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Una chiesa morta
 

Ciò che resta di una chiesa distrutta dal terremoto del 1805

Passeggiando nel quartiere Sant’Angelo, lungo il corso dedicato a Giuseppe Antonio Fazioli e poi a Giuseppe Maria Zampini, ci s’imbatte in un muro diruto con planimetria a ferro di cavallo, addossato a un palazzo che fronteggia strada Mario Pagano. A ben guardare la demolizione, sicuramente causata dal terremoto del 1805, come si evidenzierà di seguito, si notano varie particolarità:
1)    il muro di pietra prospetta, oltre che sulle summenzionate vie, anche su via Rattazzi, la zona che si chiama “ru cummient(e)” in dialetto, ossia “il convento”, con evidente funzione delle costruzioni di un tempo;
2)    è alto da quattro a sette metri circa e cinge uno spazio scoperto in cui sono ammassati detriti di ogni tipo (fino a qualche anno fa c’era anche un albero di noci che forniva frutti ai passanti, con i propri rami protesi verso l’esterno, una specie di poesia delle cose che noi crediamo inanimate);
3)    la parete del palazzo che chiude il muro diruto, sul retro, mostra un paio di false aperture sulla parete in alto sembrano balconi ma non hanno tracce di sbalzi e, pertanto, significano altro;
4)    sul fronte verso l’ex corso Giuseppe Antonio Fazioli sono evidenti i segni, nella zona centrale del muro, di una porta richiusa con pietre di diverso tipo;
5)    sul fronte verso strada Mario Pagano si notano ancora delle lesioni fra la cantonata e il resto della parete, oltre a un diverso livello di posa della fondazione rispetto alla pavimentazione stradale;
6)    il muro, in tutti e tre i suoi lati non ha finestre se non una piccola apertura su via Rattazzi, visibile a metà verso il bordo superiore della parete.
planimetria della zona
Sembrano stranezze per una casa o un edificio similare, ma se si tratta di una chiesa morta, cioè abbandonata dopo i gravi danni del terremoto del 1805, allora tutto diventa chiaro. Difatti non vi sono finestre e le false aperture in alto alla parete di fondo sono le nicchie per le statue dei santi di una volta. L’ingresso era su corso Fazioli e fu richiuso quando si decise di non ricostruire. I molteplici fori nella muratura sono i buchi, passanti attraverso tutto lo spessore murario, dove inserire le travi di legno dell’impalcatura. Il fatto che tali buchi siano passanti potrebbe significare che furono fatti oppure riadattati per completare la demolizione delle parti dell’edificio rimaste pericolosamente in procinto di cadere nelle strade urbane. Diversamente sarebbero rimasti aperti, come si usava fino a alcuni decenni fa, solamente da un lato per le eventuali manutenzioni delle costruzioni.
Infine ecco la prova che il fabbricato crollato fu costruito prima del terremoto suddetto e dunque la rovina fu causata dal sisma del 1805: la pavimentazione stradale del centro storico di Frosolone fu realizzata o comunque risistemata nel 1859, come risulta da un’incisione sul selciato di corso Garibaldi. Se la fondazione di questa chiesa del passato è posta a un livello superiore rispetto a quello della pavimentazione sulla via, vuol dire che nella strada si intervenne dopo, abbassando il piano di calpestio. Lo si evince osservando la base su due lati: su strada Mario Pagano ma anche, guardando con un po’ di attenzione, sull’ex corso Giuseppe Antonio Fazioli.
immagine dei resti della chiesa demolita
Il portale rimosso o caduto, (ha ancora delle piccole fratture), fu utilizzato dopo il terremoto per l’ingresso della chiesa di San Pietro, come altri hanno fatto notare.
Vedremo ancora altri casi di riutilizzo delle pietre, testimoni della vita, della morte e della resurrezione, come è sempre per quell’anima che, senza rendercene conto, accreditiamo a ciò che non respira e non parla, ma ci guida nella conoscenza.

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