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- La
domanda
rivolta al giudice dell’ottemperanza per ottenere la restituzione di un
fondo
abusivamente occupato – Limiti. La
domanda rivolta al giudice dell’ottemperanza
proprio per ottenere la restituzione di un fondo abusivamente occupato
è
ammissibile soltanto qualora il fondo stesso non sia stato
irreversibilmente
modificato, C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6078; 11 luglio 2001,
n. 3882;
3 aprile 1991, n. 1911. - Pres. RICCIO - Est. SALTELLI - IMMOBILIARE
PODERE
TRIESTE S.R.L. (Avv. Paoletti) c. COMUNE DI ROMA (Avv. Lorusso)
(conferma
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. II, n. 8411 del 10
ottobre
2001). CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003,
Sentenza n. 7778
- Il
vizio di
eccesso di potere per disparità di trattamento - Configurabilità -
precedenti
provvedimenti illegittimi in favore di altri soggetti - Inesistenza -
Fattispecie: altezze massime degli edifici. Il
vizio di eccesso di potere per disparità di
trattamento non è configurabile nei riguardi di determinazioni corrette
e sulla
sola base della denunciata adozione di precedenti provvedimenti
illegittimi
nella medesima materia ed in favore di altri soggetti (cfr. ex multis
C.S.,
Sez. V, 7 settembre 2001, n.4670). (Nella specie, il Comune ha
(diversamente e
legittimamente) inteso ed attuato il regime delle altezze massime degli
edifici). Consiglio di Stato, Sez. V, 7 novembre 2003,
sentenza n. 7127
- Espropriazione
- La domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c. e la domanda ex
art. 43,
comma 3 T.U. - Presupposti e differenze - Rigetto della domanda
principale - Misura risarcitoria.
La
domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c. ricorre quando il
convenuto,
traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, opponga una
controdomanda, e cioè chieda un provvedimento positivo sfavorevole
all'attore,
che va oltre il rigetto della domanda principale (così Cassazione
civile, II sezione,
n. 2860 del 2.4.1997) ovvero chieda un provvedimento giudiziale a sé
favorevole, che gli attribuisca beni determinati in contrapposizione a
quelli
richiesti con la domanda principale (Cassazione civile, sez. I, 21
dicembre
2002, n. 18223). Viceversa, la domanda ex art. 43, comma 3 T.U., se
conserva lo
schema formale di quella riconvenzionale (controdomanda), si
differenzia dalla
sua essenza contenutistica in quanto non mira ad ampliare il thema
decidendum,
ma si mantiene nell’alveo di quello introdotto dall’attore, limitandosi
a
sollecitare, per il convenuto, una condanna ad una misura risarcitoria
sì meno
sgradita, ma sicuramente e potenzialmente già ricompresa nella domanda
avversaria, tanto da poter essere disposta anche d’ufficio dal giudice.
