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- Omissione
di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina - Reato
proprio
- Configurabilità a carico del locatario di appartamento in costruzione
che
minaccia rovina - Reati contro l'incolumità pubblica - Contravvenzioni.
La fattispecie prevista dall'art. 677 cod. pen.
(omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina)
configura
un reato proprio che può essere commesso soltanto dal proprietario
dell'edificio
o dal non proprietario che, per legge o per convenzione, sia obbligato
alla
conservazione o alla vigilanza del medesimo. Ne consegue che il
conduttore
dell'appartamento sito nell'edificio non è destinatario, in quanto
tale, del
precetto di cui al citato articolo, atteso che, a norma dell'art. 1576
cod.
civ., tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento della cosa
locata
sono a carico del locatore e non già del conduttore e che costui ha
solo
l'onere, secondo quanto dispone l'art. 1583 stesso codice, di non
opporsi alla
loro esecuzione. Corte Cassazione, Sez. I, del 12.12.2002
Sentenza n. 41709
- Falsa
dichiarazione sulla data di ultimazione lavori - Urbanistica - Falsa
dichiarazione resa dal privato - Tentativo di falso ideologico commesso
dal
pubblico ufficiale - Sussistenza - Esclusione - Condizioni -
Fattispecie: false
dichiarazioni del privato sulla data di conclusione dei lavori,
rilevante ai
fini dell'applicabilità del condono edilizio.
Non sussiste il tentativo di falsità ideologica del pubblico ufficiale
(art. 56,48 e 480 cod. pen.) allorché quest'ultimo non si sia
determinato, in
conseguenza delle false dichiarazioni rese dal privato, a porre in
essere una
condotta qualificabile come atto idoneo e diretto in modo non equivoco
alla
emissione del provvedimento ideologicamente falso, in quanto solo gli
atti del
pubblico ufficiale conseguenti all'induzione in inganno possono
assurgere ad
elemento del tentativo del falso del pubblico ufficiale e non già il
mero
inganno del privato che puo' integrare un diverso autonomo reato. Ne
consegue
che le false dichiarazioni del privato, in ordine alla conclusione dei
lavori
entro il termine previsto dalla legge per l'applicabilità del condono
edilizio,
non costituiscono atti idonei ad indurre i competenti organi comunali
al
rilascio di una falsa concessione in sanatoria allorché l'induzione in
errore
non si sia verificata e l'autorità competente, lungi dal predisporre
(pur senza
pervenire all'emissione) il provvedimento di concessione edilizia o,
comunque, qualche
altra attività preliminare finalizzata all'emissione dello stesso,
abbia
emesso, a seguito dei necessari accertamenti, ordinanza di demolizione
del
manufatto. Cassazione Penale sezione V del 10/12/2002
(UD.23/09/2002),
Sentenza n. 41205
- Immobile
costruito abusivamente - Proprietario che non abbia conferito
l'incarico - Reato di cui all'art.
20
legge n. 47 del 1985 - Responsabilità - Esclusione - Fondamento.
In tema di costruzione abusiva, non
puo' essere ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 20 della
legge 28
febbraio 1985 n. 47 il proprietario che abbia dato il semplice consenso
o la
sola approvazione ad un incarico conferito da altro proprietario o da
altro
detentore, atteso che trattasi di comportamenti che non si risolvono in
un
contributo causale alla realizzazione del fatto illecito. Conforme:
Cassazione
penale, sez. III, 1 giugno 1998, n. 1747; Cassazione penale, sez. III,
7 maggio
1998, n. 7148; Cass. 2000 n.10284; Contra:
Cassazione penale, sez. III,
12 luglio 1999, n. 12163; Vedi anche: Cass. 1997
n.4997; Cass.1999
n.294; Cass. 1999 n.5476; Corte di Cassazione, Sez. III
Sentenza del
25/10/2002 (UD.26/09/2002) n. 35855
- Reati
urbanistici o edilizi - Costruzione
edilizia abusiva - Sentenza di condanna - Attenuante del danno di
particolare tenuità - Concedibilità - Esclusione - Fondamento. Con
la
sentenza di condanna per reati urbanistici o edilizi non è concedibile
la
attenuante del danno di particolare tenuità, ai sensi dell'art. 62 n. 4
cod.
pen., atteso che detta attenuante è applicabile solo ai delitti e non
anche ai
reati ambientali aventi natura contravvenzionale.
