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- Urbanistica
- Costruzione edilizia in zona protetta - Annullamento del nulla osta
paesaggistico - Perfezionamento dell’iter procedurale - Termine
perentorio di
60 giorni - Art. 82 c. 9, d.P.R. n. 616/1977 - L. n. 431/1985. Il
termine perentorio di 60 giorni
previsto dall’art. 82, comma 9, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel
testo
modificato dal d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con
modificazioni,
dalla l. 8 agosto 1985, n. 431, si riferisce solo all’adozione del
provvedimento ministeriale di annullamento di nulla osta paesistico per
la
realizzazione di costruzione edilizia in zona protetta, e non anche
alla
successiva fase di comunicazione o notificazione. Inoltre è irrilevante
che la
comunicazione dell’atto di annullamento avvenga dopo la scadenza del
detto
termine, trattandosi di incombente esterno rispetto al perfezionamento
dell’iter procedurale relativo al controllo ministeriale (sez. VI, 7
ottobre
2003, n. 5903). Detto termine perentorio di 60 giorni inizia a
decorrere dalla
data in cui la documentazione relativa al procedimento conclusosi con
il
rilascio del nulla osta giunge, completa, all’amministrazione centrale;
non
essendo sufficiente a tal fine il ricevimento della documentazione
stessa da parte
dell’organo periferico dell’amministrazione statale (sez. VI 8 marzo
2000, n.
1162 e 17 febbraio 2000, n. 885). CONSIGLIO DI STATO, sez.
VI, 28 novembre
2003, sentenza n. 7792
- Ministero
per i beni culturali - Annullamento del nulla osta paesaggistico -
termine
perentorio di 60 giorni - Sospensione della decorrenza di un termine
perentorio.
Il termine
di 60 giorni previsto per l’esercizio del potere di annullamento è
perentorio
(VI, n. 1267/1994, n. 558/1996, n. 1825/1996 e n. 129/1998); che esso
decorre
dalla ricezione da parte dell’amministrazione statale
dell’autorizzazione
rilasciata e della documentazione tecnico - amministrativa, sulla cui
base il
provvedimento è stato adottato; che in caso di omessa o incompleta
trasmissione
di detta documentazione, il termine non decorre e il Ministero (o la
Soprintendenza) legittimamente richiede gli atti mancanti (VI, n.
114/1998).
Nel caso in esame, l'amministrazione ha invocato l'avvenuta sospensione
del
procedimento non per la non completa trasmissione dell'autorizzazione
paesaggistica o della relativa documentazione, ma a causa di una
richiesta di
sospensione inviata dal comune al fine di una modifica da apportare al
progetto
in esame e sulla quale si sarebbe espressa favorevolmente la
Soprintendenza.
Tale richiesta ed anche il successivo assenso della Soprintendenza sono
stati
ritenuti elementi inidonei a sospendere la decorrenza di un termine
perentorio
fissato dal legislatore. CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 24
novembre 2003,
sentenza n. 7723
-
Annullamento
della autorizzazione
paesistica - Obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento -
D.M.
495/1994.
Il
regolamento approvato col decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495
(non
rilevando ratione temporis la sua modifica disposta col regolamento 19
giugno
2002, n. 165) ha determinato l’obbligo per il Ministero di trasmettere
all’originario richiedente - prima del formale annullamento della
autorizzazione paesistica - la comunicazione dell’avvio del
procedimento,
qualora non risulti - dalla stessa autorizzazione o aliunde - che egli
abbia avuto
notizia dell’inoltro della pratica all’organo statale. Nel caso di
omessa
comunicazione, è violato l’art. 7 della legge n. 241 del 1990, reso
applicabile
in materia dal regolamento citato. Pres. SCHINAIA, Est. MARUOTTI -
Ministero
per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato) c. Manoco
s.r.l.
(Avv.ti Cochetti e Onofri) - (Conferma T.A.R. Lombardia, Brescia, 5
agosto
1999, n. 732) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 2 settembre 2003,
n. 4866
-
Autorizzazione
paesaggistica - Annullamento - L’esercizio del potere di annullamento -
Il
termine perentorio di sessanta giorni - Fase della comunicazione o
della
notificazione. Per
la
costante giurisprudenza di questo Consiglio, che il collegio condivide
e fa
propria, il termine perentorio di sessanta giorni riguarda l’esercizio
del
potere di annullamento e non anche la successiva fase della
comunicazione o
della notificazione (Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20; Sez. VI, 6
luglio 2000,
n. 3793; Sez. VI, 24 maggio 2000, n. 3010; Sez. VI, 28 gennaio 2000, n.
