Giurisprudenza
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Edilizia - Tecnici e professionisti pubblici e privati
(Sentenze pronunciate dell'anno 2002 principalmente dalla Cassazione e dal Consiglio di Stato)
 Parti e argomenti della scheda:
Si riportano massime dell'anno 2002 che riguardano gli incarichi tecnici, le competenze e le responsabilità nella professione. I temi trattano di professionisti della pubblica amministrazione ma anche di quelli del settore privato.
  1. Tecnico comunale – Ordinazione informale di lavori di somma urgenza
  2. I compiti del direttore dei lavori e connesse responsabilità penali
  3. Direttore dei lavori - Condotta - Impossibilità di adempiere il suo mandato
  4. È legittimo per un direttore dei lavori ottenere l’onorario anche se tra il professionista e l’ente appaltante non era stato mai concluso un formale contratto d’incarico
  5. L'omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo di rovina di un edificio
  6. Il direttore dei lavori - Compiti - Sorveglianza per la buona riuscita dell'opera
  7. L’attribuzione agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche
  8. Le progettazioni rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed amministrative del Comune
  9. Il tecnico comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente
  10. Il dirigente (in servizio) dell’ufficio, investito, in sede amministrativa, di compiti di valutazione del bene espropriando
  11. Ogni Amministrazione pubblica, di qualsiasi grado e livello, è vincolata al rispetto della legge ai fini dell’individuazione delle modalità di affidamento di incarichi di progettazione
  12. Inadempimento di uno Stato - Direttiva 85/384/CEE - Reciproco riconoscimento dei titoli del settore dell’architettura
  13. Competenze dei dirigenti - Ordinanze in materia di circolazione stradale
  14. Ordinanze in materia di circolazione stradale - Competenze dei dirigenti
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  1. Tecnico comunale – Ordinazione informale di lavori di somma urgenza – Omessa regolarizzazione entro i successivi trenta giorni – Pagamento di somme ulteriori rispetto alla sorte capitale – Responsabilità – Sussistenza. Sussiste la responsabilità del tecnico comunale che commissioni informalmente ad una impresa privata lavori di somma urgenza (nella fattispecie, riparazione di un tratto della rete fogniaria del Comune) non provvedendo entro i successivi trenta giorni a richiedere la regolarizzazione della spesa - con violazione di un obbligo espressamente previsto dall’ordinamento contabile degli enti locali a garanzia della corretta gestione della spesa pubblica (in particolare, dagli artt. 23 dl d.l. n.66/1989 e 191 del d.lgv n.267/2000) – e provocando in tal modo spese ulteriori rispetto alla sorte capitale. Pres. Topi – Rel. Aloisio – P.M. Carra. CORTE DEI CONTI - Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana 25 settembre - 13 ottobre 2002

  2. I compiti del direttore dei lavori e connesse responsabilità penali - Conformità della edificazione alla concessione ed alle modalità esecutive - Effettivo contributo causale - Mera inattività nel controllo - condotta di partecipazione al reato edilizio altrui. Il direttore dei lavori è un professionista abilitato, incaricato dall’appaltatore o dal committente, che sovrintende alle opere, assumendo la responsabilità tecnica della loro esecuzione. A norma dell’art. 6 comma 1 della L. 47/85 il direttore dei lavori è tra i soggetti tenuti all’osservanza della conformità della edificazione alla concessione ed alle modalità esecutive stabilite nella medesima; pertanto il compito di controllo di tale soggetto ( la cui violazione è sanzionata dall’art. 20 L.cit) è circoscritto all’accertamento di un valido provvedimento concessorio ed al suo rispetto. (In specie è stata ritenuta condivisibile la tesi dei Giudici che hanno rilevato come l’imputato sia venuto meno all’obbligo, che aveva assunto con l’incarico di direttore dei lavori, di verificare l’esatta esecuzione degli stessi; tale incuria ha permesso che l’edificazione fosse non conforme al contenuto del provvedimento autorizzatorio (difformità questa che non è penalmente rilevante sanzionata dall’art. 20 L, 47/85)). Tuttavia, per giungere alla conclusione che l’imputato sia responsabile del reato di edificazione senza concessione occorre dimostrare un suo effettivo contributo causale, di natura morale, alla