a carico dell’erede o del
legatario, nei casi previsti dalla legge, è proposta, quando non
vi è giudizio pendente, con ricorso al presidente del tribunale
del luogo in cui si è aperta la successione.
Il presidente fissa con decreto l’udienza di comparizione del ricorrente
e dell’erede o legatario davanti a sé e stabilisce il termine entro
il quale il ricorso e il decreto debbono essere loro notificati.
Il presidente stabilisce le modalità e l’ammontare della cauzione
con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo al presidente della
corte d’appello a norma dell’articolo 739. Il presidente della corte d’appello
provvede con ordinanza non impugnabile, previa audizione degli interessati
a norma del comma precedente.
Le stesse forme si osservano nei casi previsti negli articoli 708 e
710 del codice civile, relativamente agli esecutori testamentari.
751. Scelta dell’onerato.
L’istanza per la scelta prevista nell’articolo 631, ultimo comma, del
codice civile è proposta con ricorso, che deve essere notificato
a colui al quale spettava il diritto di scelta e all’onerato.
La scelta è fatta dal presidente del tribunale con decreto.
CAPO SECONDO
DELL’APPOSIZIONE E DELLA RIMOZIONE DEI SIGILLI
SEZIONE PRIMA
DELL’APPOSIZIONE DEI SIGILLI
752. Giudice competente.
All’apposizione dei sigilli procede il tribunale.
Nei comuni in cui non ha sede il tribunale, i sigilli possono essere
apposti, in caso d’urgenza, dal giudice di pace. Il processo verbale è
trasmesso immediatamente al tribunale.
753. Persone che possono chiedere l’apposizione.
Possono chiedere l’apposizione dei sigilli:
1) l’esecutore testamentario;
2) coloro che possono avere diritto alla successione;
3) le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della morte
erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuno di essi
sono assenti dal luogo;
4) i creditori.
L’istanza si propone mediante ricorso, nel quale il proponente deve
dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede
il tribunale.
754. Apposizione d’ufficio.
L’apposizione dei sigilli è disposta d’ufficio o su richiesta
del pubblico ministero nei casi seguenti:
1) se il coniuge o alcuno degli eredi è assente dal luogo;
2) se tra gli eredi vi sono minori o interdetti e manca il tutore o
il curatore;
3) se il defunto è stato depositario pubblico, oppure ha rivestito
cariche o funzioni per effetto delle quali si ritiene che possano trovarsi
presso di lui atti della pubblica amministrazione o comunque di carattere
riservato.
La disposizione di questo articolo non si applica nei casi indicati
nei numeri 1) e 2), se il defunto ha disposto altrimenti con testamento.
Nel caso indicato nel numero 3) i sigilli si appongono soltanto sugli
oggetti depositati, o ai locali o mobili nei quali possono trovarsi gli
atti ivi enunciati.
755. Poteri del giudice.
Se le porte sono chiuse, o s’incontrano ostacoli all’apposizione dei
sigilli, o sorgono altre difficoltà, tanto prima quanto durante
l’apposizione, il giudice può ordinare l’apertura delle porte e
dare gli altri provvedimenti opportuni.
756. Custodia delle chiavi.
Le chiavi delle serrature, sulle quali sono stati apposti i sigilli,
finché non sia ordinata la rimozione di questi, debbono essere custodite
dal cancelliere.
757. Conservazione di testamenti e di carte.
Se nel procedere all’apposizione dei sigilli si trovano testamenti
o altre carte importanti, il giudice provvede alla conservazione di essi.
Se non può provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale
descrive la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da lui
sigillato e sottoscritto, in presenza delle parti, fissando il giorno e
l’ora in cui emetterà i provvedimenti ulteriori.
758. Cose su cui non si possono apporre sigilli e cose deteriorabili.
Se vi sono oggetti sui quali non è possibile apporre i sigilli,
o che sono necessari all’uso personale di coloro che abitano nella casa,
se ne fa descrizione nel processo verbale.
Delle cose che possono deteriorarsi, il giudice può ordinare
con decreto la vendita immediata, incaricando un commissionario a norma
degli articoli 532 e seguenti.
759. Informazioni e nomina del custode.
Durante le operazioni di apposizione dei sigilli, il giudice assume
le informazioni che ritiene opportune allo scopo di accertare che nessuna
cosa sia stata asportata.
Per la conservazione delle cose sigillate nomina un custode.
760. Apposizione di sigilli durante e dopo l’inventario.
L’apposizione dei sigilli che viene chiesta durante l’inventario può
aver luogo soltanto per gli oggetti non inventariati.
Esaurito l’inventario, non si fa luogo all’apposizione dei sigilli,
salvo che l’inventario sia impugnato.
761. Accesso nei luoghi sigillati.
Il giudice e il cancelliere non possono entrare nei luoghi chiusi con
l’apposizione dei sigilli, finché non ne sia stata ordinata la rimozione
a norma dell’articolo 762, salvo che il giudice disponga con decreto motivato
l’accesso per urgenti motivi.
SEZIONE SECONDA
DELLA RIMOZIONE DEI SIGILLI
762. Termine.
I sigilli non possono essere rimossi e l’inventario non può
essere eseguito se non dopo tre giorni dall’apposizione, salvo che il giudice
per cause urgenti stabilisca altrimenti con decreto motivato.
Se alcuno degli eredi è minore non emancipato, non si può
procedere alla rimozione dei sigilli finché non gli sia stato nominato
un tutore o un curatore speciale.
763. Provvedimento di rimozione.
La rimozione dei sigilli è ordinata con decreto dal giudice
su istanza di alcuna delle persone indicate nell’articolo 753, numeri 1),
2) e 4).
Nei casi previsti nell’articolo 754 può essere ordinata anche
d’ufficio e, se ricorrano le ipotesi di cui ai numeri 2) e 3), la rimozione
deve essere seguita dall’inventario.
L’istanza e il decreto sono stesi di seguito al processo verbale di
apposizione.
764. Opposizione.
Chiunque vi ha interesse può fare opposizione alla rimozione
dei sigilli con dichiarazione inserita nel processo verbale di apposizione
o con ricorso al giudice.
Il giudice fissa con decreto un’udienza per la comparizione delle parti
e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto stesso deve
essere notificato a cura dell’opponente.
Il giudice provvede con ordinanza non impugnabile e, se ordina la rimozione,
può disporre che essa sia seguita dall’inventario e può dare
le opportune cautele per la conservazione delle cose che sono oggetto di
contestazione.
765. Ufficiale procedente.
La rimozione dei sigilli è eseguita dall’ufficiale che può
procedere all’inventario a norma dell’articolo 769.
Se non occorre l’inventario, la rimozione è eseguita dal cancelliere
del tribunale. Nei comuni in cui non ha sede il tribunale la rimozione
può essere eseguita dal cancelliere del giudice di pace.
766. Avviso alle persone interessate.
Non si può procedere alla rimozione dei sigilli senza che ne
sia stato dato avviso, nelle forme stabilite dall’articolo 772, alle persone
indicate nell’articolo 771.
767. Alterazioni nello stato dei sigilli.
L’ufficiale che procede alla rimozione dei sigilli deve innanzi tutto
riconoscerne lo stato.
Se trova in essi qualche alterazione, deve sospendere ogni operazione
ulteriore, facendone immediatamente rapporto al giudice, il quale si trasferisce
sul luogo per le verificazioni occorrenti e per i provvedimenti necessari
anche per la prosecuzione dell’inventario.
768. Disposizione generale.
Le disposizioni di questo capo si osservano in ogni altro caso in cui
si debba procedere ad apposizione o rimozione dei sigilli, salvo che la
legge stabilisca altrimenti.
CAPO TERZO
DELL’INVENTARIO
769. Istanza.
L’inventario può essere chiesto al tribunale dalle persone che
hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed è eseguito
dal cancelliere del tribunale o da un notaio designato dal defunto con
testamento o nominato dal tribunale.
L’istanza si propone con ricorso, nel quale il richiedente deve dichiarare
la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale.
Il tribunale provvede con decreto.
770. Inventario da eseguirsi dal notaio.
Quando all’inventario deve procedere un notaio, il cancelliere gli
consegna, ritirandone ricevuta:
1) le chiavi da lui custodite a norma dell’articolo 756;
2) copia del processo verbale di apposizione dei sigilli dell’istanza
e del decreto di rimozione;
3) una nota delle opposizioni che sono state proposte con indicazione
del nome, cognome degli opponenti e della loro residenza o del domicilio
da essi eletto.
La copia indicata nel numero 2) e la nota indicata nel numero 3) sono
unite all’inventario.
771. Persone che hanno diritto di assistere all’inventario.
Hanno diritto di assistere alla formazione dell’inventario:
1) il coniuge superstite;
2) gli eredi legittimi presunti;
3) l’esecutore testamentario, gli eredi istituiti e i legatari;
4) i creditori che hanno fatto opposizione alla rimozione dei sigilli.
772. Avviso dell’inizio dell’inventario.
L’ufficiale che procede all’inventario deve dare avviso, almeno tre
giorni prima, alle persone indicate nell’articolo precedente del luogo,
giorno e ora in cui darà inizio alle operazioni.
L’avviso non è necessario per le persone che non hanno residenza
o non hanno eletto domicilio nella circoscrizione del tribunale, nella
quale si procede all’inventario; ma in loro vece deve essere avvertito
il notaio che, su istanza di chi ha chiesto l’inventario, è nominato
con decreto dal giudice per rappresentarli.
773. Nomina di stimatore.
L’ufficiale che procede all’inventario nomina, quando occorre, uno
o più stimatori per la valutazione degli oggetti mobili.
774. Rinvio delle operazioni.
Quando l’inventario non può essere ultimato nel giorno del suo
inizio, l’ufficiale che vi procede ne rinvia la continuazione a un giorno
prossimo, avvertendone verbalmente le parti presenti.
775. Processo verbale d’inventario.
Il processo verbale d’inventario contiene:
1) la descrizione degli immobili, mediante l’indicazione della loro
natura, della loro situazione, dei loro confini, e dei numeri del catasto
e delle mappe censuarie;
2) la descrizione e la stima dei mobili, con la specificazione del
peso e del marchio per gli oggetti d’oro e d’argento;
3) l’indicazione della quantità e specie delle monete per il
danaro contante;
4) l’indicazione delle altre attività e passività;
5) la descrizione delle carte, scritture e note relative allo stato
attivo e passivo, le quali debbono essere firmate in principio e in fine
dall’ufficiale procedente. Lo stesso ufficiale deve accertare sommariamente
lo stato dei libri e dei registri di commercio, firmarne i fogli, e lineare
gli intervalli.
Se alcuno degli interessati contesta l’opportunità d’inventariare
qualche oggetto, l’ufficiale lo descrive nel processo verbale, facendo
menzione delle osservazioni e istanze delle parti.
776. Consegna delle cose mobili inventariate.
Le cose mobili e le carte inventariate sono consegnate alla persona
indicata dalle parti interessate, o, in mancanza, nominata con decreto
del giudice, su istanza di una delle parti, sentite le altre.
777. Applicabilità delle norme agli altri casi d’inventario.
Le disposizioni contenute in questa sezione si applicano a ogni inventario
ordinato dalla legge, salve le formalità speciali stabilite dal
codice civile per l’inventario dei beni dei minori.
CAPO QUARTO
DEL BENEFICIO D’INVENTARIO
778. Reclami contro lo stato di graduazione.
I reclami contro lo stato di graduazione previsti nell’articolo 501
del codice civile sono proposti al giudice competente per valore del luogo
dell’aperta successione.
Il valore della causa è determinato da quello dell’attivo ereditario
calcolato sulla stima di inventario dei mobili e a norma dell’articolo
15 per gli immobili.
I reclami si propongono con citazione da notificarsi all’erede e a
coloro i cui diritti sono contestati, e sono decisi in unico giudizio.
779. Istanza di liquidazione proposta dai creditori e legatari.
L’istanza dei creditori e legatari prevista nell’articolo 509 del codice
civile si propone con ricorso.
Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione dell’erede e
di coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito. Il decreto
è comunicato alle parti dal cancelliere.
[Il pretore provvede sull’istanza con ordinanza, contro la quale è
ammesso reclamo a norma dell’articolo 739.] Il tribunale provvede con ordinanza
non impugnabile in camera di consiglio previa audizione degli interessati
a norma del comma precedente.
L’istanza di nomina non può essere accolta e la nomina avvenuta
deve essere revocata in sede di reclamo, se alcuno dei creditori si oppone
e dichiara di voler far valere la decadenza dell’erede dal beneficio d’inventario.
Se l’erede contesta l’esistenza delle condizioni previste nell’articolo
509 del codice civile il giudice provvede all’istruzione della causa, a
norma del libro secondo, disponendo gli opportuni mezzi conservativi, compresa
eventualmente la nomina del curatore.
780. Domanda dell’erede contro l’eredità.
Le domande dell’erede con beneficio d’inventario contro l’eredità
sono proposte contro gli altri eredi. Se non vi sono eredi o se tutti propongono
la stessa domanda, il giudice nomina un curatore in rappresentanza dell’eredità.
CAPO QUINTO
DEL CURATORE DELL’EREDITÀ GIACENTE
781. Notificazione del decreto di nomina.
Il decreto di nomina del curatore dell’eredità giacente è
notificato alla persona nominata a cura del cancelliere, nel termine stabilito
nello stesso decreto.
782. Vigilanza del giudice.
L’amministrazione del curatore si svolge sotto la vigilanza del giudice.
Questi, quando lo crede opportuno, può prefiggere, con decreto,
termini per la presentazione dei conti della gestione, e può in
ogni tempo revocare o sostituire il curatore.
Gli atti del curatore che eccedono l’ordinaria amministrazione debbono
essere autorizzati dal giudice.
783. Vendita di beni ereditari.
La vendita dei beni mobili deve essere promossa dal curatore nei trenta
giorni successivi alla formazione dell’inventario, salvo che il giudice,
con decreto motivato, non disponga altrimenti.
La vendita dei beni immobili può essere autorizzata dal tribunale
con decreto in camera di consiglio soltanto nei casi di necessità
o utilità evidente.
TITOLO QUINTO
DELLO SCIOGLIMENTO DI COMUNIONI
784. Litisconsorzio necessario.
Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra
comunione debbono proporsi in confronto di tutti gli eredi o condomini
e dei creditori opponenti se vi sono.
785. Pronuncia sulla domanda di divisione.
Se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione, essa è
disposta con ordinanza dal giudice istruttore; altrimenti questi provvede
a norma dell’articolo 187.
786. Direzione delle operazioni.
Le operazioni di divisione sono dirette dal giudice istruttore, il
quale, anche nel corso di esse, può delegarne la direzione a un
notaio.
787. Vendita di mobili.
Quando occorre procedere alla vendita di mobili, censi o rendite, il
giudice istruttore o il notaio delegato procede a norma degli articoli
534 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della
vendita.
Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se
non con sentenza del collegio.
788. Vendita di immobili.
Quando occorre procedere alla vendita di immobili, il giudice istruttore
provvede con ordinanza a norma degli articoli 576 e seguenti, se non sorge
controversia sulla necessità della vendita.
Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se
non con sentenza del collegio.
