Come l'informatica può aiutare
l'archeologia Non esiste, purtroppo, se non in sporadici casi e niente affatto
esaustivi, un database dei siti archeologici d'Italia. Né si parla di
reperti che siano consultabili nella rete da parte di tutti. Un lavoro
che dovrebbe essere portato avanti dalle Soprintendenze Archeologiche
e, quindi dal Ministero per i Beni Culturali. Un database e un super database Che
cosa sia un database è semplice: si tratta di una tabella di dati
esposti secondo determinate colonne per cui sia possibile ricercare i
dati in base a criteri prefissati. E' dunque un sistema, ossia un
software, che mette in relazione i dati per consultarli con comodità,
facilità e velocità.
Ma non è sufficiente questo, perché ci sarebbe un database enorme, volendo, e quasi impraticabile per la sua pensantezza esplorativa. Quale la soluzione? Chi sa di informatica è in grado di fornire, anche in questo caso, una semoplice risposta. Si tratta, difatti, di costruire un super database che abbia come colonne altri database. Per esempio un database con informazioni sui siti sannitici, su quelli romani, greci, egizi e via discorrendo. Oppure un super database che abbia come riferimento la pittura, la scultura e l'architettura, l'urbanistica. Cioè le colone sulle quali poi andare a indagare. Una disposizione dei dati ad albero, immagine molto cara a chi produce software. E anche piuttosto intuitiva. Non appena si sarà entrati in un database complesso, ma soltanto per la posizione nella piramide dei dati, si avrà a disposizione qualunque strada per arrivare fino a qualunque sito archeologico, oppure a un'anfora a vernice nera, o a un rasoio dell'età del bronzo, a un osso. Soltanto allora si potrà dire che la cultura si sia curvata in basso per parlare con chi l'ama e, spesso, non sa dove sia. Torna all'indice generale degli argomenti sull'archeologia. |
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