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- Denuncia
di inizio di attività (Dia).
Gli
orientamenti consolidati della giurisprudenza amministrativa hanno
chiarito che
nell'ambito di interventi di manutenzione straordinaria, di
restauro e
risanamento conservativo è ben possibile realizzare opere interne di
consolidamento statico che non determinino la variazione dell'aspetto
esterno,
delle dimensioni e della destinazione del manufatto. Consiglio
di
Stato, sezione V, 6 luglio 2002, n. 3715
- L’atto
di
annullamento del nulla osta paesaggistico - l’autorizzazione
illegittima per
sviamento o travisamento - la valutazione comunale non accorta.
L’annullamento è giustificato, secondo un
consistente orientamento, quando, per la mancata
considerazione di un
rilevante elemento di fatto, la valutazione di compatibilità
si traduca in
obiettiva deroga, in un’autorizzazione illegittima per sviamento o
travisamento
(CdS VI 13/2/2001 n.685; CdS II 10/1/2001 n.1614; CdS VI 8/8/2000
n.4345; CdS
VI 6/7/2000 n.3793; CdS II 31/3/1999 n.268; CdS IV 4/12/1998 n.1734;
CdS VI
9/4/1998 n.460; CdS VI 17/4/1997 n.609; CdS VI 19/7/1996 n.968). In
sostanza
ciò che si può intendere come obiettiva deroga del vincolo, non
rientrante
nella causa tipica del potere di autorizzazione ex art.7 della legge
n.1497/1939, è la valutazione comunale non accorta
che non prende le
mosse dal vincolo per effettuare un giudizio di compatibilità, ma si
sovrappone
al vincolo medesimo, stabilendo una deroga o eccezione non consentita
che ne
oblitera la ratio, con ciò provocando un’alterazione degli equilibri
ambientali
e paesaggistici che il vincolo mira a conservare e proteggere. Consiglio
di
Stato, sezione VI, 6 settembre 2002, n. 4561
- Ristrutturazione
edilizia - Parametri.
Ai fini
della configurabilità di una ristrutturazione edilizia, dovrà essere
attribuito
un rilievo preminente a quei dati di marca più propriamente
urbanistica, come
l'indice di volumetria, quello delle superfici coperte e quello della
variazione della superficie utile. Consiglio di Stato Sezione
V, sentenza 25
giugno 2002, n. 3438.
- Nuove
disposizioni di cui alla legge
n. 443 del 2001 - Demolizione e ricostruzione - Denuncia di inizio
attività - Sufficienza.
A seguito
dell'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443, cd legge
obiettivo,
la demolizione e ricostruzione di un preesistente manufatto, operata
senza
modifica della volumetria e della sagoma, è subordinata, ex art. 1,
comma 6,
alla semplice denunzia di inizio attività, la cui mancanza non
determina alcun
illecito penale. Si veda anche: Cass. 2002 n.
18216; Cass. 2002 n.
19378. Corte di Cassazione, Sez. III Sentenza del 04/11/2002
(CC.02/07/2002)
n. 36539
- Disciplina
urbanistica - Nuove
disposizioni di cui al d.p.r. n. 380 del 2001 e alla legge 21 dicembre
2001, n.
443 - Opere interne - Interventi di ristrutturazione, manutenzione
straordinaria, restauro e risanamento conservativo - realizzazione nei
centri
storici con mutamento di destinazione d'uso - Concessione edilizia
(permesso di
costruire) - Necessità. Alla
stregua della vigente disciplina urbanistica, ivi compresa quella
dettata dall'art. 1 , comma 6 lett. b), della legge 21 dicembre 2001,
n. 443, e
di quella contenuta negli artt. 3, comma 1 e 10, comma 1 del T.U.
