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Al
supercondominio si applica la disciplina del condominio. I
principi e le disposizioni dettate dal codice civile in tema di
condominio di
edifici si applicano, in virtù di interpretazione estensiva ovvero in
forza di
integrazione analogica, si applicano anche al supercondominio, che si
verifica
quando talune cose, impianti e servizi comuni sono legati
contestualmente,
dalla relazione di accessorio a principale, con più condominii (es. per
il
viale di ingresso, per la guardiola del portiere oppure per il servizio
di
portierato). Cassazione,
07.07.2000, n. 9096
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Comunione
dei diritti reali - Condominio negli edifici - Parti comuni
dell'edificio - In
genere - Aree per parcheggi ex art. 18 legge n. 765/1967 - Diritto dei
condomini
sugli spazi - Comproprietà o diritto reale d'uso - Condizioni - Aree in
comproprietà - Nuovo condomino- Diritto sulle aree di parcheggio -
Sussistenza
- Fattispecie. Gli
spazi
destinati a parcheggio, previsti per le nuove costruzioni dall'articolo
18
della legge n. 765 del 1967, sono, in forza di un vincolo di
destinazione di
natura pubblicistica, riservati all'uso diretto delle persone che
stabilmente
occupano le singole unità immobiliari e costituiscono parti comuni
dell'edificio ai sensi dell'articolo 1117 cod. civ., quando
appartengono in
comunione ai singoli condomini, ovvero oggetto di un diritto reale
d'uso
spettante a ciascun condomino, quando proprietari siano terzi o alcuni
soltanto
dei condomini; qualora l'originario proprietario costruttore abbia
ceduto a
ciascun acquirente la comproprietà in comune con gli altri delle aree
destinate
a parcheggio, il successivo acquisto di un'unità immobiliare e della
quota di
comproprietà delle parti comuni, attribuisce all'acquirente la qualità
di
condomino su tutte le stesse e quindi anche il paritetico diritto
d'usufruire
dell'area di parcheggio, a nulla rilevando l'eventuale insufficienza di
questa
rispetto alle complessive esigenze del condominio, la quale può dar
luogo a un
diritto al risarcimento del danno nei confronti del costruttore ed è
regolata
dalle norme sull'uso della cosa comune nei rapporti tra condomini
(nella
specie, il costruttore venditore aveva realizzato un superattico da un
volume
tecnico, destinato nel progetto a parte comune ma poi non venduto, e
l'aveva
quindi ceduto come unità immobiliare coi diritti sulle parti comuni
dell'edificio; la S.C. in applicazione degli esposti principi ha
affermato il
diritto all'uso delle aree di parcheggio anche da parte della nuova
condomina). Cassazione,
sentenza 28 gennaio 2000, n. 982
- Condominio:
sull'uso illegittimo del sottosuolo da parte di un condomino. Sussiste
la legittimazione dell’amministratore condominiale a proporre ex art.
1130 n.4
c.c., senza la necessità di delibera autorizzativa, le domande
giudiziali nei
confronti di coloro che pretendano di acquistare diritti spettanti ai
condomini
o contro il condomino che abusi della cosa comune viola la disposizione
dell’articolo 1102 c.c., la costruzione nel sottosuolo del fabbricato
condominiale di un vano destinato esclusivamente al soddisfacimento di
esigenze
personali e familiari di un condominio impedisce agli altri condomini
di fare
del sottosuolo e del relativo sedime un pari uso e, soprattutto, in
considerazione della vastità della superficie interessata e della
destinazione
del vano ad un uso esclusivo (ripostiglio) del tutto incompatibile con
la natura
condominiale del bene utilizzato, attesa la destinazione del sedime del
fabbricato e della colonna d’aria compresa tra il sedime e l’
appartamento a
piano terra del ricorrente, impedisce, al di là dell’attualità di tale
compromissione, ogni ulteriore, eventuale utilizzazione di detti beni,
nell’interesse comune della collettività dei condomini. Cassazione,
sez. II, sentenza 21.05.2001, n. 6921
- Sopraelevazione
- Proprietario del lastrico - Consenso dei condomini.