403;
Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2073; Sez. VI, 1° dicembre 1999, n. 2069;
Se. VI,
3 novembre 1999, n. 1693; Sez. IV, 4 dicembre 1998, n. 1734; Sez. VI,
17 giugno
1998, n. 967; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. VI, 19 luglio 1996,
n. 968;
Sez. VI, 22 febbraio 1995, n. 207). Infatti, l’art. 82, nono comma, del
decreto
legislativo n. 616 del 1977 ha disciplinato un provvedimento che,
secondo i
principi generali, è immediatamente efficace e non ha natura
recettizia:
l’espressione «può annullare in ogni caso» va intesa nel senso che il
termine
di sessanta giorni si riferisce alla emanazione dell’atto di
annullamento, in
quanto esso produce immediatamente i suoi effetti. Consiglio
di Stato,
Sezione VI - 21 luglio 2003, sentenza n. 4192
-
Soprintendenza
per i beni architettonici e per il paesaggio - Nulla-osta - Atto di
autoannullamento - Comunicazione di avvio del procedimento - Occorre.
E’ illegittimo l’atto di
autoannullamento di nulla-osta della Soprintendenza per i beni
architettonici e
per il paesaggio nel caso di mancata comunicazione di avvio del
procedimento,
posto che la giurisprudenza del C.S.A.P. ha perspicuamente individuato
in una
situazione di sola “urgenza qualificata”, la condizione che può
esentare la
P.A. dal derogare all’istituto partecipativo (cfr C.S.A.P. 15. 15.9.99,
n.14).
Peraltro il provvedimento che incide negativamente nella sfera
giuridica del
ricorrente ampliata dal provvedimento oggetto del potere di autotutela,
richiede ancor di più il rispetto dell’art.7 della L. 241/1990. - Pres.
BALBA,
Est. RASOLA - Ditta Nuccitelli G. & A. s.n.c. (Avv. Del Bono)
c.
Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio (Avv.
Stato).
T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 10 luglio 2003, n. 499
-
Vincolo
paesaggistico - Art. 82 d.P.R. 616/77 - Termine perentorio di sessanta
giorni -
Riguarda solo l’esercizio del potere di annullamento.
Il termine perentorio di sessanta
giorni di cui all'art. 82 d.P.R. 616\77 riguarda l’esercizio del potere
di
annullamento e non anche la successiva fase della comunicazione o
notificazione
(cfr. ad es. Consiglio Stato sez. VI, 13 maggio 2002, n. 2549 e 6
febbraio 2003
n. 592). Di conseguenza, è irrilevante in termini di illegittimità la
circostanza della mera comunicazione all’interessato dell’annullamento
oltre il
termine suddetto. - Pres. VIVENZIO, Est. PONTE - Paoleschi (Avv.
Giannini) c.
Ministero per i beni culturali ed ambientali (Avv. Stato) e Comune di
Vernazza
(n.c.) - T.A.R. LIGURIA, Genova - 9 luglio 2003, n. 864
-
Zone
sottoposte al vincolo
paesaggistico - Cessazione di validità del nulla osta ambientale -
Decorrenza
del termine quinquennale - Legittimità. La
cessazione di validità del nulla osta ambientale si
verifica ope legis per il solo fatto obiettivo del decorso del termine
quinquennale ex art. 16 R.D. 3 giugno 1940, n. 1357. (Pres. Trivellato
- Est.
Rocco - Pollini (Avv.ti Zampini, Botticini e Motta) c. Comune di Verona
(Avv.ti
Caineri, Squadroni, Moretto, Mondadori e Michelon). TAR
VENETO - sez. II 29
aprile 2003, n. 2491
-
Revoca
o
modificazione dei provvedimenti dichiarativi del notevole interesse
pubblico
dell’immobile - Regime di tutela paesaggistica, in assenza della previa
acquisizione del parere del Consiglio Nazionale per i Beni culturali -
regime
di tutela “relativo” sotto il profilo del contenuto - Il procedimento
di
sanatoria - Il disposto annullamento.
L’art.