approvato con
D.P.R. n. 380/2001 (rimasto in vigore dall'1 al 9 gennaio 2002 ed
entrato in
vigore in modo definitivo il 1 gennaio 2003), le opere interne e gli
interventi
di ristrutturazione edilizia, come pure quelli di manutenzione
straordinaria,
di restauro e di risanamento conservativo necessitano di concessione
edilizia
(permesso di costruire), ogni qual volta comportino mutamento di
destinazione
d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente autonome dal punto di
vista
urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici,
anche nel
caso in cui comportino mutamento di destinazione d'uso all'interno di
una
categoria omogenea. Gli stessi, qualora debbano essere realizzati fuori
dei
centri storici e comportino mutamento della destinazione d'uso
all'interno di
una categoria omogenea, richiedono, invece, soltanto la semplice
denuncia di
attività (DIA). Vedi: Cass. 2002 n. 18216. Corte di
Cassazione, Sezione III
del 21/10/2002 (UD.12/07/2001) Sentenza n. 35177
- Differenza
tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia.
In virtù dell'art. 31 l. 5 agosto
1978 n. 457, per definire manutenzione straordinaria un determinato
intervento
edilizio, non basta che esso miri alla conservazione della destinazione
d'uso
dell'edificio, occorrendo altresì che esso soggiaccia a due ulteriori
limiti,
uno di carattere funzionale (costituito dalla necessità che i lavori
siano
diretti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio
stesso)
e l'altro di natura strutturale (consistente nel divieto d'alterare i
volumi e
le superfici delle singole unità immobiliari), per cui un intervento
che
modifichi la consistente fisica, interna ed esterna, delle preesistenze
e si
limiti a salvaguardare in parte la precedente destinazione d'uso ha
natura
ristrutturativa e non manutentiva (C.d.S., V, 23 maggio 2000, n. 2988).
(Nella
fattispecie è bastato un semplice esame della documentazione
progettuale per
rilevare la diversa funzionalità assegnata a parti cospicue
dell’edificio con
l’introduzione di elementi di specifica novità nell’uso degli spazi e
con la
modificazione dei rapporti tra i due ultimi piani e la destinazione di
due
unità abitative nell’originario sottotetto. Questo solo elemento è
idoneo a
configurare l’intervento in questione come di ristrutturazione
edilizia.
Risulta pertanto evidente come non si tratti di interventi destinati
esclusivamente a assicurare la funzionalità dell’organismo edilizio
preesistente, essendo i medesimi diretti a realizzare un quid novi nel
rapporto
tra le parti dell’edificio (C.d.S., V, 2 dicembre 1998, n. 1176), come
dimostra
la parziale destinazione a struttura ricettiva). Consiglio di
Stato, sez. V,
18 ottobre 2002, n. 577
- La
possibilità del giudice amministrativo di pronunciarsi su questioni di
diritto
“incidenter tantum” non è illimitata - Situazioni di diritto soggettivo
- Rilascio della concessione edilizia - Titolo di proprietà - esibizione
dell’atto notarile.
La
possibilità del giudice amministrativo di pronunciarsi su questioni di
diritto
“incidenter tantum” non è illimitata, esulando dalla sua competenza
l’esame
delle situazioni di diritto soggettivo che non implichino una semplice
indagine
incidentale sui presupposti di fatto e di diritto del provvedimento
impugnato,
ma rendano necessaria – come nella fattispecie – una pronuncia
giurisdizionale
definitiva. Sulla base di tale condiviso presupposto, va anche ribadita
la
legittimità dell’operato del Sindaco in quanto questi in sede di
rilascio della
concessione edilizia non è tenuto a svolgere complesse ricognizioni
giuridico-documentali sul titolo di proprietà del richiedente, essendo
sufficiente l’esibizione di un titolo che formalmente abiliti al
rilascio
dell’autorizzazione, facendo ovviamente salvi i diritti dei terzi. E
questo è
accaduto nella fattispecie in cui il Sindaco ha rilasciato
l’autorizzazione
sulla base dell’esibizione da parte del controinteressato-richiedente
di un
atto notarile, rimanendo impregiudicata per gli attuali appellanti
l’azione
giudiziaria davanti al competente giudice circa l’effettiva proprietà
della
strada. Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5165
-
Ristrutturazione
edilizia - Gli interventi di demolizione e
ricostruzione di un fabbricato.