L’incanto si svolge davanti al giudice istruttore che, quando occorre,
può disporre altri incanti a norma dell’articolo 591.
Quando le operazioni sono affidate a un notaio, questi provvede direttamente
alla vendita, a norma delle disposizioni del presente articolo.
789. Progetto di divisione e contestazioni su di esso.
Il giudice istruttore predispone un progetto di divisione che deposita
in cancelleria e fissa con decreto l’udienza di discussione del progetto,
ordinando la comparizione dei condividenti e dei creditori intervenuti.
Il decreto è comunicato alle parti.
Se non sorgono contestazioni, il giudice istruttore, con ordinanza
non impugnabile, dichiara esecutivo il progetto, altrimenti provvede a
norma dell’articolo 187.
In ogni caso il giudice istruttore dà con ordinanza le disposizioni
necessarie per l’estrazione a sorte dei lotti.
790. Operazioni davanti al notaio.
Se a dirigere le operazioni di divisione è stato delegato un
notaio, questi dà avviso, almeno cinque giorni prima, ai condividenti
e ai creditori intervenuti del luogo, giorno e ora in cui le operazioni
avranno inizio.
Le operazioni si svolgono alla presenza delle parti, assistite, se
lo richiedono e a loro spese, dai propri procuratori.
Se nel corso delle operazioni sorgono contestazioni in ordine alle
stesse, il notaio redige apposito processo verbale che trasmette al giudice
istruttore.
Questi fissa con decreto un’udienza per la comparizione delle parti,
alle quali il decreto stesso è comunicato dal cancelliere.
Sulle contestazioni il giudice provvede con ordinanza.
791. Progetto di divisione formato dal notaio.
Il notaio redige unico processo verbale delle operazioni effettuate.
Formato il progetto delle quote e dei lotti, se le parti non si accordano
su di esso, il notaio trasmette il processo verbale al giudice istruttore,
entro cinque giorni dalla sottoscrizione.
Il giudice provvede come al penultimo comma dell’articolo precedente
per la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e quindi emette
i provvedimenti di sua competenza a norma dell’articolo 187.
L’estrazione dei lotti non può avvenire se non in base a ordinanza
del giudice, emessa a norma dell’articolo 789, ultimo comma, o a sentenza
passata in giudicato.
TITOLO SESTO
DEL PROCESSO DI LIBERAZIONE DEGLI IMMOBILI DALLE IPOTECHE
792. Deposito del prezzo.
L’acquirente che ha dichiarato al precedente proprietario e ai creditori
iscritti di volere liberare l’immobile acquistato dalle ipoteche deve chiedere,
con ricorso al presidente del tribunale competente per la espropriazione,
la determinazione dei modi per il deposito del prezzo offerto. Il presidente
provvede con decreto.
Se non sono state fatte richieste di espropriazione nei quaranta giorni
successivi alla notificazione della dichiarazione al precedente proprietario
e ai creditori iscritti, l’acquirente, nel termine perentorio di sessanta
giorni dalla notificazione, deve depositare nei modi prescritti dal presidente
del tribunale il prezzo offerto e presentare nella cancelleria il certificato
del deposito, il titolo d’acquisto col certificato di trascrizione, un
estratto autentico dello stato ipotecario e l’originale dell’atto notificato
al precedente proprietario e ai creditori iscritti.
793. Convocazione dei creditori.
Su presentazione da parte del cancelliere dei documenti indicati nell’articolo
precedente, il presidente designa con decreto un giudice per il procedimento
e fissa l’udienza di comparizione dell’acquirente, del precedente proprietario
e dei creditori iscritti, e stabilisce il termine perentorio entro il quale
il decreto deve essere notificato alle altre parti, a cura dell’acquirente.
794. Provvedimenti del giudice.
All’udienza il giudice, accertata la regolarità del deposito
e degli atti del procedimento, dispone con ordinanza la cancellazione delle
ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del titolo dell’acquirente
che ha chiesto la liberazione, e quindi provvede alla distribuzione del
prezzo a norma degli articoli 596 e seguenti.
795. Espropriazione.
Se è fatta istanza di espropriazione, il giudice, verificate
le condizioni stabilite dalla legge per l’ammissibilità di essa,
dispone con decreto che si proceda a norma degli articoli 567 e seguenti.
La vendita non può essere fatta che all’incanto a norma degli
articoli 576 e seguenti.
L’incanto si apre sul prezzo offerto dal creditore istante.
Alla distribuzione della somma ricavata partecipano, oltre ai creditori
privilegiati e ipotecari, i creditori dell’acquirente.
Quest’ultimo ha diritto di essere collocato nella graduazione con privilegio
per le spese sopportate per la dichiarazione di liberazione.
TITOLO SETTIMO
DELL’EFFICACIA DELLE SENTENZE STRANIERE E DELL’ESECUZIONE DI ALTRI
ATTI DI AUTORITÀ STRANIERE
796. - 805.
(Abrogati).
TITOLO OTTAVO
DELL’ARBITRATO
CAPO PRIMO
DEL COMPROMESSO E DELLA CLAUSOLA COMPROMISSORIA
806. Compromesso.
Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro
insorte, tranne quelle previste negli articoli 429 e 459 (1), quelle che
riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi e
le altre che non possono formare oggetto di transazione.
———
(1) Vedi ora gli articoli 409 e 442 c.p.c..
807. Forma del compromesso.
Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto
e determinare l’oggetto della controversia.
La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà
delle parti è espressa per telegrafo o telescrivente.
Al compromesso si applicano le disposizioni che regolano la validità
dei contratti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
808. Clausola compromissoria.
Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono
stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise
da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare
oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da atto
avente la forma richiesta per il compromesso ai sensi dell’articolo 807,
commi primo e secondo.
Le controversie di cui all’articolo 409 possono essere decise da arbitri
solo se ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro
purché ciò avvenga, a pena di nullità, senza pregiudizio
della facoltà delle parti di adire l’autorità giudiziaria.
La clausola compromissoria contenuta in contratti o accordi collettivi
o in contratti individuali di lavoro è nulla ove autorizzi gli arbitri
a pronunciare secondo equità ovvero dichiari il lodo non impugnabile.
La validità della clausola compromissoria deve essere valutata
in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia,
il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la
clausola compromissoria.
809. Numero e modo di nomina degli arbitri.
Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero
dispari.
Il compromesso o la clausola compromissoria deve contenere la nomina
degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli.
In caso di indicazione di un numero pari di arbitri, l’ulteriore arbitro,
se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente
del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. Qualora manchi l’indicazione
del numero degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo, gli arbitri
sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto,
provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810.
CAPO SECONDO
DEGLI ARBITRI
810. Nomina degli arbitri.
Quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria gli
arbitri, debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto
notificato a mezzo d’ufficiale giudiziario, può rendere noto all’altra
l’arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione
dei propri. La parte, alla quale è rivolto l’invito, deve notificare,
nei venti giorni successivi, le generalità dell’arbitro o degli
arbitri da essa nominati.
In mancanza, la parte che ha fatto l’invito può chiedere, mediante
ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella cui
circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora
determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del
tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il
contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale
luogo è all’estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente,
sentita, quando occorre, l’altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile.
La stessa disposizione si applica se la nomina di uno o più
arbitri sia dal compromesso o dalla clausola compromissoria demandata all’autorità
giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi abbia provveduto.
811. Sostituzione di arbitri.
Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli
arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è
stabilito per la loro nomina nel compromesso o nella clausola compromissoria.
Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede o se il compromesso
o la clausola compromissoria nulla dispongono al riguardo, si applicano
le disposizioni dell’articolo precedente.
812. Capacità ad essere arbitro.
Gli arbitri possono essere sia cittadini italiani sia stranieri.
Non possono essere arbitri i minori, gli interdetti, gli inabilitati,
i falliti e coloro che sono sottoposti a interdizione dai pubblici uffici.
813. Accettazione e obblighi degli arbitri.
L’accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può
risultare dalla sottoscrizione del compromesso.
Gli arbitri debbono pronunciare il lodo entro il termine stabilito
dalle parti o dalla legge; in mancanza, nel caso di annullamento del lodo
per questo motivo, sono tenuti al risarcimento dei danni. Sono ugualmente
tenuti al risarcimento dei danni se dopo l’accettazione rinunciano all’incarico
senza giustificato motivo.
Se le parti non hanno diversamente convenuto, l’arbitro che omette
o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere
sostituito d’accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dal
compromesso o dalla clausola compromissoria. In mancanza, decorso il termine
di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera
raccomandata all’arbitro per ottenere l’atto, ciascuna delle parti può
proporre ricorso al presidente del tribunale nella cui circoscrizione è
la sede dell’arbitrato. Il presidente, sentite le parti, provvede con ordinanza
non impugnabile e, ove accerti l’omissione o il ritardo, dichiara la decadenza
dell’arbitro e provvede alla sua sostituzione.
814. Diritti degli arbitri.
Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all’onorario per
l’opera prestata, salvo che vi abbiano rinunciato al momento dell’accettazione
o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento,
salvo rivalsa tra loro.
Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle
spese e dell’onorario, tale liquidazione non è vincolante per le
parti se esse non l’accettano. In tal caso l’ammontare delle spese e dell’onorario
è determinato con ordinanza non impugnabile dal presidente del tribunale
indicato nell’articolo 810, secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite
le parti.
L’ordinanza è titolo esecutivo contro le parti.
815. Ricusazione degli arbitri.
La parte può ricusare l’arbitro, che essa non ha nominato, per
i motivi indicati nell’articolo 51.
La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del
tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, entro il termine perentorio
di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza
della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile,
sentito l’arbitro ricusato e assunte, quando occorre, sommarie informazioni.
CAPO TERZO
DEL PROCEDIMENTO
816. Svolgimento del procedimento.
Le parti determinano la sede dell’arbitrato nel territorio della Repubblica;
altrimenti provvedono gli arbitri nella loro prima riunione.
Le parti possono stabilire nel compromesso, nella clausola compromissoria
o con atto scritto separato, purché anteriore all’inizio del giudizio
arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento.
In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare
lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno.
Essi debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare
documenti e memorie, e per esporre le loro repliche.
Gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri a uno
di essi.
Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento
gli arbitri provvedono con ordinanza non soggetta a deposito e revocabile
tranne che nel caso previsto nell’articolo 819.
817. Eccezione d’incompetenza.
La parte, che non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che
le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti del compromesso
o della clausola compromissoria, non può, per questo motivo, impugnare
di nullità il lodo.
818. Provvedimenti cautelari.
Gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti
cautelari.
(Secondo comma: abrogato).
819. Questioni incidentali.
Se nel corso del procedimento sorge una questione che per legge non
può costituire oggetto di giudizio arbitrale, gli arbitri, qualora
ritengano che il giudizio ad essi affidato dipende dalla definizione di
tale questione, sospendono il procedimento.
Fuori di tali ipotesi gli arbitri decidono tutte le questioni insorte
nel giudizio arbitrale.
Nel caso previsto dal primo comma il termine stabilito nell’articolo
820 resta sospeso fino al giorno in cui una delle parti notifichi agli
arbitri la sentenza passata in giudicato che ha deciso la causa incidentale;
ma se il termine che resta a decorrere ha una durata inferiore a sessanta
giorni, è prorogato di diritto fino a raggiungere i sessanta giorni.
819-bis. Connessione.
La competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione
tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente dinanzi al giudice.
819-ter. Assunzione delle testimonianze.
Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sé la testimonianza,
ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi
vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì
deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire
per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono.
CAPO QUARTO
DEL LODO
820. Termini per la decisione.
Se le parti non hanno disposto altrimenti, gli arbitri debbono pronunciare
il lodo nel termine di centottanta giorni dall’accettazione della nomina.
Se gli arbitri sono più e l’accettazione non è avvenuta contemporaneamente
da parte di tutti, il termine decorre dall’ultima accettazione. Il termine
è sospeso quando è proposta istanza di ricusazione e fino
alla pronuncia su di essa, ed è interrotto quando occorre procedere
alla sostituzione degli arbitri.
Quando debbono essere assunti mezzi di prova o sia stato pronunciato
lodo non definitivo, gli arbitri possono prorogare per una sola volta il
termine e per non più di centottanta giorni.
Nel caso di morte di una delle parti il termine è prorogato
di trenta giorni.
Le parti, d’accordo, possono consentire con atto scritto la proroga
del termine.
821. Rilevanza del decorso del termine.
Il decorso del termine indicato nell’articolo precedente non può
essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte,
prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto
dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alle altre parti
e agli arbitri che intende far valere la loro decadenza.
822. Norme per la deliberazione.
Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti
li abbiano autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare secondo
equità.
823. Deliberazione e requisiti del lodo.
Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti
in conferenza personale ed è quindi redatto per iscritto.
Esso deve contenere:
1) l’indicazione delle parti;
2) l’indicazione dell’atto di compromesso o della clausola compromissoria
e dei quesiti relativi;
3) l’esposizione sommaria dei motivi;
4) il dispositivo;
5) l’indicazione della sede dell’arbitrato e del luogo o del modo in
cui è stato deliberato;
6) la sottoscrizione di tutti gli arbitri, con l’indicazione del giorno,
mese ed anno in cui è apposta; la sottoscrizione può avvenire
anche in luogo diverso da quello della deliberazione ed anche all’estero;
se gli arbitri sono più di uno, le varie sottoscrizioni, senza necessità
di ulteriore conferenza personale, possono avvenire in luoghi diversi.
Tuttavia è valido il lodo sottoscritto dalla maggioranza degli
arbitri, purché si dia atto che esso è stato deliberato in
conferenza personale di tutti, con l’espressa dichiarazione che gli altri
non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo.
Il lodo ha efficacia vincolante tra le parti dalla data della sua ultima
sottoscrizione.
824. Luogo di pronuncia.
(Abrogato).
825. Deposito del lodo.
Gli arbitri redigono il lodo in tanti originali quante sono le parti
e ne danno comunicazione a ciascuna parte mediante consegna di un originale,
anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla data
dell’ultima sottoscrizione.
La parte che intende far eseguire il lodo nel territorio della Repubblica
è tenuta a depositarlo in originale o in copia conforme, insieme
con l’atto di compromesso o con l’atto contenente la clausola compromissoria
o con documento equipollente, in originale o in copia conforme, nella cancelleria
del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato.
Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara
esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione,
in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione la sentenza avente
il medesimo contenuto.
Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia
dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti nell’articolo 133, secondo
comma.
Contro il decreto che nega l’esecutorietà del lodo è
ammesso reclamo, entro trenta giorni dalla comunicazione, mediante ricorso
al tribunale in composizione collegiale, del quale non può far parte
il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato; il collegio, sentite
le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.
826. Correzione del lodo.
Il lodo può essere corretto, su istanza di parte, dagli stessi
arbitri che lo hanno pronunciato, qualora questi siano incorsi in omissioni
o in errori materiali o di calcolo.
Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro venti giorni. Del provvedimento
è data comunicazione alle parti, anche con spedizione in plico raccomandato,
entro dieci giorni dalla data dell’ultima sottoscrizione.
