Il
ritrovamento casuale di un reperto archeologico sannitico
La maschera
In località Fonte del Pidocchio è venuta alla luce, durante lavori
agricoli, una maschera di bronzo delle dimensioni iniziali di un
quadrato con il lato di 18 centimetri. Essa è stata, a suo tempo,
piegata a formare il volume della faccia cosicchè si è ridotta di 2
centimetri su uno dei due lati. Ci sono i fori per gli occhi, a
mandorla e la bocca, una fessura appena abbozzata, molto sottile. Altri
piccoli fori sui bordi per agganci e addobbi: forse una maschera per un
capo, oppure per una recitazione teatrale o simile. Uno stile che parla
di semplicità lavorativa. Sicuramente quando non ancora c'era la
maestria di chi sapesse rendere immagini di una certa regolarità o di
una grazia simile a quelle che si trovano nelle pitture sui vasi di
ceramica. Vi è da fare questo raffronto per cercare una possibile
datazione dell'opera. Non è paragonabile, difatti, l'arte dei
disegnatori di figure sui detti prodotti con questo esemplare di
scultura, anche se il risultato appare ottenuto a sbalzo.
Ma è
proprio di questo che si vuole trattare in questa pagina: la datazione
di quanto è stato ritrovato. Anche per leggere e inquadrare nella
storia, se ancora ce ne fosse bisogno, gli altri reperti, non
solamente sculture, dell'epoca sannitica o addirittura precedente.
la maschera di bronzo di Longano, nel Molise
(immagine prelevata dalla rivista Libelli Campano - Sannitici - III)
La datazione dei reperti
Come si è detto in altre pagine di questa sezione, i reperti di
oggetti di bronzo, ed è questo il caso della maschera di
Longano, possono essere datati
scientificamente con il metodo della termoluminescenza.
Difatti il rame fonde a 1084,6 °C e lo stagno, di cui se ne usa, in genere, una
quantità dell'8-9%, a 231,93 °C. La fusione della lega
raggiunge, pertanto, una temperatura superiore ai famosi 500 gradi
necessari per azzerare le radiazioni presenti nel
materiale. Da
quel
momento in poi si accumuleranno altre radiazioni, ma possono essere
misurate. Bastano pochissimi frammenti di materiale per ottenere, in laboratorio, questa datazione. Il motivo è semplice.
Lo
stesso professor Michele Raddi, che è stato il primo a vedere il
reperto per poi consegnarlo alla Soprintendenza del Molise, non ha
potuto datare la maschera se non parlando di ultima età del bronzo e
inizio di quella del ferro, probabilmente si riferiva alla fine del
secondo millennio avanti Cristo e all'inizio del primo. Ma poi si parla
anche di un arco temporale che va dal IX al VI secolo avanti Cristo.
Per cui gli stessi ricercatori non possono essere certi basandosi
soltanto sui caratteri stilistici o sull'esperienza. Occorre altro,
soprattutto quando l'oggetto, come in questo caso, è un unicum, almeno
finora.
Ecco perché ci si chiede, ancora una volta, come mai non ci
si affidi al laboratorio e, per oggetti che hanno subito riscaldamenti
a oltre 500 gradi, come il bronzo, alla tecnica della
termoluminescenza. Non è molto costosa e si daterebbe con maggiore
precisione di quanto ci si possa avvicinare senza avere altri indizi di
riferimento.