82, terzo comma, del D.P.R. n. 616 del 1977 vieta ogni revoca o
modificazione
dei provvedimenti dichiarativi del notevole interesse pubblico
dell’immobile,
con conseguente sottoposizione del medesimo al regime di tutela
paesaggistica,
in assenza della previa acquisizione del parere del Consiglio Nazionale
per i
Beni culturali. Nel caso in esame l’Amministrazione comunale si è
limitata ad
esprimere il proprio avviso, in ordine al rilascio di una concessione
edilizia
in sanatoria nei confronti dell’odierno appellante, valutando
positivamente la
compatibilità della realizzazione dell’opera con le esigenze
paesaggistiche
della zona. Di conseguenza, non essendovi stata, nella fattispecie, né
una
revoca né una modificazione della dichiarazione di particolare
interesse della
zona sotto il profilo paesaggistico, la quale comporta un regime di
tutela
“relativo” sotto il profilo del contenuto, consistente appunto,
nell’onere di
munirsi dell’autorizzazione per chi intenda effettuare interventi
modificativi
dello stato dei luoghi (e, per quanto riguarda il procedimento di
sanatoria,
del parere di compatibilità dell’opera realizzata con i valori
tutelati), la
norma appare erroneamente invocata e inidonea a sorreggere il disposto
annullamento (Sez. VI, 6 ottobre 1998 n. 1348). Consiglio di
Stato Sezione
VI, del 27 marzo 2003 sentenza n. 1594
-
L’esercizio
del potere di annullamento della autorizzazione paesaggistica - Il
termine. Il
termine di sessanta (cfr. tra le
ultime Cons. St. VI, 4 settembre 2001, n.4639 e 29 maggio 2002 n.2984)
giorni
stabilito dall'art.82, 9° comma, D.P.R. n.616/1997 (nel testo
modificato
dall'art.1 D.L. n.312/1985 conv. in L. n.431/1985), ancorchè
perentorio,
attiene al solo esercizio del potere di annullamento della
autorizzazione, sia
perchè è estranea alla previsione normativa l'ulteriore fase della
comunicazione o notificazione, sia perchè l'atto di annullamento
ministeriale
non può essere considerato di natura recettizia. Quanto a quest'ultimo
profilo
è stato infatti evidenziato che il provvedimento ministeriale incide su
una
sfera giuridica non ancora definita giacchè la sola autorizzazione
regionale (o
subregionale) ex. art.7 L. n. 1497/1939 non produce di per sè alcuna
espansione
dello"jus aedificandi", ma una semplice aspettativa all'esito della
ulteriore fase procedimentale di competenza dell'Amministrazione
statale (cfr.
sul punto Cons. St. VI, 10 agosto 1999, n.1027; 29 settembre 1999,
n.1274; 1
dicembre 1999, n.2069). Consiglio di Stato, Sezione VI del 6
marzo 2003,
sentenza n. 1249
- Autorizzazione
paesaggistica - Potere di annullamento - Il termine di sessanta giorni - La
comunicazione. Il
termine di sessanta giorni di cui all'art.82, 9° comma, D.P.R.
n.616/1977,
ancorchè perentorio, attiene al solo esercizio del potere di
annullamento della
autorizzazione, sia perchè è estranea alla previsione normativa
l'ulteriore
fase della comunicazione o notificazione, sia perchè l'atto di
annullamento
ministeriale non può essere considerato di natura recettizia. (cfr. tra
le
ultime Cons. St., 4 settembre 2001, n.4639 e 29 maggio 2002, n.2984)
Quanto a
quest'ultimo profilo è stato infatti evidenziato che il provvedimento
ministeriale incide su una sfera giuridica non ancora definita perchè
la sola
autorizzazione regionale (o subregionale) ex art.7 L. n.1497/1939 non
produce
di per sè alcuna espansione dello "jus aedificandi", ma una semplice
aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza
della
Amministrazione statale (cfr. sul punto Cons. St. VI, 10 agosto 1999,
n.1027;
29 settembre 1999, n. 1274; 1 dicembre 1999, n. 2069). Ciò posto,
poichè nella
fattispecie in esame l'annullamento ministeriale della delibera
regionale
recante la autorizzazione paesaggistica, datata 27/2/1995, è stato
assunto con
decreto del 28/4/1995, e dunque nel rispetto del prescritto termine di
sessanta
giorni, lo stesso deve ritenersi tempestivo, non rilevando in alcun
modo la
circostanza che la comunicazione di tale decreto sia stata effettuata
oltre
l'anzidetto termine di sessanta giorni. Consiglio di Stato,
Sezione VI del 6
marzo 2003, sentenza n. 1231
- Autorizzazione
paesaggistica - Potere di annullamento - Competenza sostitutiva del
Ministero
per i beni culturali e ambientali - Competenza della Regione -
Decorrenza del
termine. La
decorrenza del termine entro il quale, ai sensi dell'art.1 D.L. 27
giugno 1985,
n.312, conv. in L. 8 agosto 1985, n.431, la Regione deve determinarsi
sulla
richiesta di autorizzazione ex art.7 L. n.1497/1939, pur comportando
l'insorgenza della competenza sostitutiva del Ministero per i beni
culturali e
ambientali, non determina l'estinzione della competenza della Regione
stessa
(in tal senso Cons. St. IV , 21 dicembre 1989, L. 927 e VI, 10 agosto
1999,
n.1025). Alla stregua delle considerazioni che precedono il decreto
ministeriale di annullamento oggetto dell'impugnativa deve ritenersi
illegittimo. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003,
sentenza n.