commissione dell’illecito materialmente posto in essere da altra persona. La mera inattività nel controllo non è sufficiente dal momento che all’imputato incombeva solo l’obbligo di verificare la conformità dell’opera all’autorizzazione ed il manufatto abusivo è autonomo e non connesso con quello per il quale l’imputato aveva assunto la direzione dei lavori. Dal testo della gravata sentenza, non emerge alcun elemento dal quale possa ragionevolmente ritenersi , in capo al ricorrente, una condotta di partecipazione al reato edilizio altrui al quale l’imputato deve ritenersi estraneo; tale conclusione si riverbera sul reato ambientale poiché la necessaria autorizzazione era carente solo per le opere soggette a regime concessorio. Corte di Cassazione - Sezione III Penale - del 17/12/2002 Sent. n. 42215

  3. Direttore dei lavori - Condotta - Impossibilità di adempiere il suo mandato - Responsabilità penali - Insussistenza - Autorizzazione edilizia - Zona vincolata. Non è ravvisabile nella condotta del direttore dei lavori alcuna negligenza o omessa vigilanza dal momento che il committente - appaltatore delle opere ha eseguito i lavori personalmente in breve lasso di tempo privandolo della possibilità di adempiere il suo mandato. Trattandosi di interventi soggetti ad autorizzazione, egli non era gravato dell’obbligo di cui all’art. 6 della L. 47/85 in virtù del quale il direttore è responsabile unicamente della conformità dell’opera alla concessione. Pertanto, non è configurabile la violazione dell’art. 1 sexies della L. 431/85 perché l’autorizzazione edilizia era preceduta da quella ambientale e non vi è stato alcun impatto negativo sul territorio. (Nella fattispecie era stato realizzato in zona vincolata e privo d’autorizzazione ambientale, una recinzione in difformità dall’autorizzazione nonché due tettoie senza concessione). Corte di Cassazione - Sezione III Penale - del 17/12/2002 Sentenza, n. 42215
  4. È legittimo per un direttore dei lavori ottenere l’onorario anche se tra il professionista e l’ente appaltante non era stato mai concluso un formale contratto d’incarico - La dimostrazione di una volontà reale di accordo di affidamento d’incarico. È legittimo per un direttore dei lavori ottenere l’onorario anche se tra il professionista e l’ente appaltante non era stato mai concluso un formale contratto d’incarico. È sufficiente per desumere l’esistenza di un accordo tra le parti l’esistenza di un fitto scambio di lettere tra il soggetto e l’ente appaltante. La Cassazione, ribaltando una giurisprudenza abbastanza consolidata, rimanda il tutto al riesame del Tribunale, evidenziando comunque che non è indispensabile l’esistenza di un contratto formale e sottoscritto per avere il diritto al compenso professionale, ma è sufficiente la dimostrazione di una volontà reale di accordo di affidamento d’incarico. Corte di Cassazione -Civile - 2002 Sentenza n. 4290
  5. L'omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo di rovina di un edificio - Direttore dei lavori - l'imputabilità della contravvenzione configurata dall'art. 677 cod. pen. - Presupposti. Per l'imputabilità della contravvenzione configurata dall'art. 677 cod. pen., è necessaria quella volontà cosciente e libera, cui è condizionata, a norma dell'ultimo comma dell'art. 42 cod. pen., l'imputabilità di ogni ipotesi di reato contravvenzionale (Sez. I, 17.10.1972, Spano, Cass. pen. Mass. ann. 1973, 1492). Infatti, l'omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo di rovina di un edificio deve essere volontaria, onde l'impossibilità di eseguirli, non dipendente da colpa, escludendo la libera volontà della condotta del reo, elimina il reato. Cassazione penale, sez. I, del 18 ottobre 2002 sentenza n. 35144
  6. Il direttore dei lavori - Compiti - Sorveglianza per la buona riuscita dell'opera - Ha il dovere di accertarsi che i suoi ordini e le sue istruzioni siano fedelmente eseguiti - Responsabilità dei danni provocati - Limite - Presupposto indispensabile che vi siano dei lavori in corso - Funzione. Il direttore dei lavori, essendo tenuto alla sorveglianza per la buona riuscita dell'opera, ha il dovere di accertarsi che i suoi ordini e le sue istruzioni siano fedelmente eseguiti, di guisa che, mentre deve ritenersi direttamente responsabile dei danni provocati dalla infedele o imperfetta esecuzione degli ordini stessi, non gli si può fare carico di quelli determinatisi al di fuori