Giurisprudenza
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Edilizia - La pubblica amministrazione, il sindaco
(Sentenze pronunciate nell'anno 2003 della Cassazione, del Consiglio di Stato e del TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
Con queste massime dell'anno 2003 la giurisprudenza affronta alcuni casi che riguardano la pubblica amministrazione e l'urbanistica. In particolare si parla dei poteri del sindaco nei provvedimenti urgenti.
  1. Piani regolatori insindacabili salvo errori di fatto o abnormi illogicità
  2. Tutela della salute pubblica - Provvedimenti contingibili e urgenti
  3. Tutela della salute pubblica - Provvedimenti contingibili e urgenti - Limiti
  4. Provvedimenti contingibili e urgenti - Illegittimità
  5. Immobili destinati ai profughi in stato di bisogno
  6. L'esercizio del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, attribuito al Sindaco
  7. La pendenza di un giudizio amministrativo non opera, di regola, preclusioni né sulla sussistenza del diritto di accesso ai documenti amministrativi, né sull’ammissibilità dell’azione
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  1. Piani regolatori insindacabili salvo errori di fatto o abnormi illogicità. Le scelte effettuate dall'amministrazione all’atto dell'adozione del piano costituiscono apprezzamenti di merito sottratte al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 06.10.2003, n. 5869
  2. Tutela della salute pubblica - Provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini - Competenza - Sindaco - Condizioni - L'assistenza della forza pubblica - Il principio di legalità - Lla deroga al principio di tipicità dei provvedimenti. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica. Questi atti sono emanati in presenza di una situazione di urgenza e necessità, il cui contenuto (come si è visto) non è predeterminato dalla legge, ma si adegua in concreto ai tratti dell'emergenza sulla quale si vuole intervenire: ciò al fine di consentire all'ordinanza quei margini di elasticità indispensabili per garantirne efficacia ed efficienza. Il principio di legalità, in questi casi, è compresso nei limiti massimi concessi dall'ordinamento e la deroga al principio di tipicità dei provvedimenti si traduce nell'indicazione legislativa dei soli caratteri della situazione - di necessità ed urgenza - che costituisce il presupposto della misura adottata. Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
  3. Tutela della salute pubblica - Provvedimenti contingibili e urgenti - Limiti - Garanzie - Termine di efficacia del provvedimento - Imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata - Esigenze prevedibili e permanenti - Illegittimità - Contra. L'eccezionalità e la “elasticità” dei provvedimenti contingibili e urgenti non solo li sottopone a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa, una vera e propria extrema ratio dell'agire amministrativo, ma esige che, in concreto, la loro adozione sia preceduta da tutte le garanzie richieste dall'ordinamento, purché siano compatibili con i presupposti ed i requisiti dell'atto. Tra i requisiti di validità delle ordinanze contingibili ed urgenti si annovera, secondo insegnamenti pacifici, la fissazione di un termine di efficacia del provvedimento. In più recenti pronunce si è affermato, in particolare, che tali ordinanze, oltre al carattere della contingibilità, intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza nei casi di pericolo attuale od imminente, presentano quello della provvisorietà, intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata. Di tal che non si ammette che l'ordinanza venga emanata per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti, ovvero per regolare stabilmente una situazione od un assetto di interessi (Cfr., Cons. Stato, IV Sez., 13 dicembre 1999, n. 1844; V Sez. 30 novembre 1996, n. 1448). In altri casi si è pure ammesso che le ordinanze di necessità ed urgenza possano produrre effetti non provvisori. Si ritiene che non sia la provvisorietà a connotarle, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, e che, in definitiva, tali misure possano essere tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di rischio da fronteggiare (Cfr., Cons. Stato, V Sez., 29 luglio 1998, n. 1128). Quest'ultima affermazione non è un segnale di incoerenza con i principi generali dapprima esposti, bensì la conferma della elasticità che caratterizza necessariamente questi provvedimenti, congegnati dal Legislatore in termini di atipicità proprio allo scopo di renderli adeguati a provvedere al caso di urgenza. In sintesi, la regola è quella per cui l'ordinanza deve contenere l'apposizione di un termine, ma tale regola potrebbe anch'essa venir derogata quando, per la peculiarità del caso concreto, la misura urgente presenti l'eccezionale attitudine a produrre conseguenze non provvisorie. Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