1231
- Annullamento
ministeriale di nulla osta paesistico rilasciato dal Comune -
Destinazione
urbanistica e compatibilità ambientale.
La compatibilità di un intervento (un impianto
perfettamente aderente alla destinazione di zona, che era adibita
proprio alla
realizzazione di un tale tipo di impianto, con caratteristiche
dimensionali
previamente stabilite) viene già effettuata dal Comune, anche sotto il
profilo
dell’impegno volumetrico, in sede di programmazione urbanistica. Il
nulla osta
comunale, oltre a considerare la conformità del progetto alla
destinazione
urbanistica della zona, prescrivendo specifiche cautele per la sua
realizzazione, tiene conto sia della destinazione specifica della zona
sia
degli aspetti di impatto ambientale del nuovo impianto. Un
provvedimento
statale di annullamento dell’autorizzazione paesistica non può
sostituire la
propria valutazione degli interessi in conflitto a quella effettuata
dal Comune
e non può limitarsi ad asserire in modo generico che la realizzazione
del
progetto pregiudica i valori ambientali e paesistici anche in
considerazione
della notevole incidenza planivolumetrica, dovendo invece tener conto
delle
specifiche circostanze di fatto, da indicare nella motivazione, che non
sarebbero state esaminate dall’Autorità locale ovvero esaminate in modo
irrazionale. Consiglio di Stato, sez. V, del 25 febbraio
2003, sent. n. 1070
- Nulla
osta paesistico - Carenza di istruttoria e carenza di motivazione nel
caso di
nulla osta paesaggistico rilasciato con la formula “parere favorevole”
- L’assenza di un “minimo di motivazione” rende legittimo
l’annullamento
- La
ratio dell’atto e la necessità di ricostruire l’iter logico seguito
nell’adozione
di esso dall’autorità emanante - La riserva all’autorità statale del
potere di
riesame della determinazione dell’ente delegato - Vizio di eccesso di
potere
per difetto di motivazione.
Non
possono condividersi le censure di eccesso di potere mosse dagli
interessati
contro la sentenza appellata, la quale ha ritenuto correttamente
legittimo
l’operato del Ministero, concretizzatosi nel riscontro dell’assenza di
un
“minimo di motivazione” nella predetta delibera n.1747/1989, con
annullamento,
quindi, della delibera medesima in quanto ritenuta viziata da eccesso
di potere
sotto il profilo sintomatico della carenza di istruttoria e della
carenza di
motivazione. Sarebbe impossibile, invero, risalire alla ratio dell’atto
e
ricostruire l’iter logico seguito nell’adozione di esso dall’autorità
emanante
qualora il provvedimento stesso assumesse un tenore apodittico e non si
potrebbe di certo verificare, in tale ipotesi, se l’autorità predetta
abbia o
non valutato correttamente gli interessi in gioco. Peraltro, avendo
l’ordinamento riservato all’autorità statale un potere di riesame della
determinazione dell’ente delegato, deve ritenersi anche che una
mancanza di
motivazione di detta determinazione renderebbe irrealizzabile il
compito ad
essa attribuito. Del resto, in tal senso si è espressa pure la
giurisprudenza
del Consiglio di Stato, secondo cui il Ministro dei beni culturali e
ambientali
può annullare il nulla osta paesistico quando è affetto da vizio di
eccesso di
potere per difetto di motivazione, dovendo i nulla osta del genere
essere
congruamente motivati, anche se hanno natura di atti ampliativi della
sfera dei
destinatari (cfr. Cons. St., Ad. Plen. 22.7.1999, n.20; Sez.VI,
10.8.1999
n.1025; 2.3.2000, n.1096; 8.3.2000, n.1162; 13.2.2001, n.685). (Nella
specie,
si riteneva che il Comune di Siena, a fronte del legittimo parere
tecnico della
Commissione beni ambientali avrebbe operato correttamente nel
concedere, con la
delibera n.1747/1989, la sanatoria richiesta e che tale delibera, come
anche il
parere della Commissione predetta a cui si richiamava, era
sufficientemente
motivato con la semplice espressione “parere favorevole”, essendo
evidente che
“tutti i pareri favorevoli avrebbero avuto identica e stereotipata
motivazione”, diversamente da quelli sfavorevoli per i quali era
necessario
motivare approfonditamente. Invece il Collegio ha ritenuto che, con
riguardo al
nulla osta di cui all’art.7 della legge n.1497/1939, sussista sempre un
obbligo
indifferenziato di motivazione; e ciò al fine di consentire la tutela
sia in
favore dell’interesse collettivo sia di quello riferito a possibili
controinteressati, non assumendo alcun rilievo la natura di atto
favorevole e
positivo di tale nulla osta). Consiglio di Stato Sezione VI,
- 17 febbraio
2003 - Sentenza n. 841
- L’annullamento
ministeriale di un’autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di
una
costruzione edilizia in zona protetta - Le ipotesi riconducibili
all’eccesso di
potere per difetto di motivazione - La domanda di sanatoria. L’annullamento
ministeriale di un’autorizzazione
paesaggistica alla realizzazione di una costruzione edilizia in zona
protetta,
potendo riguardare tutti i vizi di legittimità, comprese le ipotesi
riconducibili all’eccesso di potere, ben può essere pronunciato per
difetto di
motivazione, in quanto in sede di autorizzazione regionale o di organo
delegato
dalla regione, a norma dell’art.7. della legge n.1497 del 1939, anche
l’atto
positivo di assentimento richiede un’adeguata motivazione sulla
compatibilità
effettiva dell’opera con gli specifici valori paesistici dei luoghi.
