Giurisprudenza
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Edilizia - Ristrutturazioni, autorizzazioni e permessi
(Sentenze pronunciate nell'anno 2003 della Cassazione, del Consiglio di Stato e del TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
Con queste massime dell'anno 2003 i giudici si pronunciano in tema di ristrutturazioni edilizie, di demolizioni, di ricostruzioni degli edifici e di manutenzioni o restauri. Quindi sui permessi necessari per i singoli tipi di intervento.
  1. Ristrutturazione - Demolizione e fedele ricostruzione del manufatto
  2. Manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo
  3. Opere interne - interventi modificativi degli spazi interni per creare vani accessori
  4. Opere comportanti aumento di volume o di superficie utile 
  5. La concessione edilizia in una località classificata sismica
  6. Urbanistica ed edilizia - Modifica destinazione d'uso
  7. Urbanistica ed Edilizia - Disposizioni di cui al T. U. n. 380/2001
  8. Disciplina edilizia - Ristrutturazione edilizia
  9. Urbanistica - Sostituzione della struttura di copertura di un edificio
  10. Immobili sottoposti a vincolo paesaggistico - Interventi di manutenzione straordinaria
  11. Manutenzione ordinaria e straordinaria
  12. La circostanza che l’edificio sia stato abbandonato
  13. Intervento di restauro e risanamento conservativo
  14. Legge della Regione Marche n.31 del 1979 - Figura della ristrutturazione edilizia
  15. Interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente
  16. L'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche - Decadenza della D.I.A.
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  1. Ristrutturazione - Demolizione e fedele ricostruzione del manufatto - Prescrizione relativa al divieto di demolizione e ricostruzione - Illegittimità - Invalidità degli atti di sospensione dei lavori e di annullamento d’ufficio della concessione edilizia fondati sul rilievo dell’inosservanza della prescrizione illegittima. Secondo un univoco e consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis C.S., Sez. IV, 2 aprile 2002, n.1824), il concetto di ristrutturazione edilizia di cui all’art.31 c.1 lett. d) l. n.457/78 comprende anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, con l’unica condizione che la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma, di volume e di superficie tra il vecchio ed il nuovo manufatto. Tale definizione del contenuto della ristrutturazione edilizia, è stata peraltro codificata dall’art.3 lett.d) del decreto legislativo 6 giugno 2001, n.378 (testo unico dell’edilizia). La riscontrata illegittimità ed il conseguente annullamento della prescrizione, contenuta nella concessione edilizia, relativa al divieto di demolizione e fedele ricostruzione del manufatto in questione implicano, in via immediata e diretta, l’invalidità degli atti di sospensione dei lavori e di annullamento d’ufficio della concessione edilizia, in quanto erroneamente fondati sul duplice rilievo dell’inosservanza della predetta (illegittima) clausola e della conseguente impossibilità di procedere alla ricostruzione dell’edificio, a seguito del suo abbattimento. Consiglio di Stato, Sezione V – 18 settembre 2003, n. 5310

  2. Manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo - Interventi che non alterino volumi e superfici - La redistribuzione di volumi - Ristrutturazione edilizia soggetta a concessione edilizia. Solo gli interventi che non alterino volumi e superfici sono annoverabili tra quelli di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo (cfr. TAR Lombardia Milano, Sez.II, 9.4.2002, n.1388; TAR Sardegna 2.6.2000, n. 561, secondo cui gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportino la redistribuzione di volumi, non sono configurabili né come manutenzione straordinaria, né come risanamento conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia soggetta a concessione edilizia (art.31, lettera d) L.n.457/1978; cfr. in termini, C. d. S, V, 23.5.2000, n. 2988, 25.11.99, n. 1971, 17.12.1996, n. 1551, 14.12.94, n. 1469, 13.7.92, n. 646, 23.4.91, n. 644, 2.4.91, n. 374). TAR LAZIO, SEZ. II BIS - Sentenza 25 luglio 2003 n. 6670 
  3. Opere interne - Interventi modificativi degli spazi interni per creare vani accessori, nuovi volumi o maggiori superfici utili - La costruzione di un solaio - Concessione edilizia - Necessità. La giurisprudenza ha evidenziato che l’art. 26 della legge n.47 del 1985 è inapplicabile alle opere interne che comportino, come nella specie, interventi modificativi degli spazi interni per creare vani accessori, nuovi volumi o maggiori superfici utili (cfr. C.d.S., V, 5.3.2001, n.1244) ovvero la costruzione di un solaio comportante la realizzazione di un piano ulteriore determinando una definitiva modificazione dell’interno del fabbricato e, come tale, in quanto travalicante la definizione di opere interne prevista dal citato art. 26, soggetto al rilascio di concessione edilizia (cfr. ancora, C.d.S., V, 9.2.2001, n.577, 24.2.95, n.247 e12.9.92, n.789; TAR Toscana, sez.I, 10.12.97). TAR LAZIO, SEZ. II BIS - Sentenza 25 luglio 2003 n. 6670