Se il lodo è già stato depositato, la correzione è
richiesta al tribunale del luogo in cui lo stesso è depositato.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 288 in quanto compatibili.
CAPO QUINTO
DELLE IMPUGNAZIONI
827. Mezzi di impugnazione.
Il lodo è soggetto soltanto all’impugnazione per nullità,
per revocazione o per opposizione di terzo.
I mezzi di impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal
deposito del lodo.
Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è
immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni
insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo
unitamente al lodo definitivo.
828. Impugnazione per nullità.
L’impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta
giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d’appello nella
cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato.
L’impugnazione non è più proponibile decorso un anno
dalla data dell’ultima sottoscrizione.
L’istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l’impugnazione;
tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette
nei termini ordinari, a decorrere dalla notificazione della pronuncia di
correzione.
829. Casi di nullità.
L’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque
rinuncia, nei casi seguenti:
1) se il compromesso è nullo;
2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti
nei capi I e II del presente titolo, purché la nullità sia
stata dedotta nel giudizio arbitrale;
3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato
arbitro a norma dell’articolo 812;
4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non
ha pronunciato su alcuno degli oggetti del compromesso o contiene disposizioni
contraddittorie, salva la disposizione dell’articolo 817;
5) se il lodo non contiene i requisiti indicati nei numeri 3), 4),
5) e 6) del secondo comma dell’articolo 823, salvo il disposto del terzo
comma di detto articolo;
6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine
indicato nell’articolo 820, salvo il disposto dell’articolo 821;
7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte
per i giudizi sotto pena di nullità, quando le parti ne avevano
stabilita l’osservanza a norma dell’articolo 816 e la nullità non
è stata sanata;
8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più
impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti,
purché la relativa eccezione sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;
9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio
del contraddittorio.
L’impugnazione per nullità è altresì ammessa se
gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo
che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità o
avessero dichiarato il lodo non impugnabile.
Nel caso previsto nell’articolo 808, secondo comma, il lodo è
soggetto all’impugnazione anche per violazione e falsa applicazione dei
contratti e accordi collettivi.
830. Decisione sull’impugnazione per nullità.
La corte di appello, quando accoglie l’impugnazione, dichiara con sentenza
la nullità del lodo; qualora il vizio incida soltanto su una parte
del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale
del lodo.
Salvo volontà contraria di tutte le parti, la corte di appello
pronuncia anche sul merito, se la causa è in condizione di essere
decisa, ovvero rimette con ordinanza la causa all’istruttore, se per la
decisione del merito è necessaria una nuova istruzione.
In pendenza del giudizio, su istanza di parte, la corte d’appello può
sospendere con ordinanza l’esecutorietà del lodo.
831. Revocazione ed opposizione di terzo.
Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, è soggetto a revocazione
nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395, osservati
i termini e le forme stabiliti nel libro secondo.
Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso del
processo di impugnazione per nullità, il termine per la proposizione
della domanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione della
sentenza che abbia pronunciato sulla nullità.
Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati
nell’articolo 404.
Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si propongono
davanti alla corte d’appello nella cui circoscrizione è la sede
dell’arbitrato.
La corte d’appello può riunire le impugnazioni per nullità,
per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, salvo
che lo stato della causa preventivamente proposta non consenta l’esauriente
trattazione e decisione delle altre cause.
CAPO SESTO
DELL’ARBITRATO INTERNAZIONALE
832. Arbitrato internazionale.
Qualora alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria
o del compromesso almeno una delle parti risieda o abbia la propria sede
effettiva all’estero oppure qualora debba essere eseguita all’estero una
parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia
si riferisce, le disposizioni dei capi da I a V del presente titolo si
applicano all’arbitrato in quanto non derogate dal presente capo.
Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni internazionali.
833. Forma della clausola compromissoria.
La clausola compromissoria contenuta in condizioni generali di contratto
oppure in moduli o formulari non è soggetta alla approvazione specifica
prevista dagli articoli 1341 e 1342 del codice civile.
È valida la clausola compromissoria contenuta in condizioni
generali che siano recepite in un accordo scritto delle parti, purché
le parti abbiano avuto conoscenza della clausola o avrebbero dovuto conoscerla
usando l’ordinaria diligenza.
834. Norme applicabili al merito.
Le parti hanno facoltà di stabilire d’accordo tra loro le norme
che gli arbitri debbono applicare al merito della controversia oppure di
disporre che gli arbitri pronuncino secondo equità. Se le parti
non provvedono, si applica la legge con la quale il rapporto è più
strettamente collegato.
In entrambi i casi gli arbitri tengono conto delle indicazioni del
contratto e degli usi del commercio.
835. Lingua dell’arbitrato.
Se le parti non hanno diversamente convenuto, la lingua del procedimento
è determinata dagli arbitri, tenuto conto delle circostanze.
836. Ricusazione degli arbitri.
La ricusazione degli arbitri è regolata dall’articolo 815, se
le parti non hanno diversamente convenuto.
837. Deliberazione del lodo.
Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti
in conferenza personale, anche videotelefonica, salvo che le parti abbiano
deliberato diversamente, ed è quindi redatto per iscritto.
838. Impugnazione.
All’arbitrato internazionale non si applicano le disposizioni dell’articolo
829, secondo comma, dell’articolo 830, secondo comma, e dell’articolo 831
se le parti non hanno diversamente convenuto.
CAPO SETTIMO
DEI LODI STRANIERI
839. Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri.
Chi vuol far valere nella Repubblica un lodo straniero deve proporre
ricorso al presidente della corte d’appello nella cui circoscrizione risiede
l’altra parte; se tale parte non risiede in Italia è competente
la corte d’appello di Roma.
Il ricorrente deve produrre il lodo in originale o in copia conforme,
insieme con l’atto di compromesso, o documento equipollente, in originale
o in copia conforme.
Qualora i documenti di cui al secondo comma non siano redatti in lingua
italiana la parte istante deve altresì produrne una traduzione certificata
conforme.
Il presidente della corte d’appello, accertata la regolarità
formale del lodo, dichiara con decreto l’efficacia del lodo straniero nella
Repubblica, salvoché:
1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso secondo
la legge italiana;
2) il lodo contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico.
840. Opposizione.
Contro il decreto che accorda o nega l’efficacia del lodo straniero
è ammessa opposizione da proporsi con citazione dinanzi alla corte
d’appello entro trenta giorni dalla comunicazione, nel caso di decreto
che nega l’efficacia, ovvero dalla notificazione nel caso di decreto che
l’accorda.
In seguito all’opposizione il giudizio si svolge a norma degli articoli
645 e seguenti in quanto applicabili. La corte d’appello pronuncia con
sentenza impugnabile per cassazione.
Il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero sono rifiutati
dalla corte d’appello se nel giudizio di opposizione la parte contro la
quale il lodo è invocato prova l’esistenza di una delle seguenti
circostanze:
1) le parti della convenzione arbitrale erano incapaci in base alla
legge ad esse applicabile oppure la convenzione arbitrale non era valida
secondo la legge alla quale le parti l’hanno sottoposta o, in mancanza
di indicazione a tale proposito, secondo la legge dello Stato in cui il
lodo è stato pronunciato;
2) la parte nei cui confronti il lodo è invocato non è
stata informata della designazione dell’arbitro o del procedimento arbitrale
o comunque è stata nell’impossibilità di far valere la propria
difesa nel procedimento stesso;
3) il lodo ha pronunciato su una controversia non contemplata nel compromesso
o nella clausola compromissoria, oppure fuori dei limiti del compromesso
o della clausola compromissoria; tuttavia, se le statuizioni del lodo che
concernono questioni sottoposte ad arbitrato possono essere separate da
quelle che riguardano questioni non sottoposte ad arbitrato, le prime possono
essere riconosciute e dichiarate esecutive;
4) la costituzione del collegio arbitrale o il procedimento arbitrale
non sono stati conformi all’accordo delle parti o, in mancanza di tale
accordo, alla legge del luogo di svolgimento dell’arbitrato;
5) il lodo non è ancora divenuto vincolante per le parti o è
stato annullato o sospeso da un’autorità competente dello Stato
nel quale, o secondo la legge del quale, è stato reso.
Allorché l’annullamento o la sospensione dell’efficacia del
lodo straniero siano stati richiesti all’autorità competente indicata
nel numero 5) del terzo comma, la corte d’appello può sospendere
il procedimento per il riconoscimento o l’esecuzione del lodo; su istanza
della parte che ha richiesto l’esecuzione può, in caso di sospensione,
ordinare che l’altra parte presti idonea garanzia.
Il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero sono altresì
rifiutati allorché la corte d’appello accerta che:
1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso secondo
la legge italiana;
2) il lodo contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico.
Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni internazionali.
Disposizioni
per l'attuazione del Codice di Procedura Civile
R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Suppl. G.U. 24 dicembre 1941, n. 302)
TITOLO PRIMO
DEL PUBBLICO MINISTERO
1. Richiesta di comunicazione degli atti.
In ogni stato e grado del processo il pubblico ministero può
richiedere al giudice la comunicazione degli atti per l’esercizio dei poteri
a lui attribuiti dalla legge.
2. Intervento davanti all’istruttore.
L’intervento del pubblico ministero davanti all’istruttore avviene
nei modi previsti nell’articolo 267 del codice.
3. Intervento davanti al collegio.
Il pubblico ministero può spiegare il suo intervento anche quando
la causa si trova davanti al collegio, mediante comparsa da depositarsi
in cancelleria o all’udienza.
Il pubblico ministero che interviene all’udienza prende oralmente le
sue conclusioni, che sono inserite nel ruolo d’udienza.
Se il pubblico ministero che interviene davanti al collegio non si
limita ad aderire alle conclusioni di una delle parti, ma prende proprie
conclusioni, produce documenti o deduce prove, il presidente, d’ufficio
o su istanza di parte, può rimettere con ordinanza la causa al giudice
istruttore per l’integrazione dell’istruzione.
TITOLO SECONDO
DEGLI ESPERTI E DEGLI AUSILIARI DEL GIUDICE
CAPO PRIMO
DEGLI ESPERTI DELLA MAGISTRATURA DEL LAVORO
4. - 12.
(Omissis).
CAPO SECONDO
DEI CONSULENTI TECNICI DEL GIUDICE
SEZIONE PRIMA
DEI CONSULENTI TECNICI NEI PROCEDIMENTI ORDINARI
13. Albo dei consulenti tecnici.
Presso ogni tribunale è istituito un albo dei consulenti tecnici.
L’albo è diviso in categorie.
Debbono essere sempre comprese nell’albo le categorie: 1) medico-chirurgica;
2) industriale; 3) commerciale; 4) agricola; 5) bancaria; 6) assicurativa.
14. Formazione dell’albo.
L’albo è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato
da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica
e da un professionista, iscritto nell’albo professionale, designato dal
consiglio dell’ordine o del collegio della categoria a cui appartiene il
richiedente la iscrizione nell’albo dei consulenti tecnici.
Il consiglio predetto ha facoltà di designare, quando lo ritenga
opportuno, un professionista iscritto nell’albo di altro ordine o collegio,
previa comunicazione al consiglio che tiene l’albo a cui appartiene il
professionista stesso.
Quando trattasi di domande presentate da periti estimatori, la designazione
è fatta dalla Camera di commercio, industria e agricoltura.
Le funzioni di segretario del comitato sono esercitate dal cancelliere
del tribunale.
15. Iscrizione nell’albo.
Possono ottenere l’iscrizione nell’albo coloro che sono forniti di
speciale competenza tecnica in una determinata materia, sono di condotta
morale [e politica] specchiata e sono iscritti nelle rispettive associazioni
professionali.
Nessuno può essere iscritto in più di un albo.
Sulle domande di iscrizione decide il comitato indicato nell’articolo
precedente.
Contro il provvedimento del comitato è ammesso reclamo, entro
quindici giorni dalla notificazione, al comitato previsto nell’articolo
5.
16. Domande d’iscrizione.
Coloro che aspirano all’iscrizione nell’albo debbono farne domanda
al presidente del tribunale.
La domanda deve essere corredata dai seguenti documenti:
1) estratto dell’atto di nascita;
2) certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore
a tre mesi dalla presentazione;
3) certificato di residenza nella circoscrizione del tribunale;
4) certificato di iscrizione all’associazione professionale;
5) i titoli e i documenti che l’aspirante crede di esibire per dimostrare
la sua speciale capacità tecnica.
17. Informazioni.
A cura del presidente del tribunale debbono essere assunte presso le
autorità [politiche e] di polizia specifiche informazioni sulla
condotta pubblica e privata dell’aspirante.
18. Revisione dell’albo.
L’albo è permanente. Ogni quattro anni il comitato di cui all’articolo
14 deve provvedere alla revisione dell’albo per eliminare i consulenti
per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti nell’articolo
15 o è sorto un impedimento a esercitare l’ufficio.
19. Disciplina.
La vigilanza sui consulenti tecnici è esercitata dal presidente
del tribunale, il quale, d’ufficio o su istanza del procuratore della Repubblica
o del presidente dell’associazione professionale, può promuovere
procedimento disciplinare contro i consulenti che non hanno tenuto una
condotta morale [e politica] specchiata o non hanno ottemperato agli obblighi
derivanti dagli incarichi ricevuti.
Per il giudizio disciplinare è competente il comitato indicato
nell’articolo 14.
20. Sanzioni disciplinari.
Ai consulenti che non hanno osservato i doveri indicati nell’articolo
precedente possono essere inflitte le seguenti sanzioni disciplinari:
1) l’avvertimento;
2) la sospensione dall’albo per un tempo non superiore ad un anno;
3) la cancellazione dall’albo.
21. Procedimento disciplinare.
Prima di promuovere il procedimento disciplinare, il presidente del
tribunale contesta l’addebito al consulente e ne raccoglie la risposta
scritta.
Il presidente, se dopo la contestazione ritiene di dovere continuare
il procedimento, fa invitare il consulente, con biglietto di cancelleria,
davanti al comitato disciplinare.
Il comitato decide sentito il consulente. Contro il provvedimento è
ammesso reclamo a norma dell’articolo 15, ultimo comma.
22. Distribuzione degli incarichi.
Tutti i giudici che hanno sede nella circoscrizione del tribunale debbono
affidare normalmente le funzioni di consulente tecnico agli iscritti nell’albo
del tribunale medesimo.
Il giudice istruttore che conferisce un incarico a un consulente iscritto
in albo di altro tribunale o a persona non iscritta in alcun albo, deve
sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta.
Le funzioni di consulente presso la corte d’appello sono normalmente
affidate agli iscritti negli albi dei tribunali del distretto. Se l’incarico
è conferito ad iscritti in altri albi o a persone non iscritte in
alcun albo, deve essere sentito il primo presidente e debbono essere indicati
nel provvedimento i motivi della scelta.
23. Vigilanza sulla distribuzione degli incarichi.
Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per
l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti
tra gli iscritti nell’albo.
Per l’attuazione di tale vigilanza il presidente fa tenere dal cancelliere
un registro in cui debbono essere annotati tutti gli incarichi che i consulenti
iscritti ricevono e i compensi liquidati da ciascun giudice.
Questi deve dare notizia degli incarichi dati e dei compensi liquidati
al presidente del tribunale presso il quale il consulente è iscritto.
