Centri storici: Frosolone
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Pareti di sostegno
 

Come recuperavano i muri lesionati

Dopo il disastroso terremoto del 1805 si pensò bene di recuperare il salvabile delle costruzioni rimaste in piedi adottando tutte le misure tecniche che avessero reso sicure le case. In questo, anche se è difficile capire da dove provenissero le menti che inventarono le misure adatte allo scopo, gli interventi furono geniali. Cioè eseguiti con spesa relativa e con risultati che ancora oggi si possono apprezzare. Vediamo un caso molto interessante lungo la strada appena fuori del centro urbano, sulle Coste Sant’Angelo.
L’edificio che si trova sulla destra, uscendo dalla porta del paese, ha un muro che non pare abbia una funzione specifica a prima vista. Sembra soltanto una tecnica di chi costruì, in origine, il palazzo di cui tale parete fa parte. Ma basta spostarsi sul bordo e osservare di profilo il muro, in realtà due muri, per capire come fossero andate le cose.
Il muro più interno, visibile sulla destra della foto, era la parete originaria della casa. Con le spinte del terremoto, distruttive perché si tratta di forze che viaggiano in orizzontale e scuotono le costruzioni come se una gigantesca mano tentasse di farle ribaltare, il suddetto muro si deformò perdendo il cosiddetto “piombo”. Ossia esso non mantenne più, dopo il sisma, la verticalità rispetto al terreno e formò una “pancia” verso il centro della sua verticale. Questa è una lesione sempre molto pericolosa, perché potrebbe essere progressiva, cioè potrebbe aumentare di gravità da sola, senza altri motivi.
un muro come sostegno della parete lesionata
Ciò è abbastanza evidente dalla foto scattata alla base della casa, dove il muro di destra è inclinato sempre più verso sinistra, a mano a mano che si sale. Può aiutare a verificarlo anche la tubo di plastica sulla destra dell’immagine. Viceversa, per controbilanciare questo dissesto, fu costruita la parete addossata alla precedente, (sulla sinistra della foto), con una pendenza opposta, ossia “a scarpa”. In tale maniera l’edificio ritrovò la perpendicolarità nello scarico dei propri pesi sul terreno.
Dopo duecento anni vediamo che il metodo è stato efficace, poco costoso e, non meno importante, senza provocare inconvenienti aggiuntivi alla casa e ai suoi residenti dell’epoca. Dalla zona esterna all’abitato, adesso si vede, frontalmente, un grande arco attac-cato alla parete originaria.
Un simile rimedio si nota anche in altri casi del centro storico di Frosolone. Per esempio esso è visibile in una costruzione adiacente a questa esaminata e, anche se più difficile da interpretare, nella porta di Santa Maria di cui si parlerà nelle pagine successive.
Nella foto si nota pure un altro particolare presente spesso nelle strade cittadine. Si tratta dello smusso nelle pietre d’angolo. Esse sono state smussate per eliminare lo spigolo vivo e rendere più dolce il percorso da una direzione all’altra. In realtà, tale lavorazione qui ci dice che la strada, in uscita dal paese attraverso la porta Sant’Angelo, non mandava soltanto nella direzione ovest, verso la montagna, ma anche nella parte opposta. È difficile osservare che fosse utile per curvare meglio con i mezzi di allora volti a raggiungere le poche stalle e i fondaci esterni, lungo il perimetro urbano. Più verosimilmente esisteva un’altra strada che, dal centro storico, conduceva a est e a valle dell’abitato. Si trattava, probabilmente, di un percorso secondario, in considerazione che si sono perse quasi del tutto le tracce e il viottolo scosceso verso la zona dei “canili” sembra successivo.
Sono bastati pochi anni del secolo scorso per perdere l’originaria veduta sullo Spalazzo, la conca naturale della zona su cui si affacciava Frosolone.

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