  4. Provvedimenti contingibili e urgenti - Limiti - Esigenze prevedibili e permanenti - Illegittimità. L'eccezionalità e la “elasticità” dei provvedimenti contingibili e urgenti non solo li sottopone a limiti rigorosi, facendone una misura ultimativa, una vera e propria extrema ratio dell'agire amministrativo, ma non si può ammettere la loro adozione se l'ordinanza venga emanata per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti, ovvero per regolare stabilmente una situazione od un assetto di interessi (Cfr., Cons. Stato, IV Sez., 13 dicembre 1999, n. 1844; V Sez. 30 novembre 1996, n. 1448). Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli - Venezia Giulia, 26 maggio 2003 - sentenza n. 202
  5. Immobili destinati ai profughi in stato di bisogno - Immobili di edilizia residenziale pubblica - Competenza della gestione - Adozione di provvedimenti di rilascio - Competenza del Sindaco. La gestione degli immobili realizzati a norma della legge n. 137/1952 fu affidata agli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP), e tali Istituti disponevano del potere di gestire i detti immobili per profughi con gli stessi strumenti gestionali loro attribuiti dalla legge per le altre ipotesi di edilizia residenziale pubblica. Con riguardo ai provvedimenti di rilascio di abitazioni detenute sine titulo l’art. 18 del d.P.R. n. 1035 prevedeva il decreto del Presidente dell’Istituto. Con il d.lgs. del 24 luglio 1977 n. 616 le funzioni in precedenza svolte dagli IACP vennero trasferite ai comuni “salva la competenza dello Stato per l’assegnazione degli alloggi da destinare a dipendenti civili e militari dello Stato per esigenze di servizio”. Nessuna deroga è stata disposta con riguardo alle abitazioni per i profughi, che, sul piano della competenza alla gestione, hanno seguito fin dalla loro istituzione il regime degli immobili di edilizia residenziale pubblica. La giurisprudenza ha anche rilevato che la sopravvivenza di un regime speciale degli alloggi per profughi, sia con riguardo alla determinazione del canone, ovvero alla riserva per tale categoria introdotta dalla legge 26 dicembre 1981 n. 763, non appare in contrasto con il trasferimento alle regioni e ai comuni delle competenze relative alla sistemazione dei profughi. Consiglio di Stato, Sezione V, 29 aprile 2003, sentenza n. 2185
  6. L'esercizio del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, attribuito al Sindaco - Presupposti - situazione di pericolo - Le esigenze di protezione dell'igiene e della salute pubblica. L'esercizio del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, attribuito al Sindaco, presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte mediante ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento (Consiglio di Stato, sezione quinta, 4 febbraio 1998, n. 125). Occorre, inoltre, che sussista e sia indicata nel provvedimento impugnato una situazione di pericolo quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso nel caso in cui l'Amministrazione non intervenga prontamente. Ciò è stato precisato dalla giurisprudenza anche con riferimento all'articolo 38 della legge n. 142 del 1990, l'unica norma richiamata nel provvedimento impugnato, in quanto il collegamento con le esigenze di protezione dell'igiene e della salute pubblica pur rappresentando un presupposto necessario per giustificare il ricorso al potere di ordinanza contingibili urgenze, tuttavia non appare sufficiente ove non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza e, quindi, di pericolo per la pubblica incolumità, sopra evidenziati (Consiglio di Stato, sezione quinta, 2 aprile 2001, n. 1904). (Nel caso in esame il provvedimento impugnato pur affermando, in modo apodittico, che risulta la necessità di disporre la rimozione immediata degli impianti in quanto collocati in difformità rispetto alle prescrizioni normative, non indica nessuno dei presupposti sopraindicati ovvero la necessità di intervenire prontamente, per evitare un pericolo incombente, in ordine ad una situazione eccezionale ed imprevedibile. Anzi, la necessità di intervenire prontamente sembra contraddetta dallo stesso provvedimento nel momento in cui dispone un adeguamento normativo dell'impianto in parola da realizzarsi entro 60 giorni dalla avvenuta notifica dell'ordinanza e quindi in un lasso di tempo talmente lungo da essere incompatibile con l'esigenza di una rimozione immediata degli impianti. Certamente in presenza di una situazione di irregolarità nella collocazione degli impianti termici l'Amministrazione ben può intervenire ma a tal fine dovrà utilizzare i poteri ordinari e tipici per far fronte a tali necessità). TAR EMILIA-ROMAGNA, Sezione di Parma - Sentenza 10 gennaio 2003 n. 1