TAR
EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160
- Divieto
ai
commissari di assumere compiti tecnici di esecuzione e di direzione dei
lavori
- concorso alla progettazione dell’opera - Ipotesi di incompatibilità -
Interesse privato - Pregiudizio all’imparzialità ed alla correttezza
delle
valutazioni tecnico-discrezionali - Appalto concorso con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La norma sancita dall’art.21 comma 5 della legge
n.109/94 mira, in particolare, ad impedire la partecipazione alla
commissione
di soggetti che abbiano, a qualunque titolo, concorso alla
progettazione
dell’opera e a vietare che i commissari assumano compiti tecnici di
esecuzione
e di direzione dei lavori, al precipuo fine di evitare che
dall’interesse
privato connesso alla redazione del progetto od alla direzione dei
lavori
derivi un (altrimenti probabile) pregiudizio all’imparzialità ed alla
correttezza delle valutazioni (tecnico-discrezionali, vertendosi in
tema di
appalto concorso con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa)
rimesse dalla legge alla commissione. Consiglio di Stato
Sezione V, del 18
settembre 2003, sentenza n. 5322
- Reati
ambientali - applicabilità dell’articolo 165 c.p. in relazione ai reati
urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente - Il
ricorso
all'istituto generale. Per
reati diversi dall'inquinamento del sito, l’istituto di carattere
generale trova applicazione anche in relazione ai reati urbanistici e a
tutte
le ipotesi di inquinamento dell'ambiente è possibile ricorrere
all'istituto
generale disciplinato dall'articolo 165 Cp. Anzitutto perché la norma
speciale
esclude l'applicazione della norma generale solo per i casi
tassativamente
previsti nella prima, sicché al di fuori di questi ritorna applicabile
la norma
generale. In secondo luogo perché la clausola di salvezza prevista
dall'articolo
165, secondo cui la norma codicistica si applica "salvo che la legge
disponga diversamente" non opera nella soggetta materia, atteso che la
norma speciale di cui trattasi non contiene una disciplina "diversa",
cioè contrastante, ma solo una disciplina differente "per
specializzazione". In altri termini, il ricorso all'istituto generale
di
cui all'articolo 165 è escluso solo quando una legge speciale preveda
una
disciplina con esso incompatibile (per esempio perché sottrae al
giudice penale
il potere di imporre un facere al condannato in determinate materie,
riservandolo alla pubblica amministrazione), non già quando preveda, in
relazione a determinati reati, una disciplina semplicemente
"specializzante" rispetto a quella dell'articolo 165: in questo caso
infatti - come già osservato - l'istituto generale resta applicabile
per tutti
i reati diversi da quelli contemplati nella norma speciale. Corte
di
Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501
- Legittimazione
al ricorso contro un provvedimento che consente la costruzione di
un’opera - Posizione qualificata e differenziata - Situazione di
stabile
collegamento con
la zona - il commerciante operante nel territorio comunale ha la
legittimazione
al ricorso.
L’art. 31,
comma 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (nel testo di cui all’art.
10
della l. 6 agosto 1967, n. 765), non ha introdotto un’azione popolare
che
legittimi qualsiasi cittadino ad impugnare il provvedimento che
consente la
costruzione di un’opera, ma ha riconosciuto una posizione qualificata e
differenziata in capo al proprietario di un immobile sito nella zona in
cui la
costruzione è permessa ed a coloro che si trovano in una situazione di
stabile
collegamento con la zona stessa ( V Sez. 24.10.2001 n. 5601; C. si.
3.12.2001
n. 621; IV 8.7.2002 n. 3805). (In specie era stata sollevata, senza
esito,
l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, sostenendo
che i
ricorrenti in quanto commercianti operanti nel territorio comunale non
avrebbero legittimazione al ricorso. In questo quadro, il commerciante
può
essere ritenuto privo di interesse “solo” quando questi “non” sia
insediato
nella zona) (V. da ultimo V, 30.1.2003 n. 469 IV 30.1.2001 n. 312). Consiglio
di Stato Sez. V, - 11 giugno 2003, sentenza n. 3290
- Sequestro
preventivo di immobile abusivo già ultimato - Ammissibilità.
È
ammissibile
il sequestro di un immobile costruito abusivamente, la cui edificazione
sia
ultimata.
Il sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., di cose pertinenti al
reato può
essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi.