Corte di Cassazione Sez.
III del 15 aprile 2002, sentenza n. 14290
- Errore
di
fatto - Configurazione - art. 385, n. 4 del cod. proc. civile.
Nel caso in esame non si
configurano gli elementi che danno corpo all’errore di fatto,
censurabile ai
sensi dell’art. 385, n. 4 del cod. proc. civile. Tale errore si
sostanzia nella
autoevidente e non contestabile circostanza, rilevabile dagli atti di
causa,
che il giudice ha ritenuto come esistenti
circostanze pacificamente
non esistenti o viceversa. L’errore deve ricadere su fatti non
controversi,
pacifici tra le parti e deve presentare i tratti dell’evidenza,
dell’obiettività
e della immediata rilevabilità. Consiglio di Stato, Sez. V,
Sent. del 02
aprile 2002, n. 1804
- Violazione
delle distanza - Riduzione in pristino - Risarcimento. In
materia di violazione delle distanze tra costruzioni
previste dal c.c. e dalle norme integrative dello stesso, quali i
regolamenti
comunali, al proprietario confinante che lamenti tale violazione
compete
sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della
situazione
antecedente al verificarsi dell'illecito, sia quella risarcitoria, e,
determinando
la suddetta violazione un asservimento di fatto del fondo del vicino,
il
danno deve ritenersi "in re ipsa", senza necessità di una specifica
attività probatoria. Cassazione
civile, sez. II, 7 marzo 2002,
n. 3341; Cassazione civile, sez. II, 30 maggio
2001, n. 7384
- Reati
di
interesse privato - Responsabilità solidale del segretario comunale -
Non
rimborsabilità delle spese legali conclusisi con sentenza di non
doversi
procedere per intervenuta prescrizione del reato - Limiti del rimborso
agli
amministratori - Interessi confliggenti tra i medesimi e l’ente.
La rimborsabilità delle spese legali è possibile soltanto se
il
procedimento penale si è risolto "con assoluzione con formula piena".
Tale rimborso agli amministratori "è precluso
nel
caso di interessi confliggenti tra i medesimi e l’ente", potendo essere
consentito solo "qualora, per effetto dell’assoluzione penale,
l’esistenza
del conflitto d’interessi sia da escludere". Corte dei Conti
Sezione
Giurisdizionale
- Emilia-Romagna Sentenza del 25 giugno 2001, n. 1213
- Abuso
edilizio - Proprietario estraneo ai lavori. Non è
imputabile di abuso edilizio di cui all’art. 20, lett. b), della legge
28
febbraio 1985 n. 47 il proprietario dell’immobile, nel caso in cui sia
rimasto
estraneo all’esecuzione dell’opera e non sia il committente dei lavori,
anche
se dell’abuso ne era a conoscenza. Cassazione,
Sezione III Penale, sentenza 3.05.2001, n. 1191
- Piano
regolatore generale - Destinazione di area
a verde privato - Concessione in
sanatoria rilasciata per opera commerciale - Concessione in sanatoria
rilasciata
in assenza di conformità agli strumenti urbanistici generali - Abuso di
ufficio
- Sussistenza. In
tema di
abuso di ufficio, integra la violazione di legge, rilevante ai fini
della
configurabilità del reato, il rilascio, da parte del Sindaco, di una
concessione
edilizia in sanatoria allorché rimanga accertata l'assenza del
requisito della
conformità dell'opera agli strumenti urbanistici generali (nella
fattispecie,
per contrasto con il Piano Regolatore Generale che escludeva
l'edificazione di
strutture commerciali nella zona, destinata a verde privato).
Corte di
Cassazione Sez. VI del 20 aprile 2001, sentenza n. 16241
- Edilizia
- Costruzione edilizia - Pertinenza posta al servizio di un'opera
principale abusiva
- Regime autorizzatorio - Applicabilità - Esclusione - Fondamento.
