Giurisprudenza
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Edilizia - Urbanistica, espropriazioni, occupazioni, indennizzi
(Sentenze pronunciate nell'anno 2002 della Cassazione, del Consiglio di Stato e del TAR)
 Parti e argomenti della scheda: 
I giudici si pronunciano, con queste massime dell'anno 2002, su molti casi relativi alle epropriazioni e alle occupazioni temporanee con urgenza per pubblica utilità.
  1. Occupazione d'urgenza relativa ad un'opera pubblica di competenza comunale
  2. La rilevanza della distinzione tra "espropriazione sostanziale" (o "occupazione applicativa") ed "occupazione usurpativa"
  3. La materia dell’espropriazione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa
  4. Determinazione della giurisdizione del giudice amministrativo
  5. Procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità
  6. Provvedimento di occupazione d'urgenza, emanato, in carenza della presupposta dichiarazione di pubblica utilità
  7. I presupposti per la demolizione di edifici a seguito di eventi sismici
  8. La realizzazione di alloggi per le popolazioni a seguito di eventi sismici
  9. Espressa previsione di un indennizzo in favore del proprietario di terreni su cui siano reiterati vincoli urbanistici di natura espropriativa
  10. I principi in base ai quali può procedersi alla liquidazione dell’indennizzo
  11. Proroghe e differimento di termini degli effetti del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325
  12. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
  13. In difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera
  14. Controversie giurisdizionali sull’indennità di espropriazione
  15. Controversie sull’indennità di espropriazione
  16. La dichiarazione di pubblica utilità - Procedimento espropriativi
  17. La comunicazione di avvio del procedimento amministrativo è necessaria
  18. Il decreto di occupazione è atto vincolato
  19. La richiesta di restituzione dell'area - Sentenza di annullamento
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  1. Occupazione d'urgenza relativa ad un'opera pubblica di competenza comunale - I provvedimenti espropriativi e il termine trimestrale - Decreto di occupazione. La competenza a provvedere all'occupazione d'urgenza, spettava al Sindaco, e non alla Giunta municipale, come già ripetutamente avvertito dalla Sezione (cfr., fra le tante, 28 ottobre 1993, n. 948; 23 aprile 1992, n. 445; 26 gennaio 1987, n. 50), le cui acquisizioni devono essere ribadite in questa sede. Ed invero, all'occupazione d'urgenza per cui è causa, connessa al territorio della Regione Campania e relativa ad un'opera pubblica di competenza comunale, era applicabile la L. reg. della Campania 31 ottobre 1978, n. 51, il cui art. 37 (commi 1 e 2) rinvia, per la competenza in materia di provvedimenti di occupazione d'urgenza, alla legge regionale 19 aprile 1977, n. 23. L'art. 2 di quest'ultima legge, recante "provvedimenti espropriativi di cui al titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865 - designazione dell'organo regionale cui compete l'esercizio delle funzioni di carattere amministrativo", dispone che i provvedimenti relativi ai procedimenti amministrativi previsti dalla legge medesima sono adottati dai sindaci dei Comuni. Ed è allora dalla data di adozione di tale ultimo provvedimento che va computato il termine trimestrale entro cui, a norma dell'art. 20, primo comma, seconda parte, della legge 22 ottobre 1971, n.. 865, deve seguire l'occupazione delle aree da espropriare, pena la inefficacia del decreto di occupazione medesimo, e non già dalla data del precedente atto giuntale. Sulla anteriorità della L. reg. n. 23/77 rispetto al D.P.R. n. 616/77, basti ricordare che - a tacere della circostanza che è la successiva L. reg. n. 51/78 a rinviare, per la competenza in materia di procedimenti di occupazione d'urgenza, alla L. reg. n. 23/77 - l'art. 106 di tale D.P.R. (richiamato dall'art. 3 L. n. 1/78) si limita ad attribuire ai "Comuni" la detta competenza, senza specificare l'organo a ciò deputato: il che lascia ampio spazio al sistema normativo regionale in sede di individuazione dell'organo medesimo. Ed invero, il giudice delle leggi ha chiarito che l'art. 128 Cost. non vieta alle Regioni di precisare quali, tra gli organi comunali previsti dall'ordinamento statale, siano competenti a provvedere in ordine a materie delegate ai Comuni (cfr. Corte cost. 20.10.83, n. 319). Consiglio di Stato Sezione IV del 23 dicembre 2002 sentenza n. 7279
  2. La rilevanza della distinzione tra "espropriazione sostanziale" (o "occupazione applicativa") ed "occupazione usurpativa" - Il diritto al risarcimento integrale del danno ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile - La costruzione giurisprudenziale della cosiddetta "espropriazione sostanziale" - I presupposti della cosiddetta "occupazione usurpativa". È affermazione costante, nell'ambito della costruzione giurisprudenziale della cosiddetta "espropriazione sostanziale", che, allorquando la realizzazione dell'opera pubblica (con relativa trasformazione irreversibile del fondo) si verifica in pendenza di un'occupazione temporanea legittima solo alla scadenza di questa si verifica l'effetto acquisitivo della P. A. ed il correlativo sorgere del diritto risarcimento del danno del privato ( e ciò a partire dalle prime elaborazioni giurisprudenziali dell’istituto: Cass., Sez. Un., 1464/1983; Cass. Sez. Un., 4 marzo 1997, n. 1907). In realtà, poi, nella presente fattispecie potrebbero addirittura ricorrere i presupposti della cosiddetta "occupazione