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L'uso
della cosa comune è sottoposto dall'articolo 1102 c.c. a due limiti
fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della
cosa
comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne
parimenti uso
secondo il loro diritto.
L'uso
della cosa comune è sottoposto dall'articolo 1102 c.c. a due limiti
fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della
cosa
comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne
parimenti uso
secondo il loro diritto. Del resto questa corte ha più volte affermato
che il
principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un
edificio
legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro
maestro)
tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in
comunione, una
peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri
condomini (e,
quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di
accesso ai
locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli
altri
condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro -ovvero la
facoltà
di utilizzarlo in modo e misura analoghi - e di non alterarne la
normale
destinazione (v. Cass. 17 febbraio 2005 n. 3265; Cass. 17 ottobre 2003
n.
16097; Cass. 18 febbraio 1998 n. 1708) e sempre che tali modificazioni
non
pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato
condominiale. Cassazione
civile seconda sezione sentenza 21 dicembre 2011 n. 28025
- Condominio,
area parcheggio, proprietà esclusiva, chiusura, decoro architettonico. Il
"decoro architettonico" si identifica con l'insieme delle linee e
delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante di un
edificio
ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica
fisionomia,
con l'effetto che esso può ritenersi pregiudicato non da qualsiasi
innovazione,
ma soltanto da quella idonea ad interromperne la linea armonica delle
strutture
che conferiscono al fabbricato una propria identità. (Fattispecie in
cui veniva
contestata dai condomini la chiusura di uno spazio destinato a
parcheggio di
proprietà esclusiva di altri, sul rilievo che non fosse stato
considerato che
tutti i condomini, avendo sempre avuto libero accesso ad esso per la
manovra
dei loro autoveicoli, ne avevano comunque acquistato la proprietà per
usucapione e che inoltre tali opere recavano pregiudizio al decoro
architettonico dell'edificio.) Cassazione
civile sezione VI ordinanza 22.11.2011 n. 24645
- Uso
della cosa comune. Qualora
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attraverso la valutazione delle esigenze e dei diritti degli altri
partecipanti
alla
comunione
- il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto
nell'esercizio
dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 1102 cod.
civ. a
tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera
seppure
realizzata senza il rispetto delle norme dettate per regolare i
rapporti fra proprietà
contigue e che trovano applicazione nel condominio, sempreché la
relativa
osservanza sia compatibile con la struttura dell'edificio condominiale,
in cui
le singole proprietà coesistono in unico edificio. Cassazione
civile seconda sezione sentenza 25 ottobre 2011 n.22092
-
Condominio,
bene comune, proprietà esclusiva, rapporto strumentale. L'estensione
del diritto di ciascun comunista trova il limite nella necessità di non
sacrificare, ma di consentire, il potenziale pari uso della cosa da
parte degli
altri partecipanti.
Di conseguenza, qualora - attraverso la valutazione delle esigenze e
dei
diritti degli altri partecipanti alla comunione - il giudice verifichi
che
l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel
rispetto
dei limiti stabiliti dall'art. 1102 cod. civ. a tutela degli altri
comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera seppure realizzata
senza il
rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra proprietà
contigue e
che trovano applicazione nel condominio, sempre che la relativa
osservanza sia
compatibile con la struttura dell'edificio condominiale, in cui le
singole
proprietà coesistono in unico edificio.
In considerazione del rapporto strumentale di cui si è detto fra l'uso
del bene
comune e la proprietà esclusiva, inoltre, che caratterizza il
condominio, non
sembra ragionevole individuare a carico del diritto del singolo
condomino - che
si riserva delle parti comuni in funzione del migliore e più razionale
godimento del bene di proprietà individuale - limiti o condizioni
estranei alla
regolamentazione e al contemperamento degli interessi dei partecipanti
alla
comunione secondo i parametri stabiliti dalla specifica disciplina al
riguardo
dettata dall'art. 1102 cod. civ. Cassazione
civile sezione II sentenza 25.10.2011 n. 22092
- Condominio,
uso cosa comune, diritti altri condomini, compatibilità. L'art.
