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Condominio - Le parti comuni e il loro uso legittimo, la proprietà
(Sentenze pronunciate, nell'anno 2011, tutte dalla Cassazione Civile)
 Parti e argomenti della scheda: 
Le massime dell'anno 2011 riportate in questa pagina, riguardano pronunce dei giudici sulle parti comuni del condominio, sulla legittimità degli eventuali lavori e sull'uso che, di esse, ogni condomino può farne senza impedire i diritti degli altri. E sulla prprietà delle cose comuni.
Per gli approfondimenti si possono cunsultare gli articoli del Codice Civile riportati nella nostra sezione sulle leggi.
  1. L'uso della cosa comune è sottoposto dall'articolo 1102 c.c.
  2. Condominio, area parcheggio, proprietà esclusiva, chiusura, decoro architettonico
  3. Uso della cosa comune
  4. Condominio, bene comune, proprietà esclusiva, rapporto strumentale
  5. Condominio, uso cosa comune, diritti altri condomini
  6. Condominio, cosa comune, innovazioni
  7. Condominio, muri perimetrali, compossesso, tutela
  8. Condominio, perimento, proprietà, effetti
  9. Non viola la norma di cui all'art. 1102 c.c. il condomino che pianti alberi da frutta nel giardino
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  1. L'uso della cosa comune è sottoposto dall'articolo 1102 c.c. a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. L'uso della cosa comune è sottoposto dall'articolo 1102 c.c. a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Del resto questa corte ha più volte affermato che il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro -ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi - e di non alterarne la normale destinazione (v. Cass. 17 febbraio 2005 n. 3265; Cass. 17 ottobre 2003 n. 16097; Cass. 18 febbraio 1998 n. 1708) e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale. Cassazione civile seconda sezione sentenza 21 dicembre 2011 n. 28025 
  2. Condominio, area parcheggio, proprietà esclusiva, chiusura, decoro architettonico. Il "decoro architettonico" si identifica con l'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante di un edificio ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, con l'effetto che esso può ritenersi pregiudicato non da qualsiasi innovazione, ma soltanto da quella idonea ad interromperne la linea armonica delle strutture che conferiscono al fabbricato una propria identità. (Fattispecie in cui veniva contestata dai condomini la chiusura di uno spazio destinato a parcheggio di proprietà esclusiva di altri, sul rilievo che non fosse stato considerato che tutti i condomini, avendo sempre avuto libero accesso ad esso per la manovra dei loro autoveicoli, ne avevano comunque acquistato la proprietà per usucapione e che inoltre tali opere recavano pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio.) Cassazione civile sezione VI ordinanza 22.11.2011 n. 24645

  3. Uso della cosa comune. Qualora - attraverso la valutazione delle esigenze e dei diritti degli altri partecipanti alla comunione - il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 1102 cod. civ. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera seppure realizzata senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra proprietà contigue e che trovano applicazione nel condominio, sempreché la relativa osservanza sia compatibile con la struttura dell'edificio condominiale, in cui le singole proprietà coesistono in unico edificio. Cassazione civile seconda sezione sentenza 25 ottobre 2011 n.22092
  4. Condominio, bene comune, proprietà esclusiva, rapporto strumentale. L'estensione del diritto di ciascun comunista trova il limite nella necessità di non sacrificare, ma di consentire, il potenziale pari uso della cosa da parte degli altri partecipanti.
    Di conseguenza, qualora - attraverso la valutazione delle esigenze e dei diritti degli altri partecipanti alla comunione - il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 1102 cod. civ. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera seppure realizzata senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra proprietà contigue e che trovano applicazione nel condominio, sempre che la relativa osservanza sia compatibile con la struttura dell'edificio condominiale, in cui le singole proprietà coesistono in unico edificio.
