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- La
pubblicazione degli strumenti urbanistici - Termine di sessanta giorni
per
impugnare la previsione della strumentazione generale – Decorrenza - L’onere di
provare la tardività del ricorso.
La pubblicazione degli strumenti urbanistici risulta
costituita, secondo le previsioni dell’art. 10 della legge 17 agosto
1992, n.
1150, e successive modificazioni, da una sequenza di atti collegati. La
data da
cui muove il termine di sessanta giorni per impugnare la previsione
della
strumentazione generale decorre – come ripetutamente affermato dalla
giurisprudenza - dal momento conclusivo dell’ultima misura conoscitiva
messa in
atto; vale a dire dall’ultimo giorno del periodo di quindici giorni da
quando
l’avviso dell’avvenuta approvazione è stata affissa all’Albo pretorio
(Cons.
St., Sez. IV, n. 45 del 18.1.1996; Sez. V, n. 1489 del 27.10.1995). È
altresì
pacifico che l’onere di provare la tardività del ricorso è a carico
della parte
che eccepisce l’intempestività e che, in difetto di prova, il ricorso
deve
ritenersi tempestivo (Cons. St., Sez. IV, n. 33 del 24.1.1995). Pres.
RICCIO -
Est. CARINCI - Comune di Catanzaro (Avv. Mirigliani) c. Aceto ed altri
(riforma
Tribunale amministrativo regionale della Calabria, Catanzaro, n. 494,
pubblicata in data 16 aprile 1994) CONSIGLIO DI STATO Sezione
IV - 25
novembre 2003, Sentenza n. 7771
- La
variante di un piano regolatore generale - Nuova destinazione ad aree
che
risultano già urbanisticamente classificate - Piano di lottizzazione
approvato
- Giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia -
Reiterazione di un vincolo scaduto - Convenzione di lottizzazione. La
variante di un piano regolatore generale che
conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già
urbanisticamente
classificate, necessita di apposita motivazione solo allorché le
classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative,
in capo
ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto. Deve
trattarsi,
cioè, di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle
derivanti
da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento
di un
diniego di concessione edilizia, della reiterazione di un vincolo
scaduto
(Cons. St.; Sez. IV, n. 1732 del 4.12.1998; n. 1190 del 14.10.1997).
Nel caso
della lottizzazione, in particolare, occorre, perché sussista l’obbligo
dell’Amministrazione di dare una specifica motivazione sulle esigenze
che
inducano a modificare la previsione urbanistica preesistente, che sia
già
intervenuta la stipula della convenzione di lottizzazione (Sez. VI, n.
173 del
14.1.2002). Pres. RICCIO - Est. CARINCI - Comune di Catanzaro (Avv.
Mirigliani)
c. Aceto ed altri (riforma Tribunale amministrativo regionale della
Calabria,
Catanzaro, n. 494, pubblicata in data 16 aprile 1994) CONSIGLIO
DI STATO
Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7771
- Urbanistica
- Altezze massime degli edifici - La disciplina regolamentare comunale
- Le
locuzioni: “altezza totale” e “altezza massima” - Nozione di “altezza
totale” - Deroga alle altezze massime - Limiti. La
disciplina regolamentare comunale relativa alle altezze massime degli
edifici
utilizzando la locuzione “altezza totale”, invece di quella di “altezza
massima”, intende evidentemente indicare una dimensione non solo
maggiore di
quella consentita, ma assoluta e non più superabile per effetto di
qualsivoglia
altra previsione del piano. La relativa deroga alle altezze massime
previste
per le singole tipologie di edifici e per le diverse zone si atteggia,
in
sintesi, come ultimativo e definitivo beneficio che consente, per
quella
esclusiva e peculiare fattispecie e nei vincolati e rigidi margini ivi
previsti, l’edificazione del fabbricato oltre i limiti estremi
stabiliti in via
generale. La nozione di “altezza totale” appena definita comporta,
inoltre, che
il relativo limite non può essere ulteriormente superato e che,
conseguito quel
beneficio, non se ne possono cumulare altri, che consentirebbero
inammissibilmente di derogare ulteriormente ad un margine di altezza
che, per
il suo carattere dichiarato “totale”, non tollera altre eccezioni. Ogni
altra
opzione esegetica va, in particolare, rifiutata, siccome contraria
all’insuperabile dato letterale appena analizzato ed in quanto
confliggente con
il noto canone ermeneutico che impedisce di assegnare ad una
disposizione un
significato che preclude alla stessa di produrre qualsiasi effetto e
che la
priva di ogni senso ed utilità. Consiglio di Stato, Sez. V, 7
novembre 2003,
sentenza n. 7127
- L’apposizione
dei termini per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per
l’edilizia
economica e popolare.
L’art. 13,
l. n. 2359 del 1865, in materia di apposizione dei termini, non è
applicabile
per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia
economica e
popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni che
delimitano nel
tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi. Consiglio di
Stato, Sezione
IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545
- Il termine
per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica avente
effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza,
nonché di variante speciale al p.r.g. - Insufficienza della pubblicazione
dell’atto per l’effettiva conoscenza - Decorrenza - Conoscenza individuale del
proprietario - La notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale
- Obbligo. Il termine
per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi
dell’art. 1, l. n. 1 del 1978, avente effetto di dichiarazione di pubblica
utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g.