usurpativa" in quanto con la sentenza ha anche annullato la proroga dei termini per il completamento delle procedure espropriative e, quindi, nel caso in cui la strada fosse stata realizzata successivamente alla scadenza dell’originario provvedimento non sarebbe più operante la dichiarazione di pubblica utilità. La rilevanza della distinzione tra "espropriazione sostanziale" (o "occupazione applicativa") ed "occupazione usurpativa", che si ha quando viene meno (prima del compimento dell’opera)o manca ab origine anche la dichiarazione di pubblica utilità, potrebbe avere un effetto pratico in quanto per quest'ultima non potrebbe comunque trovare applicazione la riduzione del risarcimento del danno, operata dall'articolo 3, comma 65, della legge n. 662 del 1996, che lo quantifica nella stessa misura dell'indennità di esproprio aumentata del solo 10%. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ritenuto compatibile con la Costituzione la riduzione del risarcimento danni di cui alla sopra citata normativa proprio sul presupposto della sua temporaneità, ovvero per “l'applicabilità alle occupazioni illegittime di suolo intervenute anteriormente al 30 settembre nella 1996” (Corte Costituzionale 30 aprile 1999, n. 148; Corte Costituzionale, 4 febbraio 2000, n. 24). In definitiva, qualunque sia il momento di realizzazione della strada, la perdita della proprietà dell'area da parte del privato, per effetto della irreversibile trasformazione del fondo, sussistendo l’illegittimità della procedura espropriativa come sopra evidenziato, ne deriva il diritto al risarcimento integrale del danno ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877
  3. La materia dell’espropriazione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa - Domanda risarcitoria. È da rilevare che all’indomani dell’emanazione dell’art. 34 del D. Lgs. n. 80/1998, la materia dell’espropriazione si è trovata “in bilico” tra giurisdizione ordinaria e amministrativa; prova ne sia che tanto da parte del giudice ordinario, quanto da parte del giudice amministrativo sono state rese pronunce ugualmente affermative e negative della rispettiva giurisdizione (si vedano, a favore della giurisdizione del giudice amministrativo: Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sez. I, 4 luglio 2001, n. 536, Tribunale di Milano, Sez. I, 24 giugno 1999, Giudice unico del Tribunale di Palermo Sez. 1, 20 maggio 1999, T.A.R. Campania, 22 dicembre 1999; ed a favore della giurisdizione del giudice ordinario: Tribunale di Napoli, 23.11.1999, Tribunale di Taranto, Sez. I, 3 gennaio 2000, T.A.R. Sicilia, 28 aprile 2000, T.A.R. Reggio Calabria, 23 giugno 2000, n. 1025); Tuttavia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza n. 43 del 2000) sono giunte a sollevare una questione di costituzionalità - per eccesso di delega - del citato art. 34, nel presupposto che esso trasferisca al giudice amministrativo “per l’indicato settore delle espropriazioni, le controversie in cui si faccia valere il diritto alla riacquisizione del bene occupato senza titolo (per originaria carenza o successiva inefficacia del titolo stesso), il diritto al risarcimento del danno per occupazione illegittima, od il diritto al risarcimento del danno prodotto dal tradursi dell’occupazione medesima nella cosiddetta accessione invertita od espropriazione sostanziale”. Il sopravvenire della legge 205 del 2000 sembra, tuttavia, aver rappresentato un elemento di chiarificazione tale da indurre il Consiglio di Stato a prendere decisamente partito nel senso della giurisdizione, in materia, del G.A.. La Sezione V ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa (in applicazione dei principi ermeneutici concernenti la giurisdizione sopravvenuta ex lege n. 205), in una controversia in cui la sospensione degli effetti della dichiarazione di p.u. rendeva priva di idoneo titolo giustificativo, sin dall’origine, l’utilizzazione dell’area privata da parte della P.A. Ma soprattutto di recente e con l’autorevolezza dell’Adunanza Generale (parere 29 marzo 2001, prot. n. 124/2000), il Consiglio di Stato ha ulteriormente e decisamente affermato la giurisdizione del G.A. nella materia de qua: presa di posizione, questa, che risulta ancor più significativa, siccome manifestata all’atto di licenziare lo schema di nuovo T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità, la cui redazione era stata demandata dal Governo al medesimo Consiglio di Stato, in applicazione dell’articolo 7, comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50. Dopo aver ricordato la (discussa, in dottrina e nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo) elaborazione, da parte della Corte di Cassazione, dell’istituto dell‘”occupazione appropriativi” (o “espropriazione sostanziale”) e di quello, più recente, della “occupazione usurpativa”, l’A.G. ha testualmente affermato che: “l’articolo 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (nel testo sostituito dalla legge n. 205 del 2000) ha disposto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che nella materia espropriativa (rientrante, ai fini della giurisdizione, nell’ambito della materia dell’urbanistica, come definita dal richiamato articolo 34) conosce di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti (anche illeciti) di ogni pubblica amministrazione o soggetto ad essa equiparato”. In materia di espropriazione, in presenza di un illecito della pubblica amministrazione (o di un soggetto per legge equiparato), sussiste, quindi, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo” (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 14 giugno 2001, n. 296). In definitiva è da ritenere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr altresì Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 14 giugno 2001, n. 296) oltre che per le ragioni sopra esposte anche per la modifica della giurisdizione, operata dalla legge n. 205 del 200 diretta ad individuare la giurisdizione esclusiva del G.A. (cfr il citato parere 29 marzo 2001 dell’A.G. del Consiglio di Stato) con il criterio dei blocchi di materie. Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve essere, conclusivamente, affermata la giurisdizione di questo Giudice in ordine alla domanda risarcitoria avanzata dai ricorrenti. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877