  4. Opere comportanti aumento di volume o di superficie utile - La modifica della sagoma dell’edificio - concessione edilizia - Necessità - sanzione della demolizione. Le opere comportanti aumento di volume o di superficie utile e la modifica della sagoma dell’edificio, sono soggette a concessione edilizia e, qualora realizzate abusivamente senza tale titolo, sono soggette alla sanzione della demolizione. TAR LAZIO, SEZ. II BIS - Sentenza 25 luglio 2003 n. 6670
  5. La concessione edilizia in una località classificata sismica - Costruzione, sopraelevazione o riparazioni in località sismica - Preavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio del genio civile - Necessità - Responsabilità - Effetti - Distanza dal ciglio stradale. In base all’art. 17 della legge n. 64 del 1974 già citato, infatti, chi vuole eseguire in località sismica una costruzione, sopraelevazione o riparazioni è tenuto “a darne preavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio del genio civile secondo le competenze vigenti”. Il Sindaco (oggi il dirigente dell’U.T.C.), responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia (oggi permesso a costruire) in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto, ad avviso della Sezione, ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari. (La costruzione di cui alla concessione edilizia assentita è alta 18 metri mentre, in base alla normativa antisismica contenuta nel Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 16.1.1996, n. 19, non avrebbe dovuto superare gli undici metri - distanza dal ciglio stradale). Consiglio di Stato, Sezione V - 14 luglio 2003, sentenza n. 4165

  6. Urbanistica ed edilizia - Modifica destinazione d'uso - Disciplina urbanistica - Poteri regolamentari della regione - Mutamento di destinazione d'uso di immobili, o di loro parti - All'interno degli stessi raggruppamenti - Concessione edilizia - Esclusione - Semplice autorizzazione - L. n. 662/1996, L. n. 47/1985 e D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia, compete alle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, modificativo dell'art. 25 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, stabilire quali mutamenti di destinazione d'uso di immobili, o di loro parti, connessi o meno a trasformazioni fisiche, siano escluse dal regime concessorio (ora permesso di costruire) e subordinate a semplice autorizzazione, purché le previsioni regionali tengano conto delle disposizioni di principio poste dallo Stato. (In applicazione di tale principio risulta legittima la sottoposizione alla denuncia di inizio attività, prevista dalla legge Regione Calabria n. 19 del 2002, dei mutamenti di destinazione d'uso che intervengono all'interno degli stessi raggruppamenti). PRES. Savignano G REL. Squassoni C COD.PAR.368 IMP. Lattari PM. (Conf.) Di Zenzo C. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 13 giugno 2003 (CC. 09/04/2003), RV. 225472, Sentenza n. 25738 
  7. Urbanistica ed Edilizia - Disposizioni di cui al T. U. n. 380/2001 - Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione di immobili - Nozione - Ricostruzione di rudere - Esclusione - Nuova costruzione - Art. 3 D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia, anche in base alle nuove disposizioni contenute nel D. P.R. 6 giugno 2001 n. 380, costituisce nuova costruzione l'intervento di demolizione e di successiva ricostruzione di un rudere, in quanto la demolizione per essere ricondotta alla nuova nozione legislativa di 'ristrutturazione edilizia' deve essere contestualizzata temporalmente nell'ambito di un intervento unitario volto nel suo complesso alla conservazione di un edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell'inizio dei lavori. Pres. Vitalone C - Est. Fiale A - Imp. Pellegrino M - PM. (Conf.) Geraci V. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 28 marzo 2003 (UD.04/02/2003) RV. 224571, Sentenza n. 14455