In tema di costruzioni edilizie,non
è applicabile il regime autorizzatorio, disciplinato dall'art. 7,
secondo
comma, lett. a), del d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella legge
25
marzo 1982, n. 94, all' opera pertinenziale (nella specie una tettoia)
che
acceda ad un manufatto principale abusivo, che non sia stato sanato né
condonato, in quanto il bene accessorio, che ripete le sue
caratteristiche
dall'opera principale a cui è intimamente connesso, risulta anch'esso
in
contrasto con l'assetto urbanisticodel territorio. Corte di
Cassazione Sez.
III del 06/04/2001sent. 13997
- Sagoma
- Modifica della stessa - In
assenza di concessione - Reato previsto dall'art. 20 della legge n. 47
del 1985
- Sussistenza - Fattispecie: sostituzione di tetto in tegole con
realizzazione
di un terrazzo.
In materia
urbanistica la eliminazione di una copertura in tegole e la
realizzazione di un
terrazzo praticabile avvenute in assenza di concessione integrano la
violazione
dell'art. 20 della legge 28/2/85 n. 47, in quanto sono assoggettati al
regime
concessorio tutti gli interventi che incidono sull'assetto del
territorio, e
tra questi rientra la modifica della sagoma, atteso che la sagoma si
riferisce
alla conformazione planovolumetrica della costruzione ed al suo
perimetro
inteso sia in senso verticale che orizzontale. Corte di
Cassazione. Sez. III
del 07/03/2001 sent. 9427
- Responsabilità
per l'igiene e la sicurezza dei luoghi di lavoro relativi agli uffici
giudiziari si ripartisce tra il titolare del potere di controllo (capi
degli
uffici giudiziari) e il titolare del potere di spesa, spettante
all'organo del
comune (sindaco o assessore delegato o direttore dell'ufficio tecnico
dotato di
poteri decisori).
In materia
di responsabilità per l'igiene e la sicurezza dei luoghi di lavoro
relativi
agli uffici giudiziari, il dovere di sicurezza si ripartisce tra il
titolare
del potere di controllo, attribuito, dall'art. 2 d.lg. 19 marzo 1996 n.
242 e,
sulla base di questo, dal decreto del Ministro della giustizia 18
novembre 1996
di attuazione, ai capi degli uffici giudiziari (che in tal modo hanno
assunto
la qualità di datori di lavoro ai sensi dell'art. 2 comma 1 lett. b)
d.lg. 19
settembre 1994 n. 626), e il titolare del potere di spesa, spettante
all'organo
del comune (sindaco o assessore delegato al patrimonio immobiliare o
direttore
dell'ufficio tecnico dotato di poteri decisori) che eserciti in
concreto la
potestà di decisione e di spesa, atteso che, in forza dell'art. 1 l. 24
aprile
1941 n. 392, l'ente territoriale ha l'obbligo di provvedere a quanto
necessita
per "i locali ad uso degli uffici giudiziari" (Nella specie è stata
annullata dalla Corte, con rinvio, la sentenza di condanna del
dirigente
dell'ufficio tecnico comunale, perché il giudice aveva omesso
l'indagine e
l'accertamento in ordine all'esistenza di una richiesta di intervento
del
Comune da parte del capo dell'ufficio giudiziario interessato e, ove vi
fosse stato
un positivo riscontro, anche in ordine all'individuazione dell'organo
comunale
titolare del potere di decisione e di spesa). Cassazione
penale, sez.
III, 2 marzo 2001, sentenza, n. 20904
- Abuso
d’ufficio - Omissione dell’attività di vigilanza - Colpevolezza del
Sindaco.
Il reato di abuso d'ufficio
ipotizzato a carico del sindaco di un comune, per avere omesso
consapevolmente
di svolgere l'attività di vigilanza sul territorio e di adottare tutti
i
provvedimenti di sua competenza per reprimere un abuso edilizio, la
violazione
di una norma di legge, richiesta dalla norma incriminatrice, è
ravvisabile
nell'articolo 4 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 sul "controllo
dell'attività urbanistico-edilizia", dettando precise disposizioni che
fanno obbligo al sindaco, appunto, di esercitare la vigilanza
sull'attività
urbanistico-edilizia nel territorio comunale e di ordinare, tra
l'altro,
l'immediata sospensione dei lavori in caso di attività in contrasto con
norme
di legge e/o di regolamento e con le prescrizioni degli strumenti
urbanistici. Cassazione
Penale - Sezione VI - Sentenza del 15 febbraio 2001 n. 6192
- Peculato
d’uso - Utilizzo del telefono di ufficio a fini privati - Integrazione
del
delitto, quando l’uso non sia episodico o dipendente da esigenze del
tutto
contingenti.
