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- Piani
regolatori insindacabili salvo errori di fatto o abnormi illogicità. Le
scelte
effettuate dall'amministrazione all’atto dell'adozione del piano
costituiscono
apprezzamenti di merito sottratte al sindacato di legittimità, salvo
che non
siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità. Consiglio
di Stato, sez. IV, sentenza 06.10.2003, n. 5869
- Tutela
della salute pubblica - Provvedimenti contingibili e urgenti al fine di
prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei
cittadini
- Competenza - Sindaco - Condizioni - L'assistenza della forza pubblica
- Il
principio di legalità - Lla deroga al principio di tipicità dei
provvedimenti.
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta,
con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento
giuridico,
provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare
gravi
pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione
dei
relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza
della
forza pubblica. Questi atti sono emanati in presenza di una situazione
di
urgenza e necessità, il cui contenuto (come si è visto) non è
predeterminato
dalla legge, ma si adegua in concreto ai tratti dell'emergenza sulla
quale si
vuole intervenire: ciò al fine di consentire all'ordinanza quei margini
di
elasticità indispensabili per garantirne efficacia ed efficienza. Il
principio
di legalità, in questi casi, è compresso nei limiti massimi concessi
dall'ordinamento e la deroga al principio di tipicità dei provvedimenti
si
traduce nell'indicazione legislativa dei soli caratteri della
situazione - di
necessità ed urgenza - che costituisce il presupposto della misura
adottata. Tribunale
Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 -
sentenza
n. 202
- Tutela
della salute pubblica - Provvedimenti contingibili e urgenti - Limiti -
Garanzie - Termine di efficacia del provvedimento - Imposizione di
misure non
definitive e di efficacia temporalmente limitata - Esigenze prevedibili
e
permanenti - Illegittimità - Contra. L'eccezionalità
e la “elasticità” dei provvedimenti contingibili e urgenti non solo li
sottopone a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa, una vera
e
propria extrema ratio dell'agire amministrativo, ma esige che, in
concreto, la
loro adozione sia preceduta da tutte le garanzie richieste
dall'ordinamento,
purché siano compatibili con i presupposti ed i requisiti dell'atto.
Tra i
requisiti di validità delle ordinanze contingibili ed urgenti si
annovera,
secondo insegnamenti pacifici, la fissazione di un termine di efficacia
del
provvedimento. In più recenti pronunce si è affermato, in particolare,
che tali
ordinanze, oltre al carattere della contingibilità, intesa come urgente
necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza nei casi di
pericolo
attuale od imminente, presentano quello della provvisorietà, intesa nel
duplice
senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia
temporalmente
limitata. Di tal che non si ammette che l'ordinanza venga emanata per
fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti, ovvero per regolare
stabilmente
una situazione od un assetto di interessi (Cfr., Cons. Stato, IV Sez.,
13 dicembre
1999, n. 1844; V Sez. 30 novembre 1996, n. 1448). In altri casi si è
pure
ammesso che le ordinanze di necessità ed urgenza possano produrre
effetti non
provvisori. Si ritiene che non sia la provvisorietà a connotarle, ma la
necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di
pericolo
che ne giustifica l'adozione, e che, in definitiva, tali misure possano
essere
tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di rischio da
fronteggiare (Cfr., Cons. Stato, V Sez., 29 luglio 1998, n. 1128).
Quest'ultima
affermazione non è un segnale di incoerenza con i principi generali
dapprima
esposti, bensì la conferma della elasticità che caratterizza
necessariamente
questi provvedimenti, congegnati dal Legislatore in termini di
atipicità proprio
allo scopo di renderli adeguati a provvedere al caso di urgenza. In
sintesi, la
regola è quella per cui l'ordinanza deve contenere l'apposizione di un
termine,
ma tale regola potrebbe anch'essa venir derogata quando, per la
peculiarità del
caso concreto, la misura urgente presenti l'eccezionale attitudine a
produrre
conseguenze non provvisorie. Tribunale Amministrativo
Regionale del Friuli -
Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
- Provvedimenti
contingibili e urgenti - Limiti - Esigenze prevedibili e permanenti -
Illegittimità. L'eccezionalità
e la “elasticità” dei provvedimenti contingibili e urgenti non solo li
sottopone
a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa, una vera e propria
extrema
ratio dell'agire amministrativo, ma non si può ammettere la loro
adozione se
l'ordinanza venga emanata per fronteggiare esigenze prevedibili e
permanenti,
ovvero per regolare stabilmente una situazione od un assetto di
interessi
(Cfr., Cons. Stato, IV Sez., 13 dicembre 1999, n. 1844; V Sez. 30
novembre
1996, n. 1448). Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli
- Venezia
Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
- Immobili
destinati ai profughi in stato di bisogno - Immobili di edilizia
residenziale pubblica
- Competenza della gestione - Adozione di provvedimenti di rilascio -
Competenza del Sindaco.
