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Regolamento
condominiale, proprietà, limitazioni, natura contrattuale. Le
clausole del regolamento condominiale, considerato avente natura
contrattuale,
che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai
condomini
sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo
chiaro
ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli
appartamenti
qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si
sia
fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non
inserito
materialmente - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al
richiamo o
alla menzione di esso nel contratto. (Nel caso di specie ciò che era
controverso e su cui l'accertamento della Corte d'appello risultava
insufficiente era proprio la natura contrattuale del regolamento
condominiale,
le cui clausole la ricorrente, nell'atto di acquisto della unità
immobiliare,
aveva dichiarato di accettare, non risultando dimostrata la fonte
contrattuale
- e perciò vincolante - del regolamento condominiale.) Cassazione
civile sez. II sentenza 21.09.2011 n. 19209
- Condominio,
cosa comune, uso consentito. Al
singolo condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di parti
comuni
dell'edificio soltanto alla duplice condizione che il bene, nelle parti
residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe
esigenze
dei rimanenti partecipanti alla comunione e che lo stesso, ove tutte le
predette esigenze risultino soddisfatte, non perda la sua normale ed
originaria
destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei
consensi. (Nel
caso specifico il Giudice di merito considerava che l'allocazione di
una
caldaia appoggiata al muro del vano scale e le relative tubazioni
costituisse
un uso, sia pure più intenso, della cosa comune, come tale consentito
dall'art.
1102 c.c., dato che per un verso non era stata dedotta l'esistenza di
una norma
regolamentare condominiale contraria, e, per altro verso, le modeste
dimensioni
del manufatto installato non escludevano che gli altri condomini
potessero
utilizzare anch'essi il vano scale per le loro esigenze senza accertare
se
l'allocazione di tante caldaie quanti i condomini fosse non solo e non
tanto
materialmente possibile, ma anche compatibile con l'originaria
destinazione del
vano scala comune, che nasceva per la diversa finalità di dare accesso
alle
proprietà individuali.) Cassazione
civile, sez. II, sentenza 19.09.2011 n. 19205
- Condominio
parziale di fatto, spese, criteri legali, deroga pattizia. Sull’esistenza
di un condominio parziale di fatto, una cosa è assumere la ripartizione
di
certe spese conservative per assi verticali, adducendo una inveterata
prassi,
come pure una deroga pattizia ai criteri legali, ed un conto è porre a
base di
tale limitazione il formarsi ex lege di tanti condomini quanti sono i
corpi di
fabbrica sostanzialmente autonomi dei quali si compone la storica
magione (nel
caso specifico, l'esclusione della presunzione di condominialità e la
concreta
situazione dei luoghi - corpi di fabbrica funzionalmente autonomi -
avrebbero
fornito la giustificazione della prassi - da considerarsi quale deroga
convenzionale ai criteri legali - di ripartire le spese sui soli
condomini
proprietari delle "ali" direttamente interessate). Cassazione
civile, sez. II, sentenza 19.07.2011 n. 15840
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Condominio,
balcone, veranda, trasformazione, regolamento.
Il
proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale non
può
eseguire nella sua proprietà esclusiva opere che, in contrasto con
quanto
stabilito dalla norma dell'art. 1122 c.c., rechino danno alle parti
comuni
dell'edificio stesso, né, a maggior ragione, opere che, attraverso
l'utilizzazione delle cose comuni, danneggino le parti di una unità
immobiliare
di proprietà esclusiva di un altro condomino. (In
senso
conforme Cass. civ., sentenza n. 1132/1985). Cassazione
civile, sez. II, sentenza 11.07.2011 n. 15186
- Condominio,
balcone, veranda, trasformazione, regolamento.
Il
condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda,
elevandola sino
alla soglia del balcone sovrastante, non è soggetto, rispetto a questa,
all'osservanza delle distanze prescritte dall'art. 907 c.c. nel caso in
cui la
veranda insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal
suo
perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del
proprietario del balcone sovrastante.
(in
senso
conforme Cass. civ., sentenza n. 3109/1993).
