Codice Civile
Libro primo
Delle persone e della famiglia
Titolo I
Delle persone fisiche
Art. 1 Capacità giuridica
La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati
all'evento della nascita (462, 687, 715, 784).
(3° comma abrogato).
Art. 2 Maggiore età. Capacità di agire
La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo
anno. Con la maggiore eta si acquista la capacità di compiere tutti
gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa.
Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore
in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso
il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che
dipendono dal contratto di lavoro.
Art. 3 (abrogato)
Art. 4 Commorienza
Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona
a un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, tutte si considerano
morte nello stesso momento.
Art. 5 Atti di disposizione del proprio corpo
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino
una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano
altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume (1418).
Art. 6 Diritto al nome
Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito.
Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non
nei casi e con le formalità dalla legge indicati.
Art. 7 Tutela del diritto al nome
La persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome
o che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia,
può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo
il risarcimento dei danni (2563).
L'autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia
pubblicata in uno o più giornali.
Art. 8 Tutela del nome per ragioni familiari
Nel caso previsto dall'articolo precedente, l'azione può essere
promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente
usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni familiari
degne d'essere protette.
Art. 9 Tutela dello pseudonimo
Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato l'importanza
del nome, può essere tutelato ai sensi dell'art. 7.
Art. 10 Abuso dell'immagine altrui
Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei
figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione
o la pubblicazione e dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al
decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità
giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi
l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
Titolo II
dellepersone giuridiche
Capo I
Disposizioni generali
Art. 11 Persone giuridiche pubbliche
Le Province e i Comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti
come persone giuridiche, godono dei diritti secondo le leggi e gli usi
osservati come diritto pubblico (824 e seguenti).
Art. 12 Persone giuridiche private
Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere
privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento
concesso con decreto del Presidente della Repubblica.
Per determinate categorie di enti che esercitano la loro attività
nell'ambito della Provincia, il Governo può delegare ai prefetti
la facoltà di riconoscerli con loro decreto (att. 1, 2).
Art. 13 Società
Le società sono regolate dalle disposizioni contenute nel libro
V (2247 e seguenti).
Capo II
Delle associazioni e delle fondazioni
Art. 14 Atto costitutivo
Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico
(1350, 2643).
La fondazione può essere disposta anche con testamento (600).
Art. 15 Revoca dell'atto costitutivo della fondazione
L'atto di fondazione può essere revocato dal fondatore fino
a quando non sia intervenuto il riconoscimento, ovvero il fondatore non
abbia fatto iniziare l'attività dell'opera da lui disposta.
La facoltà di revoca non si trasmette agli eredi.
Art. 16 Atto costitutivo e statuto. Modificazioni
L'atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell'ente,
l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le
norme sull'ordinamento e sulla amministrazione. Devono anche determinare,
quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi degli associati
e le condizioni della loro ammissione; e, quando trattasi di fondazioni,
i criteri e le modalità di erogazione delle rendite.
L'atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme
relative alla estinzione dell'ente e alla devoluzione del patrimonio, e,
per le fondazioni, anche quelle relative alla loro trasformazione (28).
Le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto devono essere
approvate dall'autorità governativa nelle forme indicate nell'art.
12 (att. 4).
Art. 17 Acquisto di immobili e accettazione di donazioni, eredità
e legati
La persona giuridica non può acquistare beni immobili, né
accettare donazioni o eredita, né conseguire legati senza l'autorizzazione
governativa (473, 782; att. 5-7).
Senza questa autorizzazione, l'acquisto e l'accettazione non hanno
effetto.
Art. 18 Responsabilità degli amministratori
Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme
del mandato (1710 e seguenti). E' però esente da responsabilità
quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto che
ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto
si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso
(2392).
Art. 19 Limitazioni del potere di rappresentanza
Le limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal
registro indicato nell'art. 33, non possono essere opposte ai terzi, salvo
che si provi che essi ne erano a conoscenza (1353, 2298, 2384).
Art. 20 Convocazione dell'assemblea delle associazioni
L'assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori
una volta l'anno per l'approvazione del bilancio.
L'assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità
o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli
associati. In quest'ultimo caso, se gli amministratori non vi provvedono,
la convocazione può essere ordinata dal Presidente del tribunale
(att. 8).
Art. 21 Deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e
con la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda convocazione
la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli intervenuti.
Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e in quelle che riguardano
la loro responsabilità gli amministratori non hanno voto.
Per modificare l'atto costitutivo o lo statuto, se in essi non è
altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati
e il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del
patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati
(11).
Art. 22 Azioni di responsabilità contro gli amministratori
Le azioni di responsabilità contro gli amministratori delle
associazioni per fatti da loro compiuti sono deliberate dall'assemblea
e sono esercitate dai nuovi amministratori o dai liquidatori (2941).
Art. 23 Annullamento e sospensione delle deliberazioni
Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo
o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente,
di qualunque associato o del pubblico ministero.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati
dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione
medesima (1445, 2377).
Il Presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori
dell'associazione, può sospendere, su istanza di colui che l'ha
proposto l'impugnazione, l'esecuzione della deliberazione impugnata, quando
sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato
ed è notificato agli amministratori (att. 10).
L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al
buon costume può essere sospesa anche dall'autorità governativa
(att. 9).
Art. 24 Recesso ed esclusione degli associati
La qualità di associato non è trasmissibile, salvo che
la trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o dallo statuto.
L'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha
assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato. La dichiarazione
di recesso deve essere comunicata per iscritto agli amministratori e ha
effetto con lo scadere dell'anno in corso, purché sia fatta almeno
tre mesi prima.
L'esclusione d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea
che per gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità
giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata
la deliberazione.
Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque
abbiano cessato di appartenere all'associazione, non possono ripetere i
contributi versati, né hanno alcun diritto sul patrimonio dell'associazione.
Art. 25 Controllo sull'amministrazione delle fondazioni
L'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza
sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione
degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute
nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori,
con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative,
all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può
sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora
gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello
scopo della fondazione o della legge.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati
dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione
medesima (1445, 2377).
Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità
devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate
dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori.
Art. 26 Coordinamento di attività e unificazione di amministrazione
L'autorità governativa può disporre il coordinamento
della attività di più fondazioni ovvero l'unificazione della
loro amministrazione, rispettando, per quanto è possibile, la volontà
del fondatore.
Art. 27 Estinzione della persona giuridica
Oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto,
la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato raggiunto
o è divenuto impossibile.
Le associazioni si estinguono inoltre quando tutti gli associati sono
venuti a mancare.
L'estinzione è dichiarata dall'autorità governativa,
su istanza di qualunque interessato o anche d'ufficio (att. 10).
Art. 28 Trasformazione delle fondazioni
Quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa
utilità, o il patrimonio e divenuto insufficiente, l'autorità
governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione, può
provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile dalla
volontà del fondatore.
La trasformazione non e ammessa quando i fatti che vi darebbero luogo
sono considerati nell'atto di fondazione come causa di estinzione della
persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone.
Le disposizioni del primo comma di questo articolo e dell'art. 26 non
si applicano alle fondazioni destinate a vantaggio soltanto di una o più
famiglie determinate (att. 10).
Art. 29 Divieto di nuove operazioni
Gli amministratori non possono compiere nuove operazioni, appena è
stato loro comunicato il provvedimento che dichiara l'estinzione della
persona giuridica o il provvedimento con cui l'autorità, a norma
di legge, ha ordinato lo scioglimento dell'associazione, o appena è
stata adottata dall'assemblea la deliberazione di scioglimento dell'associazione
medesima. Qualora trasgrediscano a questo divieto, assumono responsabilità
personale e solidale (1292).
Art. 30 Liquidazione
Dichiarata l'estinzione della persona giuridica o disposto lo scioglimento
dell'associazione, si procede alla liquidazione del patrimonio secondo
le norme di attuazione del codice (att. 11-21).
Art. 31 Devoluzione dei beni
I beni della persona giuridica, che restano dopo esaurita la liquidazione,
sono devoluti in conformità dell'atto costitutivo o dello statuto.
Qualora questi non dispongano, se trattasi di fondazione, provvede
l'autorità governativa, attribuendo i beni ad altri enti che hanno
fini analoghi, se trattasi di associazione, si osservano le deliberazioni
dell'assemblea che ha stabilito lo scioglimento e, quando anche queste
mancano, provvede nello stesso modo l'autorità governativa.
I creditori che durante la liquidazione non hanno fatto valere il loro
credito possono chiedere il pagamento a coloro ai quali i beni sono stati
devoluti, entro l'anno della chiusura della liquidazione, in proporzione
e nei limiti di ciò che hanno ricevuto (2964 e seguenti).
Art. 32 Devoluzione dei beni con destinazione particolare
Nel caso di trasformazione o di scioglimento di un ente, al quale sono
stati donati o lasciati beni con destinazione a scopo diverso da quello
proprio dell'ente, l'autorità governativa devolve tali beni, con
lo stesso onere, ad altre persone giuridiche, che hanno fini analoghi.
Art. 33 Registrazione delle persone giuridiche
In ogni provincia e istituito un pubblico registro delle persone giuridiche
(att. 22 e seguenti).
Nel registro devono indicarsi la data dell'atto costitutivo, quella
del decreto di riconoscimento, la denominazione, lo scopo, il patrimonio,
la durata, qualora sia stata determinata, la sede della persona giuridica
e il cognome e il nome degli amministratori con la menzione di quelli ai
quali è attribuita la rappresentanza.
La registrazione può essere disposta anche d'ufficio.
Gli amministratori di un'associazione o di una fondazione non registrata,
benché riconosciuta, rispondono personalmente e solidalmente, insieme
con la persona giuridica, delle obbligazioni assunte (1292).
Art. 34 Registrazione di atti
Nel registro devono iscriversi anche le modificazioni dell'atto costitutivo
e dello statuto, dopo che sono state approvate dall'autorità governativa,
il trasferimento della sede e l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione
degli amministratori con indicazione di quelli ai quali spetta la rappresentanza,
le deliberazioni di scioglimento, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento
o dichiarano l'estinzione, il cognome e il nome dei liquidatori.
Se l'iscrizione non ha avuto luogo, i fatti indicati non possono essere
opposti ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza.
Art. 35 Disposizione penale
Gli amministratori e i liquidatori che non richiedono le iscrizioni
prescritte dagli artt. 33 e 34, nel termine e secondo le modalità
stabiliti dalle norme di attuazione del codice (att. 25 e seguenti) sono
puniti con l'ammenda da L. 20.000 a L. 1.000.000.
Capo III
Delle associazioni non riconosciute e dei comitati
Art. 36 Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute
L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute
come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.
Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro
ai quali, secondo questi accordi, e conferita la presidenza o la direzione
(Cod. Proc. Civ. 75, 78).
Art. 37 Fondo comune
I contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi
costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finche questa dura, i
singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né
pretendere la quota in caso di recesso.
Art. 38 Obbligazioni
Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione
i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni
stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno
agito in nome e per conto dell'associazione (Cod. Proc. Civ. 19).
Art. 39 Comitati
I comitati di soccorso o di beneficienza e i comitati promotori di
opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili
sono regolati dalle disposizioni seguenti, salvo quanto e stabilito nelle
leggi speciali.
Art. 40 Responsabilità degli organizzatori
Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti
sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei
fondi e della loro destinazione allo scopo annunziato.
Art. 41 Responsabilità dei componenti. Rappresentanza in giudizio
Qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica
(12), i suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni
assunte. I sottoscrittori sono tenuti soltanto a effettuare le oblazioni
promesse.
Il comitato può stare in giudizio nella persona del Presidente
(Cod. Proc. Civ. 75).
Art. 42 Diversa destinazione dei fondi
Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non
sia più attuabile, o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di
fondi, l'autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni,
se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione.
Titolo III
Del domicilio e della residenza
Art. 43 Domicilio e residenza
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito
la sede principale dei suoi affari e interessi (Cod. Proc. Civ. 139).
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Art. 44 Trasferimento della residenza e del domicilio
Il trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi
di buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla
legge (att. 31).
Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza
e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera
trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una diversa dichiarazione
nell'atto in cui e stato denunciato il trasferimento della residenza.
Art. 45 Domicilio dei coniugi del minore e dell'interdetto
Ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito
la sede principale dei propri affari o interessi.
Il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello
del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio è stato
annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non
hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il
quale convive.
L'interdetto ha il domicilio del tutore (343).
Art. 46 Sede delle persone giuridiche
Quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o
dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui
e stabilita la loro sede (Cod. Proc. Civ. 141, 145).
Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell'art. 16 o la sede risultante
dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare
come sede della persona giuridica anche questa ultima (33).
Art. 47 Elezione di domicilio
Si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari.
Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto (1350).
Titolo IV
Dell'assenza edella dichiarazione di morte presunta
Capo I
Dell'assenza
Art. 48 Curatore dello scomparso
Quando una persona non è più comparsa nel luogo del suo
ultimo domicilio o dell'ultima sua residenza (43) e non se ne hanno più
notizie, il tribunale dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza su
istanza degli interessati o dei presunti successori legittimi, o del pubblico
ministero, può nominare un curatore che rappresenti, la persona
in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle liquidazioni
o divisioni in cui sia interessata, e può dare gli altri provvedimenti
necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso (Cod. Proc.