La gestione degli immobili realizzati a norma della legge n. 137/1952
fu
affidata agli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP), e tali Istituti
disponevano del potere di gestire i detti immobili per profughi con gli
stessi
strumenti gestionali loro attribuiti dalla legge per le altre ipotesi
di
edilizia residenziale pubblica. Con riguardo ai provvedimenti di
rilascio di
abitazioni detenute sine titulo l’art. 18 del d.P.R. n. 1035 prevedeva
il
decreto del Presidente dell’Istituto. Con il d.lgs. del 24 luglio 1977
n. 616
le funzioni in precedenza svolte dagli IACP vennero trasferite ai
comuni “salva
la competenza dello Stato per l’assegnazione degli alloggi da destinare
a
dipendenti civili e militari dello Stato per esigenze di servizio”.
Nessuna
deroga è stata disposta con riguardo alle abitazioni per i profughi,
che, sul
piano della competenza alla gestione, hanno seguito fin dalla loro
istituzione
il regime degli immobili di edilizia residenziale pubblica. La
giurisprudenza
ha anche rilevato che la sopravvivenza di un regime speciale degli
alloggi per
profughi, sia con riguardo alla determinazione del canone, ovvero alla
riserva
per tale categoria introdotta dalla legge 26 dicembre 1981 n. 763, non
appare
in contrasto con il trasferimento alle regioni e ai comuni delle
competenze
relative alla sistemazione dei profughi. Consiglio di Stato,
Sezione V, 29
aprile 2003, sentenza n. 2185
- L'esercizio
del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, attribuito al
Sindaco
- Presupposti - situazione di pericolo - Le esigenze di protezione
dell'igiene
e della salute pubblica. L'esercizio
del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti,
attribuito al Sindaco, presuppone la necessità di provvedere con
immediatezza
in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non
si
potrebbe far fronte mediante ricorso agli strumenti ordinari apprestati
dall'ordinamento (Consiglio di Stato, sezione quinta, 4 febbraio 1998,
n. 125).
Occorre, inoltre, che sussista e sia indicata nel provvedimento
impugnato una
situazione di pericolo quale ragionevole probabilità che accada un
evento
dannoso nel caso in cui l'Amministrazione non intervenga prontamente.
Ciò è
stato precisato dalla giurisprudenza anche con riferimento all'articolo
38 della
legge n. 142 del 1990, l'unica norma richiamata nel provvedimento
impugnato, in
quanto il collegamento con le esigenze di protezione dell'igiene e
della salute
pubblica pur rappresentando un presupposto necessario per giustificare
il
ricorso al potere di ordinanza contingibili urgenze, tuttavia non
appare
sufficiente ove non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di
urgenza
e, quindi, di pericolo per la pubblica incolumità, sopra evidenziati
(Consiglio
di Stato, sezione quinta, 2 aprile 2001, n. 1904). (Nel caso in esame
il
provvedimento impugnato pur affermando, in modo apodittico, che risulta
la
necessità di disporre la rimozione immediata degli impianti in quanto
collocati
in difformità rispetto alle prescrizioni normative, non indica nessuno
dei
presupposti sopraindicati ovvero la necessità di intervenire
prontamente, per
evitare un pericolo incombente, in ordine ad una situazione eccezionale
ed
imprevedibile. Anzi, la necessità di intervenire prontamente sembra
contraddetta dallo stesso provvedimento nel momento in cui dispone un
adeguamento normativo dell'impianto in parola da realizzarsi entro 60
giorni
dalla avvenuta notifica dell'ordinanza e quindi in un lasso di tempo
talmente
lungo da essere incompatibile con l'esigenza di una rimozione immediata
degli
impianti. Certamente in presenza di una situazione di irregolarità
nella
collocazione degli impianti termici l'Amministrazione ben può
intervenire ma a
tal fine dovrà utilizzare i poteri ordinari e tipici per far fronte a
tali
necessità). TAR