Con
riferimento ad un condominio edilizio, i proprietari in via esclusiva
dei
lastrici solari, i quali soli possono sfruttare le residue capacità
costruttive
dell’immobile, hanno la facoltà di chiedere la concessione edilizia per
realizzare una sopraelevazione che sfrutti nuovi e più elevati indici
di
edificabilità, conseguenti alla modificazione delle prescrizioni
urbanistiche
relative all’area considerata, indipendentemente dal consenso degli
altri
condomini che a tale facoltà avevano rinunziato all’atto dell’acquisto
dei
singoli appartamenti.
La disciplina del diritto di sopraelevazione, di carattere
squisitamente
civilistico, si proietta su quella amministrativa contenuta nelle norme
che
regolano lo sfruttamento edilizio dei suoli (legge 28 gennaio 1977, n.
10),
secondo la quale la concessione edilizia è data al proprietario
dell'area o a
chi abbia titolo per richiederla (art. 4), nel senso che titolare dello
jus
aedificandi, nel caso di sopraelevazione o nuova fabbrica in un
edificio di
proprietà condominiale, sono unicamente i soggetti che hanno il potere
giuridico di realizzare le costruzioni. Consiglio
di Stato, sez. V, sentenza 21.11.2003 n. 7539
-
Condominio:
sì alla tutela possessoria per violazione delle distanze legali. La
violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia
al
possesso del fondo finitimo contro la quale è data l'azione di
manutenzione e
anche quando tale violazione non ne comprime «di fatto» l'esercizio del
possesso importa automaticamente una modificazione o restrizione delle
relative
facoltà.
(Nella specie il condominio è
compossessore, unitamente agli altri condomini delle parti comuni
dell'edificio
condominiale e che, pertanto, è legittimato a chiedere la tutela
possessoria
contro gli attentati all'esercizio di tale possesso). Cassazione,
sez. II civile, sentenza 24.11.2003, n. 17868
-
Spese
condominiali: solo il vero proprietario è legittimato passivo. In
tema
di ripartizione delle spese condominiali è passivamente legittimato
rispetto
all'azione giudiziaria per il recupero della quota di competenza colui
che sia
effettivamente individuato come proprietario esclusivo dell'unità
immobiliare.
(Nella specie l'azione in esame non può essere proposta contro
colui il
quale, con le sue dichiarazioni e comportamenti, anche univoci, abbia
ingenerato nell'amministratore il ragionevole convincimento che si
tratti
dell'effettivo condomino, in quanto in materia condominiale non può
trovare
applicazione il principio dell'apparenza del diritto, mancando una
relazione di
terzietà tra il condomino e il condominio, che non ha una soggettività
giuridica diversa da quella dei semplici condomini.) Cassazione,
sez. II civile, sentenza 27.12.2004, n. 23994
- Condomino
deve contestare l'intera spesa non limitandosi alla propria quota.
Nella
controversia promossa da un condomino nei confronti del condominio al
fine di
sentir dichiarare l'inesistenza dell'obbligo di pagare la propria quota
di
spesa deliberata in via generale per tutti i condomini sull'assunto
dell'invalidità della deliberazione assembleare, la contestazione deve
intendersi necessariamente estesa all'invalidità dell'intero rapporto,
il cui
complessivo valore è quello rilevante ai fini della determinazione
della
competenza, atteso che il thema decidendum finisce per riguardare non
il solo
obbligo del singolo, ma l'intera spesa oggetto della deliberazione, la
cui
validità non può formare oggetto di riscontro in via meramente
incidentale. Cassazione,
sez. II civile, ordinanza 16.11.2004, n. 21703
- Amministratore
di condominio: decreto sulla revoca non ricorribile in Cassazione. Non
è
ricorribile per cassazione il decreto della Corte d'appello di cui
all'art.
1129 c.c., che decide, in sede di reclamo, sulla revoca
dell'amministratore di
condominio.