  7. La pendenza di un giudizio amministrativo non opera, di regola, preclusioni né sulla sussistenza del diritto di accesso ai documenti amministrativi, né sull’ammissibilità dell’azione - Il diniego o l’inerzia dell’amministrazione - La tutela disancorata. Di regola, la pendenza di un giudizio amministrativo non opera preclusioni né sulla sussistenza del diritto di accesso ai documenti amministrativi disciplinato dalla legge 7.8.1990, n.241, né sull’ammissibilità dell’azione prevista dall’art.25 della stessa legge, restando al libero apprezzamento dell’interessato la scelta di avvalersi della tutela giurisdizionale apprestata dall’art.25 cit. o di conseguirne la conoscenza nel diverso giudizio, mediante l’esibizione istruttoria (cfr. Cons. Stato, VI, 10.8.1994, n.1299; Cons. Stato, IV, 15.10.1994, n.811; Cons. Stato, V, 8.2.1994, n.78; Cons. Stato, VI, 16.6.1994, n.1015); perciò la tutela speciale di cui all’art.25 offerta contro il diniego o l’inerzia dell’amministrazione si estende anche all’ipotesi in cui il giudice amministrativo sia stato investito dal sindacato di legittimità sull’operato dell’amministrazione e quindi sia pendente procedimento giurisdizionale (cfr. Cons. St., VI, 1.10.1996, n.1288), conclusione questa che appare confermata anche dall’ultimo capoverso del primo comma dell’art.21 della legge 6.12.1971, n.1034, introdotto dall’art.1 della legge 21.7.2000, n.205, che, appunto, prevede la possibilità per il ricorrente di proporre in corso di causa l’azione di cui all’art.25, comma 5, L. n.241/90 contro il diniego espresso o implicito di accesso ai documenti con apposita istanza notificata alle controparti, la quale origina un giudizio incidentale che la sezione definisce con ordinanza istruttoria. È, inoltre, indubbio che l’accesso ai documenti goda in via generale di una tutela disancorata dalla dimostrazione della impugnabilità e della stessa lesività degli atti di cui si chieda di acquisire conoscenza. Tuttavia, ad avviso del Collegio, occorre fare alcune precisazioni. La domanda di accesso documentale, ove proposta nell’ambito di un processo in atto (come consentito dalla novella), non può non assumere un carattere strumentale rispetto alle domande e alle eccezioni ivi formulate, cosicché in tal caso il diritto di accesso risulta processualmente condizionato, nel senso che l’istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile ogni qualvolta riguardi atti non rilevanti ai fini del decidere, mentre, ove proposta in via autonoma in pendenza di un giudizio contro gli atti cui si riferisce la richiesta di accesso (come è pure consentito e come è avvenuto nel caso di specie), essa non può riguardare atti inutilmente acquisibili in quanto già acquisiti nel corso del processo in corso. Quindi, solo se l’istruttoria non dovesse funzionare la parte potrà attivare (anche in corso di causa) l’art.25, comma 5, l. n.241/1990, dando evidenza alle proprie esigenze di acquisizione del materiale documentale, mentre, una volta che il diritto di accesso ai documenti sia stato soddisfatto in via giurisdizionale non appare ammissibile una reiterazione dell’istanza. Diversamente opinando, l’utilizzo dello speciale rimedio di cui all’art.25 L. n.241/90, lungi dal costituire legittimo esercizio del diritto all’informazione, si configurerebbe come una rivendicazione giudiziaria di carattere emulativo (quod alii nocet et sibi non prodest non licet, come avvertiva l’Accursio), vale a dire come una rivendicazione giudiziale di un diritto che in astratto spetta a colui che lo rivendica, ma che, in concreto, non comporta alcun vantaggio apprezzabile e degno di tutela giudiziaria a favore di tale soggetto. Consiglio di Stato, Sezione IV - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 734

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