(In
specie, i ricorrenti, con gravame proposto davanti al TAR della
Toscana,
impugnavano l’ordinanza 9.4.1990, n.77, con la quale il Sindaco di
Siena non
aveva accolto la loro domanda di sanatoria per due manufatti costruiti
abusivamente disponendone la demolizione, nonché gli atti ad essa
presupposti,
connessi e conseguenti, tra cui il decreto in data 9.2.1990, con il
quale il
Ministero per i beni culturali e ambientali aveva annullato la delibera
della
Giunta Municipale di Siena 9.11.1989, n.1747 che aveva autorizzato il
rilascio
della concessione in sanatoria per i predetti due manufatti, e la
relazione in
data 3.3.1990 del Servizio edilizia e concessioni del medesimo Comune).
Non
ogni contraddittorietà costituisce figura sintomatica di eccesso di
potere, ma
soltanto quelle che non hanno una valida ragione giustificatrice;
mentre nella
specie il diverso orientamento dell’Amministrazione è giustificato
dall’intervenuto provvedimento ministeriale di annullamento, al quale
il
Sindaco di Siena di è dovuto poi adeguare respingendo la domanda di
sanatoria
degli interessati ordinandone la demolizione. Non vi è dubbio, quindi,
che
nella vicenda di cui trattasi il Sindaco, in relazione allo specifico
provvedimento in questione, dovesse ad esso adeguarsi, non potendo
ritenersi
che egli, come assunto dai ricorrenti, non ne avesse l’obbligo. Consiglio
di
Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841
-
Il
provvedimento di annullamento di nulla osta paesistico - Il termine
perentorio
di sessanta giorni - Fase di comunicazione o notificazione -
Irrilevanza della
notifica dell’atto di annullamento dopo la scadenza termine.
Costituisce orientamento consolidato di questa
Sezione, da ultimo fatto proprio dall’Adunanza plenaria del Consiglio
di Stato
(sentenza 22 luglio 1999, n.20), quello secondo cui il termine
perentorio di
sessanta giorni, previsto dall’art.82, comma 9, del citato D.P.R. n.
616/1977,
si riferisce solo all’adozione del provvedimento di annullamento di
nulla osta
paesistico, e non anche alla successiva fase di comunicazione o
notificazione.
In particolare, il procedimento col quale il Ministero per i beni
culturali e
ambientali controlla la legittimità delle autorizzazioni a costruire
rilasciate
dalla Regioni ai sensi dell’art.7 L. 29 giugno 1939 n.1497 si conclude
o con
l’inutile scadenza del termine all’uopo previsto ovvero con
l’emanazione nel
suddetto termine del decreto di annullamento. Pertanto, è irrilevante
che la
successiva notifica dell’atto di annullamento al privato titolare
dell’autorizzazione regionale avvenga dopo la scadenza del detto
termine,
trattandosi di incombente del tutto esterno rispetto al perfezionamento
dell’iter procedimentale relativo al controllo ministeriale (cfr., di
recente,
C.d.S., Sez.VI, 4 settembre 2001, n.4639 e 23 settembre 2002, n.4812).
