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Codice Civile
Libro terzo
Della proprietà
Titolo I
Dei beni
Capo I
Dei beni in generale
Art. 810 Nozione
Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti.
Sezione I
Dei beni nell'ordine corporativo
Art. 811 Disciplina corporativa (abrogato)
Sezione II
Dei beni immobili e mobili
Art. 812 Distinzione dei beni
Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi,
gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio,
e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è
incorporato al suolo.
Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti
quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo e sono destinati
ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione (1350).
Sono mobili tutti gli altri beni (923, 1153).
Art. 813 Distinzione dei diritti
Salvo che dalla legge risulti diversamente, le disposizioni concernenti
i beni immobili si applicano anche ai diritti reali che hanno per oggetto
beni immobili e alle azioni relative; le disposizioni concernenti i beni
mobili si applicano a tutti gli altri diritti.
Art. 814 Energie
Si considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore economico
(p. 624).
Art. 815 Beni mobili iscritti in pubblici registri
I beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni
che li riguardano (507, 534, 609, 819, 1156, 1162, 2683 e seguenti, 2750,
2779, 2810, 2914 e seguente) e, in mancanza, alle disposizioni relative
ai beni mobili.
Art. 816 Universalità di mobili
E' considerata universalità di mobili la pluralità di
cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria
(771, 994, 1010, 1156, 1160, 1170).
Le singole cose componenti l'universalità possono formare oggetto
di separati atti e rapporti giuridici.
Art. 817 Pertinenze
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad
ornamento di un'altra cosa.
La destinazione può essere effettuata dal proprietario della
cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima (952, 957,
981, 1021, 1022, 1027).
Art. 818 Regime delle pertinenze
Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale
comprendono anche le pertinenze (667, 817, 1477, 2811), se non è
diversamente disposto.
Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile
ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale
(2643).
Art. 819 Diritti dei terzi sulle pertinenze
La destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di un'altra
non pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi. Tali
diritti non possono essere opposti ai terzi di buona fede se non risultano
da scrittura avente data certa anteriore (2704), quando la cosa principale
è un bene immobile o un bene mobile iscritto in pubblici registri.
Sezione III
Dei frutti
Art. 820 Frutti naturali e frutti civili
Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa,
vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna,
i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere.
Finché non avviene la separazione, i frutti formano parte della
cosa. Si può tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura
(771, 1472).
Sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo
del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali
(1224, 1282, 1815), i canoni enfiteutici (957 e seguenti), le rendite vitalizie
(1872 e seguenti) e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni
(1571 e seguenti).
Art. 821 Acquisto dei frutti
I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce
(1477, 1775), salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri
(181, 896, 959, 984, 1021, 1148, 1615, 1960, 2791). In quest'ultimo caso
la proprietà si acquista con la separazione.
Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare
colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto (2041).
I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata
del diritto.
Capo II
Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici
Art. 822 Demanio pubblico
Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido
del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi
e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (Cod. Nav. 28,
692); le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato,
le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi (Cod. Nav.
692 a); gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico,
archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei
musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli
altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio
pubblico.
Art. 823 Condizione giuridica del demanio pubblico
I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non
possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e
nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav. 30 e seguenti,
694 e seguenti).
Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno
parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in
via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà
(948 e seguenti) e del possesso (1168 e seguenti) regolati dal presente
codice.
Art. 824 Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni
demaniali
I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'art.
822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime
del demanio pubblico.
Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.
Art. 825 Diritti demaniali su beni altrui
Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali
che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni appartenenti
ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità
di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento
di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni
medesimi.
Art. 826 Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni
I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali
non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono
il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che
a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello
Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne
è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico,
archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e
in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione
della presidenza della Repubblica (Costit. 843), le caserme, gli armamenti,
gli aeromobili militari (Cod. Nav. 745) e le navi da guerra.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente,
delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici
destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni
destinati a pubblico servizio.
NOTA Gli artt. 1, 2 e 3, L. 27 dicembre 1977, n. 968, riportano quanto
segue:
Art. 1 - La fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile
dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale.
Art. 2 - Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela della
presente legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni
viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà,
nel territorio nazionale. Sono particolarmente protette le seguenti specie:
aquile, vulturidi, gufi reali, cicogne, gru, fenicotteri, cigni, lupi,
orsi, foche monache, stambecchi, camosci d'Abruzzo e altri ungulati di
cui le regioni ai sensi del successivo art. 12 vietano l'abbattimento.
La tutela non si estende alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti
e alle arvicole.
Art. 3 - In conformità di quanto previsto dai precedenti artt.
1 e 2 è vietata, in tutto il territorio nazionale, ogni forma di
uccellagione.
E' altresì vietata la cattura di uccelli con mezzi e per fini
diversi da quelli previsti dai successivi articoli della presente legge".
Art. 827 Beni immobili vacanti
I beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano
al patrimonio dello Stato.
Art. 828 Condizione giuridica dei beni patrimoniali
I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province
e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e,
in quanto non è diversamente disposto, alle regole del presente
codice.
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere
sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi
che li riguardano.
Art. 829 Passaggio di beni dal demanio al patrimonio
Il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato
deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa. Dell'atto deve
essere dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Per quanto riguarda i beni delle province e dei comuni, il provvedimento
che dichiara il passaggio al patrimonio dev'essere pubblicato nei modi
stabiliti per i regolamenti comunali e provinciali.
Art. 830 Beni degli enti pubblici non territoriali
I beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti
alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali.
Ai beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica
la disposizione del secondo comma dell'art. 828.
Art. 831 Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto
I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del presente
codice, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi speciali
che li riguardano.
Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, anche
se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione
neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non
sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano.
Titolo II
Della proprietà
Capo I
Disposizioni generali
Art. 832 Contenuto del diritto
Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo
pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti
dall'ordinamento giuridico.
Art. 833 Atti d'emulazione
Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro
scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.
Art. 834 Espropriazione per pubblico interesse
Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua
proprietà, se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata,
e contro il pagamento di una giusta indennità (Costit. 42, 43).
Le norme relative all'espropriazione per causa di pubblico interesse
sono determinate da leggi speciali.
Art. 835 Requisizioni
Quando ricorrono gravi e urgenti necessità pubbliche, militari
o civili, può essere disposta la requisizione dei beni mobili o
immobili. Al proprietario è dovuta una giusta indennità.
Le norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi speciali.
Art. 836 Vincoli e obblighi temporanei
Per le cause indicate dall'articolo precedente l'autorità amministrativa,
nei limiti e con le forme stabiliti da leggi speciali, può sottoporre
a particolari vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende commerciali
e agricole (Costit. 44).
Art. 837 Ammassi
Allo scopo di regolare la distribuzione di determinati prodotti agricoli
o industriali nell'interesse della produzione nazionale sono costituiti
gli ammassi (2617).
Le norme per il conferimento dei prodotti negli ammassi sono contenute
in leggi speciali.
Art. 838 Espropriazione di beni che interessano la produzione nazionale
o di prevalente interesse pubblico
Salve le disposizioni delle leggi penali e di polizia, nonché
(le norme dell'ordinamento corporativo e) le disposizioni particolari concernenti
beni determinati, quando il proprietario abbandona la conservazione, la
coltivazione o l'esercizio di beni che interessano la produzione nazionale,
in modo da nuocere gravemente alle esigenze della produzione stessa, può
farsi luogo all'espropriazione dei beni da parte dell'autorità amministrativa,
premesso il pagamento di una giusta indennità (att. 56).
La stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per
effetto di nuocere gravemente al decoro delle città o alle ragioni
dell'arte, della storia o della sanità pubblica.
Art. 839 Beni d'interesse storico e artistico
Le cose di proprietà privata, immobili e mobili, che presentano
interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, sono sottoposte
alle disposizioni delle leggi speciali.
Capo II
Della proprietà fondiaria
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 840 Sottosuolo e spazio sovrastante al suolo
La proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò
che vi si contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione
od opera che non rechi danno al vicino. Questa disposizione non si applica
a quanto forma oggetto delle leggi sulle miniere, cave e torbiere (826).
Sono del pari salve le limitazioni derivanti dalle leggi sulle antichità
e belle arti, sulle acque, sulle opere idrauliche e da altre leggi speciali
(Cod. Nav. 714 e seguenti).
Il proprietario del suolo non può opporsi ad attività
di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale
altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle
(Cod. Nav. 823).
Art. 841 Chiusura del fondo
Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo (1054,
1064).
Art. 842 Caccia e pesca
Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri
per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti
dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno.
Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza
rilasciata dall'autorità.
Per l'esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del
fondo.
Art. 843 Accesso al fondo
Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo,
sempre che ne venga riconosciuta la necessita, al fine di costruire o riparare
un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Se l'accesso cagiona danno, è dovuta un'adeguata indennità.
Il proprietario deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole riprendere
la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l'animale che vi si sia riparato
sfuggendo alla custodia. Il proprietario può impedire l'accesso
consegnando la cosa o l'animale (896, 924; Cod. Pen. 637).
Art. 844 Immissioni
Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di
fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni
derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità,
avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (890, Cod. Pen. 674).
Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare
le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può
tener conto della priorità di un determinato uso.
Art. 845 Regole particolari per scopi di pubblico interesse
La proprietà fondiaria è soggetta a regole particolari
per il conseguimento di scopi di pubblico interesse nei casi previsti dalle
leggi speciali e dalle disposizioni contenute nelle sezioni seguenti.
Sezione II
Del riordinamento della proprietà rurale
Art. 846 Minima unità colturale
Nei trasferimenti di proprietà, nelle divisioni (713, 1116)
e nelle assegnazioni a qualunque titolo, aventi per oggetto terreni destinati
a coltura o suscettibili di coltura, e nella costituzione o nei trasferimenti
di diritti reali sui terreni stessi non deve farsi luogo a frazionamenti
che non rispettino la minima unità colturale.
S'intende per minima unità colturale l'estensione di terreno
necessaria e sufficiente per il lavoro di una famiglia agricola e, se non
si tratta di terreno appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione
secondo le regole della buona tecnica agraria.
Art. 847 Determinazione della minima unità colturale
L'estensione della minima unità colturale sarà determinata
distintamente per zone, avuto riguardo all'ordinamento produttivo e alla
situazione demografica locale, con provvedimento dell'autorità amministrativa,
da adottarsi sentite le associazioni professionali. [Le funzioni delle
associazioni professionali sono ora di pertinenza dei Consigli degli Ordini
(art. 1, D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382)].
Art. 848 Sanzione dell'inosservanza
Gli atti compiuti contro il divieto dell'art. 846 possono essere annullati
dall'autorità giudiziaria, su istanza del pubblico ministero. L'azione
si prescrive in tre anni dalla data della trascrizione dell'atto (att.
57).
Art. 849 Fondi compresi entro maggiori unità fondiarie
Indipendentemente dalla formazione del consorzio previsto dall'articolo
seguente, il proprietario di terreni entro i quali sono compresi appezzamenti
appartenenti ad altri, di estensione inferiore alla minima unità
colturale, può domandare che gli sia trasferita la proprietà
di questi ultimi (2932), pagandone il prezzo, allo scopo di attuare una
migliore sistemazione delle unità fondiarie. In caso di contrasto
decide l'autorità giudiziaria, sentite le associazioni professionali
circa la sussistenza delle condizioni che giustificano la richiesta di
trasferimento (att. 57).
Art. 850 Consorzi a scopo di ricomposizione fondiaria
Quando più terreni contigui e inferiori alla minima unità
colturale (846) appartengono a diversi proprietari, può, su istanza
di alcuno degli interessati o per iniziativa dell'autorità amministrativa,
essere costituito un consorzio tra gli stessi proprietari, allo scopo di
provvedere a una ricomposizione fondiaria idonea alla migliore utilizzazione
dei terreni stessi.
Per la costituzione del consorzio si applicano le norme stabilite per
i consorzi di bonifica (862).
Art. 851 Trasferimenti coattivi
Il consorzio indicato dall'articolo precedente può predisporre
il piano di riordinamento (854 e seguenti).
Per la migliore sistemazione delle unità fondiarie può
procedersi a espropriazioni e a trasferimenti coattivi; può anche
procedersi a rettificazioni di confini e ad arrotondamento di fondi.
Art. 852 Terreni esclusi dai trasferimenti
Dai trasferimenti coattivi previsti dall'articolo precedente sono esclusi:
gli appezzamenti forniti di casa di abitazione civile o colonica;
i terreni adiacenti ai fabbricati e costituenti dipendenze dei medesimi;
le aree fabbricabili;
gli orti, i giardini, i parchi;
i terreni necessari per piazzali o luoghi di deposito di stabilimenti
industriali o commerciali;
i terreni soggetti a inondazioni, a scoscendimenti o ad altri gravi
rischi;
i terreni che per la loro speciale destinazione, ubicazione o singolarità
di coltura presentano caratteristiche di spiccata individualità.
Art. 853 Trasferimento dei diritti reali
Nei trasferimenti coattivi le servitù prediali (1027) sono abolite,
conservate o create in relazione alle esigenze della nuova sistemazione.
Gli altri diritti reali di godimento sono trasferiti sui terreni assegnati
in cambio e, qualora non siano costituiti su tutti i terreni dello stesso
proprietario, sono trasferiti soltanto su una parte determinata del fondo
assegnato in cambio, che corrisponda in valore ai terreni su cui esistevano.
Le ipoteche (2808) che non siano costituite su tutti i terreni dello
stesso proprietario sono trasferite sul fondo di nuova assegnazione per
una quota corrispondente in valore ai terreni su cui erano costituite.
In caso di espropriazione forzata dell'immobile gravato da ipoteca su una
quota, l'immobile è espropriato per intero e il credito è
collocato, secondo il grado dell'ipoteca (2852), sulla parte del prezzo
corrispondente alla quota soggetta all'ipoteca medesima.
Art. 854 Notifica e trascrizione del piano di riordinamento
Il piano di riordinamento dev'essere preventivamente portato a cognizione
degli interessati, e contro di esso è ammesso reclamo in via amministrativa,
nelle forme e nei termini stabiliti da leggi speciali.
Il provvedimento amministrativo di approvazione definitiva del piano
dev'essere trascritto presso l'ufficio dei registri immobiliari nella cui
circoscrizione sono situati i beni (2645).
Art. 855 Effetti dell'approvazione del piano di riordinamento
Con l'approvazione del piano di riordinamento si operano i trasferimenti
di proprietà e degli altri diritti reali; sono anche costituite
le servitù imposte nel piano stesso (1032).
Art. 856 Competenza dell'autorità giudiziaria
Nelle materie indicate dagli artt. 850 e seguenti è salva la
competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria per la tutela dei
diritti degli interessati. L'autorità giudiziaria non può
tuttavia con le sue decisioni provocare una revisione del piano di riordinamento,
ma può procedere alla conversione e liquidazione in danaro dei diritti
da essa accertati.
Il credito relativo è privilegiato a norma delle leggi speciali.
Sezione III
Della bonifica integrale
Art. 857 Terreni soggetti a bonifica
Per il conseguimento di fini igienici, demografici, economici o di
altri fini sociali possono essere dichiarati soggetti a bonifica i terreni
che si trovano in un comprensorio, in cui sono laghi, stagni, paludi e
terre paludose, ovvero costituito da terreni montani dissestati nei riguardi
idrogeologici e forestali, o da terreni estensivamente coltivati per gravi
cause d'ordine fisico o sociale, i quali siano suscettibili di una radicale
trasformazione dell'ordinamento produttivo.