  4. Determinazione della giurisdizione del giudice amministrativo per effetto dell’occupazione acquisitiva o meglio “usurpativa”. Ai fini della giurisdizione del giudice amministrativo, il momento consumativo dell’illecito che ha determinato la perdita di proprietà dell’area per effetto dell’occupazione acquisitiva o meglio “usurpativa” va determinato nella data di scadenza del decreto di occupazione legittimo (essendo stato annullata in questa sede la proroga) ovvero il 27/11/1998 e, quindi, dopo l’attribuzione della giurisdizione al Giudice amministrativo, per effetto del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 80, che ha fissato la data del 30 giugno 1998 quella che determina l’operatività del passaggio di giurisidizione. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877
  5. Procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità - L'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione - L'annullamento della proroga delle dichiarazioni di pubblica utilità determina il travolgimento dell'occupazione d'urgenza per illegittimità derivata. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 15 settembre 1999, n. 14) ha chiarito che le disposizioni sull'avviso di avvio del procedimento hanno effetto anche sul procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità, quanto meno nelle forme di cui all'articolo 10 della legge n. 165 del 1971 (deposito e notificazione del progetto, osservazione degli interessati, pronuncia sulle stesse). L'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione ha come suo presupposto di legittimità non solo una dichiarazione d'urgenza ed indifferibilità dell'opera, ma altresì una dichiarazione di pubblica utilità valida ed efficace. Conseguentemente l'annullamento della proroga delle dichiarazioni di pubblica utilità determina il travolgimento dell'occupazione d'urgenza per illegittimità derivata (Ad. Plen. 24 gennaio 2000, n. 2). Inoltre, la proroga dell'occupazione d'urgenza è viziata anche per illegittimità proprie essendo stata disposta, senza alcuna motivazione, e dopo la scadenza del pregresso decreto prefettizio di occupazione d'urgenza nonché oltre il termine di cui all'articolo 20 della legge n. 865 del 1971. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877
  6. Provvedimento di occupazione d'urgenza, emanato, in carenza della presupposta dichiarazione di pubblica utilità dell'opera da realizzare - Illegittimità. Il provvedimento di occupazione d'urgenza, emanato, in carenza della presupposta dichiarazione di pubblica utilità dell'opera da realizzare, risulti, in quanto provvedimento consequenziale, illegittimo (Cons. Stato, IV Sez., n. 4751/2001). Consiglio di Stato Sezione IV, 11 novembre 2002 n. 6193
  7. I presupposti per la demolizione di edifici a seguito di eventi sismici - La realizzazione degli alloggi e delle relative opere di urbanizzazione - Complessiva ricostruzione e interpretazione del quadro normativo - La espropriazione dell’area - Opere di arredo urbano e non di urbanizzazione primaria o secondaria. L'art. 84 ter legge n. 219 del 1981 non stabilisce i presupposti per l'acquisizione delle aree e degli edifici, mediante mero rinvio all'art. 80, ma si limita ad ampliare i presupposti per la demolizione di edifici, che siano acquisiti alle condizioni fissate dal precedente art. 80, in particolare, consentendo la demolizione, oltre che per la realizzazione degli alloggi e delle relative opere di urbanizzazione, anche per più generali ragioni urbanistiche relative alla realizzazione del programma costruttivo. Resta fermo, pertanto, che per acquisire aree su cui insistono edifici, occorre che questi ultimi siano in sè, e già prima dell'intervento espropriativo, da destinare alla demolizione. L'art. 6, comma 7, legge n. 730 del 1986, a sua volta, reca una disposizione interpretativa che va letta avendo riguardo al dettato dell'art. 84 ter legge n. 219 del 1981. Quest'ultimo, infatti, stabilisce che gli edifici acquisiti possano essere demoliti per ragioni urbanistiche motivate. Invece, l'art. 6, comma 7, legge n. 730 del 1986 stabilisce che gli edifici acquisiti possono comunque essere demoliti per ragioni urbanistiche. L'art. 6, comma 7, pertanto, riduce, rispetto all'art. 84 ter l'onere di motivazione in ordine alle ragioni urbanistiche della demolizione, ma non modifica i presupposti per l'acquisizione di edifici. Siffatta complessiva ricostruzione e interpretazione del quadro normativo è suffragata, ad avviso del Collegio, pure da un altro ordine di considerazioni. Se fossero state acquisibili anche aree comprensive di edifici non destinati alla demolizione già ex ante, ma da demolire per la realizzazione del programma, la formulazione delle norme in questione avrebbe potuto essere ben più semplice; in particolare, l'art. 80 legge n. 219 del 1981 