Giurisprudenza
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Edilizia - Urbanistica, varianti ai piani, altezze, espropri, comunicazione
(Sentenze pronunciate nell'anno 2003 della Cassazione, del Consiglio di Stato e del TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
I giudici si pronunciano, con queste massime dell'anno 2003, sugli strumenti urbanistici, sulle altezze totali degli edifici, sulle espropriazioni, sulle indennità, e sui relativi procedimenti.
  1. La pubblicazione degli strumenti urbanistici
  2. La variante di un piano regolatore generale
  3. Urbanistica - Altezze massime degli edifici - La disciplina regolamentare comunale
  4. L’apposizione dei termini per le espropriazioni attinenti ai piani di zona
  5. Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica
  6. Diritto di accesso - limitazione alla definizione di "ambiente"
  7. La necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento ai destinatari dell’atto finale
  8. L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento
  9. Indennità di espropriazione - deposito di una somma a titolo di indennità
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  1. La pubblicazione degli strumenti urbanistici - Termine di sessanta giorni per impugnare la previsione della strumentazione generale – Decorrenza - L’onere di provare la tardività del ricorso. La pubblicazione degli strumenti urbanistici risulta costituita, secondo le previsioni dell’art. 10 della legge 17 agosto 1992, n. 1150, e successive modificazioni, da una sequenza di atti collegati. La data da cui muove il termine di sessanta giorni per impugnare la previsione della strumentazione generale decorre – come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza - dal momento conclusivo dell’ultima misura conoscitiva messa in atto; vale a dire dall’ultimo giorno del periodo di quindici giorni da quando l’avviso dell’avvenuta approvazione è stata affissa all’Albo pretorio (Cons. St., Sez. IV, n. 45 del 18.1.1996; Sez. V, n. 1489 del 27.10.1995). È altresì pacifico che l’onere di provare la tardività del ricorso è a carico della parte che eccepisce l’intempestività e che, in difetto di prova, il ricorso deve ritenersi tempestivo (Cons. St., Sez. IV, n. 33 del 24.1.1995). Pres. RICCIO - Est. CARINCI - Comune di Catanzaro (Avv. Mirigliani) c. Aceto ed altri (riforma Tribunale amministrativo regionale della Calabria, Catanzaro, n. 494, pubblicata in data 16 aprile 1994) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7771

  2. La variante di un piano regolatore generale - Nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate - Piano di lottizzazione approvato - Giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia - Reiterazione di un vincolo scaduto - Convenzione di lottizzazione. La variante di un piano regolatore generale che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate, necessita di apposita motivazione solo allorché le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto. Deve trattarsi, cioè, di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia, della reiterazione di un vincolo scaduto (Cons. St.; Sez. IV, n. 1732 del 4.12.1998; n. 1190 del 14.10.1997). Nel caso della lottizzazione, in particolare, occorre, perché sussista l’obbligo dell’Amministrazione di dare una specifica motivazione sulle esigenze che inducano a modificare la previsione urbanistica preesistente, che sia già intervenuta la stipula della convenzione di lottizzazione (Sez. VI, n. 173 del 14.1.2002). Pres. RICCIO - Est. CARINCI - Comune di Catanzaro (Avv. Mirigliani) c. Aceto ed altri (riforma Tribunale amministrativo regionale della Calabria, Catanzaro, n. 494, pubblicata in data 16 aprile 1994) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7771
  3. Urbanistica - Altezze massime degli edifici - La disciplina regolamentare comunale - Le locuzioni: “altezza totale” e “altezza massima” - Nozione di “altezza totale” - Deroga alle altezze massime - Limiti. La disciplina regolamentare comunale relativa alle altezze massime degli edifici utilizzando la locuzione “altezza totale”, invece di quella di “altezza massima”, intende evidentemente indicare una dimensione non solo maggiore di quella consentita, ma assoluta e non più superabile per effetto di qualsivoglia altra previsione del piano. La relativa deroga alle altezze massime previste per le singole tipologie di edifici e per le diverse zone si atteggia, in sintesi, come ultimativo e definitivo beneficio che consente, per quella esclusiva e peculiare fattispecie e nei vincolati e rigidi margini ivi previsti, l’edificazione del fabbricato oltre i limiti estremi stabiliti in via generale. La nozione di “altezza totale” appena definita comporta, inoltre, che il relativo limite non può essere ulteriormente superato e che, conseguito quel beneficio, non se ne possono cumulare altri, che consentirebbero inammissibilmente di derogare ulteriormente ad un margine di altezza che, per il suo carattere dichiarato “totale”, non tollera altre eccezioni. Ogni altra opzione esegetica va, in particolare, rifiutata, siccome contraria all’insuperabile dato letterale appena analizzato ed in quanto confliggente con il noto canone ermeneutico che impedisce di assegnare ad una disposizione un significato che preclude alla stessa di produrre qualsiasi effetto e che la priva di ogni senso ed utilità. Consiglio di Stato, Sez. V, 7 novembre 2003, sentenza n. 7127
  4. L’apposizione dei termini per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare. L’art. 13, l. n. 2359 del 1865, in materia di apposizione dei termini, non è applicabile per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 