Il primo presidente della corte d’appello esercita la vigilanza prevista
nel primo comma per gli incarichi che vengono affidati dalla corte.
24. Liquidazione dei compensi.
(Abrogato).
SEZIONE SECONDA
DEI CONSULENTI TECNICI NEI PROCEDIMENTI CORPORATIVI
25. Istituzione e formazione dell’albo.
(Abrogato).
26. Iscrizione nell’albo.
(Abrogato).
27. Consulenti in materie regolate da norme corporative o da accordi
economici.
(Abrogato).
CAPO TERZO
DEI REGISTRI DI CANCELLERIA E DEGLI ATTI DEL CANCELLIERE
28. Registri di cancelleria.
Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, ovvero con decreto
del Ministro delle finanze, nei casi di sua competenza, di concerto con
il Ministro di grazia e giustizia, sono stabiliti i registri che devono
essere tenuti, a cura delle cancellerie, presso gli uffici giudiziari.
29. Registri di cancelleria della pretura.
(Abrogato).
30. Registri di cancelleria del tribunale.
(Abrogato).
31. Registri di cancelleria della corte d’appello.
(Abrogato).
32. Registri di cancelleria della corte suprema di cassazione.
(Abrogato).
33. Divisione dei registri in più volumi.
Negli uffici giudiziari aventi un numero rilevante di affari, ogni
capo d’ufficio, su proposta del dirigente la cancelleria, può autorizzare
la divisione per materia del ruolo generale e della rubrica alfabetica
generale corrispondente.
Il capo dell’ufficio può autorizzare inoltre la divisione del
registro cronologico in due volumi contenenti uno i numeri pari e l’altro
i numeri dispari o anche in volumi distinti per materia.
34. Contenuto del registro cronologico.
(Abrogato).
35. Volumi dei provvedimenti originali.
Il cancelliere deve riunire annualmente in volumi separati gli originali
delle sentenze, dei decreti d’ingiunzione e dei processi verbali di conciliazione,
nonché le copie dei verbali contenenti le sentenze pronunciate a
norma dell’articolo 281-sexies.
36. Fascicoli di cancelleria.
Il cancelliere deve formare un fascicolo per ogni affare del proprio
ufficio, anche quando la formazione di esso non è prevista espressamente
dalla legge.
Ogni fascicolo riceve la numerazione del ruolo generale sotto la quale
è iscritto l’affare.
Sulla copertina di ogni fascicolo sono indicati l’ufficio, la sezione
alla quale appartiene il giudice incaricato dell’affare e il giudice stesso,
le parti, i rispettivi difensori muniti di procura e l’oggetto.
Nella facciata interna della copertina è contenuto l’indice
degli atti inseriti nel fascicolo con l’indicazione della natura e della
data di ciascuno di essi.
Gli atti sono inseriti nel fascicolo in ordine cronologico e muniti
di un numero progressivo corrispondente a quello risultante dall’indice.
37. Modo di tenuta dei registri.
(Abrogato).
38. Deposito di cancelleria della parte che si costituisce.
La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita in
cancelleria il ricorso o il controricorso, o che fa istanza per l’assegnazione
o la vendita dei beni pignorati, oltre i depositi specificamente previsti
dalla legge, deve consegnare al cancelliere la carta bollata per lo svolgimento
del procedimento e una somma per spese di cancelleria che il capo di ciascun
ufficio giudiziario fissa con disposizione generale o con provvedimento
speciale.
Il cancelliere deve rifiutare di ricevere gli atti che non sono accompagnati
dai depositi di cui al comma precedente.
Quando nel corso del procedimento ne ravvisa la necessità, il
cancelliere può chiedere alla parte e al difensore di essa l’integrazione
dei depositi.
La parte e il suo difensore sono tenuti in solido a soddisfare la richiesta
del cancelliere. In mancanza il capo dell’ufficio giudiziario ordina il
deposito con decreto che costituisce titolo esecutivo contro la parte e
il suo difensore.
39. Deposito di cancelleria.
La parte interessata al compimento di un atto deve consegnare al cancelliere
la carta bollata e, quando occorre, anche la somma reputata necessaria
per le spese relative. Sul disaccordo, l’ammontare del deposito è
fissato dal capo dell’ufficio. Si applicano gli ultimi due commi dell’articolo
precedente.
40. Nota dei depositi e delle spese di cancelleria.
In ogni fascicolo d’ufficio il cancelliere deve inserire un foglio
diviso in due parti, in una delle quali sono da lui annotati i depositi
di carta bollata e l’uso dei singoli fogli e nell’altra i depositi per
spese di cancelleria e le erogazioni fatte.
41. Deposito delle somme ricevute dal cancelliere.
Per provvedere alle spese e ai rimborsi il cancelliere può trattenere
presso di sé non più di un quarto della somma complessiva
risultante dai depositi eseguiti dalle parti a norma dell’articolo 38,
detratte le erogazioni fatte; gli altri tre quarti debbono essere da lui
depositati in un unico conto corrente postale intestato alla cancelleria.
42. Prelievi dalla somma depositata.
Quando è necessario, il cancelliere può eseguire, mediante
assegni di pagamento a lui intestati, prelievi dal conto corrente per le
spese e i rimborsi, purché le somme che preleva, unite a quelle
esistenti presso di lui, non eccedano il quarto della somma complessiva
dei depositi eseguiti dalle parti a norma dell’articolo 38, detratte le
erogazioni fatte.
I rimborsi dei residui delle somme depositate sono fatti direttamente
dal cancelliere a chi ha eseguito il deposito nei cinque giorni successivi
al provvedimento che chiude il procedimento, anche mediante assegno postale.
Tutti gli assegni postali debbono essere firmati dal capo della cancelleria
e dal capo dell’ufficio giudiziario.
Il cancelliere deve tenere costantemente aggiornato un elenco dei depositi
totalmente o parzialmente in vita.
43. Ingiunzione di pagamento di spese, diritti ed onorari.
Le spese, tasse, diritti ed onorari relativi agli affari civili concernenti
persone o enti giuridici ammessi alla prenotazione a debito sono esatti
mediante nota compilata dal cancelliere sulle risultanze del registro relativo.
A richiesta del cancelliere la nota è resa esecutiva dal capo
dell’ufficio giudiziario al quale egli appartiene, con decreto a cui si
applicano le disposizioni dell’articolo 642 del codice.
La nota ed il decreto di esecutorietà sono notificati all’obbligato
a norma dell’articolo 643 del codice. Contro di essi è ammessa,
entro il termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione, opposizione
a norma degli articoli 645 e seguenti del codice.
44. Compilazione dei processi verbali.
Oltre che nei casi specificamente indicati dalla legge, il cancelliere
deve compilare processo verbale di tutti gli atti che compie con l’intervento
di terzi interessati. Nel processo verbale fa risultare le attività
da lui compiute, quelle delle persone intervenute nell’atto e le dichiarazioni
da esse rese.
45. Forma delle comunicazioni del cancelliere.
Il biglietto, col quale il cancelliere esegue le comunicazioni a norma
dell’articolo 136 del codice, si compone di due parti uguali, una delle
quali deve essere consegnata al destinatario e l’altra deve essere conservata
nel fascicolo d’ufficio.
Esse contengono in ogni caso l’indicazione dell’ufficio giudiziario,
della sezione alla quale la causa è assegnata, dell’istruttore se
è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l’affare
è iscritto e del ruolo dell’istruttore ed il nome delle parti.
Nella parte che viene inserita nel fascicolo d’ufficio deve essere
stesa la relazione di notificazione dell’ufficiale giudiziario o scritta
la ricevuta del destinatario. Se l’ufficiale giudiziario si avvale del
servizio postale, il cancelliere conserva nel fascicolo d’ufficio anche
la ricevuta della raccomandata.
46. Forma degli atti giudiziari.
I processi verbali e gli altri atti giudiziari debbono essere scritti
in carattere chiaro e facilmente leggibile, in continuazione, senza spazi
in bianco e senza alterazioni o abrasioni.
Le aggiunte, soppressioni o modificazioni eventuali debbono essere
fatte in calce all’atto, con nota di richiamo senza cancellare la parte
soppressa o modificata.
CAPO QUARTO
DEGLI ATTI DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO
47. Ora della notificazione.
Nella relazione di notificazione di cui all’articolo 148 del codice,
se la parte interessata lo chiede, deve essere inserita l’indicazione dell’ora
nella quale la notificazione è stata eseguita.
48. Avviso al destinatario della notificazione.
L’avviso prescritto nell’articolo 140 del codice deve contenere:
1) il nome della persona che ha chiesto la notificazione e del destinatario;
2) l’indicazione della natura dell’atto notificato;
3) l’indicazione del giudice che ha pronunciato il provvedimento notificato
o davanti al quale si deve comparire con la data o il termine di comparizione;
4) la data e la firma dell’ufficiale giudiziario.
49. Nota da consegnarsi al pubblico ministero.
L’ufficiale, che esegue la notificazione a norma degli articoli 142,
143 e 146 del codice, deve consegnare al pubblico ministero, insieme con
la copia dell’atto, una nota contenente:
1) l’indicazione del nome e della qualità della persona che
ha chiesto la notificazione;
2) il nome, la residenza o la dimora del destinatario;
3) la natura dell’atto notificato;
4) il giudice che ha pronunciato il provvedimento notificato o davanti
al quale si deve comparire;
5) la data e la firma dell’ufficiale giudiziario.
La nota è trasmessa dal pubblico ministero insieme con l’atto
al Ministero degli affari esteri o al comando militare posto nella circoscrizione
del tribunale, i quali provvedono d’urgenza alla consegna.
50. Istanza di autorizzazione alla notificazione per pubblici proclami.
L’istanza di autorizzazione a procedere alla notificazione per pubblici
proclami a norma dell’articolo 150 del codice è fatta con ricorso
steso in calce all’atto.
Il pubblico ministero stende il suo parere di seguito al ricorso.
51. Destinazione della copia dell’atto notificato depositata in cancelleria.
La copia che l’ufficiale giudiziario deposita in cancelleria a norma
dell’articolo 150, quarto comma, del codice è custodita dal cancelliere
per essere inserita nel fascicolo d’ufficio.
Nella copia depositata e in quella da consegnare alla parte che ha
chiesto la notificazione, l’ufficiale giudiziario deve certificare la data
dell’avvenuto deposito in cancelleria.
CAPO QUINTO
DELLE PERSONE CHE POSSONO ASSISTERE IL GIUDICE
52. Liquidazione del compenso.
Il compenso agli ausiliari di cui all’articolo 68 del codice è
liquidato con decreto dal giudice che li ha nominati o dal capo dell’ufficio
giudiziario al quale appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario
che li ha chiamati, tenuto conto dell’attività svolta.
53. Contenuto ed efficacia dei provvedimenti che liquidano compensi.
I decreti con i quali il giudice liquida a favore del custode e degli
altri ausiliari i compensi loro dovuti debbono indicare la parte che è
tenuta a corrisponderli. Tali decreti costituiscono titolo esecutivo contro
la parte stessa.
TITOLO TERZO
DEL PROCESSO DI COGNIZIONE
CAPO PRIMO
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
54. Determinazione dei giorni d’udienza.
Le udienze di istruzione e di discussione delle cause sono tenute nei
giorni e nelle ore che il capo dell’ufficio del giudice di pace stabilisce
annualmente con decreto approvato dal presidente del tribunale d’intesa
col procuratore della Repubblica. Il decreto deve rimanere affisso per
tutto l’anno in ciascuna sala di udienza dell’ufficio del giudice di pace.
55. Distribuzione delle udienze tra i magistrati.
Il capo dell’ufficio [di pretura o] del giudice di pace distribuisce
con decreto al principio di ogni trimestre le udienze di istruzione o di
discussione tra i magistrati addetti all’ufficio.
56. Designazione del giudice per ciascuna causa.
Dopo il deposito in cancelleria dell’atto introduttivo del giudizio
a norma dell’articolo 319 del codice o, in mancanza, il giorno stesso dell’udienza
fissata a norma dell’articolo 316 del codice, su presentazione da parte
del cancelliere dell’atto, il capo dell’ufficio del giudice di pace designa
il magistrato che viene incaricato dell’istruzione della causa.
Se nel giorno fissato per la comparizione l’udienza è tenuta
da un magistrato diverso da quello designato, la causa, dopo la costituzione
delle parti, è rinviata d’ufficio alla prima udienza del magistrato
designato.
57. Rinvio dell’udienza di comparizione.
Se non vi è udienza nel giorno fissato nell’atto di citazione
o nel processo verbale indicato nell’articolo 316, secondo comma, del codice,
la comparizione s’intende rimandata all’udienza immediatamente successiva
tenuta dal giudice designato.
Se nell’udienza di comparizione non possono essere sentite le parti,
[il pretore o] il giudice di pace dà atto nel processo verbale della
loro comparizione e rimanda la causa all’udienza immediatamente successiva.
58. Mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio.
Alla parte, che non ha fatto dichiarazione di residenza o elezione
di domicilio a norma dell’articolo 319 del codice, le notificazioni e le
comunicazioni durante il procedimento possono essere fatte presso la cancelleria,
salvo contrarie disposizioni di legge.
59. Dichiarazione di contumacia.
La dichiarazione di contumacia della parte non costituita è
fatta [dal pretore o] dal giudice di pace a norma dell’articolo 171, ultimo
comma, del codice, quando è decorsa almeno un’ora dall’apertura
dell’udienza.
60. Tempo degli atti di istruzione.
Gli atti di istruzione debbono essere assunti [dal pretore o] dal giudice
di pace non oltre la terza udienza successiva a quella in cui sono stati
ammessi o alla comunicazione dell’ordinanza di ammissione, se questa non
è stata pronunciata in udienza.
61. Ordine di trattazione e discussione delle cause.
Nella trattazione e nella discussione il giudice di pace deve dare
la precedenza alle cause per le quali sono stati abbreviati i termini a
norma dell’articolo 163-bis del codice.
62. Udienza di discussione.
Il [pretore o il] giudice di pace, quando dichiara chiusa l’istruzione,
invita le parti a formulare nella stessa udienza o in una udienza successiva
le conclusioni che, a norma dell’articolo 189 del codice, intendono sottoporre
alla sua decisione e a procedere alla discussione della causa.
L’udienza di discussione può essere rinviata soltanto una volta,
per grave impedimento dell’ufficio o delle parti da specificarsi nel provvedimento
di rinvio.
63. Giudice decidente.
La causa deve essere decisa [dal pretore o] dal giudice di pace che
ha proceduto all’istruzione, salvo che sia stato sostituito a norma dell’articolo
174 del codice.
64. Pubblicazione della sentenza.
(Abrogato).
65. Querela di falso.
Il [pretore o il] giudice di pace, quando rimette le parti davanti
al tribunale per il processo di falso, stabilisce un termine perentorio
entro il quale le parti stesse debbono riassumere la causa davanti al tribunale.
66. Tempo degli atti dei conciliatori.
(Abrogato).
67. Luogo delle udienze.
(Abrogato).
68. Istanza di conciliazione.
L’istanza di conciliazione in sede non contenziosa può essere
proposta al giudice di pace con ricorso o verbalmente.