Nella ristrutturazione edilizia
rientrano anche gli interventi di demolizione e ricostruzione di un
fabbricato
che, quanto a sagoma e volumi, sia corrispondente a quello
preesistente,
in tutto o in parte. (Nella fattispecie lo stato degli
immobili consente
in modo certo di individuare la tipologia, dimensione e struttura
dell’intervento di ristrutturazione edilizia in quanto la sagoma e le
strutture
perimetrali sono per gran parte esistenti come risulta dalla
documentazione fotografica acquisita agli atti). Consiglio
di Stato, sezione
V, 2 ottobre 2002, n. 5182
- La
legittimazione del terzo al ricorso contro il titolo edilizio - Stabile
collegamento con zona interessata dall’attività edilizia.
La legittimazione del terzo al ricorso contro il
titolo edilizio, che si assume illegittimo, è data dallo stabile
collegamento
tra lo stesso terzo ricorrente e la zona interessata dall’attività
edilizia
assentita con la concessione di costruzione impugnata. Consiglio
Stato, sez.
IV, 12 luglio 2002, n. 3931
- L'attribuzione
della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo - L’esercizio
della
facoltà di edificare
- La
richiesta di concessione edilizia, avanzata sul presupposto
dell'avvenuta
decadenza del vincolo di inedificabilità della zona per scadenza del
quinquennio. L'attribuzione della giurisdizione esclusiva al
giudice
amministrativo, come nel caso in esame per la materia di rilascio o
diniego
delle concessioni edilizie (art. 16 L. n.10/1977) o per tutti i
provvedimenti,
atti e comportamenti delle pubbliche amministrazioni e soggetti
equiparati in
materia urbanistica ed edilizia (art. 34 D.L.vo 31.3.1998 n.80, come
sostituito
dall'art. 7 L.21.7.2000 n.205), comporta che questo Collegio non deve
effettuare
alcuna specifica indagine per accertare se la controversia rientra
nella sua
giurisdizione oppure in quella di altro giudice (ad es. quello
ordinario), ma
comunque la natura giuridica della posizione soggettiva fatta valere
(diritto
soggettivo o interesse legittimo) rileva ad altri fini ( ad es.,
termine per
ricorrere, censure proponibili, poteri istruttori e di decisione del
giudice).
In particolare, è pacifico che il rilascio o meno di una concessione
edilizia
comporta poteri autoritativi dell'Amministrazione e di conseguenza la
posizione
soggettiva del richiedente è di interesse legittimo (V. Cass. S.u.
n.4903 del
2.6.1997), in quanto volta a trasformare detta posizione strumentale in
posizione finale, mediante l’esercizio della facoltà di edificare.
Ragione per
cui il relativo giudizio attiene alla legittimità dell'azione
amministrativa e
rientra quindi nel processo impugnatorio di legittimità, nel quale le
ragioni
poste a fondamento del provvedimento adottato dall'Amministrazione non
possono
essere sostituite dal giudice amministrativo con altre argomentazioni
che non
si rinvengono affatto nel provvedimento finale e negli atti del
relativo
procedimento (V. la decisione di questa Sezione, n.790 del 15.2.2001).
