Archeologia
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La datazione con il metodo della tefrocronologia
 

La tefrocronologia in archeologia

Che cos'è

La datazione mediante il metodo della tefrocronologia, (vocabolo formato da tre parole diverse, dal greco τέφϱα = cenere, χρόνος = tempo, e λογία = studio, discorso), consente in particolare di far riferimento alle eruzioni note nel tempo e quindi, di indicare, esaminando i vari depositi di cenere proveniente dai vulcani, l'epoca alla quale appartengono le aree archeologiche.
E' noto, difatti, che i prodotti piroplastici sono portati dalle correnti anche a distanze di migliaia di chilometri dal luogo di emissione. Dunque, una volta che si conoscono le date precise degli eventi eruttivi, sarà possibile stabilire una datazione certa anche di un sito molto lontano.
La tecnica si basa sul fatto che siano note le eruzioni nella storia. La distanza percorsa dalle ceneri e il tempo per la ricaduta dei prodotti della eruzione è stimato in qualche anno, al massimo tre che, com'è ovvio, incide poco sulla datazione dei reperti. 

Come funziona

La tefrocronologia studia i vari strati di cenere, li identifica con le eruzioni che si conoscono e che sono documentate e, stabilendo il prima e il dopo, riesce a indicare l'epoca di un ritrovamento archeologico.
Occorre, dunque, una tabella delle eruzioni nella storia. Possiamo fare riferimento alle seguenti epoche che partono dalla metà del secondo millennio avanti Cristo fino al 79 dopo Cristo di Pompei. Si tratta soltanto di un esempio che sicuramante può essere molto più dettagliato quando sia necessario agli esami di laboratorio di tefrocronologia:

  • 1627 - 1600 a.C. - eruzione di Thera o dell'isola di Santorini, in Grecia, datata con precisione dall'Aartus Univesity dell'Australia;
  • 737 a.C. - eruzione dell'Etna menzionata da Tucidide;
  • 693 a.C. - eruzione dell'Etna;
  • 424 a.C. - eruzione dell'Etna;
  • 396 a.C. - eruzione dell'Etna di cui parla Diodoro Siculo;
  • 122 a.C. - eruzione dell'Etna ;
  • 79 d.C. - eruzione del Vesuvio e distruzione di Pompei, documentata da Plinio il Giovane.

E' chiaro che, se non si trovano strati riferibili alla eruzione del 1627 a.C., significa che i reperti appartengono a epoche successive. Qualora non siano presenti ceneri che siano addebitabili alla eruzione dell'Etna del 737 a.C., vorrà dire che si sta esaminando qualcosa che è stato costruito dopo. E così via.
Maggiore sarà la precisione delle eruzioni storiche di riferimento, ossia delle sequenze conosciute, e maggiore sarà l'eventuale datazione dei ritrovamenti.

Due problemi

Nonostante la tecnica sia scientifica, bisogna valutare questi due problemi che si possono verificare nella procedura  e nella tecnica appena menzionata. Il primo riguarda il restauro. Qualora ci siano state opere di restauro sui reperti, è evidente che gli strati di cenere possono essere quelli che si sono depositati nelle epoche a partire dal momento in cui si sono avuti tali restauri o manomissioni. Questo vale anche per chi, nei siti esplorati ai nostri giorni, ritiene di potersi fidare, nella datazione, soltanto della propria esperienza. In tal caso procede, come pure la Soprintendenza richiede per concedere l'autorizzazione agli scavi archeologici, a restauri che distruggono le possibilità di esami con il metodo della tefrocronologia.
Un altro problema riguarda le aree che non subiscono depositi di cenere. Si pensa alle mura megalitiche dei Sanniti, in questo caso, che potrebbero non aver accumulato, sulle proprie superfici, strati adatti ad essere esaminati secondo questo tipo di analisi. Oppure alle ceneri che il clima, nei secoli, avrebbe asportato.

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