EMILIA-ROMAGNA, Sezione di Parma - Sentenza 10 gennaio 2003 n. 1
- La
pendenza di un giudizio
amministrativo non opera, di regola, preclusioni né sulla sussistenza
del
diritto di accesso ai documenti amministrativi, né sull’ammissibilità
dell’azione - Il diniego o l’inerzia dell’amministrazione - La tutela
disancorata. Di
regola,
la pendenza di un giudizio amministrativo non opera preclusioni né
sulla
sussistenza del diritto di accesso ai documenti amministrativi
disciplinato
dalla legge 7.8.1990, n.241, né sull’ammissibilità dell’azione prevista
dall’art.25 della stessa legge, restando al libero apprezzamento
dell’interessato la scelta di avvalersi della tutela giurisdizionale
apprestata
dall’art.25 cit. o di conseguirne la conoscenza nel diverso giudizio,
mediante
l’esibizione istruttoria (cfr. Cons. Stato, VI, 10.8.1994, n.1299;
Cons. Stato,
IV, 15.10.1994, n.811; Cons. Stato, V, 8.2.1994, n.78; Cons. Stato, VI,
16.6.1994, n.1015); perciò la tutela speciale di cui all’art.25 offerta
contro
il diniego o l’inerzia dell’amministrazione si estende anche
all’ipotesi in cui
il giudice amministrativo sia stato investito dal sindacato di
legittimità
sull’operato dell’amministrazione e quindi sia pendente procedimento
giurisdizionale (cfr. Cons. St., VI, 1.10.1996, n.1288), conclusione
questa che
appare confermata anche dall’ultimo capoverso del primo comma
dell’art.21 della
legge 6.12.1971, n.1034, introdotto dall’art.1 della legge 21.7.2000,
n.205,
che, appunto, prevede la possibilità per il ricorrente di proporre in
corso di
causa l’azione di cui all’art.25, comma 5, L. n.241/90 contro il
diniego
espresso o implicito di accesso ai documenti con apposita istanza
notificata
alle controparti, la quale origina un giudizio incidentale che la
sezione
definisce con ordinanza istruttoria. È, inoltre, indubbio che l’accesso
ai
documenti goda in via generale di una tutela disancorata dalla
dimostrazione
della impugnabilità e della stessa lesività degli atti di cui si chieda
di
acquisire conoscenza. Tuttavia, ad avviso del Collegio, occorre fare
alcune
precisazioni. La domanda di accesso documentale, ove proposta
nell’ambito di un
processo in atto (come consentito dalla novella), non può non assumere
un
carattere strumentale rispetto alle domande e alle eccezioni ivi
formulate,
cosicché in tal caso il diritto di accesso risulta processualmente
condizionato, nel senso che l’istanza dovrebbe essere dichiarata
inammissibile
ogni qualvolta riguardi atti non rilevanti ai fini del decidere,
mentre, ove
proposta in via autonoma in pendenza di un giudizio contro gli atti cui
si
riferisce la richiesta di accesso (come è pure consentito e come è
avvenuto nel
caso di specie), essa non può riguardare atti inutilmente acquisibili
in quanto
già acquisiti nel corso del processo in corso. Quindi, solo se
l’istruttoria
non dovesse funzionare la parte potrà attivare (anche in corso di
causa) l’art.25,
comma 5, l. n.241/1990, dando evidenza alle proprie esigenze di
acquisizione
del materiale documentale, mentre, una volta che il diritto di accesso
ai
documenti sia stato soddisfatto in via giurisdizionale non appare
ammissibile
una reiterazione dell’istanza. Diversamente opinando, l’utilizzo dello
speciale
rimedio di cui all’art.25 L. n.241/90, lungi dal costituire legittimo
esercizio
del diritto all’informazione, si configurerebbe come una rivendicazione
giudiziaria di carattere emulativo (quod alii nocet et sibi non prodest
non
licet, come avvertiva l’Accursio), vale a dire come una rivendicazione
giudiziale di un diritto che in astratto spetta a colui che lo
rivendica, ma
che, in concreto, non comporta alcun vantaggio apprezzabile e degno di
tutela giudiziaria
a favore di tale soggetto. Consiglio di Stato, Sezione IV -
11 febbraio 2003
- Sentenza n. 734
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