Il concorso
apparente tra l'articolo 314 e l'articolo 323 del codice penale va,
risolto nel
senso dell'applicazione della prima norma, anche se i due reati sono
attualmente puniti con pene di identica gravità, trattandosi di norma
speciale,
in quanto distinta dall'elemento dell'appropriazione, rispetto
all'articolo 323
del codice penale che prevede genericamente il conseguimento di un
ingiusto
vantaggio patrimoniale come conseguenza di una condotta posta in essere
dal
pubblico ufficiale attraverso la violazione di norme di legge o di
regolamento. Corte di
cassazione -
Sezione VI penale - Sentenza 7 novembre 2000-18 gennaio 2001 n. 353.
- Concorso
dei
reati - Falsità in atto pubblico - Abuso di ufficio. Il
reato di falsità in atto
pubblico, commesso da un pubblico ufficiale, e quello di abuso di
ufficio sono
volti a tutelare beni giuridici differenti, pertanto, possono
concorrere tra
loro. Si ha concorso di reati allorché, in relazione ad una medesima
fattispecie, trovano applicazione congiunta due diverse norme penali.
Infatti,
il reato di falsità in atto pubblico, commesso da un pubblico
ufficiale, e
quello di abuso di ufficio sono volti a tutelare beni giuridici
differenti,
pertanto, possono concorrere tra loro. Cassazione penale sez.
V, 16 marzo
2000, n. 3349.
- Sono
penalmente responsabili il sindaco e il capo dell’ufficio tecnico per
inosservanza delle norme relative alla prevenzione antinfortunistica e
di
sicurezza.
È penalmente
responsabile un sindaco che, pur avvertito, non si curi di far
rimuovere
possibili violazioni a norme relative alla prevenzione
antinfortunistica. È ininfluente
se il provvedere richieda una maggiore spesa non preventivata, in
quanto il
sindaco ha sempre il potere di chiedere le ''necessarie variazioni in
bilancio'', o di attingere ''al fondo di riserva''. Le stesse
responsabilità
riguardano anche il capo dell'Ufficio Tecnico del Comune, se, avvertito
della
violazione, ''non si avvalga dell'opera dei dipendenti comunali per
effettuare
le opere richieste''. Nella specie il sindaco e il capo dell’ufficio
tecnico
sono stati condannati dal Pretore di Lucera per inosservanza delle
norme di
sicurezza durante l'esecuzione di lavori ad una scuola elementare. Corte
di
Cassazione Sentenza del 20 gennaio 2001 sentenza, n. 257
- Incaricati
di pubblico servizio - Contraffazione di timbratura del cartellino -
Applicabilità del reato di truffa e non del reato di falso in atto
pubblico.
Sono incaricati di pubblico
servizio e rivestono questa qualifica anche dopo la privatizzazione
delle
municipalizzate i dipendenti delle aziende municipali che si occupano
della
raccolta dei rifiuti urbani. Nei loro confronti, peraltro, non è
ipotizzabile
l'accusa di falsità in atto pubblico (nella fattispecie, i
netturbini contraffacevano i cartellini di timbratura
dell'orario di
lavoro), ma solo quella di truffa, poiché l'operatore ecologico in
senso
stretto "svolge in sostanza operazioni manuali meramente materiali" e
non compie atti che rivestono la forma "documentale", elemento
essenziale per il delitto di falsità in atto pubblico.
Cass., Sez.
III Pen., 15 gennaio 2001, n. 3901.
- Responsabilità
del dirigente per ogni violazione di specifiche norme
antinfortunistiche - La
nozione di datore di lavoro pubblico nel dirigente - La posizione di
garanzia
assunta dal sindaco e dagli assessori in materia di prevenzione.