poteva fare riferimento alle aree disponibili ed immediatamente utilizzabili, anche se comprendenti edifici, sIn difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’operaenza specificare che deve trattarsi di edifici da demolire. A loro volta, gli artt. 84 ter legge n. 219 del 1981 e 6 legge n. 730 del 1986 avrebbero potuto più semplicemente stabilire che sono acquisibili anche aree comprensive di edifici, la cui demolizione fosse necessaria per la realizzazione del programma. Resta  fermo,  pertanto,  che per acquisire aree su cui insistono edifici, occorre che questi ultimi siano in sè, e già prima dell'intervento espropriativo, da destinare alla demolizione. Invece, l'art. 6, comma 7, legge n. 730 del 1986 stabilisce che gli edifici acquisiti possono comunque essere demoliti per ragioni urbanistiche. L'art. 6, comma 7, pertanto, riduce, rispetto all'art. 84 ter l'onere di  motivazione in ordine alle ragioni urbanistiche della demolizione, ma non modifica  i  presupposti  per l'acquisizione di edifici. Siffatta complessiva ricostruzione e interpretazione del quadro normativo è suffragata, ad avviso del Collegio, pure da un altro ordine di considerazioni. Se fossero state acquisibili anche aree comprensive di edifici non  destinati alla demolizione già ex ante, ma da demolire per la realizzazione  del  programma, la formulazione delle norme in questione avrebbe potuto essere ben più semplice; in particolare, l'art. 80 legge n. 219 del 1981 poteva fare riferimento alle aree disponibili ed  immediatamente utilizzabili, anche  se comprendenti edifici, senza specificare che deve trattarsi di edifici da demolire. A loro volta, gli artt. 84 ter legge n. 219 del 1981 e 6 legge n.  730 del 1986 avrebbero potuto più semplicemente stabilire che sono acquisibili  anche aree comprensive di edifici, la cui demolizione fosse necessaria per la realizzazione del programma.  Quanto, poi, all'art. 3 D.L. 28 aprile 1988, n. 115, invocato  dal  Consorzio E., lo stesso è irrilevante nel caso di specie, in quanto i provvedimenti impugnati risalgono ad epoca anteriore a tale normativa, che è pertanto inapplicabile. Va da ultimo considerato che la espropriazione dell’area è stata disposta in quanto contenente un muraglione pericolante, con pericolo di rovinare sui sottostanti costruendi alloggi, sulla sommità del quale sono ubicati gli immobili di proprietà dei ricorrenti in primo grado, anch’essi da demolire. Senonché nel giudizio di primo grado è risultato accertato che la parte di muraglione pericolante non è quella prospiciente gli edifici da edificare, ma altra esistente più oltre, e tali risultanze non sono state smentite nel giudizio di secondo grado. Inoltre, l’appellante osserva che che sull’area di risulta è prevista la realizzazione di un sistema di vie, scale mobili ed ascensori per collegare l’area di Piazza Mazzini alla sottostante Montesanto. Senonché queste opere, così descritte, costituiscono opere di arredo urbano e non di urbanizzazione primaria o secondaria funzionalmente collegate alle realizzazioni di alloggi per le esigenze del dopo terremoto, per cui la specifica procedura della legge 219 del 1980 non può convenientemente essere utilizzata. Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6070
  8. La realizzazione di alloggi per le popolazioni a seguito di eventi sismici - Definizione di aree disponibili ed immediatamente utilizzabili - Aree inedificate - Edifici la cui demolizione sia necessaria. L'espressione aree disponibili ed immediatamente utilizzabili si riferisce, nella formulazione originaria dell'art. 80, legge n. 219 del 1981, alle sole aree inedificate, e, nel testo novellato dal D.L. n. 333 del 1981, anche alle aree comprendenti edifici la cui demolizione sia necessaria per una causa diversa e anteriore all'intervento espropriativo (Cons. Stato, IV Sez., 3 marzo 1987, n. 126; id., 20 luglio 1988, n. 623; id., 24 marzo 1989, n. 185; id. 3 ottobre 1990, n. 723; id., 7 febbraio 1991, nn. 83, 85 e 86). Questa interpretazione restrittiva merita adesione da un lato, perché la legge n. 219 del 1981 contiene in materia espropriativa deroghe in via di eccezione alla normativa ordinaria di settore, di talché va interpretata secondo criteri rigorosi. Dall'altro lato, se lo scopo della procedura ablatoria delineata dalla legge n. 219 del 1981 è la realizzazione di alloggi per le popolazioni che a seguito dei noti eventi sismici del 1980 sono rimaste prive di abitazione agibile, siffatto scopo, peraltro, deve coerentemente inserirsi in una logica più generale di ricostruzione postsismica, e di risparmio di risorse, essendo il soccorso alle popolazioni terremotate e la ricostruzione un costo per l'intera collettività. In tale logica, se ha un senso demolire edifici con caratteristiche intrinseche di destinazione alla demolizione, perché, essendo danneggiati dal sisma o altre cause, non sono recuperabili, appare antieconomico e contrario agli scopi e ai costi della ricostruzione demolire edifici sani o comunque recuperabili a costi minori di quelli che implicherebbe la demolizione e ricostruzione degli stessi. Ciò posto in ordine alla interpretazione seguita dell'art. 80 legge n. 219 del 1981, come novellato dal D.L. n. 333 del 1981, occorre verificare se siffatta interpretazione sia ancora valida a seguito delle sopravvenienze normative di cui agli artt. 84 ter legge n. 219 del 1981 e 6 legge n. 730 del 1986. L’art. 84 ter legge n. 219 del 1981, introdotto dall'art. 11 L. 18 aprile 1984 n. 80, stabilisce che gli edifici compresi nelle aree acquisite ai sensi dell'art. 80 