Art. 858 Comprensorio di bonifica e piano delle opere
Il comprensorio di bonifica e il piano generale dei lavori e di attività
coordinate sono determinati e pubblicati a norma della legge speciale.
Art. 859 Opere di competenza dello Stato
Il piano generale indicato dall'articolo precedente stabilisce quali
opere di bonifica siano di competenza dello Stato (860).
Art. 860 Concorso dei proprietari nella spesa
I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio
sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione la
manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono
dalla bonifica.
Art. 861 Opere di competenza dei privati
I proprietari degli immobili indicati dall'articolo precedente sono
obbligati a eseguire, in conformità del piano generale di bonifica
e delle connesse direttive di trasformazione agraria, le opere di competenza
privata che siano d'interesse comune a più fondi o d'interesse particolare
a taluno di essi.
Art. 862 Consorzi di bonifica
All'esecuzione, alla manutenzione e all'esercizio delle opere di bonifica
può provvedersi a mezzo di consorzi tra i proprietari interessati.
A tali consorzi possono essere anche affidati l'esecuzione, la manutenzione
e l'esercizio delle altre opere d'interesse comune a più fondi o
d'interesse particolare a uno di essi.
I consorzi sono costituiti per decreto del Presidente della Repubblica
e, in mancanza dell'iniziativa privata, possono essere formati anche d'ufficio.
Essi sono persone giuridiche pubbliche (11) e svolgono la loro attività
secondo le norme dettate dalla legge speciale.
Art. 863 Consorzi di miglioramento fondiario
Nelle forme stabilite per i consorzi di bonifica possono essere costituiti
anche consorzi per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio di opere
di miglioramento fondiario comuni a più fondi e indipendenti da
un piano generale di bonifica.
Essi sono persone giuridiche private (12 e seguenti). Possono tuttavia
assumere il carattere di persone giuridiche pubbliche quando, per la loro
vasta estensione territoriale o per la particolare importanza delle loro
funzioni ai fini dell'incremento della produzione, sono riconosciuti di
interesse nazionale con provvedimento dell'autorità amministrativa.
Art. 864 Contributi consorziali
I contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione
ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario sono
esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria
(2775).
Art. 865 Espropriazione per inosservanza degli obblighi
Quando l'inosservanza degli obblighi imposti ai proprietari risulta
tale da compromettere l'attuazione del piano di bonifica, può farsi
luogo all'espropriazione parziale o totale del fondo appartenente al proprietario
inadempiente, osservate le disposizioni della legge speciale.
L'espropriazione ha luogo a favore del consorzio, se questo ne fa richiesta,
o, in mancanza, a favore di altra persona che si obblighi ad eseguire le
opere offrendo opportune garanzie (1179).
Sezione IV
Dei vincoli idrogeologici e delle difese fluviali
Art. 866 Vincoli per scopi idrogeologici e per altri scopi
Anche indipendentemente da un piano di bonifica (857 e seguenti), i
terreni di qualsiasi natura e destinazione possono essere sottoposti a
vincolo idrogeologico, osservate le forme e le condizioni stabilite dalla
legge speciale, al fine di evitare che possano con danno pubblico subire
denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque.
L'utilizzazione dei terreni e l'eventuale loro trasformazione, la qualità
delle colture, il governo dei boschi e dei pascoli sono assoggettati, per
effetto del vincolo, alle limitazioni stabilite dalle leggi in materia.
Parimenti, a norma della legge speciale, possono essere sottoposti
a limitazione nella loro utilizzazione i boschi che per la loro speciale
ubicazione difendono terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal
rotolamento dei sassi, dal sorrenamento e dalla furia dei venti, e quelli
ritenuti utili per le condizioni igieniche locali.
Art. 867 Sistemazione e rimboschimento dei terreni vincolati
Al fine del rimboschimento e del rinsaldamento i terreni vincolati
possono essere assoggettati a espropriazione, a occupazione temporanea
o a sospensione dell'esercizio del pascolo, nei modi e con le forme stabiliti
dalle leggi in materia.
Art. 868 Regolamento protettivo dei corsi d'acqua
I proprietari d'immobili situati in prossimità di corsi d'acqua
che arrecano o minacciano danni all'agricoltura, ad abitati o a manufatti
d'interesse pubblico sono obbligati, anche. indipendentemente da un piano
di bonifica, a contribuire all'esecuzione delle opere necessarie per il
regolamento del corso d'acqua nelle forme stabilite dalle leggi speciali.
Sezione V
Della proprietà edilizia
Art. 869 Piani regolatori
I proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori
devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle
riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.
Art. 870 Comparti
Quando è prevista la formazione di comparti, costituenti unità
fabbricabili con speciali modalità di costruzione e di adattamento,
gli aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono regolare
i loro reciproci rapporti in modo da rendere possibile l'attuazione del
piano. Possono anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione delle opere.
In mancanza di accordo, può procedersi all'espropriazione a norma
delle leggi in materia.
Art. 871 Norme di edilizia e di ornato pubblico
Le regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge
speciale e dai regolamenti edilizi comunali.
La legge speciale stabilisce altresì le regole da osservarsi
per le costruzioni nelle località sismiche.
Art. 872 Violazione delle norme di edilizia
Le conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle norme
indicate dall'articolo precedente sono stabilite da leggi speciali.
Colui che per effetto della violazione ha subìto danno deve
esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in
pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella
Sezione seguente o da questa richiamate (2933).
Sezione VI
Delle distanze nelle costruzioni, piantagioni e scavi dei muri, fossi
e siepi interposti tra i fondi
Art. 873 Distanze nelle costruzioni
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono
essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali
può essere stabilita una distanza maggiore.
Art. 874 Comunione forzosa del muro sul confine
Il proprietario di un fondo continguo al muro altrui può chiederne
la comunione (2932) per tutta l'altezza o per parte di essa, purché
lo faccia per tutta l'estensione della sua proprietà. Per ottenere
la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte
di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro
è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non
danneggiare il vicino.
Art. 875 Comunione forzosa del muro che non è sul confine
Quando il muro si trova a una distanza dal confine minore di un metro
e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita
dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione del
muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando,
oltre il valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare
con la nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il
suo muro sino al confine.
Il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare preventivamente
il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere
alla sua demolizione. Questi deve manifestare la propria volontà
entro il termine (2964) di giorni quindici e deve procedere alla costruzione
o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta.
Art. 876 Innesto nel muro sul confine
Se il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per
innestarvi un Capo del proprio muro, non ha l'obbligo di renderlo comune
a norma dell'art. 874, ma deve pagare un'indennità per l'innesto.
Art. 877 Costruzioni in aderenza
Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine,
può costruire sul confine stesso in aderenza (904), ma senza appoggiare
la sua fabbrica a quella preesistente.
Questa norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 875; il vicino
in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.
Art. 878 Muro di cinta
Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza
superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza
indicata dall'art. 873.
Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune
anche a scopo d'appoggio, purché non preesista al di là un
edificio a distanza inferiore ai tre metri.
Art. 879 Edifici non soggetti all'obbligo delle distanze o a comunione
forzosa
Alla comunione forzosa non sono soggetti gli edifici appartenenti al
demanio pubblico e quelli soggetti allo stesso regime (822 e seguenti),
né gli edifici che sono riconosciuti di interesse storico, archeologico
o artistico, a norma delle leggi in materia. Il vicino non può neppure
usare della facoltà concessa dall'art. 877.
Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche
non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi
le leggi e i regolamenti che le riguardano.
Art. 880 Presunzione di comunione del muro divisorio
Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune fino alla
sua sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui
uno degli edifici comincia ad essere più alto.
Si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili,
giardini e orti o tra recinti nei campi.
Art. 881 Presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio
Si presume che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od
orti appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il piovente
e in ragione del piovente medesimo.
Se esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si
addentrano oltre la metà della grossezza del muro, e gli uni e gli
altri risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti
al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche
se vi sia soltanto qualcuno di tali segni.
Se uno o più di essi sono da una parte, e uno o più dalla
parte opposta, il muro è reputato comune: in ogni caso la positura
del piovente prevale su tutti gli altri indizi.
Art. 882 Riparazioni del muro comune
Le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a
carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del diritto
di ciascuno (1104), salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di
uno dei partecipanti.
Il comproprietario di un muro comune può esimersi dall'obbligo
di contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando
al diritto di comunione (1350, 2643), purché il muro comune non
sostenga un edificio di sua spettanza.
La rinunzia non libera il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni
e ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.
Art. 883 Abbattimento di edificio appoggiato al muro comune
Il proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro
comune può rinunziare alla comunione di questo, ma deve farvi le
riparazioni e le opere che la demolizione rende necessarie per evitare
ogni danno al vicino.
Art. 884 Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune
Il comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi
le sue costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga
a distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto
dell'altro comproprietario di fare accorciare la trave fino alla metà
del muro, nel caso in cui egli voglia collocare una trave nello stesso
luogo, aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il comproprietario può
anche attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo, mantenendo
la stessa distanza. Egli è tenuto in ogni caso a riparare i danni
causati dalle opere compiute.
Non può fare incavi nel muro comune, ne eseguirvi altra opera
che ne comprometta la stabilità o che in altro modo lo danneggi.
Art. 885 Innalzamento del muro comune
Ogni comproprietario può alzare il muro comune, ma sono a suo
carico tutte le spese di costruzione e conservazione della parte sopraedificata
(903). Anche questa può dal vicino essere resa comune a norma dell'art.
874.
Se il muro non è atto a sostenere la sopraedificazione, colui
che l'esegue è tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese.
Per il maggiore spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito
sul suolo proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di costruirlo
su quello del vicino. In entrambi i casi il muro ricostruito o ingrossato
resta di proprietà comune, e il vicino deve essere indennizzato
di ogni danno prodotto dall'esecuzione delle opere. Nel secondo caso il
vicino ha diritto di conseguire anche il valore della metà del suolo
occupato per il maggiore spessore.
Qualora il vicino voglia acquistare la comunione della parte sopraelevata
del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di questa, anche delle
spese occorse per la ricostruzione o per il rafforzamento.
Art. 886 Costruzione del muro di cinta
Ciascuno può costringere il vicino a contribuire per metà
nella spesa di costruzione dei muri di cinta che separano le rispettive
case, i cortili e i giardini posti negli abitati. L'altezza di essi, se
non è diversamente determinata dai regolamenti locali o dalla convenzione,
deve essere di tre metri.
Art. 887 Fondi a dislivello negli abitati
Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro
inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero
le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza
del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta
la restante altezza.
Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo
inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore.
Art. 888 Esonero dal contributo nelle spese
Il vicino si può esimere dal contribuire nelle spese di costruzione
del muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la metà
del terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito. In tal
caso il muro è di proprietà di colui che l'ha costruito,
salva la facoltà del vicino di renderlo comune ai sensi dell'art.
874, senza obbligo però di pagare la metà del valore del
suolo su cui il muro è stato costruito.
Art. 889 Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi
Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso
il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare
la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino
del perimetro interno delle opere predette.
Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro
diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine.
Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.
Art. 890 Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi
Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio,
vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol
collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero impiantare
macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare
le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie
a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità
e sicurezza (Cod. Pen. 675).
Art. 891 Distanze per canali e fossi
Chi vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono
in modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una distanza eguale
alla profondità del fosso o canale. La distanza si misura dal confine
al ciglio della sponda più vicina, la quale deve essere a scarpa
naturale ovvero munita di opere di sostegno. Se il confine si trova in
un fosso comune o in una via privata, la distanza si misura da ciglio a
ciglio o dal ciglio al lembo esteriore della via (911).
Art. 892 Distanze per gli alberi
Chi vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze
stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Se gli uni
e gli altri non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze
dal confine:
tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si
considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso
in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce,
i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili;
un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali
quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde
in rami;
mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto
di altezza non maggiore di due metri e mezzo.
La distanza deve essere però di un metro, qualora le siepi siano
di ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente
vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie.
La distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del
tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al
luogo dove fu fatta la semina.
Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste
un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute
ad altezza che non ecceda la sommità del muro.
Art. 893 Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi
Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con
terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano,
trattandosi di boschi, canali e strade di proprietà privata, i regolamenti
e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono,
si osserva no le distanze prescritte dall'articolo precedente.
Art. 894 Alberi a distanza non legale
Il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi
che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli
articoli precedenti.
Art. 895 Divieto di ripiantare alberi a distanza non legale
Se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore
di quelle sopra indicate, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto,
il vicino non può sostituirlo, se non osservando la distanza legale.
La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un
filare situato lungo il confine.
Art. 896 Recisione di rami protesi e di radici
Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può
in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare
le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue
i casi i regolamenti e gli usi locali.
Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente
caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario
del fondo su cui sono caduti.
Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero,
per la raccolta di essi si applica il disposto dell'art. 843.
Art. 897 Comunione di fossi
Ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune.
Si presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve
per gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo dalla cui parte
è il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre anni.
Se uno o più di tali segni sono da una parte e uno o più
dalla parte opposta, il fosso si presume comune.
Art. 898 Comunioni di siepi
Ogni siepe tra due fondi si presume comune ed e mantenuta a spese comuni,
salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario.
Se uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga
al proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte si
trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.
Art. 899 Comunione di alberi
Gli alberi sorgenti nella siepe comune sono comuni.
Gli alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono comuni, salvo
Titolo o prova in contrario.
Gli alberi che servono di limite o che si trovano nella siepe comune
non possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che l'autorità
giudiziaria abbia riconosciuto la necessità o la convenienza del
taglio.
Sezione VII
Delle luci e delle vedute
Art. 900 Specie di finestre
Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie:
luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di
affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti quando permettono
di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Art. 901 Luci
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
essere munite di un'inferriata idonea a garantire la sicurezza del
vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori
di tre centimetri quadrati;
avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo
dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria,
se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri, se sono ai piani
superiori;
avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo
dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto
o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei
luoghi non consenta di osservare l'altezza stessa.
Art. 902 Apertura priva dei requisiti prescritti per le luci
L'apertura che non ha i caratteri di veduta o di prospetto è
considerata come luce, anche se non sono state osservate le prescrizioni
indicate dall'art. 901.
Il vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia resa conforme
alle prescrizioni dell'articolo predetto.
Art. 903 Luci nel muro proprio o nel muro comune
Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al
fondo altrui.
Se il muro è comune (874 e seguenti) nessuno dei proprietari
può aprire luci senza il consenso dell'altro; ma chi ha sopraelevato
il muro comune può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino
non abbia voluto contribuire (885).
Art. 904 Diritto di chiudere le luci
La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare
la comunione del muro medesimo né di costruire in aderenza (874
e seguenti) .
Chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci
se ad esso non appoggia il suo edificio.
Art. 905 Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso
e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia
esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi e la distanza
di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze,
lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi
sul fondo del vicino, se non vi e la distanza di un metro e mezzo tra questo
fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi e una via pubblica.
Art. 906 Distanza per l'apertura di vedute laterali od oblique
Non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del vicino
se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale deve
misurarsi dal più vicino lato della finestra o dal più vicino
sporto.
Art. 907 Distanza delle costruzioni dalle vedute
Quando si e acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il
fondo vicino (1027 e seguenti), il proprietario di questo non può
fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre
metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua
si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le
dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri
sotto la loro soglia.
Sezione VIII
Dello stillicidio
Art. 908 Scarico delle acque piovane
Il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane
scolino nel suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino.