Il decreto in questione ha natura
di
provvedimento sostanzialmente amministrativo che, pur se
incidentalmente
statuisce su posizioni giuridiche soggettive nascenti dal rapporto di
mandato
costituitosi tra condominio ed amministratore, è privo del carattere
della
decisorietà, perché diretto a tutelare solo l'interesse obiettivo
dell'amministrazione
della cosa comune, nonché di quello della definitività, in quanto, ai
sensi
dell'art. 742 c.p.c., modificabile o revocabile in ogni tempo, non solo
con
effetto ex nunc, in virtù di nuovi elementi sopravvenuti, bensì anche
ex tunc
per un riesame di merito e di legittimità delle originarie
risultanze. Cassazione,
SS.UU. civili, sentenza 29.10.2004, n. 20957
- Condominio
e spese di conservazione: legittimazione passiva dell'ex condomino. Il
condomino creditore che intenda agire in executivis contro il singolo
partecipante al condominio per il recupero delle spese di conservazione
dell'immobile accertato con sentenza, deve rivolgere la propria
pretesa, sia
per il credito principale, che per credito relativo alle spese
processuali, contro
chi rivestiva la qualità di condomino al momento in cui l'obbligo di
conservazione è insorto, e non contro colui che tale qualità riveste
nel
momento in cui il debito viene giudizialmente determinato.
L'obbligo di ciascun condomino di contribuire alle
spese
di conservazione delle parti comuni insorge nel momento in cui si rende
necessario provvedere all'esecuzione dei lavori necessari, e non quando
il debito
viene determinato in concreto, in caso di sentenza di condanna
pronunziata nei
confronti del condominio per inosservanza dell'obbligo di conservazione
delle
cose comuni. Cassazione,
sez. II civile, sentenza 01.07.2004, n. 12013
-
Condominio:
esercizio del possesso sulle parti comuni da parte del proprietario. In
tema
di condominio, il possesso delle parti comuni, inteso come esercizio di
fatto
corrispondente al diritto, si atteggia diversamente a seconda che le
cose, gli
impianti ed i servizi siano oggettivamente utili alle singole unità
immobiliari, cui sono collegati materialmente o per destinazione
funzionale
(come ad esempio fondazioni, muri maestri, facciate, tetti, lastrici
solari,
oggettivamente utili per la statica), oppure siano utili
soggettivamente, e
perciò la loro unione materiale o la destinazione funzionale ai piani o
porzioni di piano dipende dall'attività dei rispettivi proprietari
(come ad
esempio scale, portoni, anditi, portici, stenditoi, ascensore, impianti
centralizzati per l'acqua calda o per aria condizionata).
Infatti, nel primo caso l'esercizio del possesso consiste nel beneficio
che il
piano o la porzione di piano - e soltanto per traslato il proprietario
- trae
da tali utilità; nel secondo caso il possesso si esercita tramite
l'espletamento della predetta attività da parte del proprietario.
é questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione nella
sentenza n.
8119 depositata il 28 aprile 2004.
(Nella caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto illegittima
l'attività di un
condomino che, nel proprio locale sito al piano terra del condominio,
aveva
eseguito lavori, autorizzati dal Comune, di rifacimento del pavimento e
abbassamento del suo livellocon opere di impermeabilizzazione. Tale
attività,
infatti, incide sul "suolo" su cui sorge l'edificio che rientra nella
categoria delle cose comuni suscettibili di utilità oggettiva).
Cassazione,
sez. II civile, sentenza 28.04.2004, n. 8119
- Caldaia
centralizzata: anche condomini staccati pagano le spese di sostituzione.
Salvo
deroga contrattuale attraverso una convenzione che obblighi tutti i
condomini
le spese di sostituzione della caldaia condominiale devono essere
ripartite
secondo i millesimi di proprietà e non secondo l’uso che ciascun
condomino può
farne.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1420 del 27
gennaio
2004, precisando che tali spese, attenendo alla conservazione, cioè
alla tutela
dell’integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell’impianto
comune,
interessano i condomini quali proprietari dell’impianto, a cui carico
la legge
pone l’obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi
obligationes propter rem, che, nascendo dalla contitolarità del diritto
reale
sull’impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che
esprime la
misura della appartenenza.
(La Suprema Corte ha inoltre ricordato che, ove nell’edificio
condominiale vi
siano locali (ad esempio box-cantine) non serviti dall’impianto di
riscaldamento centralizzato, i condomini titolari, soltanto, della
proprietà di
tali locali, non sono contitolari dell’impianto centralizzato, non
essendo
questo legato da una relazione di accessorietà, cioè da un collegamento
strumentale, materiale e funzionale all’uso o al servizio di quei
beni). Cassazione,
sez. II civile, sentenza 27.01.2004, n. 1420
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