della sua sorveglianza del buon andamento dei lavori (cfr., sul punto, Cass. civ., 12.7.1965, n. 1456, Degli Esposti - Russo, Mass. Giur. It., 1965, 524), dal momento che la funzione del direttore dei lavori presuppone sempre che vi siano dei lavori in corso, stante la definizione dei compiti di tale soggetto prevista nell'art. 13 del regolamento per la direzione di lavori pubblici (r.d. 25.5.1895 n. 350) - applicabile se non espressamente derogato anche agli appalti privati - secondo cui «...il direttore prenderà l'iniziativa di ogni disposizione necessaria, acciocché i lavori, cui è preposto, siano eseguiti a perfetta regola d'arte, ed in conformità dei relativi progetti e contratti...», di tal che nel caso di prolungata sospensione dei medesimi viene meno la ragion d'essere di tale funzione. Cassazione penale, sez. I, del 18 ottobre 2002 sent. n. 35144
  7. L’attribuzione agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche - La retribuzione - Professionisti esterni incarichi di progettazione - La discrezionalità riservata all’Amministrazione. L’attribuzione agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche, nel rispetto peraltro delle norme sui limiti delle competenze professionali, rientrerebbe tra i compiti istituzionali ai sensi dell’art. 285 t.u. com. prov., come modificato dall’art. 16 della l. 530/47; con la conseguenza che l’eventuale disimpegno di incombenze come tali caratterizzate, cioè dirette al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente, ove esclusivamente pertinenti  all’attività di servizio e quindi non oggetto di compenso al di fuori della retribuzione per legge predeterminata, non può ex se rivelarsi inibito. Altrimenti opinandosi, verrebbe a delinearsi, soluzione alla quale – ad avviso del Tribunale di prima istanza – non può con ogni evidenza  in alcun modo accedersi, un vero e proprio obbligo di affidare – sempre e comunque – a professionisti esterni gli incarichi di progettazione onde trattasi, con riveniente preclusione per l’Amministrazione di risolvere in ambito interno (e con risorse proprie) le relative problematiche di carattere ideativo e configurativo. Le predette conclusioni non risulterebbero modificate dall’intervenuta abrogazione della rammentata disposizione di cui al citato art. 285 per effetto dell’art. 64 della l. 142/90, al riguardo dovendosi richiamare l’ampia latitudine discrezionale riservata all’Amministrazione dall’art. 51 del predetto testo normativo quanto allo svolgimento della potestà auto-organizzativa, nonché la configurazione in termini meramente facoltativi del ricorso allo strumento negoziale di diritto privato per lo svolgimento di attività a vario titolo connesse con il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente. La disposizione impugnata non contrasterebbe neppure con l’art. 58, comma 2, del d.lg. 29/93, recante il divieto di conferire ai dipendenti pubblici incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o da altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati, trattandosi di legittimo esercizio di incombenze istituzionalmente rimesse all’ente. Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
  8. Le progettazioni rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed amministrative del Comune - La possibilità di derogare a tale principio per casi particolari, affidando incarichi “esterni” - l’apprezzamento discrezionale della P.A.. Le progettazioni rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed amministrative del Comune, sicché, in relazione alle competenze istituzionalmente demandate  alle strutture organizzative comunali viene prevista un’ipotesi a regime che contempla lo svolgimento, ad opera del personale ivi addetto, delle rammentate incombenze, consentendo peraltro la possibilità di derogare a tale principio per casi particolari, affidando incarichi “esterni”. La previsione in discorso rientrerebbe pertanto nel consentito ambito di svolgimento dell’apprezzamento discrezionale della P.A., il cui esercizio, lungi dal comprimere la libera esplicazione dell’attività professionale  (e quindi dal precludere la possibilità per l’Amministrazione di conferire  incarichi di progettazione mediante attività negoziale di diritto privato), si limiterebbe –invero non irragionevolmente– a privilegiare l’utilizzazione delle risorse tecniche ed amministrative proprie della struttura organizzativa dell’ente. Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