Se esistono pubblici colatoi, deve provvedere affinché le acque
piovane vi siano immesse con gronde o canali. Si osservano in ogni caso
i regolamenti locali e le leggi sulla polizia idraulica.
Sezione IX
Delle acque
Art. 909 Diritto sulle acque esistenti nel fondo
Il proprietario del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in esso
esistenti, salve le disposizioni delle leggi speciali per le acque pubbliche
e per le acque sotterranee.
Egli può anche disporne a favore d'altri, qualora non osti il
diritto di terzi; ma, dopo essersi servito delle acque, non può
divertirle in danno d'altri fondi.
Art. 910 Uso delle acque che limitano o attraversano un fondo
Il proprietario di un fondo limitato o attraversato da un'acqua non
pubblica, che corre naturalmente e sulla quale altri non ha diritto, può,
mentre essa trascorre, farne uso per l'irrigazione dei suoi terreni e per
l'esercizio delle sue industrie, ma deve restituire le colature e gli avanzi
al corso ordinario.
Art. 911 Apertura di nuove sorgenti e altre opere
Chi vuole aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e in genere
eseguire opere per estrarre acque dal sottosuolo o costruire canali o acquedotti,
oppure scavarne, profondarne, o allargarne il letto, aumentarne o diminuirne
il pendio o variarne la forma, deve, oltre le distanze stabilite nell'art.
891, osservare le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano necessarie
per non recare pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi o aste di fonte,
canali o acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione dei terreni
o agli usi domestici o industriali.
Art. 912 Conciliazione di opposti interessi
Se sorge controversia tra i proprietari a cui un'acqua non pubblica
può essere utile, l'autorità giudiziaria deve valutare l'interesse
dei singoli proprietari nei loro rapporti e rispetto ai vantaggi che possono
derivare all'agricoltura o all'industria dall'uso a cui l'acqua è
destinata o si vuol destinare.
L'autorità giudiziaria può assegnare un'indennità
ai proprietari che sopportino diminuzione del proprio diritto.
In tutti i casi devono osservarsi le disposizioni delle leggi sulle
acque e sulle opere idrauliche.
Art. 913 Scolo delle acque
Il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo
più elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera
dell'uomo.
Il proprietario del fondo inferiore non può impedire questo
scolo, né il proprietario del fondo superiore può renderlo
più gravoso.
Se per opere di sistemazione agraria dell'uno o dell'altro fondo si
rende necessaria una modificazione del deflusso naturale delle acque, è
dovuta un'indennità al proprietario del fondo a cui la modificazione
stessa ha recato pregiudizio.
Art. 914 Consorzi per regolare il deflusso delle acque
Qualora per esigenze della produzione si debba provvedere a opere di
sistemazione degli scoli, di soppressione di ristagni o di raccolta di
acque, l'autorità amministrativa, su richiesta della maggioranza
degli interessati o anche d'ufficio, può costituire un consorzio
tra i proprietari dei fondi che traggono beneficio dalle opere stesse.
Si applicano a tale consorzio le disposizioni del secondo e del terzo
comma dell'art. 921 (863 e seguenti).
Art. 915 Riparazione di sponde e argini
Qualora le sponde o gli argini che servivano di ritegno alle acque
siano stati in tutto o in parte distrutti o atterrati, ovvero per la naturale
variazione del corso delle acque si renda necessario costruire nuovi argini
o ripari, e il proprietario del fondo non provveda sollecitamente a ripararli
o a costruirli, ciascuno dei proprietari che hanno sofferto o possono ricevere
danno può provvedervi, previa autorizzazione del pretore, che provvede
in via d'urgenza.
Le opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del fondo,
in cui esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto quello temporaneo
causato dall'esecuzione delle opere stesse.
Art. 916 Rimozione degli ingombri
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche quando
si tratta di togliere un ingombro formatosi sulla superficie di un fondo
o in un fosso, rivo, colatoio o altro alveo, a causa di materie in essi
impigliate, in modo che le acque danneggino o minaccino di danneggiare
i fondi vicini.
Art. 917 Spese per la riparazione, costruzione o rimozione
Tutti i proprietari, ai quali torna utile che le sponde e gli argini
siano conservati o costruiti e gli ingombri rimossi, devono contribuire
nella spesa in proporzione del vantaggio che ciascuno ne ritrae.
Tuttavia, se la distruzione degli argini, la variazione delle acque
o l'ingombro nei loro corsi deriva da colpa di alcuno dei proprietari,
le spese di conservazione, di costruzione o di riparazione gravano esclusivamente
su di lui, salvo in ogni caso il risarcimento dei danni.
Art. 918 Consorzi volontari
Possono costituirsi in consorzio i proprietari di fondi vicini che
vogliano riunire e usare in comune le acque defluenti dal medesimo bacino
di alimentazione o da bacini contigui.
L'adesione degli interessati e il regolamento del consorzio devono
risultare da atto scritto (1418, 2725).
Il regolamento del consorzio è deliberato dalla maggioranza
calcolata in base all'estensione dei terreni a cui serve l'acqua.
Art. 919 Scioglimento del consorzio
Lo scioglimento del consorzio non ha luogo se non quando è deliberato
da una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando, potendosi la divisione
effettuare senza grave danno, essa è domandata da uno degli interessati.
Art. 920 Norme applicabili
Salvo quanto è disposto dagli articoli precedenti, si applicano
ai consorzi volontari ivi indicati le norme stabilite per la comunione
(1100 e seguenti).
Art. 921 Consorzi coattivi
Nel caso indicato dall'art. 918, il consorzio può anche essere
costituito d'ufficio dall'autorità amministrativa, allo scopo di
provvedere a una migliore utilizzazione delle acque.
Per le forme di costituzione e il funzionamento si osservano le norme
stabilite per i consorzi di miglioramento fondiario (863).
Il consorzio può anche procedere all'espropriazione dei singoli
diritti, mediante il pagamento delle dovute indennità (865).
Capo III
Dei modi di acquisto della proprietà
Art. 922 Modi di acquisto
La proprietà si acquista per occupazione (923 e seguenti), per
invenzione (927 e seguenti), per accessione (934 e seguenti), per specificazione
(940), per unione o commistione (939), per usucapione (1158 e seguenti),
per effetto di contratti (1376 e seguenti), per successione a causa di
morte (456 e seguenti) e negli altri modi stabiliti dalla legge.
Sezione I
Dell'occupazione e dell'invenzione
Art. 923 Cose suscettibili di occupazione
Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano
con l'occupazione (827).
Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di
caccia o di pesca (842) [Secondo l’art. 1, L. 27 dicembre 1977, n. 968
(vedi nota all'art. 826), a fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile
dello Stato].
Art. 924 Sciami di api
Il proprietario di sciami di api ha diritto d'inseguirli sul fondo
altrui, ma deve indennità per il danno cagionato al fondo (843);
se non li ha inseguiti entro due giorni o ha cessato durante due giorni
d'inseguirli, può prenderli e ritenerli il proprietario del fondo.
Art. 925 Animali mansuefatti
Gli animali mansuefatti possono essere inseguiti dal proprietario del
fondo altrui, salvo il diritto del proprietario del fondo a indennità
per il danno (843).
Essi appartengono a chi se ne è impossessato (932), se non sono
reclamati entro venti (2964) giorni da quando il proprietario ha avuto
conoscenza del luogo dove si trovano.
Art. 926 Migrazione di colombi, conigli e pesci
I conigli o pesci che passano ad un'altra conigliera o peschiera si
acquistano dal proprietario di queste, purché non vi siano stati
attirati con arte o con frode.
La stessa norma si osserva per i colombi che passano ad altra colombaia,
salve le diverse disposizioni di legge sui colombi viaggiatori.
Art. 927 Cose ritrovate
Chi trova una cosa mobile (812) deve restituirla al proprietario, e,
se non lo conosce, deve consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo
in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento.
Art. 928 Pubblicazione del ritrovamento
Il sindaco rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione nell'albo
pretorio del comune, da farsi per due domeniche successive e da restare
affissa per tre giorni ogni volta.
Art. 929 Acquisto di proprietà della cosa ritrovata
Trascorso un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione senza che
si presenti il proprietario, la cosa oppure il suo prezzo, se le circostanze
ne hanno richiesto la vendita, appartiene a chi l'ha trovata.
Così il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa
o ricevendo il prezzo, devono pagare le spese occorse.
Art. 930 Premio dovuto al ritrovatore
Il proprietario deve pagare a Titolo di premio al ritrovatore, se questi
lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata.
Se tale somma o prezzo eccede le diecimila lire, il premio per il sovrappiù
è solo del ventesimo.
Se la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio e fissata
dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
Art. 931 Equiparazione del possessore o detentore al proprietario
Agli effetti delle disposizioni contenute negli artt. 927 e seguenti
al proprietario sono equiparati, secondo le circostanze, il possessore
e il detentore (1140).
Art. 932 Tesoro
Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata,
di cui nessuno può provare d'essere proprietario.
Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se
il tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto
per solo effetto del caso, spetta per metà al proprietario del fondo
e per metà al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se
il tesoro è scoperto in una cosa mobile altrui (959, 988; Cod. Pen.
647).
Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico,
paletnologico, paleontologico e artistico, si osservano le disposizioni
delle leggi speciali (826).
Art. 933 Rigetti del mare e piante sul lido. Relitti aeronautici
I diritti sopra le cose gettate in mare o sopra quelle che il mare
rigetta e sopra le piante e le erbe che crescono lungo le rive del mare
sono regolati dalle leggi speciali (Cod. Nav. 510 e seguenti, 1227).
Parimenti si osservano le leggi speciali per il ritrovamento di aeromobili
e di relitti di aeromobili (Cod. Nav. 993 e seguenti).
Sezione II
Dell'accessione, della specificazione, dell'unione e della commistione
Art. 934 Opere fatte sopra o sotto il suolo
Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto
il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto è disposto
dagli artt. 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal Titolo
(952 e seguenti) o dalla legge (975-3, 986-2, 1150-5, 1593).
Art. 935 Opere fatte dal proprietario del suolo con materiali altrui
Il proprietario del suolo che ha fatto costruzioni, piantagioni od
opere con materiali altrui deve pagarne il valore, se la separazione non
è chiesta dal proprietario dei materiali, ovvero non può
farsi senza che si rechi grave danno all'opera costruita o senza che perisca
la piantagione. Deve inoltre, anche nel caso che si faccia la separazione,
il risarcimento dei danni, se e in colpa grave.
In ogni caso la rivendicazione dei materiali (948) non è ammessa
trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione
(2964 e seguenti).
Art. 936 Opere fatte da un terzo con materiali propri
Quando le piantagioni (956), costruzioni od opere sono state fatte
da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di
ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta
il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure l'aumento
di valore recato al fondo (1150).
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi
a spese di colui che le ha fatte (2933). Questi può inoltre essere
condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni,
costruzioni od opere, quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione
o quando sono state fatte dal terzo in buona fede (1147).
La rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal
giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964
e seguenti).
Art. 937 Opere fatte da un terzo con materiali altrui
Se le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un
terzo con materiali altrui, il proprietario di questi può rivendicarli,
previa separazione a spese del terzo, se la separazione può ottenersi
senza grave danno delle opere e del fondo.
La rivendicazione non è ammessa trascorsi sei mesi dal giorno
in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964 e seguenti).
Nel caso che la separazione dei materiali non sia richiesta o che i
materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il proprietario
del suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in solido (1292 e seguenti)
al pagamento di una indennità pari al valore dei materiali stessi.
Il proprietario dei materiali può anche esigere tale indennità
dal proprietario del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente
al prezzo che da questo fosse ancora dovuto. Può altresì
chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del terzo che ne
abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei confronti del proprietario
del suolo che in mala fede abbia autorizzato l'uso.
Art. 938 Occupazione di porzione di fondo attiguo
Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione
del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa opposizione entro
tre mesi (2964) dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l'autorità
giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può (2908) attribuire
al costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo occupato.
Il costruttore e tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del
valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni.
Art. 939 Unione e commistione
Quando più cose appartenenti a diversi proprietari sono state
unite o mescolate in guisa da formare un sol tutto, ma sono separabili
senza notevole deterioramento, ciascuno conserva la proprietà della
cosa sua e ha diritto di ottenerne la separazione. In caso diverso, la
proprietà ne diventa comune in proporzione del valore delle cose
spettanti a ciascuno.
Quando però una delle cose si può riguardare come principale
o è di molto superiore per valore, ancorché serva all'altra
di ornamento, il proprietario della cosa principale acquista la proprietà
del tutto. Egli ha l'obbligo di pagare all'altro il valore della cosa che
vi è unita o mescolata; ma se l'unione o la mescolanza è
avvenuta senza il suo consenso ad opera del proprietario della cosa accessoria,
egli non e obbligato a corrispondere che la somma minore tra l'aumento
di valore apportato alla cosa principale e il valore della cosa accessoria.
E' inoltre dovuto il risarcimento dei danni in caso di colpa grave.
Art. 940 Specificazione
Se taluno ha adoperato una materia che non gli apparteneva per formare
una nuova cosa, possa o non possa la materia riprendere la sua prima forma,
ne acquista la proprietà pagando al proprietario il prezzo della
materia, salvo che il valore della materia sorpassi notevolmente quello
della mano d'opera. In quest'ultimo caso la cosa spetta al proprietario
della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d'opera.
Art. 941 Alluvione
Le unioni di terra e gli incrementi, che si formano successivamente
e impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o torrenti,
appartengono al proprietario del fondo, salvo quanto è disposto
dalle leggi speciali.
Art. 942 Terreni abbandonati dalle acque correnti
I terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si
ritirano da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio
pubblico, senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il
terreno perduto.
Ai sensi del primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi,
i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.
Quanto stabilito al primo comma vale anche per i terreni abbandonati
dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio
pubblico (822).
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 1, Legge 5 gennaio 1994,
n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali).
Art. 943 Laghi e stagni
Il terreno che l'acqua copre quando essa è all'altezza dello
sbocco del lago o dello stagno appartiene al proprietario del lago o dello
stagno, ancorché il volume dell'acqua venga a scemare.
Il proprietario non acquista alcun diritto sopra la terra lungo la
riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria.
Art. 944 Avulsione
Se un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte considerevole
e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso
un fondo inferiore o verso l'opposta riva, il proprietario del fondo al
quale si e unita la parte staccata ne acquista la proprietà. Deve
però pagare all'altro proprietario un'indennità nei limiti
del maggior valore recato al fondo dall'avulsione.
Art. 945 Isole e unioni di terra
Le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti
appartengono al demanio pubblico (822).
(Se l'isola si è formata per avulsione, il proprietario del
fondo da cui è avvenuto il distacco, ne conserva la proprietà).
(La stessa regola si osserva se un fiume o un torrente, formando un
nuovo corso, attraversa e circonda il fondo o parte del fondo di un proprietario
confinante, facendone un'isola).
NOTA La parte fra parentesi è stata abrogata dall'art. 2 della
Legge 5 gennaio 1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree
demaniali.
Art. 946 Alveo abbandonato
Se un fiume o un torrente si forma un nuovo letto, abbandonato l'antico,
il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime proprio del demanio
pubblico.
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 3 della Legge 5 gennaio
1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
Art. 947 Mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del
loro corso
Le disposizioni degli artt. 942, 945 e 946 si applicano ai terreni
comunque abbandonati sia a seguito di eventi naturali che per fatti artificiali
indotti dall'attività antropica, ivi comprendendo anche i terreni
abbandonati per i fenomeni di inalveamento.