Cassazione
civile, sez. II, sentenza 11.07.2011 n. 15186
- Condominio,
balcone, veranda, trasformazione, regolamento. Dato
che
l'art. 907 c.c. non attribuisce al proprietario del balcone sovrastante
la
possibilità di esercitare dalla soletta o dal parapetto del suo balcone
una
inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente
verso
l'interno della sottostante proprietà, è illegittima la condotta di chi
ha
realizzato sul proprio terrazzo una veranda pur in assenza al piano
soprastante
di un balcone aggettante. Cassazione
civile, sez. II, sentenza 11.07.2011 n. 15186
- Condominio,
balcone, veranda, trasformazione, regolamento. Le
limitazioni al contenuto dei diritti di proprietà esclusiva spettanti
ai
singoli condomini - quali quelle consistenti nel divieto di dare alle
singole
unità immobiliari una o più destinazioni possibili, per l'utilità
generale
dell'intero edificio - introdotte con un regolamento di condominio
approvato in
assemblea, poiché generano dal lato passivo degli oneri reali incidendo
sulla
proprietà dei singoli, richiedono, a pena di nullità, l'unanimità dei
consensi
dei condomini e nel caso che taluno di essi si sia fatto rappresentare
in
assemblea è necessario che il conferimento del mandato risulti da atto
scritto
secondo la previsione di cui agli artt. 1392 e 1350 c.c. (In
senso
conforme Cass. civ., sentenza n. 7630 del 1990). Cassazione
civile, sez. II, sentenza 11.07.2011 n. 15186
- Condominio,
balcone, veranda, trasformazione, regolamento. Le
norme
del regolamento condominiale che incidono sulla utilizzabilità e la
destinazione delle parti dell'edificio di proprietà esclusiva,
distinguendosi
dalle norme regolamentari, che possono essere approvate dalla
maggioranza
dell'assemblea dei condomini, hanno carattere convenzionale e, se
predisposte
dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere, pertanto,
accettate
dai condomini nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati; se
deliberate, invece dall'assemblea, debbono essere approvate
all'unanimità,
dovendo, in mancanza, considerarsi nulle, perché eccedenti i limiti dei
poteri
dell'assemblea. (In
senso
conforme Cass. n. 4632 del 1994).Cassazione
civile, sez. II, sentenza 11.07.2011 n. 15186
- Condominio,
natura contrattuale, iniziativa del giudice, conseguenze. Nel
caso
di regolamento di condominio di natura contrattuale, laddove l'adozione
sia
giudiziale, l'efficacia cogente del regolamento nei confronti dei
condomini
dissenzienti è mediata dall'art. 2909 c.c. Cassazione
civile, sez. II, sentenza 07.06.2011, n. 12291
- Condominio,
discoteca, regolamento, divieto, effetti.
È
valido
il regolamento di condominio che vieti di realizzare discoteche, senza
che sia
necessario verificare in concreto la messa in pericolo della
tranquillità, del
decoro e della sicurezza dell'edificio condominiale. Cassazione
civile, sez. II, sentenza 27.05.2011, n. 11859
- Condominio,
presunzione, limiti, parcheggio, riserva, compravendita.
La
presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. postula la
destinazione
delle cose elencate in tale norma al godimento o al servizio del
condominio,
mentre viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria
autonomia ed
indipendenza e pertanto non legato ad una destinazione di servizio
rispetto
all'edificio condominiale, in quanto, non trattandosi di presunzione
assoluta,
essa rimane vinta dalla destinazione particolare cosi come da un titolo
contrario.
In tema di contratto di compravendita di immobili cui sia stata
illegittimamente sottratta la superficie destinata "ex lege" ad area
di parcheggio, l'integrazione del contratto di compravendita
parzialmente nullo
- che si attua mediante il riconoscimento del diritto d'uso in favore
dell'acquirente, ed il corrispondente riconoscimento del diritto al
corrispettivo in favore dell'alienante - avviene, quanto, in
particolare, al
riconoscimento del corrispettivo, "ope legis" quanto
all"an", ed "ope iudicis" con riferimento al
"quantum" (ove sorga contestazione sul soggetto titolare
dell'attribuzione ovvero sull'ammontare della liquidazione), con la
conseguenza
che, in quest'ultimo caso, il riequilibrio "ope iudicis" del
corrispettivo originariamente pattuito ben può avvenire in un separato
giudizio. Cassazione
civile, sez. II, sentenza 10.01.2011 n. 346
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