possono essere demoliti, anche per motivate ragioni urbanistiche inerenti alla realizzazione del programma stesso. L'art. 6, comma 7, L. 28 ottobre 1986, n. 730, stabilisce che le disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 80 della L. 14 maggio 1981, n. 219, nonché quelle di cui al comma 3 dell'art. 84 ter della medesima legge devono essere intese nel senso che gli edifici individuati possono essere comunque demoliti per ragioni urbanistiche inerenti alla realizzazione del programma. Ritiene il Collegio, aderendo ad un orientamento più volte espresso e ribadito anche di recente (Sez. IV, 8 giugno 2000, 3244; Sez. VI, 29 settembre 1999, n. 1276; Sez. IV, 12 gennaio 1999, n. 12), che le sopravvenienze normative avanti citate non siano idonee a disattendere la interpretazione restrittiva dell'art. 80 legge n. 219 del 1981 suesposta (Cons. Stato, IV Sez., 20 maggio 1996, n. 644; id., 20 luglio 1988, n. 623 cit.). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6070
  9. Espressa previsione di un indennizzo in favore del proprietario di terreni su cui siano reiterati vincoli urbanistici di natura espropriativa - L’adozione della variante - Atti di pianificazione generale il quantum dell’indennizzo. L’espressa previsione di un indennizzo in favore del proprietario di terreni su cui siano reiterati vincoli di natura espropriativa si rende necessaria non quale atto ricognitivo di un diritto ormai attribuito all’interessato dalla stessa legislazione vigente, come modificata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999, bensì al fine di attestare la compiuta ed adeguata ponderazione da parte dell’Amministrazione di tutti i presupposti ed effetti, di fatto e giuridici, del provvedimento adottato. In particolare, il fatto che l’adozione della variante in esame comporti un costo per l’Amministrazione, dovendo essere corrisposti indennizzi per la reiterazione di vincoli preordinati all’espropriazione e decaduti, costituisce uno specifico effetto del provvedimento, che l’Amministrazione deve adeguatamente apprezzare quando compie le proprie scelte di pianificazione urbanistica e che deve ricevere evidenza anche nel contenuto dell’atto. Il Collegio ritiene, quindi, di doversi attenere ai principi di diritto già enunciati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio con il citato arresto n. 24 del 1999, con cui si è precisato che “in base alla richiamata sentenza della Corte costituzionale, l’Amministrazione, nel reiterare vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione […] avrebbe dovuto prevedere il relativo indennizzo”, e da ultimo confermati con la decisione di questa Sezione n. 664 del 2002. Va, tuttavia, precisato che la adeguata ponderazione da parte dell’Amministrazione degli oneri conseguenti alla reiterazione dei vincoli in parola non può esaurirsi nel mero riconoscimento che i proprietari dei terreni interessati hanno diritto ad un indennizzo, ma postula una valutazione in termini più concreti del costo della scelta pianificatoria, nei limiti in cui ciò sia compatibile con la natura propria degli atti amministrativi di pianificazione generale, che (a differenza dei decreti di espropriazione) sono destinati ad introdurre disposizioni caratterizzate da un elevato livello di generalità ed astrattezza. L’Amministrazione, quindi, tenuto conto della natura e delle finalità dell’atto, non è obbligata ad indicare direttamente negli atti di pianificazione generale il quantum dell’indennizzo previsto per ciascun proprietario, ma non può neppure limitarsi a prevedere genericamente la corresponsione di un indennizzo non meglio definito, dovendo piuttosto precisare - quale requisito di legittimità del provvedimento - anche i criteri generali in base ai quali procederà alla liquidazione degli importi dovuti. L’obbligo di indicazione dei suddetti criteri generali trova il suo fondamento nei principi enunciati nella motivazione della citata sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999. La Corte, pur escludendo di poter indicare direttamente i criteri per la concreta liquidazione dell’indennizzo in parola, ha, infatti, riconosciuto che “anche in caso di persistente mancanza di specifico intervento legislativo determinativo di criteri e parametri per la liquidazione delle indennità, il giudice competente sulla richiesta di indennizzo, una volta accertato che i vincoli imposti in materia urbanistica abbiano carattere espropriativo nei sensi suindicati” può “ricavare dall’ordinamento le regole per la liquidazione di obbligazioni indennitarie, nella specie come obbligazioni di ristoro del pregiudizio subito dalla rinnovazione o dal protrarsi del vincolo”. Nello stesso senso: Consiglio di Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, nn. 5720 - 5719 - 5718 - 5717 - 5715. Consiglio di Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5723