La disposizione dell'art. 941 non si applica nel caso in cui le alluvioni
derivano da regolamento del corso dei fiumi, da bonifiche o da altri fatti
artificiali indotti dall'attività antropica.
In ogni caso è esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni
del demanio idrico.
NOTA Articolo così sostituito dall'art. 4 della Legge 5 gennaio
1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
Capo IV
Delle azioni a difesa della proprietà
Art. 948 Azione di rivendicazione
Il proprietario può rivendicare la cosa (1153, 1994, 2653, 2697)
da chiunque la possiede o detiene (1140) e può proseguire l'esercizio
dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio,
di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato
a ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene
il valore, oltre a risarcirgli il danno.
Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore
la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente
possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.
L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto
della proprietà da parte di altri per usucapione (1158 e seguenti).
Art. 949 Azione negatoria
Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di
diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivato di temerne pregiudizio
(1079).
Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può
anche chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento
del danno (1170).
Art. 950 Azione di regolamento di confini
Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari
può chiedere che sia stabilito giudizialmente.
Ogni mezzo di prova è ammesso.
In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato
dalle mappe catastali.
Art. 951 Azione per apposizione di termini
Se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili,
ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti
o ristabiliti a spese comuni.
Titolo III
Della superficie
Art. 952 Costituzione del diritto di superficie
Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere
al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista
la proprietà (934, 1350, 2643).
Del pari può alienare la proprietà della costruzione
già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo.
Art. 953 Costituzione a tempo determinato
Se la costituzione del diritto e stata fatta per un tempo determinato,
allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario
del suolo diventa proprietario della costruzione (2816).
Art. 954 Estinzione del diritto di superficie
L'estinzione del diritto di superficie per scadenza del termine importa
l'estinzione dei diritti reali imposti dal superficiario. I diritti gravanti
sul suolo si estendono alla costruzione, salvo, per le ipoteche, il disposto
del primo comma dell'art. 2816.
I contratti di locazione (1596), che hanno per oggetto la costruzione,
non durano se non per l'anno in corso alla scadenza del termine (999).
Il perimento della costruzione non importa, salvo patto contrario,
l'estinzione del diritto di superficie.
Il diritto di fare la costruzione sul suolo altrui si estingue per
prescrizione per effetto del non uso protratto per venti anni (2934 e seguenti,
2816).
Art. 955 Costruzioni al disotto del suolo
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui e concesso
il diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui
(840).
Art. 956 Divieto di proprietà separata delle piantagioni
Non può essere costituita o trasferita la proprietà delle
piantagioni (821) separatamente dalla proprietà del suolo.
Titolo IV
Dell'enfiteusi (*)
(*) V. anche L. 22 luglio 1966, n. 607, sub Leggi Speciali, voce Contratti
e controversie agrarie.
Art. 957 Disposizioni inderogabili
L'enfiteusi, salvo che il Titolo disponga altrimenti, e regolata dalle
norme contenute negli articoli seguenti (att. 142 e seguente).
Il Titolo (587, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2648) non può tuttavia
derogare alle norme contenute negli artt. 958, 2° comma, 961, 2°
comma, 962, 965, 968, 971 e 973.
Art. 958 Durata
L'enfiteusi può essere perpetua o a tempo (2815).
L'enfiteusi temporanea non può essere costituita per una durata
inferiore ai venti anni.
Art. 959 Diritti dell'enfiteuta
L'enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti
del fondo (820 e seguente), sul tesoro (932) e relativamente alle utilizzazioni
del sottosuolo in conformità delle disposizioni delle leggi speciali
(840).
Il diritto dell'enfiteuta si estende alle accessioni (817 e seguenti,
934 e seguenti, 2810).
Art. 960 Obblighi dell'enfiteuta
L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente
un canone periodico. Questo può consistere in una somma di danaro
ovvero in una quantità fissa di prodotti naturali.
L'enfiteuta non può pretendere remissione o riduzione del canone
per qualunque insolita sterilità del fondo o perdita di frutti.
Art. 961 Pagamento del canone
L'obbligo del pagamento del canone (2763, 2948) grava solidalmente
(1292 e seguenti) su tutti i coenfiteuti e sugli eredi dell'enfiteuta finché
dura la comunione.
Nel caso in cui segua la divisione e il fondo venga goduto separatamente
dagli enfiteuti o dagli eredi, ciascuno risponde per gli obblighi inerenti
all'enfiteusi proporzionalmente al valore della sua porzione.
Art. 962 Revisione del canone (abrogato)
Art. 963 Perimento totale o parziale del fondo
Quando il fondo enfiteutico perisce interamente, l'enfiteusi si estingue.
Se e perita una parte notevole del fondo e il canone risulta sproporzionato
al valore della parte residua, l'enfiteuta, secondo le circostanze, può
chiedere una congrua riduzione del canone, o rinunziare al suo diritto,
restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti
sulla parte residua (975).
La domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono
ammesse, decorso un anno dall'avvenuto perimento (2964 e seguenti).
Qualora il fondo sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche nell'interesse
del concedente, l'indennità e ripartita tra il concedente e l'enfiteuta
in proporzione del valore dei rispettivi diritti.
Nel caso di espropriazione per pubblico interesse (834), l'indennità
si ripartisce a norma del comma precedente.
Art. 964 Imposte e altri pesi
Le imposte e gli altri pesi che gravano sul fondo sono a carico dell'enfiteuta,
salve le disposizioni delle leggi speciali.
Se in virtù del Titolo costitutivo sono a carico del concedente,
tale obbligo non può eccedere l'ammontare del canone.
Art. 965 Disponibilità del diritto dell'enfiteuta
L'enfiteuta può disporre del proprio diritto, sia per atto tra
vivi (1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810), sia per atto di ultima volontà
(587, 2648).
Per l'alienazione del diritto dell'enfiteuta non è dovuta alcuna
prestazione al concedente (att. 145).
Nell'atto costitutivo può essere vietato all'enfiteuta di disporre
per atto tra vivi, in tutto o in parte, del proprio diritto, per un tempo
non maggiore di venti anni (1379).
Nel caso di alienazione compiuta contro tale divieto, l'enfiteuta non
è liberato dai suoi obblighi (1960) verso il concedente ed e tenuto
a questi solidalmente (1292 e seguenti) con l'acquirente.
Art. 966 Prelazione a favore del concedente (abrogato)
Art. 967 Diritti e obblighi dell'enfiteuta e del concedente in caso
di alienazione
In caso di alienazione, il nuovo enfiteuta è obbligato solidalmente
(1292 e seguenti) col precedente al pagamento dei canoni non soddisfatti.
Il precedente enfiteuta non è liberato dai suoi obblighi, prima
che sia stato notificato l'atto di acquisto al concedente.
In caso di alienazione del diritto del concedente, l'acquirente non
può pretendere l'adempimento degli obblighi dell'enfiteuta prima
che a questo sia stata notificata l'alienazione (1264).
Art. 968 Subenfiteusi
La subenfiteusi non è ammessa.
Art. 969 Ricognizione
Il concedente può richiedere la ricognizione del proprio diritto
da chi si trova nel possesso del fondo enfiteutico un anno prima del compimento
del ventennio (2720).
Per atto di ricognizione non è dovuta alcuna prestazione (2699,
2702). Le spese dell'atto sono a carico del concedente.
Art. 970 Prescrizione del diritto dell'enfiteuta
Il diritto dell'enfiteuta si prescrive per effetto del non uso protratto
per venti anni (2934 e seguenti).
Art. 971 Affrancazione
Se più sono gli enfiteuti, l'affrancazione può promuoversi
anche da uno solo di essi, ma per la totalità. In questo caso l'affrancante
subentra (1203) nei diritti del concedente verso gli altri enfiteuti, salva,
a favore di questi, una riduzione proporzionale del canone.
Se più sono i concedenti, l'affrancazione può effettuarsi
per la quota che spetta a ciascun concedente.
L'affrancazione si opera mediante il pagamento di una somma (2815)
risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse
legale (1284). Le modalità sono stabilite da leggi speciali (att.
58).
Art. 972 Devoluzione
Il conducente può chiedere la devoluzione del fondo enfiteutico
(2653, n. 2):
se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di migliorarlo;
se l'enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità
di canone (1219). La devoluzione non ha luogo se l'enfiteuta ha effettuato
il pagamento dei canoni maturati prima che sia intervenuta nel giudizio
sentenza (2655), ancorché di primo grado, che abbia accolto la domanda
(att. 149).
La domanda di devoluzione non preclude all'enfiteuta il diritto di
affrancare, sempre che ricorrano le condizioni previste dall'art. 971.
Art. 973 Clausola risolutiva espressa
La dichiarazione del concedente di valersi della clausola risolutiva
espressa (1456) non impedisce l'esercizio del diritto di affrancazione.
Art. 974 Diritti dei creditori dell'enfiteuta
I creditori dell'enfiteuta possono intervenire nel giudizio di devoluzione
per conservare le loro ragioni (2900), valendosi all'uopo anche del diritto
di affrancazione che spetti all'enfiteuta; possono offrire il risarcimento
dei danni e dare cauzione (1119) per l'avvenire (att. 149).
I creditori, che hanno iscritto ipoteca contro l'enfiteuta anteriormente
alla trascrizione della domanda di devoluzione e ai quali questa non è
stata notificata in tempo utile per poter intervenire, conservano il diritto
di affrancazione anche dopo avvenuta la devoluzione (2653, n. 2).
Art. 975 Miglioramenti e addizioni
Quando cessa l'enfiteusi all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti
nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei
miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna.
Se in giudizio è stata fornita qualche prova della sussistenza
in genere dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la ritenzione del fondo
fino a quando non è soddisfatto il suo credito.
Per le addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte
senza nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne
il valore al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili
senza nocumento e costituiscono miglioramento, si applica la disposizione
del primo comma di questo articolo (att. 157).
Art. 976 Locazioni concluse dall'enfiteuta
Per le locazioni concluse dall'enfiteuta si applicano le norme dell'art.
999.
Art. 977 Enfiteusi costituite dalle persone giuridiche
Le disposizioni contenute negli articoli precedenti si applicano anche
alle enfiteusi costituite dalle persone giuridiche, salvo che sia disposto
diversamente dalle leggi speciali.
Titolo V
Dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione
Capo I
Dell'usufrutto
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 978 Costituzione
L'usufrutto è stabilito dalla legge (324, 540 e seguenti, 581,
1153) o dalla volontà dell'uomo (587, 1350 n. 2, 1376, 2643 n. 2,
2684). Può anche acquistarsi per usucapione (1158 e seguenti).
Art. 979 Durata
La durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell'usufruttuario
(678, 698, 796, 853, 1014).
L'usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può
durare più di trenta anni (999, 1014).
Art. 980 Cessione dell'usufrutto
L'usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo
o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal Titolo
costitutivo (1002, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810).
La cessione dev'essere notificata al proprietario; finché non
sia stata notificata, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con
il cessionario verso il proprietario (1292).
Sezione II
Dei diritti nascenti dall'usufrutto
Art. 981 Contenuto del diritto di usufrutto
L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne
la destinazione economica.
Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può
dare (1998), fermi i limiti stabiliti in questo Capo.
Art. 982 Possesso della cosa
L'usufruttuario ha il diritto di conseguire il possesso della cosa
di cui ha l'usufrutto, salvo quanto è disposto dall'art. 1002.
Art. 983 Accessioni
L'usufrutto si estende a tutte le accessioni della cosa (817 e seguenti,
934 e seguenti).
Se il proprietario dopo l'inizio dell'usufrutto, con il consenso dell'usufruttuario,
ha fatto nel fondo costruzioni o piantagioni, l'usufruttuario è
tenuto a corrispondere gli interessi (1284) sulle somme impiegate. La norma
si applica anche nel caso in cui le costruzioni o piantagioni sono state
fatte per disposizione della pubblica autorità.
Art. 984 Frutti
I frutti naturali e i frutti civili spettano all'usufruttuario per
la durata del suo diritto (820 s )
Se il proprietario e l'usufruttuario si succedono nel godimento della
cosa entro l'anno agrario o nel corso di un periodo produttivo di maggiore
durata, l'insieme di tutti i frutti si ripartisce fra l'uno e l'altro in
proporzione della durata del rispettivo diritto nel periodo stesso (199;
att. 150).
Le spese per la produzione e il raccolto sono a carico del proprietario
e dell'usufruttuario nella proporzione indicata dal comma precedente ed
entro i limiti del valore dei frutti (821).
Art. 985 Miglioramenti
L'usufruttuario ha diritto a un'indennità per i miglioramenti
che sussistono al momento della restituzione della cosa (att. 157).
L'indennità si deve corrispondere nella minor somma tra l'importo
della spesa e l'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei
miglioramenti.
L'autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può
disporre che il pagamento della indennità prevista dai commi precedenti
sia fatto ratealmente, imponendo in questo caso idonea garanzia (1179,
Cod. Proc. Civ. 119).
Art. 986 Addizioni
L'usufruttuario può eseguire addizioni che non alterino la destinazione
economica della cosa.
Egli ha diritto di toglierle alla fine dell'usufrutto, qualora ciò
possa farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca
ritenere le addizioni stesse. In questo caso deve essere corrisposta all'usufruttuario
un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della spesa e il
valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
Se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e
costituiscono miglioramento di essa si applicano le disposizioni relative
ai miglioramenti (att. 157).
Art. 987 Miniere, cave e torbiere
L'usufruttuario gode delle cave e torbiere (826) già aperte
e in esercizio all'inizio dell'usufrutto. Non ha facoltà di aprirne
altre senza il consenso del proprietario.
Per le ricerche e le coltivazioni minerarie, di cui abbia ottenuto
il permesso, l'usufruttuario deve indennizzare il proprietario dei danni
che saranno accertati alla fine dell'usufrutto.
Se il permesso è stato ottenuto dal proprietario o da un terzo,
questi devono al: l'usufruttuario un'indennità corrispondente al
diminuito godimento del fondo durante l'usufrutto.
Art. 988 Tesoro
Il diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra
durante l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come ritrovatore
(932).
Art. 989 Boschi, filari e alberi sparsi di alto fusto
Se nell'usufrutto sono compresi boschi o filari cedui ovvero boschi
o filari di alto fusto destinati alla produzione di legna, l'usufruttuario
può procedere ai tagli ordinari, curando il mantenimento dell'originaria
consistenza dei boschi o dei filari e provvedendo, se occorre, alla loro
ricostituzione.
Circa il modo, l'estensione, l'ordine e l'epoca dei tagli, l'usufruttuario
è tenuto a uniformarsi, oltre che alle leggi e ai regolamenti forestali,
alla pratica costante della regione.
Le stesse regole si applicano agli alberi di alto fusto sparsi per
la campagna, destinati ad essere tagliati.
Art. 990 Alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti
Gli alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti per accidente spettano
al proprietario. L'usufruttuario può servirsi di essi soltanto per
le riparazioni che sono a suo carico.
Art. 991 Alberi fruttiferi
Gli alberi fruttiferi che periscono e quelli divelti o spezzati per
accidente appartengono all'usufruttuario, ma questi ha l'obbligo di sostituirne
altri.
Art. 992 Pali per vigne e per altre coltivazioni
L'usufruttuario può prendere nei boschi i pali occorrenti per
le vigne e per le altre coltivazioni che ne abbisognano, osservando sempre
la pratica costante della regione.
Art. 993 Semenzai
L'usufruttuario può servirsi dei piantoni dei semenzai, ma deve
osservare la pratica costante della regione per il tempo e il modo della
estrazione e per la rimessa dei virgulti.