Nel caso
di specie, la delibera regionale n.8166 del 22 novembre 1994 è
pervenuta alla
Soprintendenza il successivo 19 dicembre e il provvedimento di
annullamento è
stato adottato il 16 febbraio 1995 (e comunicato alla società
interessata il
successivo 7 marzo), dunque entro il termine di sessanta giorni. Consiglio
di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 839
-
Annullamento
dell’autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento - Fase
endoprocedimentale.
Il
potere di annullamento, attribuito al Ministro per i beni culturali ed
ambientali dall'art. 82, ultimo comma, del D.P.R. n. 616/1977 (oggi
art. 151
del D. Lgs. n. 490/99), è esercitato in una successiva fase
endoprocedimentale,
che ha natura di secondo grado e che è di competenza di un diverso
organo
rispetto a quello che ha rilasciato l'autorizzazione. CONSIGLIO
DI STATO,
Sezione VI, 13 febbraio 2003 (C.c. 17.12.2002), Sentenza n. 790
- Annullamento
dell’autorizzazione paesaggistica - Avvio del procedimento -
Comunicazione -
Obbligo.
L'obbligo di comunicare
l'avvio del procedimento di annullamento dell'autorizzazione
paesaggistica è
anche espressamente previsto dal regolamento del Ministero dei beni
culturali
ed ambientali di attuazione delle disposizioni della Legge n. 241/90
(D.M.
13-6-94 n. 495). CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio
2003 (C.c.
17.12.2002), Sentenza n. 790
- Esercizio
del potere di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche -
C. Cost.
sent. n. 383/1996 - Autonome fasi endoprocedimentali - Sistema di
concorrenza
di poteri - Effetti - Responsabile del procedimento - Avvio del
procedimento -
Comunicazione - Obbligo.
La Corte
Costituzionale, con sentenza n. 383/1996, ha ritenuto sussistente
l'obbligo, di
cui all'art. 7 della Legge n. 241/90, anche per le successive ed
autonome fasi
endoprocedimentali, con la sola esclusione dell'ipotesi, in cui la fase
successiva sia dovuta all'iniziativa dell'interessato. (Corte Cost. n.
437/2000). Pertanto, l'esercizio del potere di annullamento statale
delle
autorizzazioni paesistiche come espressione di sistema di concorrenza
di
poteri, realizzato non attraverso un atto complesso o una intesa,
costituisce
sempre una fase di secondo grado (rispetto ad una autorizzazione
regionale
perfetta ed efficace), nella quale vi è possibilità di introdurre -
d'ufficio o
su iniziativa dei soggetti portatori di interessi qualificati -
documentazione
ed elementi di fatto ulteriori rispetto all'istruttoria regionale.
Questa
speciale fase di secondo grado si caratterizza per l'autorità (statale)
diversa
da quella di primo grado (regionale), con un diverso responsabile del
procedimento. CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio
2003 (C.c.
17.12.2002), Sentenza n. 790
- Esercizio
del potere di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche -
Autonome
fasi endoprocedimentali - Responsabile del procedimento - Avvio del
procedimento - Comunicazione - Obbligo.
La
comunicazione dell'avvio del procedimento è strumentale alla
partecipazione del
destinatario dell'atto al procedimento stesso, dovendo essere indicati
l'amministrazione procedente, l'oggetto ed il responsabile del
procedimento e
l'ufficio, presso cui si può prendere visione degli atti. Le due fasi
(la prima
di competenza delle Regioni o dei Comuni e la seconda di competenza del
Ministro o dei Soprintendenti delegati), sebbene connesse, hanno una
tale
diversità sotto il profilo dei soggetti competenti che gli elementi
relativi
alla prima fase, conosciuti dal privato, sono del tutto diversi da
quelli
inerenti la seconda fase, destinata a svolgersi presso uffici statali e
che non
è dovuta all'iniziativa dell'interessato, che è solo edotto della sua
eventualità. CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio 2003
(C.c.
17.12.2002), Sentenza n. 790
- L’annullamento
ministeriale del nulla osta paesaggistico - Mansarda in un’area
prossima al
mare - Domanda di sanatoria - Incremento dimensionale - Nuova opera
edilizia - Illegittimità - La sufficiente motivazione.