Se l’istanza è proposta con ricorso, il giudice di pace fa invitare
dal cancelliere le parti a comparire davanti a lui in un giorno e in un’ora
determinati per cercare di conciliarle.
Se è proposta verbalmente, il giudice di pace redige di essa
processo verbale e dà la disposizione di cui al comma precedente.
69. Mancata comparizione della parte invitata.
Se la parte invitata non si presenta, il giudice di pace ne dà
atto nel processo verbale; di questo la parte istante può ottenere
copia.
CAPO SECONDO
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE
SEZIONE PRIMA
DELL’INTRODUZIONE DELLA CAUSA
69-bis. Determinazione delle udienze di prima comparizione.
Il decreto del presidente del tribunale, che stabilisce, a norma del
secondo comma dell’articolo 163 del codice, i giorni della settimana e
le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle
parti, deve essere affisso in tutte le sale d’udienza del tribunale entro
il 30 novembre di ogni anno e rimanervi durante il successivo anno giudiziario
cui si riferisce.
70. Istanza di abbreviazione dei termini di comparizione.
L’istanza di abbreviazione dei termini di comparizione, prevista nell’articolo
163-bis, ultimo comma, del codice, è proposta con ricorso diretto
al presidente del tribunale, ovvero, se la causa è stata già
assegnata ad una sezione, al presidente di questa.
Il decreto del presidente, scritto in calce al ricorso, fissa l’udienza
di prima comparizione e deve essere comunicato, insieme col ricorso stesso,
ai procuratori delle parti costituite almeno cinque giorni liberi prima
dell’udienza fissata dal presidente. Alle parti non costituite il decreto
e il ricorso debbono essere notificati personalmente in un congruo termine
stabilito dal presidente.
Se all’udienza fissata dal presidente non compariscono tutte le parti
alle quali deve essere fatta la comunicazione o la notificazione, il giudice
istruttore verifica la regolarità della comunicazione o della notificazione,
e ne ordina, quando occorre, la rinnovazione, fissando una nuova udienza
di prima comparizione. In tal caso deve essere osservato per la comunicazione
lo stesso termine stabilito nel comma precedente; per la notificazione
alle parti non costituite il giudice istruttore stabilisce un nuovo termine
congruo.
70-bis. Computo dei termini di comparizione.
I termini di comparizione, stabiliti nell’articolo 163-bis del codice,
debbono essere osservati in relazione all’udienza fissata nell’atto di
citazione, anche se la causa è rinviata ad altra udienza a norma
dell’articolo 168-bis, quarto comma, dello stesso codice.
71. Nota d’iscrizione a ruolo.
La nota d’iscrizione della causa nel ruolo generale deve contenere
l’indicazione delle parti, del procuratore che si costituisce, dell’oggetto
della domanda, della data di notificazione della citazione, e dell’udienza
fissata per la prima comparizione delle parti.
72. Deposito del fascicolo di parte e iscrizione a ruolo.
Insieme con la nota d’iscrizione a ruolo la parte deve consegnare al
cancelliere il proprio fascicolo. Esso è custodito in unica cartella
col fascicolo d’ufficio che il cancelliere forma a norma dell’articolo
168, secondo comma, del codice.
Nella stessa cartella sono custoditi i fascicoli delle parti che si
costituiscono successivamente.
73. Copia degli atti di parte.
Le parti debbono consegnare al cancelliere insieme col proprio fascicolo
le copie degli atti di parte, che a norma dell’articolo 168, secondo comma,
del codice debbono essere inserite nel fascicolo d’ufficio.
Il cancelliere deve rifiutare di ricevere il fascicolo di parte che
non contenga le copie degli atti indicate nel comma precedente.
74. Contenuto del fascicolo di parte.
Gli atti e i documenti di causa sono inseriti in sezioni separate del
fascicolo di parte.
Gli atti sono costituiti dagli originali o dalle copie notificate della
citazione, della comparsa di risposta o d’intervento, delle memorie, delle
comparse conclusionali e delle sentenze.
Sulla copertina del fascicolo debbono essere iscritte le indicazioni
richieste per il fascicolo d’ufficio.
Il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale
degli atti e dei documenti, sottoscrive l’indice del fascicolo ogni volta
che viene inserito in esso un atto o documento.
75. Nota delle spese.
Il difensore al momento del passaggio in decisione della causa deve
unire al fascicolo di parte la nota delle spese, indicando in modo distinto
e specifico gli onorari e le spese, con riferimento all’articolo della
tariffa dal quale si desume ciascuna partita.
76. Potere delle parti sui fascicoli.
Le parti o i loro difensori muniti di procura possono esaminare gli
atti e i documenti inseriti nel fascicolo d’ufficio e in quelli delle altre
parti
e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo.
77. Ritiro del fascicolo di parte.
Per ritirare il proprio fascicolo a norma dell’articolo 169 del codice,
la parte deve fare istanza con ricorso al giudice istruttore. Il ricorso
e il decreto di autorizzazione sono inseriti dal cancelliere nel fascicolo
d’ufficio.
In calce al decreto il cancelliere fa scrivere la dichiarazione di
ritiro del fascicolo e annota la restituzione di esso.
SEZIONE SECONDA
DELL’ISTRUZIONE DELLA CAUSA
78. Astensione del giudice istruttore.
Il giudice istruttore, che riconosce l’esistenza di un motivo di astensione
a norma dell’articolo 51 del codice, deve farne espressa dichiarazione
oppure istanza scritta al presidente del tribunale appena ricevuto il decreto
di nomina.
Se il motivo d’astensione sorge dopo che l’istruzione è iniziata,
il giudice istruttore ne dà subito notizia al capo dell’ufficio
giudiziario competente e dichiara o chiede di astenersi.
79. Sostituzione del giudice istruttore.
La sostituzione del giudice istruttore nei casi previsti nell’articolo
174 del codice è disposta d’ufficio o su istanza di parte.
L’istanza è proposta con ricorso al presidente del tribunale,
il quale provvede con decreto designando altro giudice della stessa sezione.
L’istanza e il decreto sono inseriti nel fascicolo d’ufficio.
80. Determinazione delle udienze dei giudici istruttori.
Il presidente del tribunale stabilisce con decreto, al principio e
alla metà dell’anno giudiziario, i giorni della settimana e le ore
in cui egli stesso, i presidenti di sezione e ciascun giudice istruttore
debbono tenere le udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione
delle parti, e le udienze d’istruzione. Il decreto deve rimanere affisso
in tutte le sale d’udienza del tribunale durante il periodo al quale si
riferisce. Se nel corso dell’anno uno o più giudici istruttori cessano
di fare parte del tribunale, o della sezione, debbono di volta in volta
essere apportate al decreto le necessarie modificazioni.
80-bis. Rinvio al collegio nell’udienza di prima comparizione.
La rimessione al collegio, a norma dell’articolo 187 del codice, può
essere disposta dal giudice istruttore anche nell’udienza destinata esclusivamente
alla prima comparizione delle parti.
81. Fissazione delle udienze d’istruzione.
Le udienze d’istruzione per ogni causa sono fissate di volta in volta
dal giudice istruttore.
Nello stesso processo l’intervallo tra l’udienza destinata esclusivamente
alla prima comparizione delle parti e la prima udienza d’istruzione, e
quello tra le successive udienze di istruzione, non può essere superiore
a quindici giorni, salvo che, per speciali circostanze, delle quali dovrà
farsi menzione nel provvedimento, sia necessario un intervallo maggiore.
82. Rinvio delle udienze di prima comparizione e d’istruzione.
Qualora il giudice istruttore designato non tenga udienza nel giorno
fissato per la prima comparizione delle parti, questa si intende rinviata
d’ufficio alla udienza di prima comparizione immediatamente successiva,
assegnata allo stesso giudice.
La stessa disposizione si applica anche nel caso che il presidente
abbia designato un giudice diverso da quelli che tengono udienze di prima
comparizione nel giorno fissato dall’attore.
Se nel giorno fissato non si tiene udienza d’istruzione per festività
sopravvenuta o impedimento del giudice istruttore, ovvero per qualsiasi
altro motivo, la causa s’intende rinviata d’ufficio alla prima udienza
d’istruzione immediatamente successiva.
Il giudice istruttore può, su istanza di parte o d’ufficio,
fissare altra udienza d’istruzione, ferme le disposizioni dell’articolo
precedente. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti non
presenti alla pronuncia del provvedimento.
Se le parti alle quali deve essere fatta la comunicazione prevista
nel primo e nel terzo comma precedenti, o alcuna di esse, non compariscono
nella nuova udienza, il giudice istruttore verifica la regolarità
della comunicazione e ne ordina, quando occorre, la rinnovazione, rinviando
la causa, secondo i casi, all’udienza di prima comparizione immediatamente
successiva, ovvero ad altra udienza d’istruzione.
83. Ordine di trattazione delle cause.
Il giudice istruttore fissa l’ordine di trattazione delle cause, dando
la precedenza a quelle per le quali sono stati abbreviati i termini e a
quelle rinviate a norma degli articoli precedenti.
83-bis. Trattazione scritta della causa.
Il giudice istruttore, quando autorizza la trattazione scritta della
causa, a norma dell’articolo 180, primo comma, del codice, può stabilire
quale delle parti deve comunicare per prima la propria comparsa, ed il
termine entro il quale l’altra parte deve rispondere.
83-ter. Inosservanza delle disposizioni sulle attribuzioni delle sezioni
distaccate del tribunale.
L’inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative
alla ripartizione tra sede principale e sezioni distaccate, o tra diverse
sezioni distaccate, delle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione
monocratica è rilevata non oltre l’udienza di prima comparizione.
Il giudice, se ravvisa l’inosservanza o ritiene comunque non manifestamente
infondata la relativa questione, dispone la trasmissione del fascicolo
d’ufficio al presidente del tribunale, che provvede con decreto non impugnabile.
84. Svolgimento delle udienze.
Le udienze del giudice istruttore non sono pubbliche.
Per ciascuna causa sono ammessi davanti al giudice i difensori delle
parti e le parti stesse. Queste debbono assistere all’udienza in silenzio,
salvo che non ottengano dal giudice, a mezzo del proprio difensore, l’autorizzazione
ad interloquire.
Le parti e i loro difensori non possono dettare le loro deduzioni nel
processo verbale se non ne sono autorizzati dal giudice.
85. Istanza per imposizione di cauzione.
L’istanza del convenuto per l’imposizione di una cauzione all’attore,
a norma dell’articolo 98 del codice, deve essere proposta nella prima udienza
di trattazione della causa.
L’istanza può essere proposta successivamente quando è
giustificata da fatti sopravvenuti o non conosciuti al tempo della prima
udienza.
86. Forma della cauzione.
Salvo che sia diversamente disposto dal giudice a norma dell’articolo
119 del codice, la cauzione deve essere prestata in danaro o in titoli
del debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari.
Il documento contenente la prova del versamento è inserito nel
fascicolo d’ufficio.
87. Produzione dei documenti.
I documenti offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione
sono prodotti mediante deposito in cancelleria, ed il relativo elenco deve
essere comunicato alle altre parti nelle forme stabilite dall’articolo
170, ultimo comma, del codice. Possono anche essere prodotti all’udienza;
in questo caso dei documenti prodotti si fa menzione nel verbale.
88. Processo verbale di avvenuta conciliazione.
La convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione
davanti al giudice istruttore è raccolta in separato processo verbale,
sottoscritto dalle parti stesse, dal giudice e dal cancelliere.
Se la conciliazione avviene tra i procuratori non autorizzati a conciliare,
il giudice ne prende atto nel processo verbale d’udienza e fissa un’udienza
per la comparizione delle parti e per la formazione del processo verbale
indicato nel comma precedente.
Se le parti non risiedono nella circoscrizione del giudice, questi
può autorizzarle a ratificare la convenzione conclusa dai procuratori
con dichiarazione ricevuta dal cancelliere della pretura della loro residenza
o, se il luogo di residenza non è sede di pretura, da notaio, fissando
all’uopo un termine. La dichiarazione di ratifica è unita al processo
verbale d’udienza contenente la convenzione.
89. Ordinanza sull’astensione o ricusazione del consulente tecnico.
L’ordinanza sull’astensione o sulla ricusazione del consulente tecnico
prevista nell’articolo 192 del codice è scritta in calce al ricorso
del consulente o della parte.
Il ricorso e l’ordinanza sono inseriti nel fascicolo d’ufficio.
90. Indagini del consulente senza la presenza del giudice.
Il consulente tecnico che, a norma dell’articolo 194 del codice, è
autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve
dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni,
con dichiarazione inserita nel processo verbale d’udienza o con biglietto
a mezzo del cancelliere.
Il consulente non può ricevere altri scritti defensionali oltre
quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’articolo
194 del codice.
In ogni caso deve essere comunicata alle parti avverse copia degli
scritti defensionali.
91. Comunicazioni ai consulenti di parte.
Nella dichiarazione di cui all’articolo 201, primo comma, del codice
deve essere indicato il domicilio o il recapito del consulente della parte.
Il cancelliere deve dare comunicazione al consulente tecnico di parte,
regolarmente nominato, delle indagini predisposte dal consulente d’ufficio,
perché vi possa assistere a norma degli articoli 194 e 201 del codice.
92. Questioni sorte durante le indagini del consulente.
Se, durante le indagini che il consulente tecnico compie da sé
solo, sorgono questioni sui suoi poteri o sui limiti dell’incarico conferitogli,
il consulente deve informarne il giudice, salvo che la parte interessata
vi provveda con ricorso.
Il ricorso della parte non sospende le indagini del consulente.
Il giudice, sentite le parti, dà i provvedimenti opportuni.
93. Assistenza alla persona sottoposta all’ispezione.
Chi è sottoposto ad ispezione corporale può farsi assistere
da persona di sua fiducia che sia riconosciuta idonea dal giudice.
94. Istanza di esibizione.
L’istanza di esibizione di un documento o di una cosa in possesso di
una parte o di un terzo deve contenere la specifica indicazione del documento
o della cosa e, quando è necessario, l’offerta della prova che la
parte o il terzo li possiede.
95. Notificazione dell’ordinanza di esibizione.
Il giudice, nell’ordinanza con la quale dispone l’esibizione di un
documento o di una cosa in possesso di una parte contumace o di un terzo,
fissa il termine entro il quale l’ordinanza deve essere notificata e indica
la parte che deve provvedere alla notificazione.
96. Informazioni della pubblica amministrazione.
La nota contenente le informazioni, che la pubblica amministrazione
fornisce su richiesta del giudice a norma dell’articolo 213 del codice,
è inserita nel fascicolo d’ufficio.
97. Divieto di private informazioni.
Il giudice non può ricevere private informazioni sulle cause
pendenti davanti a sé, né può ricevere memorie se
non per mezzo della cancelleria.
98. Deposito di documenti fatto da pubblico depositario.
Il pubblico depositario, al quale è stato ordinato dal giudice
istruttore il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione a
norma dell’articolo 218 del codice, deve farne copia.
Le copie sono verificate dal cancelliere che della verificazione redige
processo verbale. Questo è conservato in cancelleria unitamente
alle scritture originali e una copia di esso è consegnata al depositario.
