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Condominio,
sopraelevazione, condizioni statiche dell'edificio, art.
1127 cod.
civ., rispetto della normativa antisismica. Il
divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche
dell'edificio, previsto dall'art. 1127 comma 2 cod. civ., va
interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se
le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso, ma
nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture
siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di
sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di
origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano
particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle
caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici,
esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127 comma 2 cod. civ.,
e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della
sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova,
incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la
sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a
fronteggiare il rischio sismico. Cassazione
civile, sezione II, sentenza 26 aprile
2013, n. 10082
- Condomini,
amministratore, numero, compenso medio, accertamento induttivo. È
legittimo l'accertamento effettuato dall'amministrazione tributaria sul
reddito
dichiarato da un amministratore di condomini, basatosi non solo sugli
studi di
settore, ma anche sui proventi derivanti dal contributo della società
di sua
appartenenza e sulle quote di ammortamento non risultanti in
contabilità, oltre
a costi non inerenti, tenendo anche conto di ciascuno dei condomini
amministrati, sicché l'unico dato induttivamente ricostruito sarebbe
quello del
compenso medio per ciascun incarico di amministrazione, a contrasto del
quale
non manca al contribuente la maniera per dare analiticamente conto dei
redditi
effettivamente percepiti. Cassazione
civile sezione VI T sentenza 05 marzo 2013
n. 5473
-
La
sostituzione integrale o
parziale del tetto
- Così
come la sua permanente occupazione in parte
con la
sovrapposizione di altro manufatto - Ad
opera del proprietario
dell'ultimo
piano di un edificio condominiale, con una diversa copertura
costituisce
alterazione della destinazione della cosa comune.
In
tema di condominio, la
sostituzione integrale o parziale del tetto - così come la
sua permanente
occupazione in parte con la sovrapposizione di altro manufatto - ad
opera del
proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale, con una
diversa
copertura (terrazza od altra struttura equivalente, come potrebbe
essere proprio
un'altana) che pur non eliminando l'assolvimento della funzione
originariamente
svolta dal tetto stesso, valga ad imprimere al nuovo manufatto, per le
sue
caratteristiche strutturali e per i suoi annessi, anche una
destinazione ad uso
esclusivo dell'autore dell'opera, costituisce alterazione della
destinazione
della cosa comune e non può considerarsi insita nel più ampio diritto
di
sopraelevazione spettante al proprietario dell'ultimo piano. Cassazione
civile sezione II
sentenza 28 febbraio 2013 n. 503
- La
sostituzione integrale o
parziale del tetto -
Così
come la sua permanente occupazione in parte
con la
sovrapposizione di altro manufatto - Ad
opera del proprietario
dell'ultimo
piano di un edificio condominiale, con una diversa copertura
costituisce
alterazione della destinazione della cosa comune. Qualora
il proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale provveda
a
modificare una parte del tetto condominiale trasformandola in terrazza
(od
occupandola con altra struttura equivalente od omologa) a proprio uso
esclusivo, tale modifica è da ritenere illecita non potendo essere
invocato
l'art. 1102 c.c., poiché non si è in presenza di una modifica
finalizzata al
migliore godimento della cosa comune, bensì all'appropriazione di una
parte di
questa che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di
futuro
godimento da parte degli altri, non assume alcun rilievo il fatto che
la parte
di tetto sostituita od occupata permanentemente continui a svolgere una
funzione di copertura dell'immobile. Cassazione
civile sezione II