(perché relativa ad un bene specifico sopra il quale viene impresso un vincolo
di destinazione pubblica), decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia
avuto il proprietario, essendo insufficiente a tal fine la pubblicazione
dell’atto, in quanto il provvedimento ha effetti specifici e circoscritti
all’area da espropriare per l’esecuzione dell’opera, e quindi è rivolto a
soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (cfr. sez. IV, 28
gennaio 2002, n. 452, sez. II, 27 febbraio 2002, n. 294\2001). Nello specifico,
la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale è imposta
dall’art. 8, comma 5, l. n. 167 del 1962, richiamato dall’art. 1, comma 5, l.
n. 1 del 1978, come sostituito dall’art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998. Consiglio
di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196
- Diritto
di
accesso - Limitazione alla definizione di "ambiente" ex articolo 2
del D.lgs. 39/97 - Linea evolutiva della legislazione nazionale - Legislazione
concorrente - Profilo funzionale: "misure che incidono o possono
incidere
negativamente sulle predette componenti ambientali". Non
può darsi credito alla tesi
secondo la quale la definizione di "ambiente" articolo 2 del D.lgs.
39/97 sia tale da comprendere "tutti gli atti che comportino
trasformazioni del territorio". Giacché in tal modo le materie
dell'urbanistica e dell'edilizia si confonderebbero con l'ambiente, in
contraddizione con una linea evolutiva della legislazione nazionale che
ha
portato a distinguere (articolo 117 comma secondo e terzo della
Costituzione
nel testo sostituito dall'articolo 2 della legge costituzionale 18
ottobre
2001, n. 3) "la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali", come materia attribuita alla legislazione esclusiva dello
Stato, dal "governo del territorio"affidato invece alla legislazione
concorrente. Il nesso, semmai, potrebbe essere individuato sotto il
profilo
funzionale valorizzando quella parte della norma che pone l'accento
"sulle
misure che incidono o possono incidere negativamente sulle predette
componenti
ambientali", ma ciò implica una più precisa definizione dell’oggetto,
che
può essere fatta solo indicando nella richiesta di accesso il nesso
concreto
dal quale sia possibile desumere l’incidenza concreta della misura
amministrativa sui valori giuridici considerati dall’articolo 2 del
D.lgs.
39/97. Consiglio di Stato, Sezione V - 14 febbraio 2003 -
Sentenza n. 816
- La
necessità
della comunicazione dell’avvio del procedimento ai destinatari
dell’atto finale
- La portata generale del principio - Specifiche deroghe. La
necessità della comunicazione
dell’avvio del procedimento ai destinatari dell’atto finale è stata
prevista in
generale dal menzionato art. 7 non soltanto per i procedimenti
complessi che si
articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva ed integrativa
dell’efficacia), ma anche per i procedimenti semplici che si
esauriscono
direttamente con l’adozione dell’atto finale, i quali comunque
comportano una
fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante. La portata
generale
del principio è confermata dal fatto che il legislatore stesso (art 7,
1°
comma, ed art. 13 L. 241/90) si è premurato di apportare delle
specifiche
deroghe (speciali esigenze di celerità, atti normativi, atti generali,
atti di
pianificazione e di programmazione, procedimenti tributari) all’obbligo
di
comunicare l’avvio del procedimento, con la conseguenza che negli altri
casi
deve in linea di massima garantirsi tale comunicazione, salvo che non
venga
accertata in giudizio la sua superfluità in quanto il provvedimento
adottato
non avrebbe potuto essere diverso anche se fosse stata osservata la
relativa
formalità (V. le decisoni di questo Consiglio, sez. V n. 2823 del
22.5.2001 e
sez. VI n. 686 del 7.2.2002). Consiglio di Stato, Sezione V –
14 febbraio 2003
- Sentenza n. 803
- L'obbligo
di dare comunicazione
dell'avvio del procedimento - Dichiarazione di pubblica utilità.
Secondo la giurisprudenza di questo
Consiglio, l'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento,
ai
sensi del predetto art.7, sussiste anche in caso di dichiarazione di
pubblica
utilità implicita nell'approvazione del progetto di opera pubblica
(cfr., sul
punto, Cons. St., Ad. Plen., 15 settembre 1999, n.14; C.G.A., 22
dicembre 1999,
n.658; Cons. St., IV, 14 giugno 2001, n.3169). Consiglio di
Stato, Sezione
IV - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 736
- Indennità
di
espropriazione - Deposito di una somma a titolo di indennità - L’effetto
ablatorio - Occupazione acquisitiva - Risarcimento del danno.
Il deposito di una somma a titolo
di indennità di espropriazione presso la Cassa Depositi e Prestiti ha
efficacia
liberatoria, ai sensi dell’articolo 48, comma 1 della legge 25 giugno
1865, n.
2359, soltanto nell’ambito della procedura espropriativi conclusa con
efficace
decreto di esproprio, mentre, nel caso in cui l’effetto ablatorio si
produca a
seguito di occupazione acquisitiva, la somma depositata e non riscossa
non può
essere computata mella determinazione del risarcimento del danno subito
in
conseguenza della perdita del bene (in tal senso Cass., 7 aprile 1997,
n.
3003). In particolare, nella fattispecie in esame la sentenza Tribunale
Regionale delle Acque Pubbliche di Roma, 17 marzo 1998, n. 4/98
condanna
l’Amministrazione non al pagamento di un’indennità di espropriazione,
bensì al
“risarcimento del danno da illecita appropriazione del suolo
dell’attore”. Consiglio
di Stato, Sez. IV - 4 febbraio 2003 - Sentenza n. 542
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