Art. 994 Perimento delle mandrie o dei greggi
Se l'usufrutto e stabilito sopra una mandria o un gregge, l'usufruttuario
e tenuto a surrogare gli animali periti, fino alla concorrente quantità
dei nati, dopo che la mandria o il gregge ha cominciato ad essere mancante
del numero primitivo.
Se la mandria o il gregge perisce interamente per causa non imputabile
all'usufruttuario, questi non è obbligato verso il proprietario
che a rendere conto delle pelli o del loro valore.
Art. 995 Cose consumabili
Se l'usufrutto comprende cose consumabili (7502), l'usufruttuario ha
diritto di servirsene e ha l'obbligo di pagarne il valore al termine dell'usufrutto
secondo la stima convenuta.
Mancando la stima, e in facoltà dell'usufruttuario di pagare
le cose secondo il valore che hanno al tempo in cui finisce l'usufrutto
o di restituirne altre in eguale qualità e quantità (1258).
Art. 996 Cose deteriorabili
Se l'usufrutto comprende cose che, senza consumarsi in un tratto, si
deteriorano a poco a poco, l'usufruttuario ha diritto di servirsene secondo
l'uso al quale sono destinate, e alla fine dell'usufrutto e soltanto tenuto
a restituirle nello stato in cui si trovano.
Art. 997 Impianti, opifici e macchinari
Se l'usufrutto comprende impianti, opifici o macchinari che hanno una
destinazione produttiva, l'usufruttuario è tenuto a riparare e a
sostituire durante l'usufrutto le parti che si logorano, in modo da assicurare
il regolare funzionamento delle cose suddette. Se l'usufruttuario ha sopportato
spese che eccedono quelle delle ordinarie riparazioni (1004), il proprietario,
al termine dell'usufrutto, è tenuto a corrispondergli una congrua
indennità (2651).
Art. 998 Scorte vive e morte
Le scorte vive e morte di un fondo devono essere restituite in eguale
quantità e qualità. L'eccedenza o la deficienza di esse deve
essere regolata in danaro, secondo il loro valore al termine dell'usufrutto.
Art. 999 Locazioni concluse dall'usufruttuario
Le locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione
dell'usufrutto, purché constino da atto pubblico (2699) o da scrittura
privata di data certa (2704) anteriore, continuano per la durata stabilita
(1599), ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto.
Se la cessazione dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine
stabilito, le locazioni non durano in ogni caso se non per l'anno e, trattandosi
di fondi rustici dei quali il principale raccolto è biennale o triennale,
se non per il biennio o triennio che si trova in corso al tempo in cui
cessa l'usufrutto (att. 51).
Art. 1000 Riscossione di capitali
Per la riscossione di somme che rappresentano un capitale gravato d'usufrutto
(1998), è necessario il concorso del titolare del credito e dell'usufruttuario.
Il pagamento fatto a uno solo di essi non è opponibile all'altro,
salve in ogni caso le norme relative alla cessione dei crediti (260 e seguenti).
Il capitale riscosso dev'essere investito in modo fruttifero e su di
esso si trasferisce l'usufrutto. Se le parti non sono d'accordo sul modo
d'investimento, provvede l'autorità giudiziaria (1998).
Sezione III
Degli obblighi nascenti dall'usufrutto
Art. 1001 Obbligo di restituzione. Misura della diligenza
L'usufruttuario deve restituire le cose che formano oggetto del suo
diritto, al termine dell'usufrutto, salvo quanto è disposto dall'art.
995 (2930).
Nel godimento della cosa egli deve usare la diligenza del buon padre
di famiglia (1176).
Art. 1002 Inventario e garanzia
L'usufruttuario prende le cose nello stato in cui si trovano (982).
Egli è tenuto a fare a sue spese l'inventario dei beni, previo
avviso al proprietario (Cod. Proc. Civ. 769). Quando l'usufruttuario è
dispensato dal fare l'inventario, questo può essere richiesto dal
proprietario a sue spese.
L'usufruttuario deve inoltre dare idonea garanzia (1179). Dalla prestazione
della garanzia sono dispensati i genitori che hanno l'usufrutto legale
sui beni dei loro figli minori (324). Sono anche dispensati il venditore
e il donante con riserva d'usufrutto (796); ma, qualora questi cedano l'usufrutto,
il cessionario è tenuto a prestare garanzia.
L'usufruttuario non può conseguire il possesso dei beni (982)
prima di aver adempiuto gli obblighi su indicati.
Art. 1003 Mancanza o insufficienza della garanzia
Se l'usufruttuario non presta la garanzia a cui e tenuto, si osservano
le disposizioni seguenti:
gli immobili sono locati o messi sotto amministrazione, salva la facoltà
all'usufruttuario di farsi assegnare per propria abitazione una casa compresa
nell'usufrutto. L'amministrazione è affidata, con il consenso dell'usufruttuario,
al proprietario o altrimenti a un terzo scelto di comune accordo tra proprietario
e usufruttuario o, in mancanza di tale accordo, nominato dall'autorità
giudiziaria (att. 59);
il danaro è collocato a interesse (1000-2);
i titoli al portatore si convertono in nominativi a favore del proprietario
con il vincolo dell'usufrutto, ovvero si depositano presso una terza persona,
scelta dalle parti, o presso un istituto di credito, la cui designazione,
in caso di dissenso, e fatta dall'autorità giudiziaria;
le derrate sono vendute e il loro prezzo è parimenti collocato
a interesse (1000-2).
In questi casi appartengono all'usufruttuario gli interessi dei capitali,
le rendite, le pigioni e i fitti.
Se si tratta di mobili i quali si deteriorano con l'uso, il proprietario
può chiedere che siano venduti e ne sia impiegato il prezzo come
quello delle derrate. L'usufruttuario può nondimeno domandare che
gli siano lasciati i mobili necessari per il proprio uso.
Art. 1004 Spese a carico dell'usufruttuario
Le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione
e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell'usufruttuario.
Sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie
dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione.
Art. 1005 Riparazioni straordinarie
Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.
Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità
dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento,
per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti,
muri di sostegno o di cinta.
L'usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto,
l'interesse (1284) delle somme spese per le riparazioni straordinarie.
Art. 1006 Rifiuto del proprietario alle riparazioni
Se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste a suo carico
o ne ritarda l'esecuzione senza giusto motivo, e in facoltà dell'usufruttuario
di farle eseguire a proprie spese. Le spese devono essere rimborsate alla
fine dell'usufrutto senza interesse. A garanzia del rimborso l'usufruttuario
ha diritto di ritenere l'immobile riparato (2756; att. 152).
Art. 1007 Rovina parziale di edificio accessorio
Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel
caso in cui, per vetusta o caso fortuito, rovini soltanto in parte l'edificio
che formava accessorio necessario del fondo soggetto a usufrutto.
Art. 1008 Imposte e altri pesi a carico del l'usufruttuario
L'usufruttuario è tenuto per la durata del suo diritto, ai carichi
annuali, come le imposte, i canoni, le rendite fondiarie e gli altri pesi
che gravano sul reddito.
Per l'anno in corso al principio e alla fine dell'usufrutto questi
carichi si ripartiscono tra il proprietario e l'usufruttuario in proporzione
della durata del rispettivo diritto (984).
Art. 1009 Imposte e altri pesi a carico del proprietario
Al pagamento dei carichi imposti sulla proprietà durante l'usufrutto,
salvo diverse disposizioni di legge, è tenuto il proprietario, ma
l'usufruttuario gli deve corrispondere l'interesse (1284) della somma pagata.
Se l'usufruttuario ne anticipa il pagamento, ha diritto di essere rimborsato
del capitale alla fine dell'usufrutto.
Art. 1010 Passività gravanti su eredità in usufrutto
L'usufruttuario di un'eredità o di una quota di eredità
(588) è obbligato a pagare per intero, o in proporzione della quota,
le annualità e gli interessi dei debiti o dei legati da cui l'eredità
stessa sia gravata.
Per il pagamento del capitale dei debiti o dei legati, che si renda
necessario durante l'usufrutto, e in facoltà dell'usufruttuario
di fornire la somma occorrente, che gli deve essere rimborsata senza interesse
alla fine dell'usufrutto.
Se l'usufruttuario non può o non vuole fare questa anticipazione,
il proprietario può pagare tale somma, sulla quale l'usufruttuario
deve corrispondergli l'interesse (1284) durante l'usufrutto, o può
vendere una porzione dei beni soggetti all'usufrutto fino alla concorrenza
della somma dovuta.
Se per il pagamento dei debiti si rende necessaria la vendita dei beni,
questa è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario, salvo
ricorso all'autorità giudiziaria in caso di dissenso. L'espropriazione
forzata deve seguire contro ambedue.
Art. 1011 Ritenzione per le somme anticipate
Nelle ipotesi contemplate dal secondo comma dell'art. 1009 e dal secondo
comma dell'art. 1010, l'usufruttuario ha diritto di ritenzione sui beni
che sono in suo possesso fino alla concorrenza della somma a lui dovuta
(att. 152).
Art. 1012 Usurpazioni durante l'usufrutto e azioni relative alle servitù
Se durante l'usufrutto un terzo commette usurpazione sul fondo o altrimenti
offende le ragioni del proprietario, l'usufruttuario e tenuto a fargliene
denunzia e, omettendola, è responsabile dei danni che eventualmente
siano derivati al proprietario.
L'usufruttuario può far riconoscere (2653) l'esistenza delle
servitù a favore del fondo (1079) o l'inesistenza di quelle che
si pretende di esercitare sul fondo medesimo (949); egli deve in questi
casi chiamare in giudizio il proprietario (Cod. Proc. Civ. 102).
Art. 1013 Spese per le liti
Le spese delle liti che riguardano tanto la proprietà quanto
l'usufrutto sono sopportate dal proprietario e dall'usufruttuario in proporzione
del rispettivo interesse.
Sezione IV
Estinzione e modificazioni dell'usufrutto
Art. 1014 Estinzione dell'usufrutto
Oltre quanto è stabilito dall'art. 979 (328), l'usufrutto si
estingue:
per prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni (2934
e seguenti);
per la riunione dell'usufrutto e della proprietà nella stessa
persona (2814);
per il totale perimento della cosa su cui è costituito (1016
e seguenti).
Art. 1015 Abusi dell'usufruttuario
L'usufrutto può anche cessare per l'abuso (2561, 2814) che faccia
l'usufruttuario del suo diritto alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli
andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni (1004).
L'autorità giudiziaria può, secondo le circostanze, ordinare
che l'usufruttuario dia garanzia, qualora ne sia esente, o che i beni siano
locati o posti sotto amministrazione a spese di lui, o anche dati in possesso
al proprietario con l'obbligo di pagare annualmente all'usufruttuario,
durante l'usufrutto, una somma determinata.
I creditori dell'usufruttuario possono intervenire nel giudizio per
conservare le loro ragioni, offrire il risarcimento dei danni e dare garanzia
per l'avvenire (2900).
Art. 1016 Perimento parziale della cosa
Se una sola parte della cosa soggetta all'usufrutto perisce, l'usufrutto
si conserva sopra ciò che rimane.
Art. 1017 Perimento della cosa per colpa o dolo di terzi
Se il perimento della cosa non è conseguenza di caso fortuito,
l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dal responsabile
del danno.
Art. 1018 Perimento dell'edificio
Se l'usufrutto è stabilito sopra un fondo, del quale fa parte
un edificio, e questo viene in qualsiasi modo a perire, l'usufruttuario
ha diritto di godere dell'area e dei materiali.
La stessa disposizione si applica se l'usufrutto e stabilito soltanto
sopra un edificio. In tal caso, però, il proprietario, se intende
costruire un altro edificio, ha il diritto di occupare l'area e di valersi
dei materiali, pagando all'usufruttuario, durante l'usufrutto, gli interessi
(1284) sulla somma corrispondente al valore dell'area e dei materiali.
Art. 1019 Perimento di cosa assicurata dall'usufruttuario
Se l'usufruttuario ha provveduto all'assicurazione della cosa o al
pagamento dei premi per la cosa già assicurata, l'usufrutto si trasferisce
sull'indennità dovuta dall'assicuratore.
Se è perito un edificio e il proprietario intende di ricostruirlo
con la somma conseguita come indennità, l'usufruttuario non può
opporsi. L'usufrutto in questo caso si trasferisce sull'edificio ricostruito.
Se però la somma impiegata nella ricostruzione è maggiore
di quella spettante in usufrutto, il diritto dell'usufruttuario sul nuovo
edificio è limitato in proporzione di quest'ultima.
Art. 1020 Requisizione o espropriazione
Se la cosa è requisita o espropriata per pubblico interesse,
l'usufrutto si trasferisce sull'indennità relativa (1000).
Capo II
Dell'uso e dell'abitazione
Art. 1021 Uso
Chi ha il diritto d'uso di una cosa, può servirsi di essa e,
se è fruttifera, può raccogliere i frutti (821) per quanto
occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia (1023 e seguenti, 1100).
I bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare
del diritto.
Art. 1022 Abitazione
Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente
ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Art. 1023 Ambito della famiglia
Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è
cominciato il diritto d'uso o d'abitazione, quantunque nel tempo in cui
il diritto e sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono
inoltre i figli adottivi (291 e seguenti), i figli naturali riconosciuti
(250 e seguenti) e gli affiliati (404 e seguenti), anche se l'adozione,
il riconoscimento o l'affiliazione sono seguiti dopo che il diritto era
già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il
titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi
(att. 153).
Art. 1024 Divieto di cessione
I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere (853) o dare
in locazione.
Art. 1025 Obblighi inerenti all'uso e all'abitazione
Chi ha l'uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il
diritto di abitazione e occupa tutta la casa e tenuto alle spese di coltura,
alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l'usufruttuario
(1004 e seguenti).
Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte
della casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.
Art. 1026 Applicabilità delle norme sull'usufrutto
Le disposizioni relative all'usufrutto (978 e seguenti) si applicano,
in quanto compatibili, all'uso e all'abitazione.
Titolo VI
Delle servitù prediali
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1027 Contenuto del diritto
La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo
per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario
(1072, 1100).
Art. 1028 Nozione dell'utilità
L'utilità può consistere anche nella maggiore comodità
o amenità del fondo dominante. Può del pari essere inerente
alla destinazione industriale del fondo (1073 e seguente).
Art. 1029 Servitù per vantaggio futuro
E' ammessa la costituzione di una servitù per assicurare a un
fondo un vantaggio futuro.
E' ammessa altresì a favore o a carico di un edificio da costruire
o di un fondo da acquistare, ma in questo caso la costituzione non ha effetto
se non dal giorno in cui l'edificio è costruito o il fondo è
acquistato (1472).
Art. 1030 Prestazioni accessorie
Il proprietario del fondo servente non e tenuto a compiere alcun atto
per rendere possibile l'esercizio della servitù da parte del titolare,
salvo che la legge o il Titolo disponga altrimenti (1069 e seguente, 1090
e seguente).
Art. 1031 Costituzione delle servitù
Le servitù prediali possono essere costituite coattivamente
(853, 1032 e seguenti) o volontariamente (1058 e seguenti). Possono anche
essere costituite per usucapione o per destinazione del padre di famiglia
(1061 e seguente).
Capo II
Delle servitù coattive
Art. 1032 Modi di costituzione
Quando, in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di
ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di
una servitù, questa, in mancanza di contratto, e costituita con
sentenza (2908, 2643 n. 14, 2932). Può anche essere costituita con
atto dell'autorità amministrativa nei casi specialmente determinati
dalla legge (853 e seguenti).
La sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina
l'indennità dovuta.
Prima del pagamento della indennità il proprietario del fondo
servente può opporsi all'esercizio della servitù.
Sezione I
Dell'acquedotto e dello scarico coattivo
Art. 1033 Obbligo di dare passaggio alle acque
Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle
acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche
solo temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita
o per usi agrari o industriali.
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini
e le aie ad esse attinenti.
Art. 1034 Apertura di nuovo acquedotto
Chi ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire
il necessario acquedotto, ma non può far defluire le acque negli
acquedotti già esistenti e destinati al corso di altre acque.
Il proprietario del fondo soggetto alla servitù può tuttavia
impedire la costruzione, consentendo il passaggio nei propri acquedotti
già esistenti, qualora ciò non rechi notevole pregiudizio
alla condotta che si domanda. In tal caso al proprietario dell'acquedotto
è dovuta un'indennità da determinarsi avuto riguardo all'acqua
che s'introduce, al valore dell'acquedotto, alle opere che si rendono necessarie
per il nuovo passaggio e alle maggiori spese di manutenzione.
La facoltà indicata dal comma precedente non è consentita
al proprietario del fondo servente nei confronti della pubblica amministrazione.
Art. 1035 Attraversamento di acquedotti
Chi vuol condurre l'acqua per il fondo altrui può attraversare
al di sopra o al di sotto gli acquedotti preesistenti, appartengano essi
al proprietario del fondo o ad altri, purché esegua le opere necessarie
a impedire ogni danno o alterazione degli acquedotti stessi (1090).
Art. 1036 Attraversamento di fiumi o di strade
Se per la condotta delle acque occorre attraversare strade pubbliche
o corsi di acque pubbliche, si osservano le leggi e i regolamenti sulle
strade e sulle acque.
Art. 1037 Condizioni per la costituzione della servitù
Chi vuol far passare le acque sul fondo altrui deve dimostrare che
può disporre dell'acqua durante il tempo per cui chiede il passaggio;
che la medesima è sufficiente per l'uso al quale si vuol destinare;
che il passaggio richiesto e il più conveniente e il meno pregiudizievole
al fondo servente, avuto riguardo alle condizioni dei fondi vicini, al
pendio e alle altre condizioni per la condotta, per il corso e lo sbocco
delle acque.
Art. 1038 Indennità per l'imposizione della servitù
Prima di imprendere la costruzione dell'acquedotto, chi vuol condurre
acqua per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la stima, dei
terreni da occupare, senza detrazione delle imposte e degli altri carichi
inerenti al fondo, oltre l'indennità per i danni, ivi compresi quelli
derivanti dalla separazione in due o più parti o da altro deterioramento
del fondo da intersecare.
Per i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito
delle materie estratte e per il getto dello spurgo non si deve pagare che
la metà del valore del suolo, e sempre senza detrazione delle imposte
e degli altri incarichi inerenti; ma nei terreni medesimi il proprietario
del fondo servente può fare piantagioni e rimuovere e trasportare
le materie ammucchiate, purché tutto segua senza danno all'acquedotto,
del suo spurgo e della sua riparazione.
Art. 1039 Indennità per il passaggio temporaneo
Qualora il passaggio delle acque sia domandato per un tempo non maggiore
di nove anni, il pagamento dei valori e delle indennità indicati
dall'articolo precedente è ristretto alla sola metà, ma con
l'obbligo, scaduto il termine, di rimettere le cose nel primitivo stato.
Il passaggio temporaneo può essere reso perpetuo prima della
scadenza del termine mediante il pagamento dell'altra metà con gli
interessi legali (1284) dal giorno in cui il passaggio è stato praticato;
scaduto il termine, non si tiene più conto di ciò che è
stato pagato per la concessione temporanea.
Art. 1040 Uso dell'acquedotto
Chi possiede un acquedotto nel fondo altrui non può immettervi
maggiore quantità d'acqua, se l'acquedotto non ne è capace
o ne può venir danno al fondo servente.
Se l'introduzione di una maggior quantità d'acqua esige nuove
opere, queste non possono farsi, se prima non se ne determinano la natura
e la qualità e non si paga la somma dovuta per il suolo da occupare
e per i danni nel modo stabilito dall'art. 1038.
La stessa disposizione si applica anche quando per il passaggio attraverso
un acquedotto occorre sostituire una tomba a un ponte canale o viceversa.
Art. 1041 Letto dell'acquedotto
E' sempre in facoltà del proprietario del fondo servente di
far determinare stabilmente il letto dell'acquedotto con l'apposizione
di capisaldi o soglie da riportarsi a punti fissi. Se però di tale
facoltà egli non ha fatto uso al tempo della concessione dell'acquedotto,
deve sopportare la metà delle spese occorrenti.
Art. 1042 Obblighi inerenti all'uso di corsi contigui a fondi altrui
Se un corso d'acqua impedisce ai proprietari dei fondi contigui l'accesso
ai medesimi, o la continuazione dell'irrigazione o dello scolo delle acque,
coloro che si servono di quel corso sono obbligati, in proporzione del
beneficio che ne ritraggono, a costruire e a mantenere i ponti e i loro
accessi sufficienti per un comodo e sicuro transito, come pure le botti
sotterranee, i ponti-canali o altre opere simili per continuare l'irrigazione
o lo scolo, salvi i diritti derivanti dal Titolo o dall'usucapione.
Art. 1043 Scarico coattivo
Le disposizioni contenute negli articoli precedenti per il passaggio
delle acque si applicano anche se il passaggio e domandato al fine di scaricare
acque sovrabbondanti che il vicino non consente di ricevere nel suo fondo.
Lo scarico può essere anche domandato per acque impure, purché
siano adottate le precauzioni atte a evitare qualsiasi pregiudizio o molestia.
Art. 1044 Bonifica
Ferme le disposizioni delle leggi sulla bonifica e sul vincolo forestale,
il proprietario che intende prosciugare o bonificare le sue terre con fognature,
con colmate o altri mezzi ha diritto, premesso il pagamento dell'indennità
e col minor danno possibile, di condurre per fogne o per fossi le acque
di scolo attraverso i fondi che separano le sue terre da un corso d'acqua
o da qualunque altro colatoio.
Se il prosciugamento risulta in contrasto con gli interessi di coloro
che utilizzano le acque provenienti dal fondo paludoso, e se gli opposti
interessi non si possono conciliare con opportune opere che importino una
spesa proporzionata allo scopo, l'autorità giudiziaria dà
le disposizioni per assicurare l'interesse prevalente, avuto in ogni caso
riguardo alle esigenze generali della produzione. Se si fa luogo al prosciugamento,
può essere assegnata una congrua indennità a coloro che al
prosciugamento si sono opposti.
Art. 1045 Utilizzazione di fogne o di fossi altrui
I proprietari dei fondi attraversati da fogne o da fosse altrui, o
che altrimenti possono approfittare dei lavori fatti in. forza dell'articolo
precedente, hanno facoltà di servirsene per risanare i loro fondi,
a condizione che non ne venga danno ai fondi già risanati e che
essi sopportino le nuove spese occorrenti per modificare le opere già
eseguite, affinche queste siano in grado di servire anche ai fondi attraversati,
e inoltre sopportino una parte proporzionale delle spese già fatte
e di quelle richieste per il mantenimento delle opere, le quali divengono
comuni.
Art. 1046 Norme per l'esecuzione delle opere
Nell'esecuzione delle opere indicate dagli articoli precedenti sono
applicabili le disposizioni del secondo comma dell'art. 1033 e degli artt.
1035 e 1036.
Sezione II
Dell'appoggio e dell'infissione di chiusa
Art. 1047 Contenuto della servitù
Chi ha diritto di derivare acque da fiumi, torrenti, rivi, canali,
laghi o serbatoi può, qualora sia necessario, appoggiare o infiggere
una chiusa alle sponde, con l'obbligo però di pagare la indennità
e di fare e mantenere le opere atte ad assicurare i fondi da ogni danno
(1032).
Art. 1048 Obblighi degli utenti
Nella derivazione e nell'uso delle acque a norma del precedente articolo,
deve evitarsi tra gli utenti superiori e gli inferiori ogni vicendevole
pregiudizio che possa provenire dallo stagnamento, dal rigurgito o dalla
diversione delle acque medesime.
Sezione III
Della somministrazione coattiva di acqua a un edificio o a un fondo
Art. 1049 Somministrazione di acqua a un edificio
Se a una casa o alle sue dipendenze manca l'acqua necessaria per l'alimentazione
degli uomini o degli animali e per gli altri usi domestici, e non è
possibile procurarla senza eccessivo dispendio, il proprietario del fondo
vicino deve (1032) consentire che sia dedotta l'acqua di sopravanzo nella
misura indispensabile per le necessità anzidette.
Prima che siano iniziati i lavori, deve pagarsi il valore dell'acqua,
che si chiede di dedurre, calcolato per un'annualità. Si devono
altresì sostenere tutte le spese per le opere di presa e di derivazione.
Si applicano inoltre le disposizioni del primo comma dell'art. 1038.
In mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità
della derivazione e l'indennità dovuta (2908, 2932).
Qualora si verifichi un mutamento nelle condizioni originarie, la derivazione
può essere soppressa su istanza dell'una o dell'altra parte.
Art. 1050 Somministrazione di acqua a un fondo
Le norme stabilite dall'articolo precedente si applicano anche se il
proprietario di un fondo non ha acqua per irrigarlo, quando le acque del
fondo vicino consentono una parziale somministrazione, dopo soddisfatto
ogni bisogno domestico, agricolo o industriale.
Le disposizioni di questo articolo e del precedente non si applicano
nel caso in cui delle acque si dispone in forza di concessione amministrativa.
Sezione IV
Del passaggio coattivo
Art. 1051 Passaggio coattivo
Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui,
e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela
senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto (1032) di ottenere il passaggio
sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Il passaggio si deve stabilire (1350) in quella parte in cui l'accesso
alla via pubblica e più breve e riesce di minore danno al fondo
sul quale è consentito. Esso può essere stabilito anche mediante
sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio
del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo
un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo
per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica.
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini
e le aie ad esse attinenti.
Art. 1052 Passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso
Le disposizioni dell'articolo precedente si possono applicare anche
se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo
è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può
essere ampliato.
Il passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria
(2908) solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze
dell'agricoltura o della industria.
Art. 1053 Indennità
Nei casi previsti dai due articoli precedenti e dovuta un'indennità
proporzionata al danno cagionato dal passaggio.
Qualora, per attuare il passaggio, sia necessario occupare con opere
stabili o lasciare incolta una zona del fondo servente, il proprietario
che lo domanda deve, prima d'imprendere le opere o d'iniziare il passaggio,
pagare il valore della zona predetta nella misura stabilita dal primo comma
dell'art. 1038.
Art. 1054 Interclusione per effetto di alienazione o di divisione
Se il fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di alienazione
a Titolo oneroso, il proprietario ha diritto di ottenere dall'altro contraente
il passaggio senza alcuna indennità (att. 154).
La stessa norma si applica in caso di divisione (1111).
Art. 1055 Cessazione dell'interclusione
Se il passaggio cessa di essere necessario, può essere soppresso
in qualunque tempo a istanza del proprietario del fondo dominante o del
fondo servente. Quest'ultimo deve restituire il compenso ricevuto; ma l'autorità
giudiziaria può disporre una riduzione della somma, avuto riguardo
alla durata della servitù e al danno sofferto. Se l'indennità
fu convenuta in annualità, la prestazione cessa dall'anno successivo.
Sezione V
Dell'elettrodotto coattivo e del passaggio coattivo di linee teleferiche
Art. 1056 Passaggio di condutture elettriche
Ogni proprietario è tenuto (2908) a dare passaggio per i suoi
fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia.
Art. 1057 Passaggio di vie funicolari
Ogni proprietario è parimenti tenuto a lasciar passare sopra
il suo fondo le gomene di vie funicolari aeree a uso agrario o industriale
e a tollerare sul fondo le opere, i meccanismi e le occupazioni necessarie
a tale scopo, in conformità delle leggi in materia.
Capo III
Delle servitù volontarie
Art. 1058 Modi di costituzione
Le servitù prediali possono essere costituite per contratto
(1061, 1321, 1350 n. 4, 2643 n. 4) o per testamento (649 e seguenti, 2648).
Art. 1059 Servitù concessa da uno dei comproprietari
La servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso
non è costituita se non quando gli altri l'hanno anch'essi concessa
unitamente o separatamente (1108).
La concessione, però, fatta da uno dei comproprietari, indipendentemente
dagli altri, obbliga il concedente-e i suoi eredi o aventi causa a non
porre impedimento all'esercizio del diritto concesso.
Art. 1060 Servitù costituite dal nudo proprietario
Il proprietario può, senza il consenso dell'usufruttuario, imporre
sul fondo le servitù che non pregiudicano il diritto di usufrutto
(981, 1078).
Capo IV
Delle servitù acquistate per usucapione e per destinazione del
padre di famiglia
Art. 1061 Servitù non apparenti
Le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione
(1158, att. 158) o per destinazione del padre di famiglia (1062).
Non apparenti sono le servitù quando non si hanno opere visibili
e permanenti destinate al loro esercizio.
Art. 1062 Destinazione del padre di famiglia
La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante
qualunque genere di prova (2697 e seguente), che due fondi, attualmente
divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha
posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.
Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza
alcuna disposizione relativa alla servitù, questa s'intende stabilita
attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.
Capo V
Dell'esercizio delle servitù
Art. 1063 Norme regolatrici
L'estensione e l'esercizio delle servitù sono regolati dal Titolo
e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti.
Art. 1064 Estensione del diritto di servitù
Il diritto di servitù comprende tutto ciò che è
necessario per usarne.
Se il fondo viene chiuso (841), il proprietario deve lasciarne libero
e comodo l'ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda necessario
il passaggio per il fondo stesso.
Art. 1065 Esercizio conforme al Titolo o al possesso
Colui che ha un diritto di servitù non può usarne se
non a norma del suo Titolo o del suo possesso. Nel dubbio circa l'estensione
e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita
in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio
del fondo servente.
Art. 1066 Possesso delle servitù
Nelle questioni di possesso delle servitù si ha riguardo alla
pratica dell'anno antecedente e, se si tratta di servitù esercitate
a intervalli maggiori di un anno, si ha riguardo alla pratica dell'ultimo
godimento.
Art. 1067 Divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù
Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni
che rendano più gravosa la condizione del fondo servente.
Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa
che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più
incomodo.
Art. 1068 Trasferimento della servitù in luogo diverso
Il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio
della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata
stabilita originariamente.
Tuttavia, se l'originario esercizio e divenuto più gravoso per
il fondo servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti,
il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro
fondo un luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi
non può ricusarlo (1350, 2643).
Il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù si può
del pari concedere su istanza (Cod. Proc. Civ. 163) del proprietario del
fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole
vantaggio e non reca danno al fondo servente.
L'autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù
sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di
un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca egualmente
agevole al proprietario del fondo dominante.
Art. 1069 Opere sul fondo servente
Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per
conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano
per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente.
Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito
dal Titolo o dalla legge (1030).
Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono
sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi.
Art. 1070 Abbandono del fondo servente
Il proprietario del fondo servente, quando è tenuto in forza
del Titolo o della legge alle spese necessarie per l'uso o per !a conservazione
della servitù (1030), può sempre liberarsene, rinunziando
alla proprietà del fondo servente a favore del proprietario del
fondo dominante (1350, 2643).