sentenza 28 febbraio 2013 n. 503
-
Il
proprietario del piano superiore non può chiudere la scala con una
porta. La
presunzione legale di proprietà come sancita dall'art. 1117 c.c., viene
meno, oltre che per effetto di un titolo contrario, allorquando si
tratti di cose che servano al godimento esclusivo di una parte
dell'edificio in condominio formante oggetto di un autonomo diritto di
proprietà. Tale principio, astrattamente valido nell'ipotesi che la
cosa presenti caratteristiche strutturali, oltre che funzionali,
escludenti l'uso e il godimento comune, non può essere invocato con
riferimento a quelle strutture essenziali, specificamente elencate al
n. 1 del citato articolo, che condizionano l'esistenza stessa
dell'edificio alla cui conservazione, quindi, tutti i condomini sono
interessati indipendentemente dalla concreta utilizzazione che ciascuno
ne possa fare. Così dicasi delle scale e, tanto più,
dell'unica scala dell'edificio diviso per piani, poichè, come è
evidente, il fatto che le parti di essa destinate a raggiungere i piani
superiori non siano normalmente usate dai condomini dei piani inferiori
non può assumere alcun significato per escludere la proprietà comune
dell'intera unitaria struttura in capo a questi ultimi, il che rende
priva di qualsiasi rilevanza anche l'asserita circostanza che nel caso
di specie mancasse un varco di accesso al tetto dal ballatoio del
secondo piano. In questi casi, la presunzione dell'art. 1117
c.c., può essere vinta solo dalla prova del titolo. Cassazione
civile Sezione II sentenza 21 febbraio 2013 n.4419
- Condominio,
per l’installazione di cancelli non serve la maggioranza qualificata. Per
l’installazione di cancelli nel condominio non è necessaria la
maggioranza qualificata. In
tema di condominio di edifici, la
delibera
assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di un’area di
accesso
al fabbricato condominiale con uno o più cancelli per disciplinare il
transito
pedonale e veicolare anche in funzione di impedire l’indiscriminato
accesso di
terzi estranei a tale area, rientra legittimamente nei poteri
dell’assemblea
dei condomini, attinendo all’uso della cosa comune ed alla sua
regolamentazione, senza sopprimere o limitare la facoltà di godimento
dei
condomini, non incidendo sull’essenza del bene comune né alterandone la
funzione o la destinazione.
Pertanto non è richiesta per la legittimità di
una
delibera assembleare avente detto oggetto, l’adozione con la
maggioranza
qualificata dei due terzi del valore dell’edificio, non concernendo
tale
delibera una innovazione secondo il significato attribuito a tale
espressione
dal codice civile, ma riguardando solo la regolamentazione dell’uso
ordinario
della cosa comune consistente nel consentire a terzi estranei al
condominio
l’indiscriminato accesso alle aree condominiali delimitate dai
cancelli.
Cassazione civile
sezione II
sentenza 21 febbraio 2013 n. 4340
- Supercondominio.
Disciplina ad esso applicabile sia con riferimento al godimento dei
beni comuni
sia con riferimento alla validità delle delibere condominiali che ne
disciplinano l’uso comune. Calcolo maggioranze. All'assemblea
del
“supercondominio” devono partecipare tutti i proprietari delle unità
immobiliari ubicate nei diversi edifici, con la conseguenza che le
disposizioni
dell'art. 1136 c.c., in tema di formazione e
di
calcolo delle maggioranze, si
applicano considerando gli elementi reale e personale dello stesso
“supercondominio”, rispettivamente configurati da tutte le unità
comprese nel
complesso e da tutti i proprietari. Cassazione
civile sezione II sentenza 21 febbraio 2013 n. 4340
- Condominio,
amministratore, inerzia colpevole, missiva, ingiuria, provocazione.
La
causa
di non punibilità della provocazione, prevista nei delitti contro
l’onore,
dovuta allo stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui, è
ravvisabile
ogniqualvolta il soggetto attivo ponga in essere la condotta
astrattamente
offensiva mosso da uno stato d’animo direttamente riconducibile al
fatto altrui
che, sebbene non illecito o illegittimo, si delinei quale atteggiamento
contrario al vivere civile ovvero lesivo di regole comunemente
accettate nella
civile convivenza.
