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Beni culturali e ambientali - Patrimonio archeologico, storico, artistico
(Sentenze pronunciate nell'anno 2003 della Cassazione, del Consiglio di Stato e del TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
I giudici si esprimono, con queste massime dl 2003, sulla tutela dei beni archeologici. In particolare si tratta dei beni archeologici, storici e artistici e dei vincoli su di essi imposti dalla legge.
  1. Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte)
  2. Beni archeologici, storici o artistici nazionale
  3. Beni archeologici, storici o artistici nazionale - Contraffazione
  4. Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale
  5. Beni storici e artistici - Patrimonio storico della Prima guerra mondiale
  6. Vincolo storico-artistico - Vincolo diretto e vincolo indiretto
  7. Studi d’artista - Misure di protezione - Valore storico-artistico
  8. Alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse artistico e storico
  9. Vincolo storico artistico su immobile del 1800
  10. Vincolo archeologico - L'amministrazione può disporre legittimamente l'estensione del vincolo
  11. Beni storici e artistici - Patrimonio archeologico, storico o artistico
  12. Possesso di beni di interesse artistico, storico o archeologico
  13. Necessità di un atto formale del Ministero per i beni culturali e ambientali
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  1. Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte) - Ricettazione di reperti archeologici - Reato presupposto - Illecito impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato - Sussistenza. In tema di beni culturali, il reato presupposto del delitto di ricettazione di reperti archeologici consiste nel delitto di illecito impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato (c.d. furto archeologico, previsto dall'art. 125 D.Lgs. n. 490/99, in precedenza sanzionato dall'art. 67 L. n. 1089/39). PRES: Di Iorio G. EST: Fumu G. IMP: Di Luzio. P.M: Cesqui E. (Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. II, del 24/12/2003 (Ud. 10/12/2003 n.01853), Rv. 227586, Sentenza n. 49406
  2. Beni archeologici, storici o artistici nazionale - Reato di contraffazione di opere d'arte - Previgente disposizione di cui alla L. n. 1082/1971 - Nuove disposizioni di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999 - Continuità normativa. L'ipotesi di reato di cui all'art. 127 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, contraffazione di opere d'arte nelle diverse fattispecie di cui al comma 1, si pone in continuità normativa con la previgente disposizione di cui all'art. 3 della Legge 20 novembre 1971 n. 1082, atteso che trattasi dello stesso precetto, con eguale sanzione, con l'unica differenza che non si richiede più che il fine di trarne profitto debba essere illecito, essendo sufficiente che il fatto sia stato commesso per trarne comunque un profitto. PRES. Papadia U REL. Rizzo A COD.PAR.342 IMP. Viglietta PM. (Parz. Diff.) Albano A. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 19/12/2003, (UD.04/11/2003) RV. 226866 Sentenza n. 48695
  3. Beni archeologici, storici o artistici nazionale - Contraffazione di opere d'arte - Condizioni per la non punibilità - L. n. 1082/1971, artt. 3 e 8 - D. L.gs. n. 490/1999 artt. 127 e 128 - Specificazione della non autenticità. In tema di contraffazione di opere d'arte, punita dall'art. 127 del D.L.gs. 29 ottobre 1999 n. 490, la non punibilità del fatto è esclusa, ex art. 128 dello stesso decreto, soltanto in caso di dichiarazione espressa di non autenticità mediante annotazione scritta sull'oggetto, analogamente a quanto previsto nella previgente disposizione di cui all'art. 8 della Legge 20 novembre 1971 n. 1082. PRES. Papadia U REL. Rizzo A COD.PAR.342 IMP. Viglietta PM. (Parz. Diff.) Albano A.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 19/12/2003, (UD.04/11/2003) RV. 226867, Sentenza n. 48695 
  4. Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte) - In genere - Reato di impossessamento illecito di beni culturali - Accertamento del requisito dell'interesse culturale - Desumibilità solo dal provvedimento della P.A. - Esclusione - Caratteristiche intrinseche del bene - Sufficienza - Art. 67 L. n. 1089/1939 - Art. 125 D. Lg. n. 490/1999 - D. Lg. n. 41/2004. Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 125 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, non e' necessario che i beni siano qualificati come tali da un formale provvedimento della pubblica amministrazione, essendo sufficiente la desumibilità della sua natura culturale dalle stesse caratteristiche dell'oggetto, non essendo richiesto un particolare pregio per i beni culturali di cui all'art. 1, comma primo, del citato decreto n. 490. (Dal 1 maggio 2004 il decreto n. 490 del 1999 e' sostituito dal D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 41). Pres. De Maio G - Est. Novarese F - Imp. Petroni - PM. (Diff.) Passacantando G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 16 Dicembre 2003 (CC.25/11/2003) RV. 226870, sentenza n. 47922