  9. Il tecnico comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente di appartenenza solo se gli stessi non abbiano comportato lo svolgimento dei compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti al di fuori dell'orario di servizio - Trattamento retributivo - Mansioni. Il tecnico comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente di appartenenza solo se gli stessi non abbiano comportato lo svolgimento dei compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti al di fuori dell'orario di servizio. Orbene, poiché appare chiaro che nel caso di specie la regolamentazione generale si riferisce all’attribuzione ai dipendenti del ruolo tecnico  di mansioni nell'ambito dello svolgimento delle funzioni proprie delle qualifiche, secondo le competenze istituzionali delle strutture di appartenenza, ne consegue, come effetto naturale, la non attribuibilità di compenso, non trattandosi di incarichi speciali, per i quali, invece, può legittimamente prevedersi una  retribuzione (cfr. Cons. Stato, V, 29 settembre 1999, n. 1200). Può dunque concludersi conformemente al principio secondo cui il divieto di percepire compensi, stabilito per i pubblici dipendenti assoggettati al regime dell'onnicomprensività del trattamento retributivo, opera inderogabilmente in tutti i casi in cui l'attività svolta dall'impiegato sia riconducibile a funzioni e poteri connessi alla di lui qualifica e all'ufficio ricoperto, corrispondenti a mansioni cui egli non possa sottrarsi perché rientranti nei normali compiti di servizio, fermo restando che siffatto principio non esclude che gli stessi dipendenti possano espletare incarichi retribuiti a titolo professionale dall'Amministrazione, ove, però, ne ricorrano i presupposti legali e sempre che non costituiscano comunque espletamento di compiti d'istituto (cfr., in tema, anche Cons. Stato, VI, 5 marzo 1997, n. 363). Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
  10. Il dirigente (in servizio) dell’ufficio, investito, in sede amministrativa, di compiti di valutazione del bene espropriando, con competenza a determinare in sede contenziosa l’indennità di espropriazione, risulta in contrasto con i requisiti di imparzialità ed indipendenza. La previsione che il dirigente (in servizio) dell’ufficio, investito, in sede amministrativa, di compiti di valutazione del bene espropriando, faccia parte del collegio con funzioni giurisdizionali, con competenza a determinare in sede contenziosa l’indennità di espropriazione, risulta chiaramente in contrasto con i requisiti di imparzialità ed indipendenza che ciascun componente di un organo giurisdizionale deve possedere (v. sentenza n. 33 del 1968).Come posto in rilievo dal giudice a quo, l’Ufficio tecnico erariale partecipa al procedimento amministrativo di stima dei beni immobili soggetti ad espropriazione, esprimendo una valutazione, normalmente posta a base della indennità offerta dall’amministrazione, la quale a sua volta costituisce l’oggetto del giudizio che deve essere emesso in sede giurisdizionale dalla Giunta speciale. Ed appunto, in tutti i casi di specie, la Corte rimettente ha sottolineato che la Giunta speciale aveva operato un diretto riferimento alle valutazioni dell’UTE, essendo chiamata a decidere anche sul merito delle valutazioni e quindi ad esprimersi sulla loro congruità o meno. Corte Costituzionale Sentenza del 25 luglio 2002, n. 393
  11. Ogni Amministrazione pubblica, di qualsiasi grado e livello, è vincolata al rispetto della legge ai fini dell’individuazione delle modalità di affidamento di incarichi di progettazione. Il Comune di Teverola era in effetti vincolato, come ogni Amministrazione pubblica, di qualsiasi grado e livello, al rispetto della legge ai fini dell’individuazione delle modalità di affidamento di incarichi di progettazione, sia sopra che sotto la soglia comunitaria. La circostanza che in tempo remoto sia stato attribuito l’incarico della generale progettazione di tutta l’opera non comporta il diritto all’affidamento diretto, a distanza di tempo, delle progettazioni esecutive di singoli lotti. Consiglio Stato, sez. V, 16 luglio 2002, n. 3963