Civ. 721).
Se vi è un legale rappresentante, non si fa luogo alla nomina
del curatore. Se vi è un procuratore, il tribunale provvede soltanto
per gli atti che il medesimo non può fare.
Art. 49 Dichiarazione di assenza
Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i presunti
successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni
dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare
al tribunale competente, secondo l'articolo precedente, che ne sia dichiarata
l'assenza (Cod. Proc. Civ. 722 e seguenti).
Art. 50 Immissione nel possesso temporaneo dei beni
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara l'assenza, il tribunale,
su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero, ordina
l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente, se vi sono.
Coloro che sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente fosse
morto nel giorno a cui risale l'ultima notizia di lui, o i loro rispettivi
eredi (479) possono domandare l'immissione nel possesso temporaneo dei
beni.
I legatari, i donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti
dipendenti dalla morte dell'assente possono domandare di essere ammessi
all'esercizio temporaneo di questi diritti.
Coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati
da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati dall'adempimento
di esse salvo che si tratti delle obbligazioni alimentari previste dall'art.
434.
Per ottenere l'immissione nel possesso l'esercizio temporaneo dei diritti
o la liberazione temporanea delle obbligazioni si deve dare cauzione nella
somma determinata dal tribunale, se taluno non sia in grado di darla il
tribunale può stabilire altre cautele, avuto riguardo alla qualità
delle persone e alla loro parentela con l'assente.
Art. 51 Assegno alimentare a favore del coniuge dell'assente
Il coniuge dell'assente, oltre ciò che gli spetta per effetto
del regime patrimoniale dei coniugi e per titolo di successione, può
ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un assegno alimentare da determinarsi
secondo le condizioni della famiglia e l'entità del patrimonio dell'assente.
Art. 52 Effetti della immissione nel possesso temporaneo
L'immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduto
dalla formazione dell'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti).
Essa attribuisce a coloro che l'ottengono e ai loro successori l'amministrazione
dei beni dell'assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento
delle rendite dei beni nei limiti stabiliti nell'articolo seguente.
Art. 53 Godimento dei beni
Gli ascendenti, i discendenti e il coniuge immessi nel possesso temporaneo
dei beni ritengono a loro profitto la totalità delle rendite. Gli
altri devono riservare all'assente il terzo delle rendite.
Art. 54 Limiti alla disponibilità dei beni
Coloro che hanno ottenuto l'immissione nel possesso temporaneo dei
beni non possono alienarli, ipotecarli o sottoporli a pegno, se non per
necessità o utilità evidente riconosciuta dal tribunale.
Il tribunale nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e l'impiego
delle somme ricavate.
Art. 55 Immissione di altri nel possesso temporaneo
Se durante il possesso temporaneo taluno prova di avere avuto, al giorno
a cui risale l'ultima notizia dell'assente, un diritto prevalente o eguale
a quello del possessore, può escludere questo dal possesso o farvisi
associare; ma non ha diritto ai frutti (820, 1148) se non dal giorno della
domanda giudiziale.
Art. 56 Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza
Se durante il possesso temporaneo l'assente ritorna o è provata
l'esistenza di lui, cessano gli effetti della dichiarazione di assenza,
salva, se occorre, l'adozione di provvedimenti per la conservazione del
patrimonio a norma dell'art. 48.
I possessori temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al giorno
della loro costituzione in mora (1219) continuano a godere i vantaggi attribuiti
dagli artt. 52 e 53, e gli atti compiuti ai sensi dell'art. 54 restano
irrevocabili.
Se l'assenza e stata volontaria e non è giustificata, l'assente
perde il diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla norma
dell'art. 53.
Art. 57 Prova della morte dell'assente
Se durante il possesso temporaneo è provata la morte dell'assente,
la successione si apre a vantaggio di coloro che al momento della morte
erano i suoi eredi o legatari.
Si applica anche in questo caso la disposizione del secondo comma dell'articolo
precedente.
Capo II
Della dichiarazione di morte presunta
Art. 58 Dichiarazione di morte presunta dell'assente
Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia
dell'assente, il tribunale competente secondo l'art. 48, su istanza del
pubblico ministero o di taluna delle persone indicate nei capoversi dell'art.
50, può con sentenza dichiarare presunta la morte dell'assente nel
giorno a cui risale l'ultima notizia.
In nessun caso la sentenza può essere pronunziata se non sono
trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore età dell'assente.
Può essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata
la dichiarazione di assenza.
Art. 59 Termine per la rinnovazione dell'istanza
L'istanza, quando è stata rigettata, non può essere riproposta
prima che siano decorsi almeno due anni.
Art. 60 Altri casi di dichiarazione di morte presunta
Oltre che nel caso indicato nell'art. 58, può essere dichiarata
la morte presunta nei casi seguenti:
quando alcuno è scomparso in operazioni belliche alle quali
ha preso parte, sia nei corpi armati, sia al seguito di essi, o alle quali
si è comunque trovato presente, senza che si abbiano più
notizie di lui, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato
di pace o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui
sono cessate le ostilità;
quando alcuno e stato fatto prigioniero dal nemico, o da questo internato
o comunque trasportato in paese straniero, e sono trascorsi due anni dall'entrata
in vigore del trattato di pace, o, in mancanza di questo, tre anni dalla
fine dell'anno in cui sono cessate le ostilità, senza che si siano
avute notizie di lui dopo l'entrata in vigore del trattato di pace ovvero
dopo la cessazione delle ostilità;
quando alcuno e scomparso per un infortunio e non si hanno più
notizie di lui, dopo due anni dal giorno dell'infortunio o, se il giorno
non e conosciuto, dopo due anni dalla fine del mese o, se neppure il mese
è conosciuto, dalla fine dell'anno in cui l'infortunio e avvenuto.
Art. 61 Data della morte presunta
Nei casi previsti dai nn. 1 e 3 dell'articolo precedente, la sentenza
determina il giorno e possibilmente l'ora a cui risale la scomparsa nell'operazione
bellica o nell'infortunio, e nel caso indicato dal n. 2 il giorno a cui
risale l'ultima notizia.
Qualora non possa determinarsi l'ora, la morte presunta si ha per avvenuta
alla fine del giorno indicato.
Art. 62 Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta
La dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60 può
essere domandata quando non si e potuto procedere agli accertamenti richiesti
dalla legge per la compilazione dell'atto di morte.
Questa dichiarazione è pronunziata con sentenza del tribunale
su istanza del pubblico ministero o di alcuna delle persone indicate nei
capoversi dell'art. 50.
Il tribunale, qualora non ritenga di accogliere l'istanza di dichiarazione
di morte presunta, può dichiarare l'assenza dello scomparso (49
e seguenti; Cod. Proc. Civ. 726).
Art. 63 Effetti della dichiarazione di morte presunta dell'assente
Divenuta eseguibile la sentenza indicata nell'art. 58, coloro che ottennero
l'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente o i loro successori
possono disporre liberamente dei beni.
Coloro ai quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la
liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all'art. 50 conseguono
l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni.
Si estinguono inoltre le obbligazioni. alimentari indicate nel quarto
comma dell'art. 50.
In ogni caso cessano le cauzioni e le altre cautele che sono state
imposte.
Art. 64 Immissione nel possesso e inventario
Se non v'e stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli aventi
diritto indicati nei capoversi dell'art. 50 o i loro successori conseguono
il pieno esercizio dei diritti loro spettanti, quando è diventata
eseguibile la sentenza menzionata nell'art. 58.
Coloro che prendono possesso dei beni devono fare precedere l'inventario
dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti).
Parimenti devono far precedere l'inventario dei beni coloro che succedono
per effetto della dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art.
60.
Art. 65 Nuovo matrimonio del coniuge
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il
coniuge può contrarre nuovo matrimonio (68, 117).
Art. 66 Prova dell'esistenza della persona di cui è stata dichiarata
la morte presunta
La persona di cui e stata dichiarata la morte presunta, se ritorna
o ne è provata l'esistenza, ricupera i beni nello stato in cui si
trovano e ha diritto di conseguire il prezzo di quelli alienati, quando
esso sia tuttora dovuto, o i beni nei quali sia stato investito (73).
Essa ha altresì diritto di pretendere l'adempimento delle obbligazioni
considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art. 63.
Se è provata la data della sua morte, il diritto previsto nel
primo comma di questo articolo compete a coloro che a quella data sarebbero
stati i suoi eredi o legatari. Questi possono inoltre pretendere l'adempimento
delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art.
63 per il tempo anteriore alla data della morte.
Sono salvi in ogni caso gli effetti delle prescrizioni e delle usucapioni
(1158 e seguenti; 2934 e seguenti).
Art. 67 Dichiarazione di esistenza o accertamento della morte
La dichiarazione di esistenza della persona di cui e stata dichiarata
la morte presunta e l'accertamento della morte possono essere sempre fatti,
su richiesta del pubblico ministero o di qualunque interessato, in contraddittorio
di tutti coloro che furono parti nel giudizio in cui fu dichiarata la morte
presunta.
Art. 68 Nullità del nuovo matrimonio
Il matrimonio contratto a norma dell'art. 65 è nullo, qualora
la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia
accertata l'esistenza.
Sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo (128).
La nullità non può essere pronunziata nel caso in cui
è accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a
quella del matrimonio (117).
Capo III
Delle ragioni eventuali che competono alla persona di cui si ignora
l'esistenza o di cui è stata dichiarata la morte presunta
Art. 69 Diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza
Nessuno e ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui
si ignora l'esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto
e nato.
Art. 70 Successione alla quale sarebbe chiamata la persona di cui si
ignora l'esistenza
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto
o in parte una persona di cui s'ignora l'esistenza, la successione e devoluta
a coloro ai quali sarebbe spettata in mancanza della detta persona, salvo
il diritto di rappresentazione (467 e seguenti).
Coloro ai quali e devoluta la successione devono innanzi tutto procedere
all'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti) e devono dare
cauzione (1179; Cod. Proc. Civ. 50, 725).
Art. 71 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui si ignora
l'esistenza
Le disposizioni degli articoli precedenti non pregiudicano la petizione
di eredità (533 e seguenti) né gli altri diritti spettanti
alla persona di cui s'ignora l'esistenza o ai suoi eredi o aventi causa,
salvi gli effetti della prescrizione (2934 e seguenti) o dell'usucapione
(1158 e seguenti).
La restituzione dei frutti non è dovuta se non dal giorno della
costituzione in mora (821, 1219).
Art. 72 Successione a cui sarebbe chiamata la persona della quale è
stata dichiarata la morte presunta
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto
o in parte una persona di cui è stata dichiarata la morte presunta
(58 e seguenti), coloro ai quali, in sua mancanza, e devoluta la successione
devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ.
769).
Art. 73 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui è
stata dichiarata la morte presunta
Se la persona di cui è stata dichiarata la morte presunta ritorna
o ne è provata l'esistenza al momento dell'apertura della successione,
essa o i suoi eredi o aventi causa possono esercitare la petizione di eredita
(533 e seguenti) e far valere ogni altro diritto, ma non possono recuperare
i beni se non nello stato in cui si trovano, e non possono ripetere che
il prezzo di quelli alienati, quando è ancora dovuto, o i beni nei
quali esso e stato investito, salvi gli effetti della prescrizione o dell'usucapione
(1158 e seguenti; 2934 e seguenti).
Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 71.
Titolo V
Della parentela e dell'affinità
Art. 74 Parentela
La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno
stesso stipite.
Art. 75 Linee della parentela
Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra;
in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono
l'una dall'altra.
Art. 76 Computo dei gradi
Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni,
escluso lo stipite.
Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo
da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro
parente, sempre restando escluso lo stipite.
Art. 77 Limite della parentela
La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado
(572), salvo che per alcuni effetti specialmente determinati.
Art. 78 Affinità
L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro
coniuge.
Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due
coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.
L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge
da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati (434).
Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di
cui all'art. 87, n. 4.
Titolo VI
Del matrimonio
Capo I
Della promessa di matrimonio
Art. 79 Effetti
La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo ne ad eseguire ciò
che si fosse convenuto per il caso di non adempimento.
Art. 80 Restituzione dei doni
Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti
a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto
(785, 2694).
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui
s'e avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte
di uno dei promittenti.
Art. 81 Risarcimento dei danni
La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o
per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore
ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure risultante
dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto
motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte
per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa.
Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni
corrispondono alla condizione delle parti (2056).
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria
colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto
di celebrare il matrimonio (2964 e seguenti).
Capo II
Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico e del
matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello stato
Art. 82 Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico
Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e
regolato in conformità del Concordato con la Santa Sede e delle
leggi speciali sulla materia.
Art. 83 Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello
Stato
Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello
Stato è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto
è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio.
Capo III
Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile
Sezione I
Delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio
Art. 84 Età
I minori di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità
psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico
ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera
di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto
sedici anni.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai
genitori e al tutore.
Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla
corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in
camera di consiglio.
Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto
nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo.
Art. 85 Interdizione per infermità di mente
Non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità
di mente (116, 117, 119, 414 e seguenti).