E’ stato annullato legittimamente il rilasciato nulla osta
paesaggistico in quanto l’incremento dimensionale del fabbricato,
conseguente
alla realizzazione della mansarda in un area prossima al mare, è di
impatto
ambientale negativo con particolare riferimento alla visibilità. Con la
conseguenza che l’impugnato decreto di annullamento si regge
legittimamente sul
“rilevato negativo impatto ambientale”. L’incremento dimensionale del
fabbricato e la sua prossimità al litorale, come anche la visibilità
dello
stesso dal mare, sono tutti elementi che hanno trovato conferma negli
atti del
giudizio. Per la sufficiente motivazione basta rimandare quanto
affermato nel
decreto ministeriale impugnato in primo grado, secondo cui il Comune
“non ha
affatto tenuto conto dello stato attuale effettivo del manufatto,
abusivamente
realizzato con materiali precari (copertura in legno, pannelli in
alluminio,
ecc...) e del fatto che l’intervento assentito prevedendo la
demolizione
dell’esistente e la ricostruzione di una nuova struttura con materiali
diversi
(solaio latero-cemento inclinato con soprastante manto di tegole
poggiante su
muratura portante di blocchi di tufo e malta cementizia di cm. 40)
concretizza
una nuova opera edilizia la quale determinerebbe e sancirebbe un
incremento
dimensionale dell’immobile che - ubicato in area molto prossima al mare
-
risulterebbe estremamente visibile”. (Nella specie, l’abuso consisteva
nella
realizzazione di un piano mansarda e la domanda al Comune era
presentata per la
sanatoria del manufatto abusivo - all’epoca realizzato con materiali
precari -
la sua demolizione e la successiva ricostruzione di un nuovo volume.
L’annullamento ministeriale era disposto per eccesso di potere sotto i
profili
sintomatici della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della
violazione del giusto procedimento e dell’art. 82, comma 3, del d.P.R.
24
luglio 1977, n. 616). Consiglio di Stato, Sez. VI - 27
gennaio 2003 -
Sentenza n. 399
- Nulla
osta paesaggistico - Necessità di adeguata motivazione anche quando
viene
espresso “parere favorevole” - Motivazione per relationem - Legittimità
- La
carenza di motivazione rende illegittimo il nulla osta favorevole -
Limiti al
potere di riesame. Alcun
difetto di motivazione sussiste in relazione all’autorizzazione
paesaggistica,
che è stata invece annullata attraverso l’esercizio del potere
ministeriale,
tradottosi nella specie in un evidente sindacato di merito del profilo
paesaggistico, che, come è noto, non è consentito, in quanto il potere
di
riesame è limitato ad un vaglio sulla legittimità dell’autorizzazione
rilasciata (cfr., Cons. Stato, Ad. Plen. n.9/2001) ed è censurabile
solo per
errata o incompleta considerazione degli elementi di fatto o per una
palese
illogicità del giudizio (cfr., Cons. St., Sez.IV, 7.5.2002, n.2442;
18.10.1999,
n.1438). In specie, l’autorizzazione rilasciata dalla Regione è infatti
motivata per relationem agli atti del procedimento e la richiamata
Relazione
del competente ufficio per l’urbanistica e per l’assetto del territorio
contiene, un motivato giudizio sulla compatibilità ambientale delle
opere di
cui trattasi. Può ritenersi, dunque, che nella specie l’organo
regionale - cui,
ai sensi dell’art.82 del DPR n.616/1977, è stata attribuita in via
esclusiva la
funzione di rilasciare il nulla osta in questione - abbia assolto, in
modo
adeguato, al relativo obbligo motivazionale nell’emanazione del
provvedimento
di propria competenza, sicché non possono essere accolti i rilievi
dell’Amministrazione appellante in ordine all’erroneità della sentenza
gravata
nella parte in cui essa ha ritenuto illegittimo il provvedimento
regionale in
quanto carente di motivazione. Vedi: Consiglio di
Stato Sezione VI, - 17
febbraio 2003 - Sentenza n. 841. Consiglio di Stato, VI
Sezione 19 gennaio
2003, Sentenza n. 936
- La
nullità
delle “deliberazioni che comportino deroga o violazione dei vincoli
posti da
autorità sovracomunali, anche se recepite dallo strumento urbanistico”
- Limiti
dell’art. 1, commi 1 e 4, della legge n. 556/88 - La deliberazione
consiliare
di approvazione del progetto - La compatibilità urbanistica e
paesaggistica - Il rilascio della concessione edilizia.
Non appare condivisibile l‘affermazione secondo la
quale il complesso ricettivo turistico da realizzarsi dai ricorrenti
debba
iscriversi fra le opere di interesse pubblico, cui fa riferimento la
norma
citata, (l’art. 1, comma 4, lett. l) del D.L. n. 465/1988 (riprodotto
dall’art.