Il pubblico depositario può rilasciare copia delle scritture
in base a quella da lui fatta, facendo menzione del processo verbale di
verificazione di cui al comma precedente.
99. Proposizione della querela di falso.
La querela di falso proposta con atto di citazione deve essere confermata
nella prima udienza davanti al giudice istruttore dalla parte personalmente
o dal difensore munito di procura speciale.
Se la parte che propone personalmente in udienza la querela di falso
è analfabeta, la dichiarazione è raccolta dal cancelliere
in apposito processo verbale che tiene luogo della dichiarazione scritta.
100. Copie del documento impugnato.
Il cancelliere non può rilasciare copia del documento impugnato
di falso che si trova depositato in cancelleria senza l’autorizzazione
del giudice istruttore.
L’autorizzazione è data con decreto.
101. Rinvio.
Nel procedimento di falso si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni
del codice relative alla verificazione di scrittura privata.
102. Ammissione d’interrogatorio o di prova testimoniale.
Nell’ordinanza che ammette l’interrogatorio o la prova testimoniale
non è necessario che siano ripetuti i capitoli relativi, se il giudice
fa richiamo a quelli contenuti nell’atto di citazione e nella comparsa
di risposta o nei processi verbali di causa.
103. Termine per l’intimazione al testimone.
L’intimazione di cui all’articolo 250 del codice deve essere fatta
ai testimoni almeno tre giorni prima dell’udienza in cui sono chiamati
a comparire.
Con l’autorizzazione del giudice il termine può essere ridotto
nei casi d’urgenza.
104. Mancata intimazione ai testimoni.
Se la parte senza giusto motivo non fa chiamare i testimoni davanti
al giudice, questi la dichiara decaduta dalla prova.
Se il giudice riconosce giustificata l’omissione, fissa una nuova udienza
per l’assunzione della prova.
105. Forma speciale di esame testimoniale.
La disposizione dell’articolo 255, secondo comma, del codice, relativa
all’esenzione della comparizione dei testimoni davanti al giudice, si applica
in ogni caso [ai Principi reali], ai Cardinali e ai Grandi Ufficiali dello
Stato.
106. Disposizioni relative al testimone non comparso.
Il giudice istruttore può pronunciare i provvedimenti di cui
all’articolo 255, primo comma, del codice contro il testimone non comparso
dopo che è decorsa un’ora da quella indicata per la comparizione.
Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo contro il
testimone.
107. Liquidazione delle indennità ai testimoni.
Il giudice, con provvedimento steso in margine al processo verbale,
liquida a norma di legge un’indennità al testimone che ha reso la
deposizione, quando esso non dichiara di rinunciarvi.
Il provvedimento costituisce titolo esecutivo.
108. Procuratore autorizzato ad assistere alle prove delegate.
Il difensore munito di mandato alla lite può assistere all’assunzione
delle prove che si eseguono fuori della circoscrizione del tribunale a
norma dell’articolo 203 del codice.
Il difensore stesso può anche incaricare un procuratore del
luogo mediante delega scritta, che deve essere unita al processo verbale
di assunzione della prova.
109. Ordinanza di pagamento durante il rendiconto.
L’ordinanza prevista nell’articolo 264, ultimo comma, del codice costituisce
titolo esecutivo.
110. Fissazione dell’udienza di trattazione.
(Abrogato).
111. Produzione delle comparse.
Le comparse debbono essere inserite nel fascicolo di parte quattro
giorni prima dell’udienza che il giudice istruttore ha fissato per la discussione.
Il cancelliere non deve consentire che s’inseriscano nei fascicoli
di parte comparse che non risultano comunicate alle altre parti e di cui
non gli sono contemporaneamente consegnate le copie in carta libera per
il fascicolo d’ufficio e per gli altri componenti il collegio.
L’inserzione tardiva delle comparse può essere autorizzata dal
presidente del tribunale per gravi ragioni fino a due giorni prima dell’udienza.
Le comparse debbono essere scritte in carattere chiaro e facilmente
leggibile, altrimenti la parte può rifiutarsi di riceverle e il
cancelliere può non consentire che s’inseriscano nel fascicolo.
112. Istanza di decisione secondo equità.
L’istanza per il giudizio di equità, consentita alle parti dall’articolo
114 del codice, deve essere espressa in ogni caso nelle conclusioni prese
a norma dell’articolo 189 del codice.
112-bis. Rimessione della causa al collegio in pendenza di reclamo.
(Abrogato).
SEZIONE TERZA
DELLA DECISIONE DELLA CAUSA
113. Determinazione dei giorni delle camere di consiglio e composizione
dei collegi.
Al principio di ogni trimestre il presidente del tribunale o della
sezione determina con decreto i giorni in cui si tengono le camere di consiglio
e la composizione dei relativi collegi giudicanti.
Se alla camera di consiglio sono chiamati giudici in numero superiore
a quello stabilito, il collegio, per ciascuna causa, è formato dal
presidente, dal relatore e dal giudice più anziano.
114. Determinazione dei giorni d’udienza e composizione dei collegi.
All’inizio di ciascun anno giudiziario, il presidente del tribunale
stabilisce, con decreto approvato dal primo presidente della corte d’appello,
i giorni della settimana e le ore in cui il tribunale o le sezioni tengono
le udienze di discussione di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo
275 del codice.
Il decreto del presidente deve restare affisso per tutto l’anno in
ciascuna sala di udienza del tribunale.
Al principio di ogni trimestre il presidente del tribunale determina
con decreto la composizione del collegio giudicante per ogni udienza di
discussione di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 275 del codice.
Se all’udienza sono chiamati giudici in numero superiore a quello stabilito,
il collegio, per ciascuna causa, è formato dal presidente, dal relatore
e dal giudice più anziano.
115. Rinvio della discussione.
Si applica alle udienze del collegio la disposizione dell’articolo
82.
Il collegio può inoltre rinviare la discussione della causa
per non più di una volta soltanto per grave impedimento del tribunale
o delle parti e non oltre la seconda udienza successiva a quella fissata
dal giudice istruttore a norma dell’articolo 190 del codice.
116. Ordine di discussione delle cause.
L’ordine di discussione delle cause per ciascuna udienza è fissato
dal presidente ed è affisso il giorno precedente l’udienza alla
porta della sala a questa destinata.
Le cause sono chiamate dall’ufficiale giudiziario di servizio secondo
l’ordine stabilito, salvo che il presidente disponga altrimenti per ragioni
di opportunità.
117. Svolgimento della discussione.
I difensori debbono leggere davanti al collegio le loro conclusioni
e possono svolgere sobriamente le ragioni che le sorreggono.
Essi debbono chiedere al presidente la facoltà di parlare e
debbono dirigere la parola soltanto al tribunale. Il pubblico ministero
ha la parola per ultimo.
Il presidente può consentire una sola replica. Non sono ammesse
note d’udienza dopo la discussione; ma il presidente può consentirle
quando il pubblico ministero prende proprie conclusioni, produce documenti
e deduce prove a norma dell’articolo 3, ultimo comma, e la causa non è
rimessa al giudice istruttore.
118. Motivazione della sentenza.
La motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, numero 4), del
codice consiste nell’esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle
ragioni giuridiche della decisione.
Debbono essere esposte concisamente e in ordine le questioni discusse
e decise dal collegio ed indicati le norme di legge e i principi di diritto
applicati. Nel caso previsto nell’articolo 114 del codice debbono essere
esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione.
In ogni caso deve essere omessa ogni citazione di autori giuridici.
La scelta dell’estensore della sentenza prevista nell’articolo 276,
ultimo comma, del codice è fatta dal presidente tra i componenti
il collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione.
119. Redazione della sentenza.
L’estensore deve consegnare la minuta della sentenza da lui redatta
al presidente del tribunale o della sezione. Il presidente, datane lettura,
quando lo ritiene opportuno, al collegio, la sottoscrive insieme con l’estensore
e la consegna al cancelliere, il quale scrive il testo originale o ne affida
la scritturazione al dattilografo di ruolo, sotto la sua direzione, a norma
dell’articolo 132 del codice.
Il presidente e il relatore, verificata la corrispondenza dell’originale
alla minuta consegnata al cancelliere, sottoscrivono la sentenza e la fanno
sottoscrivere all’altro giudice.
Il giudice che ha steso la motivazione aggiunge la qualifica di estensore
alla sua sottoscrizione.
Quando la sentenza è pronunciata secondo equità se ne
deve dare atto nel dispositivo.
120. Pubblicazione delle sentenze.
(Abrogato).
121. Ordinanza di correzione delle sentenze.
L’ordinanza di correzione delle sentenze è notificata alle parti
a cura del cancelliere.
122. Forma dell’istanza per integrazione dei provvedimenti istruttori.
L’istanza per l’integrazione di un provvedimento istruttorio a norma
dell’articolo 289 del codice è fatta con ricorso diretto al giudice
istruttore o, in mancanza, al presidente del collegio.
123. Avviso d’impugnazione alla cancelleria.
L’ufficiale giudiziario che ha notificato un atto d’impugnazione deve
darne immediatamente avviso scritto al cancelliere del giudice che ha pronunciato
la sentenza impugnata.
Il cancelliere deve fare annotazione dell’impugnazione sull’originale
della sentenza.
123-bis. Trasmissione del fascicolo d’ufficio al giudice superiore.
Se l’impugnazione è proposta contro una sentenza non definitiva,
non si applicano le disposizioni degli articoli 347, ultimo comma, e 369,
ultimo comma, del codice. Tuttavia il giudice della impugnazione può,
se lo ritiene necessario, richiedere la trasmissione del fascicolo d’ufficio,
ovvero ordinare alla parte interessata di produrre copia di determinati
atti.
124. Certificato di passaggio in giudicato della sentenza.
A prova del passaggio in giudicato della sentenza il cancelliere certifica,
in calce alla copia contenente la relazione di notificazione, che non è
stato proposto nei termini di legge appello o ricorso per cassazione, né
istanza di revocazione per i motivi di cui ai numeri 4) e 5) dell’articolo
395 del codice.
Ugualmente il cancelliere certifica in calce alla copia della sentenza
che non è stata proposta impugnazione nel termine previsto dall’articolo
327 del codice.
125. Riassunzione della causa.
Salvo che dalla legge sia disposto altrimenti, la riassunzione della
causa è fatta con comparsa, che deve contenere:
1) l’indicazione del giudice davanti al quale si deve comparire;
2) il nome delle parti e dei loro difensori con procura;
3) il richiamo dell’atto introduttivo del giudizio;
4) l’indicazione dell’udienza in cui le parti debbono comparire, osservati
i termini stabiliti dall’articolo 163-bis del codice;
5) l’invito a costituirsi nei termini stabiliti dall’articolo 166 del
codice;
6) l’indicazione del provvedimento del giudice in base al quale è
fatta la riassunzione, e, nel caso dell’articolo 307, primo comma, del
codice, l’indicazione della data della notificazione della citazione non
seguita dalla costituzione delle parti, ovvero del provvedimento che ha
ordinato la cancellazione della causa dal ruolo.
Se, prima della riassunzione, il giudice istruttore abbia tenuto l’udienza
di prima comparizione, e la causa debba essere riassunta davanti allo stesso
giudice, le parti debbono essere citate a comparire in una udienza d’istruzione.
Se il giudice istruttore già designato non fa più parte del
tribunale o della sezione, la parte che provvede alla riassunzione deve
preliminarmente chiedere la sostituzione con ricorso al presidente del
tribunale o della sezione.
La comparsa è notificata a norma dell’articolo 170 del codice,
ed alle parti non costituite deve essere notificata personalmente.
125-bis. Riassunzione delle cause sospese durante l’istruzione.
Se il giudice istruttore ha sospeso l’esecuzione o la prosecuzione
dell’ulteriore istruzione a norma dell’articolo 279, quarto comma, del
codice, le parti debbono riassumere la causa davanti a lui nelle forme
stabilite dall’articolo che precede, entro il termine perentorio di sei
mesi dalla comunicazione della sentenza che definisce il giudizio sull’appello
immediato che ha dato luogo alla sospensione.
126. Fascicolo della causa riassunta.
Il cancelliere del giudice davanti al quale la causa è riassunta
deve immediatamente richiedere il fascicolo d’ufficio al cancelliere del
giudice che ha precedentemente conosciuto della causa.
127. Riscossione della pena pecuniaria a carico dell’opponente.
La riscossione della pena pecuniaria, alla quale sia stato condannato
il terzo opponente a norma dell’articolo 408 del codice, è fatta
dal cancelliere.
CAPO TERZO
DEL PROCEDIMENTO D’APPELLO
128. Determinazione dei giorni d’udienza.
Il decreto del primo presidente della corte d’appello, che stabilisce,
a norma dell’articolo 163, secondo comma, del codice, i giorni della settimana
e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione
delle parti, deve essere affisso in tutte le sale d’udienza della corte
d’appello entro il 30 novembre di ogni anno, e rimanervi durante il successivo
anno giudiziario cui si riferisce.
Il primo presidente della corte d’appello stabilisce con decreto, al
principio e alla metà dell’anno giudiziario, i giorni della settimana
e le ore in cui debbono tenersi le udienze destinate esclusivamente alla
prima comparizione delle parti, e le udienze d’istruzione. Il decreto deve
rimanere affisso in tutte le sale di udienza della corte d’appello durante
il periodo al quale si riferisce.
129. Riserva d’appello. Estinzione del processo.
La riserva d’appello contro le sentenze previste nell’articolo 278
e nel numero 4) del secondo comma dell’articolo 279 del codice, può
essere fatta nell’udienza del giudice istruttore con dichiarazione orale
da inserirsi nel processo verbale, o con dichiarazione scritta su foglio
a parte da allegarsi ad esso.
La riserva può essere fatta anche con atto notificato ai procuratori
delle altre parti costituite, a norma dell’articolo 170, primo e terzo
comma, del codice, o personalmente alla parte, se questa non è costituita.
Se il processo si estingue in primo grado, la sentenza di merito contro
la quale fu fatta la riserva acquista efficacia di sentenza definitiva
dal giorno in cui diventa irrevocabile l’ordinanza, o passa in giudicato
la sentenza, che pronuncia l’estinzione del processo. Da questa data decorrono
i termini stabiliti dall’articolo 325 del codice per impugnare la sentenza
già notificata, e, se questa non è stata notificata, decorre
il termine di decadenza stabilito dall’articolo 327 del codice stesso.
129-bis. Sospensione dell’istruzione nel caso di riforma di sentenza
non definitiva.
Se sia stato proposto ricorso per cassazione contro sentenza d’appello
che abbia riformato alcuna delle sentenze previste nel numero 4) del secondo
comma dell’articolo 279 del codice, il giudice istruttore, su istanza della
parte interessata, qualora ritenga che i provvedimenti dati con l’ordinanza
collegiale per l’ulteriore istruzione della causa siano dipendenti da quelli
contenuti nella sentenza riformata, può disporre con ordinanza non
impugnabile che la esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruzione
rimanga sospesa fino alla definizione del giudizio di cassazione.
Se la sentenza è cassata, la causa deve essere riassunta davanti
al giudice istruttore nelle forme stabilite dall’articolo 125, entro il
termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza che accoglie
il ricorso.