  5. Beni storici e artistici - Patrimonio storico della Prima guerra mondiale - Interventi che non cagionino alterazioni - inapplicabilità della L.78/2001 - Provvedimento ministeriale di sospensione di lavori già autorizzati - illegittimità. La legge 7 marzo 2001, n. 78 (art. 1, commi 2, lett. c, e 5), la quale fa espresso divieto di procedere a “interventi di alterazione delle caratteristiche materiali e storiche” dei “cippi, monumenti...” che costituiscano il “patrimonio storico della Prima guerra mondiale”, è inapplicabile nel caso di interventi che non cagionino alterazioni, autorizzati dal Ministero per i beni e le attività culturali (art. 2, comma 2). Qualora un progetto di spostamento di un monumento ai caduti sia stato approvato dalla Soprintendenza ed autorizzato dal Ministero (art. 23 d.lgs. n. 490/1999), non sia soggetto a valutazione di impatto ambientale (art. 26) e non siano stati eseguiti lavori provvisori urgenti (art. 27), né i lavori siano difformi rispetto al progetto approvato, un provvedimento ministeriale che ordini la sospensione dei lavori già autorizzati, senza disporre l’annullamento o la revoca dei provvedimenti già emessi, interferisce illegittimamente sul procedimento amministrativo già concluso. - Pres. GIOVANNINI, Est. VOLPE - Comune di Imola (Avv.ti Napoletano, Solazzi e Trombetti) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato) - (Riforma T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 febbraio 2002, n. 1215) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 agosto 2003, n. 4562
  6. Vincolo storico-artistico - Vincolo diretto e vincolo indiretto - differenza - Comunicazione di avvio del procedimento - Occorre - Discrezionalità tecnica della Amministrazione - Sindacato giurisdizionale - Limiti - Vincolo storico artistico - Provvedimento di imposizione - Equivocità nella definizione del vincolo - Illegittimità. In materia d’imposizione di vincolo storico-artistico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, vige il principio sancito dall’art. 7 L. 241/1990, per cui occorre previamente procedere a comunicare l’avvio del procedimento ai soggetti interessati, a pena di invalidità del provvedimento di vincolo. Il principio trova applicazione sia nell’ipotesi di vincolo diretto, di cui agli artt. 1, 2 e 3 della L.1089/1939, sia nel caso di imposizione del c.d. vincolo indiretto, di cui all’art. 21 del medesimo testo normativo. Il vincolo diretto incide sul bene avente valore storico o artistico e non oltrepassa i confini esterni dell’opera tutelata, esplicando un maggiore effetto limitativo dei poteri di disposizione, godimento e manutenzione del bene; il vincolo indiretto, in quanto riguarda gli immobili compresi nella fascia di rispetto, ha una minore forza di penetrazione giuridica nella sfera della proprietà privata, atteso che tale tipologia di vincolo si esplica attraverso l’esercizio della facoltà, da parte dell’Amministrazione preposta alla tutela del bene, di emettere prescrizioni idonee a salvaguardare l’integrità delle cose immobili soggette alla disciplina della legge in esame. La valutazione in ordine alla necessità di apposizione del vincolo storico o archeologico è rimessa alla discrezionalità di carattere tecnico dell’Amministrazione, non sindacabile dal giudice amministrativo, se non sotto il profilo dell’errore di fatto, della congruità della motivazione e della logicità ( C.S., Sez.VI, 12.12.1992, n.1055; 29.9.1998, n. 1034 ) E’ illegittimo per genericità ed equivocità, oltre che di carenza di motivazione, il provvedimento di vincolo dal quale non sia chiaramente evincibile se il vincolo stesso sia finalizzato a tutelare in modo diretto tutti gli immobili o se il provvedimento sia volto all’imposizione di un vincolo indiretto, ex art.21 della legge L.1089/1939. Pres. BALBA, Est. RASOLA - Adamoli e altro (Avv.ti Vasile e Silvestri) c. Comune di Teramo (n.c.), Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo (Avv. Stato) e Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (Avv. Stato). T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 25 luglio 2003, n. 523