  10. I principi in base ai quali può procedersi alla liquidazione dell’indennizzo su cui siano reiterati vincoli urbanistici (piano regolatore generale - Piani particolareggiati) di natura espropriativi - La relazione economica e finanziaria. I principi in base ai quali può procedersi alla liquidazione dell’indennizzo sono, quindi, secondo la Corte costituzionale n. 179 del 1999, già desumibili dall’ordinamento vigente, prima ed a prescindere da uno specifico intervento del legislatore, e devono, pertanto, essere individuati e precisati dalla stessa Amministrazione in sede di rinnovazione del vincolo; l’intervento eventuale e suppletivo del giudice postula, infatti, uno specifico dovere a carico dell’Amministrazione, che sia suscettibile di adempimento e che sia rimasto inadempiuto nel caso di specie. D’altro canto, la Corte offre già all’interprete alcune indicazioni utili al fine della individuazione dei criteri di liquidazione dell’indennizzo, precisando che: - “Detto indennizzo non è, nella quasi totalità dei casi [...] , rapportabile a perdita di proprietà. Né può essere utilizzato un criterio di liquidazione ragguagliato esclusivamente al valore dell’immobile, in quanto il sacrificio subito consiste, nella maggior parte dei casi, in una diminuzione di valore di scambio o di utilizzabilità”; - “L’indennizzo per il protrarsi del vincolo è un ristoro (non necessariamente integrale o equivalente al sacrificio, ma neppure simbolico) per una serie di pregiudizi che si possono verificare a danno del titolare del bene immobile colpito, e deve essere commisurato o al mancato uso normale del bene, ovvero alla riduzione di utilizzazione, ovvero alla diminuzione di prezzo di mercato (locativo o di scambio) rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo”. Appare, invece, eccessivo imporre all’Amministrazione, oltre alla definizione di tali criteri, anche l’immediata determinazione ed indicazione degli specifici costi mediante la contestuale predisposizione della relazione economica e finanziaria, trattandosi di una valutazione difficilmente effettuabile in sede di pianificazione generale dell’assetto urbanistico del territorio comunale. Deve osservarsi, a tale riguardo, che l’articolo 30 della legge urbanistica - a mente del quale “il piano regolatore generale, agli effetti del primo comma dell’articolo 18, ed i piani particolareggiati previsti dall’articolo 13 sono corredati da una relazione di previsione di massima delle spese occorrenti per la acquisizione delle aree e per le sistemazioni generali necessarie per l’attuazione del piano” - non impone che la predisposizione del piano regolatore generale e della relazione in parola siano contestuali. Merita, quindi, conferma la consolidata soluzione giurisprudenziale che non include la contestuale predisposizione della relazione economica e finanziaria fra i presupposti di legittimità dell’atto di adozione di uno strumento urbanistico generale. Nello stesso senso: Consiglio di Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5720. Consiglio di Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5723
  11. Proroghe e differimento di termini degli effetti del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità). Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità), all’art. 58, numero 50, ha disposto l’abrogazione (non retroattiva) del denunciato d.l.lgt. n. 219 del 1919. Tuttavia detta disposizione non ha prodotto, né può produrre ancora, effetti, in quanto, in data anteriore a quella della originaria entrata in vigore, fissata al 1° gennaio 2002 (art. 59 t.u.), è sopravvenuto l'art. 5 del d.l. n. 411 del 2001 (Proroghe e differimento di termini), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 31 dicembre 2001, n. 463, che ha operato un ulteriore differimento di sei mesi, a sua volta prorogato al gennaio 2003 con l'art. 3 del d.l. 20 giugno 2002, n. 122. Corte Costituzionale Sentenza del 25 luglio 2002, n. 393
  12. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - La reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto - La nozione di urbanistica - Per l’occupazione di aree sine titulo va confermata la giurisdizione del giudice ordinario. L’art. 34 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo originario, comunque poi confermato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, intervenuta a colmare la lacuna determinatasi per effetto della nota sentenza n. 292 del 2000 della Corte costituzionale, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia. L’art. 35 stabilisce che il giudice amministrativo, nelle controversie rimesse alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. Queste disposizioni trovano entrambe applicazione al caso di specie. La materia urbanistica comprende, ai sensi dell’art. 34, comma 2, “tutti gli aspetti dell’uso del territorio” e la giurisdizione del giudice amministrativo abbraccia, oltre alla cognizione degli atti e provvedimenti, anche i comportamenti delle amministrazioni pubbliche. L’ultimo comma dell’art. 34 prevede, altresì, che nulla è innovato “in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”. Da queste disposizioni si evince che la giurisdizione esclusiva non si arresta al giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo e che si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed amministrazione nella sua portata più ampia, comprensivo anche dei comportamenti materiali. Perlomeno di quei comportamenti materiali che danno esecuzione o sono altrimenti collegati con il provvedimento. È una logica ispirata al riparto della giurisdizione mediante individuazione di blocchi di materie, già osservata nel settore del pubblico impiego privatizzato e proseguita con l’assegnazione al giudice amministrativo della giurisdizione su pubblici servizi, urbanistica ed edilizia. La nozione di urbanistica che ritaglia tale giurisdizione esclusiva è ampia al punto da assorbire tutti gli aspetti dell’uso del territorio. Essa si estende ai procedimenti di esproprio, comprensivi sia della dichiarazione di pubblica utilità, sia degli atti di occupazione d’urgenza e relativi comportamenti esecutivi, come confermato da due argomenti entrambi decisivi, l’uno di carattere letterale e l’altro teleologico. In conclusione, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo per le domande di risarcimento del danno di cui alle precedenti lettere a) e c), per le quali la causa va rimessa al giudice di primo grado, mentre per l’occupazione di aree sine titulo (lett. b) va confermata la giurisdizione del giudice ordinario. Consiglio Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3819