    In considerazione del rapporto strumentale di cui si è detto fra l'uso del bene comune e la proprietà esclusiva, inoltre, che caratterizza il condominio, non sembra ragionevole individuare a carico del diritto del singolo condomino - che si riserva delle parti comuni in funzione del migliore e più razionale godimento del bene di proprietà individuale - limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al contemperamento degli interessi dei partecipanti alla comunione secondo i parametri stabiliti dalla specifica disciplina al riguardo dettata dall'art. 1102 cod. civ. 
    Cassazione civile sezione II sentenza 25.10.2011 n. 22092
  5. Condominio, uso cosa comune, diritti altri condomini, compatibilità. L'art. 1102 c.c. - applicabile, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 1139 c.c., anche in materia di condominio negli edifici - consente a ciascun partecipante di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione, cioè non incida sulla sostanza e struttura del bene, e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
    Il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l'altrui pari uso. La nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l'art. 1102 c.c., però, non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, posto che nei rapporti condominiali si richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.(Nella fattispecie è stato escluso che il condomino avesse compiuto atti di spoglio e avesse fatto un uso del bene comune non conforme al disposto dell'art. 1102 c.c. in quanto: aveva depositato uno stendino, una sedia e un vaso nel locale antenna, il quale, dopo la rimozione della cisterna deliberata dal condominio, era rimasto del tutto vuoto e inutilizzato; non si era mai opposto ad un eventuale uso del locale da parte di altri condomini; l’amministratore aveva disposto la chiusura del locale in questione; una copia delle chiavi del locale era a disposizione di tutti i condomini.) 
    Cassazione civile , sez. II, sentenza 14.07.2011 n. 15523
  6. Condominio, cosa comune, innovazioni, inservibilità, nozione. Nell'identificazione del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'art. 1120, II comma, cod. civ. il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione - coessenziale al concetto di innovazione - ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità; si può tener conto di specificità - che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino - solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo. Cassazione civile, sez. II, sentenza 12.07.2011 n. 15308
  7. Condominio, muri perimetrali, compossesso, tutela. I beni condominiali - che, come i muri perimetrali, sono obiettivamente destinati a dare utilità alle singole unità immobiliari alle quali sono collegate materialmente non occorrendo a tal fine l'attività dei singoli condomini come invece nel caso di beni utili soggettivamente - sono oggetto di compossesso che consiste nel beneficio che il piano o porzione di piano trae da tali utilità sicché l'eccezione feci sed iure feci è opponibile solo quando l'attività del condomino non sia in contrasto con l'esercizio attuale o potenziale di analoga attività di altro condomino, non limitandone i poteri corrispondenti ai diritti spettanti sulle cose condominiali. Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 05.04.2011 n. 7748
  8. Condominio, perimento, proprietà, effetti. Nell’ipotesi di perimento di un edificio in condominio, quest’ultimo viene meno, e permane soltanto la comunione sul suolo, con la conseguenza che, ove il fabbricato venga ricostruito in maniera difforme da quello preesistente, il condominio non rinasce, e quanto edificato costituisce, invece, un’opera realizzata su suolo comune, come tale soggetta alla disciplina dell’accessione, e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo, a meno che gli effetti dell’accessione, prima del loro verificarsi, non siano esclusi o modificati in conseguenza di un accordo tra le parti. Cassazione civile, sez. II, sentenza 16.03.2011 n. 6198
  9. Non viola la norma di cui all'art. 1102 c.c. il condomino che pianti alberi da frutta nel giardino condominiale se la piantagione di essenze arboree e floreali è avvenuta in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione dell'area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso. In tema di condominio, il potere del singolo condomino di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite, consistente, l'uno, nel rispetto della destinazione del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante alla comunione; l'altro, nel divieto di frapporre impedimenti "agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto". Trattasi di giudizio di fatto che, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità. Nella fattispecie, non viola la norma di cui all'art. 1102 c.c. il condomino che pianti alberi da frutta nel giardino condominiale se la piantagione di essenze arboree e floreali e' avvenuta in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione dell'area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso. Cassazione civile seconda sezione sentenza 9 febbraio 2011 n. 3188
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