  7. Studi d’artista - Misure di protezione - Valore storico-artistico - Art. 52 del T.U. SUI Beni Culturali e Ambientali - Inassoggettabilità degli studi d’artista ai provvedimenti di rilascio di cui alla normativa sulla locazione - Sacrificio dei diritti del locatore -  Illegittimità costituzionale. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), nella parte in cui prevede che non sono soggetti a provvedimenti di rilascio gli studi d’artista ivi contemplati Il d.lgs. n. 490 del 1999 ha previsto nell’art. 52 forme di protezione analoghe a quelle stabilite nell’art. 4-bis del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 832 (Misure urgenti in materia di contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione), convertito nella legge 6 febbraio 1987, n. 15; la predetta norma già tutelava gli studi d’artista di riconosciuto valore storico con la previsione di varie misure, tra cui la non assoggettabilità del relativo immobile a provvedimenti di rilascio, il vincolo di inamovibilità dallo stabile e il divieto di modificazione della destinazione d’uso. La nuova normativa, oltre a dettare un regime analogo per i beni in questione, ha voluto espressamente inserire gli studi d’artista nelle categorie speciali di beni culturali, indicate nell’art. 3 dello stesso testo unico, indipendentemente dalla loro inclusione nelle categorie elencate nell’art. 2, soggette alle disposizioni di tutela contenute nel Titolo I.  Per effetto di tale riconoscimento, gli studi d’artista che vantano le prescritte caratteristiche fruiscono delle particolari ed incisive misure di protezione atte a mantenere integro il loro dichiarato valore storico-artistico, tra le quali, il divieto di adibire il bene ad usi incompatibili con il suo carattere storico o artistico, la necessità della preventiva autorizzazione del ministro o del soprintendente per eseguire opere, l’obbligo per il proprietario, possessore o detentore di realizzare gli interventi necessari ad impedire il deterioramento del bene.  Alle menzionate disposizioni protettive, si aggiunge poi la previsione di ulteriori specifici strumenti di tutela, quali quelli indicati nell’art. 52 del decreto, consistenti nella non assoggettabilità dello studio ai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani, nella prescrizione di inamovibilità del contenuto dello studio dallo stabile in cui esso è situato e nella immutabilità della destinazione d’uso. Mentre le prescrizioni di inamovibilità e di immutabilità della destinazione d’uso, contenute nella norma impugnata, appaiono come integrazione e specificazione dei generali obblighi di conservazione dei beni culturali e sono quindi misure coerenti all’attuazione di questi obblighi, la esenzione degli studi d’artista dai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani si rivela invece una misura assolutamente esuberante rispetto alla finalità di tutela perseguita. Per effetto della disposizione in esame, benché possa essere dedotto in giudizio l’inadempimento delle obbligazioni derivanti da contratti di locazione aventi ad oggetto i predetti beni, non essendo consentita l’emanazione dell’ordine di rilascio si verifica la protrazione forzata di un rapporto nato come contrattuale, la cui causa è venuta meno. Analoga situazione ricorre allorché si giunga alla scadenza contrattualmente prevista e sia stata idoneamente manifestata la volontà di non rinnovare il contratto. Nei casi considerati, si manifesta un evidente sacrificio dei diritti del locatore, poiché l’assoluta indeterminatezza del periodo di tempo nel quale gli studi d’artista non sono soggetti ai provvedimenti di rilascio genera una illimitata continuazione del rapporto. La scelta del legislatore è nella fattispecie irragionevole, dal momento che l’intento perseguito in attuazione dell’art. 9 della Costituzione poteva già considerarsi attuato mediante le numerose altre previsioni contenute nella medesima norma, che costituiscono mezzi ampiamente idonei a rendere immodificabile l’ambiente e i luoghi nei quali operò l’artista, al fine di conservare intatta la testimonianza dei valori culturali in esso insiti. Non essendo consentita, già in forza dei predetti vincoli, la rimozione di alcuno dei beni contenuti nello studio né tanto meno l’attuazione di una diversa destinazione dell’immobile, risultano evidenti per un verso la ridondanza della prescrizione di non soggezione degli studi a provvedimenti di rilascio, che nulla aggiunge alle modalità di salvaguardia già previste, ma soprattutto per l’altro verso la eccessiva compressione dei diritti del locatore, costretto a subire la protrazione nel tempo, persino in assenza di un corrispettivo, sino a perdere indefinitamente la disponibilità dell’immobile. La disposizione in esame, discostandosi dal proprio fine ispiratore per la compresenza di pari ed altrettanto efficaci misure di difesa e garanzia, di cui si è fatto cenno, che permangono a tutela della conservazione dei beni culturali, si rivela dunque irragionevole e lesiva del diritto di proprietà e perciò illegittima. Corte Costituzionale,  del 4 giugno 2003, sentenza n. 185