Ne
consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, la legittimità
dell'impugnato provvedimento di diniego deve essere valutata
esclusivamente
sulla base della motivazione addotta, che non fa alcun specifico
riferimento
alla normativa regionale, salvo il potere del Comune, in caso di
accoglimento
dell'impugnativa, di reiterare il diniego sulla base di una diversa e
corretta
motivazione.(Nella specie la richiesta di concessione edilizia,
avanzata sul
presupposto dell'avvenuta decadenza del vincolo di inedificabilità
della zona
per scadenza del quinquennio e conseguente applicabilità dell'art. 4,
ultimo
comma, lett. c, della l. 28.1.1977 n.10, riguardava la realizzazione di
un
capannone industriale di mq. 985 in un'area di circa mq.10.290, sita
nel comune
di Senago, fuori dal perimetro del centro edificato. Il provvedimento
di
diniego è motivato con la considerazione che "l'art. 4 L.n.10/1977
ammette
in assenza di strumenti urbanistici generali e nel caso quindi di
strumenti
urbanistici generali scaduti, fuori del perimetro dei centri abitati,
l'edificazione a scopo solamente residenziale con un indice di mc. 0,03
per mq.
di area edificabile. Quanto richiesto è quindi è in contrasto con i
disposti di
legge sia per la volumetria richiesta che per l'uso previsto"). Consiglio
di Stato Sezione V, 11 luglio 2002, n. 3884
- Definizione
degli interventi di restauro e risanamento conservativo - Significato
proprio
dei termini “recupero” e “risanamento”.
Secondo
la definizione che ne dà la lettera c) dell’art. 31 della L. 5 agosto
1978 n.
457, gli interventi di restauro e risanamento conservativo sono “quelli
rivolti
a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità
mediante un
insieme di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e
strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con
essi
compatibili”. Nel caso in esame, le opere edilizie di cui si tratta
consistono,
tra l’altro, anche nella demolizione e ricostruzione di muri portanti e
nella
realizzazione, nella maggior parte dei locali, del cosiddetto pavimento
galleggiante per il passaggio di cavi e tubazioni. L’intervento
eseguito,
pertanto, in primo luogo, non era diretto - come vuole la definizione
dettata
dalla norma e lo stesso significato proprio dei termini “recupero” e
“risanamento” - a conservare l’organismo edilizio, attraverso il
consolidamento, il ripristino o il rinnovo di suoi elementi costitutivi,
ed a restituirgli una funzionalità non più
esistente o compromessa. Esso aveva lo scopo di trasformare l’immobile
al solo
fine di adattarlo alla progettata diversa destinazione d’uso.
Consiglio di
Stato Sezione V, 6 luglio 2002 n. 3728
- Il
mutamento di destinazione - Le fattispecie normative del
restauro-risanamento
conservativo e della ristrutturazione - La nuova destinazione d’uso
- Standards
urbanistici.
Il
mutamento di destinazione, che in linea di principio è consentito in
entrambe
le fattispecie normative del restauro-risanamento conservativo e della
ristrutturazione, nella prima ipotesi soffre la limitazione, imposta
dalla
norma, della compatibilità
con gli elementi tipologici, formali e strutturali del fabbricato. Nel
caso in
specie, (si
è provveduto ad adattare due piani di un
edificio ricadente in centro storico (zona A1)) la nuova destinazione ad uffici
tecnologicamente
attrezzati non appare compatibile, quanto meno, con la tipologia
dell’edificio,
costruito per essere adibito alla residenza; se non con elementi
formali della
costruzione, come le altezze dei singoli vani. Nella residua ipotesi di
ristrutturazione, infatti, la nuova destinazione d’uso è svincolata dal
limite
di compatibilità sopra evidenziato e, pertanto, sia pure nell’ambito
della
destinazione di zona, ben potrebbe incidere sugli standards
urbanistici. Di qui
la necessità del piano attuativo, nella stesura del quale la
verificazione
degli standards costituisce momento ineliminabile.
Consiglio di Stato Sezione V, 6 luglio 2002 n.
3728
- La
innovativa definizione di ristrutturazione edilizia in base all’art. 3
del DPR
380/01 - Interventi di ristrutturazione edilizia - I casi di
demolizione e
fedele ricostruzione di un edificio - Limitatamente agli edifici
compresi nelle
zone omogenee A.