Inoltre, non è necessario che la reazione venga attuata nello stesso
momento in
cui sia ricevuta l’offesa, essendo sufficiente che essa abbia luogo
finché duri
lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, a nulla rilevando che
sia
trascorso del tempo, ove il ritardo nella reazione sia dipeso
unicamente dalla
natura e dalle esigenze proprie degli strumenti adoperati per ritorcere
l’offesa, come, ad esempio, nel caso di ingiuria realizzata a mezzo di
una
missiva, spedita giorni dopo la commissione del presunto fatto
ingiusto. (Nel
caso di specie, l'amministratrice del condominio aveva agito con
superficialità, sottovalutando colpevolmente le conseguenze che il
trambusto
inevitabilmente prodotto dal montaggio di un'impalcatura, dalla
esecuzione dei
lavori di demolizione e dal trasporto dei materiali di risulta dai
piani
superiori, avrebbe potuto determinare sulla tranquillità e, quindi,
sulla
serenità delle quotidiane condizioni di vita della condomina
all’interno della
sua abitazione, che andavano, invece, particolarmente garantite in
considerazione dello stato di convalescenza in cui la ricorrente si
trovava,
all’esito di un delicato intervento chirurgico cui si era sottoposta,
connesso
alla patologia tumorale da cui era affetta. In questa ingiustificabile
inerzia,
e non nella esecuzione dei lavori di ristrutturazione è stato
identificato il
fatto ingiusto altrui.) Cassazione
penale sezione V sentenza 20 febbraio 2013 n. 8336
- Il
condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica
distinta da
quella dei singoli condomini. Configurandosi
il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità
giuridica
distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo
rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli
partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e
comuni
inerenti all'edificio condominiale, con la conseguenza che non
sussistono
impedimenti a che i singoli condomini, non solo intervengano nel
giudizio in
cui tale difesa sia stata assunta dall'amministratore, ma anche si
avvalgano,
in via autonoma, dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti
sfavorevoli
della sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato
dall'amministratore, non spiegando influenza alcuna, in contrario, la
circostanza della mancata impugnazione di tale sentenza da parte
dell'amministratore. Cassazione
civile sezione II sentenza 6 febbraio 2013 n. 2840
-
Il
regolamento
condominiale di natura contrattuale può incidere sui diritti dei
singoli
condomini inerenti le parti comuni e quelle di proprietà esclusiva,
fino al
punto da vietare, in maniera più stringente rispetto al codice civile,
determinati comportamenti.
Le
norme
di un regolamento di condominio - aventi natura contrattuale, in quanto
predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed
accettate con i
singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede
assembleare con
il consenso unanime di tutti i condomini - possono derogare od
integrare la
disciplina legale ed in particolare possono dare del concetto di decoro
architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta
dall'articolo
1120 cod. civ., estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la
conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica,
all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della
sua
costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva.
(Cass., 6 ottobre 1999, n. 11121; ma anche Cass., 29 aprile 2005, n.
8883;
Cass., 14 dicembre 2007, n. 26468). Cassazione
civile sezione II sentenza 24 gennaio 2013 n. 1748
- Condominio,
nuovo acquirente, spese, responsablità solidale, appello, giudice. La
richiesta rivolta al neoacquirente dell'immobile sito in un condominio
del
pagamento degli oneri condominiali anche per il periodo anteriore al
suo
acquisto implica inequivocabilmente l'applicabilità del disposto
dell'art. 63,
2 co., disp. att. c.c., che pone, per il biennio precedente
all'acquisto,
l'obbligo del successore nei diritti di un condomino di versare, in
solido con
il dante causa, i contributi da costui dovuti al condominio, e pertanto
deve
essere applicata dal giudice adito, anche nel giudizio di appello, a
prescindere dalla sua specifica indicazione. Cassazione
civile sezione II sentenza 23 gennaio 2013 n. 1548
- Condominio
e privacy.
In
materia di privacy, dal momento che ai sensi dell'art. 4, comma 1 lett.
b),
“dato personale” oggetto della tutela apprestata dal d.lgs. n. 196 del
2003
(c.d. Codice della privacy, e già dalla L. n. 675 del 1996 ) è
“qualunque
informazione” relativa a “persona fisica, persona giuridica, ente o
associazione”, che siano “identificati o identificabili”, anche
“indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione”,
i dati
dei singoli partecipanti al condominio raccolti ed utilizzati per le
finalità
di cui agli artt. 1117 ss. c.c. sono senz'altro da ricondurre a tale
nozione, e
conseguentemente assoggettati alla disciplina posta dalla suindicata
fonte.