  8. Alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse artistico e storico - Interesse pubblico - Prelazione a favore dello Stato - Termine - Scadenza - Tutela del diritto soggettivo di proprietà del privato - Giurisdizione del giudice ordinario. Costituisce in giurisprudenza ius receptum il principio secondo cui il diritto di prelazione a favore dello Stato, previsto dall’articolo 31 legge 1089/39, nelle alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse artistico e storico, è espressione di un potere statale di supremazia per il conseguimento dell’interesse pubblico alla conservazione ed al generale godimento di determinati beni e si esercita mediante l’emanazione di un provvedimento amministrativo, avente natura e finalità ablatorie, e la comunicazione, nel termine di due mesi dalla denuntiatio, fissato a pena di decadenza dell’articolo 32, comma 1, legge citata, del provvedimento stesso all’interessato. Tale comunicazione assume, pertanto, essa stessa valore di elemento costituito della fattispecie ablatoria, non già di mero strumento conoscitivo dell’avvenuto esercizio della prelazione (cfr., Cassazione 8079/92; 1950/96). Da tale principio deriva, in conformità a quanto comunemente si ritiene in tema di procedimenti ablatori, che, ove si deduca la carenza, in capo alla pubblica amministrazione, del diritto di prelazione ovvero l’acquisizione del diritto di proprietà sul bene senza l’esercizio del diritto di prelazione nel termine per esso stabilito, il che equivale alla deduzione della carenza di potere ablatorio dopo la scadenza dello stesso termine, la relativa controversia spetterà alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in rilievo la tutela del diritto soggettivo di proprietà del privato. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. Un. Ord. 17 aprile 2003, Sentenza n. 6221
  9. Vincolo storico artistico su immobile del 1800 - complesso immobiliare in totale stato di degrado - ricorso per mancata comprovazione del valore - provvedimento carente di vizi logici - inammissibilità del ricorso. L’art. 2, L. 1° giugno 1939, n.1989 (oggi nel testo unico: Decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490) permette di sottoporre a vincolo storico - artistico le “cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, siano state riconosciute di interesse particolarmente importante e come tali abbiano formato oggetto di notificazione in forma amministrativa, del ministero per la educazione nazionale”. Lo stato di degrado dell’immobile non può costituire un ostacolo all’imposizione del vincolo, motivato logica e congruamente, al fine di garantire quanto meno la conservazione del valore residuo. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1496
  10. Vincolo archeologico - L'amministrazione può disporre legittimamente l'estensione del vincolo su immobili non direttamente interessati da reperti archeologici ma limitrofi ai fondi nei quali tali reperti sono stati individuati - Motivazione. Il provvedimento con il quale l'amministrazione dispone l'estensione del vincolo su immobili non direttamente interessati da reperti archeologici ma limitrofi ai fondi nei quali tali reperti sono stati individuati richiede una specifica motivazione in merito all'esigenza d'imposizione del vincolo (C. Stato, sez. VI, 03-11-1997, n. 1565). Ciò posto, ritiene il Collegio che siffatto obbligo motivazionale possa ritenersi assolto nel caso di specie. Ed invero, il riferimento, in uno al dato costituito dal rinvenimento dei reperti, e quale ulteriore fattore comprovante la probabile importanza archeologica di un’area dalle dimensioni più estese, all’adiacenza della stessa alla cinta muraria di epoca romana non può essere certo sminuito nella sua valenza indiziante: si tratta di circostanze all’evidenza convergenti nel denotare la presenza di un tessuto urbano di più ampie dimensioni e comunque idonee ad escludere che il provvedimento possa ritenersi affetto dal denunciato vizio di eccesso di potere per macroscopica illogicità. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1233
  11. Beni storici e artistici - Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte) - in genere - Possesso di beni di interesse artistico, storico o archeologico - Art. 67 l. n.1089 del 1939 in relazione all'art.624 cod. pen. - Configurabilita' - Ragioni. Il possesso di oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, che deve ritenersi illegittimo in quanto tali beni appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato fin dalla loro scoperta, integra il reato di cui all'art.67 della legge n.1089 del 1939 in relazione all'art.624 cod. pen. Cass. 1995 n. 12087 riv. 203105; Cass. 1998 n. 12716 riv. 212786; Cass. 1999 n. 07131 riv. 213740; Cass. 2000 n. 05714 riv. 216567. Pres. Vitalone - Est.. Quitadamo - PM. (Conf.) Albano A - IMP. Di Marco. CASSAZIONE PENALE, Sezione III, del 30/01/2003 (UD.22/11/2002) RV. 223554 Sentenza n. 04266