  8. Disciplina edilizia - Ristrutturazione edilizia - Realizzazione di un organismo edilizio in parte diverso dal precedente - Permesso di costruire - Necessità - Condizioni di esclusione del provvedimento “concessorio” - Individuazione - L. n. 443/2001 - Artt. 3 e 10 D. P. R. n. 380/2001 - L. n. 47/1985. Per la recente disciplina urbanistica ed edilizia, ivi compresa quella di cui all'art. 1 comma 6, della legge 21 dicembre 2001 n. 443 e agli art 3, comma 1, e 10, comma 1, del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) realizza l'ipotesi di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457, con conseguente necessità della concessione (ora sostituita dal permesso di costruire) la realizzazione di un organismo edilizio in parte diverso dal precedente, atteso che non è subordinato al preventivo rilascio del provvedimento "concessorio" solo l'intervento che non comporti aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici. (Fattispecie nella quale la Corte ha ravvisato l'ipotesi di ristrutturazione edilizia nell'integrale sostituzione della struttura di copertura di un immobile, realizzata a falde inclinate, con la creazione di nuovi pilastri e di un cordolo di appoggio). Pres. Papadia U - Est. Teresi A - Imp. Iacovacci B - PM. (Conf.) Ciampoli L. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 17 marzo 2003 (CC. 25/02/2003) RV. 224364, Sentenza n. 12369
  9. Urbanistica - Sostituzione della struttura di copertura di un edificio – Interventi di ristrutturazione e permesso di costruire – Configurazione legislativa - D.P.R. 380/2001 - Applicazione. Sono assoggettate alle prescrizioni della ristrutturazione gli interventi definiti nell’art. 31, L. 457/1978 e nell’art. 3, lett. d), D.P.R. 380/2001, (nella specie si è trattato di: integrale sostituzione della struttura di copertura di un edificio, creazione di nuovi pilastri e di un cordolo di appoggio, copertura a falde inclinate e tamponatura) solo qualora non abbiano dato luogo a organismo edilizio in parte diverso dal precedente. I lavori che non comportino aumento di unità immobiliari o modifiche al volume o della sagoma, dei prospetti o delle superfici o, limitatamente agli immobili inclusi nelle zone omogenee A, se non producono mutamenti delle destinazioni d’uso, non sono subordinati a permesso di costruire. Iacovacci - CASSAZIONE PENALE sezione III del 17 marzo 2003
  10. Immobili sottoposti a vincolo paesaggistico - Interventi di manutenzione straordinaria - D.P.R. n. 380/2001 – Autorizzazione - Casi si esonero – Limiti - art. 31, comma 1 lett. b), l. n. 457/1978. La qualificazione d’interventi di manutenzioni straordinaria (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 testo unico in materia edilizia) e il relativo esonero dell’autorizzazione paesaggistica per gli immobili sottoposti a vincolo è previsto solo per interventi contemplati dall’art. 31, comma 1 lett. b), della Legge n. 457/1978 a condizione che la realizzazione delle opere non producano, in nessun caso, alterazione dello stato dei luoghi. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519
  11. Manutenzione ordinaria e straordinaria - Conservazione delle parti e servizi comuni dell’edificio - responsabilità e poteri dell’amministratore. L’amministratore è titolare ope legis - salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari - non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell’edificio, ai sensi dell’articolo 1130 numeri 3 e 4 Cc, ma anche del potere di «ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente» con l’obbligo di «riferirne nella prima assemblea dei condomini», ai sensi dell’articolo 1135 comma 2 Cc; di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l’obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere (Cassazione, sezione prima, 4 marzo 1997, Cancelliere; 19 giugno 1996, Vitale; sezione quarta, 6 maggio 1983, Scarabelli, rv. 159977; sezione sesta, 22 aprile 1980, Lavagna, rv. 145901; 4 maggio 1973, Parisi, rv. 125614; sezione terza, 13 luglio 1962, La marca, rv. 98901). Negli edifici condominiali ‑ poiché l’articolo 677 Cp prevede che anche persona diversa dal proprietario sia tenuta alla conservazione, manutenzione o riparazione dell’edificio ‑ l’obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione incombe sull’amministratore, pur potendo esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli condomini qualora, per cause accidentali (ad esempio: indisponibilità dei fondi necessari o rifiuto dei condomini di contribuire alla costituzione del fondo spese occorrente), l’amministratore non possa adoperarsi allo scopo suindicato con la necessaria urgenza. Corte di Cassazione Sez. I Penale - Sentenza 25 febbraio 2003, n. 9027  