In particolare per i reati edilizi le conseguenze, ulteriori rispetto
alla
consumazione del reato, discendenti dall'uso dell'edificio abusivamente
realizzato e che il provvedimento coercitivo reale tende a inibire,
debbono
avere carattere antigiuridico con implicazione nell'azione vietata
dalla legge
penale. Cassazione,
SS.UU. penali, sentenza 23.03.2003, n. 12878
- Reati
contro la pubblica amministrazione - Delitti - Dei pubblici ufficiali -
Concussione - Promessa della indebita prestazione, da parte del
soggetto
passivo, al solo scopo di favorire l'accertamento del fatto già
denunciato -
Consumazione del reato - Contrasto di giurisprudenza. In tema di
concussione, deve qualificarsi come
delitto solo tentato la fattispecie nella quale il soggetto passivo
effettua la
promessa di una prestazione, nei confronti del pubblico ufficiale,
all'unico
scopo di favorire la prosecuzione delle indagini scaturite dalla sua
pregressa
denuncia, poiché in tal caso non si perfeziona la sequenza che dovrebbe
collegare la promessa, e dunque la consumazione del reato, al "metus"
provocato dalla condotta dell'agente. (In motivazione la Corte ha
chiarito come
risulti invece irrilevante la sollecitazione, dopo l'effettuazione
della
promessa, di un intervento della polizia giudiziaria, poiché la
relativa
richiesta è successiva, in tal caso, al perfezionamento del reato). CORTE
DI
CASSAZIONE Sez. VI, dell'11 marzo 2003, Sent. n. 11384
- Dall’annullamento
di un provvedimento amministrativo non discende in via automatica
l’accoglimento
della domanda di risarcimento del danno - Necessità di dimostrare il
nesso
eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati.
Dall’annullamento di un
provvedimento amministrativo non discende in via automatica
l’accoglimento
della domanda di risarcimento del danno, occorrendo la dimostrazione,
fra gli
altri elementi costitutivi, del danno patrimoniale in concreto subito e
del
nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati (cfr. Cons.
giust.
amm. 22 aprile 2002, n. 202; sez. VI, 26 aprile 2000, n. 2490).
Pertanto la
richiesta di c.t.u. volta a fornire la prova dell’esistenza del danno
deve
essere disattesa, potendo intervenire tale mezzo ausiliario di
conoscenza del
giudice solo per determinare il quantum debeatur, purchè a monte sia
stato
soddisfatto l’onere di allegazione dei fatti costitutivi della domanda.
Consiglio
di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196
- Le
regole
inerenti al contributo per il rilascio della concessione - L’oblazione
da
corrispondere per la sanatoria delle opere abusive.
L’art. 35 riguarda l’oblazione da corrispondere
per la sanatoria delle opere abusive, come è reso palese dall’art. 34,
nel
quale sono stabiliti i criteri per la determinazione della somma dovuta
a tale
titolo, e dallo stesso art. 35, nel quale ancora dell’oblazione si
tratta: al
comma 1, ai commi 6 (ora 11), 7, 8, 9, 11, e 15 (ora, rispettivamente,
12, 13,
14, 16 e 20). Le regole inerenti al contributo per il rilascio della
concessione di cui all’art. 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, sono,
invece,
mantenute ferme con il successivo art. 37 della stessa legge n.
47/1985. Ivi si
dispone, infatti, che il versamento dell’oblazione non esime i
soggetti, che
chiedono la sanatoria, dal pagamento, “ai fini del rilascio della
concessione”,
del con-tributo in questione. E non sono stabilite regole particolari,
né è
fatto richiamo al precedente art. 35, in tema di prescrizione del
diritto del
Comune. Consiglio di Stato, Sezione V – 14 febbraio 2003 -
Sentenza n. 798
- Domanda
di sanatoria di abusi
edilizi - L’istituto del silenzio rifiuto/inadempimento -
Inapplicabilità -
termine decadenziale - Ipotesi di silenzio significativo - Difetto di
motivazione - Violazione del dovere di provvedere.
