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- Materia
urbanistica - Risarcimento del danno - Art. 2043 cod. civ. - Giudice
amministrativo e giudice ordinario - Giurisdizione.
A seguito della sentenza della Corte
costituzionale n. 204 del 2004 - con cui è stata dichiarata
l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo
sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), nella parte
in cui,
in materia urbanistica ed edilizia, devolve alla giurisdizione
esclusiva del
giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto "gli atti, i
provvedimenti ed i comportamenti", anzichè "gli atti ed i
provvedimenti" delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle
stesse
equiparati, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il
comportamento
della pubblica amministrazione risulta spogliato da ogni interferenza
con un
atto autoritativo, non potendosi reputare neanche mediatamente
espressione
dell'esercizio del potere autoritativo, o quando l'atto o il
provvedimento di
cui la condotta dell'amministrazione sia esecuzione non costituisca
oggetto del
giudizio, facendosi valere unicamente l'illiceità della condotta del
soggetto
pubblico, ex art. 2043 cod. civ., suscettibile di incidere sui diritti
patrimoniali dei terzi. Sulla base di questo principio, le Sezioni
Unite, in
sede di regolamento preventivo, hanno riconosciuto la giurisdizione del
giudice
ordinario rispetto alla domanda di risarcimento del danno proposta da
esercenti
di un'attività commerciale a causa dell'abnorme dilatazione ascrivibile
alla
P.A. dei tempi di costruzione di un parcheggio pubblico nella zona in
cui si
svolgeva la suddetta attività. Presidente G. Ianniruberto, Relatore G.
Vidimi. CORTE
DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 18 ottobre 2005, Ordinanza n.
20123
- Risarcimento
del danno da esercizio di poteri amministrativi - Riparto di
giurisdizione -
Fattispecie: colpevole ritardo del Comune nel rilascio di una
concessione
edilizia in sanatoria.
In
materia edilizia ed urbanistica, l'art. 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
80, nel
testo novellato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, esclude
una
concorrenza delle giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa, nell'area
del
risarcimento del danno da esercizio di poteri amministrativi. Spetta
pertanto
al giudice amministrativo conoscere della domanda con cui il privato
chieda,
previo accertamento del colpevole ritardo del Comune nel rilascio di
una
concessione edilizia in sanatoria, la condanna dell'ente locale al
risarcimento
dei danni. Presidente V. Carbone, Relatore C. Ciuffi. CORTE
DI CASSAZIONE
Sezioni Unite Civili, 31 marzo 2005, Sentenza n. 6745
- Peculato
-
Qualificazione giuridica del reato - Delitti contro la P.A. -
Fattispecie. L’utilizzo
per uso personale da
parte del dipendente pubblico, di linee telefoniche e fax in dotazione
dell'ufficio configura il delitto di peculato (art. 314 comma 1 c.p.),
anziché
la meno grave ipotesi di peculato d'uso (art. 314 comma 2 c.p.). (conf.
Cass.,
Sez. VI, 14 novembre 2001, Chirico). Infatti, il peculato d'uso
presuppone che
la cosa oggetto del reato possa essere restituita dopo l'uso, mentre
nella
fattispecie astratta del peculato ordinario (che ricorre nella specie
trattandosi, anche, di consumo di energie non più restituibili dopo
l'uso) si riscontra
un’appropriazione della cosa che esaurisce la risorsa della pubblica
amministrazione di cui il pubblico ufficiale abbia la disponibilità,
risorsa
che pertanto non può essere restituita. CORTE DI CASSAZIONE
Penale Sez. VI,
15 novembre 2005, Sentenza n. 41248
- Urbanistica
ed edilizia - Apposizione di “sigilli” - Finalità di pubblico interesse
-
Violazione dei sigilli - Art. 349 cod. pen. - Fattispecie: abusivismo
edilizio.
Le previsioni dell'art. 349 cod.
pen. tutelano sia l'integrità materiale sia quella strumentale e
funzionale
della cosa assoggettata a sequestro: ne consegue che qualunque
condotta, anche
non determinante la distruzione effettiva dei sigilli o dei loro
equivalenti,
ma comunque rivolta a frustrare l'assicurazione della cosa per la
finalità di
pubblico interesse e ad eludere, quindi, il vincolo di immodificabilità
imposto
con il sequestro, è idonea ad integrare il delitto di violazione di
sigilli
(conf., Cass., Sez. III: 18.6.2003, n. 26185; 8.1.2001, n. 36210; 29.2
2000, n.
2508). Pres. Antonio Zumbo - Rel. Aldo Fiale - P.M.Vittorio Meloni -
Ric.Benzo e Distinto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sezione III - 20
maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
- Edilizia
e
urbanistica - Prova civile - Prova documentale - Dichiarazioni rese al
pubblico
ufficiale - Atto pubblico notarile - Efficacia probatoria -
Fattispecie:
terreno classificato catastalmente come agricolo oggetto di
edificazione. Gli
atti pubblici fanno fede fino a
querela di falso solo relativamente alla loro provenienza, alle
dichiarazioni
rese al pubblico ufficiale e agli altri fatti che questi attesti essere
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre, per quanto riguarda
le
altre circostanze di fatto che egli indichi come apprese da terzi o a
seguito
di altre indagini, l'attendibilità dell'atto pubblico può essere
infirmata solo
da specifica prova contraria. Ne consegue che in caso di compravendita
per atto
pubblico di notaio di un terreno, poiché la classificazione catastale
come
agricolo di quest'ultimo di per sé non esclude che possa essere stato
oggetto
di edificazione, ed incombendo al suddetto pubblico ufficiale di
accertare la
corrispondenza dei dati catastali al terreno oggetto di vendita ma non
anche
l'inesistenza sullo stesso di costruzioni all'epoca della stipulazione,
la
mancata risultanza dall'atto dell'esistenza di fabbricati non preclude
l'ammissibilità
di una specifica prova contraria volta a contrastare tale indiretta
risultanza.
Presidente V. Calfapietra , Relatore U. Goldoni. CORTE DI
CASSAZIONE CIVILE,
Sez. II, 20 maggio 2005, Sentenza n. 10702
- Pubblica
Amministrazione - Sindaco - Cause di decadenza dalla carica - Condanna
per
peculato d’uso - L. n. 140/2004. La
Corte
costituzionale restituisce, per una nuova valutazione della rilevanza,
gli atti
alla Corte di cassazione, la quale aveva sollevato questione di
legittimità
costituzionale dell’art. 7 del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80
(Disposizioni
urgenti in materia di enti locali), sul rilievo che la norma, nel
sottrarre il
delitto di peculato d’uso dal novero delle previsioni ostative alla
candidatura
di sindaco e comunque dalle cause di decadenza dalla carica, ove sia
passata in
giudicato la sentenza di condanna successivamente all’elezione,
difetterebbe in
modo evidente del requisito della straordinaria necessità e urgenza,
con
conseguente violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione.
I
giudici della Consulta hanno motivato la restituzione degli atti
osservando
che, successivamente all’emissione dell’ordinanza di rimessione, il
citato
decreto-legge è stato convertito nella legge 28 maggio 2004, n. 140, e
che tale
legge sono state apportate modificazioni al testo del decreto e sono
state
altresì enunciate le ragioni della emanazione della norma censurata.
Presidente
V. Onida - Relatore F. Amirante. CORTE COSTITUZIONALE dell'11
gennaio 2005
Ordinanza n. 2
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