1102 c.c. - applicabile, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 1139
c.c.,
anche in materia di condominio negli edifici - consente a ciascun
partecipante
di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione,
cioè non
incida sulla sostanza e struttura del bene, e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo
fine
particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una
utilità
specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli
altri, con il
limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di
non
impedire l'altrui pari uso. La nozione di pari uso della cosa comune,
cui fa
riferimento l'art. 1102 c.c., però, non va intesa nel senso di uso
identico e
contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun
partecipante
alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa
utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti
degli
altri, posto che nei rapporti condominiali si richiede un costante
equilibrio
tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla
comunione.(Nella
fattispecie è stato escluso che il condomino avesse compiuto atti di
spoglio e
avesse fatto un uso del bene comune non conforme al disposto dell'art.
1102
c.c. in quanto: aveva depositato uno stendino, una sedia e un vaso nel
locale
antenna, il quale, dopo la rimozione della cisterna deliberata dal
condominio,
era rimasto del tutto vuoto e inutilizzato; non si era mai opposto ad
un
eventuale uso del locale da parte di altri condomini; l’amministratore
aveva
disposto la chiusura del locale in questione; una copia delle chiavi
del locale
era a disposizione di tutti i condomini.) Cassazione
civile , sez. II, sentenza 14.07.2011 n. 15523
- Condominio,
cosa comune, innovazioni, inservibilità, nozione. Nell'identificazione
del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'art.
1120, II
comma, cod. civ. il concetto di inservibilità della stessa non può
consistere
nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione -
coessenziale al concetto di innovazione - ma è costituito dalla
concreta
inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità;
si può
tener conto di specificità - che possono costituire ulteriore limite
alla
tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino -
solo se
queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di
utilizzo. Cassazione
civile, sez. II, sentenza 12.07.2011 n. 15308
- Condominio,
muri perimetrali, compossesso, tutela. I
beni
condominiali - che, come i muri perimetrali, sono obiettivamente
destinati a
dare utilità alle singole unità immobiliari alle quali sono collegate
materialmente non occorrendo a tal fine l'attività dei singoli
condomini come
invece nel caso di beni utili soggettivamente - sono oggetto di
compossesso che
consiste nel beneficio che il piano o porzione di piano trae da tali
utilità
sicché l'eccezione feci sed iure feci è opponibile solo quando
l'attività del
condomino non sia in contrasto con l'esercizio attuale o potenziale di
analoga
attività di altro condomino, non limitandone i poteri corrispondenti ai
diritti
spettanti sulle cose condominiali.
Cassazione
civile, sez. VI, ordinanza 05.04.2011 n. 7748
- Condominio,
perimento, proprietà, effetti. Nell’ipotesi
di perimento di un edificio in condominio, quest’ultimo viene meno, e
permane
soltanto la comunione sul suolo, con la conseguenza che, ove il
fabbricato
venga ricostruito in maniera difforme da quello preesistente, il
condominio non
rinasce, e quanto edificato costituisce, invece, un’opera realizzata su
suolo
comune, come tale soggetta alla disciplina dell’accessione, e, quindi,
da
attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo, a
meno che
gli effetti dell’accessione, prima del loro verificarsi, non siano
esclusi o
modificati in conseguenza di un accordo tra le parti. Cassazione
civile, sez. II, sentenza 16.03.2011 n. 6198
- Non
viola
la norma di cui all'art. 1102 c.c. il condomino che pianti alberi da
frutta nel
giardino condominiale se la piantagione di essenze arboree e floreali è
avvenuta in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione
dell'area,
ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti
uso. In
tema
di condominio, il potere del singolo condomino di servirsi della cosa
comune
incontra un duplice limite, consistente, l'uno, nel rispetto della
destinazione
del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante
alla
comunione; l'altro, nel divieto di frapporre impedimenti "agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto". Trattasi
di
giudizio di fatto che, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in
sede di
legittimità. Nella fattispecie, non viola la norma di cui all'art. 1102
c.c. il
condomino che pianti alberi da frutta nel giardino condominiale se la
piantagione di essenze arboree e floreali e' avvenuta in modo del tutto
compatibile non solo con la destinazione dell'area, ma anche con il
diritto di
tutti gli altri condomini di farne parimenti uso. Cassazione
civile seconda sezione sentenza 9 febbraio 2011 n. 3188
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