Per la
ristrutturazione basta una semplice denunzia di inizio attività che, se
mancante, non comporta l’applicazione di sanzioni penali ma solo
amministrative. L’art. 3 del DPR 380/01 innova proprio in relazione
alla
definizione di ristrutturazione edilizia quale attività considerata in
giurisprudenza come differente da quella di demolizione e ricostruzione
ex
novo. Ed invero, l’art. 3 lett. d) statuisce che tra gli «interventi di
ristrutturazione edilizia» vi sono anche quelli «consistenti nella
demolizione
e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a
sagoma,
volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello
preesistente,
fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla
normativa
antisismica». In sostanza, con tale norma viene «vulnerata» la
precedente
definizione giurisprudenziale di ristrutturazione edilizia, che deve,
per
questa nuova legge, ricomprendere anche i casi di demolizione e fedele
ricostruzione di un edificio avente le caratteristiche sopra
debitamente
indicate; Ma vi è di più: dalla lettura del combinato disposto degli
artt. 3
comma 1 lett. d), 10 comma 1 lett. c) e 22 comma I del citato testo
unico,
emerge in modo palese che proprio i casi di ristrutturazione edilizia
che non
comportino aumenti di unità immobiliari, modifiche del volume, sagoma,
prospetti
o superfici e - limitatamente agli edifici compresi nelle zone omogenee
A - che
non comportino mutamenti della destinazione d’uso, non sono più
sottoposti a
preventiva concessione edilizia o permesso di costruire ma a semplice
denunzia
di inizio attività che, se mancante, non comporta l’applicazione di
sanzioni
penali ma solo amministrative (cfr. art. 37 del DPR citato). Alla luce
della
mutata normativa di cui sopra, pertanto, l’intervento edilizio oggetto
di
causa, essendo consistito nella demolizione e fedele ricostruzione di
un
precedente manufatto (cosiddetto «intervento fotocopia»), senza aumento
di
unità immobiliari o modifiche della sagoma, prospetti, superfici, né
comunque
mutamento della destinazione d’uso, deve ritenersi - quantomeno per il
tempo in
cui è entrato in vigore il testo unico dell’edilizia di cui al DPR
380/01 – non
soggetto a preventiva concessione edilizia ovvero permesso a costruire
ma solo
a denunzia di inizio attività la cui mancanza, comunque, non comporta
l’applicazione di sanzioni penali in capo all’imputato. Quindi, poiché
ex art.
2 c.p. si è verificata una «abolitio criminis» della condotta di cui
sopra,
l’imputato non può che essere mandato assolto dal reato di edificazione
edilizia abusiva di cui all’art. 20 let. B) della legge 47/1985 perché
il fatto
non è più previsto dalla legge come reato, attesa la temporanea e
parziale
abrogazione della predetta norma limitatamente agli interventi edilizi
sopra
indicati. Prima dell’entrata in vigore del testo unico per
giurisprudenza
costante della Corte Suprema occorre la concessione anche nei casi in
cui
l’immobile ricostruito presenta le stesse caratteristiche tipologiche e
planovolumetriche di quello preesistente (Cfr. Cassazione, sez. III
10/8/1993,
in Giustizia Penale 1994, II, 298 e tante altre conformi). Infatti, non
poteva
qualificarsi come ricostruzione di un preesistente manufatto ma di
«nuova
costruzione». Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – sezione
distaccata di
Aversa - sentenza 22 aprile 2002
- Definizione
del concetto di manutenzione straordinaria
- Casi di esonero dal pagamento degli oneri afferenti la rilasciata
concessione.
