Giurisprudenza
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Edilizia - Abusi, violazioni, reati, sanatoria, danni, illegittimità, delitti
(Sentenze pronunciate nell'anno 2003 della Cassazione, del Consiglio di Stato e del TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
Con queste massime dell'anno 2003 i giudici si pronunciano su alcuni casi di abusi edilizi, sulle violazioni, sui reati, sui danni, sulle illegittimità e sui delitti.
  1. La domanda rivolta al giudice dell’ottemperanza per ottenere la restituzione di un fondo
  2. Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento
  3. Espropriazione - la domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c.
  4. Divieto ai commissari di assumere compiti tecnici di esecuzione e di direzione dei lavori
  5. Reati ambientali - applicabilità dell’articolo 165 c.p. in relazione ai reati urbanistici
  6. Legittimazione al ricorso contro un provvedimento
  7. Sequestro preventivo di immobile abusivo già ultimato - Ammissibilità
  8. Reati contro la pubblica amministrazione - Delitti
  9. Dall’annullamento di un provvedimento amministrativo non discende in via automatica l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno
  10. Le regole inerenti al contributo per il rilascio della concessione
  11. Domanda di sanatoria di abusi edilizi
  12. L'azione popolare che legittimi qualsiasi cittadino a impugnare il provvedimento che consente la costruzione di un'opera
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  1. La domanda rivolta al giudice dell’ottemperanza per ottenere la restituzione di un fondo abusivamente occupato – Limiti. La domanda rivolta al giudice dell’ottemperanza proprio per ottenere la restituzione di un fondo abusivamente occupato è ammissibile soltanto qualora il fondo stesso non sia stato irreversibilmente modificato, C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6078; 11 luglio 2001, n. 3882; 3 aprile 1991, n. 1911. - Pres. RICCIO - Est. SALTELLI - IMMOBILIARE PODERE TRIESTE S.R.L. (Avv. Paoletti) c. COMUNE DI ROMA (Avv. Lorusso) (conferma Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. II, n. 8411 del 10 ottobre 2001). CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7778
  2. Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento - Configurabilità - precedenti provvedimenti illegittimi in favore di altri soggetti - Inesistenza - Fattispecie: altezze massime degli edifici. Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento non è configurabile nei riguardi di determinazioni corrette e sulla sola base della denunciata adozione di precedenti provvedimenti illegittimi nella medesima materia ed in favore di altri soggetti (cfr. ex multis C.S., Sez. V, 7 settembre 2001, n.4670). (Nella specie, il Comune ha (diversamente e legittimamente) inteso ed attuato il regime delle altezze massime degli edifici). Consiglio di Stato, Sez. V, 7 novembre 2003, sentenza n. 7127
  3. Espropriazione - La domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c. e la domanda ex art. 43, comma 3 T.U. - Presupposti e differenze - Rigetto della domanda principale - Misura risarcitoria. La domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c. ricorre quando il convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, opponga una controdomanda, e cioè chieda un provvedimento positivo sfavorevole all'attore, che va oltre il rigetto della domanda principale (così Cassazione civile, II sezione, n. 2860 del 2.4.1997) ovvero chieda un provvedimento giudiziale a sé favorevole, che gli attribuisca beni determinati in contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale (Cassazione civile, sez. I, 21 dicembre 2002, n. 18223). Viceversa, la domanda ex art. 43, comma 3 T.U., se conserva lo schema formale di quella riconvenzionale (controdomanda), si differenzia dalla sua essenza contenutistica in quanto non mira ad ampliare il thema decidendum, ma si mantiene nell’alveo di quello introdotto dall’attore, limitandosi a sollecitare, per il convenuto, una condanna ad una misura risarcitoria sì meno sgradita, ma sicuramente e potenzialmente già ricompresa nella domanda avversaria, tanto da poter essere disposta anche d’ufficio dal giudice. TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160  