5, lett. m, del Decreto del Ministro del Turismo 31.12.1988) aveva
previsto che
i progetti recanti iniziative per tale evento calcistico avrebbero
dovuto
indicare “la dichiarazione di compatibilità con i vincoli ambientali,
paesaggistici, archeologici, artistici e storici e con gli strumenti
urbanistici o, in mancanza, la deliberazione del consiglio comunale
adottata ai
sensi dell'articolo 1, quarto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1,
nel caso
di opere pubbliche o di interesse pubblico”, ne conseguirebbe che,
essendo la
struttura, da essi proposta, da considerare di interesse pubblico ed
essendo
intervenuta la suddetta deliberazione, risultava dichiarata ope legis
la
compatibilità della stessa sia dal punto di vista urbanistico sia da
quello
paesaggistico, onde la concessione edilizia sarebbe stato un atto
dovuto). Si
deve argomentare sia dalla soppressione, in sede di conversione, del
quinto
comma dell'art. 2 del medesimo D.L. n. 465 del 1988 - secondo cui le
opere per
l'attuazione dei progetti, limitatamente a quelle finalizzate ai
campionati
mondiali del 1990, erano considerate di pubblica utilità, urgenti ed
indifferibili -, sia dal disposto di cui all'art. l, 3° comma, della
legge
sugli interventi strutturali sulle aree interessate dai campionati
mondiali di
calcio (D.L. 10 aprile 1989, n. 121, convertito con modificazioni, in
legge 29
maggio 1989, n. 205), a norma del quale sono state dichiarate di
preminente
interesse nazionale, di pubblica utilità e di somma urgenza solo le
opere, di
cui all’elenco ivi allegato, nelle città sedi delle gare mondiali. Ed
anzi,
proprio con riguardo a queste ultime opere, certamente di ben maggiore
importanza per lo svolgimento dei campionati di cui trattasi, l'art.
6-bis,
primo comma, afferma espressamente che “la deliberazione del consiglio
comunale,
adottata ai sensi dell'articolo 1, quarto comma, della legge 3 gennaio
1978, n.
1, ai fini della dichiarazione di compatibilità di cui all'articolo 1,
comma 4,
lettera 1), del decreto-legge 4 novembre 1988, n. 465, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1988, n. 556, può incidere
solamente
sulle prescrizioni dello strumento urbanistico comunale”, comminando,
al
secondo comma, addirittura la nullità delle “deliberazioni che
comportino
deroga o violazione dei vincoli posti da autorità sovracomunali, anche
se
recepite dallo strumento urbanistico” (cfr., del resto, per conclusioni
conformi, Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 12928 del 11-11-1999). E, nel
caso di
specie, la deliberazione consiliare finirebbe per derogare, ove le
fosse
riconosciuta la portata asserita dagli appellanti, proprio al vincolo
posto
dall’Autorità statale all’isola di Procida con D.M. 26 marzo 1956 e al
piano
territoriale paesistico approvato con D.M. 1.3.1971. Consiglio
di Stato, VI
Sezione 19 gennaio 2003, Sentenza n. 935
- Nulla
osta paesaggistico - L’esercizio del potere di annullamento
ministeriale dell’autorizzazione
- Il termine di sessanta giorni - La sola autorizzazione regionale (o
subregionale) non produce di per sè alcuna espansione dello "jus
aedificandi" - Nullità della sanatoria di lavori abusivi, consistenti
nell'adeguamento di un fabbricato rurale. Costituisce
orientamento consolidato di questa Sezione (Cfr. tra le
ultime: Cons. St. VI 4 settembre 2001, n. 4639 e 29 maggio 2002,
n.2984) quello
secondo cui il termine di sessanta giorni stabilito dall'art.82, 9°
comma,
D.P.C. n.616/1997 (nel testo modificato dall'art.1 D.L. n.312/1985),
ancorchè
perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento della
autorizzazione, sia perchè estranea alla previsione normativa
l'ulteriore fase
della comunicazione o notificazione, sia perchè l'atto di annullamento
ministeriale non può essere considerato di natura recettiva. Quanto a
quest'ultimo profilo è stato infatti evidenziato che il provvedimento
ministeriale incide su una sfera giuridica non ancora definita perchè
la sola
autorizzazione regionale (o subregionale) ex art. 7 L. n.1497/1939 non
produce
di per sè alcuna espansione dello "jus aedificandi", ma una semplice
aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza
della
Amministrazione statale (cfr. sul punto Cons. St. VI, 10 agosto 1999,
n.1027;
29 settembre 1999, n.1274, 1 dicembre 1999, n. 2069). (Nella specie,
l’appello
trattava, la sanatoria di lavori abusivi, consistenti nell'adeguamento
di un
fabbricato rurale, in giudizio è stata confermata la legittimità del
decreto
ministeriale di annullamento della autorizzazione). Consiglio
di Stato, VI
Sezione 19 gennaio 2003, Sentenza n. 933
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