L’ultima categoria di opere edilizie ex art. 31,
lett. b) della L. 5.8.1978, n. 457 ricomprende, nel concetto di
manutenzione
straordinaria, ogni innominata modifica necessaria per rinnovare o
sostituire
parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed
integrare i
servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non risultino
alterati i
volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non siano
introdotte
modifiche delle destinazioni in uso. Detta prescrizione normativa
primaria è
stata espressamente definita prevalente sulle disposizioni degli
strumenti
urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, detto assunto è
peraltro
insufficiente a giustificare la richiesta di pagamento degli oneri
afferenti la
rilasciata concessione, posto che non consta alcuna modificazione del
volume,
delle superfici e delle destinazioni d’uso dell’edificio. T.
A. R.
Lombardia, sez. staccata di Brescia 18 luglio 2001, n. 606
- Interventi
di ristrutturazione - Nozione - Presupposto di fatto. La
nozione di ristrutturazione edilizia, desumibile
dall'art. 31, lett. d), legge n. 457 del 1978, postula la preesistenza
di un
fabbricato da ristrutturare, cioè di un organismo dotato di murature
perimetrali, strutture orizzontali e opertura; di conseguenza,
l'attività' di
ricostruzione su ruderi costituisce una nuova costruzione. Corte
di
Cassazione. Sez. III del 06/04/2001 sentenza n. 13982
- Trasformazione
di sottotetto in mansarda - Concessione edilizia - Necessità.
La trasformazione di un sottotetto in mansarda
costituisce mutamento della destinazione d'uso dell'immobile per il
quale è
necessario il rilascio della concessione edilizia, in assenza della
quale il
fatto integra l'ipotesi di reato di cui all'art. 20 lett. b) della
legge 28
febbraio 1985 n. 47. Corte di Cassazione. Sez. III del
19/02/2001 sent. 6581
- La
eliminazione di una copertura in
tegole e la realizzazione di un terrazzo praticabile è assoggettata al
regime
concessorio - La modifica della sagoma - Conformazione planovolumetrica
della
costruzione.
In materia
urbanistica la eliminazione di una copertura in tegole e la
realizzazione di un
terrazzo praticabile avvenute in assenza di concessione integrano la
violazione
dell'art. 20 l. 28 febbraio 1985 n. 47, in quanto sono assoggettati al
regime
concessorio tutti gli interventi che incidono sull'assetto del
territorio, e
tra questi rientra la modifica della sagoma, atteso che la sagoma si
riferisce
alla conformazione planovolumetrica della costruzione ed al suo
perimetro
inteso sia in senso verticale che orizzontale. Cassazione
penale, sez. III,
6 febbraio 2001, n. 9427
- Ristrutturazione
e restauro - Nozione. In
materia edilizia, la
nozione di ristrutturazione edilizia comprende il ripristino e la
sostituzione
di alcuni elementi costitutivi dell`edificio, volti a trasformare
l`organismo
preesistente, a condizione, però, che rimanga il medesimo per forma,
volume ed
altezza. Ne consegue che non si versa nell`ipotesi di lavori eseguiti
in
difformità dalla concessione edilizia a ristrutturare, nel caso in cui
l`edificio non subisca mutamenti in ordine alla forma, al volume ed
all`altezza. Cass. pen., sez. V, 18 marzo 1999, n. 3558
- Differenza
tra ricostruzione e ristrutturazione.
Costituisce non mero restauro bensì vera e propria
ricostruzione "ex novo"
la trasformazione di
una
tettoia aperta sui
tre lati e di
struttura tubolare
metallica in un capannone
chiuso, adibito a
lavorazioni
industriali
pericolose,
in quanto l'intervento in questione
non s'è limitato a
migliorare funzionalmente
le preesistenze
- conservandone l'assetto e le
caratteristiche - né ha mantenuto una sia pur minima continuità con
l'opera
precedente (come accade, di
regola, nella ristrutturazione) ma ha posto in
essere un organismo
edilizio del tutto
nuovo e diverso,
che non ha
salvaguardato né l'identità né la funzione delle
preesistenze. Consiglio
Stato sez. V, 6 settembre 1999, n. 1019
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