  4. Divieto ai commissari di assumere compiti tecnici di esecuzione e di direzione dei lavori - concorso alla progettazione dell’opera - Ipotesi di incompatibilità - Interesse privato - Pregiudizio all’imparzialità ed alla correttezza delle valutazioni tecnico-discrezionali - Appalto concorso con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La norma sancita dall’art.21 comma 5 della legge n.109/94 mira, in particolare, ad impedire la partecipazione alla commissione di soggetti che abbiano, a qualunque titolo, concorso alla progettazione dell’opera e a vietare che i commissari assumano compiti tecnici di esecuzione e di direzione dei lavori, al precipuo fine di evitare che dall’interesse privato connesso alla redazione del progetto od alla direzione dei lavori derivi un (altrimenti probabile) pregiudizio all’imparzialità ed alla correttezza delle valutazioni (tecnico-discrezionali, vertendosi in tema di appalto concorso con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) rimesse dalla legge alla commissione. Consiglio di Stato Sezione V, del 18 settembre 2003, sentenza n. 5322
  5. Reati ambientali - applicabilità dell’articolo 165 c.p. in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente - Il ricorso all'istituto generale. Per reati diversi dall'inquinamento del sito, l’istituto di carattere generale trova applicazione anche in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente è possibile ricorrere all'istituto generale disciplinato dall'articolo 165 Cp. Anzitutto perché la norma speciale esclude l'applicazione della norma generale solo per i casi tassativamente previsti nella prima, sicché al di fuori di questi ritorna applicabile la norma generale. In secondo luogo perché la clausola di salvezza prevista dall'articolo 165, secondo cui la norma codicistica si applica "salvo che la legge disponga diversamente" non opera nella soggetta materia, atteso che la norma speciale di cui trattasi non contiene una disciplina "diversa", cioè contrastante, ma solo una disciplina differente "per specializzazione". In altri termini, il ricorso all'istituto generale di cui all'articolo 165 è escluso solo quando una legge speciale preveda una disciplina con esso incompatibile (per esempio perché sottrae al giudice penale il potere di imporre un facere al condannato in determinate materie, riservandolo alla pubblica amministrazione), non già quando preveda, in relazione a determinati reati, una disciplina semplicemente "specializzante" rispetto a quella dell'articolo 165: in questo caso infatti - come già osservato - l'istituto generale resta applicabile per tutti i reati diversi da quelli contemplati nella norma speciale. Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501
  6. Legittimazione al ricorso contro un provvedimento che consente la costruzione di un’opera - Posizione qualificata e differenziata - Situazione di stabile collegamento con la zona - il commerciante operante nel territorio comunale ha la legittimazione al ricorso. L’art. 31, comma 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (nel testo di cui all’art. 10 della l. 6 agosto 1967, n. 765), non ha introdotto un’azione popolare che legittimi qualsiasi cittadino ad impugnare il provvedimento che consente la costruzione di un’opera, ma ha riconosciuto una posizione qualificata e differenziata in capo al proprietario di un immobile sito nella zona in cui la costruzione è permessa ed a coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa ( V Sez. 24.10.2001 n. 5601; C. si. 3.12.2001 n. 621; IV 8.7.2002 n. 3805). (In specie era stata sollevata, senza esito, l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, sostenendo che i ricorrenti in quanto commercianti operanti nel territorio comunale non avrebbero legittimazione al ricorso. In questo quadro, il commerciante può essere ritenuto privo di interesse “solo” quando questi “non” sia insediato nella zona) (V. da ultimo V, 30.1.2003 n. 469 IV 30.1.2001 n. 312). Consiglio di Stato Sez. V, - 11 giugno 2003, sentenza n. 3290
  7. Sequestro preventivo di immobile abusivo già ultimato - Ammissibilità. È ammissibile il sequestro di un immobile costruito abusivamente, la cui edificazione sia ultimata.
    Il sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., di cose pertinenti al reato può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi.