130. Appello contro la sentenza di estinzione del processo.
Nel giudizio d’appello contro la sentenza che ha dichiarato l’estinzione
del processo a norma dell’articolo 308 del codice o che ha provveduto sul
reclamo previsto nell’articolo 630 del codice stesso, il collegio, quando
è necessario, autorizza le parti a presentare memorie, fissando
i rispettivi termini, e provvede in camera di consiglio con sentenza.
131. Deliberazione dei provvedimenti.
Nel deliberare i provvedimenti la corte d’appello applica le disposizioni
dell’articolo 276 del codice.
Il relatore vota per primo, quindi votano i consiglieri in ordine inverso
di anzianità e per ultimo il presidente.
La scelta dell’estensore della sentenza è fatta dal presidente
tra i componenti il collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione.
131-bis. Sospensione dell’esecuzione delle sentenze impugnate per cassazione.
Sull’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza prevista
dall’articolo 373 del codice, il giudice non può decidere se la
parte istante non ha dimostrato di avere depositato il ricorso per cassazione
contro la sentenza medesima.
132. Rinvio.
Nei procedimenti d’appello si osservano, in quanto applicabili, le
norme dettate nel capo secondo, se non sono incompatibili con quelle contenute
nel presente capo.
CAPO QUARTO
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
133. Riserva di ricorso. Estinzione del processo.
La riserva di ricorso per cassazione prevista nell’articolo 361 del
codice deve essere fatta nei modi stabiliti dall’articolo 129, primo e
secondo comma.
Si applicano al ricorso per cassazione le disposizioni dell’articolo
129, terzo comma.
133-bis. Sospensione dell’istruzione in pendenza di ricorso per cassazione.
Se sia stato proposto ricorso immediato per cassazione contro alcuna
delle sentenze previste nel numero 4) del secondo comma dell’articolo 279
del codice, l’istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga
che i provvedimenti dati con l’ordinanza collegiale per l’ulteriore istruzione
della causa siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata,
può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la
prosecuzione dell’ulteriore istruzione rimanga sospesa fino alla definizione
del giudizio di cassazione.
Se il ricorso è rigettato o dichiarato inammissibile la causa
deve essere riassunta davanti all’istruttore nelle forme stabilite dall’articolo
125, entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della
sentenza di rigetto.
134. Deposito del ricorso e del controricorso a mezzo della posta.
Gli avvocati che hanno sottoscritto il ricorso o il controricorso possono
provvedere al deposito degli stessi e degli atti indicati negli articoli
369 e 370 del codice mediante l’invio per posta, in plico raccomandato,
al cancelliere della corte di cassazione.
Agli atti devono essere uniti:
1) le marche o le ricevute dei versamenti sui conti correnti postali
dovuti per imposta di bollo, per tassa di iscrizione a ruolo, per diritti
di cancelleria e per diritto di chiamata di causa, diritti, indennità
di trasferta e spese postali per la notificazione dei biglietti di cancelleria
e degli altri atti del procedimento eseguita su richiesta del cancelliere;
2) le marche a favore della cassa nazionale di previdenza e di assistenza
per gli avvocati e procuratori, applicate sul ricorso o sul controricorso;
3) le copie in carta semplice del ricorso o del controricorso e della
sentenza o della decisione impugnata di cui all’articolo 137;
4) un doppio elenco in carta semplice di tutte le carte e marche o
ricevute di versamenti sui conti correnti postali inviate, sottoscritto
dall’avvocato.
All’atto del ricevimento del plico, il cancelliere controlla l’esattezza
dell’elenco e ne restituisce, mediante raccomandata con avviso di ricevimento
e con tassa a carico del destinatario, una copia al mittente nella quale
attesta la data di arrivo del piego in cancelleria e gli eventuali inadempimenti
degli oneri di cui ai numeri 1), 2) e 3) del secondo comma.
Nel termine per la presentazione del ricorso o del controricorso, ovvero,
successivamente, fino al trentesimo giorno dal ricevimento della raccomandata
con la quale l’elenco è stato restituito, il difensore può
provvedere all’invio in cancelleria delle marche o ricevute di versamenti
su conti correnti postali e delle copie mancanti.
Il deposito e le varie integrazioni di cui al comma precedente si hanno
per avvenuti, a tutti gli effetti, alla data di spedizione dei plichi con
la posta raccomandata.
Nel fascicolo di ufficio il cancelliere allega la busta utilizzata
per l’invio del ricorso o del controricorso ed, eventualmente, quella utilizzata
per l’invio delle suddette marche o ricevute di versamenti su conti correnti
postali e copie.
L’inosservanza delle prescrizioni di cui al secondo comma, numero 1),
e del termine stabilito dal quarto comma, comporta la sanzione del raddoppio
delle imposte, delle tasse, dei diritti, delle indennità e delle
spese ivi previste. In tale caso il dirigente della cancelleria ingiunge
alla parte ed al difensore di pagare, in solido, l’importo dovuto nelle
forme indicate dall’articolo 137.
135. Invio di copie alle parti.
Agli avvocati non residenti in Roma, i quali ne abbiano fatto richiesta
all’atto del deposito del ricorso o del controricorso, sono inviati in
copia, mediante lettera raccomandata con tassa a carico del destinatario,
l’avviso dell’udienza di discussione e il dispositivo della sentenza della
corte.
136. Ricorso per regolamento di competenza.
(Abrogato).
137. Copie del ricorso e del controricorso.
Le parti debbono depositare insieme col ricorso o col controricorso
almeno tre copie in carta libera di questi atti e della sentenza o decisione
impugnata.
Se non sono depositate le copie di cui al comma precedente, il cancelliere
della corte provvede a farle fare a spese della parte, la quale è
tenuta in solido con il suo difensore a pagare il relativo importo. In
caso di inadempienza il dirigente la cancelleria ingiunge alla parte ed
al suo difensore di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi,
la somma dovuta.
Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli da 2 a 28 del testo
unico delle norme per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato,
approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.
I diritti di scritturazione per le copie stesse sono triplicati.
Una copia del ricorso o del controricorso e della sentenza impugnata
deve essere subito trasmessa dal cancelliere al pubblico ministero.
Le copie dei ricorsi, dei controricorsi e delle memorie debbono essere
scritte in carattere chiaro e facilmente leggibile; in difetto il cancelliere
può farle rifare a spese della parte a norma del secondo e terzo
comma.
138. Procedimento in camera di consiglio.
Il primo presidente della corte suprema di cassazione, nei casi d’inammissibilità
e d’improcedibilità del ricorso e negli altri casi previsti nell’articolo
375 del codice, dispone l’invio al pubblico ministero dei ricorsi che debbono
essere decisi in camera di consiglio e di quelli dei quali il pubblico
ministero stesso ha fatto richiesta.
Il pubblico ministero, se ritiene che i ricorsi debbano essere trattati
in camera di consiglio, stende per iscritto le sue requisitorie in calce
ai ricorsi stessi e restituisce gli atti alla cancelleria della corte.
Il cancelliere provvede alla notificazione delle requisitorie ai difensori
delle parti a norma dell’articolo 375, quarto comma, del codice.
139. Istanza di rimessione alle sezioni unite.
L’istanza prevista nell’articolo 376 del codice si propone con ricorso
diretto al primo presidente, contenente l’indicazione del ricorso di cui
si chiede la rimessione alle sezioni unite e le ragioni per le quali si
ritiene che sia di competenza di queste.
Il ricorso è depositato in cancelleria nel termine previsto
nell’articolo 376, secondo comma, del codice ed è inserito nel fascicolo
d’ufficio.
140. Deposito delle memorie di parte.
Le parti che depositano memorie a norma dell’articolo 378 del codice
debbono unire almeno tre copie in carta libera, oltre le copie per ciascuna
delle altre parti.
Il cancelliere non può ricevere le memorie che non siano accompagnate
dalle tre copie in carta libera.
141. Deliberazione dei provvedimenti.
Nel deliberare i provvedimenti la corte applica le disposizioni dell’articolo
276 del codice.
Il relatore vota per primo, quindi votano i consiglieri in ordine inverso
di anzianità e per ultimo il presidente.
La scelta dell’estensore della sentenza è fatta dal presidente
tra i componenti il collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione.
142. Ricorso di competenza delle sezioni unite e delle sezioni semplici.
Se nel ricorso sono contenuti insieme con motivi di competenza delle
sezioni unite motivi di competenza delle sezioni semplici, queste pronunciano
con separata sentenza dopo la pronuncia delle sezioni unite.
143. Formulazione del principio di diritto affermato dalla corte.
La corte enuncia specificamente nella sentenza di accoglimento, pronunciata
a norma dell’articolo 384 del codice, il principio di diritto al quale
il giudice di rinvio deve uniformarsi.
144. Forma della domanda di restituzione o di riduzione in pristino.
Le domande conseguenti alla cassazione della sentenza previste nell’articolo
389 del codice debbono essere proposte con citazione da notificarsi personalmente
alla parte a norma degli articoli 137 e seguenti del codice.
144-bis. Attestazione del cancelliere in caso di mancata integrazione
del contraddittorio.
Qualora non sia stato osservato il disposto di cui all’articolo 371-bis
del codice, il cancelliere lo attesta con apposita dichiarazione, da allegare
al fascicolo d’ufficio, per gli adempimenti di cui all’articolo 138.
CAPO QUINTO
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE CONTROVERSIE DI LAVORO ED A QUELLE DI PREVIDENZA
E DI ASSISTENZA
144-ter. Controversie individuali di lavoro.
Tra le controversie previste dall’articolo 409 del codice non si considerano
in ogni caso comprese quelle di cui all’articolo 50-bis, primo comma, numero
5), seconda parte, del codice.
145. Termine per la nomina del consulente tecnico.
Per le controversie di lavoro e per quelle in materia di previdenza
e di assistenza il termine previsto dall’articolo 201 del codice non deve
superare i giorni sei.
146. Albo dei consulenti tecnici.
Nell’albo dei consulenti tecnici istituiti presso ogni tribunale debbono
essere inclusi, per i processi relativi a domande di prestazioni previdenziali
e assistenziali, i medici legali e delle assicurazioni e i medici del lavoro.
147. Conciliazione, arbitrati e collegiali mediche nelle controversie
in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie.
Nelle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie
sono privi di qualsiasi efficacia vincolante, sostanziale e processuale,
gli arbitrati rituali, gli arbitrati irrituali, le collegiali mediche,
quale ne sia la natura giuridica, e le conciliazioni stragiudiziali intervenute
anteriormente o posteriormente alla proposizione dell’azione giudiziaria.
Nelle controversie di cui al comma precedente i ricorsi amministrativi
hanno effetto sospensivo di ogni provvedimento che implichi l’annullamento
del rapporto assicurativo.
148. Abrogazione delle disposizioni di leggi speciali circa la proponibilità
della domanda in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie.
Sono abrogate tutte le disposizioni contenute nelle leggi speciali
in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie che, in difformità
da quanto stabilito dall’articolo 443 del codice, condizionano la proponibilità
della domanda giudiziaria al preventivo esperimento dei procedimenti amministrativi
contenziosi.
149. Controversie in materia di invalidità pensionabile.
Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve
essere valutato dal giudice anche l’aggravamento della malattia, nonché
tutte le infermità comunque incidenti sul complesso invalidante
che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo
che di quello giudiziario.
150. Calcolo della svalutazione monetaria.
Ai fini del calcolo di cui all’articolo 429, ultimo comma, del codice,
il giudice applicherà l’indice dei prezzi calcolato dall’ISTAT per
la scala mobile per i lavoratori dell’industria.
151. Riunione di procedimenti.
La riunione, ai sensi dell’articolo 274 del codice, dei procedimenti
relativi a controversie in materia di lavoro e di previdenza e di assistenza
connesse anche soltanto per identità delle questioni dalla cui risoluzione
dipende, totalmente o parzialmente, la loro decisione dev’essere sempre
disposta dal giudice, salvo nelle ipotesi che essa renda troppo gravoso
o comunque ritardi eccessivamente il processo.
Le competenze e gli onorari saranno ridotti in considerazione dell’unitaria
trattazione delle controversie riunite.
152. Spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali.
(Abrogato).
TITOLO QUARTO
DEL PROCESSO DI ESECUZIONE
CAPO PRIMO
DEL TITOLO ESECUTIVO E DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE
153. Rilascio del titolo esecutivo.
Il cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva a norma dell’articolo
475 del codice quando la sentenza o il provvedimento del giudice è
formalmente perfetto. La copia deve essere munita del sigillo della cancelleria.
La copia in forma esecutiva degli atti ricevuti da notaio o da altro
pubblico ufficiale deve essere munita del sigillo del notaio o dell’ufficio
al quale appartiene l’ufficiale pubblico.
154. Procedimento per indebito rilascio di copie esecutive.
Il capo dell’ufficio giudiziario competente, a norma dell’articolo
476 del codice, a conoscere delle contravvenzioni per rilascio indebito
di copie in forma esecutiva, contesta all’incolpato l’addebito, a mezzo
di atto notificato a cura del cancelliere, e lo invita a presentare per
iscritto le sue difese nel termine di cinque giorni. Negli uffici in cui
vi è un solo cancelliere l’atto contenente l’addebito è comunicato
a lui direttamente dal capo dell’ufficio.
Il decreto di condanna di cui all’articolo 476, ultimo comma, del codice
costituisce titolo esecutivo per la riscossione della pena pecuniaria a
cura del cancelliere.
155. Certificato di prestata cauzione.
Il certificato di prestata cauzione indicato nell’articolo 478 del
codice è rilasciato dal cancelliere del giudice che ha pronunciato
il provvedimento costituente titolo esecutivo.
156. Esecuzione sui beni sequestrati.
Il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva prevista
nell’articolo 686 del codice deve depositarne copia nella cancelleria del
giudice competente per l’esecuzione nel termine perentorio di sessanta
giorni dalla comunicazione, e deve quindi procedere alle notificazioni
previste nell’articolo 498 del codice.
Se oggetto del sequestro sono beni immobili, il sequestrante deve inoltre
chiedere, nel termine perentorio di cui al comma precedente, l’annotazione
della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione prevista
nell’articolo 679 del codice.
156-bis. Esecuzione sui beni sequestrati in forza di sentenza straniera
o di lodo arbitrale.
Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice
straniero o è compromessa in arbitri, il sequestrante deve, a pena
di perdita di efficacia del sequestro conservativo ottenuto, proporre domanda
di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del lodo entro
il termine perentorio di sessanta giorni, decorrente dal momento in cui
la domanda di esecutorietà è proponibile.
La dichiarazione di esecutorietà produce gli effetti di cui
all’articolo 686 del codice e diventa applicabile il precedente articolo
156.
157. Processo verbale di pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario.
L’ufficiale giudiziario redige processo verbale del versamento eseguito
dal debitore delle somme che debbono essere consegnate al creditore a norma
dell’articolo 494, primo comma, del codice. Nello stesso processo verbale
inserisce l’eventuale riserva di ripetizione della somma versata, prevista
nel secondo comma dello stesso articolo.
Il processo verbale è depositato immediatamente in cancelleria
insieme con la prova del versamento al creditore della somma consegnata
dal debitore. Del processo verbale si prende nota nel ruolo generale delle
esecuzioni.