In tema di norme per la prevenzione
dagli infortuni, non si può ascrivere al dirigente ogni violazione di
specifiche norme antinfortunistiche atteso che, sebbene l'art. 2, lett.
b),
seconda parte, D. Lgs. n. 626 del 1994, individua la nozione di datore
di
lavoro pubblico nel dirigente al quale spettano i poteri di gestione,
l'art. 4,
comma 12, D. Lgs citato ribadisce il principio fondamentale in materia
di
delega di funzioni secondo cui, attesa la posizione di garanzia assunta
dal
sindaco e dagli assessori in materia di prevenzione, la delega in
favore del
dirigente assume valore solo ove gli organi elettivi e politici siano
incolpevolmente estranei alle inadempienze del delegato e non siano
stati
informati, assumendo un atteggiamento di inerzia e di colpevole
tolleranza.
(Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di
merito
i quali avevano affermato, oltre quella del dirigente che non si era
avvalso
dei dipendenti comunali per effettuare le opere minimali necessarie,
anche la
responsabilità penale del sindaco il quale, messo a conoscenza delle
violazioni
esistenti e delle misure da adottare, non aveva provveduto a richiedere
le
necessarie variazioni in bilancio per una partita relativa a poche
opere
provvisionali e neppure azionato i poteri di impegnativa di spese del
cd. fondo
di riserva). Cassazione penale, sez. III, 24 novembre 2000,
sentenza n. 257
- Abuso
d’ufficio, art. 323 c.p. – Configurabilità del reato nel caso di
concessione edilizia
in assenza della prescritta autorizzazione ambientale.
Integra il reato di abuso
d'ufficio il rilascio da parte degli amministratori comunali di una
concessione
edilizia in assenza della prescritta autorizzazione ambientale:
l'autorità
amministrativa, infatti, non è svincolata, nel concedere la concessione
edilizia, dalle disposizioni relative alle limitazioni poste dalle
norme in
tema in tema di tutela dell'ambiente, in quanto queste ultime
costituiscono uno
dei presupposti necessari per la legittimazione della concessione
stessa;
conseguendone che una tale condotta si configura come in "violazione di
legge" (sub specie, della violazione delle leggi che presiedono ai
vincoli
ambientali), rilevante
ai fini e per gli
effetti dell'articolo 323 del codice penale. Cassazione
Penale - Sezione VI
- Sentenza del 4 ottobre 2000 n. 10441
- Abuso
d’ufficio, art. 323 c.p. – Configurabilità del reato nel caso di
concessione
edilizia senza il rispetto del piano regolatore generale.
Deve ritenersi che la concessione edilizia
senza rispetto del prg integra una violazione di legge rilevante al
fine della
configurabilità del reato di cui all’articolo 323 c.p..Nella specie,
concessione edilizia in zona inedificabile, ha ritenuto la Corte di
Cassazione
che il piano regolatore generale contiene prescrizioni d’immediata
applicazione. Ne consegue – sotto il profilo del soddisfacimento del
principio
della determinatezza della fattispecie incriminatrice – la sussistenza
del
dovere da parte della competente autorità amministrativa di provvedere
ai sensi
dell’articolo 4 L. n.10/77 ( caratteristiche della concessione
edilizia) e
dell’art. 31 L. n. 1150/42, dati normativi che costituiscono il
principio
discriminante della condotta lecita da quella illecita. Cassazione
penale
sez. VI,Sentenza n. 6247/2000
- Urbanistica
e Edilizia - Domanda di
condono - Effetti ai fini pubblici - Configurabilità del reato ex art.
483 cod.
pen. - Reati contro la fede pubblica - Deliti - Falsità in atti
pubblici -
Condizioni per la configurabilità Domanda di Condono edilizio - Prova
dei fatti
attestati – Conseguenze - L. 47/1985 artt. 31 e 38 - L. 724/1994.
II delitto di falsità ideologica
commesso dal privato in atto pubblico sussiste allorchè l'atto
pubblico, nel
quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a
provare la
verità dei fatti attestati. Nella domanda di condono edilizio la parte
richiedente, dichiara che sussistono i requisiti previsti dalla legge
per
l'applicazione del beneficio richiesto. In particolare che la
costruzione è
stata conclusa prima del 31.12.1993 e che la misura globale delle opere
è
conforme alle previsioni di legge. Sulla base di queste dichiarazioni,
la
Pubblica Amministrazione ammette il richiedente alla procedura, salvi
gli
opportuni accertamenti. Pertanto la domanda di condono è chiaramente
destinata
a provare la verità dei fatti attestati, producendo immediatamente
effetti
rilevanti sul piano giuridico. Ne consegue che in questo caso,
sussistendo
l'oggetto della tutela penale, la fattispecie prevista dall'articolo
483 cod.
pen. trova piena applicazione. Pres. Consoli G - Est. Providenti F -
Imp.