Se l'istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico
ministero può richiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio;
in tal caso la celebrazione non può aver luogo finché la
sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato (Cod.
Proc. Civ. 324).
Art. 86 Libertà di stato
Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio
precedente (65, 116, 117, 124, c.p. 556).
Art. 87 Parentela, affinità, adozione e affiliazione
Non possono contrarre matrimonio fra loro:
gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;
i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;
lo zio e la nipote, la zia e il nipote;
gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui
l'affinità deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per
il quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili;
gli affini in linea collaterale in secondo grado;
l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;
i figli adottivi della stessa persona;
l'adottato e i figli dell'adottante;
l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.
divieti contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione.
I divieti contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto
dipende da filiazione naturale.
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera
di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il
matrimonio nei casi indicati dai nn. 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione
o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata
anche nel caso indicato dal n. 4 quando l'affinità deriva da matrimonio
dichiarato nullo.
Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art.
84.
Art. 88 Delitto
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una
è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge
dell'altra (116, 117).
Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura,
si sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando non è pronunziata
sentenza di proscioglimento.
Art. 89 Divieto temporaneo di nuove nozze
Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento
giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti
civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui
lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio
siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. b) ed f), della
L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato
dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi.
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è
inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza
passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie, nei
trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art.
84 e del comma quinto dell'art. 87.
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.
Art. 90 Assenza del minore
Con il decreto di cui all'art. 84 il tribunale o la corte di appello
nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista
il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali.
Art. 91 Diversità di razza o di nazionalità (abrogato)
Art. 92 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
Sezione II
Delle formalità preliminari del matrimonio
Art. 93 Pubblicazione
La celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione
fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile.
La pubblicazione consiste nell'affissione alla porta della casa comunale
di un atto dove si indica il nome, il cognome, la professione, il luogo
di nascita e la residenza degli sposi, se essi siano maggiori o minori
di età, nonché il luogo dove intendono celebrare il matrimonio.
L'atto deve anche indicare il nome del padre e il nome e il cognome della
madre degli sposi, salvi i casi in cui la legge vieta questa menzione (115,
138).
Art. 94 Luogo della pubblicazione
La pubblicazione deve essere richiesta all'ufficiale dello stato civile
del comune dove uno degli sposi ha la residenza ed è fatta nei comuni
di residenza degli sposi.
Se la residenza non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi anche
nel comune della precedente residenza.
L'ufficiale dello stato civile cui si domanda la pubblicazione provvede
a chiederla agli ufficiali degli altri comuni nei quali la pubblicazione
deve farsi. Essi devono trasmettere all'ufficiale dello stato civile richiedente
il certificato dell'eseguita pubblicazione.
Art. 95 Durata della pubblicazione
L'atto di pubblicazione resta affisso alla porta della casa comunale
almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive (100, 115,
138).
Art. 96 Richiesta della pubblicazione
La richiesta della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o
da persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico (81, 135).
Art. 97 Documenti per la pubblicazione
Chi richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato
civile un estratto per riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli sposi,
nonché ogni altro documento necessario a provare la libertà
degli sposi.
Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono
dichiarare all'ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la richiesta
di pubblicazione, sotto la propria personale responsabilità, che
gli sposi non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono il
matrimonio a norma dell'art. 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso
la lettura chiara e completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con
ammonizione delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e sottoscritta
dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso. Si applicano
le disposizioni degli artt. 20, 24 e 26 della L. 4 gennaio 1968, n. 15.
In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale
di stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto
integrale di nascita, l'assenza di impedimento di parentela o di affinità
a termini e per gli effetti di cui all'art. 87.
Qualora i richiedenti non presentino i documenti necessari, l'ufficiale
di stato civile provvede su loro domanda a richiederli.
(l) Articolo cosi modificato dalla L. 19 maggio 1971, n. 423 e successivamente
dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 98 Rifiuto della pubblicazione
L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla
pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto (112,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede
in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ.
737 e seguenti).
Art. 99 Termine per la celebrazione del matrimonio
Il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno
dopo compiuta la pubblicazione.
Se il matrimonio non è celebrato nei centottanta giorni successivi,
la pubblicazione si considera come non avvenuta.
Art. 100 Riduzione del termine e omissione della pubblicazione
Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile
emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può
ridurre, per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso
la riduzione del termine è dichiarata nella pubblicazione.
Può anche autorizzare, con le stesse modalità, per cause
gravissime, l'omissione della pubblicazione, quando venga presentato un
atto di notorietà con il quale quattro persone, ancorché
parenti degli sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del
mandamento di uno degli sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente
il nome e cognome, la professione e la residenza dei medesimi e dei loro
genitori, e assicurano sulla loro coscienza che nessuno degli impedimenti
stabiliti dagli artt. 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio.
Il pretore deve far precedere all'atto di notorietà la lettura
di detti articoli e ammonire i dichiaranti sull'importanza della loro attestazione
e sulla gravità delle possibili conseguenze.
Quando è stata autorizzata la omissione della pubblicazione,
gli sposi, per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio, devono
presentare all'ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di autorizzazione,
gli atti previsti dall'art. 97.
Art. 101 Matrimonio in imminente pericolo di vita
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale
dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione del
matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso al matrimonio, se questo
è richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono
tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa (86, 87).
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il
modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita (Cod. Nav. 204,
834).
Sezione III
Delle opposizioni al matrimonio
Art. 102 Persone che possono fare opposizione
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali
entro il terzo grado (76) possono fare opposizione al matrimonio dei loro
parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.
Se uno degli sposi è soggetto a tutela (343 e seguenti) o a
cura (390 e seguenti), il diritto di fare opposizione compete anche al
tutore o al curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che
vuole contrarre un altro matrimonio.
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il diritto
di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto (149),
ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo
(117 e seguenti), a colui col quale il matrimonio era stato contratto e
ai parenti di lui.
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se
sa che vi osta un impedimento o se gli consta l'infermità di mente
di uno degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'età, non
possa essere promossa l'interdizione (414 e seguenti).
Art. 103 Atto di opposizione
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce
all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e contenere
l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale
L'atto deve essere notificato nella forma della citazione (Cod. Proc.
Civ. 137, 163) agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del comune
nel quale il matrimonio deve essere celebrato.
Art. 104 Effetti dell'opposizione
L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa
dalla legge, sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con sentenza
passata in giudicato sia rimossa l'opposizione.
Se l'opposizione è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente
o il pubblico ministero, può essere condannato al risarcimento dei
danni.
Art. 105 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
Sezione IV
Della celebrazione del matrimonio
Art. 106 Luogo della celebrazione
Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale
(110) davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta
di pubblicazione (94, 109).
Art. 107 Forma della celebrazione
Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla
presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi
degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente,
l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente
in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.
L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione.
Art. 108 Inapponibilità di termini e condizioni
La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito
e in moglie non può essere sottoposta ne a termine ne a condizione
(1353).
Se le parti aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale dello
stato civile non può procedere alla celebrazione del matrimonio.
Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il termine e
la condizione si hanno per non apposti (138).
Art. 109 Celebrazione in un comune diverso
Quando vi è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio
in un comune diverso da quello indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello
stato civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma dell'art.
99, richiede per iscritto l'ufficiale del luogo dove il matrimonio si deve
celebrare.
La richiesta è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso
inserita. Nel giorno successivo alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale
davanti al quale esso fu celebrato invia, per la trascrizione, copia autentica
dell'atto all'ufficiale da cui fu fatta la richiesta.
Art. 110 Celebrazione fuori della casa comunale
Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato
all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di recarsi
alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo
in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro testimoni,
procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'art. 107.
Art. 111 Celebrazione per procura
I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito
delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio
per procura.
La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se
uno degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi
dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione
è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero.
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale
il matrimonio si deve contrarre.
La procura deve essere fatta per atto pubblico (2699); i militari e
le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla
nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi
centottanta giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata.
La coabitazione, anche temporanea dopo la celebrazione del matrimonio,
elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall'altro coniuge
al momento della celebrazione.
Art. 112 Rifiuto della celebrazione
L'ufficiale dello stato civile non può rifiutare la celebrazione
del matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge.
Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei
motivi (98,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737
e seguenti).
Art. 113 Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello
stato civile
Si considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il
matrimonio che sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza avere
la qualità di ufficiale dello stato civile, ne esercitava pubblicamente
le funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione,
abbiano saputo che la detta persona non aveva tale qualità.
Art. 114 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
Sezione V
Del matrimonio dei cittadini in paese straniero e degli stranieri nello
Stato
Art. 115 Matrimonio del cittadino all'estero
Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione
prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero
secondo le forme ivi stabilite (84 e seguenti).
La pubblicazione deve anche farsi nello Stato a norma degli artt. 93,
94 e 95. Se il cittadino non risiede nello Stato, la pubblicazione si fa
nel comune dell'ultimo domicilio (43).
Art. 116 Matrimonio dello straniero nello Stato
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare
all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità
competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a
cui è sottoposto nulla osta al matrimonio.
Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute
negli artt. 85, 86, 87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89.
Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre
far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice (93
e seguenti).
Sezione VI
Della nullità del matrimonio
Art. 117 Matrimonio contratto con violazione degli artt. 84, 86, 87
e 88
Il matrimonio contratto con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può
essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero
e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale
(125,127).
Il matrimonio contratto con violazione dell'art. 84 può essere
impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero.
La relativa azione di annullamento può essere proposta personalmente
dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età.
La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere
respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto
la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione
e in ogni caso sia accertata la volontà del minore di mantenere
in vita il vincolo matrimoniale.
Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere
impugnato finché dura l'assenza.
Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi
del quarto comma dell'art. 87, il matrimonio non può essere impugnato
dopo un anno dalla celebrazione.
La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche
nel caso di nullità del matrimonio previsto dall'art. 68.
Art. 118 (abrogato)
Art. 119 Interdizione
Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità
di mente può essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero
e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio,
vi era già sentenza di interdizione passata in giudicato, ovvero
se la interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l'infermità
esisteva al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata
l'interdizione, anche dalla persona che era interdetta.
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione,
vi è stata coabitazione per un anno.
Art. 120 Incapacità di intendere o di volere
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che,
quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere
o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione
del matrimonio.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione
per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle
facoltà mentali.
Art. 121 (abrogato)
Art. 122 Violenza ed errore
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il
cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore
di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello
dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità
della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro
coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora,
tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso
non avrebbe prestato il suo consenso se l'avesse esattamente conosciute
e purché l'errore riguardi:
l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione
sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;
l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla
reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione
prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può
essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile;
la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti
concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione
di annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia
divenuta irrevocabile;
lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto
in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'art.
233, se la gravidanza è stata portata a termine.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione
per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato
il timore ovvero sia stato scoperto l'errore.
Art. 123 Simulazione
Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando
gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare
i diritti da esso discendenti.
L'azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione
del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come
coniugi successivamente alla celebrazione medesima.
Art. 124 Vincolo di precedente matrimonio
Il coniuge può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro
coniuge; se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale questione
deve essere preventivamente giudicata (86, 117).
Art. 125 Azione del pubblico ministero
L'azione di nullità non può essere promossa dal pubblico
ministero dopo la morte di uno dei coniugi.
Art. 126 Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio
Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio,
il Tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro
separazione temporanea durante il giudizio; può ordinarla anche
d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti.
Art. 127 Intrasmissibilità dell'azione
L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se
non quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore.
Art. 128 Matrimonio putativo
Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio
valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia
la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona
fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza
o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause
esterne agli sposi.
Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli
nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché
rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente
alla sentenza che dichiara la nullità.
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo
dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i
coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o
concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia
o incesto.
Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti
non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di
figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è
consentito.
Art. 129 Diritti dei coniugi in buona fede
Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto
ad ambedue i coniugi, il giudice può disporre a carico di uno di
essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere
somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore
dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato
a nuove nozze.
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, si applica
l'art. 155.
Art. 129 bis Responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo
Il coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio,
è tenuto a corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora
il matrimonio sia annullato, una congrua indennità, anche in mancanza
di prova del danno sofferto. L'indennità deve comunque comprendere
una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. E' tenuto altresì
a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano
altri obbligati.
Il terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è
tenuto a corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è
annullato, l'indennità prevista nel comma precedente.
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare
la nullità del matrimonio è solidalmente responsabile con
lo stesso per il pagamento dell'indennità.
Sezione VII
Delle prove della celebrazione del matrimonio
Art. 130 Atto di celebrazione del matrimonio
Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del
matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri
dello stato civile.
Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non
dispensa dal presentare l'atto di celebrazione.
Art. 131 Possesso di stato
Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del matrimonio,
sana ogni difetto di forma.
Art. 132 Mancanza dell'atto di celebrazione
Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile
l'esistenza del matrimonio può essere provata a norma dell'art.
452.
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale
o per un caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non è stato
inserito nei registri a ciò destinati, la prova dell'esistenza del
matrimonio è ammessa, sempre che risulti in modo non dubbio un conforme
possesso di stato.