Nel caso in cui l'esercizio della servitù sia limitato a una
parte del fondo, la rinunzia può limitarsi alla parte stessa.
Art. 1071 Divisione del fondo dominante o del fondo servente
Se il fondo dominante viene diviso, la servitù è dovuta
a ciascuna porzione, senza che però si renda più gravosa
la condizione del fondo servente.
Se il fondo servente viene diviso e la servitù ricade su una
parte determinata del fondo stesso, le altre parti sono liberate.
Capo VI
Dell'estinzione delle servitù
Art. 1072 Estinzione per confusione
La servitù si estingue (853, 2812), quando in una sola persona
si riunisce la proprietà del fondo dominante con quella del fondo
servente.
Art. 1073 Estinzione per prescrizione
La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa
per venti anni (2934 e seguenti).
Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla;
ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il
cui esercizio non è necessario il fatto dell'uomo, il termine decorre
dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l'esercizio.
Nelle servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre
dal giorno in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non
ne fu ripreso l'esercizio.
Agli effetti dell'estinzione si computa anche il tempo per il quale
la servitù non fu esercitata dai precedenti titolari.
Se il fondo dominante appartiene a più persone in comune, l'uso
della servitù fatto da una di esse impedisce l'estinzione riguardo
a tutte.
La sospensione o l'interruzione della prescrizione (2941 e seguenti)
a vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri.
Art. 1074 Impossibilità di uso e mancanza di utilità
L'impossibilità di fatto di usare della servitù e il
venir meno dell'utilità della medesima non fanno estinguere la servitù,
se non è decorso il termine indicato dall'articolo precedente.
Art. 1075 Esercizio limitato della servitù
La servitù esercitata in modo da trarne un'utilità minore
di quella indicata dal Titolo si conserva per intero (att. 158).
Art. 1076 Esercizio della servitù non conforme al Titolo o al
possesso
L'esercizio di una servitù in tempo diverso da quello determinato
dal Titolo o dal possesso non ne impedisce l'estinzione per prescrizione.
Art. 1077 Servitù costituite sul fondo enfiteutico
Le servitù costituite dall'enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano
quando l'enfiteusi si estingue per decorso del termine, per prescrizione
o per devoluzione (958, 970, 972).
Art. 1078 Servitù costituite a favore del fondo enfiteutico,
dotale o in usufrutto
Le servitù costituite dall'enfiteuta a favore del fondo enfiteutico
non cessano con l'estinguersi dell'enfiteusi. Lo stesso vale per le servitù
costituite dall'usufruttuario a favore del fondo di cui ha l'usufrutto
o dal marito a favore del fondo dotale (166 bis).
Capo VII
Delle azioni a difesa delle servitù
Art. 1079 Accertamento della servitù e altri provvedimenti di
tutela
Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio
l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio (949) e può far cessare
gli eventuali impedimenti e turbative (1168 e seguenti). Può anche
chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre il risarcimento dei
danni (2933).
Capo VIII
Di alcune servitù in materia di acque
Sezione I
Della servitù di presa o di derivazione di acqua
Art. 1080 Presa d'acqua continua
Il diritto alla presa d'acqua continua si può esercitare in
ogni istante.
Art. 1081 Modulo d'acqua
Nelle servitù in cui è convenuta ed espressa una costante
quantità di acqua, la quantità deve esprimersi in relazione
al modulo.
Il modulo è l'unità di misura dell'acqua corrente.
Esso è un corpo d'acqua che scorre nella costante quantità
di cento litri al minuto secondo e si divide in decimi, centesimi e millesimi.
Art. 1082 Forma della bocca e dell'edificio derivatore
Quando, per la derivazione di una data e costante quantità di
acqua corrente, è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio
derivatore, le parti non possono chiederne la modificazione per eccedenza
o deficienza d'acqua, salvo che l'eccedenza o la deficienza provenga da
variazioni seguite nel canale dispensatore o nel corso delle acque in esso
correnti.
Se la forma non è stata determinata, ma la bocca e l'edificio
derivatore sono stati costruiti e posseduti per cinque anni, non è
neppure ammesso dopo tale tempo alcun reclamo delle parti per eccedenza
o deficienza d'acqua, salvo nel caso di variazione seguita nel canale o
nel corso delle acque.
In mancanza di Titolo o di possesso, la forma è determinata
dall'autorità giudiziaria.
Art. 1083 Determinazione della quantità d'acqua
Quando la quantità d'acqua non è stata determinata, ma
la derivazione è stata fatta per un dato scopo, s'intende concessa
la quantità necessaria per lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse
può in ogni tempo fare stabilire la forma della derivazione in modo
che ne venga assicurato l'uso necessario e impedito l'eccesso.
Se però è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio
derivatore, o se, in mancanza di titolo, si e posseduta per cinque anni
la derivazione in una data forma, non è ammesso reclamo delle parti,
se non nel caso indicato dall'articolo precedente.
Art. 1084 Norme regolatrici della servitù
Per l'esercizio della servitù di presa d'acqua, quando non dispone
il Titolo o non è possibile riferirsi al possesso (1066), si osservano
gli usi locali.
In mancanza di tali usi si osservano le disposizioni dei tre articoli
seguenti.
Art. 1085 Tempo d'esercizio della servitù
Il diritto alla presa d'acqua si esercita, per l'acqua estiva, dall'equinozio
di primavera a quello d'autunno; per l'acqua iemale, dall'equinozio di
autunno a quello di primavera.
La distribuzione d'acqua per giorni e per notti si riferisce al giorno
e alla notte naturali.
L'uso delle acque nei giorni festivi è regolato dalle feste
di precetto vigenti al tempo in cui l'uso fu convenuto o in cui si è
incominciato a possedere.
Art. 1086 Distribuzione per ruota
Nelle distribuzioni per ruota il tempo che impiega l'acqua per giungere
alla bocca di derivazione dell'utente si consuma a suo carico, e la coda
dell'acqua appartiene a quello di cui cessa il turno.
Art. 1087 Acque sorgenti o sfuggite
Nei canali soggetti a distribuzioni per ruota le acque sorgenti o sfuggite,
ma contenute nell'alveo del canale, non possono trattenersi o derivarsi
da un utente che al tempo del suo turno.
Art. 1088 Variazione del turno tra gli utenti
Gli utenti dei medesimi canali possono variare o permutare tra loro
il turno, purché tale cambiamento non rechi danno agli altri.
Art. 1089 Acqua impiegata come forza motrice
Chi ha diritto di servirsi dell'acqua come forza motrice non può,
senza espressa disposizione del titolo, impedirne o rallentarne il corso,
procurandone il ribocco o ristagno.
Art. 1090 Manutenzione del canale
Nella servitù di presa o di condotta d'acqua, quando il Titolo
non dispone altrimenti, il proprietario del fondo servente può domandare
che il canale sia mantenuto convenientemente spurgato e le sue sponde siano
tenute in istato di buona manutenzione a spese del proprietario del fondo
dominante (1030).
Art. 1091 Obblighi del concedente fino al luogo di consegna dell'acqua
Se il Titolo non dispone diversamente, il concedente dell'acqua di
una fonte o di un canale è tenuto verso gli utenti a eseguire le
opere ordinarie e straordinarie per la derivazione e condotta dell'acqua
fino al punto in cui ne fa la consegna, a mantenere in buono stato gli
edifici, a conservare l'alveo e le sponde della fonte o del canale, a praticare
i consueti spurghi e a usare la dovuta diligenza, affinché la derivazione
e la regolare condotta dell'acqua siano in tempi debiti effettuate.
Art. 1092 Deficienza dell'acqua
La deficienza dell'acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di
prenderla e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica.
Tra diversi utenti la deficienza dell'acqua deve essere sopportata
prima da quelli che hanno Titolo o possesso più recente, e tra utenti
in parità di condizione dall'ultimo utente.
Tuttavia l'autorità giudiziaria, con provvedimento in camera
di consiglio, sentiti gli uffici tecnici competenti (att. 60), può
modificare o limitare i turni di utilizzazione e dare le altre disposizioni
necessarie in relazione alla quantità di acqua disponibile, agli
usi e alle colture a cui l'acqua è destinata.
Il concedente dell'acqua è tenuto a una proporzionale diminuzione
del corrispettivo per la deficienza dell'acqua verificatasi per causa naturale
o per fatto altrui. Parimenti si fa luogo alle dovute indennità
in conseguenza delle modificazioni o limitazioni di turni, che siano state
disposte dall'autorità giudiziaria.
Art. 1093 Riduzione della servitù
Se la servitù dà diritto di derivare acqua da un fondo
e per fatti indipendenti dalla volontà del proprietario si verifica
una diminuzione dell'acqua tale che essa non possa bastare alle esigenze
del fondo servente, il proprietario di questo può chiedere una riduzione
della servitù, avuto riguardo ai bisogni di ciascun fondo. In questo
caso e dovuta una congrua indennità al proprietario del fondo dominante.
Sezione II
Della servitù degli scoli e degli avanzi di acqua
Art. 1094 Servitù attiva degli scoli
Gli scoli o acque colaticce derivanti dall'altrui fondo possono costituire
oggetto di servitù a favore del fondo che li riceve, all'effetto
di impedire la loro diversione.
Art. 1095 Usucapione della servitù attiva degli scoli
Nella servitù attiva degli scoli il termine per l'usucapione
(1158) comincia a decorrere dal giorno in cui il proprietario del fondo
dominante ha fatto sul fondo servente opere visibili e permanenti (1061)
destinate a raccogliere e condurre i detti scoli a vantaggio del proprio
fondo.
Quando sul fondo servente è aperto un cavo destinato a raccogliere
e condurre gli scoli, il regolare spurgo e la manutenzione delle sponde
fanno presumere che il cavo sia opera del proprietario del fondo dominante,
purché non vi sia titolo, segno o prova in contrario.
Si reputa segno contrario l'esistenza sul cavo di opere costruite o
mantenute dal proprietario del fondo in cui il cavo è aperto.
Art. 1096 Diritti del proprietario del fondo servente
La servitù degli scoli non toglie al proprietario del fondo
servente il diritto di usare liberamente dell'acqua a vantaggio del suo
fondo, di cambiare la coltivazione di questo e di abbandonare in tutto
o in parte l'irrigazione.
Art. 1097 Diritto agli avanzi d'acqua
Quando l'acqua è concessa, riservata o posseduta (1066) per
un determinato uso, con restituzione al concedente o ad altri di ciò
che ne sopravanza, tale uso non può variarsi a danno del fondo a
cui la restituzione e dovuta.
Art. 1098 Divieto di deviare acque di scolo o avanzi d'acqua
Il proprietario del fondo vincolato alla restituzione degli scoli o
degli avanzi d'acqua non può deviarne una parte qualunque adducendo
di avervi introdotto una maggiore quantità di acqua viva o un diverso
corpo ma deve lasciarli discendere nella totalità a favore del fondo
dominante (1069).
Art. 1099 Sostituzione di acqua viva
Il proprietario del fondo soggetto alla servitù degli scoli
o degli avanzi d'acqua può sempre liberarsi da tale servitù
mediante la concessione e l'assicurazione al fondo dominante di un corpo
d'acqua viva, la cui quantità è determinata dall'autorità
giudiziaria, tenuto conto di tutte le circostanze.
Titolo VII
Della comunione
Capo I
Della comunione in generale
Art. 1100 Norme regolatrici
Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a
più persone, se il Titolo o la legge (Cod. Nav. 258 e seguenti,
872 e seguenti) non dispone diversamente, si applicano le norme seguenti
(2711).
Art. 1101 Quote dei partecipanti
Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali.
Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della
comunione, è in proporzione delle rispettive quote.
Art. 1102 Uso della cosa comune
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché
non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di
farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare
a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della
cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa
comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare
il Titolo del suo possesso (1164).
Art. 1103 Disposizioni della quota
Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad
altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le
disposizioni contenute nel Capo IV del Titolo III del libro VI (2825).
Art. 1104 Obblighi dei partecipanti
Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la
conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate
dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà
di liberarsene con la rinunzia al suo diritto (882).
La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato
la spesa.
Il cessionario (1260) del partecipante e tenuto in solido (1292 e seguenti)
con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati.
Art. 1105 Amministrazione
Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione
della cosa comune (1106).
Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza
dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie
per la minoranza dissenziente.
Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede
che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell'oggetto
della deliberazione.
Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione
della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione
adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere
alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio
e può anche nominare un amministratore (872).
Art. 1106 Regolamento della comunione e nomina di amministratore
Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente,
può essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione
e per il miglior godimento della cosa comune.
Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno
o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri
e gli obblighi dell'amministratore.
Art. 1107 Impugnazione del regolamento
Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti
all'autorità giudiziaria il regolamento della comunione entro trenta
giorni (2964) dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti
il termine decorre dal giorno in cui e stata loro comunicata la deliberazione.
L'autorità giudiziaria decide con unica sentenza sulle opposizioni
proposte (1109).
Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento
sia stato impugnato, questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi
causa dai singoli partecipanti.
Art. 1108 Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione
Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti
almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre
tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più
comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino
il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente
gravosa.
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse
di alcuno dei partecipanti.
E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione
o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni
di durata superiore a nove anni.
L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata
dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle
somme mutate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune.
Art. 1109 Impugnazione delle deliberazioni
Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare
davanti all'autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:
nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 1105, se la deliberazione
e gravemente pregiudizievole alla cosa comune;
se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell'art.
1105
se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti
l'ordinaria amministrazione e in contrasto con le norme del primo e del
secondo comma dell'art. 1108 (1137-2).
L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza (2964
e seguenti), entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il
termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione.
In pendenza del giudizio, l'autorità giudiziaria può ordinare
la sospensione del provvedimento deliberato.
Art. 1110 Rimborso di spese
Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti
o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione
della cosa comune, ha diritto al rimborso.
Art. 1111 Scioglimento della comunione
Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento
della comunione (1506); l'autorità giudiziaria può stabilire
una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l'immediato
scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri (717).
Il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci
anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti.
Se e stato stipulato per un termine maggiore di questo si riduce a dieci
anni.
Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria può
ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.
Art. 1112 Cose non soggette a divisione
Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando
si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui
sono destinate.
Art. 1113 Intervento nella divisione e opposizione
I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire
nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione
già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione (2646)
anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento
dell'azione revocatoria o dell'azione surrogatoria (2900 e seguenti).
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione, per
l'effetto indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della
trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale,
prima della trascrizione della relativa domanda.
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia
effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato
diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e
trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione
della domanda di divisione giudiziale (2646, 2685, 2825).
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla
comunione può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente,
eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da Titolo anteriore alla comunione
medesima, ovvero da collazione (737 e seguenti).
Art. 1114 Divisione in natura
La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente
divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti (718 e seguenti).
Art. 1115 Obbligazioni solidali dei partecipanti
Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni
in solido (1292) contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o
scadano entro l'anno dalla domanda di divisione.
La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita
della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si procede alla
vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso accordo tra i
condividenti.
Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto
rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente
al suo diritto verso gli altri condividenti.
Art. 1116 Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria
Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione
dell'eredità (713 e seguenti, 757 e seguenti), in quanto non siano
in contrasto con quelle sopra stabilite.
Capo II
Del condominio negli edifici
Art. 1117 Parti comuni dell'edificio
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi
piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal
titolo:
il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i
tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli,
gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio
necessarie all'uso comune;
i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere, per la lavanderia,
per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi
in comune;
le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono
all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne,
gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti
per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento
e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà
esclusiva dei singoli condomini.