  12. La circostanza che l’edificio sia stato abbandonato, con conseguente crollo di parte della sua struttura, non è preclusiva sull’intervento di recupero - Interventi di ristrutturazione e di ampliamento - La destinazione abitativa nelle zone agricole - Illegittimità del diniego di concessione edilizia. Non può, dubitarsi che il manufatto in questione (l’edificio è stato abbandonato, con conseguente crollo di parte della sua struttura), per come classificato nel vecchio catasto (allegato dalla ricorrente sub 12) per la sua ubicazione nel territorio e per le sue caratteristiche strutturali, sia stato ab origine destinato a casa colonica (non risultando, peraltro, documentate o suggerite diverse utilizzazioni, compatibili con le sue dimensioni e la sua posizione) e, quindi, ad abitazione di contadini. La disciplina edilizia di riferimento, posto che il combinato disposto degli artt.8 c.7 della L.R. dell’Umbria n.53/74 e 13 delle N.T.A. ammette gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, nella zona (B/2) in cui ricade l’immobile della ricorrente, dei fabbricati destinati ad abitazione esistenti al momento dell’adozione da parte del Comune del P.R.G. In tale senso depone, anzitutto, l’esame della lettera della disposizione di riferimento (che, richiedendo la mera destinazione abitativa, pare indicare una tipologia di edificio piuttosto che il suo stato di conservazione) ma, soprattutto, l’indagine della sua ratio che, conducendo all’agevole individuazione della finalità di favorire il recupero, per mezzo della ristrutturazione e dell’ampliamento, dell’uso di manufatti altrimenti inidonei ad assolvere l’originaria destinazione abitativa nelle zone agricole, impone di preferire l’opzione ermeneutica che assegna alla norma un contenuto precettivo coerente con il suo scopo e, quindi, compatibile con l’ammissibilità della ristrutturazione di edifici parzialmente demoliti (purchè inizialmente destinati ad abitazione). Il diniego di concessione edilizia impugnato in primo grado deve, in definitiva, giudicarsi illegittimo siccome erroneamente assunto sulla base di ragioni impeditive infondatamente basate su uno scorretto apprezzamento della documentazione tecnica attestante la volumetria dell’edificio e su un’errata valutazione del requisito della destinazione abitativa. Consiglio di Stato Sezione V, del 24 febbraio 2003, Sentenza n. 985
  13. Intervento di restauro e risanamento conservativo - La trasformazione di una stalla - Fabbricato agricolo - Cambiamento della destinazione d’uso. La trasformazione di una stalla, aperta su tre lati, in una o più unità abitative, non può configurarsi come un intervento di restauro e risanamento conservativo, ma come una radicale trasformazione dell’immobile. A questa nuova destinazione devono, pertanto, commisurarsi gli oneri di urbanizzazione ed il contributo di costruzione, di cui alla citata legge n. 10 del 1977. Questa Sezione ha, infatti, avuto modo, di recente, di porre in rilievo che il rifacimento di un fabbricato agricolo, con opere anche interne, con il fine di un radicale cambiamento della destinazione d’uso, da rurale a quella di civile abitazione, comporta un maggior cari-co urbanistico (n. 4397 del 10 agosto 2000). Ne segue che, se è illegittima la richiesta di pagamento degli oneri di urbanizzazione se non si verifica la variazione del carico predetto (n. 3251 del 20 giugno 2001), è invece conforme a legge l’imposizione degli oneri al mutamento del carico stesso. Consiglio di Stato, Sezione V – 14 febbraio 2003 - Sentenza n. 798
  14. Legge della Regione Marche n.31 del 1979 - Figura della ristrutturazione edilizia, secondo la definizione dell’art.31, lettera d) della legge n.457 del 1978. Il carattere specifico della legislazione regionale de qua sta proprio nel fatto che essa intende riferirsi ad una ben precisa tipologia di strutture edilizie già esistenti per le quali, in deroga alla normativa generale ed in via del tutto transitoria, sono consentiti soltanto ampliamenti e sopra elevazioni: deve trattarsi di case ad un piano fuori terra e di costruzioni che avuto riguardo alla struttura edilizia esistente ed agli edifici circostanti presentano evidenti caratteristiche di non completezza. Lo scopo della legge è molto specifico: si tratta di favorire l’integrazione nel tessuto urbano circostante di case che concepite in una diversa fase dello sviluppo edilizio presentano comunque un qualche pregio urbanistico, ed hanno bisogno ora di essere completate e rese omogenee con l’assetto circostante, conservando in sostanza l’organismo edilizio preesistente. Quindi la legge regionale non può esser interpretata utilizzando lo schema della ristrutturazione edilizia, che risponde in via generale ad altre finalità e scopi. La precarietà e l’incompletezza dei fabbricati interessati dalla legge regionale, doveva condurre ad autorizzare interventi tali da non realizzare un incremento della domanda di servizi cioè ad un incremento della pressione urbanistica che caratterizza il comparto in cui l’intervento viene assentito. La legge presuppone quindi la sostanziale conservazione dell’organismo edilizio già esistente, che andava completato, anche