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- Tecnico
comunale – Ordinazione informale di lavori di somma urgenza – Omessa
regolarizzazione entro i successivi trenta giorni – Pagamento di somme
ulteriori rispetto alla sorte capitale – Responsabilità – Sussistenza.
Sussiste la responsabilità del tecnico comunale
che commissioni informalmente ad una impresa privata lavori di somma
urgenza
(nella fattispecie, riparazione di un tratto della rete fogniaria del
Comune)
non provvedendo entro i successivi trenta giorni a richiedere la
regolarizzazione della spesa - con violazione di un obbligo
espressamente
previsto dall’ordinamento contabile degli enti locali a garanzia della
corretta
gestione della spesa pubblica (in particolare, dagli artt. 23 dl d.l.
n.66/1989
e 191 del d.lgv n.267/2000) – e provocando in tal modo spese ulteriori
rispetto
alla sorte capitale. Pres. Topi – Rel. Aloisio – P.M. Carra. CORTE
DEI CONTI
- Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana 25 settembre - 13
ottobre
2002
- I
compiti
del direttore dei lavori e connesse responsabilità penali - Conformità
della
edificazione alla concessione ed alle modalità esecutive - Effettivo
contributo
causale - Mera inattività nel controllo - condotta di partecipazione al
reato
edilizio altrui.
Il
direttore dei lavori è un professionista abilitato, incaricato
dall’appaltatore
o dal committente, che sovrintende alle opere, assumendo la
responsabilità
tecnica della loro esecuzione. A norma dell’art. 6 comma 1 della L.
47/85 il
direttore dei lavori è tra i soggetti tenuti all’osservanza della
conformità
della edificazione alla concessione ed alle modalità esecutive
stabilite nella
medesima; pertanto il compito di controllo di tale soggetto ( la cui
violazione
è sanzionata dall’art. 20 L.cit) è circoscritto all’accertamento di un
valido
provvedimento concessorio ed al suo rispetto. (In specie è stata
ritenuta
condivisibile la tesi dei Giudici che hanno rilevato come l’imputato
sia venuto
meno all’obbligo, che aveva assunto con l’incarico di direttore dei
lavori, di
verificare l’esatta esecuzione degli stessi; tale incuria ha permesso
che
l’edificazione fosse non conforme al contenuto del provvedimento
autorizzatorio
(difformità questa che non è penalmente rilevante sanzionata dall’art.
20 L,
47/85)). Tuttavia, per giungere alla conclusione che l’imputato sia
responsabile del reato di edificazione senza concessione occorre
dimostrare un
suo effettivo contributo causale, di natura morale, alla commissione
dell’illecito materialmente posto in essere da altra persona. La mera
inattività nel controllo non è sufficiente dal momento che all’imputato
incombeva solo l’obbligo di verificare la conformità dell’opera
all’autorizzazione ed il manufatto abusivo è autonomo e non connesso
con quello
per il quale l’imputato aveva assunto la direzione dei lavori. Dal
testo della
gravata sentenza, non emerge alcun elemento dal quale possa
ragionevolmente
ritenersi , in capo al ricorrente, una condotta di partecipazione al
reato
edilizio altrui al quale l’imputato deve ritenersi estraneo; tale
conclusione
si riverbera sul reato ambientale poiché la necessaria autorizzazione
era
carente solo per le opere soggette a regime concessorio. Corte
di Cassazione
- Sezione III Penale - del 17/12/2002 Sent. n. 42215
- Direttore
dei lavori - Condotta - Impossibilità di adempiere il suo mandato -
Responsabilità penali - Insussistenza - Autorizzazione edilizia - Zona
vincolata.
Non è
ravvisabile nella condotta del direttore dei lavori alcuna negligenza o
omessa
vigilanza dal momento che il committente - appaltatore delle opere ha
eseguito
i lavori personalmente in breve lasso di tempo privandolo della
possibilità di
adempiere il suo mandato. Trattandosi di interventi soggetti ad
autorizzazione,
egli non era gravato dell’obbligo di cui all’art. 6 della L. 47/85 in
virtù del
quale il direttore è responsabile unicamente della conformità
dell’opera alla
concessione. Pertanto, non è configurabile la violazione dell’art. 1
sexies
della L. 431/85 perché l’autorizzazione edilizia era preceduta da
quella
ambientale e non vi è stato alcun impatto negativo sul territorio.