Bazzichi - PM. (Conf.) Galati G. CORTE DI CASSAZIONE Penale
Sez. V, 23 marzo
2000 (UD.22/02/2000) RV. 215725, Sentenza n. 03762
- Configurabilità
del reato di abuso d’ufficio nel caso di rilascio di concessione
edilizia in
difformità al prg. Ai
fini
della configurabilità del reato di abuso d'ufficio nel caso di rilascio
di
concessione edilizia in difformità delle previsioni del piano
regolatore generale
del comune, detto rilascio è qualificabile non come violazione di
regolamento
(non rientrando il piano regolatore nella categoria dei regolamenti),
ma come
violazione di legge, atteso che è la legge a disporre che la
concessione
edilizia deve conformarsi alle previsioni degli strumenti urbanistici.
Il
pubblico amministratore di estrazione politica accusato di abuso
d'ufficio non
può invocare a propria scusante la mancata conoscenza di norme
disciplinanti
l'attività cui egli è preposto, assumendo di aver fatto affidamento,
nell'adottare il provvedimento risultato in contrasto con dette norme,
su
parere favorevole di organi tecnici (principio affermato in relazione
al
rilascio di concessione edilizia illegittima, sulla base di parere
favorevole
rilasciato dalla commissione edilizia comunale). Cassazione
penale sez. VI,
11 maggio 1999, n. 8194
- Divieto
di
delega delle proprie funzioni pubbliche da parte del sindaco a tecnici.
È fatto divieto al sindaco
di delegare ai tecnici le decisioni
su questioni che riguardano
con immediatezza
la sua funzione pubblica senza assunzione
di responsabilità diretta. Cassazione
penale sez. VI, 11 maggio 1999,
n. 8194
- Concessione
edilizia inefficace - Effetti penali.
Una concessione edilizia inefficace (perché carente
dell'autorizzazione prevista dalla l. n. 1089 del 1939 oggi D. Lgs.
1999 n.
490), ancorché rilasciata "contra legem", non configura il reato il
reato di abuso d'ufficio qualora, proprio a causa della sua
inefficacia, non
possa avere alcun effetto utile. Cassazione penale, sez. VI,
30 aprile 1999,
n. 12928
- La
configurazione del reato di abuso
d'ufficio - Elementi della condotta oggettiva e soggettiva dell'agente
- La
lesione effettiva e concreta del bene giuridico protetto - Reato di
danno e non
di pericolo.
Per la
configurazione del reato di abuso d'ufficio è essenziale che l'agente
ponga in
essere una condotta oggettiva e soggettiva consistente nella violazione
di
norme di legge o di regolamenti, nell'inosservanza del dovere di
astenersi o,
comunque, nelle altre ipotesi previste dall'art. 323. Occorre, inoltre,
che
dalla condotta derivi una lesione effettiva e concreta del bene
giuridico
protetto (vale a dire lo svolgimento corretto ed imparziale dell'azione
amministrativa, come configurata dall'art. 97 cost.), non un semplice
pericolo
di lesione; il reato di abuso d'ufficio è, infatti, un reato di danno e
non di
pericolo. Cassazione penale, sez. VI, 30 aprile 1999, n. 12928
- Abuso
d’ufficio - Violazione prg - Principio di legalità - Violazione piani
comprensoriali. Incorre
nel reato di abuso d'ufficio
l'amministratore che rilascia una concessione edilizia in violazione
delle
previsioni del piano regolatore generale del Comune. "È configurabile
il
reato di abuso d'ufficio, in caso di rilascio di concessione edilizia
in
violazione del piano comprensoriale, il cui rispetto è imposto dal
combinato
disposto degli art. 1 e 4 l. 28 gennaio 1977 n. 10 ed art. 31 l. 17
agosto 1942
n. 1150. È compatibile con il principio di legalità la circostanza per
cui un
provvedimento amministrativo possa qualificare la condotta dell'agente,
al fine
di integrare quei presupposti per la sussistenza del fatto di reato,
che
sfuggano ad una preventiva individuazione legislativa. Infatti, i
provvedimenti
amministrativi - di cui la legge stabilisce presupposti, contenuti e
limiti -
si atteggiano come atti di normazione secondaria che, pur non potendo
determinare la condotta delittuosa, concorrono ad individuare la
ricorrenza dei
presupposti di fatto richiesti per la ricorrenza della condotta
penalmente
sanzionata. Cassazione penale sez. VI, 16 ottobre 1998, n. 3090". “È
configurabile,
anche nella nuova formulazione dell'art. 323 c.p. introdotta dall'art.