Tuttavia, in ambito condominiale, le informazioni relative al riparto
delle
spese, all'entità del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel
pagamento degli
oneri pregressi possono essere peraltro oggetto di trattamento anche
senza il
consenso dell'interessato.
Cassazione
civile sezione III sentenza 23 gennaio 2013 n. 1593
- Deve
considerarsi bene comune anche il sottosuolo del condominio, in quanto
rientrano
tra la nozione di bene comune.
Salvo
che
il titolo contrattuale non disponga diversamente, devono considerarsi
beni
comuni anche tutte quelli assimilabili alle parti espressamente
indicate nella
richiamata disposizione codicistica in relazione alla destinazione al
comune
godimento o al servizio della proprietà esclusiva. Pertanto, allargare
l'intercapedine, svuotare gli spazi prima occupati dal terreno della
scarpata
sotto il palazzo e costruire muri di tamponamento tra un pilastro e
l'altro
equivaleva ad operare su beni da qualificare comuni non solo in forza
di
presunzione normativa, ma anche perchè necessari alla esistenza stessa
del
condominio. Cassazione
civile sezione II sentenza 16 gennaio 2013 n. 946
- Condominio.
Le attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera
gestione delle
cose, dei servizi e degli impianti comuni. L'assemblea
con
deliberazione a
maggioranza ha quindi il potere di modificare, sostituire o
eventualmente
sopprimere un servizio. Le
attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera gestione
delle
cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico
e che
non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale,
in
quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente
ad
impedire ogni decisione. Rientra dunque nei poteri dell'assemblea
quello di
disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più
razionale
utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio
comporta
la dismissione o il trasferimento di tali beni. L'assemblea con
deliberazione a
maggioranza ha quindi il potere di modificare, sostituire o
eventualmente
sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato
dal
regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle
modalità
di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini. Cassazione
civile sezione II sentenza 16 gennaio 2013 n. 945
- Sentenza,
impugnazione, giudicato, condominio, amministratore,
legittimazione. Il
principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile è
applicabile
solo alle questioni espressamente proposte e discusse nel corso del
giudizio,
pertanto non è coperta da giudicato la domanda posta in secondo grado
quando
manca una precedente pronuncia sul punto. In
materia di rappresentanza processuale dell'amministratore del
condominio,
inoltre, la pronuncia emessa nei confronti del solo amministratore non
può
vincolare i condomini personalmente. Infatti, l'amministratore può
ritenersi
passivamente legittimato al giudizio anche in materia di diritti reali
solo
quando si tratti di conservare, gestire e difendere i diritti dei
condomini
sulle parti comuni dell'edificio, non quando si tratti di disporre del
diritto
di proprietà dei condomini, così come avviene quando sia in questione
un
acquisto per accessione, ai sensi dell'art. 936 c.c. o in relazione
alle
questioni di mero accertamento della proprietà comune di un bene o, a
maggior
ragione, con riguardo agli atti di disposizione. Cassazione
civile sezione III sentenza 15 gennaio 2013 n. 784
- Condominio,
videocamere, installazione, singolo condomino, urgenza, spese. Sebbene
la recente riforma alla disciplina del condominio negli edifici preveda
che
l'installazione di videocamere debba essere preventivamente approvata
dalla
maggioranza dell'assemblea condominiale, nell'ipotesi in cui
sussistano motivi urgenti, il singolo condomino può
provvedere
all'installazione dell'impianto per le parti comuni anche in assenza di
tale
approvazione, avendo inoltre diritto a richiedere agli altri condomini
il
rimborso delle spese sostenute. Cassazione
civile sezione II sentenza 03 gennaio 2013 n. 71
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