attraverso una sopraelevazione, utilizzando le stesse strutture esistenti. Il fatto che l’appellante per dimostrare la legittimità della concessione deve spostare l’asse dell’interpretazione della legge regionale de qua sulla figura della ristrutturazione, quale definita della legislazione statale, è la dimostrazione che lo scopo della legge regionale è altro e che la concessione assentita in realtà, come correttamente osserva il giudice di prime cure, ha utilizzato lo schema della legge regionale n.31/1979 per finalità che potevano eventualmente essere conseguite attraverso altri strumenti legislativi ed urbanistici , ma non con quello impropriamente evocato nella concessione. Dagli atti emerge che un villino unifamiliare è stato trasformato in un fabbricato di civile abitazione composto da n.6 appartamenti e dalle caratteristiche strutturali ed architettoniche completamente diverse: il fatto che l’appellante insiste sulla non modificazione finale della volumetria dell’edificio è la dimostrazione che egli continua a svolgere un ragionamento, fattuale e giuridico, tutto dentro lo schema della ristrutturazione edilizia, schema non utilizzabile nella tecnica della legge regionale de qua. E che si tratti di ristrutturazione che ha radicalmente modificato la natura e l’impatto urbanistico dell’edificio preesistente, è dimostrato anche da fatto che l’altezza finale dell’edificio risulta non solo in contrasto con la concessione, ma con le norme del PRG vigente. Consiglio di Stato, Sez. V - 29 gennaio 2003 - Sentenza n. 445
  15. Interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente - Condizioni - Manutenzione ordinaria - Manutenzione straordinaria - Restauro - Risanamento conservativo - Ristrutturazione edilizia e urbanistica - Conservazione o rinnovazione della funzionalità - Avvenuta pregressa ultimazione del manufatto - Necessità - Mancanza - Possibilità di ricorso a procedure semplificate - Interventi eseguiti su edifici non ultimati - Esclusione. Rientrano negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, previsti dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457, gli interventi di manutenzione ordinaria, quelli di manutenzione straordinaria, di restauro o risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e urbanistica, che presuppongono un edificio già ultimato e funzionante, del quale si intende conservare o rinnovare la funzionalità, atteso che deve trattarsi di "recupero" del patrimonio edilizio esistente. Conseguentemente non è possibile applicare il regime semplificato dell'autorizzazione o della denuncia di inizio attività, previa qualificazione delle opere come di manutenzione straordinaria o restauro, per gli interventi eseguiti su edifici non ultimati. Si veda anche: Cass. 1998 n. 01029. Corte di Cassazione Penale Sez. III, del 24 gennaio 2003 (UD.05/12/2002) Sentenza n. 03526 
  16. L'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche - Decadenza della D.I.A. - Il provvedimento di decadenza - Poteri di vigilanza attribuiti all'Amministrazione in ordine all'esecuzione dell'opera autorizzata. Ai sensi dell'articolo 31 legge 17 agosto 1942, n. 1150: « ... La licenza edilizia non può avere validità superiore ad un anno; qualora entro tale termine i lavori non siano stati iniziati l'interessato dovrà presentare istanza diretta ad ottenere il rinnovo della licenza. L'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza delle licenze in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano stati iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data d'inizio» Di conseguenza, il provvedimento di decadenza oggetto della presente impugnazione, espressione dei permanenti poteri di vigilanza che, nel pubblico interesse, sono attribuiti all'Amministrazione in ordine all'esecuzione dell'opera autorizzata, sia stato emanato nel rispetto della disciplina edilizia. Considerato che, nel caso di specie, non risulta previsto specificatamente, a pena di decadenza della D.I.A., un termine di inizio dei lavori, ma solo quello finale di tre anni e ritenuto che all'attività edilizia a seguito di presentazione della D.I.A., in assenza di specifiche previsioni, debba essere applicata la medesima disciplina che regola le edificazioni subordinate alla concessione edilizia, ai sensi dell'articolo 4, comma 10, della legge n. 493 del 1993. In definitiva, anche se i termini espressi per la DIA riguardano solo l’ultimazione dei lavori (tre anni), quando i lavori previsti non iniziano entro l’anno, è perfettamente legittimo il provvedimento Comunale di decadenza, ribaltando sulla DIA quanto è previsto per la concessione edilizia. TAR Lombardia - Brescia - Ordinanza 14 gennaio 2003 n. 27
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