    In particolare per i reati edilizi le conseguenze, ulteriori rispetto alla consumazione del reato, discendenti dall'uso dell'edificio abusivamente realizzato e che il provvedimento coercitivo reale tende a inibire, debbono avere carattere antigiuridico con implicazione nell'azione vietata dalla legge penale. 
    Cassazione, SS.UU. penali, sentenza 23.03.2003, n. 12878
  8. Reati contro la pubblica amministrazione - Delitti - Dei pubblici ufficiali - Concussione - Promessa della indebita prestazione, da parte del soggetto passivo, al solo scopo di favorire l'accertamento del fatto già denunciato - Consumazione del reato - Contrasto di giurisprudenza. In tema di concussione, deve qualificarsi come delitto solo tentato la fattispecie nella quale il soggetto passivo effettua la promessa di una prestazione, nei confronti del pubblico ufficiale, all'unico scopo di favorire la prosecuzione delle indagini scaturite dalla sua pregressa denuncia, poiché in tal caso non si perfeziona la sequenza che dovrebbe collegare la promessa, e dunque la consumazione del reato, al "metus" provocato dalla condotta dell'agente. (In motivazione la Corte ha chiarito come risulti invece irrilevante la sollecitazione, dopo l'effettuazione della promessa, di un intervento della polizia giudiziaria, poiché la relativa richiesta è successiva, in tal caso, al perfezionamento del reato). CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, dell'11 marzo 2003, Sent. n. 11384
  9. Dall’annullamento di un provvedimento amministrativo non discende in via automatica l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno - Necessità di dimostrare il nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati. Dall’annullamento di un provvedimento amministrativo non discende in via automatica l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno, occorrendo la dimostrazione, fra gli altri elementi costitutivi, del danno patrimoniale in concreto subito e del nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati (cfr. Cons. giust. amm. 22 aprile 2002, n. 202; sez. VI, 26 aprile 2000, n. 2490). Pertanto la richiesta di c.t.u. volta a fornire la prova dell’esistenza del danno deve essere disattesa, potendo intervenire tale mezzo ausiliario di conoscenza del giudice solo per determinare il quantum debeatur, purchè a monte sia stato soddisfatto l’onere di allegazione dei fatti costitutivi della domanda. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196
  10. Le regole inerenti al contributo per il rilascio della concessione - L’oblazione da corrispondere per la sanatoria delle opere abusive. L’art. 35 riguarda l’oblazione da corrispondere per la sanatoria delle opere abusive, come è reso palese dall’art. 34, nel quale sono stabiliti i criteri per la determinazione della somma dovuta a tale titolo, e dallo stesso art. 35, nel quale ancora dell’oblazione si tratta: al comma 1, ai commi 6 (ora 11), 7, 8, 9, 11, e 15 (ora, rispettivamente, 12, 13, 14, 16 e 20). Le regole inerenti al contributo per il rilascio della concessione di cui all’art. 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, sono, invece, mantenute ferme con il successivo art. 37 della stessa legge n. 47/1985. Ivi si dispone, infatti, che il versamento dell’oblazione non esime i soggetti, che chiedono la sanatoria, dal pagamento, “ai fini del rilascio della concessione”, del con-tributo in questione. E non sono stabilite regole particolari, né è fatto richiamo al precedente art. 35, in tema di prescrizione del diritto del Comune. Consiglio di Stato, Sezione V – 14 febbraio 2003 - Sentenza n. 798