  13. In difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in ragione della quale è stata disposta l’espropriazione di un fondo non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno. Esiste un rapporto di necessaria implicazione tra una efficace dichiarazione di pubblica utilità e la configurabilità di un’opera pubblica: non può aversi quest’ultima se manca la prima (IV, 9 aprile 1999, n. 606). Pertanto, in difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in ragione della quale è stata disposta l’espropriazione di un fondo non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno (IV, 2 giugno 2000, n. 3177). In tale ultima ipotesi la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. Consiglio Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3819
  14. Controversie giurisdizionali sull’indennità di espropriazione - Ipotesi in cui manchi la determinazione dell’indennità - Vizio di legittimità del decreto di espropriazione - Giurisdizione del giudice amministrativo - Ipotesi in cui manchi la congruità della misura - Integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario. In tema di controversie sull’indennità di espropriazione, occorre distinguere l’ipotesi in cui manchi la determinazione dell’indennità da quella in cui detta determinazione vi sia e si faccia unicamente questione della congruità della misura; infatti, mentre la prima ipotesi è qualificabile come vizio di legittimità del decreto di espropriazione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, la seconda integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 1988, n. 53 e 1° aprile 1980, n. 319). Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza 2 luglio 2002, n. 3606
  15. Controversie sull’indennità di espropriazione - Ipotesi in cui manchi la determinazione dell’indennità - Vizio di legittimità del decreto di espropriazione - Giurisdizione del giudice amministrativo - Ipotesi in cui manchi la congruità della misura - Integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario - La statuizione sulla giurisdizione da parte del giudice di primo grado. Il fatto che il giudice di primo grado si sia pronunciato con una espressa statuizione sulla giurisdizione non assume rilevanza, poichè si deve escludere, fino a quando il rapporto processuale resti pendente e semprechè sulla giurisdizione non sia intervenuta una decisione della Corte di cassazione, che tale statuizione sia passibile di passare in giudicato, non essendo preclusiva della declaratoria in sede di appello una pronuncia espressa del giudice di merito non specificamente impugnata dalla parte soccombente (Cons. Stato, sez. IV,1° dicembre 1999, n. 2052 e 4 febbraio 1999, n. 112; sez. VI, 25 marzo 1998, n. 390). In tema di controversie sull’indennità di espropriazione, occorre distinguere l’ipotesi in cui manchi la determinazione dell’indennità da quella in cui detta determinazione vi sia e si faccia unicamente questione della congruità della misura; infatti, mentre la prima ipotesi è qualificabile come vizio di legittimità del decreto di espropriazione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, la seconda integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 1988, n. 53 e 1° aprile 1980, n. 319). Nella specie si verte in quest’ultima ipotesi, in quanto il Comune ha determinato l’indennità in questione fissandola , secondo nuovi calcoli, in misura inferiore a quella precedentemente stabilita . Si deve, quindi, affermare che la questione rientra nella giurisdizionale del giudice ordinario, competente a conoscere non solo le controversie in materia di determinazione della medesima indennità , ma anche quelle relative ai criteri di liquidazione ed agli aspetti dell’iter procedurale seguito, ivi comprese quelle inerenti all’individuazione delle norme, dei sistemi e dei criteri applicabili per la determinazione dell’indennità (Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1999, n. 644 ; 11 febbraio 1992, n. 192; 7 aprile 1990, n. 255). Pertanto, la suddetta sentenza, nella parte in cui, in accoglimento dell’impugnativa degli interessati, ha annullato il menzionato decreto del direttore regionale ai lavori pubblici di rideterminazione dell’indennità di esproprio e di autorizzazione all’occupazione in via definitiva i terreni dei ricorrenti, deve essere riformata e, per l’effetto, deve essere dichiarato inammissibile il relativo ricorso di primo grado. Alla stregua delle considerazioni esposte, si deve pervenire alle medesime conclusioni in ordine all’appello incidentale con cui gli appellati deducono la mancata indicazione delle ragioni di interesse pubblico che hanno indotto l’Amministrazione ad assumere la determinazione contestata e l’ erroneo riferimento al momento di determinazione dell’indennità . Ugualmente è a dirsi per la dedotta violazione dei termini di cui all’art. 17 della l. reg. 13 aprile 1978, n. 24; la censura si rivela sfornita di alcun nesso con il provvedimento di determinazione dell’indennità di esproprio e perciò andava eventualmente proposta contro il primo atto della procedura. Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza 2 luglio 2002, n. 3606