  12. Possesso di beni di interesse artistico, storico o archeologico - Reato di cui all'art. 67 legge n. 1089 del 1939 in relazione all'art. 624 cod. pen. - configurabilita' - ragioni. Il possesso di oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, che deve ritenersi illegittimo in quanto tali beni appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato fin dalla loro scoperta, integra il reato di cui all'art. 67 della legge n. 1089 del 1939 in relazione all'art. 624 cod. pen.. Vedi anche: Cass. 1995 n. 12087; Cass. 1998 n. 12716; Cass. 1999 n. 07131; Cass. 2000 n. 05714. Cassazione Penale Sezione III, del 30/01/2003 (UD.22/11/2002), sentenza n. 04266
  13. Necessità di un atto formale del Ministero per i beni culturali e ambientali ai fini della sottoposizione di un bene di proprietà pubblica al regime vincolistico di cui alla legge n.1089 - La necessità di un provvedimento costitutivo - Le disposizioni del Codice Civile artt. 822 - 824. La materia del contendere sottoposta all'esame del Collegio si incentra sulla necessità (o meno) di un atto formale del Ministero per i beni culturali e ambientali ai fini della sottoposizione di un bene di proprietà pubblica al regime vincolistico di cui alla legge n.1089. Si tratta di questione sulla quale la Sezione ha avuto occasione di pronunciarsi con due recenti decisioni (2 novembre 1998, n.1479 ed 8 febbraio 2000, n.678), ove si è ritenuta la necessità, anche per i beni di proprietà pubblica, di un apposito atto diretto ad accertare la valenza storico-artistica del bene. Il giudice di prime cure ha tratto argomento dal tenore dell’art.4 L. n.1089/1939 per sostenere che, contrariamente a quanto avviene per i beni di interesse storico-artistico di proprietà privata, i beni omologhi appartenenti agli enti pubblici territoriali sono ex lege assoggettati al regime proprio dei beni demaniali ed alle norme protettive dettate dalla legge n.1089 senza che sia all’uopo necessario un atto costitutivo di accertamento del pregio del bene. In realtà la citata disposizione normativa, se è vero che sancisce la funzione puramente dichiarativa assolta dagli “elenchi” (nei quali i rappresentanti degli Enti debbono ricomprendere “le cose indicate nell’art.1...”), non contiene però alcuna statuizione da cui possa escludersi la necessità di un provvedimento costitutivo volto alla verifica dell’interesse storico-artistico del bene ed alla conseguente imposizione del regime vincolistico. Anzi la previsione contenuta all’ultimo comma dell’art.4, laddove richiama “le disposizioni della presente legge” per affermare che queste trovano applicazione per le cose di proprietà degli enti pubblici territoriali, a prescindere dall’inclusione negli elenchi descrittivi, va riferita certamente anche alle norme (della L. n.1089) che prescrivono di accertare la natura del bene e di riscontrarne l’interesse culturale ai sensi degli artt.1 e 2. Né può assumere alcun rilievo in senso contrario la circostanza che l’art.3 della L. n.1089/1939 imponga la “notifica” per i soli beni di proprietà privata. Siffatta limitazione - come ha osservato la Sezione nelle pronunce soprarichiamate - riguarda infatti il solo momento della partecipazione o comunicazione dell’atto, “mentre non vi è traccia alcuna di una distinzione tra beni pubblici e privati per quanto afferisce al momento prodromico dell’accertamento circa l’interesse da tutelare, esplicazione di discrezionalità tecnica di pertinenza dell’Amministrazione dei beni culturali...” (così VI, 8 febbraio 2000, n.678). La necessità di un provvedimento costitutivo anche per i beni di interesse storico-artistico appartenenti agli Enti pubblici territoriali è in ogni caso postulata - secondo l’orientamento giurisprudenziale soprachiamato - anche dalle disposizioni del Codice Civile ove, ai sensi del combinato disposto degli artt.822-824 fanno parte del demanio gli immobili di proprietà di Stato, Province e Comuni, “riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia”: con ciò evidenziandosi che la qualificazione di beni sottoposti al regime della legge n.1089 presuppone un apposito atto di riconoscimento che accerti l’interesse alla tutela. Occorre aggiungere che le conclusioni cui perviene la ricostruzione del dato normativo qui delineata si pone in perfetta coerenza: da un lato, con l’opportunità di ricondurre ogni valutazione al Ministero per i beni culturali, vale a dire all’organo tecnicamente qualificato ed istituzionalmente deputato all’accertamento della valenza storico-artistica del bene; dall’altro, con l’esigenza non meno importante di dare certezza al regime vincolistico onde agevolare gli Enti pubblici proprietari in sede di gestione e di disposizione del bene. Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenza n. 20
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