Art. 1118 Diritti dei partecipanti sulle cose comuni
Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente
e proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene,
se il Titolo non dispone altrimenti.
Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette,
sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione (1104).
Art. 1119 Indivisibilità
Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno
che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della
cosa a ciascun condomino.
Art. 1120 Innovazioni
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art.
1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o
all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni (1108).
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita
o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico
o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al
godimento anche di un solo condomino.
Art. 1121 Innovazioni gravose o voluttuarie
Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere
voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio,
e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione
separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati
da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non
è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata
o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi
causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione,
contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.
Art. 1122 Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà,
non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio.
Art. 1123 Ripartizione delle spese
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti
comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune
e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini
in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo
diversa convenzione (1104, att. 68 e seguenti).
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa,
le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può
farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari,
opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato,
le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini
che ne trae utilità (att. 63).
Art. 1124 Manutenzione e ricostruzione delle scale
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani
a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà
in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra
metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo
(att. 68 e seguenti).
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita
in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti,
le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di
proprietà comune.
Art. 1125 Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e
dei solai
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte
e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani
l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano
superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano
inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Art. 1126 Lastrici solari di uso esclusivo
Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è
comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti
a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni
del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio
o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione
del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno (att. 68 e seguenti).
Art. 1127 Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio
Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare
nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo.
La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del
lastrico solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio
non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se
questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce
notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità
pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso
per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo
della quota a lui spettante. Egli e inoltre tenuto a ricostruire il lastrico
solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
Art. 1128 Perimento totale o parziale dell'edificio
Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i
tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere
la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente
convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini
delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell'edificio, e ciascuno
è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti
stesse.
L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti
comuni e destinata alla ricostruzione di queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio
è tenuto a cedere (2932) agli altri condomini i suoi diritti, anche
sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne
sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad
alcuni soltanto dei condomini.
Art. 1129 Nomina e revoca dell'amministratore
Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un
amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità
giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato
in ogni tempo dall'assemblea.
Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria,
su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo
comma dell'art. 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione,
ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità (att. 64).
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore dall'ufficio
sono annotate in apposito registro (att. 71).
Art. 1130 Attribuzioni dell'amministratore
L'amministratore deve: eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei
condomini e curare l'osservanza del regolamento di condominio; disciplinare
l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune,
in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione
ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi
comuni; compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti
comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.
Art. 1131 Rappresentanza
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o
dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea,
l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire
in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente
le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità
amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita
dalle attribuzioni dell'amministratore, questi e tenuto a darne senza indugio
notizia all'assemblea dei condomini.
L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere
revocato (att. 64) ed è tenuto al risarcimento dei danni.
Art. 1132 Dissenso dei condomini rispetto alle liti
Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una
lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto
notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità
in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto
deve essere notificato entro trenta giorni (2964) da quello in cui il condomino
ha avuto notizia della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che
abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino
dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere
nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte
soccombente.
Art. 1133 Provvedimenti presi dall'amministratore
I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri
sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore
e ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità
giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137.
Art. 1134 Spese fatte dal condomino
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione
dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo
che si tratti di spesa urgente (1110).
Art. 1135 Attribuzioni dell'assemblea dei condomini
Oltre a quanto e stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei
condomini provvede (att. 66):
alla conferma dell'amministratore e dell'eventuale sua retribuzione;
all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno
e alla relativa ripartizione tra i condomini;
all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego
del residuo attivo della gestione;
alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre,
un fondo speciale.
L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria,
salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne
nella prima assemblea.
Art. 1136 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
L'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti
condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio
e i due terzi dei partecipanti al condominio (att. 67 e seguenti).
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti
la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l'assemblea
di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della
prima e in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione
è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei
partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore
o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni
dell'amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono
la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole
entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal
secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal
primo comma dell'art. 1120 devono essere sempre approvate con un numero
di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e
i due terzi del valore dell'edificio.
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini
sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascriversi
in un registro tenuto dall'amministratore.
NOTE Deroghe alle maggioranze previste dagli artt. 1120 e 1136 sono
previste nelle seguenti leggi:
Legge 9 gennaio 1989 n. 13, art. 2 (eliminazione delle barriere architettoniche);
Legge 24 marzo 1989 n. 122, art. 9 (realizzazione dei parcheggi nei
condomini);
Legge 2 gennaio 1991 n 10, art. 26 (contenimento dei consumi energetici);
Legge 17 febbraio 1992 n. 127, art 15 (recupero del patrimonio edilizio).
Art. 1137 Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti
sono obbligatorie per tutti i condomini (1105).
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio,
ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità
giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento,
salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa (1109).
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza (2964 e seguenti),
entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i
dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Art. 1138 Regolamento di condominio
Quando in un edificio il numero dei condomini e superiore a dieci,
deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso
delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli
obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela
del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione (att. 68
e seguenti, 155)
Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione
del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza
stabilita dal secondo comma dell'art. 1136 e trascritto nel registro indicato
dall'ultimo comma dell'art. 1129 (att. 71). Esso può essere impugnato
a norma dell'art. 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti
di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni,
e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli artt. 1118 secondo
comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 (att. 72, 155).
Art. 1139 Rinvio alle norme sulla comunione
Per quanto non è espressamente previsto da questo Capo (att.
156) si osservano le norme sulla comunione in generale (att. 61-72).
Titolo VIII
Del possesso
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1140 Possesso
Il possesso e il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività
corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto
reale.
Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona,
che ha la detenzione della cosa.
Art. 1141 Mutamento della detenzione in possesso
Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando
non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come detenzione.
Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare
il possesso finché il Titolo non venga ad essere mutato per causa
proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il
possessore. Ciò vale anche per i successori a Titolo universale.
Art. 1142 Presunzione di possesso intermedio
Il possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto si
presume che abbia posseduto anche nel tempo intermedio.
Art. 1143 Presunzione di possesso anteriore
Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore, salvo che
il possessore abbia un Titolo a fondamento del suo possesso; in questo
caso si presume che egli abbia posseduto dalla data del titolo.
Art. 1144 Atti di tolleranza
Gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento
all'acquisto del possesso.
Art. 1145 Possesso di cose fuori commercio
Il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà
è senza effetto.
Tuttavia nei rapporti tra privati è concessa l'azione di spoglio
rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni delle province
e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico (822, 824).
Se trattasi di esercizio di facoltà, le quali possono formare
oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione, e data
altresì l'azione di manutenzione (1170).
Art. 1146 Successione nel possesso. Accessione del possesso
Il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della successione
(456, 460).
Il successore a Titolo particolare può unire al proprio possesso
quello del suo autore per goderne gli effetti.
Art. 1147 Possesso di buona fede
E' possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui
diritto (535).
La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.
La buona fede e presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto.
Capo II
Degli effetti del possesso
Sezione I
Dei diritti e degli obblighi del possessore nella restituzione della
cosa
Art. 1148 Acquisto dei frutti
Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino
al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo
stesso giorno (820 e seguente). Egli, fino alla restituzione della cosa
risponde verso il rivendicante (948) dei frutti percepiti dopo la domanda
giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando
la diligenza di un buon padre di famiglia (1176).
Art. 1149 Rimborso delle spese per la produzione e il raccolto dei
frutti
Il possessore che è tenuto a restituire i frutti indebitamente
percepiti ha diritto al rimborso delle spese a norma del secondo comma
dell'art. 821 (1282).
Art. 1150 Riparazioni, miglioramenti e addizioni
Il possessore, anche se di mala fede ha diritto al rimborso delle spese
fatte per le riparazioni straordinarie.
Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla
cosa, purché sussistano al tempo della restituzione.
L'indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento
di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore
è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor
somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore.
Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli
spetta anche il rimborso delle spese fatte per le riparazioni ordinarie,
limitatamente al tempo per il quale la restituzione è dovuta.
Per le addizioni fatte dal possessore sulla cosa si applica il disposto
dell'art. 936. Tuttavia, se le addizioni costituiscono miglioramento e
il possessore è di buona fede, e dovuta una indennità nella
misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa (att. 157).
Art. 1151 Pagamento delle indennità
L'autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può
disporre che il pagamento delle indennità previste dall'articolo
precedente sia fatto ratealmente, ordinando, in questo caso, le opportune
garanzie (1179).
Art. 1152 Ritenzione a favore del possessore di buona fede
Il possessore di buona fede può ritenere la cosa finché
non gli siano corrisposte le indennità dovute, purché queste
siano state domandate nel corso del giudizio di rivendicazione (948) e
sia stata fornita una prova generica della sussistenza delle riparazioni
e dei miglioramenti (2756).
Egli ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie
ordinate dall'autorità giudiziaria nel caso previsto dall'articolo
precedente.
Sezione II
Del possesso di buona fede di beni mobili
Art. 1153 Effetti dell'acquisto del possesso
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è
proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché
sia in buona fede al momento della consegna e sussista un Titolo idoneo
al trasferimento della proprietà.
La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa,
se questi non risultano dal Titolo e vi è la buona fede dell'acquirente.
Nello stesso modo si acquistano diritti di usufrutto, di uso e di pegno
(981, 1021, 2784).
Art. 1154 Conoscenza dell'illegittima provenienza della cosa
A colui che ha acquistato conoscendo l'illegittima provenienza della
cosa, non giova l'erronea credenza che il suo autore o un precedente possessore
ne sia divenuto proprietario.
Art. 1155 Acquisto di buona fede e precedente alienazione ad altri
Se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene
mobile
(812), quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso
è preferita alle altre, anche se il suo Titolo è di data
posteriore.
Art. 1156 Universalità di mobili e mobili iscritti in pubblici
registri
Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano alle universalità
di mobili e ai beni mobili iscritti in pubblici registri (815 e seguente,
2683 e seguenti; Cod. Nav. 146 e seguenti,753 e seguenti).
Art. 1157 Possesso di titoli di credito
Gli effetti del possesso di buona fede dei titoli di credito sono regolati
dal Titolo V del libro IV (1944)
Sezione III
Dell'usucapione
Art. 1158 Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari
La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di
godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso
continuato per venti anni.
Art. 1159 Usucapione decennale
Colui che acquista in buona fede da chi non e proprietario un immobile,
in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e
che sia stato debitamente trascritto (2643 e seguenti), ne compie l'usucapione
in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione.
La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri
diritti reali di godimento sopra un immobile.
Art. 1159-bis Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale
La proprietà dei fondi rustici con annessi fabbricati situati
in comuni classificati montani dalla legge si acquista in virtù
del possesso continuato per quindici anni.
Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario,
in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e
che sia debitamente trascritto, un fondo rustico con annessi fabbricati,
situati in comuni classificati montani dalla legge, ne compie l'usucapione
in suo favore col decorso di cinque anni dalla data di trascrizione.
La legge speciale stabilisce la procedura, le modalità e le
agevolazioni per la regolarizzazione del Titolo di proprietà.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai fondi
rustici con annessi fabbricati, situati in comuni non classificati montani
dalla legge, aventi un reddito non superiore ai limiti fissati dalla legge
speciale.
Art. 1160 Usucapione delle universalità di mobili
L'usucapione di un'universalità di mobili (816) o di diritti
reali di godimento sopra la medesima si compie in virtù del possesso
continuato per venti anni.
Nel caso di acquisto in buona fede (1147) da chi non e proprietario,
in forza di Titolo idoneo, l'usucapione si compie con il decorso di dieci
anni.
Art. 1161 Usucapione dei beni mobili
In mancanza di Titolo idoneo (922), la proprietà dei beni mobili
e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano
in virtù del possesso continuato per dieci anni, qualora il possesso
sia stato acquistato in buona fede.
Se il possessore è di mala fede, l'usucapione si compie con
il decorso di venti anni.
Art. 1162 Usucapione di beni mobili iscritti in pubblici registri
Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un
bene mobile iscritto in pubblici registri (815, 2683; Cod. Nav. 146 e seguenti,
753 e seguenti), in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà
(1321) e che sia stato debitamente trascritto, ne compie in suo favore
l'usucapione col decorso di tre anni dalla data della trascrizione.
Se non concorrono le condizioni previste dal comma precedente, l'usucapione
si compie col decorso di dieci anni.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di acquisto degli altri
diritti reali di godimento (981, 1021).
Art. 1163 Vizi del possesso
Il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per
l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità
e cessata.
Art. 1164 Interversione del possesso
Chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale
su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa
stessa, se il Titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente
da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del
proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in
cui il Titolo del possesso è stato mutato.
Art. 1165 Applicazione di norme sulla prescrizione
Le disposizioni generali sulla prescrizione (2934 e seguenti), quelle
relative alle cause di sospensione e d'interruzione (2941 e seguenti) e
al computo dei termini (2962 e seguenti) si osservano, in quanto applicabili,
rispetto all'usucapione.
Art. 1166 Inefficacia delle cause di impedimento e di sospensione rispetto
al terzo possessore
Nell'usucapione ventennale non hanno luogo, riguardo al terzo possessore
di un immobile o di un diritto reale sopra un immobile, ne l'impedimento
derivante da condizione o da termine (2935), ne le cause di sospensione
indicate dall'art. 2942.
L'impedimento derivante da condizione o da termine e le cause di sospensione
menzionate nel detto articolo non sono nemmeno opponibili al terzo possessore
nella prescrizione per non uso dei diritti reali sui beni da lui posseduti
(954, 970, 1014).
Art. 1167 Interruzione dell'usucapione per perdita di possesso
L'usucapione è interrotta (2945) quando il possessore è
stato privato del possesso per oltre un anno.
L'interruzione si ha come non avvenuta se è stata proposta l'azione
(2953) diretta a ricuperare il possesso e questo è stato ricuperato.
Capo III
Delle azioni a difesa del possesso
Art. 1168 Azione di reintegrazione
Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso
può, entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore
di esso la reintegrazione del possesso medesimo.
L'azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della
cosa (1140), tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità.
Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione
decorre dal giorno della scoperta dello spoglio.
La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà
del fatto, senza dilazione (Cod. Proc. Civ. 703 e seguenti).
Art. 1169 Reintegrazione contro l'acquirente consapevole dello spoglio
La reintegrazione si può domandare anche contro chi è
nel possesso in virtù di un acquisto a Titolo particolare (1321),
fatto con la conoscenza dell'avvenuto spoglio.
Art. 1170 Azione di manutenzione
Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto
reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili (816) può,
entro l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo
(Cod. Proc. Civ. 703 e seguenti).
L'azione e data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non
interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente.
Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino,
l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal giorno in
cui la violenza o la clandestinità è cessata.
Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino può
chiedere di essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni indicate
dal comma precedente.
Titolo IX
Della denunzia di nuova opera e di danno temuto
Art. 1171 Denunzia di nuova opera
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o
il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da
altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, sia per derivare danno
alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può
denunziare all'autorità giudiziaria la nuova opera, purché
questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio.
L'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto,
può vietare la continuazione della opera, ovvero permetterla, ordinando
le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno prodotto
dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento
risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la
demolizione o riduzione dell'opera e per il risarcimento del danno che
possa soffrirne il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole,
nonostante la permessa continuazione (Cod. Proc. Civ. 688 e seguenti).
Art. 1172 Denunzia di danno temuto
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o
il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio,
albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla
cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può
denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo
le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo (Cod. Proc. Civ.
688 e seguenti).
L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea
garanzia (1179; Cod. Proc. Civ. 119) per i danni eventuali. |
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