  16. La dichiarazione di pubblica utilità - Procedimento espropriativi. La dichiarazione di pubblica utilità costituisce la base comune su cui poggiano sia il procedimento espropriativo comma 9 dell'art. 9 del D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342 - a tenore del quale "i decreti di autorizzazione in via provvisoria di cui all'art. 113 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, hanno anche essi efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza" - deve essere interpretato sistematicamente in relazione sia ai principi giuridici di ordine generale sopra enunciati, sia al contenuto del comma 8 dello stesso art. 9 D.P.R. n. 362 del 1965 in base al quale "i decreti di autorizzazione degli elettrodotti da costruirsi da parte dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica hanno efficacia di dichiarazione di pubblica utilità nonché di indifferibilità ed urgenza delle opere relative agli elettrodotti medesimi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 71 della L. 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni". TAR Campania-Napoli, Sez. V - Sentenza 11 giugno 2002 n. 3386
  17. La comunicazione di avvio del procedimento amministrativo è necessaria in relazione al procedimento che si conclude con la dichiarazione di pubblica utilità - I termini. Sono ormai pacificamente riconosciuti in giurisprudenza i seguenti pricipi: a) la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo di cui all'art. 7 della l. n. 241/90 è necessaria in relazione al procedimento che si conclude con la dichiarazione di pubblica utilità, anche implicita, non essendo a tal fine sufficiente una partecipazione differita (C.S. ad. plen. 15 settembre 1999, n. 14; IV, 28 gennaio 2000, n. 413); b) i termini di cui all'art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 devono essere stabiliti nell'atto comportante la dichiarazione di pubblica utilità (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6, T.A.R. Marche 23 settembre 1997, n. 813). TAR Campania-Napoli, Sez. V  dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386
  18. Il decreto di occupazione è atto vincolato - Obbligo delle garanzie procedimentali nell'ambito delle procedure espropriative relative alla costruzione di linee elettriche - La dichiarazione di pubblica utilità, espressa o implicita è necessaria - La dichiarazione di indifferibilità ed urgenza deve contenere anche i termini. Con la sentenza 30 maggio 2001, n. 2444, questa Sezione si è espressa sulla questione relativa alle garanzie procedimentali nell'ambito delle procedure espropriative relative alla costruzione di linee elettriche, aderendo all'innovativa impostazione adottata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato nella decisione 9 aprile 1999, n. 606. Infatti una dichiarazione di pubblica utilità, espressa o implicita, deve necessariamente sussistere, e preesistere, perché possa aversi, in senso giuridico, un'opera pubblica; e d'altra parte il decreto di occupazione è atto vincolato, strettamente consequenziale rispetto alla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza (Ad. plen. 18 giugno 1986 n. 6). I termini di cui all'art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 devono essere stabiliti nell'atto comportante la dichiarazione di pubblica utilità pena l'illegittimità dello stesso. (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6, T.A.R. Marche 23 settembre 1997, n. 813). TAR Campania-Napoli, Sez. V  dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386
  19. La richiesta di restituzione dell'area - Sentenza di annullamento - Giudizio di ottemperanza - L'avvenuta esecuzione dell'opera. L'avvenuta fissazione dei termini de quibus con successiva delibera (costruzione di elettrodotti, con autorizzazione provvisoria) risulta infatti parimenti censurabile: non è ipotizzabile al riguardo una sanatoria con efficacia "ex tunc" mediante convalida, né "ex nunc" mediante integrazione postuma dell'atto incompleto, non essendo consentito all'autorità amministrativa, da un lato, imporre retroattivamente limiti all'esercizio di diritti soggettivi prima illegittimamente compressi, dall'altro, eludere la garanzia che la legge predispone a favore degli espropriandi (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6; IV, 27 novembre 1997, n. 1326; V, 30 settembre 1998, n. 1360). In particolare, va osservato che la richiesta di restituzione dell'area va considerata alla luce degli effetti ripristinatori della sentenza di annullamento (per questo si riconosce, in linea di principio, che nell'ambito dei poteri riconosciuti al giudice amministrativo all'interno del giudizio di ottemperanza, rientra la possibilità, una volta accertata la non esecuzione del giudicato da parte della p.a., di disporre la restituzione dell'area: C. S. VI, 16 settembre 1993, n. 623; IV, 5 ottobre 1995, n. 785). E del resto l'avvenuta esecuzione dell'opera ha comportato, da parte del ricorrente, l'esigenza di specificare il petitum: al riguardo è significativo, a titolo di esempio, l'orientamento della giurisprudenza civile secondo cui, ingiunto dall'amministrazione il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa in forza di titolo munito di efficacia esecutiva, non costituisce domanda nuova la pretesa del privato ad ottenere, nel corso del procedimento promosso per l'accertamento negativo di tale pretesa creditoria, la restituzione delle somme versate in forza dell'esecutività del titolo (Cassazione civile, sez. I, 5 febbraio 1987 n. 1124). TAR Campania-Napoli, Sez. V  dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386

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