  5. Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. - Insufficienza della pubblicazione dell’atto per l’effettiva conoscenza - Decorrenza - Conoscenza individuale del proprietario - La notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale - Obbligo. Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi dell’art. 1, l. n. 1 del 1978, avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. (perché relativa ad un bene specifico sopra il quale viene impresso un vincolo di destinazione pubblica), decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia avuto il proprietario, essendo insufficiente a tal fine la pubblicazione dell’atto, in quanto il provvedimento ha effetti specifici e circoscritti all’area da espropriare per l’esecuzione dell’opera, e quindi è rivolto a soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (cfr. sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 452, sez. II, 27 febbraio 2002, n. 294\2001). Nello specifico, la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale è imposta dall’art. 8, comma 5, l. n. 167 del 1962, richiamato dall’art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, come sostituito dall’art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196
  6. Diritto di accesso - Limitazione alla definizione di "ambiente" ex articolo 2 del D.lgs. 39/97 - Linea evolutiva della legislazione nazionale - Legislazione concorrente - Profilo funzionale: "misure che incidono o possono incidere negativamente sulle predette componenti ambientali". Non può darsi credito alla tesi secondo la quale la definizione di "ambiente" articolo 2 del D.lgs. 39/97 sia tale da comprendere "tutti gli atti che comportino trasformazioni del territorio". Giacché in tal modo le materie dell'urbanistica e dell'edilizia si confonderebbero con l'ambiente, in contraddizione con una linea evolutiva della legislazione nazionale che ha portato a distinguere (articolo 117 comma secondo e terzo della Costituzione nel testo sostituito dall'articolo 2 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) "la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", come materia attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato, dal "governo del territorio"affidato invece alla legislazione concorrente. Il nesso, semmai, potrebbe essere individuato sotto il profilo funzionale valorizzando quella parte della norma che pone l'accento "sulle misure che incidono o possono incidere negativamente sulle predette componenti ambientali", ma ciò implica una più precisa definizione dell’oggetto, che può essere fatta solo indicando nella richiesta di accesso il nesso concreto dal quale sia possibile desumere l’incidenza concreta della misura amministrativa sui valori giuridici considerati dall’articolo 2 del D.lgs. 39/97. Consiglio di Stato, Sezione V - 14 febbraio 2003 - Sentenza n. 816
  7. La necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento ai destinatari dell’atto finale - La portata generale del principio - Specifiche deroghe. La necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento ai destinatari dell’atto finale è stata prevista in generale dal menzionato art. 7 non soltanto per i procedimenti complessi che si articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva ed integrativa dell’efficacia), ma anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con l’adozione dell’atto finale, i quali comunque comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante. La portata generale del principio è confermata dal fatto che il legislatore stesso (art 7, 1° comma, ed art. 13 L. 241/90) si è premurato di apportare delle specifiche deroghe (speciali esigenze di celerità, atti normativi, atti generali, atti di pianificazione e di programmazione, procedimenti tributari) all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, con la conseguenza che negli altri casi deve in linea di massima garantirsi tale comunicazione, salvo che non venga accertata in giudizio la sua superfluità in quanto il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso anche se fosse stata osservata la relativa formalità (V. le decisoni di questo Consiglio, sez. V n. 2823 del 22.5.2001 e sez. VI n. 686 del 7.2.2002). Consiglio di Stato, Sezione V – 14 febbraio 2003 - Sentenza n. 803
  8. L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento - Dichiarazione di pubblica utilità. Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, l'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento, ai sensi del predetto art.7, sussiste anche in caso di dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto di opera pubblica (cfr., sul punto, Cons. St., Ad. Plen., 15 settembre 1999, n.14; C.G.A., 22 dicembre 1999, n.658; Cons. St., IV, 14 giugno 2001, n.3169). Consiglio di Stato, Sezione IV - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 736
  9. Indennità di espropriazione - Deposito di una somma a titolo di indennità - L’effetto ablatorio - Occupazione acquisitiva - Risarcimento del danno. Il deposito di una somma a titolo di indennità di espropriazione presso la Cassa Depositi e Prestiti ha efficacia liberatoria, ai sensi dell’articolo 48, comma 1 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, soltanto nell’ambito della procedura espropriativi conclusa con efficace decreto di esproprio, mentre, nel caso in cui l’effetto ablatorio si produca a seguito di occupazione acquisitiva, la somma depositata e non riscossa non può essere computata mella determinazione del risarcimento del danno subito in conseguenza della perdita del bene (in tal senso Cass., 7 aprile 1997, n. 3003). In particolare, nella fattispecie in esame la sentenza Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Roma, 17 marzo 1998, n. 4/98 condanna l’Amministrazione non al pagamento di un’indennità di espropriazione, bensì al “risarcimento del danno da illecita appropriazione del suolo dell’attore”. Consiglio di Stato, Sez. IV - 4 febbraio 2003 - Sentenza n. 542 

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