Art. 133 Prova della celebrazione risultante da sentenza penale
Se la prova della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza penale,
l'iscrizione della sentenza nel registro dello stato civile assicura al
matrimonio, dal giorno della sua celebrazione, tutti gli effetti riguardo
tanto ai coniugi quanto ai figli.
Sezione VIII
Disposizioni penali
Art. 134 Omissione di pubblicazione
Sono puniti con l'ammenda da L. 80.000 a L. 400.000 gli sposi e l'ufficiale
dello stato civile che hanno celebrato matrimonio senza che la celebrazione
sia stata preceduta dalla prescritta pubblicazione (93 e seguenti).
Art. 135 Pubblicazione senza richiesta o senza documenti
E' punito con l'ammenda da L. 40.000 a L. 200.000 l'ufficiale dello
stato civile che ha proceduto alla pubblicazione di un matrimonio senza
la richiesta di cui all'art. 96 o quando manca alcuno dei documenti prescritti
dal primo comma dell'art. 97.
Art. 136 Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile
L'ufficiale dello stato civile che procede alla celebrazione del matrimonio,
quando vi osta qualche impedimento o divieto di cui egli ha notizia, è
punito con l'ammenda da L. 100.000 a L. 600.000.
Art. 137 Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza dei
testimoni
E' punito con l'ammenda da L. 60.000 a L. 400.000 l'ufficiale dello
stato civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era competente
(106).
La stessa pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha proceduto
alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei testimoni.
Art. 138 Altre infrazioni
E' punito con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale dello stato
civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli artt.
93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra
infrazione per cui non sia stabilita una pena speciale in questa sezione.
Art. 139 Cause di nullità note a uno dei coniugi
Il coniuge il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa
di nullità del matrimonio, l'abbia lasciata ignorare all'altro,
è punito, se il matrimonio è annullato, con l'ammenda da
L. 200.000 a L. 1.000.000.
Art. 140 Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze
La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'art. 89, l'ufficiale
che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con l'ammenda da L. 100.000
a L. 200.000.
Art. 141 Competenza
I reati previsti nei precedenti articoli sono di competenza del tribunale.
NOTA Le contravvenzioni indicate negli articoli precedenti sono diventati
illeciti amministrativi. Vedere Leggi Speciali.
Art. 142 Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni
Le disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti
ivi contemplati non costituiscono reato più grave.
Capo IV
Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio
Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti
e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza
morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e
alla coabitazione (Cod. Pen. 570).
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie
sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo,
a contribuire ai bisogni della famiglia.
Art. 143 bis Cognome della moglie
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva
durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Art. 143 ter (abrogato)
Art. 144 Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano
la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti
della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato.
Art. 145 Intervento del giudice
In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza
formalità, l'intervento del giudice il quale, sentite le opinioni
espresse dai coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi che
abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una soluzione
concordata.
Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerne la fissazione
della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto
espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non
impugnabile, la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze
dell'unità e della vita della famiglia.
Art. 146 Allontanamento dalla residenza familiare
Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'art. 143
è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi (Cod. Pen.
570) senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi.
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di
scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce
giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.
Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro
dei beni del coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento
degli obblighi previsti dagli artt. 143, terzo comma, e 147.
Art. 147 Doveri verso i figli
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire
ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione
naturale e delle aspirazioni dei figli.
Art. 148 Concorso negli oneri
I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente
in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità
di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi
sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità,
sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché
possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di
chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni,
può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato,
in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge
o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione
della prole.
Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce
titolo esecutivo (Cod. Proc. Civ. 474), ma le parti ed il terzo debitore,
possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.
L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione
al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme
del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.
Capo V
Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi
Art. 149 Scioglimento del matrimonio
Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri
casi previsti dalla legge.
Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai
sensi dell'art. 82 o dell'art. 83, e regolarmente trascritto, cessano alla
morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.
Art. 150 Separazione personale
E' ammessa la separazione personale dei coniugi.
La separazione può essere giudiziale o consensuale.
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di
quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.
Art. 151 Separazione giudiziale
La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi,
fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o
da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano
le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile
la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri
che derivano dal matrimonio.
Art. 152-153 (abrogati)
Art. 154 Riconciliazione
La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda
di separazione personale già proposta.
Art. 155 Provvedimenti riguardo ai figli
Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi
i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole,
con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro
coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione
dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti
nei rapporti con essi.
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del
giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli
deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente
stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate
da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il
diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può
ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli
al loro interesse.
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile,
al coniuge cui vengono affidati i figli.
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei
beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia
affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento
dell'usufrutto legale.
In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la
prole sia collocata presso una terza persona o, nella impossibilità,
in un istituto di educazione (Cod. Proc. Civ. 710).
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al
contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo
fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande
delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova
dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice.
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle
disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio
della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura
e alle modalità del contributo.
NOTA Il quarto comma dell’art.155 è stato dichiarato in parte
illegittimo dalla Corte Costituzionale (Sent. 454 del 19-27 luglio 1989).
Art. 156 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i
coniugi
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del
coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere
dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora
egli non abbia adeguati redditi propri.
L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione
alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433
e seguenti.
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge
di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che
egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti
commi e dall'art. 155.
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale
ai sensi dell'art. 2818.
In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice
può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato
e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme
di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente
agli aventi diritto.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di
parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di
cui ai commi precedenti.
Art. 156 bis Cognome della moglie
Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito
quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti
autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa
derivarle grave pregiudizio.
Art. 157 Cessazione degli effetti della separazione
I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza
di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con
un'espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile
con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in
relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.
Art. 158 Separazione consensuale
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza
l'omologazione del giudice (Cod. Proc. Civ. 710-711)
Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento
dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca
i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse
dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato
l'omologazione.
Capo VI
Del regime patrimoniale della famiglia
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 159 Del regime patrimoniale legale tra i coniugi
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa
convenzione stipulata a norma dell'art. 162, è costituito dalla
comunione dei beni regolata dalla sezione III del presente capo.
Art. 160 Diritti inderogabili
Gli sposi non possono derogare, né ai diritti né ai doveri
provvisti dalla legge per effetto del matrimonio.
Art. 161 Riferimento generico a leggi o agli usi
Gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti
patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non
sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto
dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti.
Art. 162 Forma delle convenzioni matrimoniali
Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico
sotto pena di nullità.
La scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata
nell'atto di celebrazione del matrimonio.
Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, ferme restando
le disposizioni dell'art. 194.
Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando
a margine dell'atto di matrimonio non risultano annotati la data del contratto,
il notaio rogante e le generalità dei contraenti, ovvero la scelta
di cui al secondo comma.
Art. 163 Modifica delle convenzioni
Le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive
al matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico non è stipulato
col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni
medesime, o dei loro eredi.
Se uno dei coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla
modifica delle convenzioni, questa produce i suoi effetti se le altre parti
esprimono anche successivamente il loro consenso, salva l'omologazione
del giudice. L'omologazione può essere chiesta da tutte le persone
che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni o dai loro eredi.
Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto
rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto
del matrimonio.
L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione
delle convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma degli artt.
2643 e seguenti.
Art. 164 Simulazione delle convenzioni matrimoniali
E' consentita ai terzi la prova della simulazione delle convenzioni
matrimoniali (1417).
Le controdichiarazioni scritte possono aver effetto nei confronti di
coloro tra i quali sono intervenute, solo se fatte con la presenza ed il
simultaneo consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni
matrimoniali.
Art. 165 Capacità del minore
Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare
il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono
valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà
su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'art.
90.
Art. 166 Capacità dell'inabilitato
Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte
nel contratto di matrimonio dall'inabilitato (415) o da colui contro il
quale è stato promosso giudizio di inabilitazione, è necessaria
l'assistenza del curatore già nominato. Se questi non è stato
ancora nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale.
Art. 166-bis Divieto di costituzione di dote
E' nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni
in dote.
Sezione II
Del fondo patrimoniale
Art. 167 Costituzione del fondo patrimoniale
Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche
per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati
beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito,
a far fronte ai bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata
dal terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi. L'accettazione
può essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con
annotazione del vincolo o in altro modo idoneo.
Art. 168 Impiego ed amministrazione del fondoLa proprietà dei
beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo
che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione.
I frutti (820) dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati
per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è
regolata dalle norme relative all'amministrazione della comunione legale.
Art. 169 Alienazione dei beni del fondo
Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione,
non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare
beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi
e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice,
con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità
o di utilità evidente.
Art. 170 Esecuzione sui beni e sui frutti
L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può
aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti
per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Art. 171 Cessazione del fondo
La destinazione del fondo termina a seguito dell'annullamento o dello
scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore
età dell'ultimo figlio. In tale caso il giudice può dettare,
su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni
altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli,
in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo.
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento
della comunione legale.
Art. 172-176 (abrogati)
Sezione III
Della comunione legale
Art. 177 Oggetto della comunione
Costituiscono oggetto della comunione:
gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante
il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati
allo scioglimento della comunione;
i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se,
allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Qualora. si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente
al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili
e gli incrementi.
Art. 178 Beni destinati all'esercizio di impresa
I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita
dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente
si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello
scioglimento di questa.
Art. 179 Beni personali
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del
coniuge:
i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o
rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione
o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non
è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne
quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;
i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la
pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità
lavorativa;
i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali
sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente
dichiarato all'atto dell'acquisto (2647).
L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'art. 2683,
effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi
delle lett. c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti
dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge.
Art. 180 Amministrazione dei beni della comunione
L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio
per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché
la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti
personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative
azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi.
Art. 181 Rifiuto di consenso
Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto
di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso
è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice per
ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è
necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della
lett. d) dell'art. 177 fa parte della comunione.
Art. 182 Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi
In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro,
in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico (2699) o da
scrittura privata autenticata (2703), può compiere, previa autorizzazione
del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti
necessari per i quali è richiesto, a norma del l'art. 180, il consenso
di entrambi i coniugi.
Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può
essere delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari all'attività
dell'impresa.
Art. 183 Esclusione dall'amministrazione
Se uno dei coniugi è minore o non può amministrare ovvero
se ha male amministrato, l'altro coniuge può chiedere al giudice
di escluderlo dall'amministrazione.
Il coniuge privato dell'amministrazione può chiedere al giudice
di esservi reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno determinato
l'esclusione.
La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e permane
sino a quando non sia cessato lo stato di interdizione.
Art. 184 Atti compiuti senza il necessario consenso
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro
coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni
immobili o beni mobili elencati nell'art. 2683.
L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era
necessario entro un anno (2964) dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto
e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non
sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza
prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere
proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso.
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo
comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è
obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostruire la comunione nello stato
in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia
possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca
della ricostituzione della comunione.
Art. 185 Amministrazione dei beni personali del coniuge
All'amministrazione dei beni che non rientrano nella comunione o nel
fondo patrimoniale si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo
e quarto dell'art. 217.
Art. 186 Obblighi gravanti sui beni della comunione
I beni della comunione rispondono:
di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto;
di tutti i carichi dell'amministrazione;
delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e
l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche
separatamente, nell'interesse della famiglia;
di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.
Art. 187 Obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non rispondono
delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio.
Art. 188 Obbligazioni derivanti da donazioni o successioni
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non rispondono
delle obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite
dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione.
Art. 189 Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi
I beni della comunione fino al valore corrispondente alla quota del
coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi
sui beni personali delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio, da
uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione
senza il necessario consenso dell'altro.
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è
sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria
sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del
coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori
della comunione.
Art. 190 Responsabilità sussidiaria dei beni personali
I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di
ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando
i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di
essa gravanti.
Art. 191 Scioglimento della comunione
La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte
presunta, di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o
per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione
personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale
del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
Nel caso di azienda di cui alla lett. d) dell'art. 177, lo scioglimento
della comunione può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata
la forma prevista dall'art. 162.
Art. 192 Rimborsi e restituzioni
Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le
somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento
delle obbligazioni previste dall'art. 186.
E' tenuto altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'art.
189, a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da
lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione
o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.
Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme
prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti
del patrimonio comune.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento
della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento
anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.
Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni
comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si applica
il quarto comma. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili
e infine sugli immobili.
Art. 193 Separazione giudiziale dei beni
La separazione giudiziale dei beni può essere pronunziata in
caso di interdizione (417) o di inabilitazione (414) di uno dei coniugi
o di cattiva amministrazione della comunione.
Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli
affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione
dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o
della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni
di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze o capacità
di lavoro.
La separazione può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo
legale rappresentante.
La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui
è stata proposta la domanda ed ha l'effetto di instaurare il regime
di separazione dei beni regolato nella sezione V del presente capo, salvi
i diritti dei terzi.
La sentenza è annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale
delle convenzioni matrimoniali (2653).
Art. 194 Divisione dei beni della comunione
La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo
in parti eguali l'attivo e il passivo.
Il giudice, in relazione alle necessità della prole e all'affidamento
di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l'usufrutto
su una parte dei beni spettanti all'altro coniuge.
Art. 195 Prelevamento dei beni mobili
Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare
i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione
o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione.
In mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano parte
della comunione.
Art. 196 Ripetizione del valore in caso di mancanza delle cose da prelevare
Se non si trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno
diritto di prelevare a norma dell'articolo precedente essi possono ripeterne
il valore, provandone l'ammontare anche per notorietà, salvo che
la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso o perimento
o per altra causa non imputabile all'altro coniuge.
Art. 197 Limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi
Il prelevamento autorizzato dagli articoli precedenti non può
farsi, a pregiudizio dei terzi, qualora la proprietà individuale
dei beni non risulti da atto avente data certa (2702, 2704). E' fatto salvo
al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della comunione
spettanti all'altro coniuge nonché sugli altri beni di lui.
Art. 198-209 (abrogati)
Sezione IV
Della comunione convenzionale
Art. 210 Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni
I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'art.
162, modificare il regime della comunione legale dei beni purché
i patti non siano in contrasto con le disposizioni dell'art. 161.
I beni indicati alle lett. c), d) ed e), dell'art. 179 non possono
essere compresi nella comunione convenzionale.
Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione
dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai
beni che formerebbero oggetto della comunione legale.
Art. 211 Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio
I beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da uno
dei coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei beni di proprietà
del coniuge stesso prima del matrimonio che, in base a convenzione stipulata
a norma dell'art. 162, sono entrati a far parte della comunione dei beni.
Art. 212-214 (abrogati)
Sezione V
Del regime di separazione dei beni
Art. 215
I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità
esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.
Art. 216 (abrogato)
Art. 217 Amministrazione e godimento dei beni
Ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui
è titolare esclusivo.
Se ad uno dei coniugi è stata conferita la procura ad amministrare
i beni dell'altro con l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli è
tenuto verso l'altro coniuge secondo le regole del mandato (1710, 1718).
Se uno dei coniugi ha amministrato i beni dell'altro con procura senza
l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli ed i suoi eredi, a richiesta
dell'altro coniuge o allo scioglimento o alla cessazione degli effetti
civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i frutti esistenti e non
rispondono per quelli consumati.
Se uno dei coniugi, nonostante l'opposizione dell'altro, amministra
i beni di questo o comunque compie atti relativi a detti beni risponde
dei danni e della mancata percezione dei frutti.
Art. 218 Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge
Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a
tutte le obbligazioni dell'usufruttuario (1001).
Art. 219 Prova della proprietà dei beni
Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro
la proprietà esclusiva di un bene.
I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà
esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi
i coniugi.
Art. 220-230 (abrogati)
Sezione VI
Dell'impresa familiare
Art. 230-bis Impresa familiare
Salvo che configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta
in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o
nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione
patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare
ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda,
anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità alla
qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego
degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione
straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa
sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa
stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità
di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà
su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare
il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo;
per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro
il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile,
salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma
precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato
in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro,
ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può
avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo,
dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi
di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica,
nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura (2140)
sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.
Titolo VII
Della filiazione
Capo I
Dello Stato di figlio legittimo
Sezione I
Dello stato di figlio legittimo
Art. 231 Paternità del marito
Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio.
Art. 232 Presunzione di concepimento durante il matrimonio
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono
trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono
ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento
o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di
separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale,
ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando
gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del
giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
Art. 233 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni
Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione
del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio
stesso, non ne disconoscono la paternità.
Art. 234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio,
nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla
cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito
durante il matrimonio.
Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza
quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione
giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla
data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono
stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione
o dei giudizi previsti nel comma precedente.
In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo
stato di legittimo.
Art. 235 Disconoscimento di paternità
L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito
durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:
se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo
ed il centottantesimo giorno prima della nascita;
se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche
se soltanto di generare;
se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata
al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il
marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche
genetiche o del gruppo sanguigno incompatibile con quello del presunto
padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla
madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi
in cui può essere esercitata dal padre.
Sezione II
Delle prove della filiazione legittima
Art. 236 Atto di nascita e possesso di stato
La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei
registri dello stato civile.
Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato
di figlio legittimo.
Art. 237 Fatti costitutivi del possesso di stato
Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso
valgono a dimostrare le relazioni di filiazioni e di parentela fra una
persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende
di avere;
che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa
qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa;
che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;
che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.
Art. 238 Atto di nascita conforme al possesso di stato
Salvo quanto disposto dagli artt. 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno
può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono
l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all'atto
stesso.
Parimenti non si può contestare la legittimità di colui
il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita.
Art. 239 Supposizione di parto o sostituzione di neonato
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato
(Cod. Pen. 566 e seguenti), ancorché vi sia un atto di nascita conforme
al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso,
dando la prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e
secondo le regole dell'art. 241.
Parimenti si può contestare la legittimità del figlio
dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra
indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette.
Art. 240 Mancanza dell'atto di matrimonio
La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente
vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere
contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del
matrimonio (130), qualora la stessa legittimità sia provata da un
possesso di stato (237) che non sia in opposizione con l'atto di nascita.
Art. 241 Prova con testimoni
Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il
figlio fu iscritto sotto falsi nomi (Cod. Pen. 495) o come nato da genitori
ignoti, la prova della filiazione può darsi col mezzo di testimoni.
Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un
principio di prova per iscritto (242), ovvero quando le presunzioni e gli
indizi sono abbastanza gravi da determinare l'ammissione della prova.
Art. 242 Principio di prova per iscritto
Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia,
dai registri e dalle carte private del padre o della madre, dagli atti
pubblici e privati provenienti da una delle parti che sono impegnate nella
controversia o da altra persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse
nella controversia.
Art. 243 Prova contraria
La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare
che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di
avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre,
quando risulta provata la maternità.
Sezione III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di
reclamo di legittimità
Art. 244 Termini dell'azione di disconoscimento
L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre
deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio.
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno
che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di
questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno
nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza
familiare (144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di
non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre
dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
L'azione di disconoscimento della paternità può essere
proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età
o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono
ammissibile il disconoscimento.
L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale
nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio
minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si
tratta di minore di età inferiore.
NOTA Il secondo comma è stato dichiarato in parte illegittimo
dalla Corte Costit. (sentenza 134 del 2 maggio 1985).
Art. 245 Sospensione del termine
Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento della
paternità si trova in stato di interdizione per infermità
di mente (414), la decorrenza del termine indicato nell'articolo precedente
è sospesa, nei suoi confronti, sino a che dura lo stato di interdizione.
L'azione può tuttavia essere promossa dal tutore.
Art. 246 Trasmissibilità dell'azione
Se il titolare dell'azione di disconoscimento della paternità
muore senza averla promossa, ma prima che ne sia decorso il termine, sono
ammessi ad esercitarla in sua vece:
nel caso di morte del presunto padre o della madre, i discendenti e
gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre
o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo;
nel caso di morte del figlio, il coniuge o i discendenti; il nuovo
termine decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore
età da parte di ciascuno dei discendenti.
Art. 247 Legittimazione passiva
Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti (Cod. Proc.
Civ. 102) necessari nel giudizio di disconoscimento.
Se una delle parti è minore o interdetta, l'azione è
proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti
al quale il giudizio deve essere promosso.
Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato,
l'azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti
nominato dal giudice.
Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si
propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo precedente o,
in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice.
Art. 248 Legittimazione all'azione di contestazione della legittimità.
Imprescrittibilità
L'azione per contestare la legittimità spetta a chi dall'atto
di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.
L'azione è imprescrittibile.
Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte
o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo
precedente.
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori (Cod. Proc.
Civ. 70, 102, 715).
Art. 249 Reclamo della legittimità
L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se
egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque
anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa
dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori,
e, in loro mancanza, contro i loro eredi (att. 121).
L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
Capo II
Della filiazione naturale e della legittimazione
Sezione I
Della filiazione naturale
§1 Del riconoscimento dei figli naturali
Art. 250 Riconoscimento
Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti
dall'art. 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio
con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può
avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce
effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non
può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già
effettuato il riconoscimento.
Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda
all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore
che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio
con il genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero,
decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda,
tiene luogo del consenso mancante.
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non
abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.
Art. 251 Riconoscimento di figli incestuosi
I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela
(74) anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale
nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità (78) in linea retta,
non possono essere riconosciuti (128, 278) dai loro genitori, salvo che
questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di
loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità.
Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento
del figlio può essere fatto solo da lui.
Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo
all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso
qualsiasi pregiudizio.
Art. 252 Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia
legittima
Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto durante
il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento
del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse
morale e materiale.
L'eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima
di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò
non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso
dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto il sedicesimo
anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore
naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice
stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato
deve osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore.
Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio,
il suo inserimento nella famiglia legittima è subordinato al consenso
dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con
il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza
del figlio naturale.
E' altresì richiesto il consenso dell'altro genitore naturale
che abbia effettuato il riconoscimento.
Art. 253 Inammissibilità del riconoscimento
In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con
lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova.
Art. 254 Forma del riconoscimento
Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita,
oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento,
davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare
o in un atto pubblico o in un testamento (587), qualunque sia la forma
di questo.
La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice
o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore
in un atto pubblico (2699) o in un testamento (587) importa riconoscimento,
anche se la legittimazione non abbia luogo.
Art. 255 Riconoscimento di un figlio premorto
Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto in
favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti.
Art. 256 Irrevocabilità del riconoscimento
Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto
in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche
se il testamento è stato revocato.
Art. 257 Clausole limitatrici
E' nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento.
Art. 258 Effetti del riconoscimento
Il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui
fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge.
L'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere
indicazioni relative all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano
state fatte, sono senza effetto.
Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile
che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con l'ammenda
da lire ventimila a lire ottantamila. Le indicazioni stesse devono essere
cancellate.
Art. 259-260 (abrogati)
Art. 261 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento
Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti
i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.
Art. 262 Cognome del figlio
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo
ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente
da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o
riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il
figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo
o sostituendolo a quello della madre.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione
del cognome del padre.
Art. 263 Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità
dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto
e da chiunque vi abbia interesse.
L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione (280 e
seguenti).
L'azione è imprescrittibile.
Art. 264 Impugnazione da parte del riconosciuto
Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore
età o lo stato d'interdizione per infermità di mente, impugnare
il riconoscimento.
Tuttavia il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza
del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente
riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo
anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento,
nominando un curatore speciale (715).
Art. 265 Impugnazione per violenza
Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore
del riconoscimento entro un anno (2964) dal giorno in cui la violenza è
cessata.
Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può
essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore
(267).
Art. 266 Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione
giudiziale
Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità
che deriva da interdizione giudiziale (414 e seguenti) dal rappresentante
dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento,
entro un anno dalla data della revoca (267).
Art. 267 Trasmissibilità dell'azione
Nei casi indicati dagli artt. 265 e 266, se l'autore del riconoscimento
è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il
termine, l’azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti
o dagli eredi.
Art. 268 Provvedimenti in pendenza del giudizio
Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può
dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell'interesse
del figlio.
§ 2 Della dichiarazione giudiziale della paternità e della
maternità naturale
Art. 269 Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità
La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente
dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.
La prova della paternità e della maternità può
essere data con ogni mezzo.
La maternità è dimostrata provando la identità
di colui che si pretende essere figlio e di colui ce fu partorito dalla
donna, la quale si assume essere madre.
La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra
la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono
prova della paternità naturale.
Art. 270 Legittimazione attiva e termine
L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità
o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.
Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può
essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali (258)
riconosciuti, entro due anni dalla morte.
L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita
dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.
Art. 271-272 (abrogati)
Art. 273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto
L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità
o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse
del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'art.
316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione
del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione
se egli ha compiuto l'età di sedici anni.
Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa
autorizzazione del giudice.
Art. 274 Ammissibilità dell'azione
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità
naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze
tali da farla apparire giustificata.
Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio
con decreto motivato, su ricorso (Cod. Proc. Civ. 125, 737) di chi intende
promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte
le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo
con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di
consiglio.
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità
e deve essere mantenuta segreta. Al termine dell'inchiesta gli atti e i
documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere
deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione
di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie
illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi
di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che
la rappresenti in giudizio.
Art. 275 (abrogato)
Art. 276 Legittimazione passiva
La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità
naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in
mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi (Cod. Proc. Civ. 102).
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.
Art. 277 Effetti della sentenza
La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti
del riconoscimento (258 e seguenti).
Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per
il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela
degli interessi patrimoniali di lui.
Art. 278 Indagini sulla paternità o maternità
Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono
ammesse nei casi in cui, a norma dell'art. 251, il riconoscimento dei figli
incestuosi è vietato.
Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o
violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento (Cod.
Pen. 519, 523 e seguenti).
Art. 279 Responsabilità per il mantenimento e l'educazione
In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione
giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale
può agire per ottenere il mantenimento, I'istruzione e l'educazione
(580, 594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può
agire per ottenere gli alimenti.
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi
dell'art. 274.
L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore
da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico
ministero o del genitore che esercita la potestà.
Sezione II
Della legittimazione dei figli naturali
Art. 280 Legittimazione
La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio
la qualità di figlio legittimo.
Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale
o per provvedimento del giudice.