(Nella
fattispecie era stato realizzato in zona vincolata e privo
d’autorizzazione
ambientale, una recinzione in difformità dall’autorizzazione nonché due
tettoie
senza concessione). Corte di Cassazione - Sezione III Penale
- del
17/12/2002 Sentenza, n. 42215
- È
legittimo
per un direttore dei lavori ottenere l’onorario anche se tra il
professionista
e l’ente appaltante non era stato mai concluso un formale contratto
d’incarico
- La dimostrazione di una volontà reale di accordo di affidamento
d’incarico. È
legittimo per un direttore dei
lavori ottenere l’onorario anche se tra il professionista e l’ente
appaltante
non era stato mai concluso un formale contratto d’incarico. È
sufficiente per
desumere l’esistenza di un accordo tra le parti l’esistenza di un fitto
scambio
di lettere tra il soggetto e l’ente appaltante. La Cassazione,
ribaltando una
giurisprudenza abbastanza consolidata, rimanda il tutto al riesame del
Tribunale, evidenziando comunque che non è indispensabile l’esistenza
di un
contratto formale e sottoscritto per avere il diritto al compenso
professionale, ma è sufficiente la dimostrazione di una volontà reale
di
accordo di affidamento d’incarico. Corte di Cassazione
-Civile - 2002
Sentenza n. 4290
- L'omissione
dei lavori necessari a rimuovere il pericolo di rovina di un edificio -
Direttore dei lavori - l'imputabilità della contravvenzione configurata
dall'art. 677 cod. pen. - Presupposti.
Per
l'imputabilità della contravvenzione configurata dall'art. 677 cod.
pen., è
necessaria quella volontà cosciente e libera, cui è condizionata, a
norma
dell'ultimo comma dell'art. 42 cod. pen., l'imputabilità di ogni
ipotesi di
reato contravvenzionale (Sez. I, 17.10.1972, Spano, Cass. pen. Mass.
ann. 1973,
1492). Infatti, l'omissione dei lavori necessari a rimuovere il
pericolo di
rovina di un edificio deve essere volontaria, onde l'impossibilità di
eseguirli, non dipendente da colpa, escludendo la libera volontà della
condotta
del reo, elimina il reato. Cassazione penale, sez. I, del 18
ottobre 2002
sentenza n. 35144
- Il
direttore dei lavori - Compiti - Sorveglianza per la buona riuscita dell'opera - Ha il dovere di
accertarsi che
i suoi ordini e le sue istruzioni siano fedelmente eseguiti -
Responsabilità
dei danni provocati - Limite - Presupposto indispensabile che vi siano
dei
lavori in corso - Funzione.
Il direttore dei lavori, essendo tenuto alla sorveglianza per la buona
riuscita dell'opera, ha il dovere di accertarsi che i suoi ordini e le
sue
istruzioni siano fedelmente eseguiti, di guisa che, mentre deve
ritenersi
direttamente responsabile dei danni provocati dalla infedele o
imperfetta
esecuzione degli ordini stessi, non gli si può fare carico di quelli
determinatisi al di fuori della sua sorveglianza del buon andamento dei
lavori
(cfr., sul punto, Cass. civ., 12.7.1965, n. 1456, Degli Esposti -
Russo, Mass.
Giur. It., 1965, 524), dal momento che la funzione del direttore dei
lavori
presuppone sempre che vi siano dei lavori in corso, stante la
definizione dei
compiti di tale soggetto prevista nell'art. 13 del regolamento per la
direzione
di lavori pubblici (r.d. 25.5.1895 n. 350) - applicabile se non
espressamente
derogato anche agli appalti privati - secondo cui «...il direttore
prenderà
l'iniziativa di ogni disposizione necessaria, acciocché i lavori, cui è
preposto, siano eseguiti a perfetta regola d'arte, ed in conformità dei
relativi progetti e contratti...», di tal che nel caso di prolungata
sospensione dei medesimi viene meno la ragion d'essere di tale
funzione. Cassazione
penale, sez. I, del 18 ottobre 2002 sent. n. 35144
- L’attribuzione
agli uffici tecnici comunali di compiti di progettazione delle opere
pubbliche
- La retribuzione - Professionisti esterni incarichi di progettazione - La
discrezionalità riservata all’Amministrazione.