  11. Domanda di sanatoria di abusi edilizi - L’istituto del silenzio rifiuto/inadempimento - Inapplicabilità - termine decadenziale - Ipotesi di silenzio significativo - Difetto di motivazione - Violazione del dovere di provvedere. Ai sensi del citato art. 13, infatti, l’omessa pronunzia espressa dell’Amministrazione sulla domanda di sanatoria nel termine di sessanta giorni ha valore legale di rigetto implicito della domanda, senza che sia necessaria la notifica di un apposito atto di diffida, anche se l’Amministrazione non perde il potere-dovere di provvedere nel senso di un rigetto esplicito. Pur non occorrendo alcuna diffida e messa in mora dell’Amministrazione, resta dunque fermo l’onere di impugnativa del comportamento omissivo, per come legalmente perfezionatosi, nell’ordinario termine decadenziale. In virtù della previsione legale di implicito diniego, il silenzio tenuto dall’Amministrazione non può, infatti, essere inteso come mero fatto di inadempimento, abilitante l’interessato alla proposizione di impugnazione anche una volta decorso dal suo perfezionarsi il termine decadenziale di impugnazione di sessanta giorni. Del resto, in giurisprudenza, ed anche da parte di questa Sezione, si è già affermato, con particolare fermezza, che il silenzio dell’Amministrazione su una istanza di sanatoria di abusi edilizi costituisce ipotesi di silenzio significativo, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego, con la conseguenza che si viene a determinare una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di provvedimento espresso; peraltro, il provvedimento, in quanto tacito, è già di per sé senza motivazione e il diniego derivante dal silenzio è quindi impugnabile non per difetto di motivazione, ma per il suo contenuto di rigetto (cfr. C.G.A.R.S. 21 marzo 2001, n. 142; Cons. Stato, V, 6 settembre 1999, n. 1015). E, giova aggiungere, anche ove si considerasse il diniego implicito per ciò stesso illegittimo, in quanto comportamento assunto in violazione del dovere di provvedere, sarebbe comunque onere dell’interessato quello di impugnarlo entro il termine decadenziale, salva la eventuale successiva adozione di un provvedimento esplicito di rigetto, a sua volta impugnabile, anche con motivi aggiunti ove meramente confermativo. Consiglio di Stato, Sezione V - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 706
  12. L’azione popolare che legittimi qualsiasi cittadino ad impugnare il provvedimento che consente la costruzione di un’opera - La posizione qualificata e differenziata in capo al proprietario di un immobile sito nella zona in cui la costruzione - Stabile collegamento con la zona - Interesse ad agire - Titolare dell’interesse commerciale. La giurisprudenza di questo Consiglio ha, da tempo, affermato che l’art. 31, comma 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (nel testo di cui all’art. 10 della l. 6 agosto 1967, n. 765), non ha introdotto un’azione popolare che legittimi qualsiasi cittadino ad impugnare il provvedimento che consente la costruzione di un’opera, ma ha riconosciuto una posizione qualificata e differenziata in capo al proprietario di un immobile sito nella zona in cui la costruzione è permessa ed a coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa (confr., fra le più recenti, V Sez. 24.10.2001 n. 5601; C. si. 3.12.2001 n. 621; IV 8.7.2002 n. 3805). Il legislatore ha, in tal modo, espresso l’esigenza di tutelare, nella sede giurisdizionale, in misura più ampia, i valori urbanistici, e quindi l’insediamento inteso quale stabile ubicazione degli interessi di vita dei soggetti (familiari, economici, di rapporti sociali consolidati e rilevanti). In altri settori, in cui pure si avverte l’esigenza di non escludere dalla tutela giurisdizionale interessi meritevoli, nessun utile riflesso avrebbe potuto avere l’introduzione, in via eccezionale, di una singolare azione popolare, limitatamente all’impugnazione delle sole licenze edilizie (confr. V Sez. 9.6.1970 n. 523). È per questa ragione che è stato perciò affermato che è carente di interesse, chi si opponga ad un permesso di costruire, adducendo la lesione di un interesse tipicamente commerciale che deriverebbe dalla realizzazione dell’opera (confr. V Sez. 10.7.1981, n. 360), quando il titolare dell’interesse commerciale non sia insediato nella zona (IV 30.1.2001 n. 312). Consiglio di Stato, Sez. V - 30 gennaio 2003 - Sentenza n. 469
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