|
- Consiglio
dei Geologi, codice deontologico, parcelle, dignità professionale.
- Il sistema introdotto dall'art. 267 TFUE per
assicurare l'uniformità dell'interpretazione del diritto dell'Unione
negli Stati membri istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i
giudici nazionali, attraverso un procedimento estraneo ad ogni
iniziativa delle parti. Spetta quindi unicamente al giudice del rinvio
determinare e formulare le questioni pregiudiziali vertenti
sull'interpretazione del diritto dell'Unione che esso ritenga rilevanti
ai fini della soluzione del procedimento principale; non devono essere
applicate le norme nazionali che abbiano l'effetto di ledere tale
competenza.
Nello specifico, le regole come quelle previste dal codice deontologico
relativo all'esercizio della professione di geologo in Italia,
approvato dal Consiglio nazionale dei geologi il 19 dicembre 2006 e
modificato da ultimo il 24 marzo 2010, che prevedono come criteri di
commisurazione delle parcelle dei geologi, oltre alla qualità e
all'importanza della prestazione del servizio, la dignità della
professione, costituiscono una decisione di un'associazione di imprese
ai sensi dell'art. 101, par. 1 TFUE, che può avere effetti restrittivi
della concorrenza nel mercato interno. Spetta dunque al giudice del
rinvio valutare, alla luce del contesto globale in cui tale codice
deontologico dispiega i suoi effetti, compreso l'ordinamento giuridico
nazionale, nonché la prassi applicativa di detto codice da parte
dell'Ordine nazionale dei geologi, se i predetti effetti si producano
nel caso di specie. Tale giudice deve anche verificare se, alla luce di
tutti gli elementi rilevanti di cui dispone, le regole del medesimo
codice, in particolare nella parte in cui fanno riferimento al criterio
relativo alla dignità della professione, possano essere considerate
necessarie al conseguimento dell'obiettivo legittimo collegato a
garanzie accordate ai consumatori dei servizi dei geologi. Corte di Giustizia UE,
sezione IV, sentenza 18 luglio 2013, n C-136/12
- Compensi
professionali e tariffe. Il
compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla
tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera solo nel caso in cui esso
non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'art. 2233 cod. civ.
pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di
determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla
convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di
quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e,
infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri
di cui all'art. 36, primo comma, Cost., applicabili solo ai rapporti di
lavoro subordinato. La violazione dei precetti normativi che impongono
l'inderogabilità dei minimi tariffari (quale, per gli ingegneri ed
architetti, quello contenuto nella legge 5 maggio 1976, n. 340) non
importa la nullità, ex art. 1418, primo comma, cod. civ., del patto in
deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse
generale, cioè dell'intera collettività, ma solo ad un interesse della
categoria professionale. Corte di Cassazione, Sez. II
Civile - Sentenza 24 giugno 2013, n.15786
|
|