L’attribuzione agli uffici tecnici
comunali di compiti di progettazione delle opere pubbliche, nel
rispetto
peraltro delle norme sui limiti delle competenze professionali,
rientrerebbe
tra i compiti istituzionali ai sensi dell’art. 285 t.u. com. prov.,
come
modificato dall’art. 16 della l. 530/47; con la conseguenza che
l’eventuale
disimpegno di incombenze come tali caratterizzate, cioè dirette al
perseguimento dei fini istituzionali dell’ente, ove esclusivamente
pertinenti all’attività di servizio e quindi non oggetto di
compenso al
di fuori della retribuzione per legge predeterminata, non può ex se
rivelarsi
inibito. Altrimenti opinandosi, verrebbe a delinearsi, soluzione alla
quale –
ad avviso del Tribunale di prima istanza – non può con ogni
evidenza in
alcun modo accedersi, un vero e proprio obbligo di affidare – sempre e
comunque
– a professionisti esterni gli incarichi di progettazione onde
trattasi, con
riveniente preclusione per l’Amministrazione di risolvere in ambito
interno (e
con risorse proprie) le relative problematiche di carattere ideativo e
configurativo. Le predette conclusioni non risulterebbero modificate
dall’intervenuta abrogazione della rammentata disposizione di cui al
citato
art. 285 per effetto dell’art. 64 della l. 142/90, al riguardo
dovendosi
richiamare l’ampia latitudine discrezionale riservata
all’Amministrazione
dall’art. 51 del predetto testo normativo quanto allo svolgimento della
potestà
auto-organizzativa, nonché la configurazione in termini meramente
facoltativi del
ricorso allo strumento negoziale di diritto privato per lo svolgimento
di
attività a vario titolo connesse con il perseguimento dei fini
istituzionali
dell’ente. La disposizione impugnata non contrasterebbe neppure con
l’art. 58,
comma 2, del d.lg. 29/93, recante il divieto di conferire ai dipendenti
pubblici incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, che non
siano
espressamente previsti o disciplinati da legge o da altre fonti
normative, o
che non siano espressamente autorizzati, trattandosi di legittimo
esercizio di
incombenze istituzionalmente rimesse all’ente. Consiglio di
Stato, sezione
V, 2 ottobre 2002, n. 5163
- Le
progettazioni
rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed
amministrative del Comune - La possibilità di derogare a tale principio
per
casi particolari, affidando incarichi “esterni” - l’apprezzamento
discrezionale
della P.A..
Le progettazioni
rientrano nelle competenze istituzionali delle strutture tecniche ed
amministrative del Comune, sicché, in relazione alle competenze
istituzionalmente demandate alle strutture organizzative
comunali viene
prevista un’ipotesi a regime che contempla lo svolgimento, ad opera del
personale ivi addetto, delle rammentate incombenze, consentendo
peraltro la
possibilità di derogare a tale principio per casi particolari,
affidando
incarichi “esterni”. La previsione in discorso rientrerebbe pertanto
nel consentito
ambito di svolgimento dell’apprezzamento discrezionale della P.A., il
cui
esercizio, lungi dal comprimere la libera esplicazione dell’attività
professionale (e quindi dal precludere la possibilità per
l’Amministrazione di conferire incarichi di progettazione
mediante
attività negoziale di diritto privato), si limiterebbe –invero non
irragionevolmente– a privilegiare l’utilizzazione delle risorse
tecniche ed
amministrative proprie della struttura organizzativa dell’ente. Consiglio
di
Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
- Il
tecnico
comunale ha diritto agli onorari relativi agli incarichi di
progettazione
ricevuti dall'Ente di appartenenza solo se gli stessi non abbiano
comportato lo
svolgimento dei compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti
al di
fuori dell'orario di servizio - Trattamento retributivo - Mansioni. Il
tecnico comunale ha diritto agli
onorari relativi agli incarichi di progettazione ricevuti dall'Ente di
appartenenza solo se gli stessi non abbiano comportato lo svolgimento
dei
compiti propri del posto ricoperto e siano stati svolti al di fuori
dell'orario
di servizio. Orbene, poiché appare chiaro che nel caso di specie la
regolamentazione generale si riferisce all’attribuzione ai dipendenti
del ruolo
tecnico di mansioni nell'ambito dello svolgimento delle
funzioni proprie
delle qualifiche, secondo le competenze istituzionali delle strutture
di appartenenza,
ne consegue, come effetto naturale, la non attribuibilità di compenso,
non
trattandosi di incarichi speciali, per i quali, invece, può
legittimamente
prevedersi una retribuzione (cfr. Cons. Stato, V, 29
settembre 1999, n.