Alla registrazione del processo verbale provvede il cancelliere.
158. Avviso al sequestrante.
Quando dall’atto di pignoramento o dai pubblici registri risulta l’esistenza
di un sequestro conservativo sui beni pignorati, il creditore pignorante
deve fare notificare al sequestrante avviso del pignoramento a norma dell’articolo
498 del codice.
159. Istituti autorizzati all’incanto e all’amministrazione dei beni.
Gli istituti ai quali possono essere affidate la vendita all’incanto
dei beni mobili a norma dell’articolo 534 del codice o l’amministrazione
giudiziaria dei beni immobili a norma dell’articolo 592 del codice sono
autorizzati con decreto del Ministro di grazia e giustizia.
Agli istituti autorizzati alle vendite all’incanto dei mobili pignorati
può essere affidata anche la custodia e la vendita dei mobili stessi
previste negli articoli 520, secondo comma, e 532 del codice; ad essi può
essere inoltre affidata qualsiasi altra vendita mobiliare disposta dall’autorità
giudiziaria.
Il Ministro di grazia e giustizia stabilisce le modalità e i
controlli per l’esecuzione degli incarichi indicati nei commi precedenti,
nonché la misura dei compensi dovuti agli istituti.
160. Forma degli avvisi.
Gli avvisi che la legge prescrive siano fatti ai creditori e agli altri
intervenuti nel procedimento esecutivo debbono essere sottoscritti dal
creditore procedente o dal cancelliere a cura del quale sono notificati.
161. Giuramento dell’esperto e dello stimatore.
L’esperto nominato dal giudice a norma dell’articolo 568, ultimo comma,
del codice presta giuramento di bene e fedelmente procedere alle operazioni
affidategli.
L’ufficiale giudiziario che per la stima delle cose da pignorare si
avvale dell’opera di uno stimatore, prima che questi incominci le sue operazioni,
deve raccoglierne il giuramento di bene e fedelmente procedere alla stima.
162. Deposito del prezzo di assegnazione.
La parte del valore della cosa assegnata che eccede il credito dell’assegnatario
deve essere depositata nelle forme dei depositi giudiziari.
163. Ordine di cessazione della vendita forzata.
La cessazione della vendita forzata prevista dall’articolo 504 del
codice è disposta dal giudice dell’esecuzione se questi presiede
alla vendita, o altrimenti dall’ufficiale incaricato della stessa, che
ne riferisce immediatamente al giudice che lo ha nominato. In questo caso
il giudice, sentite le parti, pronuncia definitivamente sulla cessazione.
164. Atti di trasferimento del bene espropriato.
Il giudice dell’esecuzione, in seguito all’alienazione del bene espropriato,
compie in luogo del debitore tutti gli atti necessari al trasferimento
del bene all’acquirente.
CAPO SECONDO
DELL’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE
165. Assistenza del creditore al pignoramento.
Il creditore istante può assistere a sue spese alle operazioni
di pignoramento eseguite a norma degli articoli 513 e 518 del codice.
166. Modalità della custodia.
Il giudice dell’esecuzione dà con decreto le disposizioni circa
i modi di custodire i titoli di credito e gli oggetti preziosi pignorati.
167. Processo verbale di consegna al commissionario.
Il cancelliere redige processo verbale della consegna delle cose pignorate
al commissionario per la vendita. In esso debbono essere descritte le cose
consegnate. La descrizione può farsi con riferimento a quella contenuta
nell’atto di pignoramento, del quale il commissionario deve dichiarare
di avere presa esatta cognizione.
168. Reclamo contro l’operato dell’ufficiale incaricato della vendita.
I reclami contro l’operato dell’ufficiale incaricato della vendita
sono proposti dagli interessati con ricorso al giudice dell’esecuzione.
Il ricorso non sospende le operazioni di vendita, salvo che il giudice
dell’esecuzione con decreto disponga la sospensione.
Sul ricorso il giudice dell’esecuzione pronuncia senza indugio con
ordinanza non impugnabile, sentiti il ricorrente e le parti.
169. Registrazione del processo verbale di vendita.
Il cancelliere del tribunale presso il quale è depositato il
processo verbale di vendita, a norma dell’articolo 537, ultimo comma, del
codice, cura la registrazione di esso.
169-bis. Determinazione dei compensi per le operazioni delegate dal
giudice dell’esecuzione.
Con il decreto di cui all’articolo 179-bis è stabilita la misura
dei compensi dovuti ai notai per le operazioni di vendita con incanto dei
beni mobili iscritti nei pubblici registri.
169-ter. Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita
con incanto.
Nella comunicazione prevista dall’articolo 179-ter sono indicati anche
gli elenchi dei notai disponibili a provvedere alle operazioni di vendita
con incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri.
CAPO TERZO
DELL’ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE
170. Atto di pignoramento immobiliare.
L’atto di pignoramento di beni immobili previsto nell’articolo 555
del codice deve essere sottoscritto, prima della relazione di notificazione,
dal creditore pignorante a norma dell’articolo 125 del codice.
171. Procedimento per le autorizzazioni al debitore e al custode.
Le autorizzazioni al debitore e al custode previste nell’articolo 560
del codice sono date dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti e gli
altri interessati.
172. Cancellazione della trascrizione del pignoramento.
Il giudice dell’esecuzione deve sentire le parti prima di disporre
la cancellazione della trascrizione del pignoramento a norma dell’articolo
562 del codice e in ogni altro caso in cui deve dichiarare l’inefficacia
del pignoramento per estinzione del processo.
173. Pubblicità dell’istanza di assegnazione o di vendita.
Dell’istanza di assegnazione o di vendita deve essere data pubblica
notizia a cura del cancelliere a norma dell’articolo 490 del codice almeno
dieci giorni prima dell’udienza fissata per pronunciare sull’istanza stessa.
174. Dichiarazione di residenza dell’offerente.
Chi offre un prezzo per l’acquisto senza incanto dell’immobile pignorato
deve dichiarare la residenza o eleggere il domicilio nel comune nel quale
ha sede il tribunale. In mancanza le comunicazioni gli sono fatte presso
la cancelleria.
175. Convocazione delle parti per l’incanto.
Il giudice dell’esecuzione, prima di ordinare l’incanto a norma dell’articolo
575 del codice, dispone l’audizione delle parti e dei creditori a norma
dell’articolo 569 del codice.
176. Comunicazione del decreto di decadenza.
Il decreto col quale il giudice dell’esecuzione dichiara la decadenza
dell’aggiudicatario a norma dell’articolo 587 del codice è comunicato
dal cancelliere al creditore che ha chiesto la vendita e all’aggiudicatario.
Con lo stesso decreto il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza per
l’audizione delle parti a norma dell’articolo 569 del codice.
177. Dichiarazione di responsabilità dell’aggiudicatario.
L’aggiudicatario inadempiente è condannato, con decreto del
giudice dell’esecuzione, al pagamento della differenza tra il prezzo da
lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita.
Il decreto del giudice costituisce titolo esecutivo a favore dei creditori
ai quali nella distribuzione della somma ricavata è stato attribuito
il credito da esso portato.
178. Procedimento di rendiconto.
Quando l’amministratore dell’immobile pignorato ha depositato il conto
a norma dell’articolo 593 del codice, il giudice dell’esecuzione, sentite
le parti, provvede all’approvazione del conto.
Le disposizioni per l’assegnazione delle rendite riscosse a norma dell’articolo
594 del codice sono date dal giudice dell’esecuzione con ordinanza non
impugnabile.
179. Graduazione e liquidazione.
Quando lo ritiene opportuno, il giudice dell’esecuzione può
limitare il progetto di distribuzione della somma ricavata di cui all’articolo
596 del codice alla sola graduazione dei creditori partecipanti all’esecuzione,
salva la liquidazione delle quote spettanti a ciascuno di essi dopo che
sia approvata la graduazione.
Il giudice che ha disposto a norma del comma precedente forma il progetto
di liquidazione delle quote entro trenta giorni dall’approvazione della
graduazione.
Al progetto di liquidazione si applicano le disposizioni degli articoli
596 e seguenti del codice.
179-bis. Determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni
delegate dal giudice dell’esecuzione.
Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito
il Consiglio nazionale del notariato, è stabilita, ogni triennio,
la misura dei compensi dovuti ai notai per le operazioni di vendita con
incanto dei beni immobili.
Il compenso dovuto al notaio è liquidato dal giudice dell’esecuzione
con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di incanto
e le successive, che sono poste a carico dell’aggiudicatario. Il provvedimento
di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo.
179-ter. Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita
con incanto.
Il Consiglio notarile distrettuale comunica ogni anno ai presidenti
dei tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario, dei notai
disponibili a provvedere alle operazioni di vendita con incanto dei beni
immobili.
179-quater. Distribuzione degli incarichi.
Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per
l’amministrazione della giustizia, le deleghe siano equamente distribuite
tra gli iscritti nell’elenco di cui all’articolo 179-ter.
Per l’attuazione di tale vigilanza debbono essere annotate dal cancelliere
in apposito registro tutte le deleghe che gli iscritti ricevono e i relativi
compensi liquidati.
Il registro è pubblico e liberamente consultabile e dello stesso
possono essere rilasciate copie o estratti.
CAPO QUARTO
DISPOSIZIONI COMUNI
180. Avviso di pignoramento ai comproprietari del bene pignorato.
L’avviso ai comproprietari dei beni indivisi nel caso previsto dall’articolo
599, secondo comma, del codice deve contenere l’indicazione del creditore
pignorante, del bene pignorato, della data dell’atto di pignoramento e
della trascrizione di esso. L’avviso è sottoscritto dal creditore
pignorante.
Con lo stesso avviso o con altro separato gli interessati debbono essere
invitati a comparire davanti al giudice dell’esecuzione per sentire dare
i provvedimenti indicati nell’articolo 600 del codice.
181. Disposizioni sulla divisione.
Il giudice dell’esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione
del bene indiviso, provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli
175 e seguenti del codice, se gli interessati sono tutti presenti e l’ufficio
al quale egli appartiene è competente per la divisione.
Se tutti gli interessati non sono presenti o per la divisione è
competente
altro giudice, il giudice dell’esecuzione fissa il termine perentorio entro
il quale, a cura della parte più diligente, deve essere proposta
domanda di divisione nelle forme ordinarie.
182. Intimazione al detentore del pegno.
Il creditore pignorante deve fare l’intimazione di cui all’articolo
544 del codice con l’atto di pignoramento, se il pegno è detenuto
dal debitore, o con atto separato, notificato a norma degli articoli 137
e seguenti del codice, se il pegno è detenuto da altri.
183. Provvedimenti temporanei nell’esecuzione per consegna o rilascio.
I provvedimenti temporanei di cui all’articolo 610 del codice sono
dati dal giudice dell’esecuzione con decreto.
184. Contenuto dei ricorsi d’opposizione all’esecuzione.
I ricorsi previsti negli articoli 615, secondo comma, e 619 del codice,
oltre le indicazioni volute dall’articolo 125 del codice, debbono contenere
quelle di cui ai numeri 4) e 5) dell’articolo 163 del codice.
185. Udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione.
All’udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione fissata
a norma degli articoli 615, 618 e 619 del codice si applica la disposizione
dell’articolo 183 del codice.
186. Fascicolo della causa di opposizione all’esecuzione.
Se per la causa di opposizione all’esecuzione è competente un
giudice diverso da quello dell’esecuzione, il cancelliere del giudice davanti
al quale la causa è riassunta deve immediatamente richiedere al
cancelliere del giudice dell’esecuzione la trasmissione del ricorso di
opposizione, di copia del processo verbale dell’udienza di comparizione
di cui agli articoli 615 e 619 del codice e dei documenti allegati relativi
alla causa di opposizione.
187. Regolamento di competenza delle sentenze in materia esecutiva.
Le sentenze dichiarate non impugnabili che il giudice pronuncia sulle
opposizioni agli atti esecutivi sono sempre soggette a regolamento di competenza
a norma degli articoli 42 e seguenti del codice.
TITOLO QUINTO
DEI PROCEDIMENTI SPECIALI
188. Dichiarazione di inefficacia del decreto d’ingiunzione.
La parte alla quale non è stato notificato il decreto d’ingiunzione
nei termini di cui all’articolo 644 del codice può chiedere con
ricorso al giudice, che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l’inefficacia.
Il giudice fissa con decreto un’udienza per la comparizione delle parti
davanti a sé e il termine entro il quale il ricorso e il decreto
debbono essere notificati alla controparte. La notificazione è fatta
nel domicilio di cui all’articolo 638 del codice se avviene entro l’anno
dalla pronuncia e personalmente alla parte a norma degli articoli 137 e
seguenti del codice se è fatta posteriormente.
Il giudice, sentite le parti, dichiara con ordinanza non impugnabile
l’inefficacia del decreto ingiuntivo a tutti gli effetti.
Il rigetto dell’istanza non impedisce alla parte di proporre domanda
di dichiarazione d’inefficacia nei modi ordinari.
189. Provvedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi.
L’ordinanza con la quale il presidente del tribunale o il giudice istruttore
dà i provvedimenti di cui all’articolo 708 del codice costituisce
titolo esecutivo.
Essa conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo
finché non sia sostituita con altro provvedimento emesso dal presidente
o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per
separazione personale dei coniugi.
190. Documentazione dell’istanza di dichiarazione di assenza o di morte
presunta.
Ai ricorsi indicati negli articoli 722 e 726 del codice debbono essere
allegati i documenti comprovanti lo stato di famiglia, il fatto e il tempo
della scomparsa.
191. Efficacia del processo verbale di vendita di beni immobili appartenenti
a minori.
Il processo verbale di vendita dei beni immobili appartenenti a minori
costituisce titolo esecutivo per il rilascio.
192. Modalità di chiusura dell’inventario.
L’ufficiale che procede all’inventario deve, prima di chiuderlo, interrogare
coloro che avevano la custodia dei mobili o abitavano la casa in cui questi
erano posti, se siano a conoscenza che esistano altri oggetti da comprendere
nell’inventario.
193. Giuramento del curatore dell’eredità giacente.
Il curatore dell’eredità giacente, prima d’iniziare l’esercizio
delle sue funzioni, deve prestare giuramento davanti al pretore di custodire
e amministrare fedelmente i beni dell’eredità.
194. Nomina dell’esperto nel giudizio di divisione.
Quando per la formazione della massa da dividersi e delle quote è
necessaria l’opera di un esperto, questi è nominato, d’ufficio o
su istanza del notaio o di uno degli interessati, dal giudice istruttore,
che ne riceve il giuramento a norma dell’articolo 193 del codice.
195. Decreto di approvazione dell’attribuzione delle quote nel giudizio
di divisione.
Il processo verbale dal quale risulta l’attribuzione delle quote nelle
operazioni di divisione è approvato con decreto del giudice istruttore
se non sorgono contestazioni o con la sentenza che decide sulle contestazioni
sorte.
Il decreto del giudice istruttore costituisce titolo esecutivo.
196. Reclamo contro il decreto che nega l’esecutorietà del lodo.
(Abrogato).
TITOLO SESTO
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
197. - 231.
(Omissis). |
|