Art. 281 Divieto di legittimazione
Non possono essere legittimati i figli che non possono essere riconosciuti
(251).
Art. 282 Legittimazione dei figli premorti
La legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in
favore dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti.
Art. 283 Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente
matrimonio
I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti
dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti
da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure
dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.
Art. 284 Legittimazione per provvedimento del giudice
La legittimazione può essere concessa con provvedimento del
giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se
concorrono le seguenti condizioni:
che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore
abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'art. 250;
che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo
a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;
che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è
unito in matrimonio e non è legalmente separato;
che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni
sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è
minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli
legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare
i figli legittimi o legittimati, se di eta superiore ai sedici anni.
Art. 285 Condizione per la legittimazione dopo la morte dei genitori
Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico
la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo
la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione
prevista nel n. 2 dell'articolo precedente.
In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti,
e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti, del genitore
entro il quarto grado.
Art. 286 Legittimazione domandata dall'ascendente
La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto (250,
277) può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli
ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una
volontà in contrasto con quella di legittimare (att. 124).
Art. 287 Legittimazione in base alla procura per il matrimonio
Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per
procura, quando concorrono le condizioni per la legittimazione per susseguente
matrimonio la legittimazione dei figli naturali con provvedimento del giudice
può essere domandata in base alla procura a contrarre il matrimonio,
se questo non poté essere celebrato per la sopravvenuta morte del
mandante.
Quando i figli sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione
è necessario che dalla procura risulti la volontà di riconoscerli
o di legittimarli.
Art. 288 Procedura
La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi
deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione
il richiedente ha la residenza.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza
delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera
di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) sulla domanda di legittimazione.
Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla
comunicazione, proporre reclamo alla Corte d'appello. Questa, richiamati
gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero.
In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata
in calce all'atto di nascita del figlio.
Art. 289 Azioni esperibili dopo la legittimazione
La legittimazione per provvedimento del giudice non impedisce l'azione
ordinaria per la contestazione dello stato di figlio legittimato per la
mancanza delle condizioni indicate nel n. 1 dell'art. 284, negli artt.
285, 286 e 287, ferma restando la disposizione dell'art. 263.
Se manca la condizione indicata nel n. 3 dell'art. 284 la contestazione
può essere promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato
l'assenso.
Art. 290 Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento
del giudice
La legittimazione per provvedimento del giudice produce gli stessi
effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, ma soltanto dalla
data del provvedimento e nei confronti del genitore riguardo al quale la
legittimazione è stata concessa.
Se il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli effetti
risalgono alla data della morte, purché la domanda di legittimazione
non sia stata presentata dopo un anno da tale data.
Titolo VIII
Dell'adozione di persone maggiori di età
Capo I
Dell'adozione di persone maggiori di età e dei suoi effetti
Art. 291 Condizioni
L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti
legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che
superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono
adottare.
Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può
autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età
di trent'anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma
precedente.
Art. 292 Divieto di adozione per diversità di razza (abrogato)
Art. 293 Divieto d'adozione di figli nati fuori del matrimonio
I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro
genitori.
Art. 294 Pluralità di adottati o di adottanti
E' ammessa l'adozione di più persone anche con atti successivi.
Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo
che i due adottanti siano marito e moglie.
Art. 295 Adozione da parte del tutore
Il tutore non può adottare la persona (414) della quale ha avuto
la tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua amministrazione,
sia stata fatta la consegna dei beni e siano state estinte le obbligazioni
risultanti a suo carico o data idonea garanzia per il loro adempimento
(385 e seguenti).
Art. 296 Consenso per l'adozione
Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando
(298, 311 e seguenti).
Se l'adottando non ha compiuto la maggiore età il consenso è
dato dal suo legale rappresentante.
Art. 297 Assenso del coniuge o dei genitori
Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando
e l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se coniugati e
non legalmente separati.
Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale,
sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga.
ll rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare
ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei genitori esercenti
la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante o dell'adottando.
Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è
impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità
delle persone chiamate ad esprimerlo.
Art. 298 Decorrenza degli effetti dell'adozione
L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia.
Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto
l'adottando possono revocare il loro consenso.
Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima dell'emanazione
del decreto, si può procedere al compimento degli atti necessari
per l'adozione.
Gli eredi dell'adottante possono presentare alla corte memorie e osservazioni
per opporsi all'adozione.
Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento
della morte dell'adottante.
Art. 299 Cognome dell'adottato
L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.
L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dei propri genitori
assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione
non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto,
salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio naturale che
sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato,
assume il cognome dell'adottante.
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome
del marito.
Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, I'adottato,
che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.
Art. 300 Diritti e doveri dell'adottato
L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia
di origine (315 e seguenti), salve le eccezioni stabilite dalla legge.
L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia
dell'adottato né tra l'adottato e i parenti dell'adottante, salve
le eccezioni stabilite dalla legge (87).
Art. 301-303 (abrogati)
Art. 304 Diritti di successione
L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione
(567).
I diritti dell'adottato nella successione dell'adottante sono regolati
dalle norme contenute nel libro II (468, 536, 567).
Art. 305 Revoca dell'adozione
L'adozione si può revocare soltanto nei casi preveduti dagli
articoli seguenti (att. 352, 127).
Art. 306 Revoca per indegnità dell'adottato
La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale
su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita
di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si
sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva
della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.
Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione
può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità
in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.
Art. 307 Revoca per indegnità dell'adottante
Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti
dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti
o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunziata su domanda
dell'adottato.
Art. 308 (abrogato)
Art. 309 Decorrenza degli effetti della revoca
Gli effetti dell'adozione (298 e seguenti) cessano quando passa in
giudicato la sentenza di revoca.
Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante
per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono
esclusi dalla successione dell'adottante (463 e seguenti.).
Art. 310 (abrogato)
Capo II
Delle forme dell'adozione di persone di maggiore età
Art. 311 Manifestazione del consenso
Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del legale rappresentante
di questo, deve essere manifestato personalmente al presidente del tribunale
nel cui circondario l'adottante ha la residenza.
L'assenso delle persone indicate negli artt. 296 e 297 può essere
dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico
o per scrittura privata autenticata.
Art. 312 Accertamenti del tribunale
Il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:
se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;
se l'adozione conviene all'adottando.
Art. 313 Provvedimento del tribunale
Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero
e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con decreto
motivato decidendo di far luogo o non far luogo all'adozione.
L'adottante, il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni
dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del tribunale con reclamo
alla corte di appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero.
Art. 314 Pubblicità
Il decreto che pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, è
trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo
giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi
non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice
dell'impugnazione, su apposito registro e comunicato all'ufficiale di stato
civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresì
trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in
giudicato.
L'autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione
del decreto che pronunzia l'adozione o della sentenza di revoca nei modi
che ritiene opportuni.
Titolo IX
Della potestà dei genitori
Art. 315 Doveri del figlio verso i genitori
Il figlio (231 e seguenti) deve rispettare i genitori e deve contribuire
in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento
della famiglia finché convive con essa.
Art. 316 Esercizio della potestà dei genitori
Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età
maggiore o alla emancipazione (2, 390)
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi
(155, 317, 327, 343) i genitori.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno
dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando
i provvedimenti che ritiene più idonei.
Se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio,
il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili (322).
Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni
quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili
nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto
permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori
che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse
del figlio.
Art. 317 Impedimento di uno dei genitori
Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento
che renda impossibile ad uno dei genitori l'esercizio della potestà,
questa è esercitata in modo esclusivo dall'altro.
La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di
separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti
civili del matrimonio, i figli vengono affidati ad uno di essi. L'esercizio
della potestà è regolato, in tali casi, secondo quanto disposto
nell'art. 155.
Art. 317-bis Esercizio della potestà
Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà
su di lui.
Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, I'esercizio
della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi.
Si applicano le disposizioni dell'art. 316. Se i genitori non convivono
l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio
convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto
il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può
disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della
potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.
Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare
sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio
minore.
Art. 318 Abbandono della casa del genitore
Il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore
che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli.
Qualora se ne allontani senza il permesso, i genitori possono richiamarlo
ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.
Art. 319 (abrogato)
Art. 320 Rappresentanza e amministrazione
I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva
la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli
atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione,
esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali
di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore
(322).
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni
concordate, le disposizioni dell'art. 316.
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti
al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare
ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento
di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali (1572) o compiere
altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere,
transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se
non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione
del giudice tutelare.
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice
tutelare, il quale ne determina l'impiego.
L'esercizio di una impresa commerciale (2195) non può essere
continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice
tutelare. Questi può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa,
fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza (2198).
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla
stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita
in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli
un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei
genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta
esclusivamente all'altro genitore.
Art. 321 Nomina di un curatore speciale
In tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi
che esercita in via esclusiva la potestà 1155), non possono o non
vogliono compiere uno o più atti di interesse del figlio, eccedente
l'ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso,
del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse, e sentiti
i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo
al compimento di tali atti.
Art. 322 Inosservanza delle disposizioni precedenti
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli
del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti
la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
Art. 323 Atti vietati ai genitori
I genitori esercenti la potestà sui figli non possono, neppure
all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona
dei beni e dei diritti del minore.
Gli atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente
possono essere annullati (1422) su istanza del figlio o dei suoi eredi
o aventi causa.
I genitori esercenti la potestà non possono diventare cessionari
di alcuna ragione o credito verso il minore (1261).
Art. 324 Usufrutto legale
I genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto
dei beni del figlio.
I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e
all'istruzione ed educazione dei figli.
Non sono soggetti ad usufrutto legale:
i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;
i beni lasciati o donati (587, 769) al figlio per intraprendere una
carriera, un'arte o una professione;
i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti
la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione
però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima
(537);
i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e
accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori
esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione,
I'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art. 325 Obblighi inerenti all'usufrutto legale
Gravano sull'usufrutto legale gli obblighi propri dell'usufruttuario
(1001).
Art. 326 Inalienabilità dell'usufrutto legale. Esecuzione sui
frutti.
L'usufrutto legale non può essere oggetto di alienazione, di
pegno o di ipoteca né di esecuzione da parte dei creditori.
L'esecuzione sui frutti dei beni del figlio da parte dei creditori
dei genitori o di quello di essi che ne è titolare esclusivo non
può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati
contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Art. 327 Usufrutto legale di uno solo dei genitori
Il genitore che esercita in modo esclusivo la potestà è
il solo titolare dell'usufrutto legale.
Art. 328 Nuove nozze
Il genitore che passa a nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con
l'obbligo tuttavia di accantonare in favore del figlio quanto risulti eccedente
rispetto alle spese per il mantenimento, I'istruzione e l'educazione di
quest'ultimo.
Art. 329 Godimento dei beni dopo la cessazione dell'usufrutto legale
Cessato l'usufrutto legale, se il genitore ha continuato a godere i
beni del figlio convivente con esso senza procura ma senza opposizione,
o anche con procura ma senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli
o i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare i frutti esistenti al tempo
della domanda.
Art. 330 Decadenza dalla potestà sui figli
Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà
quando il genitore viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa
inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento
del figlio dalla residenza familiare.
Art. 331 (abrogato)
Art. 332 Reintegrazione nella potestà
Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore
che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza
è stata pronunciata, e escluso ogni pericolo di pregiudizio per
il figlio.
Art. 333 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale
da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare
comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze
può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre
l'allontanamento di lui dalla residenza familiare.
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
Art. 334 Rimozione dall'amministrazione
Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale
può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione
o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione
stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale.
L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta
la rimozione di entrambi i genitori.
Art. 335 Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione
Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto
legale può essere riammesso dal tribunale nell'esercizio dell'una
o nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato
il provvedimento (336; att. 382, 51).
Art. 336 Procedimento
I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su
ricorso dell'altro genitore, dei parenti (77) o del pubblico ministero
e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore
interessato.
Il tribunale provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737)
assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il
provvedimento e richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.
In caso di urgente necessità il tribunale può adottare,
anche di ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.
Art. 337 Vigilanza del giudice tutelare
Il giudice tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni
che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della potestà e
per l'amministrazione dei beni.
Art. 338-341 (abrogati)
Art. 342 Nuove nozze del genitore non ariano (abrogato)
Titolo X
Della tutele e dell'emancipazione
Capo I
Della tutela dei minori
Art. 343 Apertura della tutela
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare
la potestà dei genitori, si apre la tutela presso la pretura del
mandamento dove è la sede principale degli affari e interessi del
minore (att. 129).
Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro
mandamento, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del
tribunale.
Sezione I
Del giudice tutelare
Art. 344 Funzioni del giudice tutelare
Presso ogni pretura il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle
curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge.
Il giudice tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della
pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono
alle sue funzioni (att. 43 e seguenti).
Sezione II
Del tutore e del protutore
Art. 345 Denunzie al giudice tutelare
L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte
di una persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la
dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio,
che, procede alla pubblicazione (620) di un testamento contenente la designazione
di un tutore o di un protutore, devono darne notizia al giudice tutelare
entro dieci giorni.
Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito
in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle
quali derivi l'apertura di una tutela.