1200). Può dunque concludersi conformemente al principio secondo cui il
divieto
di percepire compensi, stabilito per i pubblici dipendenti assoggettati
al
regime dell'onnicomprensività del trattamento retributivo, opera
inderogabilmente in tutti i casi in cui l'attività svolta
dall'impiegato sia
riconducibile a funzioni e poteri connessi alla di lui qualifica e
all'ufficio
ricoperto, corrispondenti a mansioni cui egli non possa sottrarsi
perché
rientranti nei normali compiti di servizio, fermo restando che siffatto
principio non esclude che gli stessi dipendenti possano espletare
incarichi
retribuiti a titolo professionale dall'Amministrazione, ove, però, ne
ricorrano
i presupposti legali e sempre che non costituiscano comunque
espletamento di
compiti d'istituto (cfr., in tema, anche Cons. Stato, VI, 5 marzo 1997,
n.
363). Consiglio di Stato, sezione V, 2 ottobre 2002, n. 5163
- Il
dirigente
(in servizio) dell’ufficio, investito, in sede amministrativa, di
compiti di
valutazione del bene espropriando, con competenza a determinare in sede
contenziosa l’indennità di espropriazione, risulta in contrasto con i
requisiti
di imparzialità ed indipendenza.
La previsione che il dirigente (in servizio)
dell’ufficio, investito, in sede amministrativa, di compiti di
valutazione del
bene espropriando, faccia parte del collegio con funzioni
giurisdizionali, con
competenza a determinare in sede contenziosa l’indennità di
espropriazione,
risulta chiaramente in contrasto con i requisiti di imparzialità ed
indipendenza che ciascun componente di un organo giurisdizionale deve
possedere
(v. sentenza n. 33 del 1968).Come posto in rilievo dal giudice a
quo,
l’Ufficio tecnico erariale partecipa al procedimento amministrativo di
stima
dei beni immobili soggetti ad espropriazione, esprimendo una
valutazione,
normalmente posta a base della indennità offerta dall’amministrazione,
la quale
a sua volta costituisce l’oggetto del giudizio che deve essere emesso
in sede
giurisdizionale dalla Giunta speciale. Ed appunto, in tutti i casi di
specie,
la Corte rimettente ha sottolineato che la Giunta speciale aveva
operato un
diretto riferimento alle valutazioni dell’UTE, essendo chiamata a
decidere
anche sul merito delle valutazioni e quindi ad esprimersi sulla loro
congruità
o meno. Corte Costituzionale Sentenza del 25 luglio 2002, n.
393
- Ogni
Amministrazione
pubblica, di qualsiasi grado e livello, è vincolata al rispetto della
legge ai
fini dell’individuazione delle modalità di affidamento di incarichi di
progettazione.
Il Comune
di Teverola era in effetti vincolato, come ogni Amministrazione
pubblica, di
qualsiasi grado e livello, al rispetto della legge ai fini
dell’individuazione
delle modalità di affidamento di incarichi di progettazione, sia sopra
che
sotto la soglia comunitaria. La circostanza che in tempo remoto sia
stato
attribuito l’incarico della generale progettazione di tutta l’opera non
comporta il diritto all’affidamento diretto, a distanza di tempo, delle
progettazioni esecutive di singoli lotti. Consiglio Stato,
sez. V, 16 luglio
2002, n. 3963
- Inadempimento
di uno Stato - Direttiva 85/384/CEE - Reciproco riconoscimento dei
titoli del
settore dell’architettura - Accesso alla professione di architetto -
Art. 59
del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE). La
Corte (quinta sezione), ha
pronunciato il 21 marzo 2002 una sentenza il cui dispositivo è del
seguente
tenore: La Repubblica italiana, non avendo adottato tutti i
provvedimenti
necessari all’attuazione dell’art. 4, n. 1, secondo comma, e n. 2, e
dell’art.