Ai sensi del citato art. 13,
infatti, l’omessa pronunzia espressa dell’Amministrazione sulla domanda
di
sanatoria nel termine di sessanta giorni ha valore legale di rigetto
implicito
della domanda, senza che sia necessaria la notifica di un apposito atto
di
diffida, anche se l’Amministrazione non perde il potere-dovere di
provvedere
nel senso di un rigetto esplicito. Pur non occorrendo alcuna diffida e
messa in
mora dell’Amministrazione, resta dunque fermo l’onere di impugnativa
del
comportamento omissivo, per come legalmente perfezionatosi,
nell’ordinario
termine decadenziale. In virtù della previsione legale di implicito
diniego, il
silenzio tenuto dall’Amministrazione non può, infatti, essere inteso
come mero
fatto di inadempimento, abilitante l’interessato alla proposizione di
impugnazione anche una volta decorso dal suo perfezionarsi il termine
decadenziale di impugnazione di sessanta giorni. Del resto, in
giurisprudenza,
ed anche da parte di questa Sezione, si è già affermato, con
particolare
fermezza, che il silenzio dell’Amministrazione su una istanza di
sanatoria di
abusi edilizi costituisce ipotesi di silenzio significativo, al quale
vengono
collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego, con la
conseguenza che si viene a determinare una situazione del tutto simile
a quella
che si verificherebbe in caso di provvedimento espresso; peraltro, il
provvedimento, in quanto tacito, è già di per sé senza motivazione e il
diniego
derivante dal silenzio è quindi impugnabile non per difetto di
motivazione, ma
per il suo contenuto di rigetto (cfr. C.G.A.R.S. 21 marzo 2001, n. 142;
Cons.
Stato, V, 6 settembre 1999, n. 1015). E, giova aggiungere, anche ove si
considerasse il diniego implicito per ciò stesso illegittimo, in quanto
comportamento assunto in violazione del dovere di provvedere, sarebbe
comunque
onere dell’interessato quello di impugnarlo entro il termine
decadenziale,
salva la eventuale successiva adozione di un provvedimento esplicito di
rigetto, a sua volta impugnabile, anche con motivi aggiunti ove
meramente
confermativo. Consiglio di Stato, Sezione V - 11 febbraio
2003 - Sentenza n.
706
- L’azione
popolare che legittimi qualsiasi cittadino ad impugnare il
provvedimento
che consente la costruzione di un’opera - La posizione qualificata e
differenziata in capo al proprietario di un immobile sito nella zona in
cui la
costruzione - Stabile collegamento con la zona - Interesse ad agire -
Titolare
dell’interesse commerciale.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha, da tempo,
affermato che l’art. 31, comma 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150
(nel
testo di cui all’art. 10 della l. 6 agosto 1967, n. 765), non ha
introdotto
un’azione popolare che legittimi qualsiasi cittadino ad impugnare il
provvedimento che consente la costruzione di un’opera, ma ha
riconosciuto una
posizione qualificata e differenziata in capo al proprietario di un
immobile
sito nella zona in cui la costruzione è permessa ed a coloro che si
trovano in
una situazione di stabile collegamento con la zona stessa (confr., fra
le più
recenti, V Sez. 24.10.2001 n. 5601; C. si. 3.12.2001 n. 621; IV
8.7.2002 n.
3805). Il legislatore ha, in tal modo, espresso l’esigenza di tutelare,
nella sede
giurisdizionale, in misura più ampia, i valori urbanistici, e quindi
l’insediamento inteso quale stabile ubicazione degli interessi di vita
dei
soggetti (familiari, economici, di rapporti sociali consolidati e
rilevanti).
In altri settori, in cui pure si avverte l’esigenza di non escludere
dalla
tutela giurisdizionale interessi meritevoli, nessun utile riflesso
avrebbe
potuto avere l’introduzione, in via eccezionale, di una singolare
azione
popolare, limitatamente all’impugnazione delle sole licenze edilizie
(confr. V
Sez. 9.6.1970 n. 523). È per questa ragione che è stato perciò
affermato che è
carente di interesse, chi si opponga ad un permesso di costruire,
adducendo la
lesione di un interesse tipicamente commerciale che deriverebbe dalla
realizzazione
dell’opera (confr. V Sez. 10.7.1981, n. 360), quando il titolare
dell’interesse
commerciale non sia insediato nella zona (IV 30.1.2001 n. 312). Consiglio
di
Stato, Sez. V - 30 gennaio 2003 - Sentenza n. 469
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