I parenti entro il terzo grado (76) devono denunziare al giudice tutelare
il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello
in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla
persona designata quale tutore o protutore entro dieci giorni da quello
in cui ha avuto notizia della designazione.
Art. 346 Nomina del tutore e del protutore
Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura
della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore (348, 354,
360, 389).
Art. 347 Tutela di più fratelli
E' nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che
particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi
è conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela,
il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale.
Art. 348 Scelta del tutore
Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore
che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori. La designazione
può essere fatta per testamento (587-2), per atto pubblico o per
scrittura privata autenticata (2699; 2703).
Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina
della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra
gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini (74, 78) del minore,
i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.
Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire
il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.
In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di
ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il
minore conformemente a quanto è prescritto nell'art. 147.
(5° comma abrogato).
Art. 349 Giuramento del tutore
Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare
giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza.
Art. 350 Incapacità all'ufficio tutelare
Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono
cessare dall'ufficio (att. 129):
coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta
del genitore il quale per ultimo ha esercitato la patria potestà;
coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti
o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della
quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole
del patrimonio di lui;
coloro che sono incorsi nella perdita della patria potestà o
nella decadenza da essa, o sono stati rimossi da altra tutela;
il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti.
Art. 351 Dispensa dall'ufficio tutelare
Sono dispensati dall'ufficio di tutore:
abrogato;
il Presidente del Consiglio dei Ministri;
i membri del Sacro Collegio;
i Presidenti delle Assemblee legislative:
i Ministri Segretari di Stato.
Le persone indicate nei nn. 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice
tutelare che non intendono valersi della dispensa.
Art. 352 Dispensa su domanda
Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o
dal continuare l'esercizio della tutela (353):
i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente;
gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;
abrogato;
i militari in attività di servizio;
chi ha compiuto gli anni sessantacinque
chi ha più di tre figli minori;
chi esercita altra tutela;
chi è impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;
chi ha missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per ragioni
di pubblico servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove è
costituita la tutela.
Art. 353 Domanda di dispensa
La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente
deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del
giuramento, salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta.
Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino
a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona.
Art. 354 Tutela affidata a enti di assistenza
La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti
conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere
deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha
domicilio il minore o all'ospizio in cui questi e ricoverato (402). L'amministrazione
dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni
di tutela (355-2)
E' tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore
al minore quando la natura o I'entità dei beni o altre circostanze
lo richiedono.
Art. 355 Protutore
Sono applicabili al protutore le disposizioni stabilite per il tutore
in questa sezione.
Non si nomina il protutore nei casi contemplati nel primo comma dell'art.
354.
Art. 356 Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore
Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore,
anche se questi è soggetto alla patria potestà, può
nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o
lasciati.
Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore
speciale deve osservare le forme stabilite dagli artt. 374 e 375 per il
compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
Si applica in ogni caso al curatore speciale l'art. 384.
Sezione III
Dell'esercizio della tutela
Art. 357 Funzioni del tutore
Il tutore ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta
in tutti gli atti civili e ne amministra i beni (362 e seguenti).
Art. 358 Doveri del minore
Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non può
abbandonare la casa o I'istituto al quale è stato destinato, senza
il permesso del tutore.
Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo,
ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare.
Art. 359 (abrogato)
Art. 360 Funzioni del protutore
Il protutore rappresenta il minore nei casi in cui l'interesse di questo
è in opposizione con l'interesse del tutore (380).
Se anche il protutore si trova in opposizione d'interessi col minore,
il giudice tutelare nomina un curatore speciale.
Il protutore è tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore
nel caso in cui il tutore è venuto a mancare o ha abbandonato l'ufficio.
Frattanto egli ha cura della persona del minore, lo rappresenta e può
fare tutti gli atti conservativi e gli atti urgenti di amministrazione.
Art. 361 Provvedimenti urgenti
Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni,
spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del
pubblico ministero, di un parente o di un affine del minore, i provvedimenti
urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e
amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo,
all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguenti), nonostante
qualsiasi dispensa.
Art. 362 Inventario
Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente
notizia della sua nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore,
nonostante qualsiasi dispensa (363 e seguenti; att. 46-1).
L'inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva
al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se le circostanze
lo esigono (382).
Art. 363 Formazione dell'inventario
L'inventario si fa col ministero del cancelliere della pretura o di
un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento
del protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto
gli anni sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti preferibilmente
fra i parenti o gli amici della famiglia.
Il giudice può consentire che l'inventario sia fatto senza ministero
di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio non
eccede quindicimila lire.
L'inventario è depositato presso la pretura.
Nel verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con
giuramento la sincerità.
Art. 364 Contenuto dell'inventario
Nell'inventario si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i debiti
e si descrivono le carte, note e scritture relative allo stato attivo e
passivo del patrimonio, osservando le formalità stabilite nel codice
di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti).
Art. 365 Inventario di aziende
Se nel patrimonio del minore esistono aziende commerciali o agricole,
si procede con le forme usate nel commercio o nell'economia agraria alla
formazione dell'inventario dell'azienda, con l'assistenza e l'intervento
delle persone indicate nell'art. 363. Questi particolari inventari sono
pure depositati presso la pretura e il loro riepilogo e riportato nell'inventario
generale.
Art. 366 Beni amministrati da curatore speciale
Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio
del minore anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita
a un curatore speciale (356). Se questi ha formato un inventario particolare
di tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale lo unirà
all'inventario generale.
Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici
della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia esonerato.
Art. 367 Dichiarazione di debiti o crediti del tutore
Il tutore, che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore,
deve esattamente dichiararli prima della chiusura dell'inventario. Il cancelliere
o il notaio hanno l'obbligo d'interpellarlo al riguardo.
Nel caso d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio, il tutore
è interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito.
In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e della dichiarazione
del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito (368).
Art. 368 Omissione della dichiarazione
Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente
interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto.
Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente
il proprio debito, può essere rimosso dalla tutela (384).
Art. 369 Deposito di titoli e valori
Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore
e gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto
di credito (att. 251 e seguenti) designato dal giudice tutelare, salvo
che questi disponga diversamente per la loro custodia.
Non è tenuto a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti
di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di amministrazione
(357).
Art. 370 Amministrazione prima dell'inventario
Prima che sia compiuto l'inventario, I'amministrazione del tutore deve
limitarsi agli affari che non ammettono dilazione (361).
Art. 371 Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione
Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore
e sentito il protutore, delibera:
sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento
agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito
lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è
opportuno, I'avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei
minorenni;
sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione del
minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego
del reddito eccedente;
sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende
commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative
modalità e cautele.
Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore
la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve domandare
l'autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale
il giudice tutelare può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa
(2198; att. 38-2).
Art. 372 Investimento di capitali
I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice tutelare,
essere dal tutore investiti:
in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato;
nell'acquisto di beni immobili posti nello Stato;
in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nello Stato,
o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a esercitare
il credito fondiario;
in depositi fruttiferi presso le casse postali o presso altre casse
di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice, sentito il tutore
e il protutore, può autorizzare il deposito presso altri istituti
di credito (att. 251), ovvero, per motivi particolari, un investimento
diverso da quelli sopra indicati (att. 45-1)
Art. 373 Titoli al portatore
Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore, il tutore
deve farli convertire in nominativi (1999), salvo che il giudice tutelare
disponga che siano depositati in cauta custodia (att. 45-1).
Art. 374 Autorizzazione del giudice tutelare
Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare
(377; att. 45-1):
acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore,
per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio (357);
riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo
svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le
spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione
del suo patrimonio;
accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati
soggetti a pesi o a condizioni;
fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio (1572) o che
in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della
maggiore età;
promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera
o di danno temuto (1171 s.), di azioni possessorie o di sfratto e di azioni
per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.
Art. 375 Autorizzazione del tribunale
Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale (Cod.
Proc. Civ. 732):
alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento
(376);
costituire pegni o ipoteche;
procedere a divisione o promuovere i relativi giudizi;
fare compromessi e transazioni o accettare concordati.
L'autorizzazione è data su parere del giudice tutelare.
Art. 376 Vendita di beni
Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale determina se debba
farsi all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo
minimo (Cod. Proc. Civ. 734).
Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non ha stabilito il modo
di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il giudice tutelare
(att. 45-1)
Art. 377 Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti
articoli
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli
possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei suoi
eredi o aventi causa (1425 e seguenti).
Art. 378 Atti vietati al tutore e al protutore
Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi
acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti
del minore (1471, n. 3).
Non possono prendere in locazione i beni del minore senza l'autorizzazione
e le cautele fissate dal giudice tutelare.
Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati
su istanza delle persone indicate nell'articolo precedente, ad eccezione
del tutore e del protutore che li hanno compiuti (1425 e seguenti).
Il tutore e il protutore non possono neppure diventare cessionari di
alcuna ragione o credito (1261) verso il minore.
Art. 379 Gratuità della tutela
L'ufficio tutelare è gratuito.
Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio
e le difficolta dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa
indennità. Può altresì, se particolari circostanze
lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare
nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da
una o più persone stipendiate.
Art. 380 Contabilità dell'amministrazione
Il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione
e renderne conto ogni anno al giudice tutelare (att. 46-1).
Il giudice può sottoporre il conto annuale all'esame del protutore
e di qualche prossimo parente o affine del minore.
Art. 381 Cauzione
Il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità
del patrimonio, può imporre al tutore di prestare una cauzione,
determinandone l'ammontare e le modalità (att. 131).
Egli può anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla
cauzione che avesse prestata.
Art. 382 Responsabilità del tutore e del protutore
Il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza
del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il minore di ogni danno
a lui cagionato violando i propri doveri.
Nella stessa responsabilità incorre il protutore per ciò
che riguarda i doveri del proprio ufficio.
Sezione IV
Della cessazione del tutore dall'ufficio
Art. 383 Esonero dall'ufficio
Il giudice tutelare può sempre esonerare il tutore dall'ufficio,
qualora l'esercizio di esso sia al tutore soverchiamente gravoso e vi sia
altra persona atta a sostituirlo (att. 129-2).
Art. 384 Rimozione e sospensione del tutore
Il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che
si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o
si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole
dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente.
Il giudice non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito
o citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei
casi che non ammettono dilazione (att. 129-2).
Sezione V
Del rendimento del conto finale
Art. 385 Conto finale
Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei
beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione
al giudice tutelare. Questi può concedere una proroga (att. 46-1).
Art. 386 Approvazione del conto
Il giudice tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore
o emancipato, ovvero, secondo le circostanze, il nuovo rappresentante legale
a esaminare il conto e a presentare le loro osservazioni.
Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto irregolarità
o lacune lo approva; in caso contrario nega l'approvazione (att. 45-1).
Qualora il conto non sia stato presentato o sia impugnata la decisione
del giudice tutelare, provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio
degli interessati (att. 45-3).
Art. 387 Prescrizione delle azioni relative alla tutela
Le azioni del minore contro il tutore e quelle del tutore contro il
minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal compimento
della maggiore età o dalla morte del minore. Se il tutore ha cessato
dall'ufficio e ha presentato il conto prima della maggiore età o
della morte del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento
col quale il giudice tutelare pronunzia sul conto stesso (386).
Le disposizioni di quest'articolo non si applicano all'azione per il
pagamento del residuo che risulta dal conto definitivo (2941-3).
Art. 388 Divieto di convenzioni prima dell'approvazione del conto
Nessuna convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore può
aver luogo prima dell'approvazione del conto della tutela (596, 779).
La convenzione può essere annullata su istanza del minore o
dei suoi eredi o aventi causa.
Art. 389 Registro delle tutele
Nel registro delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare,
sono iscritti a cura del cancelliere l'apertura e la chiusura della tutela,
la nomina, I'esonero e la rimozione del tutore e del protutore, le risultanze
degli inventari e dei rendiconti e tutti i provvedimenti che portano modificazioni
nello stato personale o patrimoniale del minore (att. 48 e seguenti).
Dell'apertura e della chiusura della tutela il cancelliere dà
comunicazione entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per l'annotazione
in margine all'atto di nascita del minore.
Capo II
Dell'emancipazione
Art. 390 Emancipazione di diritto
Il minore è di diritto emancipato col matrimonio.
Art. 391 (abrogato)
Art. 392 Curatore dell'emancipato
Curatore del minore sposato con persone maggiore di età è
il coniuge.
Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare
può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori.
Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'età,
o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o
la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori,
se idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il
minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì
negli atti previsti nell'art. 165.
Art. 393 Incapacità o rimozione del curatore
Sono applicabili al curatore le disposizioni degli artt. 348 ultimo
comma, 350 e 384 (att. 129-2).
Art. 394 Capacità dell'emancipato
L'emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere
gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione (397, 2942).
Il minore emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere
i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare
in giudizio sia come attore sia come convenuto.
Per gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il
consenso del curatore (395), è necessaria l'autorizzazione del giudice
tutelare (att. 45-1) Per gli atti indicati nell'art. 375 I'autorizzazione,
se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su
parere del giudice tutelare.
Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è
nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'art. 320 (396;
att. 45-1).