1 l. 16
luglio 1997 n. 234, il reato di abuso di ufficio nel caso di rilascio,
da parte
del sindaco, di una concessione edilizia in difformità al piano
urbanistico
regionale alla cui osservanza i comuni siano tenuti, dando ciò luogo ad
una
tipica violazione di legge dalla quale discende, con nesso di
causalità,
l'ingiusto vantaggio patrimoniale costituito dall'accresciuta
potenzialità
edificatoria del suolo sul quale deve sorgere l'immobile oggetto di
detta
concessione. Cassazione penale sez. VI, 9 luglio 1998, n. 12320”.
Cassazione
penale sez. VI, 26 aprile 1999, n. 8191
- Abuso
di
ufficio in casi non preveduti specificamente dalla legge - Elemento
materiale
Codice penale art. 323. Integra il reato di
abuso d'ufficio ai sensi dell'art. 323 c.p. la condotta del pubblico
amministratore che, pur in assenza della conformità alla disciplina
urbanistica
di un locale, rilasci per esso una licenza di commercio. Ed invero, nel
procedimento amministrativo per il rilascio della licenza di commercio
l'indagine su detta conformità si pone come momento istruttorio
ineludibile, in
quanto il collegamento fra distinti settori normativi (nella specie,
quello
annonario e urbanistico) è imposto non solo dai principi generali
dell'ordinamento, ma anche da precise norme di legge, sicché il mancato
coordinamento dei relativi procedimenti concreta il vizio di violazione
di
legge, la cui ricorrenza ha l'effetto di procurare un ingiusto
vantaggio al
destinatario del provvedimento amministrativo. Cassazione
penale sez. VI, 12
gennaio 1999, n. 144
- Abuso
d’ufficio commesso dall’assessore delegato dal sindaco - Verde
agricolo. Si
deve ritenere responsabile del
reato di cui all'art. 323 c.p. l'assessore comunale delegato dal
sindaco che, nella sua qualità,
abbia abusato
del suo ufficio,
rilasciando una concessione
edilizia relativa all'edificazione di un
immobile su un suolo destinato a verde
agricolo
e per
una volumetria superiore
all'indice
di edificabilità consentito dal piano
comprensoriale,
a tal fine
ritenendo asserviti al vincolo altri fondi non
contigui, situati
in zone opposte del
territorio
comunale e distanti
diversi chilometri rispetto
all'erigendo
fabbricato. Cassazione
penale
sez. VI, 16 ottobre 1998, n. 1354. Si
deve ritenere
responsabile del
reato di cui all'art. 323 c.p. l'assessore comunale delegato dal
sindaco che, nella sua qualità, abbia
abusato del
suo ufficio,
rilasciando una concessione edilizia
relativa all'edificazione di un
immobile su un suolo destinato a verde
agricolo
e per
una volumetria superiore
all'indice
di edificabilità consentito dal piano
comprensoriale,
a tal fine
ritenendo asserviti al vincolo altri fondi non
contigui, situati
in zone opposte del
territorio
comunale e distanti
diversi chilometri rispetto
all'erigendo
fabbricato. Cassazione
penale sez.
VI, 16 ottobre 1998, n. 1354
- Interesse
personale di uno dei componenti del consiglio comunale - Illegittimità
della
delibera.
È illegittima
per contrasto con il principio costituzionale d'imparzialità la
delibera
consiliare di adozione di variante al p.r.g. quando è configurabile un
interesse personale e diretto in capo ad uno dei componenti dell'organo
collegiale, al tempo stesso assessore comunale e amministratore
delegato della
società avvantaggiata dalla nuova previsione di destinazione
urbanistica. Consiglio
Stato sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291
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sentenze
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