11, lett. k), settimo trattino, nonché dell’art. 14 della direttiva del
Consiglio 10 giugno 1985, 85/384/CEE, concernente il reciproco
riconoscimento
dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura
e
comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del
diritto di
stabilimento e di libera prestazione dei servizi, come modificata dalla
direttiva del Consiglio 27 gennaio 1986, 86/17/CEE, che modifica, a
seguito
dell’adesione del Portogallo, la direttiva 85/384; non avendo adottato
tutti i
provvedimenti necessari per il riconoscimento automatico dei diplomi,
certificati ed altri titoli, conformemente agli artt. 2, 3, 7, 8 e 9
della
direttiva 85/384; avendo adottato l’art. 4, n. 2, lett. a), del decreto
legislativo del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1992, n. 129,
che, in
violazione degli artt. 52 e 59 del Trattato CE (divenuti, in seguito a
modifica, artt. 43 CE e 49 CE), impone in modo generalizzato di
corredare la
domanda di riconoscimento di un titolo con il diploma in originale o in
copia
autenticata; avendo adottato l’art. 4, n. 2, lett. c), del decreto n.
129/92 e
l’art. 4, n. 1, lett. c), del decreto del Ministero dell’Università e
della
Ricerca Scientifica e Tecnologica 10giugno 1994, n. 776, che, in
violazione
dell’art. 52 del Trattato, impongono in modo generalizzato di allegare
alla
domanda di riconoscimento di un titolo un certificato di cittadinanza;
avendo
adottato l’art. 4, n. 3, del decreto n. 129/92 e l’art. 10 del decreto
n.
776/94 che, in violazione dell’art. 52 del Trattato, richiedono in
tutti i casi
la traduzione ufficiale della documentazione allegata ad una domanda di
riconoscimento di un titolo; avendo adottato l’art. 11, n. 1, lett. c)
e d),
del decreto n. 129/92 che, in violazione dell’art. 12 della direttiva
85/384,
prevede il riconoscimento dei titoli conseguiti dopo il 5 agosto 1987;
mantenendo in vigore l’art. 9, n. 1 del decreto n. 129/92
che, in
violazione dell’art. 59 del Trattato, sancisce il divieto generalizzato
per gli
architetti stabiliti in un altro stato membro che intendano fornire
servizi in
Italia di costituire una sede principale o secondaria in territorio
italiano;
obbligando, in forza dell’art. 9, n. 3, del decreto n. 129/92 e degli
artt. 7 e
8 del decreto n. 776/94, gli architetti stabiliti in altri Stati membri
che
intendono fornire servizi in Italia ad iscriversi presso il Consiglio
provinciale territorialmente competente dell’Ordine degli architetti e,
a causa
di questa formalità, provocando, in violazione dell’art. 22 della
direttiva
85/384, un ritardo nell’espletamento da parte degli architetti della
loro prima
prestazione di servizi in Italia, è venuta meno agli obblighi che
incombono in
forza degli artt. 12, 22, 27 e 31 della direttiva 85/384 e, per quanto
attiene
al divieto di cui all’art. 9, n. 1, del decreto n. 129/92, dell’art. 59
del
Trattato. Corte di Giustizia Europea (Quinta Sezione) 21
marzo 2002-05-25,
nella causa C-298/99 (2002/C 118/06) (GUCE C118/5 del 18.5.2002)
-
Competenze
dei dirigenti - Ordinanze in materia di circolazione stradale - Adozione degli
atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione
verso
l'esterno - D.Lgs 267/2000 - competenze del Sindaco - Limiti.
L'art. 107 del D. Lgs. 267/2000 attribuisce ai
dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e
provvedimenti
amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non
ricompresi
espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo
e
controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o
non
rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale.
Pertanto il
motivo di ricorso, con cui viene dedotta l'incompetenza del Sindaco ad
adottare
il provvedimento impugnato (nella specie ordinanze per regolamentare la
circolazione e la sosta nel centro abitato per ragioni di sicurezza e
di
ordinato flusso del traffico) è fondato. T.A.R. Veneto -
Sentenza del
22/05/2002, n. 2462
-
Ordinanze
in materia di circolazione stradale - Competenze dei dirigenti - D.Lgs.
285/1992
- D.Lgs 267/2000.
Rientrano nelle competenze dei dirigenti anche i provvedimenti che gli
articoli
6 e 7 del D.Lgs. 285/1992 attribuiscono espressamente al sindaco,
trattandosi
di atti che per un verso non implicano l'esercizio di funzioni di
indirizzo e
controllo politico amministrativo ma di gestione ordinaria (nella
specie per
regolamentare la circolazione e la sosta nel centro abitato per ragioni
di
sicurezza e di ordinato flusso del traffico) e per altro verso non
rientrano
nelle deroghe di cui all'art. 50 e 54 dello stesso D.Lgs
267/2000. T.A.R.
Veneto - Sentenza del 22/05/2002, n. 2462
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