Art. 395 Rifiuto del consenso da parte del curatore
Nel caso in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore può
ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima ingiustificato il rifiuto,
nomina un curatore speciale per assistere il minore nel compimento dell'atto,
salva, se occorre, I'autorizzazione del tribunale (att. 45-1).
Art. 396 Inosservanza delle precedenti norme
Gli atti compiuti senza osservare le norme stabilite nell'art. 394
possono essere annullati su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi
causa (1425 e seguenti).
Sono applicabili al curatore le disposizioni dell'art. 378.
Art. 397 Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale
Il minore emancipato può esercitare un'impresa commerciale senza
l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo
parere del giudice tutelare e sentito il curatore (2198; att. 100).
L'autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza
del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice
tutelare e sentito il minore emancipato.
Il minore emancipato, che è autorizzato all'esercizio di una
impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono
l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa
(394, 774; Cod. Proc. Civ. 75).
Art. 398-399 (abrogati)
Titolo XI
Dell'affiliazione e dell'affidamento
Art. 400 Norme regolatrici dell'assistenza dei minori
L'assistenza dei minori è regolata, oltre che dalle leggi speciali,
dalle norme del presente titolo (vedere anche Legge 4 maggio 1983, n. 184,
riportata tra le Leggi Speciali).
Art. 401 Limiti di applicazione delle norme
Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che
sono figli di genitori non conosciuti, ovvero figli naturali riconosciuti
dalla sola madre che si trovi nell'impossibilità di provvedere al
loro allevamento.
Le stesse disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto
di pubblica assistenza o assistiti da questo per il mantenimento, l'educazione
o la rieducazione, ovvero in istato di abbandono materiale o morale.
Art. 402 Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza
L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore
ricoverato o assistito (406, 412), secondo le norme del titolo X, capo
I di questo libro (343 e seguenti), fino a quando non si provveda alla
nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della patria
potestà o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà
del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio,
ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354.
Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potestà,
l'Istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti
o condizioni a tale esercizio.
Art. 403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori
Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o
è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per
negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di
provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo
degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino
a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.
Art. 404-413 (abrogati)
Titolo XII
Dell'infermità di mente, dell'interdizione ed dell'inabilitazione
Art. 414 Persone che devono essere interdette
Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano
in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci
di provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti (417 e seguenti).
Art. 415 Persone che possono essere inabilitate
Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non
è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere
inabilitato (417 e seguenti, 429).
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità
(776) o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono
sé e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita
o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente,
salva l'applicazione dell'art. 414 quando risulta che essi sono del tutto
incapaci di provvedere ai propri interessi.
Art. 416 Interdizione e inabilitazione nell'ultimo anno di minore età
Il minore non emancipato può essere interdetto o inabilitato
nell'ultimo anno della sua minore età. L'interdizione o l'inabilitazione
ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge l'età maggiore
(421).
Art. 417 Istanza d'interdizione o di inabilitazione
L'interdizione o l'inabilitazione possono essere promosse dal coniuge,
dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado,
dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero (85; Cod. Proc. Civ.
712).
Se l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la patria potestà
o ha per curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non
può essere promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico
ministero.
Art. 418 Poteri dell'autorità giudiziaria
Promosso il giudizio d'interdizione, può essere dichiarata anche
d'ufficio l'inabilitazione per infermità di mente.
Se nel corso del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza delle
condizioni richieste per l'interdizione, il pubblico ministero fa istanza
al tribunale di pronunziare l'interdizione, e il tribunale provvede nello
stesso giudizio, premessa l'istruttoria necessaria (att. 40).
Art. 419 Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori
Non si può pronunziare l'interdizione o l'inabilitazione senza
che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando (Cod.
Proc. Civ. 713 e seguenti).
Il giudice può in questo esame farsi assistere da un consulente
tecnico. Può anche d'ufficio disporre i mezzi istruttori utili ai
fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi dell'interdicendo o inabilitando
e assumere le necessarie informazioni.
Dopo l'esame, qualora sia ritenuto opportuno, può essere nominato
un tutore provvisorio all'interdicendo o un curatore provvisorio all'inabilitando
(Cod. Proc. Civ. 714 e seguenti).
Art. 420 Internamento definitivo in manicomio (abrogato)
Art. 421 Decorrenza degli effetti dell'interdizione e dell'inabilitazione
L'interdizione e l'inabilitazione producono i loro effetti dal giorno
della pubblicazione della sentenza, salvo il caso previsto dall'art. 416
(776).
Art. 422 Cessazione del tutore e del curatore provvisorio
Nella sentenza che rigetta l'istanza d'interdizione o d'inabilitazione,
può disporsi che il tutore o il curatore provvisorio, rimanga in
ufficio fino a che la sentenza non sia passata in giudicato (Cod. Proc.
Civ. 324).
Art. 423 Pubblicità
Il decreto di nomina del tutore o del curatore provvisorio e la sentenza
d'interdizione o d'inabilitazione devono essere immediatamente annotati
a cura del cancelliere nell'apposito registro e comunicati entro dieci
giorni all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto
di nascita (att. 42).
Art. 424 Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato
Le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei
minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti
e alla curatela degli inabilitati (343 e seguenti, 390 e seguenti).
Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi
di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore provvisorio
dell'inabilitando a norma dell'art. 419. Per l'interdicendo non si nomina
il protutore provvisorio.
Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato
il giudice tutelare deve preferire il coniuge maggiore di età che
non sia separato legalmente (150 e seguenti), il padre, la madre, un figlio
maggiore di età o la persona eventualmente designata dal genitore
superstite con testamento (587), atto pubblico o scrittura privata autenticata
(2699, 2703).
Art. 425 Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato
L'inabilitato può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale
soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare (2198;
att. 100).
L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore
(2203 e seguenti)
Art. 426 Durata dell'ufficio
Nessuno è tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o
nella curatela dell'inabilitato oltre i dieci anni, ad eccezione del coniuge,
degli ascendenti o dei discendenti.
Art. 427 Atti compiuti dall'interdetto e dall'inabilitato
Gli atti compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione
possono essere annullati su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi
eredi o aventi causa (1425 e seguenti). Sono del pari annullabili gli atti
compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio, qualora
alla nomina segua la sentenza d'interdizione.
Possono essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi
o aventi causa gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato,
senza l'osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza
di inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla
nomina sia seguita l'inabilitazione (776).
Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza d'interdizione
o prima della nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni
dell'articolo seguente.
Art. 428 Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere
Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi
essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere
o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere
annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa,
se ne risulta un grave pregiudizio all'autore (1425 e seguenti).
L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non
quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona
incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto
o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente (1425).
L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui
l'atto o il contratto è stato compiuto (2953).
Resta salva ogni diversa disposizione di legge (120, 591, 775,1195;
att. 130).
Art. 429 Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione
Quando cessa la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste
possono essere revocate su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto
grado o degli affini entro il secondo grado, del tutore dell'interdetto,
del curatore dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero (Cod.
Proc. Civ. 720).
Il giudice tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione
o dell'inabilitazione continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne
il pubblico ministero.
Art. 430 Pubblicità
Alla sentenza di rievoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si
applica l'art. 423.
Art. 431 Decorrenza degli effetti della sentenza di revoca
La sentenza che revoca l'interdizione o l'inabilitazione produce i
suoi effetti appena passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Tuttavia gli atti compiuti dopo la pubblicazione della sentenza di
revoca non possono essere impugnati se non quando la revoca è esclusa
con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Art. 432 Inabilitazione nel giudizio di revoca dell'interdizione
L'autorità giudiziaria che pur riconoscendo fondata l'istanza
di revoca dell'interdizione, non crede che l'infermo abbia riacquistato
la piena capacità, può revocare l'interdizione e dichiarare
inabilitato l'infermo medesimo.
Si applica anche in questo caso il primo comma dell'articolo precedente.
Gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti dall'inabilitato
dopo la pubblicazione della sentenza che revoca l'interdizione, possono
essere impugnati solo quando la revoca è esclusa con sentenza passata
in giudicato.
Titolo XIII
Degli alimenti
Art. 433 Persone obbligate
All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine:
il coniuge;
i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza,
i discendenti prossimi, anche naturali;
i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali;
gli adottanti;
i generi e le nuore;
il suocero e la suocera;
i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani
sugli unilaterali.
Art. 434 Cessazione dell'obbligo tra affini
L'obbligazione alimentare del suocero e della suocera e quella del
genero e della nuora cessano:
quando la persona che ha diritto agli alimenti è passata a nuove
nozze;
quando il coniuge, da cui deriva l'affinità, e i figli nati
dalla sua unione con l'altro coniuge e i loro discendenti sono morti.
Art. 435 (abrogato)
Art. 436 Obbligo tra adottante e adottato
L'adottante deve (301) gli alimenti al figlio adottivo con precedenza
sui genitori legittimi o naturali di lui.
Art. 437 Obbligo del donatario
Il donatario (769 e seguenti) è tenuto, con precedenza su ogni
altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti
di donazione fatta in riguardo di un matrimonio o di una donazione rimuneratoria
(770. 785).
Art. 438 Misura degli alimenti
Gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in istato di
bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda
e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia
superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando (660, 1881),
avuto però riguardo alla sua posizione sociale.
Il donatario non è tenuto oltre il valore della donazione tuttora
esistente nel suo patrimonio.
Art. 439 Misura degli alimenti tra fratelli e sorelle
Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello
stretto necessario.
Possono comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione
se si tratta di minore.
Art. 440 Cessazione, riduzione e aumento
Se dopo l'assegnazione degli alimenti mutano le condizioni economiche
di chi li somministra o di chi li riceve, l'autorità giudiziaria
provvede per la cessazione, la riduzione o l'aumento, secondo le circostanze.
Gli alimenti possono pure essere ridotti per la condotta disordinata o
riprovevole dell'alimentato.
Se, dopo assegnati gli alimenti, consta che uno degli obbligati di
grado anteriore è in condizione di poterli somministrare, l'autorità
giudiziaria non può liberare l'obbligato di grado posteriore se
non quando abbia imposto all'obbligato di grado anteriore di somministrare
gli alimenti.
Art. 441 Concorso di obbligati
Se più persone sono obbligate nello stesso grado alla prestazione
degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa, ciascuna
in proporzione delle proprie condizioni economiche.
Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono
in condizioni di sopportare l'onere in tutto o in parte, l'obbligazione
stessa è posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate
in grado posteriore.
Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione
e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l'autorità
giudiziaria secondo le circostanze.
Art. 442 Concorso di aventi diritto
Quando o più persone hanno diritto agli alimenti nei confronti
di un medesimo obbligato, e questi non è in grado di provvedere
ai bisogni di ciascuna di esse, l'autorità giudiziaria dà
i provvedimenti opportuni, tenendo conto della prossimità della
parentela e dei rispettivi bisogni, e anche della possibilità che
taluno degli aventi diritto abbia di conseguire gli alimenti da obbligati
di grado ulteriore.
Art. 443 Modo di somministrazione degli alimenti
Chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa
obbligazione o mediante un assegno alimentare corrisposto in periodi anticipati
(2948), o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto.
L'autorità giudiziaria può però, secondo le circostanze,
determinare il modo di somministrazione.
In caso di urgente necessità, l'autorità giudiziaria
può altresì porre temporaneamente l'obbligazione degli alimenti
a carico di uno solo tra quelli che vi sono obbligati, salvo il regresso
verso gli altri.
Art. 444 Adempimento della prestazione alimentare
L'assegno alimentare prestato secondo le modalità stabilite
non può essere nuovamente richiesto, qualunque uso l'alimentando
ne abbia fatto.
Art. 445 Decorrenza degli alimenti
Gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal
giorno della costituzione in mora dell'obbligato (1219), quando questa
costituzione sia entro sei mesi seguita dalla domanda giudiziale (2948).
Art. 446 Assegno provvisorio
Finché non sono determinati definitivamente il modo e la misura
degli alimenti, il pretore o presi dente del tribunale può, sentita
l'altra parte, ordinare un assegno in via provvisoria ponendolo, nel caso
di concorso di più obbligati, a carico anche di uno solo di essi,
salvo il regresso verso gli altri.
Art. 447 Inammissibilità di cessione e di compensazione
Il credito alimentare non può essere ceduto (1260, 2751).
L'obbligo agli alimenti non può opporre all'altra parte la compensazione,
neppure quando si tratta di prestazioni arretrate.
Art. 448 Cessazione per morte dell'obbligato
L'obbligo degli alimenti cessa con la morte dell'obbligato, anche se
questi li ha somministrati in esecuzione di sentenza (50, 63).
Art. 453 Annotazioni
Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già
iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non e ordinata
dall'autorità giudiziaria.
Art. 454 Rettificazioni
La rettificazione degli atti dello stato civile si fa in forza di sentenza
del tribunale passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), con la quale
si ordina all'ufficiale dello stato civile di rettificare un atto esistente
nei registri o di ricevere un atto omesso, o di rinnovare un atto smarrito
o distrutto.
Le sentenze devono essere trascritte nei registri.
Art. 455 Efficacia della sentenza di rettificazione
La sentenza di rettificazione non può essere opposta a quelli
che non concorsero a domandare la rettificazione, ovvero non furono parti
in giudizio o non vi furono regolarmente chiamati.