  12. Inadempimento di uno Stato - Direttiva 85/384/CEE - Reciproco riconoscimento dei titoli del settore dell’architettura - Accesso alla professione di architetto - Art. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE). La Corte (quinta sezione), ha pronunciato il 21 marzo 2002 una sentenza il cui dispositivo è del seguente tenore: La Repubblica italiana,  non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari all’attuazione dell’art. 4, n. 1, secondo comma, e n. 2, e dell’art. 11, lett. k), settimo trattino, nonché dell’art. 14 della direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/384/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, come modificata dalla direttiva del Consiglio 27 gennaio 1986, 86/17/CEE, che modifica, a seguito dell’adesione del Portogallo, la direttiva 85/384; non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per il riconoscimento automatico dei diplomi, certificati ed altri titoli, conformemente agli artt. 2, 3, 7, 8 e 9 della direttiva 85/384; avendo adottato l’art. 4, n. 2, lett. a), del decreto legislativo del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1992, n. 129, che, in violazione degli artt. 52 e 59 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 43 CE e 49 CE), impone in modo generalizzato di corredare la domanda di riconoscimento di un titolo con il diploma in originale o in copia autenticata; avendo adottato l’art. 4, n. 2, lett. c), del decreto n. 129/92 e l’art. 4, n. 1, lett. c), del decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica 10giugno 1994, n. 776, che, in violazione dell’art. 52 del Trattato, impongono in modo generalizzato di allegare alla domanda di riconoscimento di un titolo un certificato di cittadinanza; avendo adottato l’art. 4, n. 3, del decreto n. 129/92 e l’art. 10 del decreto n. 776/94 che, in violazione dell’art. 52 del Trattato, richiedono in tutti i casi la traduzione ufficiale della documentazione allegata ad una domanda di riconoscimento di un titolo; avendo adottato l’art. 11, n. 1, lett. c) e d), del decreto n. 129/92 che, in violazione dell’art. 12 della direttiva 85/384, prevede il riconoscimento dei titoli conseguiti dopo il 5 agosto 1987; mantenendo in vigore l’art. 9, n. 1 del decreto  n. 129/92 che, in violazione dell’art. 59 del Trattato, sancisce il divieto generalizzato per gli architetti stabiliti in un altro stato membro che intendano fornire servizi in Italia di costituire una sede principale o secondaria in territorio italiano; obbligando, in forza dell’art. 9, n. 3, del decreto n. 129/92 e degli artt. 7 e 8 del decreto n. 776/94, gli architetti stabiliti in altri Stati membri che intendono fornire servizi in Italia ad iscriversi presso il Consiglio provinciale territorialmente competente dell’Ordine degli architetti e, a causa di questa formalità, provocando, in violazione dell’art. 22 della direttiva 85/384, un ritardo nell’espletamento da parte degli architetti della loro prima prestazione di servizi in Italia, è venuta meno agli obblighi che incombono in forza degli artt. 12, 22, 27 e 31 della direttiva 85/384 e, per quanto attiene al divieto di cui all’art. 9, n. 1, del decreto n. 129/92, dell’art. 59 del Trattato. Corte di Giustizia Europea (Quinta Sezione) 21 marzo 2002-05-25, nella causa C-298/99 (2002/C 118/06) (GUCE C118/5 del 18.5.2002)
  13. Competenze dei dirigenti - Ordinanze in materia di circolazione stradale - Adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno - D.Lgs 267/2000 - competenze del Sindaco - Limiti. L'art. 107 del D. Lgs. 267/2000 attribuisce ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale. Pertanto il motivo di ricorso, con cui viene dedotta l'incompetenza del Sindaco ad adottare il provvedimento impugnato (nella specie ordinanze per regolamentare la circolazione e la sosta nel centro abitato per ragioni di sicurezza e di ordinato flusso del traffico) è fondato. T.A.R. Veneto - Sentenza del 22/05/2002, n. 2462


  14. Ordinanze in materia di circolazione stradale - Competenze dei dirigenti - D.Lgs. 285/1992 - D.Lgs 267/2000. Rientrano nelle competenze dei dirigenti anche i provvedimenti che gli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 285/1992 attribuiscono espressamente al sindaco, trattandosi di atti che per un verso non implicano l'esercizio di funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo ma di gestione ordinaria (nella specie per regolamentare la circolazione e la sosta nel centro abitato per ragioni di sicurezza e di ordinato flusso del traffico) e per altro verso non rientrano nelle deroghe di cui all'art. 50 e 54 dello stesso D.Lgs 267/2000. T.A.R. Veneto - Sentenza del 22/05/2002, n. 2462